Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Stateira    30/03/2008    13 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap 9: Draco appare turbato e nervoso, Harry cerca di parlare con lui ma viene respinto

- E’ libero. –

 

Un tono distaccato.

Harry arricciò il naso fin quasi a far scivolare giù il ponte degli occhiali.

 

Sì, Malfoy era proprio strano. Solo un paio di ore prima gli aveva fatto una scenata pazzesca perché lo aveva lasciato da solo, mentre adesso si comportava come se fosse il loro primo giorno di convivenza. Per non parlare, poi, di tutti gli sbalzi d’umore precedenti, roba da farsi venire il mal di testa.

 

Raccattò i suoi vestiti dalla sedia su cui li aveva lasciati, ma sulla soglia del bagno si bloccò, fulminato.

 

– Senti… - cominciò senza voltarsi, vagamente imbarazzato. – L’altro giorno non te l’ho chiesto, visto che le cose non erano andate alla perfezione. E’ vero che hai quel neo vicino all’ombelico? –

- Ti sembra il momento di pensare ai nei?!? – esplose Draco, peggio che se Harry avesse toccato un argomento cruciale.

- Scusa, non te la prendere. –

- Me la prendo eccome. Sono in ritardo, muoio di fame, e non ho alcuna intenzione di aspettare te, idiota! –

 

E a quelle parole, uscì, schiantandosi la porta alle spalle.

 

Harry sbatté le palpebre, stordito. Un’occhiata all’orologio, e un sospiro: - No, non sei in ritardo. –

 

Che cosa gli era preso, così all’improvviso?

 

Naturalmente, Harry non sapeva dirlo, ma in compenso sapeva come poter chiamare la sensazione di vuoto allo stomaco che lo aveva preso in quel momento: si chiamava delusione.

 

Delusione per aver sperato in qualcosa che, evidentemente, non esisteva che nella sua mente. Delusione anche per essersi ingannato con le sue stesse mani, credendo in un rapporto complicato ma unico. Tutte quelle cose che gli pareva di aver costruito assieme a Draco, mattone su mattone, erano bastate pochissime sue parole per sgretolarle.

 

Harry ricordò, quello era il Draco a cui era stato abituato per anni: cielo, ma come aveva fatto a vivere tanto bene con il suo odio sulla pelle?

 

Una risposta c’era: semplicemente Draco, un anno prima, non era il Draco che era diventato adesso, per lui. Ripensò alle parole di Marzio, a quando gli aveva detto che aveva rinunciato a tutto per Derevan, perché dimenticarlo e andarsene sarebbe stato come morire.

Spaventosamente, ricalcavano la sua stessa situazione. Gli piacesse o meno, ormai aveva conosciuto Draco, era entrato dentro Draco, anche solo di poche dita sotto al sua pelle, e lo sapeva, non sarebbe tornato indietro.

Non si poteva.

Ciò che provava lo faceva sentire pieno di forza, e al contempo smarrito in una confusione che Draco non faceva che alimentare con il suo comportamento lunatico.

 

Decise di farsi il favore di non pensarci su troppo. Se le lezioni, la giornata da trascorrere fra aule, Sala Grande e Sala Comune gli fosse parsa, come ormai era, quasi del tutto vuota, si sarebbe rifugiato in ricordi altrui, piuttosto che in fantasie sue.

 

*          *          *

 

- C’è una cosa che non riesco a capire. –

 

Harry sentì a malapena la voce di Hermione, che parlava rimuginando fra sé. – Marzio e Derevan si sono ritrovati grazie al vostro aiuto, no? –

Un pigro cenno del capo, a sottolineare qualcosa di ovvio.

- Ma allora, perché non se ne vanno? –

 

Harry si fece improvvisamente più attento. Hermione dovette scambiare quel repentino drizzare la testa per un gesto infastidito, perché si affrettò a ritrattare le sue parole.

 

- Intendo dire, non che io voglia che voi li cacciate. Solo, non capisco perché non possano trovare la pace, ora che hanno ottenuto ciò per cui erano rimasti qui. –

 

Davvero una bella domanda, la sua. Oltre che sensata, peraltro, era anche ovvia, perché diavolo non ci aveva pensato fino a quel momento?

 

- Magari non è davvero quello il loro obiettivo. – azzardò Ron.

- Lo escludo. Quando Marzio mi ha spiegato perché fosse qui, mi ha detto chiaro e tondo che aveva scelto di restare per sperare di incontrare Derevan. Me lo ricordo bene. –

- Ma allora hai ragione tu, Hermione, non ha senso. -

 

Tutti e tre si strinsero nelle spalle, dubbiosi.

