Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Stateira    13/04/2008    18 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Notte consogno di Harry, arrivo di Draco e chiarimento

Al primo, violentissimo colpo di bastone, Harry distolse lo sguardo.

 

Derevan non fiatò. Dando prova di una fierezza impressionante, strinse forte i denti, e raccolse tutte le forze che aveva sulle sue labbra, dando vita ad un sorriso indescrivibile.

 

- No. – gemette Harry. – No, no, non possono farlo. -

- No! – gli fece orribilmente eco Marzio, inginocchiato a terra, fra i suoi commilitoni, mentre si dibatteva come un leone, invano, per cercare di raggiungere Derevan, di fargli da scudo.

 

- Mi dispiace. – soffiò lui, quasi esanime. – Mi dispiace tanto. -

- Derevan! Fermatevi! –

 

Il corpo del giovane Iceno era segnato un po’ dovunque da lividi già nerastri, segno che dovessero avere almeno due giorni o tre. Erano piccoli, infidi, nascosti sulle giunture ed in altri punti delicati, procurati con ogni probabilità  con l’impugnatura di un coltello. Dovevano fare un male indicibile.

 

Eppure Derevan non dava segno di volersi lasciare andare. Resisteva, con il capo appena chino, gli occhi limpidissimi e privi di lacrime.

 

- Avanti! – ordinò Tito. – Non siete nemmeno capaci di ammazzare un ragazzino barbaro? -

 

Grandinarono bastonate su bastonate, che si infrangevano assassine, una dopo l’altra, sul corpo indifeso di Derevan, sempre più ripiegato su sé stesso. Ad ogni colpo inferto in silenzio dai soldati, il gemito straziato di Marzio era il solo, sconvolto suono che accompagnasse l’impatto sulla carne e sulle ossa del biondo Iceno.

 

Harry scosse la testa ancora, e ancora, come qualcuno che cerca di risvegliarsi da un incubo. – Basta! – ansimò. – Basta, fermali! -

- Non posso farlo. -

- Ma lo uccideranno! -

- Lo so. -

 

In quel momento, gli aguzzini si diedero il cambio, la prima fila con la seconda, e Derevan si aggrappò all’ultimo alito di vita che gli restava per sollevarsi sulle braccia.

 

- Vale, Marzio. – sussurrò. – Addio. –

- No! -

 

Un colpo si abbatté, impietoso, sul collo di Derevan, che si accasciò a terra, vinto. Una manciata di soldati lo accerchiarono, impedendo a Marzio di vederlo.

 

Harry, però, e l’altro Marzio, loro potevano. Li videro colpire con forza la schiena, il collo e la nuca di Derevan, ridotto ormai ad un esanime fagotto sanguinante. Il suo corpo distrutto dalla brutalità dell’esecuzione emanava una incorruttibile forza, nel suo mantenersi tutto intero, ed ancora dignitoso nonostante le molteplici ferite.

Le labbra spaccate, lo zigomo destro sbrecciato, non c’era nulla che potesse soffocare la sua maestosa bellezza.

 

E non erano i soli a sentirlo. I soldati lo colpivano con sempre meno convinzione, con timore, addirittura, come se improvvisamente si fossero tutti resi conto di stare uccidendo qualcosa di incommensurabile.

 

Tito Quinto stava velocemente perdendo il sorriso tagliente che fino a quel momento era rimasto annidato sulle sue labbra. Forse una morte che si faceva troppo attendere lo annoiava, o forse nemmeno lui riusciva a provare gusto, guardando quello spettacolo straziante.

 

- Finitelo in fretta. – ordinò, ritirandosi verso l’interno del castra ad ampie falcate nervose, scortato soltanto da due uomini. Diede un’impressione strana, il suo ritirarsi fin troppo rapido: che stesse scappando, da chissà quale cosa nascosta fra i granelli di terra secca e polverosa dello spiazzo.

