Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Mania    25/04/2015    3 recensioni
{ Loki/Sigyn + accenni Thor/Jane ● Long!Raccolta di one-shot ● What if? ● → Si prega di leggere sempre le note ← }
{ SEGUITO di «L’AMORE CHE NON SALVA, DANNA, CORRODE E RENDE FEDELI» ● NON è necessaria la sua conoscenza }
____ Per chi ha deciso di scegliere di ingannare l’universo intero per dissetare un’anima perennemente preda dell’insoddisfazione, la vita prospetta un conto da pagare prima o poi. E solitamente è di elevata quantità.
Per chi ha deciso di essere fedele a chi è tanto abile manipolatore, sa che la realtà è un puzzle da ricostruire, frammenti da ricomporre, e non è esente dalle sue macchinazioni.
| CAP. 1O • Vite parallele |
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. [...] Più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PROLOGO



C A P I T O L O   1 O ▬
“ Vite parallele

{ Now you’re adrift in the sea of lies
A foolish villain in an endless chapter
The demons running behind your eyes
A simple shadow
We can fight together }
UnbrokenBlack Veil Brides



Tamburellavano ritmicamente dando vita a una melodia scrosciante, ricca di tonalità diverse a seconda di dove le gocce d’acqua battevano con insistenza. Sulla sabbia dell’arena, sul marmo che la circondava, sui vetri delle finestre e sul metallo delle armature dei soldati rimessi in fila nello spazio circolare, schiena dritta e braccia tese lungo i fianchi nel silenzio forzato davanti allo sguardo esaminatore di Lady Sigyn. Erano perle nere gli occhi neri della donna, il Capitano della squadra che stava assemblando in quel momento, cercando tra le fila dei cadetti coloro che fossero dotati della tempra adatta per essere suo sottoposto.
Le due settimane trascorse dal ritorno delle memorie, Sigyn le aveva sfruttate per riconquistare la famigliarità nell’arte del combattimento persa in quegli anni in cui, per quanto non avesse scordato le fondamenta e mantenuto una forma di base, non aveva sostenuto gli allenamenti quotidiani. Prima degli anni di lontananza forzata, con Loki non aveva mai avuto troppe occasioni di confrontarsi, tutt’altro, erano stati rari momenti rubati alla notte e mai lasciati a sciogliersi sotto le onde del sole caldo di Asgard. Al contrario, era stato il principe stesso in quei rinnovati giorni di convivenza a occuparsi personalmente di farle da avversario, soppiantando la prima fissa presenza di Lady Sif. E sotto gli sguardi lievemente sbarrati e mascelle tirate per evitare di lasciar trapelare lo stupore, si erano affrontati nel cuore dell’arena fino a quando Loki non ebbe decretato che era pronta a riprendere le redini di un proprio manipolo di uomini come in passato. Il Padre degli Dei aveva concesso a Lady Sigyn di decidere in tutta autonomia le modalità della selezione, così la donna aveva optato per intessere una prova poco convenzionale – o almeno lo era agli occhi degli spettatori appostati a osservare la scena dalla piazzola poco distante.
«Certo che ha un modo innovativo per creare il suo reggimento, eh?» domandò retoricamente Volstagg, osservando la scena di una Lady Sigyn che aveva affrontato uno ad uno i possibili suoi sottoposti, senza concedere nemmeno l’anfratto di un attimo ai giovani cadetti per difendersi. Li aveva messi al tappeto tutti in meno di una ventina di secondi, arrivando alla fine di quella che prima era stata una lunga coda di sfidanti, sfoltita di volta in volta da un giudizio rapido - un approvato fugace quanto un respinto altrettanto tagliente.
«Un test psicologico rapido perché non ha il tempo di selezionare chi le aggrada come aveva fatto, con tutta la calma possibile» chiosò Fandral, appoggiandosi alla balaustra di bianco marmo con gli occhi fissi sulla loro giovane amica, intenta a camminare avanti indietro scrutando le file dei guerrieri rimasti. Li aveva selezionati a seconda di quanto il loro sguardo, nel rialzarsi, fosse pregno di una qual certa determinazione: fuoco ad ardere di un’insana bramosia di vendetta per l’affronto ricevuto nell’essere stati ridicolizzati tanto impunemente. E Fandral non riusciva a non sentire un fremito negativo nell’assistere a una tale risoluzione – premiare l’impeto di rancore, la sete rovente di rivalsa, era un segnale nel quale non riusciva a non avvertire una lieve misura di minaccia. Sigyn era pacata, priva di qualsiasi onda d’urto prepotente, un oceano imperituramente calmo da cui fluiva una condensa di serenità serafica, ma che insieme celava i propri segreti fondali, relegandoli unicamente ad un uomo; e proprio per tale sua caratteristica era impossibile classificare in un modo preciso la volontà di tenere ai propri servizi uomini facilmente inclini all’animosità del rancore a lei estranea, ma di cui aveva sondato gli abissi, imparando a conoscerne i meccanismi per controllarli.
