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Autore: L_Lizzy    24/08/2015    1 recensioni
Se a dodici ragazzi che non si aspettavano una seconda possibilità questa fosse finalmente concessa?
E se loro si mettessero d'impegno per cercare di afferrare la felicità?
E a pensarci, che pazzia, è una favola, è solo fantasia... o forse c'è ancora una speranza?
Scopritelo immergendovi in questo ultimo anno ad Hogwarts, chissà che la vita non abbia in serbo per tutti loro certe sorprese.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Neville Paciock, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Ron
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sebbene tutto ciò che li circondasse sembrava non aver cambiato aspetto, i ragazzi che stavano varcando l’entrata della Sala Grande dirigendosi ai tavoli per cenare sapevano, in cuor loro, che erano lontani mille miglia dal risanamento effettivo che si aspettavano sopraggiungesse col termine della guerra.
Harry Potter aveva sconfitto definitivamente il male, maghi e streghe avevano festeggiato per mesi. Banchetti si erano svolti in onore del bambino sopravvissuto, feste si erano tenute in omaggio della pace tanto agognata e persino matrimoni si erano celebrati, come se tutti avessero aspettato di lasciarsi alle spalle questo periodo cupo per affrontare una vita nuova, libera da ogni turbamento. Ogni uomo, donna, bambino e creatura del mondo magico gioiva della vittoria. Sembrava, infatti, che tutti fossero stati privati dell’enorme peso che gravava sul cuore, come se la paura fosse tutt’a un tratto evaporata. Scomparsa. Sostituita da un’euforia che difficilmente riuscivano a contenere.
Se tutti loro riuscivano a festeggiare c’era comunque da soffermarsi ad osservare alcuni ragazzi che scavalcando le panche prendevano posto alla tavolata a cui appartenevano, sul viso di ognuno di loro un’espressione differente, ma mai divertita o compiaciuta.
Pochi degli studenti del settimo anno avevano deciso di ripresentarsi per affrontare gli esami dopo l’anno passato a studiare maledizioni sotto il ferreo controllo dei mangiamorte che avevano preso possesso della scuola.
Luna Lovegood sedeva al centro della tavolata di Corvonero. Nonostante non avesse avuto nemmeno negli anni precedenti una schiera di amici che si litigavano il posto accanto al suo in quel momento la sua immobilità spiccava particolarmente poiché accanto a se non aveva nessuno. I primi ragazzi al suo fianco distavano almeno di un metro dalla sua persona ed erano intenti a parlottare nemmeno tanto pacatamente gli uni con gli altri. Ogni tanto uno di loro tendeva un braccio verso il soffitto incantato portando gli altri a imitarlo, gridando ad un’unica voce un “hiphip urrà!” che sovrastava il caotico sottofondo della Sala. In quei momenti un occhio attento avrebbe certamente notato come le spalle della ragazza si incassassero e come le sue braccia andassero a cingersi la vita mentre un tremore la scuoteva.
Della studentessa vivace qual era stata rimanevano solo gli inconfondibili capelli biondi che legati con una coda bassa le coprivano la minuta schiena. Non vi erano dubbi sul fatto che fosse cambiata in quell’estate; la prigionia a villa Malfoy l’aveva provata, vivere con la paura che i seguaci di Voldemort potessero sottrarle la figura paterna l’aveva fatta cadere in uno stato ansioso dal quale non era riaffiorata nemmeno stringendo il padre fra le braccia. Si chiacchierava che anche lei avesse subito torture da Bellatrix che, non trovando di meglio da fare, si dilettava a modo suo gioendo di ogni grido esalato da Luna. Era più che comprensibile il suo atteggiamento, quel suo ritrarsi ad ogni tocco, che fosse accidentale o studiato. Si poteva toccarla solo quando era lei a fare il primo passo e l’unico che sembrava riuscire ad avere un contatto con lei era Neville Paciock.
