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Autore: _browns eyes_    06/01/2017    1 recensioni
E se non ci riuscisse, come diamine facevo a crescerla da solo? E se sbaglio qualcosa, e se non cresce nel modo che desiderava e la deludessi. Chiusi gli occhi per calmarmi, soprattutto per non piangere, ma non funzionò perché appena li riaprii una lacrima sfuggì al mio controllo.
Mi fermai ormai non ero nulla, mi voltai la fissavo vuoto. Lei si avvicinò a me lentamente e mi abbracciò ed io scoppiai a piangere. Come diavolo facevo a crescere una bambina da solo?
Ero semplicemente terrorizzato.
**
“Come? Dammi almeno un motivo!”
“C’è il tuo sposo, fatti aiutare da lui! Io mi tiro fuori”
“Perché? Adesso che eravamo diventati amici”
“è questo il punto! Noi non saremo mai amici!” urlai, facendola sobbalzare
“Perché fai così?”
“Non ti voglio intorno sapendo che non sei più mia. Non ti voglio intorno sapendo che non ti posso baciare e farti diventare mia! Ma soprattutto non ti voglio intorno sapendo che Sheyleen ha intorno sua madre e che non si ricordi di lei. Perché sei tu la madre!” sbraitai in lacrime, lei mi guardò sbalordita.
**
Spero che vi piaccia :)
Enjoy it :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 27:

Don’t talk, let me think it over
How we gonna fix it?
How we gotta undo all the pain?
Tell me, is it even worth it?

 
(The only reason by 5 seconds of summer)

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Erano passati circa due giorni da quando mi ero rinchiusa in camera senza parlare con nessuno. Dylan tentava tutti i modi di chiarire, eppure io mi rinchiudevo a guscio, ponendomi dei tappi nelle orecchie finché non avesse finito. Era un atteggiamento da bambini, ne ero a conoscenza, ma non ero proprio in grado di affrontare la situazione. Anche perché iniziai a rimuginare sulle cose passate e la mia mente mi approdò a quando avevo baciato Louis e a come lui l’aveva presa fin troppo alla leggera. Voleva significare la storia tra i due non era una cosa recente. Ciò mi faceva infuriare ancora di più. In quei giorni, l’unica persona che poteva accedere e che volevo vedere, era Sheyleen, la quale si metteva tra la mie braccia e ci coccolavamo a vicenda. Dovevo ammettere che il dolore sembrava alleggerirsi, però poi ripiombava in maniera peggiore. In quelle quarantotto ore, l’uniche attività, che svolgevo, erano il lavoro e uscire con mia figlia. Non degnavo di uno sguardo a nessuno in quella casa anche perché ne farlo mi sentivo ancora più male. Tutti erano a conoscenza di quanto odiavo essere presa in giro e di quanto non concepissi il tradimento. Ognuno, per circostanze diverse, lo sapeva e, ciononostante, avevano deciso di compiere l’unica azione imperdonabile.

Ero appena entrata in ufficio, dopo aver accompagnato la piccola all’asilo, e con grande sorpresa ci vidi dentro Fabien con in mano delle squadre e due matite: una sull’orecchio sinistro e l’altra in bocca, che poi venne presa per tracciare una linea perfetta.
-E tu che ci fai qui?- chiesi, posando il cappotto sull’attaccapanni e la borsa su una poltroncina di fianco.
-Oh buongiorno capo- mi rispose, sfoggiando un sorriso.
-Capo?- ripetei, leggermente confusa. Lui sollevò le spalle e mi indicò la porta dietro di me. Interdetta, eseguii il suo volere e sussultai nel vedere il mio reale capo di fronte a me.
-Esattamente!- ci interruppe il mio capo. -Signorina Miller, lei e il presente signorino Hoon lavorerete alla ricostruzione di alcuni edifici a Sheffield, attendendo che il suo progetto definitivo sia approvato da altri imprenditori- mi informò, sistemandosi la giacca.
-Ma, signore.. noi siamo a Londra.. come..- provai a informarmi.
-Qui arriva il bello- partecipò con entusiasmo Fabien alla conversazione, incrociando le braccia al petto. -Andremo a Sheffield per qualche giorno in modo da capire quali sono da tenere e quali sono da ricostruire-
-Precisamente- acconsentì il direttore. Ci impiegai qualche minuto per assimilare la fantastica opportunità: mi avrebbe tenuta alla larga da Dylan per qualche giorno, tempo giusto per riflettere e prendere delle decisioni.
-E quando dovremmo partire?- domandai con un lieve sorriso.
-Domani mattina dovrete essere subito in viaggio- concluse il mio capo, lasciando la stanza. Fabien si avvicinò a me e mi posò una mano sulla spalla.
-Con Sheyleen come farai?- mi sussurrò, cautamente. Nessuno in quell’edificio era a conoscenza del fatto che avessi una figlia. Ora che ci riflettevo lui aveva ragione. Egoisticamente avevo pensato solo a me e mi pentii immediatamente. Non potevo lasciarla da sola in una casa, che a malapena conosceva con persone a cui non sarebbe importato nulla. No, non era giusto. Fortunatamente la soluzione era chiara ed evidente. Era finalmente un modo per farla riavvicinare ai suoi familiari. Mi rivolsi verso il mio amico e fissai gentilmente.
-Sarà in buone mani- risposi e lo abbracciai di scatto. Un’azione stupida fatta di istinto, forse dettata da un bisogno matto di un conforto. Fortunatamente, anche se non era a conoscenza di ciò che mi stava succedendo, lui m’accontentò, cullandomi per un po’. Mi fece sollevare l’umore.
-Guido io- mi mormorò all’orecchio, facendomi sbarrare gli occhi e distanziare subito. Il mio terrore era dovuto al fatto che una volta suo padre, Carl, ci aveva incaricato il recupero dei materiali e, nella strada di ritorno, lui stava per ammazzare un povero cane.
-Io non salirò in macchina con un pericolo pubblico-
-Oh andiamo, Brooks, non è colpa mia se quel cane è comparso all’improvviso-
-E con la signora Ferman, come la mettiamo?-
intervenne Carl, entrando nella stanza con due caffè e una cassetta sotto il braccio. Dietro vidimo anche Noemi nascondere un ghigno divertito.
-Hai investito una persona?- chiesi avvilita, aumentando la mia preoccupazione.
-Non investito. Leggermente sfiorata-
-Sfiorata nel senso di averla messa sotto, allora si. Ma sfiorata nell’averle fatto fare una macedonia per strada, in quel caso no-

