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Autore: Blueorchid31    09/05/2016    2 recensioni
Seconda Classificata al Contest " Tra Favole, Miti e Leggende ~ Decostruiamo una storia!' indetto da _Schwarz sul forum di EFP''
Sasuke Uchiha è un uomo ossessionato dal tempo e vive una vita, a suo dire, perfetta. Un evento doloroso lo costringerà a fare ritorno a Parigi dopo svariati anni. Lì si troverà a fare i conti con un segreto che suo padre ha tenuto nascosto da sempre alla sua famiglia e, ovviamente, con una ragazza di nostra conoscenza.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fugaku Uchiha, Itachi, Mikoto Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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III




Quando Sasuke tornò all'appartamento dei suoi genitori, trovò sua madre e Itachi nel salotto, stranamente silenziosi.

Percepì subito che fosse accaduto qualcos'altro e si preparò mentalmente a ricevere l'ennesima brutta notizia.

« Dove sei stato? » gli chiese la madre.

« All'università. » rispose con sincerità: dopo ciò che aveva scoperto avrebbe dovuto dirglielo comunque.

« Sei stato da quella donna. » affermò Itachi, che non sembrava sorpreso affatto.

Sasuke annuì e respirò a fondo, preparandosi a spiegare loro come stessero davvero le cose, o meglio esporgli la sua visione.

« Lei non era l'amante di papà. » dichiarò, convinto, attirando l'attenzione di sua madre che fino a quel momento non lo aveva degnato di uno sguardo.

Gli raccontò della conversazione avuta con lei a pranzo, fin nei minimi dettagli, e della borsa di studio, che come lui aveva ipotizzato, non era mai esistita, e che era stato, quindi, suo padre a mantenere Sakura agli studi, a pagarle l'appartamento e a donarle dei soldi mensili per farle vivere una vita decorosa, spiegando così dove fossero finiti quei soldi che periodicamente venivano versati sul conto corrente della ragazza.

« Perché avrebbe dovuto fare tutto questo per una sconosciuta? » chiese Itachi, sorpreso. « E per quale motivo non ci ha mai detto niente? Ma soprattutto lei lo sa? » aggiunse, concitatamente.

« Lei non può saperlo. » lo interruppe la madre « Il conto corrente da cui partivano i bonifici non è intestato a lui, ma a un'associazione di cui lui è presidente. » gli comunicò prima di scuotere la testa, affranta.

« Sakura deve aver pensato che la sua borsa di studio venisse da quell'associazione. » ipotizzò Sasuke.

« Sì, ma perché? » insistette Itachi.

« Credo che Sakura sia nostra sorella. » dichiarò, tutto d'un fiato, lasciando i presenti a bocca aperta.

Sul salotto calò un opprimente silenzio. Sasuke fece saettare lo sguardo da suo fratello a sua madre svariate volte, in attesa che uno di loro dicesse qualcosa.

« Chi era mio marito? » esclamò sua madre, infine, portando entrambe le mani al volto.

« Come fai ad affermare una cosa così grave? » chiese Itachi « Ammetto che da quello che ci ha raccontato le coincidenze non manchino, ma insomma, è impossibile che nostro padre abbia nascosto per ventinove anni di avere una figlia illegittima! » aggiunse per poi avvicinarsi a sua madre e posarle una mano sulla schiena per confortarla.

« Le coincidenze non esistono. » replicò Sasuke, sentendosi quasi in colpa per aver inferto quel duro colpo a sua madre « Questi sono fatti, Itachi! » ringhiò, subito dopo, stringendo i pugni: non faceva piacere neanche a lui, ma non poteva farci niente se le cose stavano così.

« Anche i fatti possono essere confutati, lo so per certo, lo faccio di mestiere. » ribatté prontamente il fratello « In ogni caso, questa mattina ha chiamato Shikaku Nara, il notaio di nostro padre, dicendo di avere bisogno di parlarci con urgenza. Forse lui ne sa più di noi. »

gli comunicò subito dopo, invitando sua madre ad alzarsi.

« E mi parli di coincidenze? » lo canzonò Sasuke, ricevendo come risposta uno sguardo glaciale che lo persuase a desistere.



Dopo la tumulazione, avvenuta con uno spirito ben poco contrito da parte dei congiunti del defunto, incapaci di provare nient'altro che biasimo per quell'uomo che veniva sigillato all'interno di un'anonima nicchia di una cappella privata con una pila di mattoni e calcestruzzo.

