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Autore: Vago    03/11/2017    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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Noir si guardò intorno, agitato.
Il sole stava per sorgere e il suo salvatore lo stava conducendo a viso scoperto per le vie centrali della città.
Si erano lasciati alle spalle la periferia della città in cui avevano passato la notte ancor prima che i pescatori uscissero dalle loro case, riprendendo la via verso nord che li avrebbe condotti alla porta settentrionale.
Il sole era poi sorto sul profilo del mare, accompagnato dal verso dei gabbiani e dal cigolare lento dei cardini delle porte delle case.
Razer sembrava conoscere il luogo, muovendosi tra le vie principali e laterali con una disinvoltura quasi paragonabile a quella di un suo abitante.
Noir lo seguiva con il viso basso e il collo incassato tra le spalle.
In quel momento avrebbe voluto avere ancora i capelli lunghi, in modo da poter coprire almeno la parte superiore del suo volto.
- Come pensi di andartene? Con me, intendo. Le porte non sono controllate? –
Razer si fermò di colpo, voltandosi per poter  guardare con occhi divertiti l’uomo sporco che lo stava seguendo. Gli sorrise poi, invitandolo con un ampio gesto a coprire la piccola distanza che li separava per potergli stare accanto.
- Ho lavorato per un po’ qui sul Continente e un po’ di persone mi devono qualche favore. Non ti scoccia dover essere un mercante di vasellame, per le prossime ore, vero? –
- Ma… io, il mio volto è… -
- Non ti preoccupare di quello ora. E poi, le città da questa parte del mare non sono così fedeli al governo di Gerala, al Tribunale o anche a quel porco del re dei draghi. Ora però muoviamoci, non voglio che quel cane del governo possa ritrovarci per caso. –
Razer tornò a camminare come se nulla fosse, con il suo zaino pulito stretto sulle spalle.
Noir sospirò, tornando a guardare il terreno su cui i suoi piedi continuavano a posarsi.
Forse avrebbe fatto meglio a rifiutare quell’offerta e continuare per la sua strada cercando un posto tra i boschi di quella terra.
I raggi mattutini avevano appena cominciato a tingere di rosso la parte superiore dei muri intonacati, quando Razer decise di fermarsi davanti a un portone a due battenti.
Un carretto trainato da un cavallo robusto passò alle sue spalle, riempiendo l’aria dello scalpiccio dei suoi zoccoli sulla pavimentazione della strada.
Dei pescatori che fino a poco prima avevano riempito quelle vie già non c’era nemmeno più l’ombra, le loro barche, probabilmente, avevano lascato la banchina da diversi minuti, consce che non vi avrebbero più attraccato fino a pomeriggio inoltrato.
Razer tornò a sorridere in direzione del suo compagno di viaggio.
- Per favore, bussa tu. –
- Perché dovrei? È tuo il contatto. –
- Voglio vedere se ti riconosce, avendoti davanti. Non ti preoccupare, anche pensasse di denunciarti non farà un passo fuori da quel portone. –
Leggero, in sottofondo, si sentì il fruscio prodotto da una lama d’acciaio che scivola contro il proprio fodero.
Noir sospirò, rassegnandosi a quel compito che gli era stato dato.
Avvertì un odore selvatico forte provenire da dietro quei battenti, ma cercò di non farci caso mentre sollevava la mano per afferrare il battacchio lucido del portone.
Lo batté tre volte con forza, quasi sperando che nessuno andasse ad aprirgli.
I battenti in legno si mossero verso l’interno, per poi bloccarsi.
Un Demo dai denti snudati fece la sua comparsa ringhiando e avventandosi sugli estranei che attendevano poco oltre la soglia.
Ebbe appena il tempo di fare un paio di falcate, prima di arrestarsi di colpo.
I suoi ringhi divennero mugolii alla vista dell’uomo dai capelli neri che gli stava davanti e le orecchie appuntite che gli ornavano il muso schiacciato si appiattirono sul suo capo.
La creatura dal corto pellame si ritirò dietro una colonna, tremante, con le mani dalle lunga dita artigliate che gli coprivano le tempie.
- Speravo mi mostrassi il potere omicida che ti viene attribuito, ma mi farò bastare questo. – disse Razer facendo qualche passo avanti, per poi spostare la sua attenzione verso il cortile interno che si nascondeva oltre quell’ingresso – Rakre! Rakre! Dove ti sei cacciato? –
Si avvertirono dei borbottii dall’interno dell’abitazione principale, poi una bestemmia rivolta al Fato, infine la porta laterale si aprì, permettendo di uscire dalla casa a un basso umano tarchiato, dai capelli rossastri e le guance perfettamente rasate.
In mano stringeva un frustino, che calò quattro volte sulle spalle del Demo rintanato, accompagnando ogni frustrata con un’imprecazione.
- Rakre! Da quanto tempo che non ci vediamo! –
L’uomo tarchiato si voltò verso il portone, per mettere a fuoco il viso dell’uomo che gli stava rivolgendo la parola.
- Farget? Che ci fai qui? Te l’avevo detto l’ultima volta di passare dalla porta sul retro per evitare questo stupido animale. –
Razer rivolse un ultimo sorriso al suo compagno di viaggio, per poi avvicinarsi al mercante dai capelli rossi.