Cho Chang si era ritirata da Hogwarts dopo appena i primi cinque giorni quindi Luna si era vista scivolare lontano quell’unica presenza amica con la quale si recava ai pasti. Cho, ancora addolorata dalla morte di Cedric, presto decise di abbandonare gli studi e passare l’anno lontana dalla scuola che, ad ogni antro, gli presentava un ricordo del ragazzo che aveva amato. Su di lei si diceva anche che non riuscisse a incrociare gli occhi di Harry poiché si decretava portatrice di brutte memorie che, ad ogni sguardo condiviso, vedeva affiorare sotto le lenti degli occhiali tondi, seguite in tutta fretta da senso di colpa e rimorso.
Di Tassorosso nessuno tornò. Alcuni studenti mormorarono di aver visto Ernie Macmillan con in viso un’espressione di incertezza, mentre ponderava se attraversare o no il muro che divideva il binario nove dal dieci. A scuola però non si era fatto vedere.
Per quanto riguardava i rosso-oro la storia era un’altra.
Solo sette studenti si presentarono per frequentare il nuovo anno, molti di più rispetto alle altre case ma, in paragone ai precedenti anni, quel numero aveva del ridicolo.
Acclamati dal resto della scolaresca, entrarono in Sala Grande aumentando il passo per raggiungere la panca che in quel momento si prospettava a tutti come un’ancora di salvezza.
Harry Potter, Ron e Ginny Weasley e Hermione Granger si sedettero accanto a Neville Paciock che, a sua volta si era posto a fianco di Seamus e Dean. Nessuno di loro aveva alcun motivo di gioire, ma ognuno, nel proprio piccolo, tentava di tirare su il morale agli amici. Ognuno segnato da una diversa battaglia che, al termine della guerra, aveva reclamato il proprio grado di sofferenza.
Harry da tutti veniva considerato idolo, eroe e modello di vita. Peccato che lui non vivesse allo stesso modo la sua notorietà, per Dio!, aveva ucciso delle persone quell’estate. Aveva solo diciotto anni eppure tutti sembravano sorvolare sul fatto che le sue mani fossero macchiate di sangue. Non che gli dispiacesse avere annientato Voldemort, come se poi avesse avuto scelta, ma dentro di sé s’incolpava per tutti le vittime che la guerra aveva portato via sotto al suo mantello. Si era fatto carico di tutte le mancanze che si erano venute a creare nelle famiglie del mondo magico. Quante madri avevano perso i figli? Quante mogli i mariti e quante suocere i cognati?
Continuava a dirsi di non essere stato abbastanza.
Abbastanza veloce, da salvarli tutti.
Abbastanza furbo, da prevedere le mosse del nemico.
Non era abbastanza in niente.
Nonostante tutto però, così come gli amici, cercava almeno con loro di farsi forte, di avere sempre una parola di conforto. Cercava di esserci per non farli sprofondare. Si era erto come loro sostegno perché non poteva, non voleva, vederli abbandonare la speranza; quindi se la notte gli incubi e i sensi di colpa lo tormentavano, il mattino faceva finta di nulla e tirandoli giù dai letti li aiutava a rimettersi in piedi, pezzo dopo pezzo.
In questa situazione dalle manovre complicate aveva due appoggi consistenti. Se Seamus e Dean prima della guerra si ritenevano amici, al termine di essa dovettero ammettere a loro stessi che c’era qualcosa di più tra loro, doveva esserci qualcosa di più. Altrimenti come spiegare il terrore di non rivedersi più? Di voltarsi a parare un incantesimo e rigirandosi scoprire di non essere più uno al fianco dell’altro? Di perdersi tra loro e rimanere soli. Avevano avuto bisogno di tutta l’estate per accettare i sentimenti reciproci. Era stato così dannatamente naturale stringersi tra le braccia al momento della vittoria e scambiarsi un bacio che sapeva di lacrime, polvere e amore. Perché loro sì, si amano. Incondizionatamente, come se uno non riuscisse a vivere senza l’altro.
Avere sotto gli occhi la prova tangibile che l’amore fosse ancora presente nel mondo doveva per forza smuovere qualcosa nei suoi amici, pensava Harry non sapendo che in realtà loro soffrivano proprio perché quell’amore lo provavano anch’essi seppur in modo diverso.
