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Autore: _Ala_    21/01/2009    4 recensioni
Inspirato al romanzo di David Almond
Quando Sasuke mi baciò la fronte e mi riportò in vita era buio fuori e noi due eravamo rimasti da soli.
- Che cosa è successo? - chiesi con voce tremante.
- Sei morto -
Impaurito, ma anche stranamente felice lo abbracciai stretto, e lui mi lasciò fare.
- È come se ti stessi aspettando da un sacco di tempo. Sapevo che saresti arrivato -
Mi sussurrò, le labbra sepolte tra i miei capelli biondi.
[Sasu/Naru]
[Naru/Saku]
Genere: Generale, Romantico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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riassunto

 

Kit’s Wilderness
 
 
 
PROLOGO
Parte prima
 
 
 
Inghilterra, Stoneygate.
Novembre 1998

 

Quegli occhi neri rischiavano di farmi diventare matto.
Dovunque fossi, qualsiasi cosa stessi facendo, li sentivo su di me.
Ma cosa voleva quel ragazzino?
Che cosa aveva da fissarmi sempre?
Alzai gli occhi chiari dal mio banco, uscii nel corridoio, e poi sulle scale. Mi sedetti sugli scalini in fondo, ad aspettare lei. E poi ancora quella sensazione di non essere solo.
Sbircia intorno a me.
Eccolo lì.
Un viso pallido, come quello di un fantasma.
Labbra dalla forma perfetta, sempre chiuse in quella linea seria.
Zigomi alti, spigolosi, eleganti, addolciti solo dalla linea morbida dei capelli, forse un po’ troppo lunghi per quella cittadina di provincia, ancora chiusa nei vecchi pregiudizi e tradizioni.
E poi quegli occhi scuri, liquidi ed enormi.
Distolsi lo sguardo, a disagio.
Sakura mi chiamò dal fondo dell’atrio.
Sollevato mi alzai in piedi e mi affrettai nel raggiungerla.

 

Era inutile, non sarei mai riuscito a farmi degli amici.
Ormai era da mesi che ero a scuola, il secondo anno delle medie era cominciato, ma le cose non cambiavano mai.
Avevo tredici anni, eppure le tradizioni, le leggende di Stoneygate influenzavano la mia vita come se fosse mille anni che abitassi lì.
Discendevo da una delle due più vecchie famiglie del villaggio.
Nel mio sangue scorrevano le radici stesse di quella cittadina, e si diceva che nel sangue dei discendenti ci fosse anche la loro maledizione.
C’era la morte nelle mie vene, quella stessa morte che avevano, inconsciamente, portato le famiglie fondatrici nel momento stesso in cui avevano scelto di aprire le miniere. Paradossale in realtà, se si pensava che per anni erano state fonte di sostentamento e di sviluppo, per poi mutarsi letteralmente in bare di terra.
Era stato scoperta solo dopo anni la fonte di gas altamente tossico che, direttamente da quei pozzi scavati nel terreno, fuoriusciva nell’aria che respiravano le persone di Stoneygate, ma si era deciso di comune accordo di fingere di non vedere il pericolo. Questo un pò per convenienza (gli affari erano buoni, e le miniere servivano per l’economia della cittadina) e un pò per reale ignoranza.
Avrebbero dovuto saperlo, che quel gas non era da sottovalutare.
L’esplosione era avvenuta nel 1821 e aveva condotto alla morte centinaia di minatori.
Da allora le miniere erano state sigillate, i tunnel fatti crollare e sprangare, inaccessibili sotto strati di cemento, e poi, lentamente, la vita era tornata a scorrere.
Noi eravamo rimasti noti come ‘i colpevoli’ -che poi…forse i miei avi avevano aperto le miniere, ma era stato tutto il consiglio di Stoneygate a scegliere l’indifferenza al problema..-
Comunque il pregiudizio verso ‘i colpevoli’ di tutte quelle morti restava, e impediva agli altri di accostarsi a me come a un bambino normale.

