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Autore: _LunaRossa_    27/11/2012    2 recensioni
Scavo nella mia mente, tra i ricordi, e ti ritrovo lì, seduta nel box del canile ad aspettarmi... Quante cose sono cambiate da allora... La cosa che mi fa più male è che non capisco perchè anche noi non abbiamo potuto avere il nostro lieto fine...
Storia vera...tutta vera...
Storia mia...solo mia...
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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27 novembre 2011. Sembra così lontano, ora che ci penso. Un anno. È passato già un anno.
E allora perché sto male come se fosse ieri? Perché ricordo ancora ogni dettaglio, i colori di ogni foglia, la posizione di ogni oggetto, l’intensità di ogni sguardo?
Oggi piove, anzi: diluvia. Il girono perfetto per stare in casa a scrivere. Ma, anche se (rara cosa) il tempo c’è, mi manca la forza. Di scrivere. Di ricordare.
La prima cosa che mi torna in mente ripensando a quel giorno era che c’era il sole. Tutto sorrideva. Stavo per fare una cosa che contemporaneamente mi spaventava e mi emozionava. Non mi riconoscevo neanche: una ragazza timida e insicura, che poche settimane prima non faceva neanche un passo senza avere accanto i suoi amici o la sua famiglia, ora andava a chilometri di distanza da casa sua, da sola, per passare l’intero pomeriggio a casa di una ragazza di cui sapeva solo nome, cognome e indirizzo. Ma quel giorno non me ne importava. Per lei avrei fatto questo e altro, mi sarei spinta fino ai confini del mondo pur di rivederla.
Non so quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che l’avevo vista. In quel periodo in canile ero stata assunta ufficialmente come “volontaria apprendista” e non avevo più portato Clara a passeggiare. Uscivo con volontari più esperti e accompagnavo cani spaventati di cui si occupavano solo loro. Non so se mi portarono con loro solo per farmi imparare il “mestiere” o anche per tenermi lontano da Clara, per evitare in trauma del distacco... Sì, perché un’altra persona aveva messo gli occhi su quella splendida cagnolina: Ilaria, una ragazza sui vent’anni che viveva con la madre in una casa grande attrezzata di giardino e spazi aperti in cui correre. Proprio quello che a me mancava. Parlai per la prima volta con Ilaria quando ormai lei usciva con Clara da tempo. Era una ragazza simpatica, con grandi occhi verdi e capelli ribelli e rossi. Una persona affidabile e responsabile. La padrona perfetta.
 
Ma a me come scusa non bastava.
 
Non so quanto tempo trascorse prima che Clara venisse adottata. Forse poco più di un mese. A me parvero anni. I volontari pensavano che per me Clara fosse ormai il passato, i miei genitori che non esistesse più. Io ogni volta che potevo passavo davanti al suo box per controllare se c’era, prendevo ogni occasione per salutarla o almeno vederla. E gli sguardi compassionevoli che i volontari mi rivolgevano quando mi vedevano insieme a lei non facevano altro che farmi pesare il mio destino.
Fu letteralmente una pugnalata vedere Clara passeggiare a fianco di Ilaria. Anche se quella scema si fermò in mezzo alla strada solo per farmi le feste, vederla andare via con Ilaria, lasciarla andare via, fu la cosa più difficile del mondo. Forse fu lì, in quel momento, che si portò via il mio cuore.
E’ difficile esprimere a parole ciò che si prova nel vedere qualcuno che si ama nelle mani di un altro. E lo è ancora di più sopportarlo. Perciò non pretendo che comprendiate. Sappiate solo una cosa: sto facendo una fatica immensa a far muovere le mie mani sulla tastiera.
 
Non ricordo quando seppi che alla fine Ilaria aveva portato Clara a casa, non ricordo chi me lo disse, come reagii, cosa risposi. Ricordo solo che piansi. Tanto. Sinceramente non so neanche il perché.
Forse perché l’avevano portata lontano da me? Sei una bambina e questa è il pensiero più infantile che avresti potuto avere.
Perché avrei voluto che fosse venuta a casa con me? Non le avresti dato la vita che meritava; sarebbe stata costretta a vivere in un appartamento e le avresti negato la possibilità di stare all’aria aperta in un bel giardino.
Perché la amavo?
 