Il ragazzo s’imbronciò mentre nella stanza si sollevò una risata collettiva. Dovevo ammettere che quelle persone, seppur da poco tempo che lo conoscevo, erano diventate come una seconda famiglia per me. Così tra chiacchiere, squadre e risate proseguimmo quasi tutta la mattinata.

Erano le tre quando mi avviai presso l’asilo per prendere la piccola. Non avevo bene in mente come darle la notizia, ma infondo erano solo tre giorni. La soluzione era Perrie, dato che i ragazzi non mi parlavano, e non era del tutto sbagliata come cosa: ero il la causa del malessere di Louis, lo ammettevo. Stessa motivazione valeva anche per Lottie e sua madre. Perrie era l’unica con cui mi confidavo e che mi era stata accanto in questo periodo nero. Inoltre, Shey era cresciuta con tutti loro e, dunque, sarebbe stata più a suo agio. Tamburellai le dita sul volante per far passare quei cinque minuti, che mancavano al termine delle lezioni. Lanciai uno sguardo sul telefono e mi morsi il labbro. Erano giorni oramai per cui nutrivo l’insana speranza di ricevere un messaggio di Louise. Dalla sua “scomparsa”, il mio cuore non si era ancora rassegnato del suo definitivo addio, anche se avevo fatto di tutto per levarmelo dalla testa. Però poi si era aggiunto anche Dylan e non potevo essere che divisa a metà per entrambi i dolori. Non ero in grado di classificare quale dei due era peggio. Mi indeboliva progressivamente. Mi passai lei mie dita magre sui miei stanchi occhi prima di intravedere la chioma bionda di Sheyleen correre verso la mia macchina e salirci. Si disfò della cartella, riponendola sul sedile posteriore e, tutta eccitata, si voltò verso di me con un sorrisone, che mi contagiò.
-Guarda cosa ci ha fatto fare la maestra- mi  mostrò un piccolo cerchio di das con la scritta “Home” incisa nel mezzo. Sorrisi. -è per te- continuò, riponendolo nella mia mano. -L’ho sempre conservato per la mia mamma. E tu lo sei- mi paralizzai sul posto, incredula.
-Non so che cosa dire- mi commossi, toccandolo leggermente con un lieve timore di romperlo. -Grazie, piccola- conclusi, dandole un altro bacio. Lo appesi allo specchietto e sorrisi istintivamente. Lei era l’unica cosa che mi rallegrava. Impostai la marcia e mi diressi verso casa. Durante il percorso le spiegai la faccenda e non mi parve così turbata nel stare per qualche giorno a casa di Perrie. Anzi, ne fu sollevata. Parcheggiai davanti al portone.
-Tesoro, intanto io vado ad avvisare Perrie, tu sali e fai merenda. Poi quando torno prepariamo la borsa- l’ordinai, gentilmente. Lei confermò le mie parole e, baciandomi la guancia, corse verso il portone. -Ora, arriva il peggio- mormorai, mettendo in moto la macchina.