Il passo meccanico non si era minimamente intaccato con l’intensificarsi dell’acquazzone, tracciando un solco con i propri passi a posarsi su altri mentre lasciava incrementare il silenzio passando in rassegna con i propri occhi – puri abissi d’ossidiana – le sagome dei cadetti. A qualche metro di distanza, al riparo, il Dio degli Inganni assisteva sornione al susseguirsi dello spettacolo, senza interferire, incollando alla donna il proprio sguardo, incatramato da maschere con le quale teneva lontani i tentativi altrui di sondarlo. Piegò le labbra in una crepa soddisfatta quando la voce di Sigyn prese a porre interrogativi alle giovane reclute, decretando a seconda delle risposte chi poteva rimanere e chi avrebbe seguito coloro che precedentemente non aveva superato la prima prova.
«Le sue domande sono sotto un certo punto di vista preoccupanti» osservò Fandral scambiandosi un’occhiata d’intesa con Lady Sif, la quale fino ad allora si era rinchiusa in un silenzio scuro. Con diligenza, aveva tenuto d’occhio la giovane amica, studiandone ogni più piccolo gesto e movenza, provando invano – come sempre – a scoprire cosa vi fosse sotto la superficie di luce ovattata di cui era composta. Non erano solo i suoi capelli ad essere di condense di raggi freddi, svuotati di qualsiasi traccia di calore, ma anche il suo intero essere, tanto da rendere impossibile poter comprendere quello che si muoveva al di là – impenetrabile. Erano diventate confidenti, alleate, amiche, ma non avrebbe saputo dire nulla di più di quello che Sigyn mostrava, non una sola sillaba su ciò che si celava nel suo cuore – nemmeno il suo amore per Loki le era stato chiaro nella sua definizione prettamente romantica, fino a quando loro avevano deciso di dichiararlo, solo supposizioni relegate all’indeterminatezza.
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. Non aveva mai compreso l’attaccamento verso il Dio degli Inganni, e per quando Sigyn avesse sempre risposto che avrebbe potuto dire la stessa di quello di lei verso Thor, entrambe sapevano che si trattava di due modi di star accanto a qualcuno assai divergenti. Era una crepatura di differenza appena visibile, soprattutto all’inizio, ma più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif, la possibilità che la sua cara amica non avesse mai davvero scelto di servire la giustizia che Asgard incarnava, ma unicamente Loki – l’Inganno, il Caos.
«Dai, Sif, non fare così. È tornata la solita Sigyn di sempre, e per di più finalmente hanno deciso di sposarsi, dovremmo essere più che contenti» asserì scoppiando in una rauca risata, Volstagg, battendo una mano sulla spalla della guerriera con fare bonario.
«E infatti lo sono, davvero. Probabilmente sono solo preoccupata per Thor.»
«Puoi provare a chiedere a Sigyn se intercede lei verso Loki, per andare a parlare con Odino» propose nuovamente il Leone di Asgard[1], non accorgendosi delle espressioni assai poco convinte di Fandral e Hogun – entrambi ritenevano l’idea non tanto malevola, quanto del tutto uno spreco di tempo, visto che nemmeno per Sigyn stessa aveva mosso una sola piccola lieve recriminazione o supplica. Non avrebbe compiuto tale sforzo anche se si trattava di suo fratello, perché Loki non si sarebbe mai abbassato a pregare alcuno – e suo padre, Odino, non rientrava in alcuna eccezione a quella dura presa di posizione nei confronti del mondo.
La voce d’un tratto potente di Sigyn li distolse dalla conversazione. Tuonò come avrebbero fatto le scariche d’elettricità a squarciare il cielo plumbeo, accompagnando una tempesta dalla prepotenza cieca – tamburi di battaglia racchiusi nelle gocce d’acqua a cozzare contro qualsiasi cosa, con furiosa perseveranza. Le sue parole si ersero vibranti nell’aria, sovrastando i tumulti del vento a sferzare tra corridoi, cunicoli naturali, rami e pareti d’oro, innalzandosi al di sopra dell’ululato che risuonava nella giornata resa crepuscolare dall’assenza di sole, carica di sfumature decise, impresse di un autocontrollo freddo che rivelava il carattere incline alla leadership.