 

Beh…lo impediva a tutti meno che a lei.
Sakura Haruno, tredici anni, la mia unica amica.
La sua famiglia si era trasferita a Stoneygate solo da un paio di generazione, e le tradizioni, su di lei e sui suoi parenti, non facevano così presa.
Io la adoravo, aveva quell’aria fragile che faceva venire voglia di proteggerla.
La sua pelle era candida sotto i capelli sottili, leggeri di quella sfumatura rosata impercettibile, sembrava incapace di fornirle una protezione adeguata dal sole e dalle intemperie esterne.
Eppure lei era così forte dentro.
Allegra, razionale, sincera.
Tutti le volevano bene e a me dava quasi fastidio dovermela spartire con gli altri.
L’avevo conosciuta un giorno di inizio scuola.
Non ero abituato a trattare troppo con le persone, soprattutto con i miei coetanei.
I miei genitori, immagino per proteggermi, mi avevano sempre tenuto a riparo dal mondo esterno.
Le lezioni fino a quell’anno le avevo sempre prese a casa, privatamente, ma ultimamente la condizione della vita della mia famiglia non era più così adagiata, e i miei genitori si erano visti costretti a iscrivermi alla scuola pubblica di Stoneygate.
Ero quello nuovo, e inoltre il mio cognome era fin troppo famoso.
Naruto Uzumaki.
Non c’era nessuno che non lo conoscesse e non lo odiasse.
Quel giorno gli altri ci stavano andando giù pesante con me, finché lei, con un turbine di capelli rosati, si era piazzata in mezzo.
Più tardi mi aveva consolato allegramente, e mi aveva promesso che sarebbe stata sempre con me.
- Nel senso che mi proteggerai? - le avevo chiesto, stupido e vagamente offeso dall’insinuazione che implicava non fossi in grado di farlo da solo, ma lei non aveva colto.
- Certo. Te lo prometto! -
Avevo annuito, e, incoraggiato dal suo buonumore le avevo fatto la domanda che più mi premeva dalla prima volta che l’avevo vista.
- Ma senti, com’è che hai i capelli rosa? -
Lei mi tirò un pugno sulla testa.
- Perché sono particolari, idiota.
E quando diventerò un eroina famosa e stupenda tutti mi riconosceranno. -
Scettico, le avevo sorriso.
- Ma certo, succederà sicuramente, vedrai…-

 

Eravamo a pranzo, piazzai sul mio vassoio una mela e un cartoccio di latte intero, poi, con uno sbuffo scocciato rivolto agli altri ragazzini che mi guardavano male, mi avviai verso il cortile, preferendo congelarmi nel freddo di novembre che stare chiuso in quel refettorio insieme a tutti loro.
Sakura mi seguiva chiacchierando spensierata.
Il tavolo a cui scelsi di sedermi era isolato, solo due ragazzine erano appollaiate sulla panca più esterna.
In due minuti si svuotò, Sakura non ci fece caso, io si.
Incassai la testa nelle spalle, ferito come al solito, e guardai fisso davanti a me, rimproverandomi di darci ancora peso.
Fu così che intercettai lo sguardo scuro del ragazzino puntato dritto su di me.
Rimasi a fissare paralizzato quei due pozzi neri, poi confuso abbassai lo sguardo, girandomi appena verso la ragazzina al mio fianco.
- Quello mi fissa di nuovo, Sakura-chan - mormorai nervoso.
Lei smise di parlare e si voltò verso il moro, guardandolo intensamente.
Indossava un paio di jeans logori, scarpe da tennis bucate e una felpa dall’ aria sciupata. Tutto rigorosamente nero, tranne una scritta stampata sul petto, bianca.
Decisi che doveva essere il nome di qualche gruppo musicale che non conoscevo, probabilmente Metal.
- Megadeth - recitai tra me e me, appuntandomi di fare delle ricerche.
Il Metal non era ben visto da quelle parti, come tutte le cose che uscivano anche solo vagamente dal pensiero comune degli anziani. E di certo una musica che veniva definita dai più ‘satanista’ rientrava nella categoria.
Il nuovo [quello nuovo], lo sconosciuto [vestito di nero], era pericoloso.
Il ragazzino fulminò Sakura con lo sguardo, poi, senza dire nulla, si voltò e se ne andò. I suoi passi lunghi, così come la sua postura avevano un che di elegante, ma era come se lui stesso volesse nasconderlo camminando apposta ingobbito.
- Ma che vuole da me? Che ha da guardarmi sempre? -
La ragazzina al mio fianco sospirò.
- Non lo so -

