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Autore: Luna_R    01/09/2015    1 recensioni
Najla Louise Chedjou è una venticinquenne, in una Parigi agli sgoccioli degli anni sessanta.
Ha un fratello, Benjamin, che adora e la adora; una madre che in giovinezza, nonostante le rigide regole dell'epoca, fu una vera anticonformista e uno zio acquisito, che ha riportato nelle loro vite la serenità e l'arrivo di un altro fratello, Lukas. Najla è una ragazza determinata ad inseguire i suoi obiettivi da medico, sebbene la società la voglia moglie e madre, non intende rinunciare per nulla al mondo. Questa forza nasconde però una grande fragilità e il dolore di una perdita che l'ha segnata. Riuscirà il destino a farla ricredere?
*
Storia ispirata alla mia F.F Zenzero&Cannella. I miei vecchi personaggi sono andati avanti, nel prologo ho inserito le informazioni base necessarie per capire la psicologia dei nuovi personaggi, perciò non ritengo sia necessario aver letto la suddetta, ma ovviamente sarei felice se qualcuno ci passasse!
***
Capitolo 1_Non credo di essere speciale nel desiderare che le persone non soffrano più. Credo che ogni medico tutti i santi giorni debba svegliarsi con la voglia di salvare quante più vite gli sia possibile e sono certa che sia così.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Menta e Cioccolato

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Capitolo 1.

Capodanno.

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E' la notte più triste dell'anno, se ti guardi intorno e il mondo non fa che sbatterti in faccia la tua solitudine.

Ma per fortuna io ho Patrick. Lui è il mio salvagente, mia madre ha adirittura messo fine alle domande sul mio futuro da quando si è trasferito in città.

Credo sospetti una liason fra di noi e per quanto il pensiero risulti bizzarro, vedrò di godermi questa pace e tranquillità il più a lungo possibile.

Fisso un punto lontano dinnanzi a me cercando di trattenere il sorriso, mentre il discorso di ringraziamento che Patrick sta volgendo alla sala gremita di persone, scorre lento e ricercato in quel suo delizioso accento british che cattura e conquista tutti.

Eccoli tutti quà, la creme dell'alta società parigina venuta in missione caritatevole, agli occhi di tutti, in realtà festival dell'autocelebrazione per la conquista di un posto in paradiso, persone facoltose alle quali una volta l'anno, per amore della ricerca, dedichiamo salamecchi farciti di gratitudine per le gentili donazioni fatte a nome dell'ospedale in cui operiamo, dimenticando tutto il resto.

Il Salpêtrière per mezzo del direttore sanitario e consorte famosa organizzatrice di eventi, hanno preferito mandare le due punte di diamante alla fête più esclusiva dell'anno, caricando di responsabilità e aspettative noi due poveri parigini single in un covo lussuoso fatto di champagne, caviale, pellicce e ostentazione.. e quale dispiacere è stato per noi due accettare.

Ancora una volta cerco di rimanere impassibile ; la ricerca è un tema che mi sta a cuore, avvicinarla a questo mondo patinato, sebbene le mie origini mi insegnino che una buona pubblicità agli occhi di certi ambienti resta del tutto necessaria, resta sempre un'idea un pò ostica per me.

Non so fingere, ma ho imparato ad accettare qualche compromesso. In questo somiglio molto a mio zio Fabien.

Di colpo un applauso mi riportà alla realtà, Patrick mi guarda e mi sorride.

"Passerei ora nuovamente la parola alla mia collega Chedjou, se ha qualcos'altro da aggiungere."

Afferro il microfono e prendo qualche secondo per schiarirmi la voce. Ho l'attenzione della sala, so che è il momento di parlare e lo faccio.

"Spenderei qualche parola ancora per lei dottor Thompson, per la fiducia e il sostegno che impiega nella mia ricerca." Patrick sorride grato ed assume un atteggiamento del tutto dedito all'ascolto delle mie parole. "Senza il suo valido supporto, che ricordo con affetto nato ai tempi del nostro dottorato in quel di Londra, temo che annegherei in un mare di Cisplatino e Carboplatino." I più che conoscono nozioni di medicina sorridono. "Ecco, credo che ognuno di noi abbia bisogno di qualcuno che ci sostenga sempre nei fallimenti come nelle vittorie e in lei non è mai mancata nessuna delle due cose. Per questo motivo desidero augurarle affettuosamente un anno nuovo ricco di altrettanti successi, personali e lavorativi, a lei e a voi tutti signori !"

