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Autore: Apalapucian_HP    03/04/2016    1 recensioni
Prompt: Lily viene attaccata perché sta con James, e viene risucchiata nella convinzione che lui starebbe meglio senza di lei. Gli dice che non lo ama più, e dopo un po', riesce a convincerlo a credere in quella bugia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Four: If I Lose Myself
“I had to find you. Have to. Always.”
 
 
Alcuni frammenti mancherebbero. Un giorno, quando si chiederà a James come sia andata questa giornata, sarà come mettere insieme un puzzle con dei pezzi che lui ha già deliberatamente buttato via.
Ma così è come se lo ricorderebbe.
 
 
La mattina della sepoltura di Charlus Potter arriva con nuvole simili ad una marea sospesa in aria; argento pallido e tutt'uno con il lutto degli abitanti della casa che lui ha lasciato indietro.
Evangeline Potter è vestita e pronta alle sei in punto, impeccabile e non vedente davanti al suo specchio elaboratamente decorato. Ogni passo per la casa è un pesante piede sopra le schegge del suo cuore, ma lei continua a camminare.
Remus e Peter sono tornati a casa dalle rispettive famiglie ieri sera.
Sirius rimane. Nella prima mattinata trova James sul pianerottolo del secondo piano a guardare il foyer. Merlino sa quant'è rimasto lì. Non parla molto.
L'ultima volta che sono stati lì, Charlus ha chiesto a James che si prendessero cura l'uno degli altri. Come se avesse saputo che non si sarebbe svegliato il giorno dopo. A volte le cose sono così strane. Ma non lo sapeva, pensa James. Non poteva, perché Charlus non li avrebbe lasciati. Non ora. È solo che in questi giorni tutto ciò che tutti dicono sembrano le ultime parole di un uomo morente. Stanno morendo tutti in questi giorni, no? Tutti se ne vanno.
Prendetevi cura di voi. Ti amo. Sii prudente.
Sirius appoggia una mano salda sulla spalla di James, ma il giovane mago non alza lo sguardo. Continua a guardare in avanti, il viso impassibile. Sirius non se ne va. Finché James non se lo toglierà di dosso, cosa che non ha ancora fatto – non ha mai fatto, fortunatamente – lui sarà lì.
 
Il cimitero è pieno di gente, molte delle quali James non è contento di vedere. Presenti sono i vecchi colleghi di suo padre al lavoro; pomposi purosangue che è sicuro siano lì soltanto per dar mostra di sé. La loro imparzialità nel recente licenziamento di Charlus dal Ministero per opinabili motivi lo irrita molto. Per richiesta di sua madre, comunque, li saluta, con cortesi strette di mano e brevi cenni di riconoscimento. Anche Sirius acconsente a ciò. Quando si avviano verso il posto loro designato in fronte alla folla, a pochi metri dalla bara di marmo bianco decorata con un abbondante mare di fiori bianchi, James si sente come se non fosse davvero lì. Come se ciò non stia succedendo davvero. I suoi piedi lo spostano verso dove dovrebbe essere, la sua bocca dice le parole che dovrebbe dire – ma non riesce a tenere traccia di tutto ciò. Non riesce a tenere traccia di se stesso. Sembra un sogno.
Se lo è, è il lampo di rosso che cattura la sua attenzione e lo sveglia – Lily è ai bordi della folla con le dita che giocherellano con una borsa nera quanto il suo vestito. James la fissa. Tutto viene processato lentamente. Si volta curioso verso i suoi amici, tutti seduti accanto a lui in prima fila – ed è Sirius, sorprendentemente, che lo guarda in risposta, imbarazzato ma comunque non rincresciuto. James non commenta. In un giorno diverso, avrebbe detto qualcosa riguardo il suo migliore amico che finalmente ricomincia a parlare con Lily, ma adesso non riesce a scegliere il giusto sentimento o le giuste parole.
Evangeline chiama Lily prima che James riesca a trovare la voce. Mentre la giovane strega cammina verso di loro, Sirius si sposta per sedere accanto a Remus per farle spazio. C'è qualcosa lì, pensa James, qualcosa che non lo fa valere, ma non riesce a decifrarlo.
Sirius fa un cenno a Lily quando lei lo sorpassa, l'abbraccia di rimando quando lei lo stringe forte. Quando lei cammina piano verso James, esita. Evangeline le fa un cenno con un sorriso amabile, perciò Lily si alza sulle punte dei piedi e avvolge le braccia attorno a lui.
“Ehi.”
E' la voce di lei che taglia troppo facilmente i muri che lui ha costruito, e questo, proprio qui, James lo sa, è il perché Sirius le ha chiesto di venire.
Non c'è nulla di significativamente diverso dall'ultima volta che si sono abbracciati a parte i vestiti eleganti e la fottuta bara lì vicino, ma questa volta James non la lascia andare. “Ciao, Evans.”
“Tutto bene?”
Suona stupido. Ma lui si sente più leggero, e più se stesso ad ogni secondo. Lui mormora ed annuisce contro la sua spalla.
Quando il brusio inizia, quando le occhiate si fanno sfacciate attorno a loro, la stretta di lui si stringe solo attorno alla sua vita.
 