Non intesi di preciso dove Perrie voleva che l’incontrassi perché non ero molto brava con le vie. Dunque non ricollegai immediatamente l’indirizzo datomi con quello della casa di Louis. O se vogliamo metterla sul personale, con quello della nostra casa. Solo una volta avvertita dal navigatore, realizzai dove fossi. E ne fui sorpresa. Che cosa aveva intenzione di fare? Sapeva benissimo che non ero ben accolta li dentro. Era come se entrassi nella tana del lupo. E inoltre, da quando era successa tutta questa storia con Louis, non ero più tranquilla ad andarci. Era come un brutto ricordo indelebile. Non ero più in grado di considerarla come qualcosa di positivo visto che era come una dimostrazione costante del fallimento della mia vita passata e, anche presente. Mi ero persa così tante così in quegli anni e il rimorso mi stava contorcendo lo stomaco. Con titubanza, scesi dalla macchina, ma non mi allontanai, anzi rimasi a fissarla per una bella manciata di minuti e con il timore, che cominciava ad assalirmi. Abbassai la testa e mi rigirai le chiavi tra le mani finché una voce non catturò la mia attenzione.
-Brooke?- mi chiamò Niall. -Che ci fai qui?-
-Perrie mi ha detto di venire qui per parlare-
-Ah, okay-
si limitò, superandomi. Fece qualche passo per poi bloccarsi, probabilmente non vedendomi dietro. -Penserai di entrare?- mi interpellò, confuso.
-Non ne sono sicura- ammisi.
-Perché?-
-Louis se n’è andato ed è colpa mia-
-Brooke-
mi richiamò, tristemente.
-Lo so che mi odiate, non c’è bisogno di compassione- lo anticipai, posando lo sguardo sui suoi occhi azzurri. Il biondo scrollò la testa.
-Nessuno ti odia per quello che è successo- controbatté con un tono pacato. -Ognuno di noi si incolpa di tutto. Noi per non essergli stati abbastanza vicini..-
-Ed io per averlo abbandonato per così tanti anni- soggiunsi, stringendomi le spalle. Sentii un nodo alla gola e gli occhi mi pizzicavano. Non volevo dimostrarmi debole, ma quella casa mi trasmetteva un senso di tristezza assurdo e, inoltre, avere lui davanti non migliorava la situazione visto che lui mi conosceva meglio. -Come ho fatto a dimenticarmi di mia figlia, Niall.. Come ho fatto a dimenticarmi di lui e di tutti voi?- scoppiai, nascondendomi il viso tra le mani. Al contrario, Niall sospirò e si avvicinò a me. Posò le buste sulla macchina e mi intrappolò in un abbraccio. Mi strofinò dolcemente la schiena e poi mi passò una mano sui capelli. Mi calmò lentamente.
-Non continuare a pensare a ciò che è successo. Ora hai una tua vita. Hai tua figlia accanto e ti stai per sposare. Tutto sta andando nel verso giusto- mi sussurrò dolcemente senza smettere.
-Louis non sta affatto bene- ribattei, staccandomi lievemente e ripulirmi da quelle stupide lacrime. Il mascara mi era colato e con la manica della maglia me lo tolsi velocemente.
-Tornerà anche lui a star meglio- una leggera incertezza trapelò dal tono e, accorgendosene, rimediò quasi subito. -Poi non è andato tutto storto- cominciò, accennandomi un piccolo sorriso. -Lui ha sempre sperato in un tuo ritorno. Ha sempre creduto che un giorno Sheyleen potesse riavere sua madre accanto, nonostante noi lo scongiuravamo di cambiare casa e ricominciare da capo.. E invece, eccoti qua- continuò, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e passandomi la sua manica sulle guance. Aveva un tocco cosi delicato. Nella mia mente si formularono tantissimi e brevissimi flash tra me e il biondo, che mi permisero intendere che non era la prima volta. Mi rattristai maggiormente. -Lui ha sempre avuto ragione e fiducia in ciò che vi legava- concluse, alzando le spalle. Mi rispecchiai nei suoi occhi sinceri e feci una smorfia.
-Lui mi ama- mormorai con estrema fatica.
-Non hai mai smesso di farlo-
-Tutto sarebbe più semplice se l’amassi anch’io-
-Non eliminerei l’opzione che tu già lo faccia-
dichiarò, recuperando le borse dalla mia macchina. Raggelai sul posto. Sapevo di provare qualcosa per Louis, eppure udendolo ad alta voce e da un’altra persona faceva abbastanza effetto.
-Devo sposarmi con Dylan.. lui..- Lui cosa? proseguii nella mia mente. Dovevo ancora sposarlo dopo ciò che aveva fatto? Era più che chiaro che oramai il nostro rapporto non era più come gli inizi. Io avevo tradito lui con Louis e lui aveva fatto lo stesso con Queen. Ci eravamo allontanati fin troppo da prendere per scontato la presenza e l’affetto di uno nei confronti dell’altro. Il nostro amore era una completa abitudine e niente di più. Nessuno dei due guardava l’altro con ammirazione, dolcezza o cose così. Ci comportavamo più come amici. E allora che dovevo fare?
-Hai sempre seguito il volere dei tuoi genitori in questi anni. Per una volta perché non puoi seguire ciò che ti fa realmente felice- mi riportò alla realtà Niall. L’osservai per pochi secondi prima di emettere un sonoro sospiro.
-Niall, è complicato- mi limitai.
-Complicato si, impossibile no. Comunque, dai.. Ora, vieni dentro con me. Pezz ti sta aspettando- mi incoraggiò, indicandomi la strada.
-Va bene- mi arresi completamente e mi sollevai. L’aiutai anche, prendendo una busta, e a piccoli passi ci avvicinammo alla porta d’ingresso. Nel contempo che lui stava suonando il campanello, nella mia mente ci furono delle leggeri fitte.
 