 

Camminavo malinconico lungo le rive del fiume, pensando, quando notai un ombra scura che sbucava da dietro il tronco di un albero davanti a me.
All’istante un cane cominciò a ringhiare.
- Sta buono Jax! -
Sollevai lo sguardo sul padrone dell’animale, e rimasi immobile.
Non seppi spiegarmene il motivo, ma percepii all’istante una sensazione di pericolo. Ero davanti allo stesso ragazzino che mi fissava sempre, e per un momento pensai di darmi alla fuga, poi mi diede dello stupido.
- Hey - disse quello.
Tentai un sorriso, poi rinunciai - parli con me? -
- E chi altro c’è qui? -
Stetti zitto, poi quello si avvicinò, si avvicinò così tanto che all’improvviso sentii il suo respiro caldo sul volto. L’istinto mi diceva di arretrare, ma qualcosa dentro di me, me lo impedì. Mi sentivo attratto da quegli occhi scuri, in lui c’era qualcosa che mi affascinava inspiegabilmente.
Deglutii, ma non mi mossi.
Nei suoi occhi passò un lampo di soddisfazione, come se fosse stato compiaciuto da come avevo reagito a una qualche sua prova.
Mi sentivo come se mi stesse testando per poi classificarmi.
Mi sembrò quasi che lui accennasse un sorriso, ma poteva essere stata solo un impressione perché quando guardai le sue labbra, gli angoli della sua bocca erano rivolti all’ingiù, in un espressione seria come non mai.
Si avvicinò ancora e mi avvicinò le labbra all’orecchio, potevo sentire i battiti del cuore impazzire nella mia gola, assordandomi. Ma udii comunque il suo basso mormorio.
- Tu e io siamo uguali, Uzumaki. -
Sgranai gli occhi, sorpreso -ma cosa…? -
- È e sarà la morte a unirci - concluse lui.
Con uno scatto mi tirai indietro.
Che cosa voleva dire? Che cosa intendeva?
Cautamente portai un piede dietro di me, pronto a correre via nel caso il ragazzo si dimostrasse improvvisamente un maniaco omicida, ma fu lui stesso ad allontanarsi, e sta volta sulle sue labbra disegnate c’era un sorriso vero.
- Mi chiamo Sasuke Uchiha, e tu presto tornerai a cercarmi -
Provai a dire qualcosa ma quello fece un gesto rivolto al cane e se ne andò, mentre l’animale gli trottava fedelmente alle spalle.
- Hai mai letto i nomi incisi sulla pietra del Monumento? -
Le sue parole mi arrivarono deboli, mentre lui era già lontano.
Rimasto solo mi portai una mano al petto e trassi un grande respiro, bisognoso d’ossigeno.
Non mi era accorto di stare trattenendo il fiato.

 