 

- Bisognerebbe cercare di capire che significato ha il fatto che siano ancora qui. –

- L’unico significato che ci vedo io è che Harry è costretto a dormire in camera con quel disgustoso furetto di Malfoy. – osservò Ron, infarcendo ogni sua parola di solidarietà fraterna. – E non lo invidio per niente. –

 

Harry ridacchiò, e si limitò ad annuire. Se soltanto Ron avesse immaginato l’effetto che passare le sue notti con Draco gli stava facendo, tutta la sua spremuta d’arancia gli sarebbe andata per traverso, uccidendolo sul colpo.

 

Spiò con la coda dell’occhio il tavolo Serpeverde, scorrendo fino ad individuare in un attimo il posto di Malfoy. Si stupì di quanto fosse andato a colpo sicuro, come se si fosse trattato di cercare il vecchio posto di un vecchio amico.

 

Stava rosicchiando di malavoglia una fetta di pane tostato senza nulla spalmato sopra, forzandosi in modo evidente di mettere qualcosa nello stomaco. Non parlava con nessuno, anzi, se uno dei suoi compagni lo chiamava per chiedergli qualcosa, anche solo di passargli il vassoio delle salsicce, gli scoccava uno sguardo talmente caustico da zittirlo all’istante, e persino farlo allontanare precipitosamente.

 

Da un certo punto di vista, era un sollievo, vedere che quella mattina ce l’aveva con il mondo, e non solo con lui.

 

*          *          *

 

C’era un letto in più, nella camera che Silente aveva provvisoriamente assegnato loro.

Harry ricordava di averlo registrato distrattamente al loro ingresso, preoccupato al momento di ben altre questioni. Nei giorni che erano seguiti, si era trasformato nell’appendiabiti di Draco, che ci stendeva sopra la sua uniforme e il suo mantello con cura meticolosa, assicurandosi che non si spiegazzassero. Harry aveva imparato ad innamorarsi della cravatta verdeargento posata sul piccolo mucchio di vestiti neri, come un serpente acciambellato elegantemente a guardia al suo tesoro.

 

In quel momento, invece, i vestiti non erano più lì, spostati sul comodino, in barba alla fobia per la piega, e la coperta ancora vergine era gonfiata dal corpo rannicchiato di Draco, voltato contro il muro.

 

Non aveva voluto saperne di dormire con lui, quella notte. Harry era tornato in camera e lo aveva visto armeggiare con il nuovo letto, ma non aveva fatto in tempo a chiedergli che cosa succedesse, che era stato investito da una scarica di improperi, sarcasticamente chiusi da un “buonanotte”.

 

A quel punto, che fare? Una cosa soltanto, augurarsi che i sogni potessero fondersi in ogni caso, per permettere almeno a Marzio e Derevan di rivedersi, mentre lui sarebbe rimasto a fare i conti con l’incomprensibilità della situazione.

 

Harry si addentrò nel suo sogno certo che Draco dormisse già da un pezzo. Perciò, quando raggiunse i primi tronchi d’albero, e vide soltanto Marzio andargli incontro, capì che non era andata come si era augurato, e una fitta di amarezza gli prese lo stomaco, facendolo gorgogliare.

 

- Mi dispiace. – si scusò e si riscusò, accorato. – Draco non ne ha voluto sapere di dormire con me, ma giuro che lo farò ragionare, te lo prometto. –

 

Marzio ascoltò le sue parole con un sorriso paziente, senza apparire particolarmente turbato.

 

- Vieni. – lo invitò. – Visto che siamo qui, ti porto a vedere una cosa. –

- Sta per materializzarsi un ricordo? –

 

Marzio sorrise. – Ci siamo già dentro. –

 

Attraversarono l’oasi boschiva, giungendo ad un avvallamento che dava verso l’aperto entroterra, disseminato qua e là di arbusti, sentierini sterrati e bordati da ciottoli chiari, che correvano tutti verso un profilo indistinto, segnato da rigagnoli di fumo che salivano verso il cielo.

 

- Non mi sono reso conto del cambiamento. –

- Nemmeno io so cosa sia successo. Quando sei arrivato, eravamo già all’interno del ricordo. –

- E’ perché ci stavi pensando, eh? –

 

Altro sorriso, stavolta più discreto. – Sì. Forse ci stavo pensando. –

 

Marzio lo portò oltre l’avvallamento, che reclinando per la seconda volta formava una specie di conca a mezza ellisse, un po’ come quelle dei teatri. Il sole concentrava tutta la sua intensità proprio lì, perciò la prima cosa che Harry riuscì ad individuare fu il riflesso platinato dei capelli di Derevan, che giocavano con la luce.