Non un fiore, non una candela, i suoi congiunti non avevano portato nulla per lui se non domande a cui non avrebbe mai potuto rispondere.

Si recarono in assoluto silenzio presso lo studio del notaio, evitando di toccare ancora quell'argomento scottante.

Shikaku Nara li aveva accolti con affetto, non essendo solo il loro notaio di fiducia, ma anche un amico di vecchia data.

Li fece accomodare nel suo studio, arredato con raffinatezza, e cominciò subito a spiegargli il motivo per il quale era stato costretto a convocarli: Fugaku aveva fatto testamento pochi giorni prima di morire.

Sasuke, Itachi e sua madre rimasero molto sorpresi nell'apprendere la notizia, quasi terrorizzati all'idea di cosa avesse potuto spingere l'uomo a fare testamento date le ultime novità.

Shikaku iniziò a leggere il testo riportato sull'atto, sorvolando sui punti meno salienti e arrivando dritto al punto.

Sasuke chiuse gli occhi udendo proferire dalle sue labbra le parole '' fondo fiduciario '' e '' associazione '' , realizzando che suo padre negli ultimi ventinove anni avesse pensato più al bene di Sakura che al suo nel medesimo arco temporale.

Provò una sorta di invidia, di gelosia, nei confronti della ragazza che aveva avuto, in fondo, ciò che lui aveva anelato per tutta la vita: l'attenzione di suo padre.

« Pertanto la mia volontà è che mio figlio, Sasuke Uchiha, amministri il fondo fiduciario in oggetto, continuando così la mia opera di mecenate. » lesse Shikaku, solennemente.

'' Prima l'esecuzione e poi il verdetto, a quanto pare. '' osservò Sasuke, sinceramente contrariato dal fatto che suo padre avesse scelto proprio lui per quell'ingrato compito, quando Itachi sarebbe stato più appropriato e competente per assolverlo.

« Domani, Sasuke, ti aspettano in banca per cambiare le firme e consegnarti i documenti. » aggiunse il notaio, richiudendo la pratica.

« Sa qualcosa in più rispetto a noi su questa faccenda? » domandò Itachi a quel punto.

« C'è il segreto professionale come ben sai, Itachi. » gli ricordò Shikaku « Ciò nonostante, da amico, posso dirvi che Fugaku ha agito in questo modo per una più che nobile causa. » dichiarò subito dopo, riuscendo in qualche modo a farli sentire sollevati, pur non dissipando i loro dubbi.




Un volta tornati a casa, Mikoto si richiuse nella sua stanza e i due fratelli rimasero soli nel salotto. Ancora frastornati e con la testa piena di pensieri rimasero seduti, in silenzio, sulle poltrone di velluto bordeaux per alcuni minuti, fissando con insistenza il vuoto.

« Che hai intenzione di fare adesso? Hai deciso di ripartire, di restare? »

Itachi ruppe il silenzio per sincerarsi delle intenzioni del fratello, certo che non vedesse l'ora di ritornare a Sidney.

Sasuke respirò a fondo prima di rispondergli, incrociò le mai davanti al viso, poggiando i gomiti sui braccioli della poltrona e chiuse gli occhi: la tentazione di andare via era forte, ma ancor di più il desiderio di vedere dove l'avrebbe portato quella storia.

« Credo che mi fermerò qualche giorno per valutare il mio investimento. » gli rispose, poggiando la testa contro lo schienale della poltrona, avendo come la sensazione che quest'ultima potesse inghiottirlo da un momento all'altro: era stanco, confuso e stranamente agitato. Il confine, di per sé già sottile, tra menzogna e verità, era diventato invisibile, tutte le sue certezze nel giro di quarantotto ore si erano sgretolate una ad una e, come se non bastasse, adesso era anche responsabile del benessere di un'altra persona. L'eredità che suo padre gli aveva lasciato era un peso che non era certo di poter sopportare. In pratica lo aveva messo di fronte a un fatto compiuto, senza dargli la possibilità di scegliere – un atteggiamento tipico di suo padre.

« Hai intenzione di continuare a fare beneficenza a quella ragazza o ti prenderai cura di lei come ha fatto nostro padre? » incalzò Itachi, che nel momento in cui Shikaku aveva fatto il nome di Sasuke aveva provato dapprima un egoistico sollievo e in seguito apprensione nei confronti di suo fratello, sicuramente meno adatto di lui a ricoprire il ruolo di '' tutore ''.