 

Non appena il Prefetto se ne fu andato, smisero tutti di infierire sul corpo di Derevan.

 

Come un penoso sipario, si fecero da parte, lasciando passare Marzio, per l’ultimo atto della loro tragedia.

 

Il generale, l’ombra dell’uomo che, l’espressione degli occhi ancora lo testimoniava, era stato fino a poco prima, si accovacciò in ginocchio accanto al suo dolce sole, all’amore solo e grande di tutta la sua vita.

Pieno di tenerezza, lo prese fra le braccia, senza smettere un attimo di accarezzargli i capelli incrostati di sangue.

 

- Derevan. – chiamò con un filo di voce.

 

Ma Derevan non gli rispose.

 

- Mea spes. Mea una lux. -

 

Era troppo tardi.

 

- Derevan. –

 

Per dirgli parole dette mai abbastanza volte, per quell’ultima carezza sui lividi e sul sangue, per cercare di estinguere i rimpianti di ogni istante passato senza tenergli le mani fra le sue.

Era troppo tardi, ormai. Per tutto.

 

- Signore… -

- Comandante Saverio, dobbiamo portarti via. -

 

Anacore fu il primo a fare un passo verso Marzio, immobilmente assorto nelle sue vane cure.

 

- Marzio, fratello mio. -

- Se hai pietà. –

 

Marzio alzò su di lui i suoi occhi ciechi, dove il verde smeraldo campeggiava sul rosso intenso delle lacrime scese a rigargli le guance sporche. – Se hai un po’ di pietà per questo sventurato, se sono tuo fratello, allora uccidimi. Abbi compassione di me, non lasciarmi vivo. -

- Ma comandante… -

- Non sono più il vostro comandante. – Marzio sfiorò con devozione una gota tumefatta del suo compagno morto. – Non sono più niente. Non sono più nemmeno un uomo. -

 

- Uccidiamolo. – gemette un soldato, dalla seconda fila.

 

- Non si può. Bisogna attendere il sorgere del prossimo sole. -

- Ma così è peggio della morte! -

- Marzio. – Anacore si inchinò di fianco a lui. Anche il suo viso spigoloso e singolare, in quel momento, riusciva ad emanare un dolore composto e nobile. – Dobbiamo obbedire alla legge, lo sai. Ti spetta la condanna dei traditori. -

- Lo so. – parlò Marzio, con un filo di voce.

- Bene. – Anacore si alzò a fatica, cercando di tenere una mano sulla testa dell’amico. – Uomini, ascoltatemi. L’esecuzione del comandante Legato avverrà ora stesso. -

- Ma signore! – esclamarono uno sparuto pugno di soldati.

- Questi sono gli ordini. – li liquidò Anacore. – In assenza di Tito, qui comando io. Prima fila, avanzare. Sguainate le spade. –

Marzio fu preso per le spalle da alcuni uomini, e fu fatto inginocchiare in modo più composto.

- Signore, io non voglio che tu muoia. – singhiozzò un giovane centurione.

 

Marzio lo guardò senza realmente vederlo. Era quel giovane, quel soldato che aveva salvato una volta, tanto, tantissimo tempo prima, dalla furia di Derevan. Chissà, però, se lo riconobbe.

 

I suoi uomini gli si fecero attorno in silenzio, formando una semiellisse che lasciava libero il lato dove giaceva Derevan. Libero, perché il loro comandante potesse crollare su di lui, morendo.

 

- Al mio ordine. – disse Anacore con voce spezzata.

- Derevan. – mormorò Marzio, accarezzando con devozione i capelli disordinati dell’Iceno. – Non ti lascio solo, anima mia, sto arrivando da te. Aspettami, ti prego. Aspettami solo un altro istante. -

 

- Nunc. –

 

Marzio sentì la schiena squarciarsi sotto il ferro tagliente dei suoi stessi soldati. Non fiatò, non diede un gemito, il respiro bloccato nei polmoni, il corpo irrigidito nel dolore e nell’ultimo anelito di orgoglio.

