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Autore: Opalix    09/07/2013    2 recensioni
Elogio alla follia...
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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L’avevo promesso, e io le promesse le mantengo. A costo di farmi diseredare da mammina de Winter, che però è un po’ come i cani: sono anni che abbaia minacciando di diseredarmi se non metto più rosa e più glitter nel mio guardaroba eppure non lo fa mai.
In suo onore (?), ecco a voi, senza ulteriore indugio…

LA RIVINCITA DELLE MORE

Ovvero

OPERAZIONE SOTTOVESTE (NERA)

C’era la legge di Avogadro.
C’erano le leggi della termodinamica.
E c’era la legge del perizoma: se sotto i pantaloni bianchi ti metti un tanga nero te le stai andando a cercare.
O almeno, quando ero una teenager le cose funzionavano così (e in estate, un gavettone sulle chiappe per accentuare la trasparenza non te lo levava nessuno). Nella Vecchia Capitale evidentemente no.

Ora, cosa può mai aver spinto la nostra autrice preferita a dotare la sua protagonista sempre e perennemente di vestiti bianchi e sottovesti nere? Semplice: nel quarto libro di Black Friars ci sarà una rivisitazione mediaval-fantasy del concorso di Miss Maglietta Bagnata (Madamigella Corsetto Inzuppato?) e l’autrice non voleva che Eloise fosse presa alla sprovvista nel caso le arrivasse addosso una secchiata. Non si sa mai. Eloise è, infatti, una ragazza intelligente e previdente, nonché pura e casta come un giglio di fiume. Così casta che il suo fidanzato, a forza di vedere spuntare pizzi neri e slacciare corsetti, morirà cieco e con un braccio amputato.
Eloise, inoltre, deve avere un contratto molto vantaggioso con un servizio di lavanderia di altissimo livello se può permettersi di andarsene in giro ad infangare gonne bianche dalla mattina alla sera. In questo senso non ha fatto un gran affare a prendersi Axel: se si fosse messa con un Edward Cullen di turno avrebbe potuto farsi portare in giro a cavalcioni sulla schiena e non sporcarsi piedi e vestito.
“Choices, choices…” diceva la cara Anita Blake di tanto in tanto (qualcosa come tre o quattro volte a libro, finchè ho avuto lo stomaco di leggere).
Scelte. Come le scelte di quella che è diventata la seconda eroina del mostro cuore. Sofia. La Saggezza, se saggezza volesse dire andare metodicamente a cercarsi guai, ad esempio scavalcando davanzali vestita da uomo e girandosene per quartieri malfamati, con tale perseveranza e testardaggine che Harry Potter ed Hermione Granger si alzerebbero dagli spalti e si leverebbero il cappello, sentendosi anche un po’ in soggezione.
Cos’hanno in comune queste due bellezze della vecchia capitale? Semplice. Suggerire a queste due dolci creature di starsene chiuse in casa, al sicuro, a leggersi uno stramaledetto libro e bersi una dannata tazza di te, equivarrebbe a prestare la Porche nuova di zecca ad una bionda in minigonna e chiederle di stare attenta a non rigare i cerchi in lega quando parcheggia. Parliamone. E vorrei far notare un dettaglio: entrambe queste simpatiche fanciulle sono scure di capelli. Chiome nere come la pece.
Le bionde dell’universo DeWinteriano sono, al contrario, delle tipe toste, serie e dedite al proprio lavoro, a cui potresti chiedere di parcheggiare un camper in un vicolo in salita e star sicuro che te lo restituirebbero senza un graffio, anzi magari ripulito e disinfettato. Io a Lara Degret affiderei tutto, macchina, casa e gatto durante le vacanze. E a Megan pagherei per affidare la mia orda di studenti. Cara Virginia adorata, tanto valeva mettere in discussione la gravità, no? Cioè, se proprio dovevi sovvertire le leggi principali che governano il funzionamento dell’universo, potevi metterti a far cadere le mele verso l’alto: avresti evitato un bernoccolo a Newton e fatto meno danni. Nemmeno il mio amico panzone osa tanto: quella iena di Cercei Lannister ha degli attacchi di bionditudine non indifferenti, e Darling Daenerys è una bionda come i Sette comandano, dentro e fuori. E comunque, in dubbio su a chi affidare lo scovolino del cesso, senza dubbio sceglierei Cercei piuttosto che Sofia o Eloise: avrei il terrore di ritrovarmi un demone che esce dallo scarico.
Mentre Eloise non può chiamare nulla a sua difesa (forse l’ascendente? A quale infausta ora del giorno è nata quella povera disgraziata per essere destinata a diventare una tale calamita per i guai? Ah, dimenticavo, esattamente quattro secondi prima che Axel si innamorasse di lei, giusto. Un’ora decisamente infausta a mio parere – vedere il mio precedente elogio alla follia per una discussione articolata sulla fastidiosità del Prince Charming della situazione), Sofia almeno ha una scusante: è una Blackmore.
“E quindi?” vi starete chiedendo…
Ho letto abbastanza fantasy nella mia gioventù – sprecata, sosterrebbe qualcuno – per concludere che le saghe migliori hanno sempre origine perché una delle famiglie regnanti (o un dominio, o una dinastia nobiliare…) se ne porta a spasso i “geni della sfortuna più nera” attirando (o provocando) guai a profusione. È l’evento scatenante, senza uno sfigato non puoi costruire una storia che si rispetti. Una saga fantasy è vincente in proporzione a quanto un gruppo di protagonisti (imparentati tra loro) sono solerti ad attirar disgrazie. O a trovarcisi casualmente – sempre – in mezzo, direbbero loro.
Zia Javanne metteva cornetti alle finestre di Armida per tener fuori gli uccelli del malaugurio (che erano poi i legittimi padroni di casa), a Westeros se vedi uno Stark che se ne va in giro a preannunciare inverno, freddo, morte, estranei e che dir si voglia, ti tocchi le palle. Virginia ha trovato il suo personale gatto nero negli esponenti della famiglia Blackmore: te li trovi sul luogo del delitto con più frequenza di Bones e Boot e, per sicurezza, si portano appresso Eloise e Stephen per eventuali autopsie.
E qui sorge il problema.
Gli Alton sono longevi e coriacei ma, prima o poi, smettono di appestare il proprio prossimo.
Gli Stark, come è stato ampiamente dimostrato, si ammazzano con relativa facilità. Non è nemmeno strettamente necessario tagliare loro la testa, anche se, a quanto pare, è lo sport nazionale.
Alcuni esponenti dei Blackmore, invece, te li ritrovi sul gobbo per centinaia di anni. E anche quando non sono vampiri hanno comunque sangue “divino” per cui, come dire, ti senti un po’ in soggezione a farli fuori. Anzi, soprattutto se non hanno ancora fatto in tempo a riprodursi, ti senti quasi in dovere di salvarli (da loro stessi, più che altro).
Anche perché, ammettiamolo, come non amarli?