« Non sappiamo neanche se sia davvero nostra sorella. » gli ricordò Sasuke « E comunque non ho intenzione di fare altro che rimanere nell'ombra, come ha fatto nostro padre, e continuare a erogarle la paghetta. »

Detto questo, tirò fuori dalla tasca l'orologio di suo nonno e iniziò a fissare la lancetta dei secondi che procedeva sul quadrante di madreperla. Sorrise constatando che, come sempre, il tempo fosse l'unica vera e incontrovertibile certezza che un uomo potesse avere. Seguì la lancetta dei secondi fino a che quella dei minuti non scattò e notò qualcosa sul palmo della sua mano, in corrispondenza delle ore dodici, qualcosa che aveva dimenticato di avere e che non era più molto chiaro a causa del nervosismo provato nello studio del notaio che gli aveva fatto sudare le mani.

Passò l'orologio da una mano all'altra e avvicinò il palmo stinto al viso, tentando di interpretare quei segni confusi.

« Prendiamo una pizza? » gli propose Itachi.

« No. » mormorò Sasuke, distrattamente « Devo andare a una festa. » aggiunse, dopo aver decriptato il codice.

« Non dirmi che l'aria di Parigi ti ha fatto tornare la voglia di trasgredire alle regole? Pensavo che avessi superato questa fase. » commentò, sarcastico, il fratello con un sorrisetto fin troppo divertito per i suoi gusti.

« Controllo solo il mio investimento. » replicò Sasuke, caustico.

« Esci con lei? » esclamò Itachi, non celando la sua sorpresa.

« Controllo solo il mio investimento. » cantilenò l'altro, lasciandolo il salotto.

Si chiuse la porta della sua camera alle spalle e aprì il cassetto del comodino dove aveva riposto il cellulare. Nessuno lo aveva cercato, ma c'era da aspettarselo: a Sidney non era riuscito a legarsi a nessuno in particolare, rifuggiva la compagnia dei suoi colleghi e le poche storie sentimentali che aveva avuto erano durate il tempo di una notte o poco più.

Si mise a sedere sul letto, poggiando l'orologio sul cuscino, e digitò un breve messaggio: '' A che ora e dove. Sasuke. ''

Riguardò per un attimo il palmo della mano, componendo sulla tastiera il numero e lo inviò, sentendo una scarica di adrenalina attraversargli il corpo dalla testa ai piedi.

Attese qualche secondo, facendo saettare lo sguardo dal cellulare all'orologio. Dopo alcuni minuti, non ottenendo risposta, iniziò a sentirsi un povero idiota. Dopo un quarto d'ora, in cui aveva preferito non muoversi da quella posizione, decretò che potesse bastare e che se ne sarebbe fatto una ragione: dopotutto non aveva neanche voglia di andare a quella stupida festa con quella noiosa ragazza che non faceva altro che dire cose senza senso.

Posò il cellulare sul comodino e si apprestò a tornare in salotto per chiedere a suo fratello se l'offerta della pizza fosse ancora valida. Impugnò la maniglia della porta e, in quel preciso istante, il cellulare vibrò.

Pervaso da una strana euforia, impugnò il cellulare e lesse il messaggio, ritrovandosi inconsapevolmente a sorridere.

'' Ci vediamo alla brasserie dove abbiamo pranzato oggi alle nove in punto. '' recitava il messaggio e Sasuke trovò abbastanza divertente che lei si fosse raccomandata circa la puntualità: come minimo lui sarebbe arrivato con un quarto d'ora di anticipo e sarebbe stato costretto ad aspettarla per una buona mezz'ora.

'' Ok. '' le rispose.



Alle sette e mezza Sasuke si presentò al cospetto di suo fratello, che alla fine aveva comunque deciso di ordinare una pizza, con indosso un paio di pantaloni di lino bianchi, una camicia azzurra e una giacca della medesima stoffa e colore dei pantaloni.

Itachi lo squadrò da capo a piedi, accantonando per un momento la pizza.

« Tu sembles un poissard. » decretò, arricciando il naso.

« E perché sembrerei uno sfigato? » chiese, guardando verso il basso, non riuscendo a trovare nulla nel suo abbigliamento che non andasse.

« Vai a prendere un tè con i biscottini a Versailles? » commentò Itachi, ironico.

Sasuke alzò un sopracciglio, contrariato: a Sidney nessuno si era mai lamentato del suo abbigliamento.