La cerimonia non dura molto.
Le parole volano dalla bocca dell'anziano ometto e atterranno in una maciullata, irriconoscibile poltiglia sulle ginocchia di James. Il suo cervello continua a spegnersi e riaccendersi ad intervalli random. Le uniche cose che sembra riuscire a percepire sono la mano di sua mamma nella sua destra e il calore di Lily nella sinistra. Si aggrappa a quello, alle persone che siedono con lui in prima fila, e nega tutto il resto.
Pensava di aver conosciuto per bene il dolore quando si è allontanato da Lily quella sera. In qualche modo, ha stupidamente pensato di aver superato l'obbligatoria iniziazione a questo genere di cose. Ma apparentemente l'universo non funziona così. Tra tutti – Sirius, Remus, Peter, e lui – lui è sempre stato quello coccolato, no? Il più sicuro. Il viziato. Come poteva prepararsi a questo? Come fanno gli altri? Sirius? Remus? E Lily. Anche Peter. Tutti coloro che ha visto maltrattati attorno a lui, ancora e ancora, tutti coloro che ha provato ad aiutare, ad aggiustare, ma senza mai essere davvero in grado di familiarizzare pienamente con il dolore che affrontano.
Ognuno ha il suo turno, vero? Questo è il suo. È solo giusto.
Ma come cazzo fanno le persone?
È anche oltremodo frustrante non avere nessuno da incolpare. Hanno combattuto tutti le loro piccole battaglie ad Hogwarts, e c'è sempre qualcuno dall'altro lato delle bacchette. Ma chi è da incolpare quando qualcuno semplicemente non si sveglia? Lui solo – Charlus ha solo smesso di vivere. C'è una guerra, porca troia, e un giorno lui decide che non si sveglierà più. Non è giusto, cazzo. A chi dovrebbe James... come dovrebbe affrontare – questo, questo dolore trasformato in furia che pulsa e si agita e lo butta giù, ma rimane incastrato dentro di lui, incapace di trovare una giusta via d'uscita?
Quando Evangeline si muove per alzarsi, James è distratto dai suoi pensieri e inconsciamente la tira giù in confusa sorpresa. Ma Lily, che non è una che si perde, è veloce ad afferrarlo e prende la sua mano tra le sue. Lui deglutisce e lascia andare sua mamma.
Evangeline Potter è un'immagine di grazia ed eleganza, composta come se fosse soltanto un altro incontro del Ministero. Le sue lacrime, singhiozzi e sospiri navigano attorno alle sue parole come il forte, gentile addio che sono, e tutti sono silenziosi in comprensione e ammirazione. Il suo discorso non è lungo, ma è abbastanza. Parla per tutti coloro che hanno mai amato lo scomparso Charlus Potter. Parla per James – specialmente per James – che ha deciso di non prendere il suo posto sul podio. Rimane in modo preoccupante zitto e fermo finché tutto non è terminato.
 
Quando Charlus è abbassato nel terreno, Remus e Peter appoggiano una mano su entrambe le spalle tremanti di Sirius. James avvolge un braccio attorno a sua madre, piangente, tira il suo fragile corpo a sé e le bacia la fronte segnata dalle rughe. L'altra mano si allunga per stringere quella di Lily, che stringe di rimando rassicurante, che è lì per lui e con lui finché il cimitero è nuovamente vuoto.
Lui non lancia giù la rosa bianca, ma piuttosto la lascia scivolare debolmente dalle dita. Non piange più, ma il suo viso si contorce ogni tanto, ed ogni volta, lui succede nel puntualizzarlo con respiri che sono corti e poco profondi, dolorosi contro al petto, stretti in gola.
 
 
C'è un rinfresco preparato alla villa per i partecipanti, e James dovrebbe aiutare sua mamma a prendersi cura degli ospiti che girovagano nella radura.
Lily nota la sua riluttanza a lasciarla andare. “Tua mamma ha bisogno di te,” gli ricorda, e lui annuisce. Guarda indietro verso di lei una volta mentre si avvia verso il suo compito. Lily riesce a produrre un piccolo sorriso. Osserva Sirius aiutare James ed Evangeline ad accompagnare tutti verso le Passaporte designate e i luoghi per smaterializzarsi. Remus e Peter si sono scusati poco tempo fa, offrendosi volontari per tornare prima alla villa e controllare che tutto sia in ordine.
Da sola in un angolo allora, un osservatrice straniera in una folla di purosangue che chiacchierano comodamente, discutendo di cose come il Ministero e le loro famiglie interconnesse – avrebbe dovuto sapere che è il momento perfetto perché Demetria Greengrass appaia.
Lily inizia ad andarsene non appena la vede, schifata, ma Demetria la raggiunge e le afferra il braccio finché non si volta. “Non scappare da me, Evans.”
Lily scuote il braccio per liberarsi. “Sto facendo la persona gentile, Demetria. Se non mi stai lontana, io-”
“Cosa, mi farai una fattura? Davanti a tutti? Voglio vederti provarci. Amerei vedere che tutti sappiano quanto rabbiosi voi sporchi mezzosangue possiate essere.”
“Non c'è niente al mondo che io voglio o ho bisogno di sentire da te.”
“Voglio sapere che ci fai qui. La faccia tosta – illudi il povero James?”
“Ma quale,” sibila furiosa Lily “E' il punto di tutto ciò? Ti piace? È tutto tuo. Ho finito con te.”
“Hai distrutto la mia famiglia, ecco cosa, e non lascerò che nessuno di voi se la scampi con il minimo boccone di felicità! Come osi essere qui?”
Io ho distrutto la tua famiglia? Scusami?”
“Le persone come te!”
“Ma quanto sei folle? Voi uccidete le 'persone come me'.”
“Non ci sono prove di quello.” dice Demetria, ma Lily ne è così dannatamente stanca “Il processo-”
“Non mi interessa,” ringhia Lily. “Né di quel killer di tuo padre, certamente non di te. Sparisci dalla mia vita.” fa per andarsene di nuovo, ma Demetria la riprende di nuovo per il braccio.
“Tu pensi di essere tutta importante e potente, Evans, ma la verità è che sei altrettanto egoista e senza cuore quanto dipingi noi altri.” le unghie di Demetria s'infilano nella pelle di Lily in una morsa di ferro che è ancora più stretta ora, se possibile, ma è la selvaggia, solida convinzione di sé negli occhi della Serpeverde che turba Lily. “Guardati. Tutta vestita bene. A mostrarti qui come se non gli avessi spezzato il cuore.”
“Taci,” suo malgrado, il senso di colpa di Lily riaffiora “Non osare.”
“Oh, non ti sto accusando, scema. Te lo sto ricordando.”
“Lasciami andare, Greengrass, o non mi importerà per niente che tutti ti vedano perdere la tua dannata faccia con l'incantesimo di una sporca mezzosangue.”
“Ti aspetti un tour della tua futura villa, vero?” E' come se non abbia nemmeno sentito. “Perché lo sai, che non importa quanto tu possa schiacciare il cuore di quel povero ragazzo con le tue sudice dita, lui tornerebbe correndo da te.”
“Continuo a non vedere il punto. Se non fosse così patetico, sarebbe quasi divertente quanto ti importi.”
“C'è qualche problema qui?” qualcuno s'intromette prima che Demetria possa rispondere. Sirius si ferma davanti a loro e incrocia le braccia. “Tua madre ti vuole, Greengrass.”
Demetria gli lancia un'occhiataccia, ma va da sua madre, muovendo i fianchi, il naso per aria. Sua madre, scopre Lily, è un'alta donna con lo stesso spietato, bellissimo volto. Una volta riunite, le due donne stanno insieme con espressioni poco contente in viso.
“Grazie,” borbotta Lily.
“No problem,” dice Sirius.
“Voglio dire, anche per – lo sai. Essermelo venuto a dire. Avermi chiesto di essere qua. Lo apprezzo davvero.”
Lui annuisce e poi si schiarisce la gola. “Sono quasi tutti assegnati e pronti ad andare adesso. C'è posto per una persona in più nel mio gruppo...”
Lily sposta lo sguardo. “Scusa, Sirius.”
Non l'ha pianificato. Non ci ha pensato – al dopo – ad essere sinceri, ed è così stupido che non l'abbia fatto. Ma non può andare. Si sente come se abbia involontariamente usato questo in qualche modo (egoista, senza cuore, cattiva come il resto degli altri...), come se abbia saltato troppo in fretta e facilmente all'occasione di essere di nuovo così con James. E non ha senso, perché ovvio che sarebbe stata qui, con loro insieme o meno; sono ancora amici, giusto? Più o meno? Ma – ma gli ha spezzato il cuore, giusto, e per una ragione? Ignorare quella ragione renderebbe inutile tutto il loro dolore, no? Ecco perché Demetria glielo ha ricordato.
La faccia tosta, davvero.
La cerimonia è finita. È tempo di andare a casa.
Sirius non sembra arrabbiarsi. Deve aver riconosciuto la sua espressione. O aver sentito il tono della sua voce. A volte Lily non può essere influenzata quando ha deciso già qualcosa. Sirius ora lo sa. Deve capirlo da sola, se una cosa sia giusta o meno. Non ha senso picchiettare sulle sue convinzioni.
“Okay,” le dice. “Dirò loro che dovevi andare.”
 