Ron e Ginny dilaniati dalla perdita di un fratello che amavano e dal quale mai avevano anche solo pensato di potersi separare mentre Hermione era logorata dal senso di colpa per ciò che aveva fatto. Non che avesse cattive attenzioni, ma sottrarre ai propri genitori il ricordo di avere una figlia l’aveva fatta sentire egoista. E’ vero, lo aveva fatto per il loro bene ma in qualche modo sentiva dentro di sé di aver commesso un errore. Se prima si era preoccupata di come scusarsi quando avrebbe fatto cessare l’effetto dell’incantesimo dopo la sua visita in Australia, si era resa conto di avere perso un’altra parte di sé poiché la magia sembrava non volersi sciogliere. Non importava per quanto avesse provato, i suoi genitori non sapevano chi fosse.
Sottraendosi alle loro memorie era venuta meno una parte di sé e il suo non sentirsi del tutto parte né nel mondo magico che di quello babbano la faceva sentire inadeguata. Privata dell’amore di suo padre e sua madre si era data da fare per rendere al meglio le sue doti. Ritenendo la sua parte babbana morta con essi si incentrò sullo studio della magia convinta che se avesse fatto sfoggio delle sua qualità gli altri maghi l’avrebbero considerata loro pari, ma, mentre ai suoi occhi tutto ciò possedeva un senso, agli occhi degli altri sembrava solo che volesse uccidersi di lavoro. Il suo primeggiare sulla classe non era più una sfida personale per far vedere a tutti quanto valeva ma un bisogno di sentirsi parte integrande della comunità. E chissà, magari continuando a studiare sarebbe riuscita a spezzare quell’incantesimo prima o poi.
Harry la spiava da sotto le lenti mentre, escludendosi dalla conversazione stentata che cercava di portare avanti, apriva un libretto davanti al naso continuando imperterrita a mangiare il suo arrosto.
Sarebbe riuscito a farla sentire a casa, sarebbe stato una famiglia per tutti loro. E pensando tutto ciò si scambiò uno sguardo d’intesa con due occhi scuri di là dalla sala.
Al tavolo dei Serpeverde regnava il silenzio; a scuola venivano considerati da tutti orfani di genitori che potevano considerare morti poiché imprigionati nelle celle di massima sicurezza di Azkaban. C’era chi era intento a vergognarsi delle proprie azioni, come Dhapne Greengrass, chi si era chiuso in un blocco di marmo, come Draco Malfoy, chi cercava di abbuffarsi in onore dei vecchi tempi, come Gregory Goyle che cercava disperatamente di non pensare alla morte dell’amico Tiger.
In fine, seduto al tavolo dei Serpeverde si trovava un ragazzo la cui famiglia era rimasta neutrale nel corso della guerra concedendogli il ruolo di paciere.
Era dall’inizio di quel nuovo anno che Blaise Zabini cercava di migliorare la situazione. Non che qualcuno avesse particolarmente voglia di litigare, almeno non tra loro che erano tornati, ma dopo il viaggio per giungere ai cancelli di Hogwarts a lui, Harry, Dean e Seamus era bastato uno sguardo per sugellare quel tacito accordo. Quella nuova alleanza che si sperava portasse finalmente a raggiungere la pace.
Perché i ragazzi erano stanchi di battagliare, sognavano di poter raggiungere la tranquillità, la quiete, e se questo voleva dire aiutarsi l’uno con l’altro e cercare in qualche modo di far combaciare i pezzi di dodici puzzle diversi erano pronti a tutto. Non ci sarebbero stati più insulti, frecciatine o dispetti.

Ne avevano tutti i calderoni pieni.



Saletta da tea dell'autrice:
Posso offrire un poco di tea ai coraggiosi che sono giunti alla fine di questo prologo? A patto che però non mi lanciate le tazzine dietro, siate clementi con me. Eh già, provo a imbarcarmi in una long e non so quanto riuscirò ad andare lontano ma "se fa quel che se po' fà!" giusto? Come avrete capito questo era il prologo e spero che da tutto ciò venga fuori qualcosa di buono *incrocia le dita* vi mando un abbraccio :3
Lizzy
  
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