Il fratello prese un tovagliolo di carta e si pulì bene le mani e le labbra.

« Seguimi. » gli ordinò subito dopo, entrando nella sua stanza.

« Mamma deve aver conservato alcuni dei tuoi vestiti, di solito non butta mai niente. » disse, aprendo l'armadio.

« Me ne sono accorto. » replicò Sasuke con tagliente sarcasmo.

« Toh! Eccoli qui! » esclamò Itachi, tirando fuori da un cassetto una maglia consunta dei Rolling Stones.

« Non pensarci neanche. » lo minacciò l'altro, indietreggiando di qualche passo.

« Ok, i Rolling Stones forse sono un po' esagerati, ma sicuramente troveremo qualcosa di decente. »

« Itachi, quella roba la indossavo quando avevo diciotto anni! » ringhiò Sasuke che proprio non vedeva la necessità di doversi cambiare.

« Sì, ed eri anche più simpatico all'epoca. »





Nove e tre quarti.

Come volevasi dimostrare Sakura era in ritardo.

Sasuke era rimasto fermo davanti alla brasserie come uno stupido, vestito da stupido. Nel cassetto, infatti, Itachi aveva scovato un paio di jeans strappati e un'anonima camicia bianca e dopo aver constatato che dopo tutti quegli anni gli calzassero ancora a pennello, lo aveva costretto a indossarli, aggiungendo un '' Trés chic. '' che gli aveva fatto accapponare la pelle.

Era riuscito finanche a scovare in soffitta un paio di vecchie sneakers, ritenendo che i suoi mocassini si sposassero poco con quell'abbigliamento.

Il suo nuovo, vecchio, stile, aveva riscosso un grande successo, tant'è che sulla metropolitana era stato abbordato un paio di volte – proprio come i vecchi tempi – e si era ritrovato a maledire suo fratello per quella malsana idea: odiava sentirsi osservato e, ancor di più, essere abbordato.

« Scusa, scusa, scusa! » sentì urlare dall'angolo della strada.

La vide correre verso di lui e qualcosa nel petto prese a battergli forte.

« Perdonami! » ripeté la ragazza, fermandosi a pochi centimetri da lui « Quella stupida macchina non ne voleva sapere di mettersi in moto. »

Stava chiaramente mentendo, ma Sasuke decise di passarci sopra.

« Non importa. »

« Caspita, stai benissimo! » esclamò Sakura, con una spontaneità disarmante, notando il drastico cambiamento.

« Grazie. Anche tu. » replicò Sasuke che al contrario pronunciò quelle parole in modo forzato, disabituato a elargire complimenti, ma soprattutto a riceverne di così spudorati.

Realizzò che quando si trovava in compagnia di quella ragazza era come se il mondo prendesse a girare al contrario. Riusciva a disarmarlo in mille e più modi, non era in grado di prevedere le sue mosse e questo, se da un lato lo eccitava, dall'altro lo terrorizzava.

« Andiamo? »





Come previsto da Itachi, la serata non fu affatto a base di tè e biscottini. In quell'occasione scoprì che Sakura, oltre al vizio del fumo, avesse una predisposizione innata per i superalcolici: cocktails, shottini, e via dicendo. Da quando avevano fatto il loro ingresso in quel locale non c'era stato un momento in cui non avesse stretto tra le mani un bicchiere contenente qualcosa di colorato e fortemente alcolico. Sasuke aveva cercato di starle dietro, ma dopo il decimo shottino, la testa aveva cominciato a girargli vorticosamente. Un tempo dieci shottini gli avrebbero fatto solo il solletico, ma da quando aveva lasciato Parigi la sua vita era cambiata parecchio.

Con la musica a tutto volume e il locale gremito di gente, non avevano avuto modo di parlare tanto e Sasuke aveva colto l'occasione per osservarla. Al di là del colore dei suoi capelli anche il suo modo di vestire era abbastanza particolare, anche se manteneva una certa sobrietà che non poté non apprezzare. Aveva indosso un paio di pantaloni bianchi, stivaletti di camoscio beige e una canotta che arrivava a metà coscia di colore rosso che faceva risaltare i suoi occhi. Sul viso non vi era ombra di trucco, forse solo un po' di mascara e le guance erano tinte di un rosa naturale, dovuto sicuramente all'alcool.

Era socievole, solare, forse un po' troppo estroversa, ma sembrava risultare simpatica a tutti.