James sussulta quando sente l'inconfondibile schiocco della smaterializzazione. Arrivava da un piccolo boschetto poco lontano. Le punte degli alberi tremano, e un gruppetto di uccelli vola via in fretta. Non si sofferma su di loro; controlla immediatamente il luogo in cui ha lasciato Lily.
Non c'è nessuno lì.
Lily non è da nessuna parte.
Non sa cosa provare. C'è già così tanto in lui; il veloce cambiare delle sue emozioni da cattiva a peggiore si è attenuato in questo orribile, consistente ronzio.
Sirius sta camminando verso di lui da dov'era Lily, ma James sa già cosa sta per dire.
Prima che Sirius lo raggiunga, James si smaterializza a casa.
 
 
Il pomeriggio passa senza eventi.
La villa è riempita da abbastanza chiacchiere per farla respirare di nuovo. Gli elfi, almeno, sono più che contenti di dissipare la loro tristezza per un po' in dedicato servizio degli ospiti della loro padrona.
James ad un certo punto sparisce, mormorando a Remus, “Ho bisogno di aria,” e non ritorna. Un elfo domestico va da Sirius e gli dice che hanno trovato James nello studio di suo padre. Sirius alza lo sguardo a questa informazione, nella direzione della stanza riempita di libri attraverso soffitti e corridoi – ma sceglie di rimanere ed aiutare Evangeline.
Alle tre e mezza, tutti decisamente esausti, Sirius, Remus e Peter accompagnano fuori l'ultimo ospite attraverso il camino. Con sguardi stanchi e spalle curve, guardano le fiamme verdi danzare l'ultimo ballo nel focolare.
 
 
Sirius collassa su uno dei divani e fissa con stanchezza il soffitto.
“Ho bisogno di un drink,” sospira, pizzicandosi il naso e chiudendo gli occhi “Dov'è James?”
“Ancora rinchiuso,” risponde Remus.
Sirius si alza. “Merlino, non può solamente -”
“Credo che dovremmo lasciargli spazio ora,” consiglia Remus, anche se non in modo scortese, appoggiando una mano sulla spalla di Sirius per spingerlo gentilmente di nuovo al suo posto.
L'altro lo fissa a lungo, e poi si lascia sedere. Si massaggia la fronte, la mano che copre gli occhi. “Giusto,” mormora, la voce spessa. “Va bene.”
 