 

Arrossì di botto, ma seguì Marzio, che trotterellò giù dal declivio, avvicinandosi con noncuranza a sé stesso e a Derevan, intenti a parlare a bassa voce.

 

- Nella mia lingua esiste un detto. – stava dicendo il Marzio sdraiato a terra, gravato del corpo di Derevan per metà accomodato sul suo petto. L’Iceno impugnava tre ramoscelli verdi, flessibili, che intrecciava con sapienza sotto gli occhi attenti del Romano.

– “Omnia amor vincit”. Sai cosa significa? –

Derevan scosse lentamente la testa, rivolgendo all’indietro il suo sguardo azzurro e concentrato.

- Significa – spiegò allora il Romano, pescando con mite monotonia ciocche di capelli del suo amante, che si lasciava scivolare fra le dita finché tutti i capelli non gli sfuggivano, per poi ricominciare. – Significa due cose al tempo stesso: che l’amore vince tutto, ma anche che tutto vince l’amore. È un gioco di parole beffardo, ma molto saggio. –

- Come può essere saggio, qualcosa che si contraddice? –

- Si contraddice perché vuole insegnarti che sei tu a decidere del tuo destino. Sei tu, che devi scegliere se il tuo amore vincerà su tutto, o se si lascerà sopraffare dalle difficoltà. –

- E il nostro amore, vincerà su tutto? –

 

Marzio produsse una risata a lievi singulti, che fece vibrare il suo torace. Passò l’indice sulla torque sottile ed elegante che ornava il collo di Derevan, prendendosi tempo per rispondere.

 

- Lo sanno gli dèi, amor mio. Però io lotterò con tutte le mie forze, perché il fato ci permetta di restare insieme. Non mi arrenderò a questa guerra, Derevan. –

- Non lo farà nemmeno la tua gente. E così la mia. Ho sempre più paura che presto o tardi saremo chiamati a scegliere fra la nostra felicità e il legame con i nostri popoli. –

- Io non ne sarò capace. Roma mi ha dato la vita, tu me l’hai presa. Le saette di Giove si abbatteranno su di me, che non ho avuto il coraggio di decidere che cosa amassi di più. –

Derevan fece un sorriso da brividi, più bello di un’aurora. – Un padre, un fratello, un figlio, li si ama tutti, ma in modo molto diverso. Io amo te, e amo Venta e tutti i suoi abitanti, e nessuno ruba posto all’altro, nel mio cuore. Lasciare questa terra per seguirti nell’enorme campo militare che tu chiami capitale mi ucciderebbe, così come rimanere in questo posto lontano dal tuo mondo ucciderebbe te. –

- Troveremo un compromesso, allora. – lo rassicurò Marzio. – Una città che sia piccola e tranquilla, e circondata da colline erbose dove tu potrai andare in cerca di erbe, coltivarne quante ne vorrai. Ce ne sono tante, di queste città, nel territorio di Roma. –

- Ce ne sono molte anche qui in Britannia. –

 

Harry avvertì un disagio non suo impadronirsi della sua gola. La loro discussione era senza via d’uscita, questo era evidente, eppure la conducevano con toni pacati, sempre cercandosi l’un l’altro con carezze, anche solo annodandosi su un dito un lembo di mantello. Avrebbe voluto, chissà, offrire loro la sua casa, pur di non vederli così, dolcissimi e intimamente disperati.

 

Marzio affondò la bocca fra i capelli dorati di Derevan, e le mani nei suoi vestiti, facendolo rabbrividire.

 

- Vinceremo noi, alla fine, vedrai. – lo rassicurò, ponendo implicitamente fine al discorso. – In un modo o nell’altro, deve esistere una strada anche per noi. –

- Spero di trovarla in fretta, allora, per percorrerla correndo finchè il fiato non verrà a mancarmi. -

- E sia. Sono sicuro che la nostra strada porti al mare, e noi la seguiremo guardando il sole sorgere e tramontare tante volte quante non arriveremo mai a contare. –

 

Derevan annuì, e sorrise. Con quale forza ci riuscisse, per Harry era un mistero, ma dovevano essere cose come queste a rendere certe persone, pochissime, migliori e diverse, al di sopra dei normali limiti oltre i quali chiunque avrebbe detto no.