« Si è fatto tardi. » gli disse a un certo punto, buttando giù l'ennesimo shottino dal colore poco rassicurante « Allons. » biascicò, invitandolo a seguirla.

Aveva parcheggiato la macchina in divieto di sosta, a qualche isolato dalla brasserie dove si erano dati appuntamento.

Sasuke non era molto certo che fosse in grado di guidare, ma la lasciò fare.

« Dove vuoi andare? » gli chiese, accendendo il quadro della macchina.

Sasuke prese il suo orologio dalla tasca e guardò l'ora, rimanendo attonito nel constatare che l'orologio si fosse fermato circa tre ore prima: come era possibile? Di solito cambiava le batterie a intervalli regolari proprio per evitare simile evenienze.

« Non so. » mormorò, più a se stesso che a lei.

« Allora non ha importanza. » decretò Sakura, mettendo in moto la macchina che partì al primo colpo, confermando a Sasuke che la sua fosse stata una banale scusa per giustificare il suo ritardo.

Per tutto il tragitto continuò a guardare l'orologio, a scuoterlo, a muovere la rotella dell'ingranaggio, ma senza ottenere alcun risultato. Si era fermato.

Quando Sakura gli comunicò di essere giunti a destinazione, ancora troppo scosso, non ricordava neanche di averle dato il suo consenso per portarlo chissà dove.

Scese dalla macchina, riponendo l'orologio nella tasca e alzò lo sguardo, trovandosi di fronte a un edificio di tre piani, di nuova costruzione.

Sakura era andata avanti e aveva aperto il portone. Dopo qualche minuto, vedendolo ancora impalato dall'altra parte della strada, gli aveva fatto cenno di raggiungerlo e lui aveva obbedito, pur essendo consapevole che fosse una pessima idea.

Sakura gli fece strada fino al suo appartamento, al secondo piano, aprì la porta e accese le luci prima di invitarlo a entrare.

L'appartamento a prima vista non sembrava molto grande. Era arredato in modo semplice, senza eccessi di sorta, ed era pieno zeppo di libri; spuntavano da ogni dove, persino da sotto il divano a due posti in tessuto nero.

« Porti a casa tutti quelli che inviti alle feste? » insinuò Sasuke, caustico.

« Solo quelli tremendamente belli. » replicò lei, quasi divertita da quella domanda, e dopo aver posato le chiavi di casa sul piccolo tavolo del cucinino, accorciò le distanze tra loro.

Sasuke d'istinto rimase immobile, sicuro di poter affrontare la situazione: l'alcool che aveva in corpo era sicuramente inferiore a quello che aveva tracannato lei.

Sakura avvolse le braccia intorno al suo collo e cercò i suoi occhi.

« Tuo padre mi diceva sempre che se mai ti avessi incontrato mi sarei perdutamente innamorata di te. » affermò, sorridente, mentre la sua mano destra scendeva lungo il collo e andava a giocherellare con l'asola di un bottone della camicia.

« Sei ubriaca. » constatò Sasuke, cercando di sembrare freddo, distaccato, malgrado tutto.

« Aveva ragione. » aggiunse lei, come se lui non avesse detto nulla.

« Io ti conosco. » continuò, seria « Ho camminato con te in un sogno. E lo so, è vero che le visioni raramente sono ciò che sembrano, ma so cosa farai: mi amerai immediatamente, come hai fatto quella volta in sogno. » concluse, mettendosi sulle punte e cercando di raggiungere le sue labbra.

Sasuke sentì il suo fiato sul collo, poi sul mento e infine sulle labbra. Aveva voglia di baciarla, benché avesse trovato assolutamente assurdo quanto lei aveva appena affermato con tanta enfasi, ma sapeva di non poterlo fare, che sarebbe stato sbagliato, incestuoso, qualora lei fosse stata davvero sua sorella.

La scostò delicatamente da lui, osservando il suo viso tirarsi in una smorfia di delusione. Non era sua intenzione farle del male, ma non aveva altra scelta.

« Ti ringrazio, ma non posso. » le disse solo, prima di lasciare in fretta il suo appartamento.






Quella notte Sasuke rincasò tardi e prese sonno quasi subito nonostante le svariate emozioni provate durante quell'assurda serata. Il viso di Sakura e la sua delusione movimentarono i suoi sogni e la mattina dopo si svegliò con una strana sensazione, ricordando qualcosa che aveva rimosso e che faceva parte della sua infanzia.

