Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ShioriKitsune    11/02/2015    7 recensioni
[AU!,Riren, in cui Levi ed Eren hanno solo 7 anni di differenza]
Dal primo capitolo:
"Il freddo arrivò tutto insieme, così come la sensazione di dita che mi tastavano il polso, probabilmente alla ricerca del battito. Quella voce parlò ancora, ma le sue parole erano senza senso. Mi fu puntata una luce agli occhi e nonostante il fastidio ne fui grato, perché riuscii finalmente a socchiudere le palpebre.
La prima cosa di cui mi resi conto, fu di essere steso sull'asfalto nel bel mezzo del nulla.
La seconda, furono due grandi occhi verdi che mi fissavano".
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo quattro – Primi passi

 

- Sei anni dopo

 

Toc-toc.

«Levi, sei sveglio?».

No, moccioso, non lo sono. Sparisci.

Toc-toc-toc.

«Levi, so che sei sveglio».

Non risposi.

Toc-toc-toc-toc.

«Dai, Levi, fammi entra-».

Non ne potevo più. Scalciai le coperte e mi lanciai verso la porta, aprendola con uno scatto e rivolgendo il più pericoloso degli sguardi allo scocciatore sulla soglia. «Cosa diavolo vuoi, alle sette del mattino di sabato?».

L'altro ghignò. «Avevi promesso che mi avresti dato delle lezioni di guida!».

Mi bloccai, guardando il volto esaltato del moccioso e alzando un sopracciglio. «Io non ho promesso niente del genere».

«No, ma Hanji sì. Ha detto che, visto che la mamma non mi avrebbe mai permesso di entrare in una macchina con lei – anche tu sai come guida Hanji – tu saresti stato un ottimo sostituto». Il suo sorriso non sarebbe potuto essere più ampio.

Sospirai, maledicendo mentalmente Hanji ed ogni sua promessa fatta a mio nome.

Fottuta quattrocchi.

«Quindi, andiamo?».

«Non ti ho mai detto di sì».

«Oh, Levi, ti prego!».

I suoi occhi verde smeraldo furono puntati nei miei e per un secondo la mia risolutezza vacillò.

Eren era cresciuto molto in questi sei anni; aveva raggiunto i sedici e un'altezza sufficiente per potermi guardare dall'alto – non che bisognasse essere chissà quanto alti, per farlo. Ma non era solo fisicamente che era cresciuto: il suo carattere e la sua risolutezza, la passione che metteva in ogni cosa erano rari e da ammirare.

Ma, in fin dei conti, restava sempre il solito moccioso.

«No».

Le sue guance si gonfiarono e mi ricordò un più giovane lui, ma un'altra porta fu aperta prima che potesse controbattere.

«Cos'è questo chiasso? Sono le sette del mattino».

Erwin aveva la voce assonnata e, notai subito – impossibile non farlo – era senza maglietta.

Avevo ventitré anni, non mi sarei certo scomposto per un bel paio di muscoli, ma Erwin era una qualche specie di dio greco ed era difficile non fissarlo almeno per un po'.

Non ho mai ben capito cosa ci fosse tra me ed Erwin. A volte sguardi, a volte frasi vagamente fraintendibili, ma niente di più. Eravamo usciti insieme, qualche volta, ma solo come amici. Eppure ero quasi certo che lui fosse interessato a me in quel senso. Per quanto mi riguardava, non ero sicuro. Ma ammirare un bel fisico non avrebbe fatto male a nessuno.

Dopo qualche secondo, sentii lo sguardo di Eren trapassarmi in un modo che mi fece quasi rabbrividire. Ma quando mi voltai nella sua direzione, aveva già smesso di fissare.

«Coraggio, moccioso, va' a dare noia ad Erwin. Può insegnarti lui a guidare, se ci tieni tanto».

«A dire il vero, devo essere a lavoro tra un'ora. Mi dispiace, Eren».

Eren, al mio fianco, sembrò emettere un quasi impercettibile sospiro di sollievo.

Erwin non gli piaceva, ma neanche un po'. Non sapevo con certezza il perché; da quello che mi avevano raccontato, non c'erao mai stati episodi o discussioni di nessun tipo, tra di loro.

Roteai gli occhi quando Eren tornò a guardarmi, speranzoso.

«La mia risposta è sempre la stessa».

«Ma Levi!».

Dei passi su per le scale ci avvertirono che qualcun altro stava arrivando.

Fa che non sia Hanji, fa che non sia Hanji.

Non avrei sopportato anche lei, quella mattina.