“Stava piovendo quella sera di febbraio e la giovano coppia di fidanzatini stava correndo per tutta la via per cercare di trovare un posto per ripararsi. Era un temporale bello e buono e i due avevano abbandonato l’ombrello nella macchina dei loro amici. Inoltre, il caso voleva che era anche un appuntamento galante tra i due tanto che la ragazza correva tra le strade londinesi a piedi nudi per evitare una bella caduta da quei tacchi vertiginosi. Il castano era davanti e per mano la trascinava di fianco a tutte quelle case finché non intravide una porta di tutte quelle ville semichiusa. Le luci della casa erano completamente spente e l’assenza di macchine nel vialetto mostrava che non vi era nessuno al suo interno. Senza esitazioni il castano vi entrò. La ragazza, dall’altro canto lo seguì, ma la sua titubanza era onnipresente.
-Col cavolo che resto qui- sbottò, al primo rumore, e si avvicinò alla porta.
-Andiamo, amore, finché non finisce il temporale- la persuase, prendendola tra le sue braccia e cullandola un po’. La ragazza fece una smorfia e perlustrò il perimetro.
-E se è infestata?- mormorò, intimorita. In quei giorni la sua migliore amica l’aveva costretta a guardare fin troppi film horror e quello sembrava la classica ambientazione e, forse, anche la classica trama.
-Ma davvero?- trattenne un ghigno il ragazzo. -Ed io che pensavo ai roditori che ti mangiavano i piedi-
-Boo, e che cavolo!!- strillò, sussultando al tocco del fidanzato. Quest’ultimo scoppiò a ridere e andò ad accendere la luce per mostrarle che si stava preoccupando fin troppo. A luce accesa, era anche un’altra situazione: la casa era anche abbastanza grande e l’arredo era in stile contemporaneo. La poltrona rossa a forma di mano ne era l’orrida prova. La fanciulla si strofinò le braccia dal freddo e un piccolo stranuto le scappò, attirando l’attenzione di lui. Sorrise dolcemente e, prima di avvicinarsi a lei per riscaldarla, tirò fuori dalla sua tasca un accendino per appiccare il fuoco nel camino. Ci volle abbastanza affinché il fuoco prese la giusta consistenza e cominciò a emanare calore.
-Forse, non era l’appuntamento che volevi, ma possiamo rimediare- annunciò da lì e la guardò con uno sguardo seduce. E fu anche così. Guardarono ogni spazio della casa per trovare qualche cosa da mangiare e da bere. Riuscirono a scovare un buon vino e dei salati ancora buoni. Non era il massimo, ma l’atmosfera migliorò con la musica. Lenta. Tipica per un ballo, come piaceva a lei.
Mentre danzarono, la castana appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
-Fin troppo perfetto, te lo concedo- ammise con un sorriso soddisfatto. Ci un momento di silenzio. -Abbiamo bruciato le tappe, vero?-
-Siamo stati più veloci, questo si-
-Le ragazze alla mia età dovrebbero essere entusiaste per il college, e invece io sto per diventare madre. Poi ti immagini me come madre? Sarei l’esempio peggiore-
-Tra noi due, sei tu quella più portata-
-Non ho avuto un modello di riferimento. Insomma, che potrei dire a mia figlia? Tua nonna mi ha sbattuto fuori di casa, ma tranquilla, non lo farò con te.. Non so che pensare..-
-Pensi che sarà una femmina?- trasse in conclusione lui, per sdrammatizzare.
-Se me la immagino, si.. Me la immagino, alla nostra età, scendere quegli scalini con un perfetto vestito, lasciando a bocca aperta il suo accompagnatore per il ballo-
-Non è ancora nata e già pensi al suo primo ballo-
-Un po’ di immaginazione non fa male- ribeccò, ridendo.
-Sai cosa mi immagino io?- la sfidò, sfiorandole le guance. La tirò a sé fino alle scale e sorrise. -Vedervi scendere da queste scale ogni mattina e rendermi conto di quanto sia felice e orgoglioso di avervi nella mia vita- le sussurrò, abbracciandola da dietro. Le loro mani erano incrociate sul grembo di lei.
-Voglio questa, Boo- affermò con gli occhi lucidi di gioia. -Questa è perfetta per noi-
-Ma non sappiamo neanche se è in vendita- replicò in un primo momento, ma quando incrociò i suoi occhi verdi si bloccò. Rimase completamente in silenzio e, in seguito, la baciò. -Benvenuta nella nostra nuova casa- concluse, ridendo. La ragazza tirò un piccolo urletto e gli saltò addosso. Si strinsero entrambi forte. Finalmente avevano un posto da chiamare casa.”

