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Autore: Happy_Pumpkin    28/07/2017    5 recensioni
Madara Uchiha e Hashirama Senju: uomini, amanti, colleghi di lavoro. Travolti da un satellite che andava a fuoco e morti forse in seguito all’esplosione.
Dalla presa di coscienza della propria morte, cominciava anche la vita di altre due persone: Sasuke e Naruto.
Madara, quella volta, non poté fare a meno di sgranare gli occhi.
“Mi vedete?"
“Certo che ti vediamo.” Replicò asciutto Sasuke.

Ah, i dialoghi pieni di emozioni di due Uchiha.
[SasuNaru; MadaHashi – humor anticonvenzionale AU]
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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R.I.P. & Play Again

Riposa in Pace… Pausa – una storia di redenzione e seconde occasioni.






“When you think the night has seen your mind
That inside you're twisted and unkind
Let me stand to show that you are blind
Please put down your hands
'Cause I see you”

"Quando pensi che la notte abbia visto ciò che hai nella testa

Che dentro sei contorto e scortese
Lascia che ti mostri che sei cieco
Ti prego, metti giù le tue mani
Perché ti vedo"
I’ll be your mirror, Velvet Underground




II

Backwards - Mirror




Il funerale di Hashirama Senju si svolse in una bella chiesa dall’architettura moderna, con tanto di coro gospel che Mito adorava. Era stato possibile esporre il corpo nella bara aperta grazie a un ottimo intervento di truccatori che avevano, letteralmente, ricomposto e restaurato dei resti altrimenti troppo inquietanti per poter essere visti da occhi non abituati a incidenti di quel tipo.
Così, una volta finita l’onoranza funebre, la gente aveva cominciato a percorrere la grande navata centrale per rendere omaggio a un uomo ammirevole, benvoluto da tutti grazie al suo carattere determinato ma empatico.
Talmente empatico che il suo fantasma, o quello che poteva definirsi tale, si era sentito chiamato lì, in quel posto, e aveva trascinato con sé anche Madara.
Vide la moglie in lacrime e la figlia singhiozzare; anche se ormai Hana era una donna fatta e finita, per Hashirama sarebbe sempre stata la sua bambina. Erano lì, raccolte nel dolore, e lui non poteva fare assolutamente nulla, o rivelare che non dovevano sentirsi così sole perché in fondo era con loro, le vedeva e le sentiva.
Lanciò un’occhiata a Madara che guardava la scena con le braccia incrociate. Ovviamente della sua bara o del sentore di un funerale non c’era manco l’ombra. Aveva tenuto poco i contatti con la sua famiglia, tranne che per qualche festività obbligata in cui insultava mediamente due terzi dei parenti, dunque non c’era da meravigliarsi che, nonostante il buon numero di Uchiha presenti, manco uno avesse pensato di omaggiare la salma di Madara con anche solo una breve orazione e tanti saluti.
Scrollò le spalle; non che gli importasse di ricevere qualcosa da tutti loro: era morto, che giacesse in una cassa di ebano extra-lusso o in un scatolone dell’Ikea poco cambiava la faccenda, i vermi lo avrebbero mangiato comunque.
Gli interessava di più Hashirama che, per quanto meno influenzabile dalle scosse emotive rispetto a lui, era comunque costretto a vedere la sua famiglia soffrire e assistere al proprio funerale: non era decisamente un bello spettacolo, nel complesso. Lo stesso scrittore avvertiva un certo di disagio misto a un grande senso di vuoto perché quello nella bara, in fondo, era l’uomo che amava e loro erano su quella terra solo per un insieme di circostanze temporanee.
Potevano toccarsi, sentirsi, ma per il resto del mondo non esistevano.
“Brutta situazione, vero? Beh, almeno questa volta siete vestiti.”
Sussultarono, per poi voltarsi di scatto. Videro Sai, con indosso la sua solita tunica chiara e i monili che in quella chiesa sembravano quasi risplendere.
“Non so perché sono arrivato fino a qui.” Ammise Hashirama.
“Per gli altri siete incorporei; non seguite più le normali leggi della fisica, né conoscete le varie dimensioni. Sei qui perché hai sentito la tua famiglia ed entrambi, inconsciamente, avete percepito i ragazzi di cui vi avevo parlato. In questo senso potete andare ovunque.” Spiegò.
I due fantasmi prima si guardarono, poi scrutarono la gente alla funzione, coro gospel compreso. Ebbene sì, la notizia che i loro casi disperati erano tra quel mucchio raccolto di probabili conoscenti li spiazzò giusto un po’, considerando anche il clima non propriamente allegro della giornata con cui avevano a che fare.
Sasuke si aggiustò la cravatta; Sakura lo osservava, incerta se aiutarlo ad allentargli il nodo, mentre Naruto seduto di fianco all’amico ebbe un brivido:
“Ehi, non hai una strana sensazione?”
“No, l’unica cosa strana qui dentro sei tu. Ora alziamoci, è il nostro turno.” Esortò scattando in piedi, dando un buffetto sulla spalla a Naruto, perché sarebbe toccato a lui avanzare per primo.
Uzumaki conosceva poco lo zio Hashirama, più che altro perché Mito era una donna abbastanza riservata e non molto amante delle riunioni di famiglia, come se frequentando troppo i parenti avrebbe rischiato di svelare qualche suo scheletro nell’armadio. Però i pochi ricordi che egli aveva del defunto erano tutti piacevoli, accompagnati dall’immagine di un bell’uomo coi capelli lunghi e lo sguardo profondo ma gentile.
Sarebbe stato ipocrita scoppiare a piangere anche se, sinceramente, il giovane nipote si dispiaceva di non aver potuto parlare di più con quello zio lontano.
Avanzò, con a fianco Sasuke e poi Sakura, apparentemente sollevata all’idea che tra qualche giorno sarebbero usciti con la sua amica – Hinata, come anticipato quasi fosse una sorta di confidenza – per quanto si fosse premunita di sapere se Naruto se la sentisse ancora, vista la perdita subita. Per lui andava bene, no problem, in fondo a cosa serviva pensarci su? Non poteva certo tornare indietro e recuperare il tempo perduto.
