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Autore: K a m i l a h    11/09/2013    2 recensioni
Ol'ga, Tat'jana, Marija, Anastasija.
Quattro granduchesse, quattro ragazze, quattro sorelle, quattro figlie.
Quattro adolescenti, quattro fiabe, una per ciascuna di loro.
Nessun lieto fine.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Il Novecento
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- Questa storia fa parte della serie 'Миф о Романовых ≡ Il mito dei Romanov'
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2. Татьяна - Принцесса без улыбки
Tat’jana - La principessa senza sorriso

"Giunsero ai confini del mondo,
ove il rosso sole spunta dall'azzurro mare, e la videro:
la principessa Vassilissa che navigava sul mare in una barca d'argento" 



L’ultimo delegato per il Comitato Tatyaninsk s’inchinò ossequioso e lei rispose con garbata freddezza affrettandosi al più presto a distogliere lo sguardo da quell’atto che ancora le era tanto scomodo; avrebbe potuto fermarlo, sostenere che non ce ne fosse alcun bisogno, ma sapeva bene che non avrebbe nemmeno fatto in tempo a dirlo che qualcuno si sarebbe premurato di ricordarle quanto fosse necessario. Era necessario che nessuno rimanesse ritto al suo cospetto, era necessario elencare ogni suo singolo titolo prima di pronunciare il suo nome; Tat’jana, figlia di Nicola. Della dinastia Romanov. Principessa di tutte le Russie. Chi mai sarebbe potuto avvicinarsi a lei? Chi mai avrebbe osato varcare il velo di quegli occhi grigi, tristi, d’una malinconia poetica e troppo spesso scambiata per freddezza ed alterigia, se già quel nome che ogni volta risuonava per il salone atterriva chiunque lo udisse? Eccola, la principessa che non ride mai. Cuce, soccorre, ascolta, conforta, amministra, ma non ride. 
È bella, di quella bellezza esotica, principesca, che sa di favole antiche. La ragazza che ogni principe vorrebbe salvare, da cui vorrebbe essere salvato. Solenne e perfetta, pare quasi uscita da un blocco di marmo cesellato dal più grande degli artisti. Talmente tanta perfezione che abbaglia, addirittura spaventa. Scoraggia, non incute che timore reverenziale, paura di sciupare un qualcosa di così immacolato. Nonostante sia la prima a sfavorire qualsiasi ossequio o dimostrazione di sottomissione solamente per il rango che ricopre, sa bene che non potrà mai cancellare del tutto l’aura di magnificenza che l’ha ammantata fin da sempre. Gli uomini amano inchinarsi, amano prostrarsi davanti a ciò che di più simile c’è agli dèi. E questo lei non lo sopporta. Non sopporta di rimanere per sempre isolata, abbandonata nel mezzo del mare come Vassilissa, la più russa fra le principesse. Vassilissa fu salvata, fu portata in un palazzo, ma rimase sempre triste. Senza sorriso, senza mai un solo accenno di gioia che incrinasse lo splendido gelo. E più la gente scorgeva quel gelo, più desisteva dallo spazzarlo via. Aprirono le porte della reggia, tutti tentarono. Ma Vassilissa non sorrise mai. 
La porta emise un tonfo leggero, facendola ritornare al salottino in cui s’era appena congedata. Un altro giorno era passato, eppure le richieste di denaro per gli indigenti sembravano quasi aumentare piuttosto che placarsi col tempo. Ma non era certo un problema per lei, pensò accomodandosi lievemente alla scrivania per stilare ciò di cui avrebbe necessitato l’indomani nella sua visita in città: lei giaceva intoccabile ed eterea, era a tutti gli effetti un miraggio impalpabile che nessuno avrebbe mai sospettato essere bisognoso d’aiuto, e nonostante ciò lei continuava ad aiutare tutti senza la minima distinzione. Perché nel soccorrere gli altri, era un po’ come soccorrere lei stessa. E solo nel fare ciò, tornava finalmente a sorridere.
  
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