 

Sbattei più volte le palpebre per assimilare ciò che stava capitando, mentre davanti a me c’era Lottie, la quale mi osservava confusa e sorpresa contemporaneamente, passando lo sguardo da me al biondino e viceversa. Indietreggiai di un piccolo passetto, nascondendomi quasi dietro Niall, il quale si fece spazio e mi trascinò con sé. L’atmosfera, che arieggiava in quella casa, si mutò al mio ingresso. Perlustrai in giro e mi soffermai sulle scale. Mi venne in mente come nei mesi precedenti, Sheyleen correva giù ogni volta per venirmi a salutare. In quel momento fu Perrie a sostituirla. Finalmente un faccia rassicurante, anche se anche il sorriso gentile di Liam e Megan mi confortò. Nella casa erano presenti anche Harry, Zayn e la madre di Louis, Johannah. Quest’ultima si portò una mano sulla bocca dallo stupore e un piccolo luccichio passò nei suoi occhi azzurri. Probabilmente eravamo abbastanza legate prima dell’incidente. Tuttavia, la mia attenzione fu attirata da un ciondolo d’oro al suo collo, infondendomi una sensazione famigliare.
 

“I due soliti protagonisti stavano camminando per la strada principale della cittadina natale del ragazzo, Doncaster, e stavano oltrepassando il più veloce possibile dei gruppetti di ragazzine, accostate di fianco ad un piccolo bar. Louis era solito ad andare a prendere qualche dolce alla madre e alle sorelle in quel bar, eppure la presenza delle fan lo fece rinunciare all’idea. Lui aveva addosso un cappuccio con una sciarpa di lana bianca, che lo proteggeva sia dal freddo di gennaio sia dalla possibilità di essere riconosciuto immediatamente. A lui non dispiaceva stare con le fan, anzi adorava scambiarci qualche chiacchiera, eppure in quel momento la sua unica preoccupazione era il modo per dare alla sua famiglia la notizia. D’altro canto Brooke si sistemò il cappello e si avvicinò ancora di più al fidanzato per recuperare più calore possibile. Erano usciti con l’intenzione di comprare qualcosa per la cena di quella sera, eppure il freddo li impedì di stare in giro ancora per molto. La castana frugò all’interno della borsa per controllare la condizione dei vari regali e ne fu sollevata nel vedere che erano ancora intatti. Così, a braccetto si diressero verso la calda dimora. Ci misero circa una ventina di minuti ad arrivare a casa e la ragazza notò due ragazzine giocare con la neve. Stavano costruendo l’ennesimo pupazzo di neve, ma appena videro la figura del fratello si lanciarono addosso. Egli era felicissimo nel riabbracciarle di nuovo e dimenticò per un attimo anche la presenza della fidanzata. Seppure le due poi passarono anche a salutare la nuova arrivata. Si spostarono in casa e Brooke si tolse il cappello per educazione. Il suo naso gelato incominciò a gocciolare al caldo e le sue mani a surriscaldarsi.
-Brooke- esclamò qualcuno alla sua destra, direzione della cucina, con un tono felice e allargando le braccia. Lei sorrise a notare la figura di Johannah e le corse incontro per il solito caloroso abbraccio. In quel tempo passato insieme, lei la considerava come una madre e la cosa era reciproca anche per la donna. -Sto facendo i biscotti, vuoi aiutarmi?-
-Siamo appena arrivati e già me la rubi?- intervenne il figlio, dando un dolce bacio sulla guancia della madre. Quest’ultima ridacchiò e ricambiò il gesto. La castana si allontanò e, salutando anche l’ultima ragazza rimasta, Fizzy, prese dalla borsa un piccolo cofanetto bordeaux e si riavvicinò alla prima. Louis sorrise dolcemente e intimò la madre ad afferrarlo.
-Brooke, ma non dovevi-
-Lo so, ma è stato un piacere- alzò le spalle e concesse un sorriso.
-Ed è per questo che mi sono preparata anch’io- annunciò Johannah, tirando fuori dalla tasca una busta gialla. La ragazza fissò il fidanzato per capire cosa significasse e Louis scosse la testa per farle capire che non c’entrava nulla e che non ne sapeva assolutamente nulla.
 -Apriteli insieme- commentò Lottie dietro di loro, appoggiata con il gomito alla sorella Fizzy. -E sbrigatevi, vogliamo sapere cosa sono- aggiunse, facendo ridere tutti. Le due donne seguirono il consiglio e si meravigliarono dal gesto dell’altra. La quarantenne aveva ricevuto un piccolo ciondolo oro a forma di piccolo cuore con una piccola incisione “I love you”. Invece la ragazza ricevette un piccolo quadretto con una foto, risalente al natale passato. Si ricordò perfettamente quel momento in cui si scattarono la foto e la giovane ragazza ammise che la donna era come una madre per lei e che non la poteva ringraziare abbastanza. Come, d’altronde, Johannah si ricordò perfettamente del momento in cui loro due, qualche anno fa, erano di fronte alla gioielleria londinese e la più anziana ne ammise subito la volontà di quel ciondolo, che ora era nel suo possesso. Erano entrambe con un piccolo luccichio agli occhi e commosse dal gesto fatto.
-Grazie- dissero all’unisono, abbracciandosi.
-Guai a te se te la fai scappare, Louis William Tomlinson- lo minacciò la madre, con la ragazza tra le braccia.
-Non lo farò- rispose il diretto in questione, ridendo e facendo un occhiolino alla fidanzata. Le vacanze natalizie non potevano iniziare in maniera migliore.”