Nel silenzio irreale, si coglievano soltanto i singhiozzi distrutti di alcuni uomini. Il pianto dei soldati che per lui erano stati come fratelli, e che ora lo stavano uccidendo.

 

- Erroso, Marzio, fratello. – mormorò Anacore, spento.

- Vale, comandante Saverio. -

- Sei stato il miglior generale che io abbia mai avuto l’onore di servire, comandante Saverio. –

- Vale Saverio. -

 

Marzio non aveva parole da regalare a nessuno di loro. I suoi occhi andavano annebbiandosi sempre di più, le sue mani e le sue gambe si intorpidivano, e lui, già morto nello spirito, stava lasciando morire il proprio corpo su quello di Derevan.

 

Harry colse il gesto fulmineo di Marzio, che accanto a lui si irrigidì, portandosi una mano allo stomaco.

- Che cos’hai? – gracchiò, maledicendosi per non avere nient’altro da dire.

- La nausea. – spiegò Marzio. – Morire fa provare un forte senso di nausea. -

- E’ stato…? -

- Doloroso? No, non credo. È una sensazione sgradevole, che ti stritola lo stomaco, ma niente di più. Il dolore smetti di sentirlo quasi subito. -

 

Harry non faticò a credergli, per una volta. Il corpo che si era accasciato senza più vita nella polvere del campo fuori dal castra era un corpo che non mostrava alcun segno di patimento, né di gioia, come se le ferite sanguinanti appartenessero ad un altro.

Sempre annuendo a chissà che cosa, si lasciò andare al pianto, come fecero tutti gli uomini che aveva davanti, stretti l’uno all’altro come una famiglia che si stringe attorno ad un fratello. Nonostante il bisogno prorompente di farlo, non si sentì in diritto di piangere, anzi, aveva la sensazione che avrebbe dovuto dare qualsiasi altra cosa che non fosse quella.

 

L’immobilità dei corpi di Marzio e Derevan bastava, sola, a scatenare un inferno di dolore, di rabbia e di incredulità.

 

- Ti hanno ucciso come se fossi un animale. – gemette.

- E’ ciò che mi spettava. Per la mia legge, ero un traditore. -

- Non è così. -

- So che può sembrarti ingiusto. -

 

Anacore impartì alcuni ordini secchi, e immediatamente quattro soldati si disposero a coppie, e raccolsero i due giustiziati, per dirigersi, con gli altri compagni, verso l’accesso del castra.

 

- Tutto ciò che è accaduto dopo la mia morte non potrei mostrartelo nemmeno se volessi. – spiegò Marzio. – Posso solamente raccontartelo. -

 

Ma ad Harry non importava niente, di nessun racconto. Dopo ciò che aveva visto, non voleva, non poteva sentire altro.

 

- Tu. – ringhiò fra i singhiozzi. – Tu hai combattuto per tutto questo! Hai combattuto! -

 

Marzio rimase in silenzio, a capo chino, di fronte alle accuse di Harry.

 

- Perché!?! -

- E’ la mia legge, Harry. -

- No! Non è possibile! Non può essere vero! -

- Harry… -

- Derevan è morto! – gli ringhiò in faccia Harry, rosso di rabbia. – Lo hanno ucciso davanti a te come se non fosse un essere umano, e tu hai difeso, questa legge che te lo ha portato via! –

- Lo so. Ma ho perdonato. -

- Come diavolo fai a dire che hai perdonato?!? Se facessero una cosa del genere a Draco io- -

 

Harry si interruppe bruscamente.

 

- Lo proteggeresti? – domandò Marzio, serio al limite dell’inespressività.

- Certo che lo proteggerei. Farei qualsiasi cosa per proteggerlo. -

- E pensi che io non l’abbia fatto? -

- No, no che non lo hai fatto. Lo hai guardato morire senza muovere un dito, come se non te ne importasse niente. -

 

Una dolorosa ruga d’espressione apparve fra le sopracciglia del Romano.

