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Autore: Alexiel Mihawk    13/06/2009    4 recensioni
Inizia una nuova avventura per Rufy e la sua ciurma.
Nuovi compagni li accompagneranno in un viaggio verso lo One Piece.
Un viaggio in cui scopriranno che il tempo non è affatto ciò che loro credevano fosse.
Genere: Azione, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Capitolo 3: Breaking the law
  Betato da Gina <3




È noto che spesso l’inazione venga scambiata per pace.
Krakatoa viveva da tempo avvolta da un alone di calma e tranquillità.
I soldati trascorrevano le loro giornate ridendo e giocando a carte, le veglie notturne dormicchiando e bevendo in compagnia.
La noia regnava sovrana.
Noia.
Il giovane Herb Graig Snider, quando si era arruolato, pensava ad una vita piena di avventure.
Si immaginava di solcare i mari e dare la caccia a pericolosi pirati.
Sognava di combattere, stringendo nelle mani il suo fucile di ordinanza, di fare carriera e magari, un giorno, diventare famoso.
Si immaginava tutto, tranne che essere confinato in quell’isola a fare la guardia a un edificio.
Una stupida costruzione di pietre e metallo che conteneva chissà che cosa.
Forse se l’avesse saputo sarebbe stato in pace con sé stesso, ma non ne era del tutto certo.
La verità era che nessuno, tranne i pochi addetti che vi lavoravano all’interno, sapeva cosa ci fosse nella base militare di Krakatoa.
Qualcuno penava vi nascondessero delle potenti armi che avrebbero garantito loro la vittoria in qualsiasi guerra.
Altri credevano che vi facessero esperimenti scientifici di alto livello.
Molti se ne sbattevano allegramente le balle, felici di potersi guadagnare la pagnotta senza rischiare la pelle.
Nessuno si sarebbe mai aspettato che fosse la sede dei principali archivi governativi.
Certo, in molti erano a conoscenza del fatto che gli archivi del governo erano molti ed erano sparsi per gran parte delle isole dell’oceano… ma a Krakatoa?
No, quella era un’isola dimenticata da Dio e dagli uomini.
Quella sera il povero soldato semplice Snider stava giocando a poker con i suoi colleghi e a dirla tutta stava pure vincendo.
- Cazzo Herb, devi piantarla di barare a ‘sto modo! – sbottò il suo collega, Roger Petersson – di questo passo finisco in mutande prima delle due! –
Mezzanotte e mezza era passata da poco e il loro turno di guardia sarebbe durato fino delle cinque di quella mattina.
- Stai buono Roger, tanto mica può continuare a vincere – disse il terzo genio del gruppetto, un tale di nome Wes Fowler, arruolatosi un paio di anni prima in un’isola dalla parte opposto del mondo.
- Dài ragazzi, per una volta che vinco! – celiò Herb tutto allegro.
- Per una volta che vinci ti riempiano di botte – asserì Wes.
- E perché? Mica sto barando, tu bari e perdi! –
- Piantatela cretini! – esclamò Roger esibendo le carte – poker d’assi, signori. Sganciate la grana –
I due lo fissarono inebetiti.
- No – disse Snider leggermente contraddetto – Guarda che stavo vincendo io –
- Roger, quando bari, aspetta di essere l’ultimo, non ci sono cinque assi in un mazzo di carte – Fowler gli sventolò sotto il naso un asso di picche – Coglione –
Petersson li fissò per un attimo, quindi alzò le spalle.
- Cambiamo gioco? –
Wes stava per proporre il ramino, ma non fece in tempo a dirlo che un enorme boato fece saltare in aria il cancello principale.
Schegge di legno e pezzi di ferro volarono per tutto il cortile, investendo in pieno la prima linea di guardie mezze rincoglionite.
- Fatto – esclamò un uomo dall’aspetto davvero ambiguo apparendo sulla soglia del cortile.
- Che schifo! È in mutande! – esclamò Herb prima di venire buttato a terra da un pezzo di muro.
Nessuno, mai, in duecento anni, aveva assaltato Krakatoa.
E se l’aveva fatto, non era tornato per raccontarlo.
Non perché la base dell’isola fosse dotata di armi ultrasoniche ammazza pirati o perché i soldati della guarnigione fossero tutti eccellenti uomini d’arme, no, si trattava di qualcosa che si trovava sotto l’isola.
Un essere antico.
Leggendario.
Poi, certo, i soldati di guardia erano molti, moltissimi, ma per pirati addestrati alla battaglia, quegli stessi pirati che avevano assalito Eneis Lobby, qualche misero marine non era certo un ostacolo.
Rufy, allegro come una pasqua, si mise a menare colpi a destra e a manca, cercando di colpire qualsiasi cosa si muovesse.
Zoro dal canto suo sembrava divertirsi moltissimo a far volare per aria la gente e a distruggere le certezze di quei poveracci che gli sparavano addosso.
Sì, esistevano uomini a prova di proiettile.
No, quello che vi hanno fatto credere in marina, ovvero che gli uomini sono mortali, non è sempre vero.
I due, a cui Nami aveva concesso carta bianca, stavano letteralmente facendo volare i nemici.
Questa era la prima parte del famoso piano della navigatrice.
Distraeteli.
 