“Chi sono quei tre che sembrano usciti dai boy scout?” inquisì Madara, con una smorfia.
Hashirama scosse la testa: “Uno è mio nipote Naruto e l’altro dev’essere il figlio di tuo cugino Fugaku, Sasuke. Sei vergognoso.”
Lanciò un’occhiata a sua figlia, di qualche anno più grande di loro, intenta a osservare i tre sfiorare la bara. Gli si strinse il cuore. Poi sentì Madara afferrargli la mano, in quella chiesa, davanti a tutti coloro da cui si erano nascosti in quegli anni. Fu una sensazione strana, bella e confortante.
“Comunque dovete aiutare proprio loro due.” Aggiunse Sai, come se si stesse inserendo in una conversazione al bar.
Gli uomini lo guardarono, incerti di aver capito bene. Madara tornò a fissare i ragazzi intenti a tornare al loro posto, donna dai capelli rosa compresi. Sorrise, falsissimo:
“Ah, stai scherzando, vero?”
Sai sorrise a sua volta: “No.”
Hashirama suo malgrado accennò a una risata, forse più per l’espressione impagabile del suo scrittore preferito, anche se l’idea di vedere uno come Madara alle prese con persone che avrebbero potuto essere i loro figli restava ugualmente esilarante. Per un attimo sentì il carico di dolore farsi più sopportabile.
Dopo un istante di ripresa forzata dalla notizia, il sociopatico Uchiha in questione concluse, con il fare sbrigativo di uno che voglia saltare la coda alle poste:
“Beh, mi sembra che la tipa sia presa bene e gliela darà. A Sasuke, intendo, al biondo manco da lontano. Fatto, problema risolto. Se ne farà una ragione, buhuh, la vita è una merda, tanti saluti e ciao. Il mare è pieno di pesci.”
Hashirama gli girò un dito, doveva far male anche se non poteva romperglielo.
“Madara! E tu dovresti essere uno scrittore? I tuoi libri sono tanto toccanti emotivamente quanto tu sei un fottutissimo schiacciasassi.”
“Ahi! Fanculo, ma che ti prende?” esclamò l’altro con la sua voce un po’ roca.
Hashirama per tutta risposta gli mise la mano sulla nuca, affondando le dita tra i capelli, e lo costrinse a girarsi: “Guarda.”
Madara vide. Vide il modo in cui non Sasuke e Sakura ma Sasuke e Naruto si guardavano. E capì, capì anche troppo bene.
“Merda.”
“Ti ricordano qualcuno?” domandò l’illustratore, facendo scivolare la mano dietro la testa di Madara.
Dopo qualche istante i due si voltarono verso Sai, giusto per capire che accidenti dovessero farci con dei giovani uomini in preda a turbe emotive di quel genere, specie conciati com’erano, visto che sembrava avessero addosso la versione estrema del Mantello dell’Invisibilità.
Ma… Sai non c’era più, adiós, sparito. Li aveva anche salutati, però loro erano stati troppo presi dalla confusione del momento per notarlo.
Madara tirò qualche parolaccia, Hashirama invece si mise a riflettere, rendendosi poi conto che la chiesa si era quasi del tutto svuotata. C’erano ancora Sasuke e la sua ragazza, oltre a Naruto, intenti a incamminarsi per uscire, mentre sua moglie sostava in piedi accanto alla bara assieme alla figlia.
Si mosse senza pensarci per raggiungerle. E nel farlo incrociò gli occhi con Sasuke e Naruto che… lo guardarono a loro volta, sgranando le palpebre.
I ragazzi avanzarono più per inerzia, infine si scambiarono un’occhiata perplessa; ma, prima di girarsi per cercare di capire se avessero subito una sorta di allucinazione collettiva, videro anche Madara e Madara vide loro.
Quella volta si bloccarono e nemmeno lo scrittore si mosse. Hashirama invece si era avvicinato alla sua stessa bara, in parte convinto di aver soltanto immaginato che qualcuno lo potesse vedere, in parte desideroso di poter stare accanto alla figlia.
“Madara?” domandò Sasuke quasi in un sussurro. Naruto era pietrificato.
Sakura li richiamò, tornando indietro, visto che i due si erano improvvisamente fermati e avevano l’espressione sconvolta di chi avesse visto un… ehm, sì, proprio un fantasma: “Ehi, tutto a posto?”
Non risposero, guardando un punto indefinito di fianco a lei. Quest’ultima si voltò ma non notò nulla, né capì cosa esattamente fosse successo.
Agitò una mano davanti a loro e questi la fissarono.
“Non lo vedi?” domandò Naruto, puntando l’indice dove prima stavano inchiodando gli occhi.
Sakura per un attimo ci cascò, poi puntellò i pugni ai fianchi, ribadendo: “E’ uno scherzo stupido, oltre che indelicato. Non siete più bambini! Qui non c’è nessuno.”
Prima che le cose degenerassero, Sasuke la tranquillizzò: “Comincia pure ad uscire, noi… – cercò velocemente una scusa – diciamo una preghiera.”
Una preghiera. Sakura lo guardò come se le avesse detto che avrebbe ballato il limbo ma non commentò, limitandosi ad annuire dopo aver sospirato.
“Poppanti.” Sbottò Madara, ritenendo molto più plausibile l’idea dello scherzo che di essere visto da qualcuno.
“Poppanti a chi?” sibilò Naruto, per poi venire trattenuto da Sasuke.
Madara, quella volta, non poté fare a meno di sgranare gli occhi.
“Mi vedete?”
“Certo che  ti vediamo.” Replicò asciutto Sasuke.
Ah, i dialoghi pieni di emozioni di due Uchiha.
A quel punto Madara tese le mani avanti per afferrare i ragazzi: fu il primo gesto che gli venne in mente di compiere, con l’intenzione di allontanarli e lasciare Hashirama assieme alla sua famiglia; realizzò però l’inutilità del farlo solo quando si mosse. Ma, con sua estrema sorpresa, le dita invece affondarono nei loro capelli e lui li strinse, sentendo le ciocche così pienamente da rimanerne quasi deliziato.
“Fuori, con me.” Aggiunse e, nonostante le loro proteste, li trascinò all’uscita della chiesa.