 
-Bis, dimmi- mi disse Perrie, appoggiandomi una mano sulla spalla. Scossi la testa e mi concentrai su di lei. Voleva che parlassi davanti a tutti? Boccheggiai varie volte e intesi la sua testardaggine.
-Potresti tenere Sheyleen per qualche giorno? Devo partire per lavoro e non posso proprio portarla-
-Perché non hai chiesto a Dylan?-
s’intromise Zayn, confuso. In effetti era una domanda lecita.
-Perché lui non è la sua famiglia. Voi lo siete- risposi e notai la lieve sorpresa nei loro occhi. -Poi, le mancate tanto e non vede l’ora di stare con voi.. Puoi?- mi riferii ancora alla mia amica, che acconsentì felicemente. Ci fu un silenzio imbarazzante visto che non avevo visto nessuno di loro da un po’ di tempo. Erano abbastanza cambiati, soprattutto Harry. Era più magro dell’ultima volta e aveva delle occhiaie sotto i suoi bellissimi occhi verdi. Ora che notavo meglio, constatai delle occhiaie sotto gli occhi di tutti. Stavano attendendo il ritorno di Louis, dedussi. Mi morsi un labbro e la mia amica mi tirò un piccolo schiaffetto per farmi riprendere. I suoi occhi azzurri erano seri e mi incitavano al contempo di fare qualcosa. Okay, ma che cosa? Fortunatamente, ci fu un altro che intervenne.
-Vuoi rimanere con noi?- mi chiese Niall, raggiungendoci dalla cucina. Probabilmente aveva sistemato le cibarie in quel lasso di tempo. Era così naturale che mi fece rasserenare per poco. Malgrado ciò, scossi la testa automaticamente e giocherellai con le dita.
-No, grazie.. A proposito, la porto da te..-
-Portala qui.. Ormai stiamo tutti qui-
disse Harry, sospirando. Nascosi la mia sorpresa e confermai le sue parole, indietreggiando fino alla porta di ingresso. La mia amica mi venne dietro e, salutando in modo imbarazzante tutti, mi recai con la bionda verso la mia macchina.
-Poteva andare peggio, no?- sospirò lei, appoggiandosi sulla macchina.
-Poco ma sicuro.. ora devo andare, Pezz.. Ci vediamo domani mattina presto-
-Fammi uno squillo quando sei fuori, che vengo a recuperare Shey-
-Grazie mille per tutto-
conclusi, regalandole un forte abbraccio e un bacio sulla guancia. Ricambiò con molto piacere e si diresse verso la porta. Accesi la macchina e, salutandola un’ultima volta, me ne ritornai a casa.

Era stranamente silenzioso l’appartamento, ma meglio così. Mollai i vari oggetti sul tavoli e mi affondai sul divano. Non ero esausta, ma semplicemente avevo bisogno di un po’ di comfort prima che arrivassero delle persone indesiderate. Ci furono dei rumori di sottofondo, derivanti dalla camera di mia figlia, e capii che stava preparando le sue cose. Mi strofinai gli occhi e sbadigliai leggermente.
-Sei tornata- annunciò qualcuno di fianco a me. Indirizzai lo sguardo verso la voce e notai la figura di Dylan in piedi e a braccia conserte. Sospirai pesantemente.
-Non voglio parlarti- risposi stancamente.
-Dovrai farlo prima o poi-
-Come tu hai fatto nel dirmi delle tue scappatelle con Queen, la mia migliore amica?-
gli ricordai, acidamente, il suo errore. Si ammutolì per qualche secondo, prima di avanzare un passo in avanti verso di me.
-Non era pianificato e non significa assolutamente nulla, devi credermi- titubò un secondo nella seconda parte della frase e la sua incertezza la colsi immediatamente. Mi raddrizzai e posai gli occhi tristi e stanchi su di lui, il quale era inginocchiato davanti a me. Voleva affrontare la situazione e gliel’avrei concesso. Era inutile continuare a scappare. Era giunto il momento di affrontarlo.
-Ora ho capito come la guardi, Dy- dissi in un primo momento, lasciando che mi accarezzasse la mano. -A te piace e non poco- confessai e lui ne sembrò sorpreso. Ci impiegò un bel po’ di tempo per obiettare qualche parola balbettata. -Sii sincero- lo fermai e lui distolse lo sguardo. -Come pensavo-
-Va bene- si arrese, sedendosi accanto a me. -Si, provo qualcosa per Queen e ho cercato reprimere questo impulso, ma non è andato a buon fine. Lei mi ama da ben quattro anni, Brooke- dichiarò con un’espressione afflitta. -Tutto è successo quando è tornata a Broomfields a dicembre- incominciò a raccontarmi con un tono cupo e deluso. -Ci siamo incontrati, abbiamo preso un caffè e abbiamo parlato. È stato terribile.. mi ha raccontato di come tu fossi presa da un ragazzo e di come lui ti aiutava a fare cose che dovevo fare io.. Mi sono sentito a pezzi, tradito- fece una piccola pausa per poi proseguire. -Mi ha proposto di andare in giro con la comitiva ed io ho accettato. La stessa sera lei si è dichiarata e mi ha baciato.. aveva sfruttato l’unico momento di irrazionalità e poi.. tutto in discesa.. Ogni volta che le dicevo che volevo te, lei ritornava sempre al discorso Louis e.. poi con la continua sensazione che tu mi allontanavi freddamente perché era come se preferivi loro a noi, mi sono lasciato andare..- confessò e provai immediatamente una fitta di rimorso allo stomaco dato che non me ne ero neanche resa conto del suo malessere. E intesi quanto ero stata ingiusta, cieca, in quei mesi. Sul suo viso comparve un sorriso sarcastico, amaro. -Ma vedo che si era sbagliata.. A te piace Louis più di quanto tu non vuoi ammettere- sussultai e abbassai la testa. -A me sta bene così, Bi, perché ho sempre saputo che era inevitabile. Lui ti trattava come io avrei dovuto..-
-Cosa ci è capitato, Dy?- sussurrai, togliendomi i capelli dagli occhi.
-Io ti amo, Bi- soggiunse, catturandomi di nuovo le mani e accarezzandomi la guancia. -Si, i miei sentimenti per Queen saranno pure diversi, ma quelli per te sono sempre gli stessi perché mi ricorderò sempre della prima volta che ci siamo incontrati e di come quel tubino rosa ti stesse malissimo-
-Perché la cravatta rossa a righe bianche era meglio?- ribattei.
Accennammo una piccola risata.