 

- Harry. – riprese dopo qualche momento. – Te l’ho già spiegato, no? Non sono in grado di decidere che cosa mostrarti di ciò che accadde. Ma se hai un po’ di fiducia in me, posso giurarti sul mio onore che ho cercato con tutte le mie forze di salvarlo. -

- Non ci sei riuscito. – lo accusò Harry.

Si sentiva un verme a parlare così davanti ad un dolore così grande, ma la rabbia che mugghiava dentro al suo stomaco non gli dava tregua, e se appena provava a ricordarsi che Marzio non era altro che una vittima, ecco che lei tornava a caricare, a urlare che no, una cosa del genere non sarebbe dovuta succedere mai, mai, per nessuna ragione al mondo.

 

Marzio si morse con forza le labbra. – Lo so. – mormorò. – Ma ci sono forze contro cui non si può lottare, Harry. Sembra stupido dirlo, ma tu sei giovane, molto più giovane di me, e sei anche molto coraggioso, e di gran cuore. Ma a volte la forza di volontà non basta. Non basta desiderare qualcosa con tutto te stesso, perché questa si avveri. Non basta, nemmeno se cerchi di strapparti l’anima dal cuore per darla in pegno, non serve a niente, le cose accadono lo stesso, le persone muoiono lo stesso, e tu ti ritrovi lì a tendere inutilmente i brandelli del tuo cuore verso il cielo, chiedendo che te lo ridiano indietro. –

- Marzio. -

- …Che te lo ridiano indietro. – Marzio smise di mordersi le labbra, arrendendosi infine anche lui ai singhiozzi.

 

E Harry si sentì male, per essere stato così spietato.

 

Era un uomo che aveva perduto la persona più importante sotto ai suoi occhi.

Lo aveva visto morire.

Lo aveva guardato morire.

Aveva assistito all’inesorabile sgretolarsi di quella vita.

 

In fin dei conti, non aveva fatto anche lui lo stesso errore? Non aveva visto suo padre in lui, perché aveva voluto vederlo? Non aveva chiesto a chissà quale dio del cielo, da bambino, che gli restituisse la sua mamma e il suo papà?

 

E Cedric? E Sirius?

 

Non era rimasto a guardare, maledizione, non era rimasto lì, fermo, a guardarli morire?

 

Proprio come lui?

 

- Marzio, io… -

- Perdonami. -

 

Marzio si ricompose immediatamente, raddrizzando le spalle che solo un attimo prima erano sembrate soverchiate dal peso del suo mantello. Harry pensò che quel giovane uomo possedesse una forza sovrumana nel suo corpo.

 

- Vuoi raccontarmi cosa accadde dopo? – disse cercando di essere più delicato possibile.

 

Marzio a sorpresa formò un piccolo, fragilissimo sorriso.

 

- I miei compagni. – cominciò con voce insolitamente profonda. – Iniziarono i preparativi per il rito funebre. Chiesero a gran voce che mi si seppellisse con l’onore di un comandante, nonostante tutto, e Tito Quinto fu costretto ad accettare. Ma non potendo accanirsi su di me, lo fece su Derevan. Diede l’ordine di gettare il corpo del barbaro nel fiume, senza onori. Ma i miei compagni erano degli uomini straordinari. -

 

Harry provò una sensazione di sollievo. Strano a dirsi, vista la situazione, ma era come se avesse saputo dietro le parole di Marzio si celava qualcosa di autenticamente bello.