Se la ami davvero, lasciala andare.
 
Così feci. Sapevo che era la scelta giusta, lottare era ormai inutile. Sarebbe stata felice, amata e coccolata ogni giorno e ogni ora. Non so se la cosa che faceva più male fosse la lontananza o il fatto di non poterla più pensare come mia.
 
Egoista.
 
Ilaria mi teneva aggiornata su come stava Clara, mi scriveva una mail quasi ogni settimana: la piccola si era ambientata in fretta e era già la padrona di casa. Le sue parole mi rincuoravano, sapere che Clara era felice fu la consolazione più grande. Perché se lei era felice allora potevo esserlo anche io.
E finalmente l’invito che a lungo avevo sognato arrivò: concordammo come data il 27 novembre, una domenica pomeriggio; saremmo state solo io, Ilaria e Clara. Non sapevo cosa aspettarmi: mi avrebbe riconosciuta? Sarebbe stata felice di vedermi? Avremmo passato dei bei momenti? Sarebbe stato un bene o un male rivederla?
Troppe domande, nessuna risposta. Potevo solo aspettare.
La reazione dei miei genitori mi lasciò insieme sorpresa e delusa: apatia più assoluta. Poche domande puramente tecniche, nessun commento. Non capii se la cosa mi andasse bene o mi turbasse: nello stesso tempo volevo e non volevo che mi chiedessero altro. Era una cosa mia, solo mia. Ma, essendo i miei genitori, mi aspettavo più partecipazione...
Brava, nonostante tutte le esperienze passate non hai ancora capito la loro opinione su tutta questa faccenda. Ingenua.
Il viaggio in macchina fu veloce e carico di tensione. Non sapevo davvero cosa aspettarmi. Ora tutto questo mi sembra una cosa lontana, persino difficile da comprendere in tutte le sue sfumature e significati...
Una volta arrivata suonai il citofono di una grande ma semplice casa, con un giardino abbastanza grande che faceva da ingresso al cancello principale. Dopo lo schiocco sonoro della serratura che si apriva, salutai mio papà senza dilungarmi troppo ed entrai. Mi venne incontro Ilaria, sorridente ed apparentemente emozionata quanto me.
“Ciao!! Non sai come sono contenta che tu sia venuta, e sono sicura che lo sarà tanto anche Clara! A proposito, ho avuto un piccolo imprevisto... Un mio amico è venuto da me perché ha avuto un problema personale abbastanza serio e io... be, non potevo cacciarlo... Gli ho spiegato che saresti arrivata tu e ha detto che starà con noi solo per poco. Ti dispiace?” chiese con gentilezza.
“No, no, figurati!” risposi io, intontita da tutta la mia emozione.
“Grazie. Scusami davvero, ma è stata proprio una cosa imprevista. Se vuoi ora possiamo passeggiare un po’ nel bosco qui di fianco! Io vado a prepararmi. Intanto puoi andare a vedere Clara! Guarda, dovrebbe essere nella sua cuccia là in fondo”
La tensione teneva le mie labbra strette l’una sull’altra, avevo le mani gelide. Oltrepassai il cancello principale e fui raggiunta dal saluto di un ragazzo alto dall’aria scura. Ricambia distrattamente: la mia attenzione fu catturata da un rapido movimento in lontananza. Da dietro la casa era spuntata una figura nera... Clara... Sembrava più magra di quanto la ricordassi, probabilmente le avevano tagliato il pelo, ma era bella e in buona salute. Quando si accorse della mia presenza alzò velocemente le orecchie, ma il suo sguardo era concentrato sul ragazzo: come era prevedibile, aveva paura di lui. Corse subito nella cuccia.