 
A sera finalmente piove, tutte quelle tristi nuvole di oggi che cedono. Il suono tranquillizza il silenzio aspro che si ferma sulla casa dopo che i visitatori se ne sono andati. La cena finisce senza James, e i tristi occhi di Evangeline occupano i posti vuoti attorno al tavolo.
“Grazie,” dice ai ragazzi che si sono invece uniti a lei, i suoi figli da un legame differente. Sirius, Remus e Peter condividono lo stesso sorriso in risposta. “James è ancora nello studio?”
“C'era l'ultima volta che abbiamo controllato,” risponde Peter, guardando Sirius per assenso. Sia lui che Remus annuiscono.
“Non è lì,” esclama una voce sottile. Zirk l'elfo domestico, che è accanto al tavolo, fa un passo avanti, le dita nervose e gli occhi grandi pieni di preoccupazione. “Scusate, no, Zirk voleva dire – Padron James, lui – il padrone se n'è andato – Padron James manca da ore...”
“Ma dov'è andato?” domanda Evangeline. I tre ragazzi si siedono più dritti, subito in allerta. “L'ha detto?”
“Ehm – ha detto – ha detto che doveva uscire per un attimo. Sembrava davvero distrutto...pensavamo lo sapeste! Pensavamo che fosse – aveva la bacchetta, e lui... ci dispiace tanto, Padrona!”
“Oh, Merlino, quel ragazzo...”
“Ci scusi,” dice Remus sopra il suono della sedia che gratta contro il pavimento. Sirius è già in piedi. Peter sospira, ma segue.
“Lo andiamo a cercare,” dice Sirius, andando da Evangeline per abbracciarla con un braccio prima che se ne vadano. “Tu riposati, okay?”
 
 
Lily è da sola a Cokeworth, che cerca di affogare i suoi pensieri in bevande calde e il suono della pioggia e le pagine di un libro che Remus le ha regalato a Natale. È quasi a metà, quasi finalmente perduta in esso, quando il telefono squilla.
“Lily?” domanda Mary dall'altro lato prima che lei riesca a dire pronto.
“Me ne devi una, Macdonald,” risponde Lily, facendo un orecchio alla pagina e mettendo giù il libro. “Mi hai fatta andare da sola oggi.”
“Mi dispiace davvero tanto, tanto, tanto, tanto,” risponde veloce l'altra “Non hai lasciato che i purosangue ti mangiassero, vero?”
“Ti sto parlando dai loro stomaci.”
“Oh, santo cielo.”
Lily rotea gli occhi, ma Mary è riuscita a farla ridere. “Nah, va tutto bene. Be', no. Dio, non lo è stato. Ma...” s'interrompe con un sospiro.
Il tono di Mary si addolcisce: “Come sta James? Sirius?”
“Terribilmente come te li aspetteresti. Mary, dimmelo onestamente, pensi che non avrei dovuto andarci?”
Lily può sentire gli occhi stretti di Mary anche attraverso la staticità. “Te l'ha detto qualcuno?”
“No,” dice Lily, un po' troppo sulla difensiva.
“Li affatturerò fino all'oblio! Senti, lui aveva bisogno di te oggi, okay? È solo giusto che tu sia andata, lo prometto. Avrei detto qualcosa se avessi dato buca.”
“D'accordo.”
“Ma, ehm, ehi. Allora, comunque, non – non è quello il motivo per cui ti ho chiamata, però.”
“Ah sì?”
“No, aspetta, certo che volevo anche sapere come stavi! Lo voglio. Ma – ho qualcosa di importante da dirti.”
“Okay.”
“Possiamo incontrarci domani? Da Chuckskate?”
Lily si corruccia. “Non puoi dirmelo ora? Mi servirebbe la distrazione.”
Mary ride nervosamente. “No, scusa. Brunch, d'accordo? Verso le dieci?”
“Okay. Ma stai bene? Sei un po' strana.”
“Sto bene. È – aspetta. Mia mamma – cosa c'è? Sto parlando con Lily!”
 
 
Remus fa un altro giro completo del parco, stringendo gli occhi tra la pioggia e accertandosi di non essersi perso nulla.
La presa sulla sua bacchetta si stringe quando uno schiocco spezza la notte – la pioggia è forte e il suono vi è affogato con facilità, ma è qualcuno che si materializza, ne è sicuro – solo quando si sforza di vedere, è Sirius. Lui sospira di sollievo e cammina verso di lui.
“L'hai trovato?” chiede Sirius sopra il temporale.
Remus scuote la testa. “Mi dispiace. E Peter?”
“Eravamo a Cokeworth. È andato a controllare da Mary.”
“James non è a Cokeworth quindi?”
“No. Peter ha controllato – come Wormy,” aggiunge Sirius, in risposta alla muta domanda dell'amico “Lei era da sola.” Estrae qualcosa dalla tasca dei pantaloni, spostandosi senza tante cerimonie una ciocca di capelli bagnati dall'occhio. “Dannazione – Prongs.” Lo specchio è fradicio in pochi secondi, e Remus osserva Sirius mormorare Prongs ancora e ancora come se fosse una parolaccia. Aspetta. Il vetro rimane vuoto, e Sirius impreca per davvero. “Lo ucciderò...”
“Sta bene,” lo assicura Remus. E se stesso. “Vuole solo star da solo.”
“Poteva dirmelo, cazzo.”
“Sta bene, Sirius,” ripete l'altro. “Comparirà. Dai, andiamo a controllare Hogsmead. Mi sto congelando.”
 