Aveva sognato di un viaggio in macchina con suo padre, di una struttura dell'ottocento immersa nella campagna parigina e di una bambina con grandi occhi verdi e tristi.

Forse il suo subconscio aveva elaborato quelle immagini sulla scorta di ciò che era accaduto, o forse era accaduto davvero?

Con quel pensiero per la testa si presentò in banca e subito lo zelante direttore lo aveva ricevuto, invitandolo a seguirlo nel caveau dove era conservata la cassetta di sicurezza di suo padre.

Dopo avergli consegnato la chiave, lo lasciò da solo.

Sasuke indugiò un po' prima di aprire la cassetta di sicurezza, preoccupato da ciò che vi avrebbe potuto trovare all'interno.

Girò la chiave e aprì il coperchio, sentendo la tensione crescere ogni secondo di più.

Ciò che vi trovò all'interno lo lasciò perplesso: una copia originale di '' Grandi Speranze'' di Charles Dickens.

Aprì il libro e vi trovò all'interno una lettera che aveva tutta l'aria di essere stata scritta da suo padre in persona – la grafia era inconfondibile.

Si appoggiò al grande tavolo in acciaio del caveau e prese a leggerla.

Tutto iniziò a essere più chiaro.

Sakura era la figlia di un suo commilitone. Dopo l'incidente, un avvocato aveva inviato a suo padre quella lettera in cui gli veniva chiesto di amministrare i beni della famiglia Haruno fino a che la bambina non fosse stata in grado di provvedere da sola. Essendo il commilitone anche un amico d'infanzia di suo padre, lui non se l'era sentita di rifiutare e così aveva simbolicamente adottato Sakura. Suo padre, nella lettera, non aveva avuto la premura di scusarsi per non aver messo al corrente la sua famiglia di tutto questo e Sasuke non se ne stupì più di tanto.

Ripose la lettera nella cassetta e lasciò la banca.

Si diresse in fretta alla Sorbona, certo che vi avrebbe trovato Sakura. Voleva raccontarle la verità, spiegarle per quale motivo l'avesse rifiutata e soprattutto desiderava porle una domanda a cui, era certo, lei sarebbe riuscita a rispondere.

Ignorando completamente la signorina alla reception che gli aveva fatto cenno di attendere, Sasuke salì le scale e si precipitò all'interno dello studio di suo padre, con un gran fiatone.

Sakura era intenta a sistemare dei libri e si voltò di scatto, udendo il rumore della porta.

La vide sbattere ripetutamente le palpebre, stupita, trovando l'espressione del suo viso così buffa da non riuscire a trattenere un sorriso.

Si avvicinò a lei, le prese il viso tra le mani e la baciò, rendendosi conto del fatto che aveva desiderato di farlo sin dalla prima volta che l'aveva vista.

« Io ti conosco. » le sussurrò sulle labbra, subito dopo « Ho camminato con te in un sogno » e non aveva solo ripetuto le sue parole, ma aveva descritto ciò che aveva sognato davvero quella notte.

« Sei in ritardo. » gli fece notare lei « Avresti dovuto capirlo prima. » aggiunse, sorridendogli dolcemente.

« Sakura, sai dirmi per quanto tempo è per sempre? » le domandò, aspettandosi una delle sue risposte incomprensibili e ripensando al suo orologio che ancora non aveva ripreso a funzionare.

« A volte solo un secondo. »





Angolo Autrice


Ed eccoci giunti alla fine.

Mi sono fatta un milione di seghe mentali sul finale di questa fan perché l'idea iniziale era un un bel po' diversa, più complessa, ma il tempo a mia disposizione era ormai giunto al termine e ho dovuto optare per una versione più sintetica. Dato che il regolamento dei contest vieta di modificare la storia prima di due settimane dalla consegna dei risultati e obbliga a pubblicarla, non è detto, quindi, che io non la riveda.

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito i precedenti capitoli e mi auguro di non avervi delusi.

Ringrazio anche _Schwarz per il bellissimo giudizio che è riuscito a rincuorarmi e a farmi tollerare un po' di più questo finale e per lo splendido banner.:-)

In questi giorni dovrei riuscire a pubblicare il nuovo capitolo di Mr Brightside, ma non so darvi una data precisa visto che mi sono '' leggermente '' bloccata e ho un sacco di dubbi.

Un bacione e a presto.


Blueorchid31










   
 
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