In piedi al centro della piazza più importante della cittadina mi passai la mano tra i capelli biondi e scompigliati.
Non sapevo cosa ci facessi lì, a fissare come un idiota la grande lastra di pietra che fungeva da monumento ai caduti nell’esplosione di gas tossico del 1821.
Sapevo le leggende che venivano tramandate nel paese.
Era tutta colpa dei miei avi se quelle miniere erano state scavate, e sempre colpa loro se tutta quella gente era morta; i disastri del gas erano andati avanti anni anche dopo la chiusura dei pozzi, e la mia famiglia, un tempo la più potente di Stoneygate, era stata relegata alla miseria.
Stessa sorte era toccata all’altra famiglia che si contendeva il potere della cittadina. Non sapevo nemmeno che fine avesse fatto. Non pensavo esistesse ancora.
Il destino era stato crudele, soprattutto pensando che anche i due figli più giovani di entrambe le famiglie erano morti laggiù nei tunnel, insieme a tutti gli altri.
Ma questo non era bastato a lavare via il rancore.
Fissai la lapide in silenzio.
Eccolo lì, il simbolo del mio isolamento e della mia vergogna. L’avevo già vista prima d’ora, svettava imponente al di sopra della strada e delle aiuole, grigia e grandiosa nella sua trasandatezza.
Aveva l’aria dimenticata di tutte le cose antiche, con la pietra ruvida e il muschio che la ricopriva.
Non l’avevo mai asservata da vicino. Sinceramente mi metteva inquietudine, forse mi spaventava anche, quindi non sapevo spiegarmi perchè ora fossi lì davanti.
Che cosa mi aveva fatto Sasuke?
Ora che ci pensavo i primi due nomi della lista che vi era incisa dovevano essere proprio quelli dei due ragazzi morti tempo addietro.
Le scritture erano quasi illeggibili, ma colto da un desiderio frenetico di leggere il mio cognome su quella lapide, mi alzai sulle punte e grattai via il muschio con le unghie.
Ancora prima di finire gli occhi mi si sgranarono per lo shock.
Restai immobile a fissare i due nomi vicini.
Uno strano senso di gelo me li fece leggere a punta di voce.
- Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha -
In un lampo mi tornarono in mente le parole del misterioso ragazzo del fiume.
- Io e te siamo uguali, ed è e sarà la morte a unirci -
Un brivido di paura mi passò lungo la schiena.

 

- Sakura, che cosa sai di Sasuke Uchiha? -
La ragazzina allargò la bocca sorpresa prima di girarsi arrossendo verso un'altra parte.
- Niente, perché me lo chiedi? Non so chi sia.. -
- Vi ho visti insieme -
Gli occhi grandi e puliti di lei ritornarono all’istante nei miei.
- Cosa? -
- Vi ho visto, vi ho visto che ve ne andate tutti insieme il venerdì dopo le lezioni! Voi due, e poi altri, l’Inuzuka, i Sabaku, Nara e anche i due Hyuuga! Vi ho visti! -
La mia voce salì di tono, facendosi più dura.
- Perché non mi hai mai detto che eravate amici? Perché, anche se quello passa ogni dannato minuto della sua giornata a fissarmi tu hai fatto finta di non sapere chi fosse? -
Sakura si morse forte un labbro, ma la sua voce non tremò quando rispose.
- Per te è meglio così, tieniti fuori da questa storia, e sarà meglio! -
- E tu? Tu che ci fai dentro? -
- Perché per me è un gioco, io sono capace di capire che lo è! Ma lui, lui ci crede.
E dice che lo farai anche tu! -
Stetti zitto un secondo, sorpreso.
- Intendi l’Uchiha? Di cosa parli?! -
Ma lei scosse la testa, nascondendosi dietro ai capelli lisci.
- No! Io non ti dico niente! -
Trassi un respiro profondo per calmarmi, e quando inizia a parlare usai un tono tranquillo, sforzandomi di non manifestare tutta l’inquietudine che sentivo dentro.
- Due mesi fa Sasuke Uchiha è venuto da me. E mi ha detto che la morte ci rende uguali… la morte, capisci? E sul monumento del 1821 il mio nome e il suo sono in cima alla lista! Sono gli Uchiha l’altra famiglia che ha portato al gas tossico, ho sempre pensato che oltre agli Uzumaki gli altri si fossero dispersi…e invece ci sono ancora. E noi abbiamo lo stesso nome, lo stesso identico nome dei due ragazzi con quei cognomi che erano morti! Naruto e Sasuke! Si chiamavano così anche loro! -
- E’ solo un caso… -
- Un caso, Sakura-chan? A me questo "caso" spaventa! E tu non mi dici nulla…e mi nascondi le cose! -
- Voglio solo proteggerti -
- Ma… -
- Me l’avevi chiesto tu, quando ci siamo conosciuti, te lo ricordi? E io lo sto facendo -
Sospirai.
La guardai, conscio che stava facendo così solo per quello che credeva il mio bene.
- Domani vado a cercare Uchiha. -
Le dissi.