- Il piano è questo – aveva detto Nami passandosi una ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio sinistro.
- Ci divederemo in tre gruppi: il primo sarà composto da Rufy e Zoro, il secondo da me, Robin e Franky e il terzo da Sanji e Chopper –
Quindi aveva mostrato loro la cartina, che rappresentava la base militare.
- Franky, tu farai saltare il cancello, dopodiché Rufy e Zoro li terranno impegnati mentre io, te e Robin entreremo nella porta sulla destra. Al primo piano ci sono gli archivi, dovremo arrivare lì senza fare troppo casino, Franky a te il compito. Una volta arrivati, apriremo la porta con questo pass elettronico, intestato a… - Nami lesse il nome sul cartellino – Capitano Alonso Gonzales? Che nome di merda!  -
- Sarà bello il tuo – borbottò Rasky – Questo è quello posso offrirti, bella –
- Primo – sibilò Nami – Il mio nome è stupendo. Secondo, nessuno leggerà il nome sul cartellino. Terzo, stia zitto, ok? –
L’uomo aveva alzato le spalle.
- Sì, Naminuccia mia, il tuo piano è brillante e geniale… - iniziò Sanji.
- Ma noi cosa facciamo in tutto questo? – finì Chopper per lui.
- È palese, voi due resterete qui. Questa sarà la nostra base operativa e la difenderete in caso di attacco. Sarà un lavoro semplice, non c’è bisogno di esporci tutti quanti. –
- Tantomeno avremo bisogno di qualcuno che ci impicci – esordì Zoro dal nulla.
- Cosa vorresti dire, Marimo? – ringhiò Sanji che, pur non essendo esattamente soddisfatto della decisione della rossa, non osava dire nulla.
- Intendo dire…-
- Un cazzo! – si intromise la navigatrice – Roronoa se non la pianti mollo qui anche te. Andiamo in pochi perché non dobbiamo attirare troppo l’attenzione, idioti! E subito dopo ce la daremo a gambe. –
 
- E che diamine! Quante cavolo di porte ci sono? – sbraitò Franky arrivato all’inizio di un lungo corridoio.
Robin si guardò in giro.
Doveva ammettere che i due ebeti là fuori stavano facendo un ottimo lavoro, ma loro tre avrebbero dovuto darsi una mossa.
- Secondo questa cartina, la porta è quella in fondo al corridoio – esclamò Nami indicando dritto davanti a sé.
Su ogni lato si aprivano una serie di innumerevoli porte in mogano nero, ma solo quella in fondo era di metallo.
- Andiamo allora, che poi devo andare a bermi una cola. –  
- Pensi sempre a quello – borbottò la rossa armeggiando davanti alla porta di ferro.
- Che vuoi farci, ognuno ha le sue priorità. –
- Le tue sono insulse – berciò la navigatrice, che in quel momento era più seccata del solito.
La porta di acciaio risaltava in fondo al corridoio. Il pass che era stato dato loro, doveva essere inserito in uno spiraglio laterale, quando Nami lo fece,  apparve una tastiera metallica sulla quale avrebbe dovuto digitare un codice numerico segreto.
- Se è sbagliato, lo uccido –
La porta si aprì cigolando.
Centinaia di scaffali, schedari, pile di fogli apparvero ai loro occhi. Quella stanza era eccezionalmente disordinata, ma soprattutto era immensa.
- E poi quello disordinato sarei io – borbottò Franky spalancando gli occhi.
- Stai zitto, vediamo di darci una mossa –
 