«Avete giurato di servire Asgard e il vostre Re sopra ogni altra cosa. Ora giurerete a me, la Dea della Fedeltà, di servirmi con lealtà, e chiunque di voi sa a chi va la mia. Se pensiate che siano due giuramenti equivalenti, potete andarvene
Non fu grida o urla, fu costatazione espressa con timbro perentorio a monito per chiunque, non solo i cadetti ad ascoltarli muti come se mai avessero avuto una lingua, ma chiunque potesse udirla. Era una sfida, una dichiarazione, era un invito a non provocarla, perché non vi era una scelta ardua se da un lato vi era Loki e dall’altra qualsiasi altra cosa.
Fu solo Fandral a scuotere lievemente il capo, senza riuscire a dar forma ai pensieri informi che invadevano la sua mente nell’udire una simile affermazione. Si alzò dando una lieve gomitata a Volstagg, indicandogli con il capo di tornare dentro, perché ormai non vi era più nulla da dover osservare – non importava quante reclute rimanessero o se lo sfoltimento delle loro fila sarebbe durato ancora, ciò che andava visto lo era stato. Provò a cercare lo sguardo di Lady Sif, ma la malsana idea di Volstagg l’aveva ormai catturata e non si sarebbe mossa di lì fino a quando non fosse stata in grado di poter scambiare qualche chiacchiera, condita con preghiere nei riguardi di Thor, all’amica.
Ebbe appena il tempo di scorgere Sigyn lasciar andare i cadetti rimasti fino all’ultimo, ora facenti parti del suo reggimento, e intuire lo spostamento scuro di Loki verso di lei, prima di rientrare all’interno del palazzo, accompagnato dai due compagni e dal pessimo presentimento che molto presto avrebbero scoperto parti della Dea della Fedeltà che avrebbero preferito ignorare per sempre.
«Che ne dici, Sigyn, un po’ di vero allenamento?», con gli imperiosi refoli di vento ad alzare la polvere dell’arena e il ghigno meno rassicurante di cui fosse in possesso ad accompagnarlo, Loki si avvicinò infine alla sua devota guerriera ammantato dalla soddisfazione recata ogni volta dalle sue gesta. Sigyn sapeva cosa lui desiderasse senza necessità di pronunciarsi al riguardo, non vi era alcuna necessità per lui di spiegarle quale ruolo dovesse ricoprire nelle sue macchinazioni e né tanto meno ordini da parte sua, perché la donna non era un suo sottoposto, un servo ammaestrato o una marionetta da spostare. Prendeva la parte che definiva per se stessa, arricchendola e costruendola in modo da poter essere più adeguata a lei – sceglieva ogni giorno, ogni attimo di camminare al suo fianco e non le interessava quale fosse la direzione. Non per disinteresse verso la meta, ma per maggior concentrazione sul presente, sul momento che poteva trascorrere insieme a lui.
«Come desiderate, mio principe» rispose pacatamente, estraendo la propria lama dal fodero, prendendo posizione.
Ferma dove era stata lasciata dai Tre Guerrieri, Sif rimase a osservarli combattere senza posa. Nonostante l’uso della magia per trarla in inganno, Sigyn era sempre stata in possesso di una naturale capacità di sguazzare nelle sue menzogne come nessun altro e con il tempo tale abilità si era affinata a tal punto da renderla in grado di potersi confrontare con lui in uno scontro emozionante. La Dea della Guerra dubitava persino che si trattenessero, se c’era da ferirsi non si ritraevano, martoriavano e colpivano la pelle dell’altro non mostrando alcun frammento di incertezza. Era incomprensibile la sostanza del loro rapporto, era qualcosa formato da elementi di degenerazione che a tratti spaventavano Sif per le ripercussioni a cui avrebbe potuto assistere. Trattenne un brivido di orrore al nascere di un pensiero su possibili risvolti futuri, troppo mesti e tremendi per consentirle di abbracciarli anche solo come sua propria fantasia – combattere contro Sigyn, invece che al suo fianco, era bestialità a cui non voleva porgere orecchio.