 

Sasuke inclinò la testa, fissandomi con un sorriso indecifrabile, che non aveva in sé alcuna gioia.
- L’avevo detto che mi avresti cercato - asserì.
- Che cosa fate tu, Sakura e gli altri? -
Andai dritto al sodo, un po’ più in là Sakura mi guardava amara, palesemente irritata che io non l’avesse ascoltata.
- Noi giochiamo al Gioco della Morte. Vuoi morire con noi? -
Rimasi in silenzio, interdetto.
- Cos’è il Gioco della Morte? -
- E’ un prendersi una pausa dalla vita. Ma non è un vero gioco. Cioè, lo è per loro. Loro muoiono per finta. Ma tu, noi, siamo diversi. - Sasuke mi si avvinò, abbassando la voce - allora? Vuoi morire? -
- Tu sei mai morto? -
Con un minuscolo sorriso derisorio il ragazzo annuì, ma di nuovo nelle sue labbra incurvate io non lessi alcuna gioia, solo amarezza.
- Si, oh si. -
Il cane al suo fianco prese a ringhiare, Sasuke lo quietò con una rapida carezza.
- Io muoio ogni giorno, Naruto -
Ricambiai il suo sguardo serio.
- Vengo con voi. -

 

Venerdì pomeriggio Sakura mi aspettava all’uscita della classe vestita di rosso e di verde, dal martedì che avevo parlato con Sasuke lei non mi aveva più cercato.
- L’Uchiha vuole che tu venga con noi. Accetti? - chiese formalmente.
Io intuì che fosse una specie di cerimonia fissa, un’usanza per i nuovi giocatori.
- Accetto - dichiarai deciso.
Lei strinse le labbra e si voltò, sicura che la seguissi.
Raggiungemmo il gruppo che ci aspettava al cancello, tutti mi guardarono confusi, a metà tra l’incuriosito e il malcontento, ma l’arrivo di Sasuke, seguito da Jax, mise a tacere ogni possibile replica.
- Per di qua - ordinò, e tutti si mossero all’istante.
Li seguii, restando qualche passo più indietro degli altri, parte del gruppo ma allo stesso tempo escluso, e dopo poco Sakura adattò il passo per camminarmi al fianco.
Mi scoccò un occhiata preoccupata.
- Stupido, ora come faccio a proteggerti? - mi chiese triste.
La guardai, vagamente esasperato.
- Ma proteggermi da cosa?! -
- Da lui, da Sasuke Uchiha -
- Che cosa intendi? -
Lei sospirò.
Io aspettai un po’ poi accettai il fatto che lei non mi avrebbe risposto.
- Sakura-chan? -chiamai dopo un po’, nervosamente.
Lei voltò il capo nella mia direzione, gli occhi verdi che cercavano con ansia qualche traccia di anomalia in me, come se fosse preoccupata che non fossi più lo stesso.
- Cosa c’è?-
- Non è che mi puoi dire qualcosa sul Gioco della Morte per lo meno? -
- Hai accettato di giocare e non sai cos’è?!- esclamò la ragazzina.
- So che si deve morire -
- Naruto, non ascoltare l’Uchiha. Te l’ho già spiegato, è tutto per finta. A caso scegliamo uno di noi, e quello fa finta di cadere per terra morto. Poi l’ Uchiha gli bacia la fronte, e quello si sveglia e si inventa come è stata la sua morte. -
- Sasuke dice che lui muore davvero -
- Sasuke è solo un cretino. Io sono già "morta" mille volte, e ti assicuro che non si muore per davvero -.
Io pensai in silenzio per qualche minuto, stavamo camminando lungo i prati che portavano fuori Stoneygate, dritto verso il fiume, ma non ci feci caso.
- Sakura-chan, ma se è così idiota questo gioco, e se lo è anche Sasuke, perché vai con lui? -
Lei sospirò ancora.
- Bella domanda, chiedilo a tutti e nessuno saprà cosa risponderti…
È per lui, - e non c’èrano dubbi su chi si riferisse - lui è come una calamita. Fa paura, ma è anche irresistibile. E lo è più di tutti per te, o meglio, anche tu lo sei per lui. -
La guardai senza capire. Lei sospirò di nuovo.
- E’ per questo che non volevo che venissi. Noi siamo attratti da lui, ma per l'Uchiha non siamo nulla… tu invece… tu attrai lui. E non so perché, ma mi fa paura. -
- Lui dice che siamo uguali, forse ha a che fare con le nostre famiglie no? Siamo legati -
Lei scosse la testa.
- Non è un bene essere uguale a lui. Lui è scuro Naruto, lui è come un buco nero che ingrigisce ogni cosa. È come un qualcosa che ti ruba la vita.
Tu non sei come lui. Tu sei l’aria, sei il sole. E lui è attratto dalla tua vita, perché lui non ne ha. -
- Sasuke mi ha detto che muore tutti i giorni - sussurrai.
Sakura mi guardò, stranita.
- Naruto… - disse - Sasuke non è mai morto.
In tutti i giorni che abbiamo giocato, tutti siamo morti, un sacco di volte.
Ma lui no. Lasciamo che sia un coltello che ruota a scegliere, ma lui dice che è la morte. E la morte non sceglie mai lui. Mai -
Ci guardammo, tesi.
- Ma allora perché mi ha detto così? -
Lei corrugò le sopracciglia, l’espressione spaventata.
- Non lo so. Sta volta te lo giuro, non so niente. -