- Ehi Zoro, io sono a 208 – esclamò Rufy ridendo come un idiota.
- Io a 210, sei rimasto indietro, eh! –
I due ebeti stavano giocando con i soldati della marina che avevano preso alla sprovvista e si stavano pure divertendo.
Il comandante della base, quando aveva saputo dell’attacco,  era stato indeciso se nascondersi in un angolino a piangere, conscio della disparità di forze, o se fare qualcosa di concreto per contrastarli.
Alla fine aveva prevalso il suo buon senso e, nonostante le proteste dei suoi uomini, aveva cercato, vanamente, di organizzare un’offensiva.
- Li prenderemo in mare – aveva detto al suo sergente maggiore.
Aveva organizzato un gruppo di volontari che intrattenessero i pirati, un altro lo aveva mandato a cercare la loro nave e informazioni nella città.
Poi scese nei sotterranei.
 
Sanji e Chopper erano rimasti alla locanda e, mentre il primo stava decantando le lodi della bella Ariel e il secondo era impegnato a giocare con Kira, la botola che dava sulla locanda si spalancò, lasciando passare una cameriera trafelata, con i capelli scomposti e il fiato corto, segno che aveva corso fino a lì.
- Ariel, stanno arrivando! – esclamò tirando la ragazza per un braccio.
- Calmati, chi sta arrivando? -
- La marina. Hanno scoperto che i pirati che li hanno attaccati hanno alloggiato qui e forse ci sono ancora e stanno venendo in massa. –
- Fico! – rispose Kira, che trovava le situazioni spinose particolarmente divertenti.
- Fico un cazzo! – Ariel si morse un labbro – Uscite tutti, chiudi il locale, fingeremo non ci sia nessuno. –E avrebbe anche potuto funzionare come piano,  se i marine non fossero stati guidati da Felicia Doom.
Il sottotenente Doom e Ariel non erano mai andate molto d’accordo, forse per il fatto che erano entrambe donne, forse per il fatto che la prima era invidiosa della bellezza della seconda o, più semplicemente, perché Felicia aveva sempre sospettato che la bella locandiera svolgesse attività illegali.
- Ehi, capelli celesti, esci fuori! – urlò in un megafono quasi più grande di lei.
Ariel, ovviamente, non ci pensava nemmeno.
- Si stuferà – borbottò caricando un fucile a pompa.
E Felicia si stufò davvero, non era mai stata un tipo paziente.
- Ho sempre odiato questo posto – sbraitò ai suoi sottoposti – Dategli fuoco, vedrete come usciranno i conigli! –
I soldati, che avevano circondato la locanda, eseguirono velocemente l’ordine gettando sulla locanda fiaccole accese, rompendo le finestre e buttando all’interno del locale, bottiglie di alcool pronte  a prendere fuoco.
- Pasticcino – disse Sanji sentendo odore di legno bruciato – Ci danno fuoco –
La ragazza spalancò gli occhi, le stavano bruciando la locanda.
Quella figlia di mignotta della Doom le stava davvero dando fuoco alla locanda!
- Troia – esclamò facendo per uscire.
- Aspetta!  Se esci ti spareranno contro – Sanji la trattene per un braccio – Non fare cazzate. –
Le fiamme avevano oramai avvolto i piani superiori e lo scantinato stava iniziando a riempirsi di fumo.
- Sanji, se restiamo qui, soffocheremo – fece notare Chopper preoccupato.
Ariel poggiò il fucile contro la parete.
- Lo sapevo, lo sapevo che non mi avreste portato altro che guai. –
I due pirati abbassarono lo sguardo, in effetti, era colpa loro se la sua locanda stava bruciando come carta.
- Andiamo forza – borbottò quindi, legandosi i capelli celesti sul capo.
Facendosi aiutare dal cuoco, spostò una pesante credenza di legno rivelando uno stretto e polveroso passaggio.
- Un tunnel carpale! – esclamò Kira estasiata.
- Un cosa? – domandò la sorella, sconvolta – Oh, lasciamo perdere –
Prese una torcia e l’accese.
- Muoviamoci prima di finire arrosto –
Sanji annuì, prese una seconda torcia ed entrò per primo dentro al passaggio.
- Certo che per essere una semplice locanda, ne ha di passaggi segreti e vie di fuga, amore della mia vita! –
Ariel scostò una ragnatela e alzò le spalle.
- In origine era una casa da gioco gestita da contrabbandieri, mi ci sono voluti anni per trovare i passaggi e memorizzarli –
- E questo dove porta? – domandò Chopper incuriosito.
- Fuori dalla città, sulla costa –
 