Patrick mi stringe la mano con rispetto, abbozzando un'occhiolino divertito.

Ci voltiamo verso gli invitati ed un coro mi fa eco. "Buon anno ! "

L'atmosfera cambia deciamente tono, mentre io e Patrick scendiamo dal palco che prontamente, viene fatto sparire dagli inservienti.

Le porte della sala da ballo vengono aperte e dopo pochi minuti il primo flusso di ospiti paganti fa capolino con un leggero brusio di eccitazione.

La musica intorno è soft, una composizione di musicisti in frack e le donne in eleganti abiti di pizzo nero, e la luce dai lampadari in cristallo del Meurice Hotel in Rue Rivoli, fa apparire la sontuosa sala come avvolta da una polvere incantata.

Resto sempre estasiata dalla bellezza delle opere d'arti e questo posto lo è; stile Luigi XVI che ricorda molto Versailles, con le sue modanature dorate, le sue colonne in marmo e i candelieri in bronzo e cristallo sui tavoli stondati posati su pavimenti lucidi, questo luogo invita a vivere una vera e propria un'esperienza fuori dal tempo, che sento scivolarmi appena sulle spalle e lasciarmi squisitamente affascinata.

Patrick è sparito nel nugolo di folla come un grillo, mi volto per afferare un flute dal vassoio di un cameriere di passaggio, quando la mia mano sfiora delicatamente un'altra mano.


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"Mi scusi." Una voce calda, mette a fuoco il volto di un uomo che mi sorride.

Bene, penso guardando infastidita il vassoio vuoto con un unico bicchiere al centro.

L'uomo sembra leggermi in viso, fa una leggera piroetta e me lo trovo di fianco che mi porge il flute. "La prego, tutto suo."

"Grazie." Abbozzo, soffermandomi sul suo sorriso sicuro, oserei dire plastico, senza rinunciare allo champagne che accetto volentieri, sfiorandogli di nuovo e inavvertitamente la mano. Questa cosa mi infastidisce e non so perchè. "Buon anno." Dico serafica, dirigendomi verso un punto impreciso della sala. Cerco dalla mia generosa altezza di scovare Patrick e quell'avvocato dell'altra sponda della Senna, come ha ironizzato il mio amico in una tempesta alcolica di qualche ora prima del party, sorridendo fra me e me, quando sento la stessa voce calda di prima raggiungermi alle spalle.

"Non mi ha lasciato nemmeno il tempo di presentarmi." Parla flessuoso, se le sue vocali prendessero corpo le vedrei con riccioli e ghirigori rosa fluttuare nello spazio intorno a noi.

Tuttavia quell'alito caldo mi mette i brividi. Mi volto e lo guardo corrucciata. "Sto cercando il mio uomo."

Lui tentenna ma si lascia andare ad un sorriso. "Le rubo qualche minuto per farle i complimenti sulla sua ricerca del genoma K-ras e rendermi conto con piacere che le donazioni a mio nome destinate a la clinica Salpêtrière hanno un volto, un nome e un cognome."

Resto pietrificata. Il magnate dell'industria anglosassone di cui tanto si chiacchierava fra colleghi in laboratorio, era lì difronte a me.

E non solo, lo avevo trattato come il solito tombeur de femme da ultima notte dell'anno.

In quel preciso momento sarei voluta sparire, prendermi a calci o ingoiare la lingua più lunga di tutta la città di cui dispongo, ma tento come posso di restare in me stessa e non sfasciarmi in mille pezzi di vergogna.

Il suo sguardo indugia sulla pelle della mia mandibola dove sento un gran fuoco nascere, perciò mi do una bella strigliata interna e concentrandomi sul respiro cerco di non risultare un'ameba, sorridendo il più possibile.

"Signor Hamilton, sono costernata dalla mia barbarie, io sono la dottoressa Najla Louise Chedjou." Avrei voluto aggiungere anche gratitudine per le offerte a più zeri che ogni anno gira a nome dell'ospedale, ma limito la mia più che prepotente personalità a porgergli la mano sperando che l'accetti.