“Aspetta. Mia mamma -” Mary copre la cornetta con la mano libera “Cosa c'è? Sto parlando con Lily!”
“C'è un tuo amico di scuola,” le risponde sua mamma “L'ho fatto entrare-”
Mamma!” Mary si alza in un attimo, il letto che scricchiola sotto di lei “Lily, puoi aspettare un secondo?”
“Sì, certo,” dice Lily.
Mary mette giù il telefono e apre di scatto il cassetto della scrivania per prendere la bacchetta. Corre sul pianerottolo del secondo piano. “Sei matta?” ammonisce sua mamma, che la fissa dal piccolo salotto al piano inferiore “Non far entrare le persone così! Dov'è Tim?”
“In bagno,” la signora Macdonald fa una smorfia “E non fare così, tesoro; puoi sentirti, sai.”
“Chi è?”
“Peter, penso?”
“Minus? Peter, sei tu?” Mary si sporge di più dalla ringhiera e allunga il collo per vedere. La mano che stringe la bacchetta è tesa dietro la sua schiena.
Peter infine entra nel suo campo visivo, strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano che la mamma di Mary gli ha fornito. “Ciao, Mary. La pioggia è tremenda. Non mi ricordo l'incantesimo per asciugarsi.”
“Oh, buon Godric – sali!” Mary si affloscia visibilmente per il sollievo. “Sono al telefono con qualcuno – e mamma, non puoi lasciar entrare le persone così, d'accordo? Non in questi giorni!”
Sua madre l’asseconda con un cenno del capo, girandosi già per chiudere la porta. “Come dici tu, tesoro.”
La signora Macdonald ritorna in bagno e finisce di preparare il piccolo Tim Macdonald, di quattro anni, per la nanna, di cui si stava occupando prima del trambusto. Peter mormora un grazie e non ci mette molto ad entrare nella camera di Mary al piano di sopra. Si guarda intorno, curioso, aspettando sulla porta. Mary, intanto, è tornata al telefono. “Pronto? Ci sei ancora? Peter è qui per qualche motivo.”
“Non ci metterò molto,” esclama lui, ricordandosi cosa deve fare. Lily non risponde a Mary – infatti, l’altro capo è completamente silenzioso tranne che per la staticità. “James è sparito,” dichiara Peter, ignaro, e Mary è sufficientemente distratta. “E’ passato da qui? Hai qualche idea di dove possa essere?”
Mary corruga la fronte. “Che vuoi dire che è sparito?”
“E’ scomparso dopo il funerale. La sua mamma è preoccupata.”
“Dannazione. Cosa pensa? Ci sono stati nove attacchi solo la settimana scorsa!”
“Sirius ha già giurato di ucciderlo quando lo trova almeno un centinaio di volte.”
“Merlino. Io non – non è venuto qua, mi dispiace! Avete provato -?”
“Mary.” La ragazza sussulta quando la voce resa stridula dal telefono di Lily dall’altro capo li interrompe. Suona agitata. “Mary, scusa, devo andare.”
Mary alza una mano per zittire Peter, che stava per dire qualcosa. Riporta l’attenzione su Lily. “Stai bene?”
“E’ arrivato qualcuno,” risponde lei “Devo andare, scusa. È importante. Ci vediamo domani, okay? Da Chuckstate. Alle dieci.”
“Sì, okay. Sei sicura che vada tutto bene? Chi è?”
“Io – sì. È… sto bene. È tutto okay.” Lei sembra tutto tranne quello. “Ti racconto tutto domani.”
“D’accordo, ma chi –”
“Solo un vecchio amico. Scusa. Sono al sicuro, te lo prometto. Domani! Ti voglio bene, ciao.”
“Lily, aspetta – ” Ma la linea è morta.
Mary alza lo sguardo verso Peter, che la fissa perplesso. Lei è pensierosa; le labbra sono una linea sottile.
“Lily?” domanda Peter, facendo un cenno col mento verso il telefono. “La nostra Lily?”
Lei annuisce assente: “Che stavi dicendo?”
“James è sparito.”
Mary guarda con occhi disattenti il telefono che ritorna al suo posto. “Smettetela di cercare,” dice “Sono quasi certa che sia da Lily.”
 
 
“Lily? Puoi aspettare un secondo?”
“Sì, certo.”
C’è un rumore che Lily immagina essere un cassetto che viene aperto e richiuso, poi dei passi, e poi Mary che urla delle cose a sua madre, ma le sue parole sono attutite dalla distanza dal telefono. Lily ha la bacchetta fuori in caso Mary abbia bisogno che lei si materializzi, e la gira tra le dita intanto che aspetta.
Ma, come se fosse da segnale, c’è un bussare alla sua porta. Prima pensa di esserselo immaginato. La pioggia continua a cadere, e lei allunga le orecchie per un altro segno – e per accertarsi che Mary stia bene – ma non c’è niente da nessuna parte per un momento.
Poi – ecco. Tre bussi. Ancora.
Si alza in piedi e cerca di individuare delle figure fuori dalla finestra dal suo posto al bancone, ma non riesce a distinguere nulla. Mary non sembra essere nei guai – sta ancora discutendo con sua mamma, sembra – quindi Lily mette giù il telefono e va alla porta, la bacchetta stretta.
Si prepara per ogni tipo di cosa – ci sono stati nove attacchi la settimana scorsa, dopotutto, in quartieri di nati Babbani – ma ciò che vede fuori quando sbircia dalla finestra del salotto fa crollare velocemente il suo cuore.
Corre a disfare i lucchetti magici e apre la porta ad uno zuppo, tremante James Potter, le spalle arcuate, il respiro pesante.
Si fissano sopresi per tre secondi buoni.
“Ciao,” dice lui, la voce roca. Le mani sono strette a pugni ai fianchi. È completamente fradicio.
Lily mette via la bacchetta. “James, cosa –”
“Non lo so,” gracchia, il viso quasi contorto in una smorfia addolorata “Non so perché sono qui, non lo so, mi dispiace…”
Lei fa un passo avanti e lo tira giù a sé in fretta. Deglutisce e fissa la strada mentre lo stringe; bagnato e freddo e così tremante tra le sue braccia. Lo zittisce dolcemente quando inizia a mugolare scuse isteriche ancora e ancora contro la sua spalla
 