Fu quando un pugnale di Loki sfiorò la guancia della sua promessa sposa, lasciando impressa su di essa una scia rossa dalla quale affiorarono piccole lacrime di sangue scarlatte, che il gioco si concluse. Li osservò riprendere posizioni rilassate, rifoderare le armi e scambiarsi sorrisi compiaciuti, divertiti persino, nonostante le ammaccature che i loro corpi avevano provocato – una forma di rispetto che Sif non comprendeva, quello di non concedere sconti alla persona amata perché ci si fidava delle sue potenzialità a sufficienza da non doverla schernirla con lo smacco di limitarsi. Distolse le iridi scure – non abissi insondabili come quelli di Sigyn, ma cristalli trasparenti dai quali affioravano i pensieri ramisti ad emozioni con estrema semplicità – solo quando Loki portò alle proprie labbra la mano della Dea della Fedeltà, sporca di terra e sangue di entrambi, per depositarvi sopra un flebile bacio.
Li attese dov’era, alzandosi in piedi unicamente per prepararsi all’arrivo dei due in modo da rendere maggiormente palese ad entrambi il suo desiderio di poter parlare per un po’ con Sigyn. Con i vestiti zuppi, lasciavano scie d’acqua macchiate di altre cremisi ad ogni passo, producendo un lieve suono metallico per via delle armi appese ai fianchi, e una naturale stanchezza che non deturpava i loro volti, vi era serenità serafica su quello di lei e sogghigno dai melliflui risvolti su quello del compagno.
«Non fare tardi, Sigyn, mia madre ti vuole vedere dopo» asserì semplicemente Loki, quando giunsero in prossimità della Dea della Guerra, limitandosi a un coinciso saluto verso la stessa accompagnato da un cenno del capo. «Lady Sif.»
Sigyn si limitò a tirare il sorriso annuendo appena, aspettando che le spalle dell’uomo sparissero dietro le porte dell’ingresso, prima di riprendere a camminare, facendo segno a Sif di seguirla, dirigendosi verso i giardini più vicini alle arene. I portici che li circondavano erano ampi, archi a sesto acuto possenti, a rendere edotto a chiunque, anche in quell’anfratto di palazzo in cui in pochi si recavano, della magnificenza su cui Asgard era fondata, anche quando le tempeste perduravano e il vento graffiava qualsiasi superficie con cattiveria.
«Dimmi, amica mia, come mai hai l’aria tanto cruciata? Non credo sia più io a provocarti tale tensione» domandò con pacatezza Sigyn, dopo aver lasciato consumarsi vari minuti nel silenzio. Con i capelli bagnati tra le dita, tentava di riportare ordine tra di essi in modo da riprendere a intrecciarli nella consueta treccia, la cui bellezza era stata disfatta dai combattimenti e dalle intemperie. Li strizzava, con i soliti gesti tranquilli intrisi di una nobiltà palese, una regalità che non le era derivata unicamente per via di nascita, ma di cui era cosparsa nelle profondità dell’anima – grazia, una forma di delicatezza tutta sua, come a volte le ricordava Loki.
«Sono veramente contenta che tu sia tornata in te, amica mia, non immagini quanto tu ci sia mancata. Non posso che rinnovare anche la mia felicità per quanto riguarda le nozze» prese a parlare mantenendo l’aria ferma della guerriera, ma con la morbidezza che le provocava naturalmente Sigyn. Da quando l’aveva incontrata secoli prima, si era lasciata prendere dalla ragazzina che era stata, impregnata di una strana dedizione incomprensibile, e aveva desiderato conoscerla, sin anco allenarla personalmente, pur di comprenderla. E da quel tempo erano diventate amiche, dunque non vi poteva essere sincera felicità più grande nel poterla riavere al proprio fianco e soprattutto nel poter assistere alla realizzazione del suo amore per Loki. Ma a macchiarle tali considerazioni vi erano le riflessioni su primogenito di Odino, perduto in una terra lontana. «Tuttavia, sono preoccupata per Thor. Credo che la punizione del Padre degli Dei sia stata troppo severa, ma Loki non ha intenzione di protestare in alcun modo e la mia parola non ha alcun peso, quindi-»
«Quindi vuoi che lo convinca a discuterne con Odino» concluse da sé Sigyn, poggiando una mano sulla spalla di Sif. Per quanto vederla con le sopracciglia ad affossarsi, le rughe di preoccupazione a cospargere la sua fronte e gli occhi adombrati le procurasse non poco dispiacere, Sigyn non poteva accogliere la sua richiesta. «Loki non ha in alcun modo mosso mezza parola per me, e a quanto mi risulta né tu né Thor né i Tre Guerrieri avete fatto altrettanto, dunque non capisco perché dovrebbe essere ora diverso.»