Per mia fortuna ricambia il gesto e solo allora mi rendo conto che non può essere il buon vecchio Raymond Arthur Shelley Hamilton, classe inizi del novecento di cui ricordavo le belle parole spese sulla ricerca medica e il suo interesse fin da bambino, in alcune interviste rilasciate.

Lo fisso perciò curiosa, attendendo che dimostri d'essere ancora molto loquace.

"Si prepari perchè il mio nome è molto più lungo." Ride smorzando la mia ansia crecente e noto che ha un sorriso piacevole. "Richard Raymond Wright Hamilton, nipote di Raymond senior mandante delle donazioni, di cui io sono curatore nonché entusiasta responsabile."

Sembra simpatico e a questo punto cattura la mia attenzione completamente, appurato che non sia il vecchio Hamilton, mi soffermo sull'intera figura trovandola oltremodo familiare. Dovrebbe avere la mia età circa, ma per gli uomini mi è sempre difficile trovare una collocazione anagrafica specie se tirati a lucido. Ha una bella ruga di espressione al centro della fronte e questo me lo fa apparire come un pensatore, una caratteristica che trovo subito molto affine. Il suo volto è marcato, piuttosto strano per un europeo del nord e i suoi colori, la pelle ambrata e i capelli scuri, confermano la mia tesi. Deve avere una chissà quale discendenza mista.

Gli sorrido cordiale, sentendomi stranamente ma piacevolmente amichevole.

"E' interessante che lei si faccia carico di aspetti così preziosi e delicati, ad oggi mi stupisce trovare così tanta umanità e impegno nei miei coetanei."

"La ringrazio per i complimenti ma devo smentirla. Non siamo coetanei." Lo guardo corrucciata, si affretta a parlare. "Ho letto la sua scheda di presentazione prima del discorso. Sono nato cinque anni prima di lei, che è così giovane ed è già una luminare. I suoi cari saranno fieri di lei."

Penso a Deesire Bonnet in pena perchè a venticinque anni non ho uno straccio di uomo e Fabien Moreau che mi appoggia nella mia solitaria rincorsa alla carriera. Sorrido spontaneamente, Hamilton mi guarda incuriosito.

"Non credo si lamentino." Rispondo senza inflessioni.

"Mio nonno, se posso dirglielo, legge i suoi aggiornamenti con la stessa intensità con cui un capo di stato leggerebbe bollettini di guerra. E' incredibile!" Gracida come un bambino ed io improvvisamente sento di nuovo le guance farsi calde, Hamilton torna serio rivolgendomi uno sguardo languido. "Spero di non metterla in imbarazzo."

Non sono abituata a questo genere di avances, se posso chiamarle tali per giunta!

Quest'uomo giovane e bellissimo che ho dinnanzi mi confonde, non riesco a seguire il suo sottile gioco fatto di complimenti e l'agghiacciante sicurezza con cui poi si ritira. Sono interessata. Non riesco a crederlo possibile.

Ci guardiamo per attimi che sembrano eterno, così intensamente che l'uomo distoglie lo sguardo per primo.

Sarà meglio che parli, prima che questo imbarazzante momento mi trasformi in una Najla che non riconoscerei.

"Non credo di essere speciale nel desiderare che le persone non soffrino più. Credo che ogni medico tutti i santi giorni debba svegliarsi con la voglia di salvare quante più vite gli sia possibile e sono certa che sia così." Piano piano sento il sangue circolare normalmente nel mio corpo, scuoto il capo divertita per il momento appena vissuto e lo guardo con sincera gentilezza. "Mi lasci far felice suo nonno, lasciandogli avere l'ultimo aggiornamento sulla ricerca vergato di mio pugno proprio questo pomeriggio."

Hamilton, che non ha staccato nemmeno per un istante i suoi occhi dai miei, sembra entusiasta della mia proposta. "Perchè non davanti un buon caffè?" Schiudo le labbra stupita -anche se ammetto di avergli servito un assist perfetto quasi inconsciamente- e questa reazione sembra colpire più lui che adesso mi sembra vagamente imbarazzato. "Sempre che non ci sia un uomo che la reclami, ovviamente."