Qualche secondo dopo, la testa occhialuta spuntò dall'angolo del corridoio e, per fortuna, non era Hanji.

«Ehilà, ragazzi!», ci salutò Grisha con un sorriso. «Che ci fate tutti in piedi a quest'ora? A parte te, Erwin, so che devi andare a lavorare».

Eren colse la palla al balzo.

«Sono venuto a chiedere a Levi se poteva darmi qualche lezione di guida e ci stavamo appunto accordando sull'orario!».

Incrociai il suo sguardo per un secondo e lui ghignò.

Piccolo stronzo diabolico.

«Che splendida idea! È gentile da parte tua, Levi!».

Forzai un sorriso, ma ero sicuro di sembrare in agonia. «Non è nulla».

Quel moccioso mi aveva messo nel sacco: sapeva bene che, ai suoi genitori, non avrei mai negato nulla. In fondo, mi avevano salvato la vita e dato un'altra possibilità di viverla, e tutto senza chiedere nulla in cambio.

Mi avevano pagato le spese mediche, scolastiche e tutto il resto; mi avevano detto che potevo restare lì per tutto il tempo che volevo, anche se avevo già iniziato a mettere da parte qualcosa per prendere un appartamento per i fatti miei. Dovevo loro tutto.

E non era la prima volta che Eren si approfittava di questa cosa, Ma oh, questa volta l'avrebbe pagata cara. Molto cara.

«Comunque», riprese Grisha, interrompendo i miei pensieri sulla progettazione dell'omicidio di suo figlio. «Più tardi, io e Carla porteremo gli altri a fare un picnic al parco e in serata al cinema. Ovviamente, siete i benvenuti anche tu, Erwin ed Hanji, se non vi sentite a disagio. È come una grande uscita di famiglia».

Il signor Jeager era sempre esaltato da questo genere di cose che prevedevano lo stare tutti insieme, e raramente gli avevamo detto di no. In fondo, a nessuno di noi pesava, anzi.

Erwin fu il primo a rispondere. «Purtroppo per il picnic passo, il mio turno finisce alle diciassette. Ma sarò felice di raggiungervi al cinema, in serata».

Grisha annuì e posò lo sguardo su di me, speranzoso.

Feci spallucce. «Perchè no?».

«Perfetto! Allora vi aspettiamo per le undici, non fate troppo tardi con le vostre lezioni di guida!».

E, detto questo, se ne andò fischiettando.

Non appena fui certo che suo padre si fosse allontanato abbastanza, il palmo della mia mano trovò il collo di Eren, stringendolo come se fosse un cucciolo da trasportare. «Pensi di poterla passare liscia?»

Ma Eren fu più veloce e, altezza ad avantaggiarlo, si liberò dalla mia stretta e iniziò a correre, un ghigno stampato su quel volto che avrei volentieri preso a pugni. «Ci vediamo alla tua macchina tra dieci minuti!».

Scomparve nel giro di mezzo secondo.

«Piccola merdina», borbottai a denti stretti.

Erwin, ancora sulla soglia della sua camera a braccia conserte, alzò un sopracciglio. «Era da tanto che non ti sentivo parlare in francese, Levi».

Sospirai. «Capita spesso quando il moccioso del cazzo mi fa innervosire».

Il biondo ridacchiò.

Stavo per seguire Eren – prima l'avrei picchiato, poi forse gli avrei insegnato a guidare – ma la voce di Erwin mi bloccò.

«Levi?».

«Mh?»

Fece ricadere le braccia lungo i fianchi, avvicinandosi di qualche passo. «Stasera, dopo il cinema, ti va di uscire a bere qualcosa?».

Poteva sembrare un semplicissimo invito, ma qualcosa mi diceva che non era quello il caso. Era la luce che aveva negli occhi, la stessa luce che avevo scorto la prima volta. Quella che ancora non avevo capito se mi piacesse oppure no.

Esitai, prima di rispondere. «Certo».

Il suo sorriso non illuminò gli occhi. «Perfetto».

 

* ° * ° *

 

La prima lezione di guida di Eren non era andata poi così male, ma doveva imparare a dosare la forza nel premere i pedali. Più di una volta avevo temuto di spiaccicarmi contro il tergicristalli.

Gli avevo promesso, di mala voglia, che l'indomani l'avrei fatto guidare un altro po'.

Alle undici e mezza, eravamo nuovamente in auto.

Nella macchina di Grisha c'erano Carla, Annie, Mikasa e Armin, e nella mia Hanji, Eren e Jean.

Mi domandai perché il fato fosse così dannatamente crudele con me: i tre esseri che meno sopportavo chiusi in uno spazio ristretto con tutte le intenzioni di farmi venire mal di testa.