- Yohoho, quindici uomini sulla cassa del morto e una bottiglia di Rum! –
- Vuoi tacere, stupido scheletro?! – sbraitò Eve, comodamente stravaccata sul ponte della nave – Sto cercando di dormire! –
- Potrei – celiò Brook – se mi dicessi di che colore sono le tue mutandine oggi –
Cinque secondi dopo si ritrovò inspiegabilmente spiaccicato contro l’albero maestro.
- Per fortuna che sei già morto – fece notare Usop guardandolo.
L’alba sarebbe sorta di lì a poco e loro stavano ancora aspettando i compagni.
Eve si era palesemente rotta le scatole e aveva iniziato a rompere le scatole ai due membri della ciurma rimasti; Usop, sentendosi preso in considerazione, le aveva raccontato di quella volta che aveva ucciso duecento mostri marini con tre proiettili, mentre Brook, come risultato, aveva iniziato a cantare e ancora non aveva smesso.
- Yohoho, vado a consegnare il liquore di Binks –
La giovane cominciava seriamente a meditare il suicidio.
I casi erano due: o il suo capitano la odiava e l’aveva mandata lì con lo scopo di farla uscire di testa, oppure lo aveva fatto sperando che li uccidesse tutti.
Quando cominciava a perdere ogni speranza, arrivò il primo gruppo di sfollati.
Sanji era pieno di ragnatele e il suo vestito da becchino era rovinato in più punti, dietro di lui veniva una ragazza molto bella con lunghi capelli celesti e una bambina molto simile a lei in braccio, a chiudere la fila c’era Chopper sul cui cappello spiccava un bel ragno spiaccicato.
- Cos’è, vi siete dati al barboneggiamento? – domandò sarcastica.
Ariel le lanciò un’occhiata astiosa, ma non venne nemmeno minimamente calcolata dalla piratessa che aveva già perso ogni interesse per il gruppo e aspettava l’arrivo degli elementi restarti per portarsene andare.
 
Rufy non aveva mai prestato troppa attenzione alle parole degli altri. Più generalmente non era quel tipo di persona che ascoltava quando la gente parlava, semplicemente spegneva il cervello e si limitava ad annuire; inoltre, non era portato a prendere per oro colato tutte le minacce che gli venivano lanciate, soprattutto quando a minacciarlo era un nemico evidentemente più debole di lui, sia per forza che per mezzi.
Così quando il comandante della base gli urlò minacciosamente che ben presto il tempo di giocare sarebbe finito e che avrebbe avuto la sua testa, Rufy non se ne curò più di tanto, anzi la frase gli entrò da un orecchio e gli uscì dall’altro.
In quel momento poi, il gruppetto che aveva fatto incursione all’interno dell’edificio, era appena uscito e Nami gli aveva fatto eloquentemente gesto di seguirla, così il giovane pirata aveva mollato il poveretto che stava menando e se l’era data a gambe insieme agli altri.
Avevano corso senza fermarsi mai per una buona mezz’ora, oramai potevano considerarsi allenati per la Maratona annuale di Rogue Town, non che qualcuno di loro avesse intenzione di parteciparvi, ma sembrava che darsela a gambe fosse diventata la seconda attività del gruppo.
La Sunny risplendeva sotto il pallido sole del mattino, cullata dalla marea. Una brezza leggera gonfiava le vele e il canto di Brook arrivava fino alle orecchie dei pirati che oramai camminavano tranquillamente verso l’imbarcazione.
Fu Chopper, ansimante sul ponte della nave, il primo a sentire il vocio dei compagni e, prese sembianze semiumane, iniziò a sbracciarsi facendo loro cenno di aumentare il passo.
Nami e il suo gruppo non erano ancora a conoscenza di quanto avvenuto alla locanda di Ariel e la cosa non avrebbe certamente fatto loro piacere, tuttavia la piccola renna era convinta che dovessero essere informati dell’evento al più presto. Inoltre, la marina dell’isola era già sulle loro tracce e si preparava a colpirli in mare, anche se questo ancora non lo sapevano.
 