Sto per rispondere con una certa premura e un pò di imbarazzo quando Patrick appare come un angelo dal fondo del salone, i capelli scomposti che sistema con un veloce gesto lasciando estasiate alcune dame al suo fianco. Hamilton fissa il mio sguardo lontano e la sua ruga frontale si increspa, Patrick ci guarda da lontano incuriosito, annuisco leggermente e lo vedo avvicinarsi a noi.

"Il mio amico e collega, il dottor Patrick Thompson." I due si stringono la mano studiandosi a vicenda. "Patrick lui è Richard Hamilton, curatore responsabile delle donazioni del Salpêtrière."

Patrick annuisce con un bagliore malizioso nello sguardo. "Ho sentito parlare molto delle aziende della sua famiglia, da qualche parte ho letto che Hamilton senior vorrebbe espandere il dominio anche al di là della Manica?"

Richard sembra colpito dall'affermazione del mio amico, ma sorride come gli ho visto fare quando gli ho dato del seduttore.

"Parigi è una piazza molto ambita, dottor Thompson, dopotutto chi meglio di lei può confermarmi questo?"

Patrick lo guarda perplesso, a quel punto intervengo io. "Il signor Richard Hamilton ha studiato le nostre schede personali durante il colliquio di presentazione della ricerca, per rivolgerci i suoi complementi in modo competente e sincero."

Richard sorride in un modo che mi spaventa. Mi sento sovraesposta e spaesata.

Patrick mi guarda esterrefatto e toglie l'impasse rinforzando l'armatura con un tono puntiglioso. "La ringrazio signore, personalmente mi limito ad apprezzare le risorse medico-scientifiche che Parigi offre, ma se fossi un industriale, dopo la sua affermazione, tremerei." Lo guarda sornione e poi mi fissa come se dovessi cogliere al volo l'amo, ma riesco solo a mordermi il labbro e a sentirmi confusa più che mai.

"Fortuna che lei sia un medico, allora." Hamilton non molla l'osso e dopotutto mi avrebbe stupita il contrario.

Ricco e alla portata di qualsiasi cosa desideri, non lo immagino perdere con facilità.

Questa sottile competizione fra i due mi mette decisamente in imbarazzo.

"Adesso credo di aver bisogno di un pò d'aria fresca, mi fai strada caro?" Guardo il mio amico con disperato bisogno di accondiscendenza, lui mi porge il suo braccio, frapponendosi fra me ed Hamilton il quale limito a salutare con un cenno del capo. "Arrivederci signore."

"Spero di rivederla presto."

Anche io, penso trasognante, mentre Patrick mi trascina verso il terrazzo.


* * *

La vista sul parco di Tulliers e la città è qualcosa che toglie il fiato.

L'aria è fredda ma secca, nel mio abito a spalle scorperte il gelo sembra più una carezza persistente.

"Richard!" Mi fa eco Patrick con la voce stridula, cercando di smorzare la mia aria corrucciata.

Sorrido appena, chiedendomi quante volte Dalì ospite fisso dell'hotel, abbia ammirato la Tour Eiffel da lassù. "Fai sul serio?" Prosegue l'uomo.

"Mh?" Mugolo.

"Quel damerino pettinato. Ti offendi se ti prendo in giro?"

"Figurati." Alzo le spalle. "Guardavo la Tour. Che tu con le tue chiacchiere sciocche ti stai perdendo."

Patrick con le spalle alla balconata, fa una leggera torsione e sospira. "L'avocat mi ha strappato un appuntamento che aveva tutta l'aria di non essere per questioni legali, my friend." Mi metto a ridere, la poesia del momento scivola via in un istante.

"Non era quello che volevi?"

"My friend sono teso come una corda di violino!" Alzo un sopracciglio e lui fa una mossa con la mano invitandomi a farlo proseguire. "Ho saputo da Guillerme il mio vicino giornalista anche lui stasera fra gli invitati, che Francoise il tipo del ministero, intrattiene rapporti assidui con l'avocat!"

Poi si azzittisce, piantandomi uno sguardo insistente addosso che mi convinca a farmi raccontare altro.