 

- Gli hai mentito. – borbottò a mo di rimprovero. – Tu saresti rimasto lì a Venta, se te lo avesse chiesto. Ho ragione? –

- Diciamo che avrebbe dovuto insistere molto. –

- C’è qualcosa al mondo che non faresti, per lui? – 

 

Il Romano si strinse nelle spalle con quella semplicità nobile che era sua e soltanto sua. – Lui era l’unica cosa che facesse sorgere il sole, per me. Tu ce l’hai qualcosa che faccia sorgere il sole? –

Harry abbassò istintivamente gli occhi. – Beh, ho i miei amici. – rispose, sapendo perfettamente che non era questa la risposta giusta.

 

Marzio non ribatté. Gli fece un sorriso amichevole, ma Harry capì che gli mancava qualcosa quando lo guardò negli occhi e li vide brillare in un modo che lui era piuttosto certo di non aver mai visto nei propri.

 

Non era Marzio, quello alla ricerca di qualcosa, fra loro due.

 

*          *          *

 

- Indietro, indietro! –

- Fanteria, riparare! Testudo! –

- Sagittarii, incoccare! –

 

Draco scivolò sull’erba e scosse la testa, tramortito dal chiasso insopportabile che lo circondava.

 

- Tutto bene? – si preoccupò Derevan, agguantandolo per un braccio e rimettendolo in piedi con sorprendente forza. – Vieni, dobbiamo allontanarci da qui. –

 

- Ma che cosa sta succedendo, si può sapere? –

 

Derevan non smise di correre, né allentò la presa sul braccio di Draco.

- Sta succedendo la guerra. – disse soltanto.

 

Sempre più confuso, Draco si lasciò trascinare fino al limitare della radura su cui si stava consumando la battaglia. Soltanto dopo aver aguzzato gli occhi, Draco riuscì a scorgere sé stesso, cioè, Derevan, ritto davanti alla cinta che si apriva sull’ampio portale d’ingresso per Venta. Teneva stretto nella mano destra un lungo bastone di quercia, apparentemente spoglio e grezzo, con l’estremità superiore abbruttita da noduli e rigonfiamenti informi.

Sparpagliati attorno a lui, c’erano molti altri uomini vestiti come lui, e anche qualche donna,  quasi tutti dotati di bastoni simili.

E c’era anche quella Dillon.

Shay invece, non si vedeva da nessuna parte, e questo particolare inquietò Draco più di quanto si sarebbe mai aspettato.

 

Attraversò tutto il campo con lo sguardo, fino ad intercettare Fulgor. Non poteva sbagliarsi, era proprio Marzio, quello che lo spronava di continuo, avanti e indietro, percorrendo le fila di cavalieri romani schierate in perfetto ordine.

Erano in impressionante vantaggio numerico, se paragonati agli Iceni, un vero muro umano contro pochi, sparuti individui, che insistevano nella loro immobilità impenetrabile.

 

- Devi combattere contro Marzio. – considerò.

- E’ il nostro dovere. – spiegò mitemente Derevan. – Lui è pur sempre l’uomo più importante fra i suoi uomini, e io devo proteggere la mia gente, come capo druido è mia precisa responsabilità. –

 

Draco strabuzzò gli occhi. – T-tu!?!? – sputacchiò. – Tu eri un capo druido?!? –

Derevan si strinse nelle spalle. – Da quando avevo dodici anni. –

- Ma sei un mostro! –

- Già. Alle volte arrivo a pensarlo anch’io. –

 

- Furio! –

 

Il grido angosciato di Marzio riportò entrambi sulla scena della battaglia. Un cavaliere, distaccatosi dal gruppo, era lanciato al galoppo proprio verso Venta. Incurante dell’ordine ricevuto, spronò il suo cavallo e si lanciò di corsa contro Derevan, immobile davanti al gruppo dei suoi compagni.

 

- Torna subito indietro! –

- Perché, comandante! – gridò di rimando il soldato, a malapena udibile nel frastuono. – Abbattiamo i barbari, per la gloria di Roma! –

- Furio, non farlo! –

 

Troppo tardi.

 

Marzio imprecò a voce troppo bassa perché Draco potesse sentirlo, poi voltò bruscamente Fulgor, e alzò un braccio.

 

- Cavalieri, prima linea, attaccare! –

 

La prima linea si distaccò con precisione impressionante dagli altri compagni, come degli altleti sulla linea del via. Lui stesso, assieme ad Anacore, in groppa ad un robusto destriero nero, di mise in coda ai suoi uomini, ma la sua espressione non era quella di un vincitore che si prepara a dare il colpo di grazia alla sua vittima.

