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Autore: Yumeha    06/10/2014    11 recensioni
Sul fatto che prima o poi i miei genitori si sarebbero separati, ormai era chiaro a tutti. E sinceramente non potevo che esserne felice. Non ne potevo più di sentire mamma e papà litigare in piena notte, schivare oggetti contundenti che volavano già di prima mattina, e poi passare all’ignorarsi per tutta la giornata. Insomma, ne andava della mia sanità mentale.
Di conseguenza era palese che prima o poi si sarebbero lasciati, lo immaginavo. Ma non potevo di certo predire che mamma lasciasse definitivamente il cognome Heartphilia e che si risposasse. Anche se questo avrei dovuto perlomeno sospettarlo, dopotutto Layla sembrava la personificazione della perfezione. Ma la mia fervida immaginazione di scrittrice non poteva arrivare a tanto: mamma non poteva sposarsi con un Dragneel!
Se prima mi sembrava di vivere in una clinica psichiatrica, la mia nuova famiglia decisamente troppo allargata, era praticamente un manicomio…
~
«Scommettiamo che entro la fine dell’anno tu e Natsu vi mettete insieme?» ghignò la mia migliore amica.
Inarcai un sopracciglio. «Scommettiamo che entro la fine dell’anno io quello lo ammazzo?»
«Andata.» Levy mi sorrise divertita.
«La posta in gioco?» chiesi, guardinga.
«La reputazione.» le sue labbra si curvarono in un sorriso sadico.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Meredy, Natsu, Sting Eucliffe, Wendy
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Incontri in posti non proprio adatti, scuola e proteste fin troppo esplicite.
 
~ Capitolo 4
 
Stavo dormendo beatamente, mentre sognavo di far parte dell'FBI, tra le mani una pistola e una missione da portare a termine, quando la sveglia suonò e mi fece capitolare dal letto per lo spavento. Mancai lo spigolo del comodino con la testa per un soffio, mi alzai stancamente e guardando la sveglia ancora assonnata, la spensi. Sbuffai, appoggiandomi con la schiena contro il letto, una mano sul viso.
La scuola era iniziata.
Questo significava che le vacanze erano finite.
Grugnii infastidita e mi alzai con stizza, marciando in direzione della cucina, fregandome bellamente del fatto che addosso avessi un indecente babydoll di raso azzurro scuro bordato in pizzo blu.
Scesi le scale, mi riavviai i capelli dorati con una mano e quando alzai lo sguardo mi trovai davanti Natsu che mi squadrava dall'alto in basso. Non eravamo molto distanti, così potei notare di nuovo quegli occhi che mi scrutavano, diventati quasi del tutto verdi. Improvvisamente sentii caldo, troppo caldo, specialmente in viso. Il mio cuore che batteva a un ritmo troppo veloce perché il mio respiro potesse stargli dietro.
«Ehm.» balbettai.
Natsu sembrò riprendersi, i suoi occhi tornare allo stato naturale, due ossidiane dalla peculiarità di avere delle parti che richiamavano lo smeraldo. Non seppi come mai, ma mi ritrovai a pensare che come anello di fidanzamento avrei voluto avere uno smeraldo. Eppure le mie pietre preferite erano sempre state lo zaffiro e il diamante...
Il rosato abbassò lo sguardo e filò in cucina a capo chino. Lo seguii imbarazzata, mentre il mio stomaco reclamava la colazione. Ad aspettarci c'erano già Wendy e Sting, seduti a tavola a consumare il loro cibo. Mio fratello stava divorando una Kinder Delice mentre la blu sorseggiava un the caldo. Inarcai un sopracciglio quando notai il mignolo della ragazzina alzato, mentre sosteneva la tazza rosa con sopra Bloom. Incredibile, non seppi come mai ma io la collegai all'immagine di una mafiosa. Tazza esclusa. Anzi, forse mi sembrava più adatto un caffè per un mafioso. Non che la cosa mi interessasse più di tanto, non capii nemmeno come faceva a ricordarmelo. Magari era per il carattere, sì era così.
Mi avvicinai alla cucina e prendendo una tazza con degli orsacchiotti, la riempii di latte freddo. «Qualcuno sa dove sono le barchette Coco Pops?»
«Scaffale in alto a destra.» trillò Wendy.
Presi la confezione e anche un cucchiaio, subito dopo mi lasciai scivolare sulla sedia con un tonfo, urtando per sbaglio il tavolo.