"Sei incredibile! Sono a Parigi da venticinque anni e sono sola, tu ci sei da una settimana e hai già un avocat, un Guillerme e un Francoise!"

Patrick scoppia a ridere nella notte di luci e clacson al di sotto la Rivolì, ma torna serio subito,

"Non mi sembra tanto attraente quanto vuoi farmi credere comunque." Biascico persa nelle sue locubrazioni.

"Fascino maledetto." Mi corregge con supposizione, poi si avvicina di più e la sua voce diventa un soffio nel mio orecchio. "Proprio maledetto, quando si dice il caso.. pare che frequenti Francoise perchè quest'ultimo recicla il denaro sporco per le milieu."

"Francoise, ecco un nome da scartare dalla tua lista." Dico categorica. "Anzi due, oltre che brutto questo avocat non mi sembra un uomo pulito."

Patrick annuisce. "Ho rifiutato il suo invito difatti."

Annuisco. "Quindi é Guillerme che ti ha scompigliato i capelli?" Gi chiedo maliziosa.

"Mi ha fatto qualche foto, tutto qua, che vai a pensare my friend! Anzi, dopo ne vuole anche qualcuna insieme, dice che dovremmo creare una specie di giornale di lavoro o una cosa del genere per incrementare le offerte. Sostiene che siamo una coppia scenografica."

Scuoto il capo infastidita. "Non siamo all'opera, per l'amor del cielo! Ci manca solo la cattiva pubblicità, ci pensi se cominciassero ad additarci come due frivoli che pensano solo alla visibilità? Non posso permettere che il duro lavoro di questi anni venga infangato dalla sciocca e vana rincorsa alla ribalta!"

Patrick mi guarda dispiaciuto. "Non ci avevo pensato, perdonami mi sono fatto prendere dall'entusiasmo."

"Lo so, my friend." Gli faccio dolcemente eco. "Sono solo suscettibile quando si tratta del mio lavoro, lo sai."

"Motivo in più perchè dobbiamo trovarti un uomo." Blatera, allungando un occhio verso un cameriere alto e carino.

"Ah-ah.. scordatelo!" Bofonchio.

"Ti farò cambiare idea!" Dice, prima di sparire dietro al ragazzo.


Poco dopo, vengo raggiunta da Maude Sastre, una giovane dottoranda della Sorbona dalle idee liberali molto attuali con il periodo, fatto da scricchiolii e brusii in tutti gli ambienti sociali importanti del paese e sopratutto nella politica, la prima grande imputata di suddetti brusii, considerata vecchia, troppo conservatrice, remissiva dinnanzi alle nuove idee e proposte che i giovani sentono il desiderio di realizzare, per cambiare le sorti di una Francia che appare sempre più come una bella foto in bianco e nero sbiadita.

Qualcuno mormora che certi voci non sono altro che il mosto in fermentazione, prima o poi tutto esploderà in una grande sommossa ed allora i grandi uomini resteranno impotenti a guardare un cambiamento preso con la forza e la violenza.

Maude ha l'aria e l'atteggiamento di una leder; la provenienza da una famiglia medio-borghese gli regala un portamento dritto nelle spalle e fiero nello sguardo, parla gesticolando ma con una grande proprietà di linguaggio e conoscenza dei fatti attuali nazionali e Esteri.

"Se davvero il Salpêtrière ha intenzione di creare un suo ordine universitario misto, dottoressa Chedjou, mi faccio bocciare a tutti gli esami pur di prendere parte al progetto!” Mi dice, con la sua ironia forte e lo sguardo curioso di chi ha voglia di sapere ancora e ancora.

La guardo sorridendo affettuosamente, mi rivedo molto nel suo atteggiamento, sebbene alcune regole che oggi sembrano essere assurde, alla sua stessa età vennero accettate semplicemente perché nessuno ci aveva mai fatto guardare oltre, sperare e ambire in una società dove non vi fosse distinzione fra uomo e donna, molto meno patriarcale ma sempre più meritocratica; io stessa, per quanto stimi professionalmente Patrick, alle volte, rari momenti di picco glicemico o di crisi esistenziale tipicamente femminile, mi trovo a dubitare nelle mie capacità, assumendo la responsabilità del mio successo con la ricerca alla sola presenza maschile che ho voluto fortemente con me, ma per buona pace dei miei ormoni quando riprendo coscienza di me, penso che è questo che rende forte un'idea, le donne stesse; l'essere date per scontate, buone sole a far figli.