 

- Fabbricarono un manichino con della paglia e della legna. Alcuni dei nostri maghi riuscirono a trasfigurarlo, dandogli un aspetto simile a quello di Derevan, e lo gettarono nel fiume. Anacore, invece, nascose il vero corpo, lo ripulì e lo vestì. Il giorno dopo furono celebrati i miei funerali, dove venni cremato sulla pira, secondo le nostre usanze. Quinto rimase solo per l’accensione del fuoco. –

 

Le labbra sottili di Marzio assunsero una piegolina amara. – Credo che volesse accertarsi che il mio corpo bruciasse davvero, e che io mi levassi dai piedi una volta per tutte. –

Harry imitò la sua stessa espressione senza rendersene conto. Riusciva a sentire il dolore di Marzio fin dentro alle ossa, e non c’era nulla che potesse fare per opporvisi.

 

- E così, portarono lì Derevan di nascosto, e lo posarono sulla pira, lasciando che i nostri corpi bruciassero insieme, che le nostre ceneri salissero unite verso il cielo. Io, per mia parte, assistetti a tutto, ma Derevan non c’era, senza un intermediario non ero in grado di vederlo. -

 

Dentro alle ultime parole del Romano era racchiusa un’immensa gratitudine, rivolta a lui, evidentemente. Harry si sentì importante, e come mai prima, pieno di forza.

 

- Fu… - commentò, inspirando a fondo. – Fu bello, da parte dei tuoi compagni. -

 

- Fu un gesto meraviglioso. – assentì Marzio. – Anacore e gli altri rischiarono moltissimo, ma lo fecero per rispetto verso di me, e verso Derevan. Perché, nonostante mi avessero condannato, loro avevano capito. -

 

All’improvviso, il cielo prese a tuonare violentemente, facendo sobbalzare Harry per lo spavento.

 

- Quel giorno non venne a piovere. – rifletté Marzio.

- E allora, che significa? Mi sto svegliando? -

- Sì, credo proprio di sì. -

 

Harry annuì, vago. – D’accordo. Allora… -

- Non ti preoccupare per me. -

- Resterai qui? -

- No. Dopo che tu te ne sarai andato, tornerò al bosco. -

- Ho capito. Senti, Marzio… -

 

Harry non fece in tempo a concludere la sua frase, che si ritrovò sveglio, nel letto ampio della sua camera provvisoria, avvolto dall’oscurità quasi totale della notte.

 

Il silenzio, però, quello non era totale: un rumore concitato e sordo di passi si fece strada nella sua testa ancora frastornata, proveniente da chissà dove.

 

La porta della camera si spalancò rapida abbastanza da non emettere neppure un cigolio.

 

- Harry? – chiamò una voce snaturata da una nota di panico.

 

Poteva essere il sonno, certo. In piena notte, al buio, e dopo tutto quello che aveva visto, per giunta.

 

Però.

 

Però, poteva anche essere lui.

 

- Draco? -

 

L’ombra stagliata contro l’uscio aperto si distaccò da esso, facendosi sempre più netta man mano che gli si avvicinava.

Adesso che si trovava lì, non sapeva nemmeno che cosa ci fosse andato a fare.

 

- Ho visto… E’ stato… - farfugliò. -

- Hey, va tutto bene? -

- No. Direi di no. -

 

Se lo sentì, che ciò che turbava Draco era probabilmente la stessa cosa che turbava lui. Che diamine, vedere Malfoy sulla soglia delle lacrime non era mica cosa da tutti i giorni.

 

- Vieni qui. – lo invitò, battendo con il palmo della mano sul materasso.

Draco esitò un momento, prima di assecondarlo, e andare a sedersi su quello che era stato il suo lato del letto per alcuni giorni. Raccolse subito le gambe, infreddolite dalla lunga corsa a piedi nudi.

 

- Non mordermi. – si sentì dire, mentre un braccio andava ad avvolgergli le spalle con discrezione, sorprendentemente caldo e rassicurante. Dio, aveva un bisogno disperato, di quel braccio.

 

Senza che Harry dicesse nulla, cominciò a snocciolare il racconto di ciò che aveva visto e sentito. Dapprima esitando e rimangiandosi le parole, poi sempre più precipitosamente, confessò fra i denti la rabbia che aveva provato nei confronti di Marzio, per non essere riuscito a trarre in salvo Derevan dal pericolo.