*

Mito guardò l’uomo che amava giacere nella bara, i capelli castani ordinatamente disposti fino a toccare le spalle e sparire tra le pieghe dei tessuti di raso, il volto sereno, così bello nonostante la morte. Si portò una mano alla bocca, come per soffocare il pianto e l’annaspare in cerca d’aria nel tentativo di controllare la respirazione.
“Perché?” domandò sua figlia, ormai quasi trentenne con la mano sul pancione di donna incinta.
Aveva il tono di voce duro, persino arrabbiato.
“Perché a volte la vita...” fece per dire Mito nel tentativo di consolare la ragazza, ma quest’ultima la interruppe.
“No, quelle sono favole. E’ destino: accade. Non era però destino che papà si trovasse in una stanza d’albergo con un altro uomo. Con Madara!”
Lo urlò. E la voce riecheggiò tra le navate, come se il marmo freddo delle scale e degli altari potesse rispedire indietro quelle note amare.
Mito, che aveva cercato di trattenere le lacrime, non riuscì più a fermare il flusso del pianto, proprio non ce la fece; guardò la sua bambina ormai adulta spararle in faccia la verità che nessuno aveva osato commentare e lei si era sentita morire, strappata dalla convinzione che quell’amore fosse solamente suo.
Hana si morse un labbro, rendendosi conto di essere stata troppo aggressiva, anche se... faceva così male. Ed era tutto tanto irreale da farle credere di trovarsi in un brutto incubo, nel quale nessuno eccetto lei affrontava le cose per quelle che erano. Lei cercava, cercava davvero di realizzare che suo padre non era esattamente la persona che aveva sempre creduto, ma si trovava sopraffatta dal dolore e dal ricordo; l’idea di non poter più chiedere spiegazioni al genitore che era stato sempre fonte di consigli la tormentava, lasciando un vuoto enorme che a volte riusciva ad affrontare solo arrabbiandosi. No, non aveva mai avuto il temperamento paterno.
Hashirama, in piedi di fronte a loro ma invisibile, le ascoltò e le vide. Vide le loro espressioni, vide l’ira e lo spavento sul volto che tanto conosceva bene di sua figlia e fu allora che si sentì per davvero morire. Cercò di sfiorarle, di dire loro che potevano ancora parlarsi, sentirsi, spiegarsi ma... rimase inascoltato e le sue mani incapaci di afferrare quei corpi pulsanti di vita.
Le guardò stringersi in un abbraccio, accarezzare un’ultima volta la bara e, dopo aver salutato il prete, le scorse andar via. Avrebbero dovuto prendere accordi con le pompe funebri per il trasporto fino al cimitero e sbrigare le ultime pratiche, una prassi socialmente consolidata eppure difficile da seguire lucidamente in quei casi.
Hashirama guardò un’ultima volta il se stesso di un tempo e sentì un vago senso di nausea, trovando assurda l’idea di essere davvero lui quello racchiuso in una cassa di legno lucido. Chiuse gli occhi un istante e quando li riaprì si trovò di fronte alla chiesa, in un angolo poco distante, con di fianco Madara che stava chiaramente minacciando Sasuke e Naruto. Sospirò.
“Siete due minorati mentali! Non so quale sia il vostro accidenti di problema ma, davvero, a vedervi sembrate solo deficienti. E il fatto che non siate consapevoli di tale suddetto problema mi conferma questa teoria.”
Naruto fece per afferrargli la maglia in un ringhio di rabbia ma la sua mano affondò nel nulla, passando attraverso il corpo di Madara che, nel punto colpito, si disgregò in tanti splendidi frammenti.
Sasuke, con le braccia incrociate, senza battere ciglio si limitò soltanto a commentare gelido:
“Ora capisco perché nessuno parla di te in famiglia. Non so di quali problemi tu stia parlando, né che stia succedendo esattamente, quindi… vedi di girare a largo."
Prima che Madara potesse replicare, Hashirama gli appoggiò una mano sulla spalla e disse con quel tono di voce apparentemente calmo ma che trasudava leadership da ogni sfumatura di voce:
“Piantala ora, Madara.”
Questi strinse i pugni però tacque, fissando l’altro Uchiha che, sì, trovava proprio uno stronzo arrogante. Oh, chissà a chi somigliava.
“Zio Hashirama!” esclamò Naruto che, in tutto quel casino, aveva notato qualche suo parente intento a fissare lui e Sasuke come se fossero da internare, nonostante i due avessero cercato di tenere basso il tono di voce. Ma al sentire quelle parole parecchie persone si girarono, anche se evidentemente preferirono prendere il tutto come il lamento di dolore a causa del parente scomparso, non certo come se il poveretto avesse davvero visto Hashirama, cosa che effettivamente corrispondeva a verità.
“Ciao, Naruto. Mi spiace che dobbiamo vederci in queste circostanze, mettiamola così.”
Naruto tirò un sospiro, incapace di realizzare che stava davvero parlando con lo spirito di qualcuno a cui avevano appena fatto il funerale; Sasuke, decisamente più pratico, specificò con tono non esattamente morbido ma sicuramente più gentile di quanto non gli era capitato di fare con Madara:
“Non so esattamente nemmeno perché vi vediamo, né che ci fa qui – diede del lei in automatico – ma noi proseguiamo per la nostra strada e voi per la vostra, qualunque essa sia.”
“Ehi, aspetta, non essere precipitoso Sasuke, vorrei capire perché...” iniziò a dire, ma l’amico proruppe con un secco:
“Io no! Ora andiamocene perché la mia soglia di sopportazione è già andata oltre il livello critico.”
“Ecco, ciao, vattene.” Lo salutò Madara, con un sorriso cattivo sul volto.
Stavano per cominciare altre discussioni, Sakura era in procinto di arrivare e Madara aveva iniziato a parlare sopra Sasuke, con Naruto che voleva a tutti i costi dire la sua.
“Piantatela!” esclamò Hashirama.
Gli altri tre tacquero, sentendosi piuttosto stupidi oltre che infantili. Quella volta diverse persone si voltarono nella loro direzione, mormorando qualcosa. Sakura sgranò gli occhi, le sembrava che Sasuke e Naruto stessero litigando senza nemmeno guardarsi in faccia.
“Forse ci rivedremo.” Disse semplicemente Hashirama che afferrò Madara per un braccio, così da portarlo via, anche se lo scrittore si premunì di sollevare il dito medio verso Sasuke, il quale non replicò solo perché sapeva che qualcuno in mezzo a tutta quella gente si sarebbe sentito preso in causa; e vallo a spiegare a un funerale che era tutto rivolto al suo parente mai più visto non esattamente vivo da quelle parti.
“Chissà di quali problemi parlava...” borbottò Naruto, scrollando le spalle mentre li vide andar via.
Era un bel tipo Madara, un Sasuke ancora più acido e meno controllato. Chissà se invecchiando sarebbe diventato così anche il suo allenatore, ridacchiò pensandolo.
Sasuke gli lanciò un’occhiataccia: “Non lo so davvero, né mi interessa. Forse è semplicemente frutto della nostra immaginazione.”
Anche se entrambi provavano in realtà un’imbarazzata consapevolezza che le cose tra di loro non erano esattamente a posto, al contrario, erano un disastro tremendo. Solo che ammetterlo di fronte all’altro, specialmente con davanti dei pseudo fantasmi giunti da chissà dove, non era forse il modo migliore di affrontare la questione.
“Tutto bene? – domandò Sakura, sfiorando il braccio del fidanzato – Stavate... litigando?”
I due si guardarono, perplessi.
“No.” Disse Naruto stupito.
Sasuke si morse un labbro: “Nulla di che, tutto risolto.”
Poi fece un cenno rapido all’amico il quale, comprendendo che effettivamente anche Sakura doveva averli visti interagire con l’aria, si limitò a borbottare qualcosa.
Lei li scrutò, per nulla convinta:
“E’ che ti ho sentito dire il nome di Madara, pensavo ti fossi arrabbiato per com’era stato trovato assieme ad Hashirama e...”
Sasuke, a quel punto, sentì un campanello d’allarme che proprio non comprese:
“E come è stato trovato?”
Sakura aprì un istante la bocca, poi la richiuse e con maggiore cautela rifletté: “Pensavo te l'avessero detto.”
Irritato, l’altro sbottò: “Evidentemente no, altrimenti non te l’avrei chiesto – poi vide il suo volto offeso e Naruto di contorno gli dette una manata sulla spalla, gesto che gli avrebbe fatto rimpiangere – scusa, non ne sapevo nulla.”
La donna sospirò:
“E’ stato trovato con Hashirama – lanciò un’occhiata a Naruto – in una camera di un motel. Qualcuno... qualcuno dice che non avevano i vestiti e... oh, lasciamo perdere, sono tutti pettegolezzi; Naruto, non li ascoltare, Hashirama era un grande uomo. Ho letto anche dei libri di Madara, non mi hai mai parlato di lui, Sasuke.”
Fece qualche altra osservazione di circostanza, giusto per alleggerire l’atmosfera dopo aver lanciato quella bomba. Ma Sasuke e Naruto la ascoltavano appena, pur guardandola, con in testa l’idea che quei due uomini non erano solo compagni di morte ma anche di vita. Nonostante Hashirama fosse un uomo di famiglia, nonostante Madara sembrasse allergico a qualsiasi forma di relazione... erano due persone adulte in un motel, che forse stavano facendo sesso, assieme, lontane dalla famiglia.
Naruto e Sasuke si sentirono improvvisamente come quei due uomini, uno specchio di ciò che avrebbero potuto essere loro tra qualche anno, con le bugie, le distanze, i sentimenti che non si sarebbero mai consumati del tutto.
Persino la convinzione di Madara che avessero una qualche forma di problema sembrò perfettamente logica e il suddetto problema evidente.
Ma cosa potevano fare due spiriti che loro, in carne ed ossa, non erano riusciti a compiere?
Con quella domanda in testa i due ragazzi si separarono. E si sfiorarono, facendolo, incapaci di realizzare che entrambi stavano pensando la stessa identica cosa.
Se solo il nostro cuore fosse capace di parlare: una valvola in grado di sfiatare i sentimenti e soffiarli in
faccia a chi meritava di respirarli, rendendoli suoi.