Strinsi il volante con più forza del necessario, cercando di concentrarmi sulla guida.

«...ti dico di no, faccia da cavallo. E se continui ad insistere, vuol dire che non hai letto bene il manga».

«No, sei tu che non lo hai letto bene! Sono convinto che nello scantinato non ci sia assolutamente nulla. È solo una cosa che serve a mantenere il filo della trama, tipo il One Piece».

«Ma che senso avrebbe dare false speranze all'umanità? Sei il solito idiota!».

«Eren, giuro che se mi chiami un'altra volta idiota...».

«Ragazzi, ragazzi, non litigate! Perché invece, non parliamo del nuovo capitolo di Love Stage?».

«Hanji, solo tu leggi yaoi».

«E non sapete cosa vi state perdendo! L'altro giorno leggevo una fanfiction, e c'era il protagonista che pregava l'altro di mett-».

Inchiodai la macchina al centro della strada, guardando avanti ancora per qualche minuto per calmare i nervi. Dopodiché, uno scappellotto raggiunse la nuca di Eren.

«Ehi!», si lamentò, massaggiandosi la parte lesa. «Perché picchi solo me?».

«Perché sei il più vicino». Mi voltai, per poter guardare anche Hanji e Jean nei sedili posteriori. I miei occhi bruciavano e percepii un irrigidimento generale. Ottimo.

«Non lo ripeterò una seconda volta: se mi fate sentire un altro dei vostri stupidi discorsi da otaku, giuro che vi butto fuori a calci. E siccome Hanji è una donna, i suoi calci se li beccherà Eren. Ma, dato che in realtà non considero Hanji una donna, anche lei sarà presa a calci. È tutto chiaro?».

«Signorsì signore!».

«Perfetto».

Rimisi in moto la macchina e, con mia grande gioia, il resto del viaggio trascorse in un tranquillo silenzio.

 

Arrivammo una decina di minuti dopo la macchina di Grisha e Carla e, in quel lasso di tempo, gli altri avevano già scelto un posto e steso la tovaglia, iniziando a tirare fuori il cibo.

Non ci volle molto prima che tutti si sedessero: Annie e Mikasa, ovviamente, erano vicine. Sospettavo che tra le due ci fosse una qualche tipo di relazione, ma l'avrei scoperto con il tempo; Jean ed Armin, accanto a Grisha e Carla, chiacchieravano di un anime su non-so-cosa che avevano intenzione di guardare insieme. Io ero appoggiato contro il tronco di un albero, riparato dai raggi del sole, ed Eren e Hanji erano uno alla mia destra, l'altra alla mia sinistra. Non mi sarei mai liberato di loro.

Il cibo preparato da Carla era ovviamente delizioso, così come l'atmosfera che si era venuta a creare. Nemmeno i due impiastri sembravano così fastidiosi, in quel momento.

Eren mi rubò l'ultima coscetta di pollo ed io rubai delle patatine dal suo piatto mentre era girato, dando poi la colpa a Jean. Per poco non si presero a botte, ma ne era valsa la pena.

Una volta finito di mangiare, ci dividemmo in varie attività: Armin andò a passeggiare con Carla e Grisha, - doveva parlargli del suo desiderio di diventare medico o qualcosa del genere - Mikasa, Annie, Jean e Hanji fecero due squadre per giocare a pallavolo. Io rimasi poggiato contro il mio albero, neanche minimamente intenzionato a muovermi. Era tutto silenzioso, fin troppo, e mi accorsi della presenza di Eren al mio fianco solo quando, alzando gli occhi dal libro che stavo leggendo, lo trovai a fissarmi.

Era seduto a gambe incrociate, la testa inclinata ed un sorriso gentile dipinto sul volto. Gli occhi gli brillavano, come sempre, e in quel momento per la prima volta mi ritrovai a pensare che Eren fosse... bello.

Molto bello, in realtà.

Sbattei le palpebre e distolsi lo sguardo, lievemente imbarazzato, tornando a leggere il mio libro.

«Che ci fai qui? Va' a giocare con gli altri».

«No, non mi va. Sono stanco».

Eren Jeager stanco? Era quasi impossibile da credere.

Dopodiché, non mi accorsi di cosa stava facendo fin quando non poggiò la testa sulle mie gambe e chiuse gli occhi, soddisfatto. «Voglio fare un pisolino».

Avevo tante risposte pronte sulla punta della lingua: come, ad esempio "trovati un altro fottuto cuscino" o "se non ti sposti entro cinque seconti ti ritroverai senza testa", eppure non dissi nulla.