Pensi a laurearsi presto invece, che il Salpêtrière ha bisogno di una mente così viva e forte.”

Grazie dottoressa, farò del mio meglio per non deludere il presidente Basile e la sua onorevolissima consorte..” Fa una specie di sorrisetto canzonatorio e prosegue. “Che se continua a spendere cifre del genere in caviale, credo non la si vedrà tanto presto la nuova università di Parigi.”

Mi copro la bocca con lo scialle per non sorridere, davanti a una matricola, del presidente che tutti i giorni mi da credibilità e il pane, quando noto due occhi penetranti dalle vetrate della sala; deve avvertirli anche Maude, perché si volta anch'ella con un'aria fra il perplesso e il raggelante.

Le tende spesse e bianche si muovono velocemente, come se l'ombra accortasi dei nostri sguardi, avesse desistito nello scoprirsi.

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La ragazza torna a me alzando le spalle. “Qualche infiltrato. Si dice che certi eventi pullulino di giornalisti disposti a vendersi un rene pur di accalappiarsi una foto peccaminosa o una notizia.” Annuisco ma vedo i suoi occhi farsi piccoli e maliziosi. “Oppure è un pretendente che la sta spiando?!”

Ricambio lo sguardo avvicinandola e la vedo in estasi per chissà quale segreto le stia per svelare. “Credo che ne io ne lei stanotte faremmo notizia a Parigi.” Mi guarda delusa, rafforzo il concetto annuendo forte, poi mi viene un colpo di genio. “Ma alla brasserie Balzar ho sentito dire da un gruppo di femministe, che il filosofo Althusser sia alla festa in vesti anonime.” Quella mi guarda con il sopracciglio alzato, io alzo le spalle. “Non mi guardi così, io personalmente avrei preferito il maestro Salvador, si figuri. Ma forse vale la pena indagare..” Faccio per congedarmi ma quella mi trattiene.

Hanno dato qualche indicazione?” Chiede sottovoce, faccio finta di guardarla stralunata. “Le femministe, dico.”

Sorrido divertita e invento di sana pianta. “Occhiali da vista del secolo scorso.” Risposi notando un particolare di uno degli invitati di passaggio sul terrazzo. “Vestito di un colore neutro, per non dare nell'occhio.” Guardo l'invitato a cui ho rubato l'idea e mi domando se certe donne lo facciano di proposito, consigliare ai propri mariti di vestirsi tanto male in eventi così importanti. “E dicono molta voglia di dar scandalo.”

Gli occhi vivaci di Maude si accesero ancor di più. La vidi schizzare via in meno di cinque minuti millantando una non so quale sete improvvisa.

Mi voltai e risi in faccia alla luna. Mi divertivo troppo a torturare le matricole, ma non era cattiveria, quanto più un passaggio naturale della vita.

Ricordo ancora di quella volta di uno strutturato che intuito quanto fossimo giovani e inesperti io e Patrick, passò un pomeriggio intero a farci correre da una parte all'altra dell'ospedale alla ricerca di un medicinale, che per vergogna di non ammettere che non sapevamo di cosa parlasse, io e il mio amico finimmo con il cercare silenziosamente interpellandoci fra di noi, salvo poi scoprire che non era mai esistito sulla faccia della terra.

Dopo l'iniziale shock, ci ridemmo su non so per quanto tempo.

Sono fuori da un pò e la terrazza è ormai desolata. La sensazione di freddo sembra sparita, premurosa di non dare origine a qualche malanno, decido di rientrare.

Madame qualcosa da bere?” Il cameriere carino di Patrick, mi ferma con un tono di voce un po' troppo melenso.

Grazie.” Accetto volentieri lo champagne e quello si pianta a fissarmi.

Volevo dirle che siete la più bella stasera madame, sono rimasto incantato dalle vostre movenze.”

Ti ringrazio ancora..”

Lo vedo posare il vassoio sulla consolle a noi vicina e sfilarsi con garbo il guanto bianco. “Geremia. Geremia Dumas, come lo scrittore.”