*

Il ristorante era un locale dall’arredamento moderno ma non eccessivamente lussuoso, le luci giuste che creavano atmosfera e la musica jazz di sottofondo, calibrata in modo da non risultare invadente. Naruto era alla seconda birra, spillata con bravura al bancone e portata da un cameriere perplesso per quello che, evidentemente, considerava un beveraggio grezzo rispetto agli standard locali, corrispondenti tendenzialmente a vino d’importazione e alcolici di levatura analoga.
Ma, come sempre, a Naruto poco importava di apparire poco sofisticato per l’ambiente: si sentiva nervoso, nonostante la sua solita allegria, e la cravatta che aveva cercato di sistemare proprio non voleva saperne di evitare di soffocarlo. Allargò il nodo e bevve un altro sorso, per poi lanciare un’occhiata a Sasuke che, per contro, al suo fianco elegantemente immobile ogni tanto lo fissava.
Sakura fino ad allora aveva magistralmente tenuto la conversazione del gruppo, cercando di contenere le risposte inadeguate di Naruto, scoraggiare la timidezza di Hinata e spronare Sasuke a uscire dai suoi silenzi. Insomma, non erano decisamente i componenti di un dialogo da sogno ma non stava andando poi tanto male: nonostante il funerale recente Naruto pareva non aver perso la sua solita allegria e Hinata, seduta di fronte a lui, lo guardava con evidente interesse, nonostante il velo di rossore nel momento in cui il ragazzo le rivolgeva una domanda o si interessava a lei.
Quest’ultima dopo un po’ riuscì a dire, stringendo il tovagliolo tra le mani:
“Sakura mi ha detto che… che vi conoscete da tanti anni tu e Sasuke.”
La voce si affievolì ma almeno non aveva balbettato, era già qualcosa.
Naruto sorrise, portandosi una mano dietro la testa; Sasuke, al suo fianco, si pulì la bocca con il tovagliolo.
“Beh, sì, da bambini – rispose il primo – finivamo per giocare sempre assieme. Giocare… Sasuke se ne stava per i fatti suoi e quando lo invitavo a partecipare voleva fare ogni volta a modo suo. Gran belle litigate. Penso che in un’occasione siamo pure arrivati a morderci.”
Ridacchiò, pensando a come avrebbe reagito il Sasuke adulto se lui avesse cercato di mordergli una chiappa.
L’allenatore appoggiò un gomito sul tavolo e si voltò verso Naruto, correggendolo:
“Punto primo, tu non mi invitavi, rompevi le scatole finché non accettavo e ucciderti sarebbe stato troppo complicato. Secondo, avevi idee assurde e io dovevo in qualche modo gestire la situazione.”
“Idee assurde? Quali idee assurde? Con me il divertimento era assicurato, altroché, ti opponevi solo per paura di farti venire le rughe a forza di ridere, bambino serioso e scazzato.” Incrociò le braccia, piccato nonostante l’insulto appena rivolto all’amico.
Questi aprì di più le gambe e diede una ginocchiata sulla coscia di Naruto, che protestò facendo scoppiare a ridere Hinata, ma anche quando Sasuke parlò, la sua gamba rimase lì, incapace di allontanare qualcosa di sé dalla persona che aveva a fianco:
“Perché, cercare di costruire un razzo prendendo la benzina dalle macchine dei nostri genitori e issarci sopra ti sembrava un’idea normale, divertente e fattibile, razza di stupido?”
Però, in fondo, Sasuke aveva un leggero sorriso sul volto, con tanto di finto cipiglio irritato.
“Beh, si vede che già da allora dovevo darmi a ingegneria, modestamente.”
Continuarono per un altro po’, con Hinata che a volte interveniva, magari coinvolta direttamente da Naruto intento a narrare qualche loro avventura. Sakura li guardò, silenziosa; osservò specialmente Sasuke, il modo in cui scambiava occhiate complici con Naruto ma, soprattutto, la maniera che aveva di osservarlo, con quei suoi occhi sempre così seri, ora attenti, quasi dovessero memorizzare ogni dettaglio della persona che aveva accanto. Si chiese se anche lei, in fondo, stesse guardando Sasuke allo stesso modo.
Si morse un labbro poi, quasi con tono secco, intervenne:
“Meno male che fanno boxe assieme, altrimenti non si sarebbero sopportati tutti questi anni.”