“Clara, non fare la scema, vieni qui!” disse Ilaria in tono scherzoso.
Ci avvicinammo alla cuccia e ci inginocchiammo davanti all’entrata. Clara era rannicchiata contro la parete tutta tremante. Mi guardava spaventata.
Ecco. Non si ricorda di me. Non mi ha riconosciuta. Sono solo un’altra persona di cui avere paura.
“Dai, Giulia è venuta qui apposta per te! Paolo non ti fa niente. Andiamo, esci fuori... Claretta...!” ma sapevo già che ogni preghiera sarebbe stata vana. Non riuscii a trattenermi dall’allungare una mano per accarezzarla... Ma lei mi guardava come se non mi avesse mai vista prima.
“Niente da fare... Magari durante la passeggiata si sblocca. Meglio se tu e Paolo aspettate fuori” mi disse Ilaria con calma.
Io e il ragazzo restammo dal cancello mentre Ilaria metteva pettorina e guinzaglio a Clara. Non dissi una parola. Mi veniva solo da piangere.
“Eccoci qua” disse Ilaria in tono allegro quando ci raggiunse. Vedere Clara che rivolgeva lo stesso sguardo spaventato a me e al ragazzo senza alcuna distinzione mi fece sentire inutile... Pensai che quel pomeriggio non avrebbe fatto altro che farmi stare ancora più male.
Camminammo sul marciapiede per un po’, passammo accanto a una stazione e poi arrivammo all’entrata di un bosco. Per tutto il tragitto Ilaria mi parlò dei consigli che le volontarie le avevano dato su cosa fare i primi giorni, cosa controllare per capire se Clara stesse bene... Mi diede tutte le informazioni sul suo stato di salute e su come l’aveva gestita fino ad allora. Io ascoltai interessata, senza staccare gli occhi da Clara.
Una volta entrati nel bosco, intervallato qua e là da ampi spazi aperti, Ilaria mi passò il guinzaglio.
“Prendila tu. Fai come se noi non ci fossimo. Se vuoi allontanati, passeggia qui nei dintorni, fai come vuoi” disse lei gentilmente. Davvero non mia spettavo che me l’avrebbe permesso.
Rimasi sempre davanti a loro, lontana abbastanza da non sentire ciò di cui stavano parlando. Clara era più tranquilla e, cosa che notai con piacere, meno spaventata e più ubbidiente. Camminammo nell’erba, passammo vicino a un gruppo di persone senza che lei si agitasse, attraversammo un lago di foglie secche (mi arrivavano fino al ginocchio!)... Clara era curiosa e serena. Un po’ di felicità si fece largo nel mio cuore.
E poi, improvvisamente, un gesto. Il più bello che avessi mai visto. Uno di quelli che fissi nella mente e sai che non si muoveranno di lì qualunque cosa accada. Io guardai dolcemente Clara, che camminava tranquilla senza curarsi di me. Allungai distrattamente la mano, non so neanche io cosa volessi cercare. Come se l’avesse sentito, come se sapesse cosa stessi cercando, lei si girò verso di me senza preavviso e, senza darmi il tempo di reagire, appoggiò il muso tra le mie dita e mi guardò. La vidi sorridere. I suoi occhi si riempirono di luce. Costrinsi la mia mente a imprimere quell’immagine nella memoria. Quel momento bastò a ricompensarmi di tutto il tempo che le avevo dedicato, di tutta la rabbia, la tristezza, la nostalgia provata, di tutta la mia fatica e il mio impegno. Uno sguardo in cambio del mio cuore.
Ora ero veramente felice.
 