Come non amare Virginia e la sua cricca di pazzi scatenati?
Come non amare l’atmosfera dello Studium che quasi quasi mentre leggi ti aspetti di vedere un gruppetto di studenti seduti a terra a passarsi una canna e suonare una chitarra. Come non amare Christabel che, con la sua collezione di divise dello Studium farebbe sembrare i Cullen una ciurma di dilettanti?
Come non amare quell’atmosfera ospedaliera da Misericordia’s Anatomy, con le specializzande Granville che camminano ridacchiando per i corridoi aspettando di ricucire amorevolmente qualche aitante smandrappato?
Come non amare Bryce che fa un po’ l’Enzo Miccio della situazione, però più figo?
Come non amare lei, che ogni anno ci regala questo tuffo estivo in un mondo romantico e pericoloso, fiabesco ed inquietante, angosciante, passionale ed esilarante?
E allora tuffiamoci tra le nebbie del Presidio anche quest’anno (sentendoci un po’ come nella bassa ferrarese a Novembre, in effetti). Tuffiamoci in quest’ultimo capitolo che tra un paio di giorni sarà nelle nostre mani (e peserà nelle nostre borse, al punto che dovremo scegliere se portarci appresso quello o una bottiglia d’acqua, combattuti tra la sete di sapere e la sete e basta).

Auguro a tutti, anche quest’anno, buona lettura.

Diana Malaspina (alias Opalix)

   
 
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