Lo aveva detto. Aveva lanciato una pietra in un lago che forse avrebbe generato uno tsunami; perché nessuno dei due amava ricordare cos’era accaduto cinque anni fa e com’erano cambiate le loro vite. Fatto stava che c’era una grande bugia in quella frase: Sasuke e Naruto avrebbero continuato a vedersi, ancora e per sempre, con o senza la boxe.
Era calato il silenzio e Hinata, giustamente, non capiva.
“Oh, avete tante cose in comune.” Disse semplicemente, per poi fissare imbarazzata il piatto.
Sasuke e Naruto evitarono di guardarsi, poi quest’ultimo dopo essersi schiarito la voce disse:
“Sì, effettivamente…”
Arrivò il secondo, dando a tutti i presenti un gradito momento di tregua. Naruto sentì ancora il ginocchio di Sasuke contro la propria gamba, mai eccessivamente invadente, al contrario, era una vicinanza spaventosamente naturale. Guardò quel ginocchio e Sasuke fece lo stesso con la gamba di Naruto. Incrociarono gli sguardi, per poi tornare a mangiare.
Dopo qualche boccone Sakura aggiunse, appoggiando la forchetta accanto e poi bevendo dell’acqua:
“Dovresti invitare Hinata al matrimonio, Naruto. Siete entrambi senza accompagnatore, magari è più comodo per entrambi.”
Accennò un sorriso che voleva essere complice, in realtà… non seppe bene nemmeno lei cosa fosse: si sentiva solo spaventata, spaventata da Naruto troppo vicino a Sasuke, anche adesso, anche a distanza di anni, soprattutto con il matrimonio incombente che lei aveva organizzato con attenzione, cercando di coinvolgere il suo futuro marito che sembrava fidarsi totalmente delle sue scelte.
Non era razionale, se ne rendeva conto, ma si trattava di una preoccupazione quasi viscerale, che le partiva da sotto la gola fino a stringerle lo stomaco.
Naruto tossì, Hinata prima sbiancò per poi diventare bordeaux e Sasuke le lanciò un’occhiata in parte stupita, in parte seccata.
“Che stupidaggini – disse – possono anche arrangiarsi da soli.”
“S-sì, non ho bisogno che Naruto mi accompagni.” Specificò Hinata, torturandosi le dita.
“No, credo che Sakura intendesse il contrario. Teme che mi perda, da solo.” Ridacchiò il ragazzo, con neanche troppo sorprendente spirito di recupero. Sentì gli occhi di Sasuke su di sé e non capì cosa volesse esattamente da lui; se dovesse rifiutare o se invece reputasse la proposta di andare con Hinata la cosa più saggia da fare.
In fondo era una bella ragazza, intelligente dietro il velo di timidezza, oltre ad avere un bel sorriso. Non era Sasuke ma d’altronde… lui aveva fatto la sua scelta, no?
Certo, perché tu non gliene hai mai data nessun’altra. Siete persino andati a letto insieme ma vi siete sempre rifiutati di affrontare seriamente la questione: stupidi e orgogliosi, ecco cosa siete!
Maledetto senso interiore, già sono brillo e triste, non ti ci mettere pure tu a farmi la predica.
Nel mezzo delle sue mirabolanti considerazioni con se stesso, Naruto finì per uscirsene con:
“Massì, andiamo assieme Hinata, sarai la mia ancora di salvezza.”
Decretò, apparentemente allegro e con la lingua che stava cominciando a impastarsi; oh, la seconda birra era già quasi finita. D’altronde Sasuke era spaventosamente intelligente, no? Quindi da lui voleva sicuramente la cosa più furba e giusta da fare, aveva agito come si doveva.
Ecco, se avesse visto l’espressione di Sasuke e letto i suoi pensieri, forse Naruto avrebbe decisamente cambiato idea a riguardo.
Naruto, idiota, ti sei bevuto il cervello? Perché…
Perché devi cercare di andare avanti anche tu? Non puoi rimanere dove sei, a noi due? Se continui ad esserci io ho ancora la possibilità di tornare, in qualche modo.
Che egoista che sei, Sasuke Uchiha.
A quel pensiero, all’improvviso, nel tavolo vuoto di fianco al loro comparvero Madara e Hashirama: il primo con una sigaretta che gli cadde dalle labbra assieme alla cenere, il secondo con un’espressione di pura sorpresa.
Perfetto. Ah-ah, che serata divertente.