Mentre tronavamo a casa ero più serena, sapevo che, anche se non lo dava a vedere, Clara mi aveva riconosciuta. Sapeva chi ero. Questo mi bastava.
Per gli ultimi metri fu il ragazzo a tenere Clara, cosa che a lei non piacque più di tanto. Io ero preoccupata che lei potesse scappare via da un momento all’altro, ma non lo fece. Era proprio brava. Arrivati al cancello, un solo, crudele gesto fece crollare l’opinione che mi ero fatta di quell’apparentemente sensibile ventenne. Io oltrepassai per prima il cancello e, voltandomi, feci in tempo a vedere il ragazzo che dava un forte strattone al guinzaglio di Clara, che aveva osato provare ad entrare nel giardino prima di lui, la quale si accucciò con le orecchie basse, alzando gli occhi pieni di paura verso di lui. Se le leggi della fisica l’avessero permesso, il mio sguardo avrebbe dato fuoco al ragazzo nel giro di un istante. Ma non potevo dire niente. Concentrai tutto il mio odio e il mio disprezzo in un singolo, breve sguardo. Potevano farmi tutto, ma guai a chi toccava Clara.
La piccola fu liberata da guinzaglio e pettorina e ne approfittò per rifugiarsi dietro la casa, lontana dai nostri sguardi. Ilaria ci invitò a bere del tè in casa, dove conobbi sua madre, altrettanto simpatica e gentile. Fui presentata alla donna come “la madrina di Clara”, il che mi rese molto orgogliosa. Parlammo di tante cose: dei miei studi, della loro casa, del loro gatto (rimasto traumatizzato dopo l’arrivo di Clara)... Il tempo passava e io non vedevo l’ora di tornare giù con lei...
Dopo circa mezz’ora scendemmo di nuovo in giardino, Ilaria salutò il suo ospite inatteso e finalmente rimanemmo solo tra ragazze. Le cose cambiarono completamente. Clara ci raggiunse felice e scodinzolante, sembrava un altro cane. Ci riempì di leccate e feste, mi annusò dalla testa ai piedi, si sdraiò nell’erba per essere coccolata, era pazza di gioia. Clara mi riempiva di attenzioni, sembrava che cercasse in tutti i modi di farmi capire che era felice che io fossi lì, felice da impazzire.
“Non l’ho mai vista così” disse Ilaria felice. “E’ proprio contenta di vederti!”
Verso sera scendemmo nel garage per sfuggire al freddo autunnale. Se prima ero felice perché Clara si ricordava di me, nei minuti successivi capii quanto il legame tra lei e Ilaria fosse profondo. La ragazza ricevette una telefonata e uscì per un po’ dal garage. Per tutto il tempo Clara non fece altro che guardare la porta e aspettare con ansia che lei rientrasse. Io non sapevo cosa provare: ero triste perché capivo che per Clara Ilaria era più importante di me, ma anche felice perché Clara aveva trovato una persona che amava e da cui era ricambiata. Ma quella persona non ero io, o almeno non lo sarei stata per sempre.
Quando Ilaria rientrò ci furono di nuovo salti e feste, come se fosse Natale. Io ricordavo una cagnolina timida e pacata, in quel momento avevo di fronte un cane completamente trasformato, libero e veramente felice. Clara le corse incontro e le mise le zampe anteriori sul petto, allungando la testa verso il suo viso per leccarla. Con mia grande sorpresa e gioia, fece lo stesso con me. Sì, riservò le stesse attenzioni e lo stesso amore che rivolgeva ad Ilaria anche a me. E allora capii che entrambe eravamo importanti, anche se in modo diverso. Io ero il passato, Ilaria era il futuro; ma questo non voleva dire che io ero da dimenticare o da mettere in secondo piano. Il suo cuore era abbastanza grande da contenere entrambe. Lacrime di gioia bagnarono le mie guance. Ilaria rimase a guardarmi sorridendo.
Mio padre arrivò presto. Le uniche cose che disse furono “Ecco, qui si che sta bene!”, “è diventata proprio bella”, “Guarda Giulia, avresti voluto che vivesse chiusa nel nostro appartamento piuttosto che vederla in un bel giardino come questo?”
No, papà. NO. Ma non ho scelto io di vivere in appartamento.
Naturalmente non dissi niente, non volevo rovinare gli ultimi momenti con Clara. O almeno... Speravo che non sarebbero stati gli ultimi, Ilaria disse che in futuro sarei potuta venire lì quando volevo, anche senza avvisare, e avrei potuto portarla a passeggiare liberamente. Ero proprio felice.
Rimasi accanto a mio padre e Ilaria mentre chiacchieravano; non ascoltavo cosa stavano dicendo, guardavo Clara. A proposito: Clara appena vide mio papà abbaiò e gli ringhiò contro, quasi non lo fece entrare nel giardino. Brava Clara. Fagliela pagare, pensai orgogliosa. Ben gli stava.
Infine, arrivò il momento dei saluti. Abbracci con Ilaria, auguri e promesse per il futuro... Per ultima salutai Clara. Quella scema non appena mi mossi per avvicinarmi a lei, corse via pensando che volessi giocare e si fermò in fondo al giardino, con il petto abbassato, le zampe anteriori tese a terra e la coda alta che danzava.
“Ma Clara!” dissi io divertita. “Non possiamo giocare, devo andare! Dai, vieni qui!”
Alla fine dovetti raggiungerla io. La accarezzai e la baciai.
“Fai la brava, mi raccomando. Ci vediamo presto, ok?” le dissi sussurrando.
Non piangere.
Mi allontanai e mi diressi con mio papà verso la macchina.
“Ciao! A presto!!” gridò Ilaria. “Clara, andiamo? Clara?”
Quando mi voltai vidi che Clara mi stava seguendo. Arrivata alla fine del giardino si voltò indietro verso Ilaria e poi ancora verso di me. I suoi occhi parlavano: perché te ne vai?
Non posso restare Clara. Torna in casa.
Entrai in macchina con riluttanza. Clara mi guardava ancora. La seguii con lo sguardo finché potei: lei, vedendo che mi allontanavo, fece ancora qualche passo verso di me. Nella mia mente mi immaginai cosa successe dopo: Clara che torna riluttante in casa, Ilaria che chiude il cancello alle sue spalle e tutto torna come prima.
Non posso dire che sapevo che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti insieme, mentirei. Eppure sentivo che c’era qualcosa che stava per rompersi. Ma non diedi troppo peso a quella strana sensazione. Volevo ripercorrere ogni momento, ogni istante di quel pomeriggio per imprimerlo nella memoria, per non dimenticare neanche i dettagli, i colori delle foglie, la posizione degli oggetti, l’intensità degli sguardi...