 
“Sei sicura che sia lì?” domanda Sirius, passandosi una mano tra i capelli. Sono tutti sulla soglia di Mary nella fioca luce arancione del porticato, perché si sono trovati lì non appena Peter ha diffuso l’informazione. “Solo un vecchio amico potrebbe voler dire chiunque. Cazzo, poteva dire anche Piton per quanto ne sappiamo.”
Mary lo fissa con sgomento: “Pensi davvero che farebbe entrare Severus, in questi giorni? Lily non è stupida.”
Sirius la fissa in ritorno, ma alla fine cede. “D’accordo allora. Torniamo indietro.”
“Okay,” dice Peter, infilandosi la giacca “Posso entrare e vedere velocemente…”
“Intendevo alla villa.”
“Non vuoi controllare?” domanda Remus curioso.
In risposta, Sirius chiede a Mary: “Sei sicura che sia lì?”
Mary incontra risoluta i suoi occhi. “Lo sono.”
Sirius annuisce. E poi, agli altri due, “Andiamo. Lui sta bene. Vorrebbe che rimanessimo comunque alla villa. Qualcun altro ha bisogno di noi… grazie, Mary.”
“Di nulla.”
Stanno scendendo dalle scalette quando Mary li richiama. Non dice nulla subito quando loro si girano, e poi, in una voce che sta ovviamente tentando di rimanere ferma: “Qualcuno di voi ha già spedito la propria risposta? Lo so che abbiamo avuto più tempo per rispondere, per il papà di James e tutto, ma… questo non cambia nulla?”
I ragazzi si guardano. È Remus a rispondere. “Diremo comunque sì. Tutti noi.”
Mary appare un po’ stressata da ciò. “Ovviamente,” dice. E poi sorride. È abbastanza convincente. Con sorpresa dei tre, li raggiunge e li abbraccia uno ad uno – Sirius per ultimo e più a lungo. “Mi dispiace davvero per il signor Potter,” mormora contro la sua maglietta fredda. “State attenti mentre tornate a casa.”
 
 
Asciutto e relativamente caldo, James siede nel salotto degli Evans, con un aspetto stanco e disorientato. Si muove appena quando Lily ritorna dalla cucina con due tazze di tè. Le appoggia sul basso tavolino. Quando gli si siede accanto, lui inizia a giocherellare con le proprie dita. Osserva il fumo mulinare dalle tazze e scomparire in vaghi ciuffi; Lily guarda lui furtiva.
“Evans, io – mi dispiace molto.”
Lily gli prende la mano. “Va tutto bene. Ma gli altri lo sanno che sei qua? Potrebbero essere preoccupati. Tua mamma…”
James deglutisce. Il suo viso si contrae ancora, ma lui fa un respiro profondo e riesce a ricomporsi. Apre la bocca per dare una spiegazione, ma non esce fuori nulla. Ci prova due volte.
Lily preme sulla sua mano e si fa più vicina. “Va tutto bene,” sussurra “Starai bene.”
Gli occhi di lui cadono sulle loro dita intrecciate, e per un secondo la sua mano si blocca, ma poi si rilassa di nuovo attorno a quella di lei. “So che non dovrei essere qui. Io non – non più. Lo so. Mi dispiace.”
Lei si appoggia a lui e mormora – ancora, perché anche lei continua a dimenticare, se dev’essere onesta. “E’ tutto okay. Te lo prometto.”
Sono silenziosi. James non tocca il suo tè. Lily nemmeno.
Quando il fumo che loro osservano finisce, Lily dice: “Ho qualcosa di più forte, se vuoi.”
“Cosa?”
“Del tè, intendo.”
“Sì, grazie.”
 
 
Evangeline è in piedi che li aspetta quando gli altri Malandrini ritornano alla villa.
Lei li incontra alla porta, lo scialle ad un sussurro dal caderle dalle spalle. Non piange più, ma è solo ora, per qualche ragione, che Sirius la vede per bene, e scopre che non può sopportare di vedere gli strati di tristezza sul suo viso. All’improvviso capisce il bisogno di James di scomparire. Se lui, Sirius, non può nemmeno guardarla, quanto dev’essere frustrato suo figlio?
“Dov’è?” chiede Evangeline, rivolgendosi ad ognuno. “L’avete trovato?”
“Sta bene, è al sicuro,” risponde Sirius, abbracciandola. Cerca di giustificarlo come un atto di conforto, e non perché così non dovrà guardarla più.
Anche Remus e Peter la rassicurano, annuendo dietro Sirius. “L’abbiamo trovato,” dice Peter. Conducono Evangeline dentro casa.
“Starà bene,” esclama Remus.
“Ma dov’è?”
“Tornerà presto,” risponde Sirius.
Rimangono tutti per la notte.
 
 
Una bottiglia intera. Una e mezza. Ancora contano, sperando di contare per sempre.
Lily dimentica il numero dopo l’undicesimo bicchiere. Dio, non stanno nemmeno usando i bicchieri giusti. Ce n’è uno per ogni tipo di alcol, vero? Non è lei la Purosangue. Non lo potrebbe sapere. Ma è qualcosa che un Purosangue saprebbe? Non è nemmeno certa di per quanto tempo l’alcol è rimasto conservato in cucina. L’ha visto quand’è tornata da Hogwarts, ma non l’ha mai toccato nonostante le molte notti che sembravano meritarsi un bicchiere o due.
Oh, cielo – Petunia impazzirà. E se fosse di loro padre? Lily l’ha appena dato via. Ad un mago. E si sta ubriacando con lui sul divano…
Petunia. Lily non l’ha mai seguita. È probabile che non siano nemmeno più a Cokeworth. Deve andarli a trovare presto. Dire addio. Avere un’ultima litigata. Solo vederla. Prima che Lily si unisca ufficialmente all’Ordine, cosa che farà. Ovvio che lo farà.
“Sì, anche io,” dice James, cogliendola di sorpresa. A quanto pare sta dicendo cose ad alta voce. Divertente. “Lo sai,” continua lui, aggrottando le sopracciglia, “Sono così… arrabbiato. Non so perché. Voglio dire – lo so. Lo so il perché. Ma è ingiusto.”
“Arrabbiato con me?”
“No… no, sì. Sì.” Ride e si appoggia al divano. Chiude gli occhi, si passa le mani sulle guance. Sono arrossate. Lily non può smettere di fissare. “Non lo so. Sono così arrabbiato.”
“Sei arrabbiato ora?”
Lui apre le mani – sono ancora sul suo viso – e la osserva attraverso le dita. Lei lo fissa di rimando. “Non penso di esserlo,” dice.
La notte passa lentamente. La pioggia non smette.
 