«Perché lui-»
«Per i tuoi sentimenti, certo» la interruppe nuovamente Sigyn, con parole fluenti cariche di compassione empatica per i suoi crucci personali, ma riversando in esse anche la sua ferra decisione a non accontentarla. Anche se non ci fosse stato di mezzo Loki, non avrebbe mai supplicato alcuno per concederle qualcosa in cambio. «Ma la decisione del Re è la decisione del Re. Se è per via di essi, dovresti essere solo tu a prendere posizione, non altri al tuo posto, come io feci per Loki.»
La lasciò dopo aver stretto tra le propria dita affusolate, cosparse di calli macchiati di grumi scarlatti, quelle di Sif. Non aveva altro da aggiungere e l’altra sapeva che non sarebbe occorso un eone di vita a convincerla del contrario di ciò che affermava – e per quanto avvertisse una quantità non indifferente di verità in quelle sue parole, per quanto sapesse che vi era del giusto e che non si sarebbe dovuta prendere la libertà di contraddire Odino unicamente per amore di suo figlio, non riuscì a non sentire un fremito di insoddisfazione nervosa. Rassegnarsi alla lontananza di Thor, come aveva fatto con quella di Sigyn, era ben diversa cosa per quanto vi fosse uno fondo di similitudine non trascurabile e non riusciva a non pensare a quanto pericoloso fosse tenere il più valoroso guerriero di Asgard lontano – per quanto arrogante, tal volta ottuso e pieno di sé, Thor rimaneva un deterrente formidabile per i nemici di tutti i Nove Regni.
Rimase a passeggiare in solitudine, uscendo dal riparo dei portici per cercare un conforto delle carezze veementi della pioggia, cercando in quel sanguinamento del cielo un posto nel quale potersi sentire al sicuro. Strinse i pugni, nella speranza di trarre da quel piccolo gesto una forza della quale si era sempre reputata detentrice, ma di cui si sentiva prosciugare – e si chiese come avesse fatto Loki a nascondere tanto egregiamente lo struggimento per la lontananza di Sigyn, tanto da far pensare talvolta che nemmeno si ricordasse di lei. Ma d’altronde lui era il Dio degli Inganni, mentre Sif prendeva il titolo dalla sua abilità nelle guerre condotte con spade ed altri armi, non ne aveva mai conosciute altre ed ora era condannata a provare a resistere a un attacco invisibile.
Sapeva che non sarebbero bastati il trascorrere dei mesi successivi, per quanto i preparativi del matrimonio di Loki e Sigyn avrebbe potuto impegnarla, per quanto sempre possibili disordini potessero distrarla, per quanto gli allenamenti riempire i vuoti di tempo, a nulla sarebbe valso. Anche quando il sole sarebbe tornato a sgorgare come nuova fonte di cristallina luce tra le nubi, nel suo cuore sarebbe imperversata la tempesta nei giorni a venire, ignorando di come invece sulla piccola Midgard l’oggetto del suo cruccio fosse molto meno intento a rivolgere i suoi pensieri ad Asgard.
Non era stato semplice, d’altronde gli inizi non potevano mai esserlo per intrinseco senso. Tuttavia Thor poteva affermare di aver avuto più che un colpo di fortuna, una stella doveva aver guidato il gesto di suo padre nel depredarlo dei poteri prima di gettarlo nel New Mexico. Solo la sorte intrecciata tra i rami dell’Albero Cosmico poteva spiegare il suo incontro con Jane Foster e ciò che da esso ne era conseguito nei mesi a venire.
Abituarsi a una normalità diversa di quella di Asgard e comprendere le usanze differenti era stata la parte meno difficile di quell’inaspettato viaggio non richiesto. E mentre guardava fuori dal veicolo volante sul quale viaggiava di ritorno alla base principale dello S.H.I.E.L.D., gli venne naturale domandarsi se mai la punizione di suo padre avrebbe avuto un termine ultimo. Aveva ormai accettato tale condizione, per quanto arduo fosse stato, grazie all’aiuto della brillante astrofisica Jane Foster e di Eric Selvig che lo avevano accolto su Midgard con più domande che risposte, ma concedendogli un posto nel quale restare; doveva molto anche al direttore Fury e alla sua divisione speciale che non aveva impiegato troppo tempo ad accorgersi degli strani eventi che la caduta di un dio provocava. Aveva trovato tra le fila di quell’esercito segreto di Midgard un luogo nel quale forse riuscire ad ottenere la sua occasione per mostrare di essere ancora degno, non del trono al quale aveva tanto anelato per la maggior parte della sua vita, ma di essere figlio del grande Odino.