Ero certa che non mi sarei dimenticata in particolare di una cosa...

Ricordo che c’era il sole....

Ricordo che sorridevi.















-Angolo dell'autrice-


Non so se volevo scrivere questo capitolo, il mio ricordo più bello, in questo modo... Ma ho pensato che se non l'avessi scritto proprio il 27 novembre non l'avrei fatto mai più. E' stato difficile, veramente difficile ripercorrerequei momenti... Prima di cominciare ho legato attorno al polso la collana con la foto di Clara. Mi serviva la sua forza, il suo sostegno, da sola non ce l'avrei mai fatta. Ma dovevo arrivare fino in fondo. Lo dovevo a lei.
Grazie a lei sono cambiata tanto. Molti potranno vedermi come "l'eroina" che ha salvato un cane dalla solitudine... Be, si sbagliano. Perchè quella che è stata salvata sono io. Lei mi ha salvata dalla superficialità delle persone, da questo mondo corrotto, da me stessa. Mi ha fatto capire cosa voglio essere, chi voglio essere, e come diventarlo. Senza di lei, non avrei trovato la mia strada.
Sì, probabilmente senza il lavoro che ho fatto con Clara lei non sarebbe mai stata in grado di uscire dal suo guscio, e non sarebbe mai stata adottata...
Sì, forse se non fossi entrata nella sua vita sarebbe ancora viva.
Ma il mio amore non era sbagliato. Un amore così non può esserlo. Sono sbagliate le parole che usiamo, il comportamento che teniamo, ma l'amore non è mai sbagliato.
E sì, ho perdonato Ilaria: per non aver dato il 100% nella ricerca di Clara, per aver adottato un cane due settimane dopo la sua morte, per aver segregato il suo ricordo in un angolo ed essere andata avanti... Non posso giudicarla: lei non è me. Non posso pretendere che le altre persone facciano le scelte che avrei fatto io. L'unica cosa che mi è lecito fare è ringraziarla per tutta la sua gentilezza e per essersi presa cura di Clara fino a quando ha potuto.

Permettetemi ancora poche parole... Voglio fare una dedica speciale: a WING, che nella realtà conosco con un altro nome. A lei che mi è sempre rimasta vicino, che ha letto e risposto agli sms mandati alle tre di notte e che ha ascoltato le lacrime silenziose liberate in ogni momento di solitudine.
Senza di te, WING, non sarei riuscita ad arrivare a questo punto. Dici che sono una ragazza forte, ma la verità è che sono riuscita a sopportare tutto questo solo perché il suo peso l'ho condiviso con te.
Grazie.
Non riesco a dire altro.






You're gone, gone, gone away,
I watched you disappear.
All that's left is a ghost of you.
Now we're torn, torn, torn apart,
there's nothing we can do,
Just let me go, we'll meet again soon.

Now wait, wait, wait for me, please hang around
I'll see you when I fall asleep.


(-Little Talks, Of Monsters & Men-)







 

  
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