«Certo che quando sei nata te, la grazia e l'eleganza in quel momento dovevano essere andate a farsi un giro.» commentò acido Natsu, cercando di pulirsi la macchia di caffelatte schizzata sulla sua maglietta.
Gli scoccai un'occhiataccia da sotto le ciglia, sforzandomi di non mandarlo a quel paese già di prima mattina. Ma Wendy decise che quel giorno evidentemente, doveva per forza iniziare male.
«Fratellino, non trovi che Lu-chan sia particolarmente sexy con il suo pigiamino?» cinguettò.
Sputai latte e cereali in faccia a mio fratello per la sorpresa, mentre a Natsu andò di traverso il liquido caldo.
«Che?» squittì.
M'imbarazzai ulteriormente, rievocando mentalmente ciò che era successo poco prima. Tirai la stoffa bordata di pizzo più in basso, cercando di coprirmi un po' di più le gambe, ma dovetti rinunciare quando per poco non rimasi nuda sulla parte superiore, nel tentativo di far sembrare invano quel babydoll un po' più pudico.
Impresa ardua, se non impossibile. Quando mai un babydoll poteva risultare pudico?
"Maledizione alla mia fissa per l'intimo audace!"
D'altronde non potevo farci nulla, avevo sempre amato l'underwear, a casa avevo una zona della mia cabina dedicata solo a quello, veramente grande oltretutto.
La blu sorrise, un ghigno malefico più che altro. «Dai, non fare il finto tonto!» ridacchiò. «Non pensi che così Lucy sia in grado di provocare un'epistassi di massa?» commentò serafica.
Arrossii talmente tanto che in quel momento sentii di poter riscaldare il latte freddo col calore del corpo aumentato a dismisura. Anche Natsu arrossì, con mio sommo stupore - e piacere, lo ammetto.
Ma anche se mi sarebbe piaciuto scoprire cosa ne pensasse di me vestita in quel modo, il ragazzo si alzò repentinamente, facendo scivolare la sedia all'indietro e sparì su per le scale a una velocità supersonica. Rimasi a fissare la tazza con gli orsacchiotti mordicchiandomi il labbro inferiore, terribilmente a disagio. Mio fratello sembrava non essersi accorto di nulla, bastava mettergli sotto il naso del cioccolato che il resto intorno a lui scendeva in secondo piano. Sarebbe potuta saltare in aria la casa, lui sarebbe rimasto seduto a finire il suo amato e prelibato cioccolato. Wendy invece aveva l'aria di quella che sta per combinare qualcosa di losco, ma sorvolai e decisi fosse il caso di andarmi a fare una doccia rigenerante. Mi alzai - 'stavolta facendo attenzione a non rovesciare qualcos'altro - e mi diressi in bagno. Salii le scale a due a due, e quando raggiunsi la porta del bagno l'aprii e mi liberai del babydoll, insieme alle mutandine abbinate. Ero talmente presa dai miei pensieri - "Non stavo pensando alle sue pagliuzze verdi, nooo." - che non mi accorsi di un particolare: quando feci scorrere la porticina della doccia, davanti a me si presentò uno spettacolo che non seppi definire bene. Mozzafiato lo era di sicuro però. Proprio di fronte a me, esattamente come mamma l'aveva fatto, si trovava Natsu Dragneel.
I suoi occhi leggermente sbarrati scorrevano avidi e curiosi sul mio corpo, talmente verdi da sembrare innaturali. Le sue labbra disegnavano una piccola 'o' di stupore. Sulle sue spalle larghe scivolavano veloci le goccioline d'acqua, talmente rapide che sembravano scorrere sul marmo bianco e levigato di una statua perfetta. Seguii le goccioline, che scendevano sul suo petto, sull'addome scolpito, sulla V davanti alla quale cominciai a farmi una serie di filmini totalmente indecenti e...
"Gesù!"
Mi stampai le mani sulla faccia - facendomi male, oltretutto - nel tentativo di coprire la visuale, cacciando un grido che fece riprendere il ragazzo. Ma nell'uscire dalla doccia, non tenni conto del pavimento scivoloso: sentii il mio piede slittare e subito dopo cadere all'indietro. Fu un attimo, Natsu mi afferrò un braccio, ma non riuscì a sostenermi, di conseguenza cadde rovinosamente a terra, sopra di me.
"Sto per morire..."