Ripresi a leggere il mio libro, lasciandolo riposare in quella posizione.

Non ne ero sicuro, ma avrei potuto giurare di averlo visto sorridere più del dovuto.

 

*°*°*

 

Arrivammo al cinema con un po' di ritardo, ed Erwin era già lì ad aspettarci.

Il film che avevano scelto di vedere era una specie di commedia molto poco divertente e, a soli quindici minuti dall'inizio, mi ritrovai a sbadigliare.

Non amavo particolarmente i film di quel genere, ma non ero l'unico: tre posti più avanti, notai Mikasa sbadigliare, pronta a poggiare la testa sulla spalla di Annie, per poi fermarsi a metà del gesto e far ricadere la testa sul proprio poggiaschiena.

Jean e Hanji, invece, sembravano parecchio divertiti. La cosa non mi sorprendeva, in realtà.

Non sapevo perché Eren continuasse a seguirmi in giro, ma il suo posto era accanto al mio e continuava a rubarmi il bracciolo della poltrona.

Gli diedi una gomitata. «Prendi il bracciolo dell'altro lato», sussurrai. «Questo è mio».

«E chi lo ha deciso?», ribatté lui, rimettendo il braccio al suo posto.

Gli lanciai un'occhiataccia. «Moccioso».

Cacciò la lingua, ghignando. «Facciamo a metà».

Non mi sembrava una cattiva idea, così accettai. Le nostre mani si sfiorarono per buona parte del film.

E ad Erwin, seduto dall'altra parte al mio fianco, questa cosa non sfuggì.

Ad un certo punto, Eren si alzò per uscire dalla sala, tornando qualche minuto dopo con un cestino di popcorn grande quanto la sua faccia.

«Non hai un po' esagerato? Neanche tu puoi mangiare tutti quei popcorn da solo».

Lui mi guardò incredulo, come se avessi detto chissà quale idiozia. «Sì che posso, ma non è questo il giorno. Dato che il film è così noioso, ho deciso di cimentarmi nel lancio dei popcorn».

Sarebbe finita male, me lo sentivo.

Ma tutto mi aspettavo, tranne che l'essere colpito dai popcorn. Quando aveva parlato di lanciarli, non credevo che fosse tanto desideroso di morire da avere le palle di lanciarli a me.

Voltandomi lentamente, schioccai le dita una per una, pronto a picchiarlo. Ma, invece, mi limitai ad afferrare una manciata di popcorn e ficcarglieli in bocca.

Per un momento ebbi quasi paura che sarebbe morto, soffocato a causa di un popcorn, perché non riusciva a decidersi tra lo sputarli o l'ingoiarli. Nel dubbio, rideva.

Passammo il resto del film a giocare come mocciosi, scappando non appena le luci furono accese per non farci incolpare del disastro di popcorn sul pavimento.

Gli altri uscirono qualche secondo dopo, chiacchierando. Erwin fu l'ultimo, e ricordai che gli avevo promesso di bere qualcosa insieme.

«Ti aspetto alla macchina», mi sussurrò, prima di salutare gli altri e avviarsi.

Hanji mi fissò, un'espressione strana sul volto: aveva sicuramente sentito. Roteando gli occhi, le porsi le chiavi della macchina. «Non uccidere nessuno, ti prego».

Eren arrivò in quell'esatto momento, sentendo le mie parole e vedendo le chiavi in mano ad Hanji. Un brivido lo percorse. «Levi, perché fai guidare lei?».

Aprii la bocca per rispondere, ma Hanji fu più veloce. «Perché lui ha un appuntamento con Erwin a cui andare!».

In una frazione di secondo, l'atmosfera cambiò drasticamente. Eren mi fissò, serrando la mascella. «Capisco», fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra, prima d'infilarsi in macchina.

Hanji osservò la scena, ma non disse nulla. Gliene fui grato, perché neanche io sapevo bene cosa dire.

Cercai il suo sguardo – senza sapere neanche il perché – attraverso il finestrino dell'auto, ma lui era voltato dall'altra parte.

Sospirando, salutai gli altri e mi avviai verso la macchina di Erwin.

Cosa diavolo era appena successo?







*°*°

ndA: Oggi in Giappone è la festa della commemorazione della Nazione (tipo la nostra festa della repubblica) quindi niente scuola, quindi ho avuto il tempo di aggiornare, yeah >:)
Che ne pensate del nuovo capitolo?
P.s. io non sono AFFATTO una EruRi shipper, è solo per movimentare un po' la trama xD

   
 
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