 

Il galoppo dei cavalli produceva un suono impressionante, una specie di ruggito furibondo che si nutriva delle grida di guerra dei soldati, e del clangore del metallo delle loro armi, che ad ogni passo cozzavano l’una sull’altra dando l’impressione che fossero un unico, compatto mostro di ferro che avanzava, inarrestabile.

 

Derevan sbarrò gli occhi. Sollevò con esasperante lentezza il suo bastone fino all’altezza del viso, sotto gli occhi impassibili dei suoi conterranei e, mentre i Romani si avvicinavano sempre di più, pronunciò, scandendole chiaramente, alcune incomprensibili parole nella sua lingua.

 

Marzio e Anacore si fermarono bruscamente, scambiandosi alla svelta uno sguardo di puro terrore.

 

- Uomini, ritirata! – ordinò Marzio, ma quasi nessuno lo sentì.

 

Un boato.

 

Un boato spaventoso si levò dal sottosuolo, come se la terra stessa stesse urlando, e ridusse ogni altro rumore a poco più di un sospiro.

Tutto d’un tratto, il terreno erboso sotto agli zoccoli dei destrieri divenne instabile.

 

I cavalli rimasti nelle seconde linee nitrirono fortissimo, e presero a battere con forza gli zoccoli, mentre quelli che stavano galoppando verso gli Iceni si imbizzarrirono e scalciarono, disarcionando i loro cavalieri.

Fulgor si sollevò anch’esso, agitando le zampe anteriori contro un nemico invisibile.

 

Dalla terra, fra lo sconcerto di tutti, emersero dei sottili tentacoli di legno e di edere, che come segugi si misero sulle tracce di qualsiasi individuo trovassero sulla loro strada. I cavalli fuggirono, terrorizzati, mentre i soldati, rimasti sparpagliati ed atterriti, sguainarono le spade, pronti a tranciare quei rami malefici.

 

Chi fra loro possedeva una bacchetta, la sfoderò, e prese ad evocare incantesimi di ogni tipo, ma niente, nemmeno il fuoco poteva qualcosa contro quelle piante che sembravano essere invulnerabili a tutto.

 

- Arceo! – gridò Marzio, puntando la sua bacchetta stranamente tozza e lunga contro il suolo, ma tutto ciò che ottenne fu di paralizzare per una manciata di secondi i tentacoli protesi verso di lui.

 

- E’ magia elementale. – disse Anacore, pietrificato. – Quel ragazzo padroneggia la magia elementale. –

- Non ho mai visto niente del genere. – ansimò Marzio.

- Presso il mio popolo, è poco più che una leggenda. Non posso credere che ci sia qualcuno in grado di usarla, e così giovane, per giunta. Possiede un potere sconfinato. –

- Lo so. E devo fermarlo, o sarà la fine per tutti, qui. Anacore, tu torna subito nelle retroguardie, e cerca di portare via più uomini che puoi. –

- Non hanno possibilità di fuggire, a piedi sono troppo lenti. –

 

Marzio si avvolse le briglie di Fulgor attorno alle mani, concentrato. – Usa tutto il tuo potere per salvarli. Sollevali da terra, se necessario. –

 

Partì al galoppo, lasciando Anacore da solo, ancora immobilizzato dalla paura. A fatica, il Greco impugnò la sua strana bacchetta bislunga, tutta ornata di lamine di bronzo a forma di luna, di sole e di edera.

 

- Exanistemi. –

 

Riuscì a sollevare in aria una ventina di uomini, ma non ebbe nemmeno il tempo di voltare il cavallo e spronarlo, che altrettanti tentacoli si drizzarono verso l’alto e, attorcigliandosi attorno alle caviglie dei malcapitati, sciolsero l’incantesimo come fosse nulla, e li schiantarono violentemente a terra. 

 

Non erano che corpi che andavano ad aggiungersi a corpi, sparpagliati ovunque e grottescamente integri, come una distesa di dormienti.

 

Gli uomini toccati dai tentacoli, infatti, crollavano a terra, come fulminati.

 

Draco pensò che quelle piante magiche dovessero possedere lo stesso, spaventoso potere dell’Anatema mortale, o non ci sarebbe stato altro modo per spiegare quel fenomeno.

 

- L’edera risucchia le loro anime. – mormorò Derevan, prevenendo la sua domanda. – E’ una morte fulminea e completamente indolore. Il corpo non viene intaccato, non ce n’è bisogno. –

- Pazzesco. –

- Le forze della natura sanno essere crudeli, se glielo si chiede. –

 

- Fulvio! – gridò di nuovo Marzio.