Il rosato alzò il busto, facendo leva sui gomiti e osservandomi meglio dall'alto. In pochissimo tempo, le sue iridi tornate due ossidiane, cambiarono nuovamente in quegli smeraldi a cui mi ero inconsapevolmente affezionata. Cominciai a pensare che i suoi occhi cambiassero colore in base alle emozioni: quando diventavano completamente verdi - come successo più volte oggi - sembravano voler dire che stessero ammirando qualcosa che gli piaceva particolarmente, anche perché l'espressione meravigliata che aveva in viso confermava la mia ipotesi. Continuavo a fissarlo, mentre il mio cervello prendeva le valige e appendeva da qualche parte nel mio cranio un cartello con scritto "Sono andato a prendere un caffè al bar". Il mio sguardo scivolò su quelle labbra ben delineate, e in quell'esatto momento sentii il cuore partirmi in quarta. Non mi preoccupai nemmeno più di essere completamente nuda ed esposta sotto di lui, il pensiero della sua bocca aveva colonizzato il mio cervello.
"Ah no, lui è andato a prendersi un caffè. Uhm, allora il cranio?"
Sentii Natsu avvicinarsi sempre di più, tanto che i nostri petti ormai aderirono completamente. Mi stava fissando da sotto le ciglia con occhi liquidi, mentre quella bocca perfetta da risultare disegnata, sembrava attratta come una calamita verso la mia.
Due calamite gemelle destinate a rincontrarsi.
"Bleah! Ecco i pensieri che partorisco quando il mio cervello abbandona la mia zucca! Disgustosamente diabetici!"
Quando sentii il suo respiro caldo mescolarsi al mio, mentre le nostre labbra erano talmente vicine da sfiorarsi, qualcuno ebbe la brillante idea di bussare alla porta tanto forte da buttarla quasi giù. E ovviamente voleva morire per mano mia.
In quel momento il mio cervello rientrò nella mia testa, anche perché mi accorsi di quello che fosse successo solo ora. Strillai, alzandomi velocissima e riuscendo a dare anche una craniata a Natsu che indietreggiò tremante. Afferrai un asciugamano a caso e mi coprii il corpo alla bell'e meglio, uscendo poi - correndo sarebbe più corretto - dal bagno per raggiungere camera mia.
Ignorai l'occhiata perplessa che mi rivolse Sting, sbattei la porta violentemente e la chiusi pure a chiave.
"Decisamente, questa mattina non era iniziata bene!"
Finito di vestirmi, presi lo zaino e uscii da camera mia, guardandomi prima in giro per scorgere una figura dai capelli rosa. Appurato di non vedere nessuno con tale colore di capelli, uscii allo scoperto e mi avviai alla porta di casa. Notai Sting seduto a gambe incrociate sul divano in pigiama, mentre faceva zapping alla televisione.
Sbarrai gli occhi. «Sting! Passa fra cinque minuti il pullman!»
«Uhm uhm.» annuì. «Arrivo dopo, non ti preoccupare.»
Inarcai un sopracciglio ma non obbiettai. Avevo il terrore di ritrovarmi Natsu da qualche parte. Scorsi Wendy raggiungermi saltellando su un piede, mentre cercava di infilarsi una scarpetta.
«Oh, Lu! Andiamo insieme alla fermata?» trillò.
Feci spallucce. «Sì.»
Uscimmo di casa, lanciai un'ultima occhiata preoccupata al biondo, poi cominciai a camminare velocemente, non era il caso perdere il pullman il primo giorno di scuola ed entrare in ritardo.
Quando arrivai a destinazione, riconobbi una figura minuta a me familiare. La ragazza si voltò, facendo ondeggiare i mossi capelli turchini e guardandomi con quegli occhi ambrati leggermente sbarrati dalla sorpresa. In un attimo le sue labbra si distesero, illuminando il suo viso con un bel sorriso. Levy lasciò cadere la cartella per terra con un tonfo, subito dopo mi corse in contro e all'ultimo saltò. Fortunatamente avevo sempre avuto buoni riflessi, così riuscii a prenderla al volo, mentre lei si stringeva in un abbraccio stile koala. Mi stupii anche quella volta di quanto fosse leggera, piccola e delicata tra le mie braccia.
«Lu-chan! Finalmente potrò vederti con più frequenza!» gioì.
Quando la ragazza si lasciò scivolare, tornando coi piedi per terra, mi morsi il labbro inferiore per non ridacchiare. Era così bassa e tenera.
«Sono felice anche io di rivederti Levy-chan.» sorrisi radiosa. «Un po' meno che inizi la scuola.» borbottai.