 

Harry capì molte cose, circa la famosa imboscata di cui Marzio gli aveva accennato, e anche circa quelle parole a cui non aveva voluto credere, sul suo tentativo di salvarlo.

 

Chissà quanti giorni erano trascorsi, fra la cattura e il momento dell’esecuzione.

Chissà che cosa non aveva tentato, per strappare Derevan a ciò che li attendeva impietosamente.

Chissà, se avrebbe dovuto raccontare a Draco il suo sogno, come lui stava facendo.

 

Riusciva quasi a vederselo davanti, strepitare furioso, se non gli avesse detto nulla. Ma in quel momento, se lo vedeva davanti scosso, che tentava di mantenersi saldo e di non perdere per strada nemmeno una lacrima piccola piccola.

 

. Quel salice, io l’ho riconosciuto. -

- Lo conosci? -

 

Draco annuì lievemente. – E’ l’albero sotto cui ho incontrato Derevan. Credo che sia sempre rimasto là sotto, ad aspettare. -

- Sì, capisco. -

- Sempre lì, fermo. Voglio dire, duemila anni. Duemila anni sono un mucchio di tempo. E lui è rimasto lì, ad aspettare sotto il salice. -

 

Harry espirò lentamente attraverso le narici. Fuori, il cielo era ancora blu violaceo, punterellato di un’infinità di candidi astri.

Era ancora notte, e Draco era tutto intero: il tempo per dirgli tutto ciò che avrebbe dovuto, lo aveva. Si sentì fortunato, oltre ogni dire.

 

- Dammi il mantello, lo butto sulla sedia. – mormorò.

Dopo che Draco si fu accoccolato sul cuscino, tirò su le coperte, allungandogliele fin dietro la schiena.

 

Il Serpeverde sospirò di piacere, al contatto con il morbido tepore del piumotto, dopo tanto freddo. Si acquattò più vicino che potè ad Harry, cercando in tutti i modi di non dare nell’occhio.

 

Non ci riuscì, naturalmente, perché Harry se ne accorse, ma si guardò bene dal reagire.

 

Sì, era tutto intero, e vivo; respirava a piccoli sbuffi, scandendo la pace della stanza, ed era incredibile, era salvifico, era magnifico. Per quel poco di notte che rimaneva, lo avrebbe lasciato riposare tranquillo, senza altri brutti sogni con cui dover fare i conti. 

 

C’era sempre il giorno dopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ho semplificato un po’ il rituale funebre romano, che in realtà era più elaborato, e prevedeva una processione e un tot di altre cose. Ma non sono state solo esigenze di copione: siamo in un campo militare, non a Roma, e Marzio è pur sempre un traditore, quindi un funerale solenne ma sobrio mi sembrava più adatto ed in linea con la trama.

 

Inoltre, il titolo di questo capitolo fa coppia con quello precedente. Ignis e imber, il fuoco e l’acquazzone.

 

Nota: Erroso è una parola greca, significa “addio”. Nunc, invece, è latino, e significa “adesso”.

 

Mi scuso di cuore per non potervi rispondere nemmeno questa volta. In realtà non voglio darvi garanzie su quando potrò tornare a farlo, perché al momento un paio di gravi problemi di carattere personale tengono le mie mani e la mia testa lontane da questa tastiera.

 

Per questo, è possibile che il prossimo capitolo tardi un po’ ad arrivare, perciò non allarmatevi.

Tutto ciò che vi chiedo sono tante belle recensioni sul capitolo, nel senso che vi prego di non tener conto e di questa faccenda, che mi sembrava giusto segnalarvi come causa della mia negligenza nel vostri confronti, ma che con la storia non ha nulla a che vedere. Anche se so che sarebbe in buonissima fece, non trasformate lo spazio pubblico delle recensioni in una pioggia di domande sul genere “come stai, cos’è successo”, ecco. Non è il luogo adatto.

  
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Stateira