Combatteva ora al servizio di un popolo che aveva sempre ritenuto inferiore unicamente perché non dotato di abilità fisiche eccezionali come gli asgardiani, rimettendosi al di sopra di loro solamente perché in possesso di qualità che dalla nascita aveva avuto per meriti non propri, senza rendersi conto, fino a quando non era stato costretto ad unirsi ai mortali, di come fossero altre le qualità a determinare la grandezza di un popolo – e delle persone. Forse, aiutando chi aveva classificato tanto inferiore a tal punto da doverlo venerare, avrebbe trovato una via per riscattarsi – e anche se così non fosse stato, qualcosa di buono la sua vita avrebbe creato.
La mano del Capitano Rogers poggiata sulla spalla lo riscosse dallo scivolare dei pensieri rivolti al futuro, indicandogli nel silenzioso gesto del capo lo stagliarsi all’orizzonte di Washington ad accoglierli. Molti mesi erano trascorsi e ancora trovava strana la vista dell’imponente metropoli profilarsi nel tramonto sereno, e nelle sue pieghe aveva scovato una vita differente da quella quotidianità nella quale era cresciuto – niente guerre sanguinarie, niente banchetti sfarzosi, niente risse. Nel suo abituarsi a Midgard aveva scoperto il piacere di una ricchezza diversa, di una pace composta di piccoli gesti, in cui Jane ricopriva il centro di quel nuovo equilibrio in cui bastava un suo sorriso a calmare giornate difficili.
Non solo la sua vita era mutata drasticamente, ma anche quella di Jane Foster con l’arrivo di Thor aveva subito non pochi scombussolamenti – per quanto di ovvie minori dimensioni. Prima tutto il materiale contenente le ricerche condotte durante l’intera sua carriera accademica le erano state sottratte da sconosciuti uomini in nero, di evidente stampo governativo; poi aveva scoperto che l’uomo che aveva accidentalmente investito in mezzo a una tempesta prodotta da inspiegabili fattori, era un visitatore di un altro mondo appartenente a miti norreni; ancora un po’ più avanti erano riusciti a trovare un modo per riottenere un po’ di normalità dopo qualche colpo di testa di Thor; e infine erano stati tutti assunti in blocco dallo S.H.I.E.L.D che trovava decisamente più proficuo avere tra le sue fila un decaduto dio e due astrofisici dalle indubbie capacità, le cui ricerche si erano dimostrate capaci di prevedere l’arrivo del lontano visitatore.
Sicuramente Jane aveva guadagnato uno studio decisamente più amplio, ben fornito di attrezzature di cui prima si sarebbe solo sognata di entrare in possesso e a disposizione di qualsiasi cosa chiedesse per poter costruirsi da sola ciò di cui abbisognava. Un notevole passo in avanti nella sua carriera, anche se con cambiamenti che qualsiasi altra persona avrebbe ritenuto drastici, ma non lei, che d’altronde di vita sociale esterna a quella dei numeri, pianeti e particelle non aveva condotto nemmeno precedentemente. In un certo senso, quasi per ironia della sorte, aveva qualcos’altro oltre il lavoro a cui badare, per quanto continuasse a sostenere orari del tutto personali e spesso si ritrovasse a cenare a notte tarda senza rendersi conto che il letto era ancora intonso. Ma quando Thor era lontano, in qualche missione dalle quali ritornava sempre vivo e sempre ammaccato, Jane perdeva totalmente di vista lo scorrere sano della vita, si smarriva tra numeri ed equazioni e giusto la sua assistente riusciva talvolta a ricordarle dell’esistenza di un mondo al di là della porta dello studio.
«Seriamente, Jane, ma non senti la necessità di uscire da queste segrete?» le domandò Darcy, avvicinandosi all’amica con l’aria annoiata, alzando e abbassando i fogli per cercare di comprendere a cosa stesse lavorando in quel momento la giovane astrofisica – senza successo. Non aveva ancora ben chiaro se avesse veramente accettato liberamente di continuare a fare l’assistente di Jane Foster e di Eric Selvig, o se lo SHIELD l’avrebbe costretta anche nel caso si fosse rifiutata di trasferirsi insieme a loro. Tuttavia a Darcy non importava eccessivamente di quel dettaglio, sicuramente non avrebbe lasciato sola Jane, che già si dimenticava di mangiare se non glielo si ricordava, figuriamoci se la si portava in un laboratorio super accessoriato in cui aveva a disposizione giocattoli ultratecnologici per i suoi esperimenti. Qualcuno doveva pur badarle e lei non aveva niente di meglio da fare – o forse, lo aveva, ma la salute della sua amica aveva sicuramente la precedenza.