*

Per dovere di cronaca, torniamo indietro nel tempo e vediamo dov’erano esattamente Madara e Hashirama, mentre Sasuke e Naruto erano intenti a rovinarsi a vicenda.
Dopo tutta la pessima faccenda del funerale e l’ancor più disastroso contatto con le persone che, teoricamente, avrebbero dovuto aiutare, i due si erano ritrovati a casa dell’artista, più nello specifico nel suo studio.
Forse Hashirama, in quel momento, aveva bisogno di qualcosa che gli trasmettesse serenità, forse di un legame ancora saldo con la sua vita, e la scrivania, i fogli, gli album, le illustrazioni erano quel ricordo di cui necessitava. Seduti entrambi a terra, i due uomini si guardarono un istante attorno, poi Hashirama si alzò e fece per sfiorare i pennelli e le matite che usava d’abitudine. Si sorprese quando sentì il contatto con le setole sottili ma corpose del pennello o il legno soffice della matita.
“Avete un eco ancora molto forte. Per questo riuscite a toccare le persone e gli oggetti, specie quelli che per voi hanno significato qualcosa di importante o verso i quali mettete una certa energia; anche se tu, Hashirama, ti senti ancora troppo in colpa per sfiorare tua figlia e tua moglie, prima forse hai tutti questi casini da risolvere. Inoltre, come vi ho già detto, vi trasportate dove sentite di voler andare.”
Sai comparve all’improvviso, seduto con le gambe incrociate su un tavolino con sopra dei libri d’arte che sembravano essere sul punto di cadere, sebbene non li sfiorasse nemmeno di un millimetro.
Madara strinse i pugni: “Porca puttana, la pianti di comparire così all’improvviso?”
I pennelli per contro erano caduti sulla scrivania, perché anche Hashirama aveva sussultato, in parte colto di sorpresa, in parte segnato dalla consapevolezza che il suo immateriale subconscio gli aveva, sperava solo temporaneamente, precluso un contatto con Hana e Mito.
Sai guardò Madara, gli sorrise, infine proseguì il discorso:
“Bel casino che avete fatto al funerale, eh?”
Continuava a sorridere.
“Che cazzo hai da ridere?” sbottò Madara, scattando in piedi.
Hashirama gli portò una mano sulla spalla, infine convenne: “Sì, non è andata particolarmente bene – non accennò a quello che era accaduto con la moglie e la figlia, quasi fosse una questione esclusivamente sua – E temo che dati i nostri pregressi non siamo esattamente un buon esempio per quei ragazzi.”
“Al contrario. E’ proprio perché conoscete le conseguenze dei vostri gesti che potete essere d’esempio. Avete capito qual è il loro problema?” domandò Sai, appoggiando il gomito sul ginocchio e tenendo la testa con il palmo della mano.
“Che non si parlano. E danno per scontato di agire l’uno per il bene dell’altro.”
Era stato Madara a parlare e aveva guardato Hashirama mentre lo diceva.
“Ottimo. Questa è la base. Perché non provate ad agire separatamente?” propose il novello Caronte.
Poi, in un attimo, scomparve. I libri ondeggiarono un istante ma non caddero, come se ci fosse stato un soffio leggero e infine la quiete.
Hashirama sospirò. Poi vide che Madara aveva trovato le sigarette nel cassetto del tavolo e se ne era accesa una, nel silenzio della stanza che, in qualche forma, calmava anche lui. C’erano le illustrazioni dei suoi racconti, appese alle pareti e incorniciate, infine i romanzi di Madara coi disegni di Hashirama usciti in edizione limitata; erano andati a ruba e avevano un notevole valore di mercato: chissà perché la gente amava collezionare quelle robe. Eppure quelle copie erano in casa di Hashirama proprio perché gliele aveva regalate Madara. Quest’ultimo si chiese se Mito non avesse pensato di dar fuoco a tutto, dopo il funerale.
“Agire separatamente, eh?” domandò pensoso lo scrittore, espirando, per poi lasciarsi la sigaretta tra le labbra.
“Ti ricordo solo che l’omicidio non è una soluzione.” Fece presente Hashirama, neanche troppo scherzoso.
Dopo quelle parole, infatti, si ritrovarono catapultati su delle sedie, con un tavolo tra di loro e attorno i rumori tipici di un ristorante. Girarono la testa di scatto e… si trovarono faccia a faccia proprio con Sasuke e Naruto. Madara sentì la cenere cadere, assieme alla sigaretta.
Hashirama prese un bel respiro, afferrò la sigaretta caduta di Madara e la affondò in un bicchiere decorativo dentro il quale galleggiavano ninfee di plastica. Ci fu una leggera nuvoletta di fumo ma nulla che allarmò i presenti.
Fece un cenno a Sasuke e Naruto, sorridendo:
“Oh, continuate pure, non fate caso a noi.”
Madara si grattò il mento, appoggiò il gomito sulla sedia e sorrise a entrambi, con quella faccia da stronzo psicopatico che si ritrovava.