Lei sventolò una mano davanti al viso. «Non dire sciocchezze, io sono contenta di riprendere i miei studi.»
La guardai maliziosa. «Studiare Gajeel, forse.» ridacchiai.
«Sht!» mi silenziò agitando le braccia, mentre il viso cominciava ad assumere un tenero colorito color porpora. «Non pronunciare il suo nome!» strillò.
«Colui che non deve essere nominato.» risi.
Levy mi scoccò un'occhiataccia. «Esattamente.»
In quel momento il pullman arrivò, e già potemmo vedere che c'erano diverse persone sulla vettura blu. Salii insieme alla mia migliore amica, mostrando l'abbonamento all'autista. Subito dopo feci scorrere lo sguardo tra i posti, nel tentativo di trovarne un paio liberi, possibilmente vicini. Quando però i miei occhi entrarono in contatto con due iridi che avevano il potere di mandare alle ortiche le mie facoltà mentali, sentii di trovarmi come su una parte totalmente instabile, le guance ricolorarsi dello stesso furioso rossore di quella mattina e il cuore iniziare ad aumentare il ritmo. L'episodio della doccia tornò alla mia mente con prepotenza, lasciandomi destabilizzata. Accanto a lui si trovava Gray, il suo migliore amico. Supposi che fosse salito sul pullman alla fermata prima. Il moro mi sorrise e mi salutò con un cenno del capo. Deglutii, trovandomi la gola inaspettatamente secca, e ricambiai il saluto con la mano.
«Tutto bene?» chiese Levy dietro di me, notando mi fossi fermata in mezzo al pullman.
Annuii svelta. «Certamente!» squittii.
«Allora vai in fondo.» disse la turchina.
Sudai freddo. Gray mi fece cenno di raggiungerlo, mentre come un automa mi ritrovai subito vicino a lui, dove dietro il rosato e il moro c'erano due posti liberi. Mi sedetti vicino al finestrino, mentre la mia migliore amica accanto.
«Lu-chan!» trillò una voce.
Mi voltai e riconobbi la figura di Lluvia che mi guardava sorridendo.
«Ciao Lluvia, come stai?» sorrisi.
"Anche se ero sicura di aver appena fatto una colica invece di un sorriso."
«Lluvia sta bene, grazie, tu?»
"Male! Malissimo!"
«Bene.» gracchiai.
L'azzurra inarcò un sopracciglio, ma ebbe la decenza di non fare supposizioni azzardate. Nel frattempo si avvicinò anche Gajeel, che si era seduto in fondo ad ascoltare isolato la musica con le sue cuffiette. Levy abbassò immediatamente lo sguardo imbarazzata.
Il ragazzo moro guardò me e Natsu con un ghigno. «Ohi Bunnygirl, Salamander, ora vivete insieme
Sorvolai sul fatto che avesse fatto apposta a calcare sull'ultima parola, ma non riuscii comunque ad impedirmi di arrossire. «Già.» grugnii.
«Scommetto che è successo qualcosa.» ridacchiò malefico.
Il mio colorito riprese esattamente la tonalità di una camionetta dei pompieri, guardai Natsu esitante e lo scoprii anche lui rosso in viso e terribilmente imbarazzato.
"Che carino."
Ma che cosa penso?! Serrai le palpebre, coprendomi il viso con le mani, però reagendo così mi trovai ad affermare senza volerlo le supposizioni dell'energumeno.
«Vi siete baciati.» ipotizzò Gray.
"Pure tu ora?!"
«Assolutamente no!» gridammo all'unisono, facendo voltare tutti i passeggeri.
«Se è successo qualcosa deve essere accaduto questa mattina, continuano ad arrossire.» notò Lluvia.
Le lanciai un'occhiataccia che se fossi stata in grado, l'avrei folgorata. L'azzurra tossicchiò e voltò il capo iniziando a fischiettare.
"Tanto facciamo i conti dopo, noi due."
Lanciai un'occhiata fuori, appurando - con mio grande sollievo - che mancassero solo pochi metri alla fermata, sospirai e scavalcando la mia migliore amica con una mossa da contorsionista spastico, riuscii a passare senza finire col muso per terra. E già lì mi complimentai con me stessa.
Quasi corsi verso la porta, e per la fretta mi dimenticai anche di aggrapparmi a qualcosa per mantenermi in equilibrio, cosa che ovviamente mi fu fatale: l'autista fece una tale frenata che fu quasi paragonabile a quelle di Sting.