 

Il coltello in mezzo a noi ruotava, indicava me, Sakura, Kiba Inuzuka, Neji Hyuuga, Hinata Hyuuga, Shikamaru Nara, Temari, Kankuro e Gaara Sabaku no, Sasuke Uchiha, e poi ancora me e Sakura, e Kiba Inuzuka, e Neji Hyuuga, e Hinata Hyuuga, e Shikamaru Nara, e Temari, Kankuro e Gaara Sabaku no, e Sasuke Uchiha, e qui sembrò fermarsi, per appena un istante…
E poi la punta del coltello puntò verso di me, e si bloccò.
Sbiancai.
Sakura mi strinse la mano fugacemente. Ma io non le risposi, impietrito.
All’improvviso ebbi paura.
Sasuke ci aveva portati giù per il pendio del fiume, dentro un buco scavato nel terriccio e protetto alla vista dall’erba alta e da degli scarti di lamiere. Mi aveva guardato prima di entrare, sfidandomi silenziosamente a seguirlo, e io l’aveva fatto.
Ma ora che ero lì, e che dovevo morire, il Gioco della Morte mi appariva più reale, e più spaventoso. L’Uchiha mi chiamò a sé, ma ero troppo impietrito per muovermi.
- Coniglio - borbottò l’Inuzuka a bassa voce.
- Silenzio! - sibilò Sasuke guardandomi fisso negli occhi azzurri terrorizzati.
Mi mossi lentamente verso di lui, inginocchiandomi a pochi centimetri dal suo corpo.
Sasuke mi allungò la mano e io la strinsi, con gli occhi pieni di lacrime
- Rilassati Naruto Uzumaki - mi bisbigliò all’orecchio - calmati, dai -
Ma non riuscii a smettere di tremare.
- Che cosa ti chiediamo?- mi mormorò la sua voce, quasi ultraterrena.
- Di mantenere il segreto. -
- Cosa devi darci? -
- La vita - mi costrinsi a trattenere il tremito nella parola.
- E noi cosa ti promettiamo? -
- La morte -
Non riusciva a vedere altro che i suoi occhi. Non sentivo che la sua voce.
Lui allungò una mano sulla mia spalla e mi avvicinò a sé.
- Questo per te non è un gioco, tu morirai davvero. Accetti? -
Stordito dalla paura e dall’eccitazione annuii -si -
- Allora ecco la Morte -
Sasuke mi chiese gli occhi con le dita.
E io persi conoscenza, o forse, trovai la morte.
Quando Sasuke mi baciò la fronte e mi riportò in vita era buio fuori e noi due eravamo rimasti da soli.
- Che cosa è successo? - chiesi con voce tremante.
- Sei morto -
Impaurito, ma anche stranamente felice lo abbracciai stretto, e lui mi lasciò fare.
- È come se ti stessi aspettando da un sacco di tempo. Sapevo che saresti arrivato -
Mi sussurrò, le labbra sepolte tra i miei capelli biondi.