Sorrido per la fierezza con la quale si vanta dell'omonimia e ricambio stando al gioco. “Io sono Najla Chedjou, un medico e basta.” Sorrido un po' frivola, ma gli occhi neri incantatori con la quale mi fissa Geremia, mi fanno sentire sciocca e felice.

Oh ma io so bene chi è lei, madame!” Da una leggera occhiata intorno e torna su di me. “Suo padre, Aurelien Chedjou, salvò il mio durante l'incursione nazista alle fabbriche Chedjou. Da allora, ed anche dopo quando andò in pensione, non fa che ricordarlo.”

Ed io che avevo creduto lo avesse mandato Patrick a tampinarmi. Un fanatico. Un fanatico di mio padre.

Scuoto il capo creando in lui curiosità, in realtà parlare di Aurelien mi riempie d'orgoglio.

Ho detto qualcosa di spiacevole?”

Oh no, affatto.” Mi affretto a rispondere. “Sono lieta di sapere che la sua memoria venga ancora tenuta viva. Mio padre nutriva un profondo rispetto verso la vita umana.”

Una qualità che pare abbiate ereditato, madame.” Mi guarda ancora con i suoi scintillanti occhi scuri, gli sorrido sincera sentendomi un po' stordita.

E ditemi, siete anche voi dedito alle belle arti?”

Assolutamente.” Risponde scandendo bene le parole afferrandomi la mano, che sfiora con le labbra impercettibilmente.

Smettetela Geremia..” gli dico con un risolino. Il freddo e lo champagne devono aver sortito uno strano effetto su di me e l'uomo sembra esserne contento perché sorride senza freni e non mi lascia la mano. “Il dono della seduzione dei Dumas, vi appartiene non c'è che dire.”

Quello tira fuori il petto e mi ringrazia. “Le sembrerei troppo sfacciato se la invitassi ad un pomeriggio di letture delle più belle opere dell'artista? “ Poi sorride aperto e generoso “Siamo un gruppo nutrito non c'è di che preoccuparsi.”

Mi crogiolo per qualche secondo tanto per nascere ancora di più l'attesa e gli rispondo. “Solo se mi prometterà che porterà suo padre alle fabbriche. A nome di mio fratello Benjamin, posso dirle con certezza che saremmo lieti di riaverlo per un giorno fra noi così. Cosa ne dice?”

Che questa notizia lo renderà pieno di gioia.” Poi socchiuse gli occhi. “E che indirettamente ha accettato il mio invito.”

Indirettamente, certo.” Gli faccio eco.

Quello getta ancora una volta un'occhiata alla sala. “Adesso devo salutarla Najla. La mezzanotte sta per scoccare e c'è ancora gente sobria.”

Mi bacia di nuovo il dorso della mano e se ne va sorridendo.

Che canaglia! Ma almeno Patrick avrà di che parlare. Il pensiero mi mette allegria.

Mi volto per cercarlo ed averlo vicino per il brindisi, quando scorgo Richard Hamilton da lontano che alza il flute nella mia direzione.

Ricambio il gesto e poco dopo un altro cameriere mi fa avere un biglietto.


Spero di vederla sorridere ancora come stanotte.

Sarò in città per degli affari ancora qualche giorno, se ne avrà ancora voglia la aspetto per quel caffè.

Buon anno dottoressa Chedjou,

Richard Hamilton.”


Alzo gli occhi e di lui più nessuna traccia.

Il conto alla rovescia è partito.

Dieci.. nove.. otto.. sette..

Che uomo strano, penso. Enigmatico. Così tanto da salutarmi con un biglietto.

Voglio andare a quell'incontro? Sì. Ma forse è meglio di no. Forse sto confondendo gli affari con il personale e questo non sembra molto conveniente.

Se solo Patrick fosse qui.. ma dove è andato a cacciarsi?

Sei.. cinque.. quattro.. tre..

Geremia invece sembra così.. umano, direi. Umano? Uhm, un po' troppo distaccata come definizione per aver accettato il suo invito, non trovi Najla?

Indirettamente accettato. Un mio classico, ecco.

Due..uno..


Tanti auguri my friend!” La voce di Patrick mi piomba alle spalle.

Tanti auguri mon ami!”

  
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