"Ok, non esageriamo. Con Sting si rischia la morte con questo invece..."
Scivolai e caddi come un sacco di patate, solo che invece di sbattere il mento per terra, atterrai su qualcosa di più morbido e caldo.
Tra le dita sentii il fresco della stoffa, mentre appena sotto di essa il bollente del calore corporeo. Aprii gli occhi e scoprii di essere a cavalcioni sopra Natsu, che mi guardava stralunato e con le gote leggermente rosse. Avvampai anche io, solo che in quel momento, il mio corpo sembrava aver preso vita propria: la mia mano era esattamente sopra il ventre del ragazzo e anche al di sopra della maglietta sottile riuscii a sentire la linea scolpita degli addominali. Quando realizzai la posizione equivoca in cui ci trovavamo, e soprattutto il fatto che tutti sul pullman ci stessero fissando, balzai in piedi, rischiando anche di andare a sbattere contro una vecchietta che per poco non mi menò con la sua enorme borsa.
Appena le porte si aprirono uscii velocissima dalla vettura, inciampai un paio di volte ma alla fine riuscii a raggiungere il cancello della scuola e ad ignorare i miei amici che continuavano a fare i maliziosi per quello che era successo poco prima.
Mi guardai in giro e appena scorsi la figura di una ragazza bellissima, con lunghi capelli castani e occhi ambrati, cominciai a correrle in contro.
Quando le fui vicina, l'abbracciai. «Kagura-chan!» trillai.
La castana si voltò e riuscì a non sbilanciarsi, ridacchiando. «Lu-chan, lo sai che qui a scuola devi chiamarmi senpai, sono più grande di te.»
Gonfiai le guance. «Ma solo di un anno!»
«Buongiorno Lucy.» salutò Erza.
Guardai la rossa illuminandomi con un sorriso radioso. «Er-chan!»
La ragazza arrossì e io non potei che trovarla adorabile. Era una ragazza molto timida, ma se la facevi arrabbiare non ti rimaneva molto da vivere. Erza era una boxista a livello internazionale, insieme a mio fratello Sting, in più praticava kendo, dato che amava le spade alla follia. Inutile dire che poi ti avrebbe usato come tappeto da stendere sull'entrata se l'avessi contraddetta.
«Lu-chan carissima!» trillò qualcuno dietro di me.
Mi voltai e davanti a me scorsi la figura di un ragazzo moro, con gli occhi di un bel rosso vermiglio. Peccato che questi fossero coperti da un pesante strato di mascara brillantinato, che ogni volta che sbatteva le palpebre venivi sommerso da un'ondata di luccichii. Talmente tanti da farlo sembrare una di quelle palle da discoteca che irradiava luce ovunque. Indossava un'indecente magliettina rosa con scollo a V e dei jeans blu attillati con il risvoltino all'insù.
Rogue Cheney arrivò sgambettando e quando si ritrovò davanti a me mi stampò sulle guance due baci con tanto di schiocco.
«Cara oggi sei uno splendore.» annuì il moro squadrandomi.
Lo guardai sospetta. «Grazie.»
«Dov'è quel gran pezzo di gnocco di tuo fratello?» chiese, appoggiando le mani sui fianchi e guardandosi in giro.
Non feci in tempo ad aprire bocca che, in quel momento, davanti a noi passò a tutta velocità la figura di un ragazzo.
Biondo.
Molto simile a mio fratello, purtroppo.
Con in mano un cartello con scritto: Chiudete la scuola!
E - con piacere di quel gay del suo migliore amico - completamente nudo.
No, non stavo scherzando. Sting aveva deciso di protestare contro la scuola e completamente nudo.
Rogue gli lanciò uno sguardo d'apprezzamento, leccandosi il labbro inferiore. «È così... così... grande
«Rogue!» lo rimproverai.
Il moro fece le fusa. «Scusami tesoro, ma hai un fratello che sembra un putto rinascimentale.»
In quel momento alcuni dei suoi amici gli corsero dietro e appena lo raggiunsero gli saltarono addosso, placcandolo. Poco dopo lo presero di peso e lo portarono via, provocando diversi sospiri dispiaciuti provenenti da tutta la fauna femminile, e da Rogue. Lui non sapevo dove collocarlo. Dopotutto non era una ragazza, ma non era nemmeno un ragazzo.
Insomma, lui era... Rogue.