 
Remus esita troppo a lungo. Sette minuti. Sta in piedi sull’uscio aperto per tutto quel tempo, solo a deliberare, e quando decide di parlare Sirius si è ormai già stancato di aspettare.
“Non mordo, sai,” esclama Sirius, la schiena voltata verso l’amico. Non si è mosso, ma probabilmente ha udito Remus arrivare. È di nuovo sul davanzale. La sua silhouette è ancora più scura della notte fonda brillante di pioggia.
“Già, quello sono io,” dice Remus, entrando e salendo sull’altro lato della larga finestra. È stato un sacco di volte nella camera di James, ma non gli era mai apparsa così grande e vuota fino ad ora “Io mordo.”
Sirius ride. Offre la bottiglia di whiskey incendiario che sta coccolando, ma Remus scuote la testa. “Solo in caso ti scordassi da quale lato è la stanza di James.”
Lo fa ridere ancora. “Peter dorme?”
“Come un bambino.”
“Vorrei riuscirci.”
“Puoi provare.”
“Fatto.”
“Scusa.”
Sirius prende un sorso. La bottiglia è quasi vuota. “Hey, mi dispiace essermi arrabbiato oggi.”
“Non fa niente.”
“Moony.”
“Sì?”
“Perché sei qua?”
Remus si stringe nelle spalle. “Non lo so. Non riuscivo a dormire. Peter è esausto, quindi russa come un drago sofferente.” Si ferma, si appoggia alla finestra. “Ho pensato di lasciartelo a te. L’avrei anche fatto se tu non mi avessi battuto.”
“Ho notato,” Sirius guarda alla vasta estensione della tenuta dei Potter sotto di loro, ma non c’è altro che scure ombre di nero là fuori. “Pensi che James stia bene?”
Ci vuole un po’ perché Remus risponda. “Penso che lo starete tutti.”
 