-E di come mi sento completo con te. Queen potrà darmi qualunque cosa, si, ma tu mi completi. Perciò, te lo chiedo a te.. Ora cosa facciamo?-
-Io.. non lo so..- ammisi, guardandolo negli occhi. Lui annuì solamente e, baciandomi la fronte, si alzò e s’incamminò verso la cucina. Però prima di entrarvi, mi degnò ancora della sua presenza. -Qualunque cosa tu deciderai di fare, io l’accetterò- terminò, sparendo dalla mia vista. Una lacrima scese sulla mia guancia e, sospirando, raggiunsi mia figlia in camera per preparare la borsa. Come avevo già previsto, aveva appoggiato pile di vestiti e giochi sul suo letto. Mi avvicinai a lei e la baciai dolcemente sulla guancia. Poi, lei si mise a colorare delle figure sul suo libro, al contrario io le sistemavo la roba scelta in un grosso borsone nero, datomi da Perrie il giorno seguente alla litigata con Louis. Ad ogni maglietta che piegavo, rimuginai sulle parole di Dylan. Ero solo più confusa e avrei voluto che avesse preso lui la decisione finale su questa situazione. Eppure sapevo che era difficile anche per lui poiché entrambi eravamo innamorati di due persone contemporaneamente. Si, nonostante tutto, provavo ancora dei sentimenti per lui, anche perché tre anni passati insieme non si possono cancellare in un giorno solo, ma non erano più cosi forti. Cosa dovevo fare?
Forse in quei giorni di pausa a Sheffield mi porteranno qualche saggia decisione.

La notte passò velocemente e la mattina seguente feci di corsa per prepararmi in quanto Fabien sarebbe passato a minuti a prendermi. Ebbene si, dopo una lunga ed esausta conversazione gli avevo concesso di guidare all’andata, mentre io lo farò al ritorno. Sheyleen era ben che preparata davanti all’ingresso con il suo piccolo peluche tra le braccia e uno zainetto sulle spalle. Io mi misi in fretta il giubbotto visto che il mio amico era giù ad aspettare e inviai il messaggio a Perrie, come stabilito. Afferrai la mia borsa.
-Dove vai?- mi interpellò una voce dietro di me.  Mi voltai e notai Tina in pigiama, interdetta dalle due valigie.
-Devo andare via per qualche giorno per lavoro- mi limitai, prendendo anche il borsone della bimba e prima che potesse rispondere con qualche altra domanda, io e lei ci fiondammo verso l’ascensore. Salimmo in macchina e, salutando il guidatore, partimmo per la casa di Louis. Come previsto Perrie era fuori a parlare con Zayn, il quale stava fumando una sigaretta. Appena la macchina si fermò vicino al marciapiede, la piccola tirò un piccolo urletto e scese quasi immediatamente dalla macchina per gettarsi tra le braccia del ragazzo. Il diretto in questione rise e l’abbracciò forte a se. Sapevo di aver preso la giusta opinione. Li raggiunsi con il borsone.
-Te l’avevo detto- mormorai a Perrie, che annuì ridendo. Almeno un po’ di felicitò entrava anche in quella casa. Le passai il borsone e l’abbracciai.
-Riposati-
-Sai che dovrò ispezionare ogni edificio storico e valutare se va ristrutturata o completamente demolita, vero?-
accennai un lieve risata e lei si unì a me. -Ma posso provarci-
-Portami qualcosa-
-Lo farò-
conclusi. Intanto Zayn era di fronte a noi, regalandomi un piccolo sorriso al quale ricambiai più che volentieri. Shey, che aveva la testa appoggiata sulla sua spalla, mi salutò con la mano e un bacio volante. -Divertiti- mi rivolsi a mia figlia, la quale annuì felicemente. Concedendo un ultimo saliti a tutti e tre, raggiunsi Fabien in macchina. Lui girò la chiave e mi fissò con un sorriso malizioso.
-Andiamo?- mi domandò.
-Andiamo- confermai, con sicurezza e allacciandomi la cintura.