Il suo compagno, a poche falcate da lui, lottava disperatamente contro uno di quei rami mostruosi.

- Comandante Saverio! –

Ne arrivò un altro che lo prese alle spalle, e anche lui si accasciò.

 

- Maledizione! – imprecò, incitando Fulgor a correre più veloce.

 

- Vieni. – disse Derevan, perentorio.

Il povero Draco aveva lo stomaco distrutto dalla nausea, per l’eccesso di sensazioni, la vista di tutti quei corpi, la paura e la confusione. Insieme, lasciarono il posto sicuro da cui avevano assistito alla battaglia, per lanciarsi in una corsa a perdifiato verso Venta, tagliando il percorso del Romano che, nel frattempo, si era fermato presso un soldato a terra.

 

- Lucio Prospero Basso, comandante. – gli sentì dire di sfuggita Draco.

- Lucio. Sali, e reggiti forte. –

- Grazie, comandante. –

 

Giunsero appena un istante prima che Fulgor arrestasse la sua corsa, nitrendo. Marzio balzò giù, incurante del manipolo di Iceni che si erano parati davanti al loro capo.

- Derevan! Fermati! – ordinò duramente.

 

Derevan sembrava posseduto da se stesso. Il bastone tremava violentemente nella sua mano tesa in avanti, senza controllo.

 

- Derevan, ascoltami! – lo chiamò a voce alta. – Devi fermarti! –

- Ma… Marzio. –

- Sono io, sono qui. Adesso fermati. –

 

Draco si accorse in quel momento della torque al collo di Derevan, che diede un bagliore prima di spegnersi del tutto.

Derevan sbatté le palpebre, e i tentacoli di edera cessarono all’istante di muoversi, cadendo inanimati sul suolo. Respirando a singulti, rivolse lo sguardo al campo di battaglia che si estendeva davanti a lui, disseminato di silenziosa morte.

 

- Sono stato io. Guarda. –

- Adesso basta. Basta. – ansimò Marzio, tremando quanto lui.

- Guarda! – disse con voce strozzata. – Anche io so uccidere! –

 

E dopo quelle poche parole, si lasciò cadere a terra, con la testa fra le mani.

 

- Derevan. –

- Anche io so uccidere, come voi! –

- Non fare così, vieni, alzati. –

- No, non mi toccare. Sono diventato un assassino, non è vero? –

 

Dillon si parò davanti a Derevan, risoluta. In realtà, tremava per la paura, e aveva gli occhi umidi di lacrime, ma la sua intenzione di apparire forte davanti al nemico era più che evidente.

 

- Vai via. – ringhiò. – Tutto è colpa tua. –

- Lasciami parlare con lui. – si oppose Marzio.

- Lui deve riposare. Non servi tu. –

- E invece sì. –

 

Marzio le rivolse uno sguardo furibondo, e, ben lontano dall’ascoltarla, si girò all’indirizzo del soldato che aveva salvato.

- Tu, torna al campo con il mio cavallo, e fai rapporto sulle perdite. Io vi raggiungerò fra poco. –

- Ma comandante, restare qui, da solo? –

- Obbedisci. –

 

Il povero Lucio era troppo giovane e spaventato per osare controbattere. Una volta eclissatosi, Marzio ritornò al suo obiettivo. Scansò Dillon, ignorando con alterigia il bastone che lei gli puntava contro.

 

La poverina cercava di mettergli paura e di allontanarlo da Derevan, senza capire che entrambi erano lì per lo stesso motivo, quello di salvarlo dalle sue stesse azioni.

Non voleva farle del male: il suo coraggio e la sua devozione erano da ammirare, non da punire.

 

- Alzati. –

- Non posso. –

- Certo che puoi. –

- No. Puoi riuscirci tu, che con la tua spada falci gli uomini come fossero frutti maturi, ma non io. - 

- Non dire così, non è vero. Anche per me è difficile, ogni Iceno che uccido, sei tu. -

- E allora come fai? – gridò Derevan. – Dimmi come fai! -

 

Marzio si inchinò lentamente, stringendosi forte al petto quel corpicino fragile e travolto dal dolore.

 

- Come fai. – singhiozzò Derevan. – A non sentirti le loro anime nel sangue. –

- Non fare mai più niente di simile. Tu non sei fatto per uccidere. Io lo so. –

 

- Sarei impazzito, senza il suo sostegno. – mormorò Derevan a Draco, come se avesse tenerezza di sé stesso. Si voltò verso di lui, insistendo con lo sguardo finché non lo ebbe costretto a guardarlo.