Sproloqui di una zucca

Ho immaginato un'ambientazione geografica in stile americano, con bare aperte, precedentemente statali lunghissime e città ampie ma ho preferito non dare eccessive impronte culturali. Per il resto consiglio di ascoltare i Velvet Underground, esponenti di prim'ordine dell'acid rock (acid perché la gente si calava pasticchine e acidi per entrare in maggiore sintonia con la musica. Ahah. No, davvero, i suoni aiutavano i trip. Visto che cose interessanti faccio scoprire, eh?). Ddddroghe a parte, è un gruppo che mi piace particolarmente, trovo i testi davvero significativi.
Appunto sulla figlia di Hashirama: ho provato a spulciare in giro notizie riguardo la sua prole ma non ho trovato un ghez, si passa direttamente a Tsunade. Dunque ho creato il personaggio di Hana e... puppa, sostanzialmente. Se avete un'idea della genealogia Senju più estesa di me - non che ci voglia molto, ahimé - sarò ben lieta di venire aggiornata riguardo l'espansione genetica di Hashirama.
In ogni caso, finalmente il fantastico quartetto delle meraviglie si è pseudo riunito ma... non poteva essere tutto rose e fiori, no? Cosa succederà ora? Crollerà il ristorante con tanto di fungo atomico? Sasuke ballerà davvero il limbo? E Sai tirerà quattro ceffoni a Madara?
Scherzi a parte (o forse davvero Sasuke si darà ai balli caraibici), in questo capitolo hanno iniziato a presentarsi per bene tutti i personaggi, i rispettivi ruoli e i relativi pensieri. Anche Sakura ha ben donde di essere sul chi vive e protettiva nei confronti di ciò che ama (in tante mie storie la vedo combattiva, sempre e comunque, ma mai la classica femminuccia stronzetta da usare come sputacchiera negli yaoi).
Nel prossimo capitolo vedremo come i nostri due prodi Madara e Hashirama agiranno per sbloccare definitivamente la situazione e far scoppiare davvero la bomba... muahahah! Poi preparatevi, perché con l'ultimo i toni saranno decisamente più... nostalgici, diciamo così.
In attesa, vi delizio con una fanart trovata sul web (non conosco l'autore, se per caso capita di averci a che fare/sapere chi è linkerò i credits aspergendo incenso) che ha l'immenso pregio di riassumere l'espressione di Madara all'idea di avere a che fare con Sasuke e Naruto.




<3

Alla prossima! Grazie per quanti hanno letto (siete tanti, me commossa), deciso di preferire/seguire/ricordare questa storia e vorranno commentare, che sia per usarmi come sputacchiera online, o per beatificare Madara e la sua non-pazienza XD

Ps. Nel dialogo tra Sasuke e Sakura:

Sakura aprì un istante la bocca, poi la richiuse e con maggiore cautela rifletté: “Pensavo te l'avessero detto.”
Irritato, l’altro sbottò: “Evidentemente no, altrimenti non te l’avrei chiesto."

Ebbene, la risposta acido-merdosa di Sasuke è la stessa che avrei dato io. Bravo Sasuke, così ti voglio! Ecco perché l'adoro e lo prenderei a cazzottate :3

   
 
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