Mentre Sanji aggiornava il suoi dolci angeli e gli altri zotici degli eventi di quella mattina, nei sotterranei dell’isola  il comandante della base si accingeva a scatenare l’arma X della guarnigione di Krakatoa.
L’uomo si chiamava Kristopher Morgenstern e lavorava su quell’isola da quando aveva preso servizio, la sua famiglia conosceva ogni anfratto e ogni segreto della base militare sita in quel luogo, e il comando della stessa era tramandato di padre in figlio. Oltrepassò una pesante porta di ottone, dopo avere digitato una sequenza di otto numeri segreti, quella stessa sequenza che era stata digitata da Nami qualche ore prima sulla tastiera che dava accesso all’archivio. Il sergente maggiore che stava con lui era un giovanotto di vent’anni appena, che nella sua vita credeva solo a quello che vedeva. Pertanto non aveva mai creduto ai fantasmi, tantomeno ai mostri, e riguardo alle voci secondo le quali sull’isola era nascosto un essere di origini sconosciute, le aveva sempre date per false.
Fu quando seguì il comandante Morgenstern oltre il portone credeva di vedere cannoni o armi della più avanzata tecnologia, credeva di trovare un esercito di cyborg o di ninjia assassini, credeva di trovare sottomarini, non lo sapeva bene cosa credeva, ma non quello. Sicuramente non quello.
- Ma che diavolo… ?!– biascicò allibito.
- Questa è la nostra arma segreta, Sergente – ridacchio Kristhoper sotto i baffi folti e scuri – Questa sarà la causa della loro fine –
 
Erano salpati da pochi minuti e la distanza dall’isola non era che di un solo miglio. Lungo la collina, dove c’era la città, si vedeva una striscia di fumo nero salire lento. Ariel osservava la scena con occhi mesti, vagamente malinconici. Un tempo in quel luogo c’era la sua locanda, la sua casa, ora c’erano solo cenere e fumo. Sentì un singhiozzo al suo fianco e abbassò lo sguardo. Accanto a lei stava Kira, i corti capelli celesti erano tutti scarmigliati, guardava la striscia di fumo e stringeva le manine a pugno. Si accorse che stava piangendo.
Era normale, pensò.
Era solo una bambina, era spaventata. Si chinò su di lei e la prese in braccio.
- Andrà tutto bene, vedrai tesoro – le disse piano, senza smettere di sorridere.
- No – piagnucolò la bambina con aria affranta – Ho perso il mio Pluffy, non va bene –
Ariel la guardò storto, rimettendola di colpo giù.
- Ma se non ti piaceva quel pupazzo –
- Eh invece sì, mi divertivo a saltarci sopra – borbottò la bimba oltraggiata dalle parole della sorella.
Mentre le due discutevano sull’affetto che la più piccola provava o meno per un pupazzo a forma di puzzola, arrivò il primo colpo di cannone.
L’acqua schizzò sul ponte inzuppando l’intera ciurma.
- Ehi capitano – urlò Franky allegro come un bambino – Vieni a vedere! Vogliono affondarci con una sola nave! –
- Ma non imparano mai? – borbotto Roronoa sfoderando la Wado Ichimonji.
- Evidentemente no – disse Robin sorridendo serafica. Lei ci aveva fatto l’abitudine oramai, quelli della marina erano assolutamente dei testardi. Non si arrendevano mai.
Facevano fuoco e fiamme pur di riuscire ad ottenere ciò che volevano, qualsiasi mezzo era lecito.
- Cappello di Paglia, sei finito – urlò il capitano Morgenstern dall’altoparlante della nave - Come ti avevo già preannunciato, è finita l’ora di giocare. Fra pochissimo avverrà qualcosa che ti auguro di non vedere mai più nella tua vita. –
 
E il Kraken emerse dagli abissi.






Note:
Non aggiorno da secoli, lo so ed è colpa mia. Ho avuto dei problemi, una vita troppo piena di cose da fare, che hanno fatto passare la fic in secondo piano. Chi mi conosce sa che preferisco non scrivere che scrivere qualcosa di scadente. Per prima cosa ringrazio la mia Beta e anche le altre due che betano sempre in ritardo.
Preannuncio che nei prossimi capitoli ci saranno degli spoiler che riguarderanno la struttura della prigione di Impel Down e chi vi sta dentro, anche se la fic si discosterà ugualmente da ciò che succede nel manga.
Per il resto rispondo ai commenti:
A giodan che mi chiede delle coppie: Prima che ios criva una Zoro Tashigi il mare si asciugherà completamente e mi verranno le pustole sul naso xD Questa fic sarà una Zoro x Nami, con una Franky Robin di supporto.
A Ino ti amo <3 forza e coraggio che la maturità è una bazza.
A Lilly, lo stesso qui sopra  e aggiungo che Eve è per te e sono contenta che ti piaccia tesoro <3




   
 
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