 

Stavamo tornando verso casa lungo il fiume, quando li sentii per la prima volta.
Risolini, sussurrii a voce troppo bassa per distinguere le parole.
Impietrii, e strinsi più forte la mano che Sasuke mi teneva stretta, rifiutandomi di distogliere lo sguardo dal sentiero.
- Tranquillo, non ti faranno del male -
La voce del ragazzino al mio fianco mi giunse con un tono basso, rassicurante, ma non ero sicuro di riuscire a reggere altre emozioni per quel giorno.
- Che cosa sono..? - sussurrai con voce strozzata.
- Sono bambini, come te e come me. -
Alzai lo sguardo, e sbirciai fugacemente verso i rumori, ma all’istante riportai lo sguardo dritto davanti a me, con la paura che minacciava di soffocarmi. Solo la presenza di Sasuke accanto a me mi impediva di scoppiare in singhiozzi isterici dettati dal puro terrore.
- Sono fantasmi? - chiesi, la voce appena udibile, come un soffio leggero.
- Si, sono i fantasmi dei bambini morti nelle miniere. A quel tempo lavoravano tanti ragazzi, anche della nostra età. -
- Perché li possiamo vedere? -
La voce dell’Uchiha mi fece rabbrividire; - perché anche noi siamo morti. -
Deglutii.
- Sakura-chan mi ha detto che tu non sei mai morto nel Gioco - ribattei piano.
La risposta di Sasuke ci mise tanto ad arrivare, e la sua voce quando si sentì era ancora piena di un amara tristezza.
- Te l’ho gia detto, Naruto. Io muoio un poco tutti i giorni. -
 

 

***
 

 

Ho letto il libro "Kit’s wilderness", di Almond, qualche anno fa, e devo dire che non l’ho capito fino in fondo.
Qualche mese fa casualmente l’ho ripreso in mano (si, ho la buffa abitudine di rileggere ogni cosa fino ad impararla praticamente a memoria^^) e mi ha lasciata secca.
L’ho trovato davvero bellissimo, così ci ho pensato sopra un bel po’, e alla fine, mi sono resa conto che i personaggi del libro si adattavano più che bene a una reinterpretazione utilizzando quelli di Naruto.
Così ho deciso di cimentarmi nell’impresa XD
Questo lungo prologo che ho deciso di dividere in due parti sarà una specie di riassunto, ovviamente modificato e riadattato, del libro originale.
Poi comincerà la "vera storia", o meglio, la parte che inventerò io di sana pianta, una specie di sequel del libro^^
Ma a voi non ve ne frega nulla immagino, quindi buona lettura e grazie mille a chi leggerà e aggiungerà la storia tra i preferiti!
Se avete tempo, mi piacerebbe sapere che ne pensate  (daaaaiii!!!!), o se conoscete il libro ad esempio!
Non lo conosce nessuno.. ç_ç
Un bacio a tutti!
Ah, solo una cosa; in inglese il titolo si riferisce al nome del protagonista (che si chiama Kit, da Christopher), in italiano l’hanno tradotto con il nome di "Il grande gioco".
Io ho preferito tenere il titolo della versione originale pensando al fatto che la parola "kit" in inglese viene usata anche per dire "gattino" o "micio", e così mi posso riallacciare al personaggio di Sasuke, che tanti identificano in un gatto^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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