Tsk, i dilemmi della vita.
***
 
Ero sdraiata sul letto, mentre sfogliavo il libro di filosofia con astio mentre mandavo al Diavolo tutti quei maledetti filosofi.
"Certo che per partorire certe stronzate la roba che si fumavano doveva essere davvero buona."
Lanciai un'occhiata all'orologio appeso alla parete, che segnava le 17:05. Rotolando sul materasso, caddi per terra con un tonfo e raggiunsi strisciando la porta di camera mia. Quando realizzai di non riuscire ad arrivare alla maniglia, mi alzai e uscii dalla stanza, dirigendomi in cucina per fare merenda. Una volta arrivata, scorsi Sting sul divano con le gambe all'aria e a testa in giù, mi lanciò un'occhiata e poi sorrise debolmente.
«Ti hanno pestato?» chiesi.
Il biondo aggrottò le sopracciglia. «Assolutamente no.»
«Non provare mai più a fare una cosa come quella di stamattina.» sentenziai.
«Va bene.» sbuffò.
Iniziai a cercare un po' ovunque, finché non trovai il mio adorato cibo. In quel momento partì a tutto volume "Problem" di Natalia Kills, guardai il display del cellulare e risposi alla chiamata. Mio fratello sobbalzò nel sentire la sirena iniziale della polizia.
«Sono venuti a prendermi!» strillò.
Lo ignorai. «Pronto?»
– Ehi Lucy! –  salutò Levy.
«Ciao Levy-chan, da quanto tempo non ci vediamo.» ironizzai.
 – Spiritosa. – sbuffò la turchina. – Che fai di bello? –
«Merenda, sto mangiando un omogeneizzato.» Levy tacque per un po'. «Pronto?»
 – Dimmi la verità: ti sei di nuovo fusa con la Nutella diventando un corpo solo? – domandò preoccupata la mia migliore amica.
«Mhm, no. Sto sul serio mangiando la poltiglia gialla che amo tanto. Quando siamo andati al supermercato ne ho comprati talmente tanti che ho paura che si possano riprodurre da un momento all'altro.» risposi, mettendomi in bocca una nuova cucchiaiata.
– Be', non sarebbe male. – ridacchiò Levy.
«No, infatti. Potrei conquistare il mondo col mio esercito di omogeneizzati alla mela. Andiamo, nemmeno Wendy sarebbe in grado di fermarmi poi.» ghignai.

– Ma state combattendo fra di voi per la conquista del mondo? – notò lei. «Qualcosa di simile, anche se lei non lo sa ancora che le ho dichiarato guerra.» ammisi.
 – Occhio, che potrebbe maledirti con le sue bambole voodoo. – mi ammonì Levy.
Risi. «Hai ragione, devo fare attenzione.»
«Perché mangi quella pappetta per bambini? Hai finalmente capito a quanti anni si è fermato il tuo cervello?» mi prese in giro Natsu.
Mi voltai verso di lui sbuffando. «Uomo, sparisci.»
«Be' almeno non mi hai dato della donna.» sbuffò.
«No, quello è Rogue.» ridacchiai sotto i baffi.
E poi poteva stare tranquillo, ne ero consapevole che Natsu fosse un uomo e non una donna dopo l'episodio di questa mattina. Se prima avevo dubitato sulla sua virilità, tutto quello che si trovava sul davanti sembrava gridarmi "Io sono un vero omo!"
"E che omo!"
– Io ci sarei ancora ragazzi. – borbottò la turchina.
Nel frattempo il biondo cavernicolo si alzò dal divano per raggiungerci in cucina. «A m m pasc a Nutell, panin e porchett. E merendin in quantità!» cantò.
Lo guardai stralunata, insieme al rosato.
– Vabbe', visto che non mi caga nessuno vi saluto. – la turchina chiuse la telefonata indispettita.
Povera, non volevo ignorarla, ma dovevo tenere d'occhio quei due, erano un potenziale pericolo.
A proposito di pericolo, in quel momento arrivò Wendy, intenta a canticchiare una canzone delle Winx.
«Fratellino ho fame, preparami qualcosa.» ordinò.
Potevo avere dalla mia parte un esercito di omogeneizzati, ma Wendy per me era ancora impossibile da sconfiggere e per farlo avrei avuto bisogno di alleati.
Pensai bene alla mia cerchia di conoscenze.
Chi poteva – e soprattutto voleva – dichiarare guerra alla più temibile bambina mai esistita?
   
 
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