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Autore: lulubellula    28/12/2012    2 recensioni
Luca Benvenuto sta per correre tra le braccia di un destino crudele: è davanti a Toni Corallo, sospeso tra la vita e la morte.
E se... gli fosse concessa una seconda chance?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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E se ...

Capitolo Quattordicesimo

Anna si ferma in una stazione di servizio per fare benzina e comprare qualcosa da mangiare per sé e per la piccola Irene, che piange seduta sul seggiolino dell' auto.

La bambina ha due anni, ha i capelli neri e lucenti, legati con un fermaglio e degli occhi grandi e scuri molto espressivi, simili a quelli di suo padre, di quel papà che lei non aveva mai conosciuto.

"Su, Irene, vieni in braccio. Ci sono qui io, la tua mamma, siamo in auto, ricordi? Dobbiamo andare a fare una gita. Vieni qui, vieni, ora ce ne andiamo a comprare qualcosa di buono, vuoi che comperiamo la cioccolata e il cornetto con la confettura di fragole, piccola mia?" le chiede Anna, asciugando con un fazzoletto di carta le lacrime che rigano il viso della sua bambina.

Irene annuisce e si aggrappa forte a sua madre, strofinando forte il suo nasino contro i capelli di Anna e cingendola con tenacia, in modo da non riuscire a staccarsi per nulla al mondo da lei.

Anna chiude la portiera dell'auto e si aggiusta la tracolla viola sulla spalla destra, poi rassicura nuovamente la sua piccola e si avvia verso l' autogrill, in cerca di un posto caldo e sicuro dove trascorrere una manciata di minuti prima di ripartire verso la capitale.

Duecento chilometri, mancavano solo duecento chilometri a Roma, duecento chilometri a separarla da Luca.

Il suo migliore amico.

Il suo amore.

Il padre di sua figlia.

Irene.

Aveva pensato molte volte che la scelta fatta mesi prima della sua nascita fosse sbagliata, che stava portando via al nascituro una figura importante, fondamentale, che forse sarebbe bastata una telefonata a sistemare tutto, a raccogliere i cocci e a rimetterli insieme.

Inizio flashback

Aveva preso un treno per Roma, aveva tenuto le braccia strette contro il pancione mentre viaggiava, braccia con cui sperava di stringere Luca, labbra con cui sperava di baciarlo e di chiarire tutto.

Fiumi di speranze e di sogni infranti alla vista di lui con un' altra, una donna mai vista prima, una donna con cui lui l' aveva presto rimpiazzata. 

Anna se n' era andata, aveva stretto forte la giacca a sè e aveva corso fino allo stremo delle forze, fino a che un passante le aveva chiesto se avesse avuto bisogno di un medico, se si fosse sentita male.

Lei aveva annuito debolmente, prima di vedere il buio attorno a sé, i piedi sempre più distanti da terra, si era accasciata al suolo e si era svegliata in un letto d' ospedale, i medici a dirle che il bambino era in sofferenza fetale e che era più sicuro per entrambi un parto cesareo d' urgenza.

Aveva pianto, Anna aveva pianto per il dolore, la rabbia, la paura.

Era orgogliosa, Anna, troppo orgogliosa per fare qualsiasi cosa che fosse lontanamente sensata come chiamare sua madre o Vittoria, chiamare Luca e chiedergli di venire.

Il suo orgoglio l' aveva fermata, le aveva impedito di pensare ad altro che non fosse il padre del suo bambino con un' altra, nell' appartamento che una volta era stato loro e che, in fondo, continuava ad esserlo.

La paura di non sapere se il piccolo o la piccola, visto che aveva deciso di non scoprire il sesso del bambino prima della nascita, sarebbe sopravvissuto, la paura di ripiombare in quel vortice maledetto di angoscia e depressione che aveva conosciuto troppe volte durante la sua giovane e travagliata esistenza.

Quando le avevano adagiato la piccola sul seno, Anna aveva pianto, aveva lasciato scorrere tutte le emozioni che affollavano la sua mente e che aveva tenute nascoste in un angolino della sua anima, in modo che se ne rimanessero lì, in un angolo e non le recassero fastidio.

Aveva visto gli occhi grandi ed espressivi della piccola che sembravano scrutarla,che parevano leggerle il cuore.

Sua figlia aveva allungato una manina verso di lei, nel tentativo di avvicinarsi, poi l' avevano portata via le infermiere per lavarla e poi sottoporla agli esami necessari.

Era forte e sana, era nata una manciata di settimane prima del termine, cinque per la precisione, per questo motivo aveva passato un breve ma necessario periodo in incubatrice, periodo nel quale la sua mamma non l' aveva lasciata se non per dormire qualche ora, mangiare o per farsi una doccia.

"Irene - le diceva - ti chiamerò così, questo nome ti sarà di buon auspicio. Tu sei una lottatrice nata, piccola mia, proprio come la mia migliore amica. Sai, piccola, lei ti avrebbe viziata moltissimo, ti avrebbe portata al parco e probabilmente avrebbe convinto la mamma a parlare con il tuo papà".

Nel periodo trascorso all' ospedale romano, Anna non aveva ricevuto visite, non tanto perché fosse sola e dimenticata da tutti, quanto perché lei aveva taciuto la notizia e si era limitata a far finta di nulla, rimandando il momento della verità il più in là possibile ed effettivamente ciò le era riuscito piuttosto bene.

Ricordava di essere uscita dalla clinica con la piccola Irene che dormiva beata nella carrozzina, una sacca piena di pannolini e creme idratanti per neonati e un bagaglio di paure e di angosce che difficilmente l' avrebbero abbandonata negli anni a venire.

In tasca una carta di credito ormai prossima all' essere prosciugata ed un cellulare con il quale aveva chiamato un taxi per tornarsene a casa, a Trieste, e lasciarsi alle spalle l' ospedale, il Decimo, la sua vita da poliziotta e il rimpianto di un amore passato, sorto e sfiorito troppo presto, troppo in fretta.

Le lacrime, la gioia, la paura di essere sola e di essere madre e la consapevolezza di essere responsabile di quella creatura così forte eppure così fragile che si succhiava dolcemente il pollice nella carrozzina, ignara di tutto il dolore che sua madre stava serbando nel cuore come un veleno, questi erano stati i sentimenti che animavano il suo cuore nel momento in cui si era lasciata Roma alle sue spalle.


   
 
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