 
“James.”
Niente. È mezzo sdraiato sul divano, la mano sul viso, gli occhiali storti.
“Ti sei addormentato?”
Magari sta dormendo. Muoversi sta diventando difficile. Lily si sforza di alzarsi, ma riesce solo a sollevare la schiena dal bracciolo del divano – e finisce per cadere sul fianco di James. Pensa di avvertirlo muoversi. “James,” borbotta, dandogli una gomitata, “Non puoi dormire qua. Portiamoti in un letto, okay? Puoi stare nella camera degli ospiti, è su questo piano…” anche lei sta spaparanzandosi giù, addossandosi del tutto a lui. “Dai. Pochi passi. Poi dormiamo.”
“Okay,” risponde finalmente lui.
“Stavi dormendo?” non sembrava che lo fosse.
“No.” Si aggiusta gli occhiali. Quando le guarda i capelli, scompigliati e più rossi che mai sulla sua spalla, il suo sbuffo viene fuori come una risatina.
Scendono dal divano e devono sostenersi ai tavoli e ai muri e all’altro nella strada verso la stanza degli ospiti.
“Eccoci,” dice Lily, mentre entrambi si fermano sull’uscio e si appoggiano ai lati opposti. Il loro corto viaggio dal divano a qui in qualche modo l’ha resa un po’ sobria; ha scosso l’indolenza che l’alcol le ha messo nelle ossa. Si sente all’improvviso timida alla vista dell’angusta camera. “E’ piccola, mi dispiace, ma c’è un letto e – solo poche ore fino al mattino in ogni modo… non che tu non possa dormire di più. Puoi. Io probabilmente lo farei. Io, ehm – sei sicuro che vuoi rimanere per la notte, però? Non ti lascio smaterializzarti da solo, ma posso chiamare Sirius… aspetta, ma almeno ce l’hai un dannato telefono?”
Lei alza lo sguardo perché James non sta rispondendo – e subito desidera di aver continuato a parlare. Lui la sta guardando… così, come così tante notti sotto stelle di venerdì quando ancora lui era suo, come forse lei gli manca tanto quanto lui manca a lei. E lei scosterebbe lo sguardo, avrebbe il buon senso di farlo se fosse un po’ meno inebriata.
“Questa è una cattiva idea, vero?” gli chiede. La sua voce è calata in un sussurro, come se alle parole stesse non piacesse essere dette.
“Forse.”
“Non dovremmo essere…” Qui. Insieme. Così vicini.
“Io non dovrei essere qui.” In qualche modo lui suona come se lui stesso non ci credesse.
“No.”
“Già.”
“James –”
“Dovrei andarmene, giusto?”
Lei non risponde.
“Evans…”
Lei si morde il labbro. Pensa che avrebbe dovuto portarsi una delle bottiglie con sé, giusto per qualcosa da fare mentre fissa.
Forse è un sogno. Forse si sono addormentati sul divano.
Alza una mano per toccarlo, solo per esserne certa, ma rimane sospesa sopra la guancia di lui, che continua solo a guardarla.
Sogno. Questo è un sogno.
La sua mano crea un contatto.
Lui è ardente. Tremante. Lei muove il pollice sopra il suo zigomo, e poi va giù; fa scorrere la mano lungo il suo braccio, lentamente, seguendola con gli occhi, le dita che lo sfiorano appena. La pelle di lui si riempie di pelle d’oca, e lui è così fermo e il cuore di lei sta battendo così in fretta che lei si chiede se riuscirà a baciarlo prima di prendere fuoco. Ha paura di guardarlo ancora negli occhi, ha paura di ciò che potrebbe trovarvi ora che è sicura di non stare sognando. Quindi si accontenta del petto coperto dalla maglietta. Caldo sotto la punta delle sue dita. Fissa ma non vede. Lascia che la sua mano raggiunga il polso di lui nella sua lenta conquista; lascia che rincorra il suo battito scatenato.
Non guardare. Solo sentire.
“Lily,” lui sussurra, ed è una supplica ed una domanda ed un’accusa tutte avviluppate in una, veleno e vino sulle labbra di lui “Io ancora…”
“Anche io,” conclude lei per lui. Vuole sentirlo tanto quanto non voglia. Si fa avanti, la fronte che si scontra con il suo petto, volendo nascondersi. Apre il palmo contro il suo, le punte delle dita di millimetri più corte delle sue, battito contro battito ma senza intrecciare le dita. Sciocco. Come se quello potesse rimediare per essere andati troppo in là in così tante cose oggi. Lei non lo merita. “Anche io, James.” Anche io, così tanto. Lui è caldo, ha lo stesso odore; ancora così, così tanto James sotto di lei che fa male.
Lui non si muove. Il suo petto si alza con respiri pesanti che sono uguali a quelli di lei. “Ma – ancora non possiamo essere, vero?”
Ora lei sta piangendo. “Mi dispiace. Sono qui. Sono qui ora.”
“Non posso perderti ancora, Evans. Non puoi essere mia stanotte ed andartene alla mattina.”
Lei si fa più vicina. Ora dovrebbe lasciarlo andare. Lui ha ragione. La sua mente non si è decisa, nonostante tutto, ed è così ingiusto che non lo sia, ma lei glielo deve di essere completamente onesta. Non può illudere. E lo ama – lo fa, ne è così certa che sta per esplodere – ma tutto è così un cazzo di disastro ora, e – e lei non può essere incerta dello stare insieme e rischiare di ferirlo ancora così –
Lei apre la bocca per parlare, frasi spezzate che si uniscono all’ultimo minuto sulla sua lingua, ma lasciano vetri rotti incastrati in molti angoli del suo cuore.
James la batte. “Io non ti manco.” dice.
Lily si fa indietro quanto basta per guardarlo. “Cosa?”
“Dimmelo,” insiste lui. Chiude le mani in pugni, scostandole le sue. “Che io non ti manco.”
Lei non può.
“Dimmi che non mi vuoi. Che vuoi che me ne vada. Che non hai bisogno di me. Non dovrei essere qui.”
Lei non può. “James…”
“Ne ho bisogno, Evans. Dimmelo di nuovo. Ho bisogno di sentirlo di nuovo.”
“Perché?”
“Perché quando oggi mi hai lasciato ho sentito come se anche io avessi lasciato me.” È così vicino ora. C’è solo un tot di distanza in un dannato uscio. “Perché ho dovuto trovarti così tanto. Devo. Sempre.” Le sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lascia lì la sua mano, quasi quasi lì, ma senza toccare. Lei chiude gli occhi, e il calore familiare è tutto ciò che c’è per sapere che lui è così vicino. “Dimmelo ancora perché continuo a dimenticare le tue ragioni per andartene. Riesco solo sempre a capire perché dovrei tornare indietro.”
Lei non può.
Respirare è diventato difficile. Anche per lui, lei nota. Forse ecco perché, quando lei apre gli occhi infine e con loro gli dice cosa non riesce a fare, lui scuote la testa e lascia cadere la mano. Fa tutti i passi indietro. Ecco perché; perché non può più respirare, perché il suo cuore sta prendendo troppo spazio nella sua cassa toracica. Lei lo sa perché lo sente anche lei. Lui annaspa in un respiro tremante e inizi a voltarsi – via – e – e tutto attorno e dentro Lily sta girando e girando e lei pensa che lui dica qualcosa come “Non posso,” ma lei non può esserne certa perché non lo lascia finire –
Lo afferra per un braccio e lo tira indietro verso di sé, non spreca altro tempo. Sembra essere anche il punto di scatto di lui; quell’impulso che dura un battito. Le persone perdono la testa in guerra, no? Alcune? Be’, eccoli qui. James Potter e Lily Evans, perse ed imperfette anime a diciott’anni.
Non importa niente stasera.
Niente.
Solo le labbra di lui, sulle quali lei piomba per reclamarle, che lui cede di ricambio, forte e disperato e furioso. La bacia come se questa sia la loro guerra, proprio qua, come se sia il culmine di tutto – lei che perde la battaglia dello stare separati e lui che vince la sua dello stare insieme. Lui è suo, tutto suo stanotte, tutto. Mani e fianchi ed ogni calloso segnato dito che massaggia e affonda contro la sua vita, in sincronia con la sua bocca, in sincronia con tutto il suo fottuto corpo. Tutto di lui. Lui sta tremando. Anche lei. Lei fa scorrere i palmi lungo tutto quello che le sue mani riescono a raggiungere, non c’è più quella lenta cauta attesa ora – le sue spalle, le sue braccia, il suo petto che si alza quando si toglie la maglietta, frenetico; e lei non si ferma nemmeno quando colpisce la porta, quando lui inizia a tirare l’orlo della sua maglia, quando inizia a spingerla verso il letto. Entrambi sbattono contro tutto ciò che è in mezzo alla loro strada. Non si fermano quando lei cade sul letto, quando lui segue sopra di lei.
Non importa niente.
Solo labbra su battiti affrettati. Percorsi di dita sui fianchi di lui. Pressione sulle anche di lei. Morsi sulle spalle, sulle clavicole, su gemiti e nomi dell’altro. Questo è reale – attraverso il calore pizzicante che corre troppo velocemente verso l’inevitabile implosione, questo è ciò che lei si rammenta ancora e ancora. Che questo è reale. Questo è James. Che respira con lei, si muove con lei. Questo è svegliarsi e rimanere a ciò che dovrebbe essere, non il contrario.
Questo è reale. Questo – il mondo che si disintegra così, lei che crolla così.
Questo. Lui. Lei.
Nient’altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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