«Si chiama ufficio, Darcy. Dovresti avere una certa famigliarità con tale luogo, dato che è qui che dovresti essermi d’aiuto» chiosò Jane rivolgendole uno sguardo eloquente.
«Sto cercando di essere d’aiuto, facendoti notare che fuori c’è un mondo! E c’è mister dio-decaduto-tutto-muscoli. Insomma, non avrete intenzione di seppellirvi insieme qui sotto?»
«Dammi una mano a spostare queste cartelle» svicolò la studiosa, posandogli tra le braccia una pila di cartelle nel tentativo di metterla a tacere in quel modo – ma era eccessivamente semplice spegnere l’interruttore di Darcy, lo sapeva fin troppo bene.
«Non mi hai ancora detto come procede la vostra... Relazione, perché è una relazione, giusto?»
«Sì. Sì, Darcy, lo è. Ora puoi cercare di essermi di una pur vaga utilità?»
«E come va?»
«Bene. Direi» si rassegnò all’evidenza di doverle dare una risposta, perché Darcy non si schiodava dalla piastrella sualla quale si era collocata, tenendo fermamente tra le braccia le carte, oltre le quali spuntavano giusto gli occhi dietro la montatura scura. Non le avrebbe dato alcuna tregua e Jane era sfinita dopo le ore di lavoro – delle quali aveva perduto il conto, accorgendosi solo in quel momento che il tramonto era ormai scemato per far spazio alla notte rischiarata dalle insegne al neon, luci di appartamento e lampioni della capitale. «Insomma, per due che hanno parecchio da fare, riusciamo comunque a vederci e a... Voglio dire, abbiamo un rapporto stabile.»
«I dettagli li devo cavare con un reattore nucleare?»
«Di qualsiasi dettagli stia parlando, signorina Lewis, dovrà attendere. Il direttore Fury vi attende», prima che Jane Foster potesse aggiungere parole alle sopracciglia tese verso l’alto in archi marcati e agli occhi nocciola in cui era chiara tutta la sua volontà di chiudere in quel momento il discorso, l’agente Phil Coulson le interruppe con il candore educato di chi non ammetteva repliche di alcun tipo.
Felice di potersi liberare rapidamente della torre di scartoffie tra le mani, Darcy le mollò sulla sedia per avviarsi insieme a Jane nell’ufficio del direttore, seguendo Coulson. Con i passi a rimbombare tra i corridoi semideserti della struttura governativa, lo sguardo della donna era rivolta alle enormi finestre attraverso cui la città continuava a vivere anche sotto la coltre scura delle nubi oltre le quali stelle e mondi distanti si muovevano in punta di piedi. Da quando Thor era entrato nulla sua vita, le sue percezioni e concezioni avevano subito più di un terremoto, aveva dovuto rivedere e ampliare il significato di impossibile per ridurlo a un improbabile, fino a trasformarlo a possibile. Era merito di quell’uomo se era andata avanti così tanto nelle sue ricerche – e non solo perché aveva negoziato per il suo ingresso nello S.H.I.E.L.D. un lavoro anche per lei, ma per averle regalato ciò che più abbisognava uno scienziato, ovvero non avere preclusioni mentali.
Sotto la cascata di luci artificiali dell’ufficio, voltato verso i lontani scintillii della città, il direttore Fury rimaneva in piedi permeato dal silenzio colmo di attesa in compagnia di Steve Rogers e Thor. Dovette ricorrere a buona parte del proprio autocontrollo, Jane, per evitarsi di fiondarsi vicino al decaduto Dio del Tuono per potersi assicurare delle sue condizioni. Si limitò a scrutarlo con viscerale preoccupazione, passando in rassegna ogni centimetro del suo corpo alla ricerca di ogni più piccolo dettaglio che potesse rivelare quali infortuni si fosse procurato quella volta. Per quanto conoscesse la sua incredibile forza e preparazione fisica, per il momento rimaneva un essere umano dotato di abilità incredibili, ma non inconcepibili – fino a quando Mjolnir fosse rimasta incastrata nel pezzo di roccia sulla quale era precipitata, spostata interamente per essere trasportata lì a Washington in modo che fosse tenuta vicino al suo proprietario, tali sarebbero rimaste le sue condizioni.