- Uccidere è una cosa tremenda. – disse gravemente, facendo sobbalzare il Serpeverde. – E’ qualcosa che non si riesce a spiegare, ma che rimane conficcata dentro al cuore per sempre. È come un marchio che incide sulla tua pelle il nome della tua vittima, e ti costringe a farci i conti in ogni momento, mattina e sera, senza mai una tregua. Non farlo mai, Draco: nemmeno tu sei fatto per uccidere. –

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ed eccoci ad un capitolo ricchissimo di riferimenti. Primo fra tutti, “omnia”. Ce lo ricordiamo, quel frammento di legno che fece inciampare Harry nel primo capitolo?

E poi un altro, meno evidente: il primo sogno di Draco, ricordate? Marzio dice a Derevan che lui non riuscirebbe mai ad uccidere, ma Derevan qui gli dimostra il contrario, anche se sembra che gli costi molto. È una parentesi che squarcia il velo oltre al loro idillio: appartengono pur sempre a due popoli in guerra.

 

Nota: la torque è il monile simbolo dei celti. Si tratta di un girocollo rigido, di metallo, spesso finemente lavorato, che si incrocia sul davanti senza toccarsi, un po’ come le dita di due mani. Solitamente era un pezzo unico, ma ne esistevano anche a più incroci. Era indossato da entrambi i sessi, aveva un grande valore sacrale, e i druidi usavano benedirlo per infondergli potere magico e protettivo. Ne esistevano molti “modelli”: alcuni indossati dai guerrieri, altri dai curatori, altri dagli sposi, altri dai bambini e così via.

Ho cercato qualche immagine in rete, così da darvi un’idea. Ciccate sui link!

 

Questa è una classica torque singola

 

http://www.trigallia.com/montefortino/foto/torque.JPG

 

 

Questa è più elaborata.

 

http://www.mysteriousworld.com/Content/Images/Journal/2003/Winter/Giants/Torque.jpg

 

 

Questo è un modello molto diverso

 

http://www.metmuseum.org/toah/images/h2/h2_47.100.16.jpg

 

Questa invece è doppia

 

http://www.jewellery-scottish.com/august8072/aug07torque.jpg

 

Per la parte sulla battaglia, inizialmente avevo pensato di rendere gli ordini gridati dai generali completamente in latino, ma siccome sono buona, oltre che pigra, ho deciso di lasciare in latino solo alcune parole significative:

Testudo è la testuggine, la famosa ed impenetrabile formazione di difesa di scudi uniti. Quando il comandante chiamava “testudo!”, immediatamente si levava una piastra compatta di scudi identici, e per i nemici erano cazzi. Aaah, mi esalto solo a pensarci!

I sagittarii sì, sono semplicemente gli arcieri. Dite la verità, vi eravate fatti mille filmini mentali di strani individui mezzi cavalli, eh? Scommetto che qualcuno ha fatto di peggio, vedendosi Aiolios di Sagitter irrompere sulla scena, e trasformare il tutto in uno stupido crossover baka. XD

Arceo significa “allontano”, “respingo”

Exanistemi è una parola greca che vuol dire insieme “sollevare” e “allontanare”. Perché Anacore non è mica scemo.

 

Infine, una specificazione doverosa sul termine “ Britannia”. Mi sono lungamente documentata, ma ho capito che fra gli studiosi ci sono molti dubbi e molte ipotesi su come i celti inglesi chiamassero la loro terra. Britannia deriva da Britanni, che è uno dei popoli più importanti del territorio, e i Romani la chiamavano così; perciò è verosimile che fosse un nome diffuso, e a questo mi sono attenuta.

 

E adesso, se siete ancora qui e non vi siete rotte per questa lezione extra di storia, rispostine!

 

 

 

 

 

 

 

Dark: ehm, già io non mi capacito del fatto che non si vergognino di Draco e Harry, figurati ad avere altri ospiti! ^^

 

The fly: speriamo di no, altrimenti sono guai! Però ci hai preso, per il momento Draco non sembra proprio disposto a far pace con se stesso, incurante dei sentimenti delle altre parti coinvolte.

 

Far: hihihi, eccola che parte con la selezione. Sembra tipo le classifiche in cui ti fanno sentire i pezzettini delle canzoni mentre le enumerano!

 

Herm: ecco, visto? Non stare via due settimane! Hihihi, Fulgor e Shay sono i protagonisti assoluti, loro sì che hanno capito come gira il mondo!