 Ci mettemmo in viaggio, che durò un tre ore abbondanti per quella cittadina. Ascoltammo della musica e, appena passò per la radio la sua canzone preferita, si mise a cantarla a squarcia gola. E non sarebbe stato male, se non fosse che egli era stonatissimo. Faceva delle mosse stupide e non potei trattenermi da non ridergli in faccia. Parlammo anche di vari argomenti, toccandone anche dei personali. Arrivammo in centro per l’ora di pranzo.
-Che ti va di fare?- domandai, slacciandomi la cintura, mentre lui parcheggiò la macchina. Si guardò intorno.
-Piano: uno di noi cerca qualcosa da mangiare, l’altro va in albergo per ritirare le chiavi. Poi pomeriggio ci mettiamo al lavoro.. Okay?- propose, guardandomi.
-Va bene, ma io cerco da mangiare.. Ho bisogno di aria-
-Ma certo, Milady-
sorrise, riaccendendo il motore. -Ti mando un messaggio con tutte le informazioni che ti servono per arrivare all’hotel- mi informò. Acconsentii, afferrando la borsa, scesi dalla macchina e, salutandolo, mi diedi ad una camminata lungo quella grande strada. L’atmosfera di quella cittadina mi piaceva. Non era molto grande e infondeva tranquillità e sicurezza. Passai vicino a tantissime boutique e altri piccoli negozietti. Sinceramente non ero molto sicura su cosa prendere, ma infondo una semplice pizza metteva d’accordo tutti. Il problema era che non sapevo come muovermi giacché ero una semplice turista; e chiedere qualche indicazione era l’ideale. Mi guardai attorno e mi bloccai di scatto alla visuale di un ragazzo poco più avanti a me. Aveva una figura abbastanza familiare. Avanzai qualche passo e sembrava che.. Non era possibile. Ebbi un tonfo al cuore, il quale ricominciò a battere ancora più velocemente. -Louis?- mormorai, insicura a quel ragazzo volto di profilo e intento a guardare la vetrina di una piccola caffetteria del centro. Lui sussultò e si girò verso la mia voce. Sgranò gli occhi in maniera disumana e si dovette reggere per non cadere. Mi scrutava da capo a piedi e la sua meraviglia non volle scomparire.
-Brooke, che ci fai qui?- domandò, impietrito. Mi portai una mano alla bocca con quelle lacrime che si imputavano per uscire dai miei occhi. Mi avvicinai lentamente, però poi corsi e mi buttai tra le sue braccia, crollando. Avevo aspettato troppo quel momento.
-Non mi abbandonare ancora, Lou- lo scongiurai, stringendomi a lui, il quale era leggermente sorpreso e poi, ricomponendosi, ricambiò la stretta, accarezzandomi dolcemente i miei capelli castani.
-Non lo farò, Bis- rispose, appoggiando il suo mento sulla mia spalla. Finalmente dopo quasi due settimane lo stavo riabbracciando. Non mi sembrava vero.


Ciaoo :)
No, non è un'illusione. Ho veramente aggiornato con il 27esimo capitolo di Remember When dopo un lunghissimo periodo.
Vorrei scusarmi per l'emminso ritardo.
Ma comunque, vorrei dire che in questi giorni ho riletto quasi tutta la storia fino adesso e vorrei scusarmi per i terribili errori grammaticali/di battitura, che ci sono. Quando rileggo, propbabilmente leggo direttamente la cosa giusta e non noto l'errore. Perciò perdonate. Appena sarà finita, la rincontrollerò tutta e la correggerò. Mi scuso se ci sono anche in questo capitolo u.u
Comunque, in ogni caso, che ne pensate?
Sinceramente, non avendola ripresa per un po', non sono completamente entusiasta. Ma va beh, cercherò di riprendere bene il tocco ahah
è molto concentrato su Brooke e su questa opportunità di lavoro, per cui incontra LOUIS **
Potrà accadere qualcosa tra i due? Insomma Brooke è molto fragile per la situazione con Dylan.. Si vedrà ahah
A proposito di Dylan, non so come, ma non riesco ad odiarlo, perciò ho cercato di renderlo meno odiato possibile :')
E, dato che ho letto la terribile notizia, ho voluto concedere anche un piccolo spazio alla mamma di Louis, Johannah. Spero che sia in un posto migliore u.u
Comunque, vorrei ringrazare di cuore:
-chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate
-chi l'ha recensita
-chi la legge e chi ha aspettato così tanto per il nuovo capitolo :')
-E Sara_Scrive per il meraviglioso banner.
Spero di poter aggiornare con il ventottesimo il prima possibile.
Spero che vi sia piaciuto e che me lo facciate sapere con un piccolo commento.
A presto, ciaooo xx

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