Il sorriso di Thor era un infuso di calma, quiete scintillante d’oro colato, una cura efficace contro ogni ansia di cui Jane fosse afflitta ed era più che sufficiente a rilassarle i muscoli tesi del corpo, nel momento stesso in cui lo poteva finalmente rivedere. Il respiro profondo che trasse finalmente la donna fu di sollievo, mentre ricambiava silenziosamente il saluto di benvenuto di Thor, senza proferire parola per non rompere l’attesa a cui Fury li stava incatenando.
Quando la porta dell’ufficio fu chiusa dall’agente Coulson, Fury si voltò verso il piccolo gruppo azionando con un microscopico telecomando lo schermo enorme appeso alla parete. Immagini di riprese ad alta quota di un edificio collocato in mezzo alla boscaglia in un pezzo di terra non classificato, si affiancavano dati che sottolineavano come tra quelle mura si fossero registrati strani fenomeni inconciliabili con quello che appariva un cantiere abbandonato, a poco tempo dal completamento.
«C’è un tasso di attività di energia dalla dubbia fonte. I dati riscontrati sono sospetti e diciamo che non mi fanno dormire sonni tranquilli» cominciò a spiegare con voce atona Fury, illustrando il susseguirsi delle riprese. «Si tratta di una nostra base dismessa da qualche tempo, ormai abbandonata. Non sembra ci sia alcuno nei dintorni, quindi pensavo di mandare voi, signorina Foster e Thor in caso di visite inaspettate. Pensate di potercela fare?»



M A N I A’ s  W O R D S
Ed eccoci all’inizio della seconda parte della storia.
E Thor è tornato tra noi – e con un cameo anche del nostro Steve Rogers. Anche se non gli ho fatto spiccicare mezza parola, perdonatemi, ma mi sembrava più utile concentrarmi sui suoi pensieri. Come dissi all’inizio di questa storia-raccolta, essendo strutturata come varie one-shot, mi concentro su alcuni punti importanti delle vicende, lasciando in secondo piano ciò che ha portato ad esse. Per questo i mesi precedenti di Thor sulla Terra, il suo arrivo e tutti gli eventi ai quali ho accennato, non sono stati descritti – nella long, mi ero messa a raccontare tutto quanto per filo e per segno, ma sinceramente in questa struttura a raccolta sarebbe del tutto insensato, perché altrimenti diventerebbe una vera e propria long.
Sulla parte di Loki, Sigyn e Sif, invece non ho molto da dire. Anche lì ho fatto trascorrere un po’ di tempo, ma le vicende sono collocate anteriormente a quelle riprese nell’ultimo pezzo del capitolo, ovvero quelle che si svolgono sulla Terra. Dalla mia modesta esperienza in fatto di organizzazione di matrimoni, so che ci vuole il suo bel tempo, e Loki è un principe, dunque credo che i tempi siano ancora più dilatati – dunque no, non sono ancora sposati. Thor tornerà su Asgard prima del lieto evento? Chissà.
Bene, vorrei dire di aver trovato una canzone che possa assolvere allo stesso compito della prima parte, ma no, non è così. Nel senso che non sarà una sola probabilmente, perché temo che sarà di poco più lunga questa seconda parte e niente, quindi probabilmente ne userò due.
E le canzoni saranno: “Unbroken” dei Black Veil Brides - che con sommo colpo di inventiva, è nella colonna sonora di “The Avengers” - e “Redemption Song” di Bob Marley.
Vi prego di non leggere come un suggerimento per una “redenzione” di Loki – o di qualche altro personaggio. Credo che nemmeno sotto tortura potrei mai scrivere del Dio degli Inganni che si vuole redimere. Va inteso in senso “distorto”, una redenzione non classica nel termine e verrà spiegata più avanti nel corso della storia – che poi credo si sia capito che io Loki non posso proprio vederlo come uno che è cattivo perché ha ricevuto poco amore e quindi è possibile che torni ad essere buono, quando non lo è mai stato. Su, è ispirato al Dio del Male e del Caos, per Odino!
Come sempre io ringrazio tutti coloro che seguono la storia, chi l'ha aggiunta ai preferiti/ricordate/seguite e soprattutto chi l'ha commentata l'ultima volta, ovvero: Lakky, Yoan Siyryu, Kikka_67 e Chiocciola! Grazie, mille volte grazie♥
Come sempre vi lascio la mia pagina Facebook, dove qualche anticipazione la metterò
: M A N I A
(Chiedo venia, che ho riletto il capitolo meno del solito, penso di aver correto tutti gli errori più macroscopici, ma se continuavo ad aspettare di aver tempo per rileggere ancora, non pubblicavo più!)


Alla prossima,
Mania




  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Mania