 

Little Star: ecco, gli Him in questi casi sono davvero delle pessime scelte. Anche io ho studiato una colonna sonora ad hoc, all’insegna dell’angoscia, con il risultato che non la sento mai, perché o scrivo o mi dispero! E non parliamo di criminali, se io sono riuscita a scovare un lato dolce in gente come Trevor, o Sasori, o Ichimaru, mi sa che siamo sulla stessa lunghezza d’onda!

 

Ginny: Eh, chissà come mai è così nervoso, mah ;)… buona pasqua anche a te!

 

Smemorella: nghaaa, non farmi tornare in mente il giochino malefico! Sì, è tutto a posto, un attimo di casini vari, ecco tutto! Ehm, tempeste ormonali? Io in primavera al massimo starnutisco, decisamente non sono toccata da questo genere di problema! A proposito, mi sa che la tua proposta sulla reazione di Draco è più aggressiva della mia! Almeno, Harry ha ancora le rotule intatte… Beh, la loro funzione è quella… di tutti i cavalli. Che poi potrebbe essere sottinteso qualcosa di più, trallallero trallallà…

 

Anatrante: guarda, mi dispiace, ma non ti posso rivelare proprio niente di niente, voglio che tutto si scopra cammin facendo.

 

Koorime: tesoro del cielo, ho dedicato con Somma gioia otto ore della mia esistenza alla tua recensione! Ora, dove posso trovare un ferramenta che installi una trappola per topi a scadenza di battiture sulla tua tastiera? XD Ok, la pianto, tanto lo sai che ti sono enormemente grata e che mi prendo malissimo a leggere ogni tua recensione. Insomma, Derevan è Derevan, e farli imboscare dietro al primo cespuglio non sarebbe stato carino >.< Oltretutto, finchè Draco è tordo come una biscia e non si rende conto di quanto di troppo sia, stiamo freschi. Poi, mi diverto un mondo sulle tue analisi, perché ci prendi sempre, e allora parte il filmino mentale corredato da colonna sonora “ooooh Detective Conan”. E finiamola qui, va. La questione dell’invidia di Draco è un punto molto importante, e che avrà modo di emergere, anche se già lo fa, fra le parole e nei gesti, per quanto Draco ce la metta tutta per fare il ghiacciolo. Già, quoto in pieno la questione stacca-lingua, Harry sarà pure innamorato e confuso, ma fesso del tutto no, e Draco, diciamocelo, fa una certa paura. L’analisi di Draco prima o poi ci sarà, perché è doverosa. Per il momento, mi diverto a nascondere i suoi stati d’animo dietro a quel suo broncio mutevole, e in fondo non così inespugnabile…

 

Lady: eh, sua maestà Draco Malfoy a volte si meriterebbe una scudisciata sul sederino, altroché! Ma siccome non posso trasformare questa fic in una faccenda sadomaso, mi sa che Harry dovrà beccarselo così com’è. Certamente, giusta osservazione: Marzio e Harry sono diversi, prima di tutto perché Harry è molto più impulsivo del suo corrispettivo, anche se il fatto che in questo cap Marzio si sia lanciato verso Derevan, ignorando il pericolo mortale, la dice lunga. Sicuramente hanno più punti in comune, e una maggiore disponibilità ad aprirsi, rispetto a Draco. Ma diciamocelo, anche un guscio di noce è più aperto di Draco… -__-

 

Draco Malfoy: Vedremo più avanti, se Dillon avrà a che fare con Hermione o meno. Per quanto riguarda l’altra domanda, invece, no, i ricordi sono “a senso unico”, e riguardano solo Marzio e Derevan. Non è possibile, per loro, farsi gli affari di Harry e Draco! XD

 

Blaise: grazie mille, stella! Yes, sono contenta anche io di dipanare qualche mistero qua  là, e mi diverto un mondo a rivelare Draco non attraverso i suoi pensieri, ma attraverso le azioni.

 

Jill: hihihi, e fu così che mandammo alle ortiche la trama, perché Harry fece un’incursione nella doccia, in preda a erotomania… E così, Virgilio! Ti supplico, dimmi che Dante era un tipo carino, e fra voi c’è stato del tenero…

 

Layla: grazie infinite! Beh, sono molto contenta che tu, e un po’ tutti comunque, abbiate recepito il passaggio chiave del muso di Draco per essere stato abbandonato. Come già spiegavo, mi piace molto di più analizzarlo attraverso le sue azioni, che non in modo classico. Per quanto riguarda le incursioni nei primi sogni di Draco, è probabile che ci siano ancora degli spunti per parlarne, un po’ come è successo qui, con Dillon.

 

 

 

  
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Stateira