- Scusa, me ne sono dimenticato. –
- Non so cosa gli sia preso, avrebbe dovuto lasciarvi moribondi. –
- Credo sia colpa del mio compagno di viaggio. I Demo hanno paura di lui, credo che sia per il suo odore, sai… -
- Farget, ma ti ascolti quando parli? Un Demo addestrato che ha paura dell’odore di un uomo? –
- Eppure… - gli rispose Razer con uno scintillio negli occhi. – Comunque, non sono qui per parlare con te dei tuoi cuccioli. Ho bisogno di un favore. –
Il volto di Rakre si fece serio, con un’ultima frustata ordinò al Demo di rintanarsi nella piccola cuccia che gli era stata adibita, poi si voltò verso l’uomo dagli occhi scuri che gli stava parlando.
- Cosa vuoi? –
- Due cose, ma solo una è il favore. Ho bisogno di lasciare questa città in fretta e raggiungere Aravan ancora più in fretta. Senza attirare troppo l’attenzione, ovviamente. –
- L’altra cosa, invece? – lo sguardo del mercante si fece truce, mentre le sue mani torturavano il frustino piegandolo fin quasi a spezzarlo.
- Affari. Quanta polvere esplosiva hai pronta? –
- Polvere esplosiva? Sai che per produrre quella roba ci vogliono più liberatorie da parte del Tribunale di Gerala che anni di vita. Non ne ho niente. –
- Rakre. – Razer pose la sua mano sinistra sulla spalla del mercante, stringendo la sua presa sul tessuto pregiato che gli componeva la camicia – Sappiamo tutti e due che nessuno si è mai potuto permettere un Demo da guardia con gli introiti prodotti da del vasellame scadente. Te la pagherò come se non ci conoscessimo e… sai, ho un’ottima memoria, mi ricordo perfettamente dove abbiamo nascosto quell’agente del Tribunale che ti aveva scoperto. Non vorrei mai che qualcuno cominciasse a fare domande su di te. –
- Dai, Farget, siamo amici, no? Abbiamo lavorato così bene assieme… -
- Quindi, Rakre? –
Il mercante abbassò lo sguardo, con le spalle che gli tremavano. – Va bene. Ne ho diciassette di orci pieni, quanti te ne servono? –
- Li prendo tutti. – fu la risposta secca di Razer, mentre lasciava la sua presa.
- Ma sei impazzito? Come pensi di portare fuori dalla città tutta quella roba, soprattutto ora che c’è almeno un Demo di guardia? Quelli ci scopriranno subito. –
- Non credo. Avevo progettato un’altra cosa, ma la capacità del mio socio di spaventare i Demo con la sua sola presenza ci renderà molto più facile il nostro lavoro. –
- Quando vorresti partire, quindi? –
- Il prima possibile, mio caro Rakre. Ho degli affari a Aravan che mi aspettano. –
- Con tutta quella polvere esplosiva? Ce n’è abbastanza per far sparare almeno cinquanta colpi a una città intera. Stai progettando qualcosa di grosso? –
- Non ti preoccupare, non ho in mente di dare inizio a una guerra, se è questo che ti preoccupa. Ora, se andassi a preparare il carro, te ne sarei incredibilmente grato. –

Il portone si richiuse alle spalle del carro, trainato da un paio di cavalli muscolosi. Tre uomini erano seduti sulla panca in testa, davanti a decine di orci riposti gli uni di fianco agli altri e coperti da un telo bianco fissato a dei montanti di ferro.
Con uno schiocco di redini, le ruote presero a muoversi lungo la strada, lentamente, portando il carro ad incolonnarsi dietro ad una decina di suoi simili, tutti in attesa di ricevere il benestare delle guardie cittadine per lasciare la città.
Il sole aveva fatto in tempo di arrivare ad illuminare il manto stradale quando il carico di Rakre raggiunse la guardia e il Demo incatenato che presiedevano quella porta nelle mura.
Razer fece un cenno all’uomo magro al suo fianco, facendo a cambio di posto sulla panca con lui poco prima che la guardia gli si avvicinasse con passo pesante e occhi spenti, già stanco di quell’incombenza che lo teneva occupato da ore.
- Alt, fermi. – disse la guardia con voce meccanica – Cosa state trasportando? –
Razer gli sorrise in risposta. – Vasellame, signore. –
- Dove li state portando? –
- Heraga, a nord, signore. Deve controllare il carico? –
La guardia diede un’occhiata rapida al telone teso, sotto il quale riposavano gli orci. – Passate lentamente di fianco a quel Demo. –
Noir prese fiato per un attimo, per poi alzare il suo sguardo sulla povera creatura dal corto pelo scuro incatenata al muro di cinta, cercando di riportare alla mente come aveva fatto per spaventare quelli all’ingresso di Derout.
Le orecchie del Demo si drizzarono per un momento, mentre il naso schiacciato fiutava l’aria. Poi si bloccò di colpo, appiattendosi contro la parete, tremante.
Il carro gli passò accanto, ma la creatura non accennò a voler abbandonare quella posizione in cui si era rannicchiato.
La guardia la guardò di storto, ma non fece parole e non tentò di fermare il carro che aveva ormai passato la soglia.
Rakre cominciò a respirare affannosamente, tanto più quanto si allontanavano dalla città.
- Ottimo lavoro, Noir. – Disse solamente Razer, senza staccare gli occhi dal dorso dei due cavalli.

Il carro continuò a viaggiare per i due giorni successivi, procedendo verso nord stoicamente.
Solamente nel tardo pomeriggio le costruzioni esterne di Aravan si fecero strada nel paesaggio.
Il mare era lontano, a est, invisibile a occhio nudo. Dalla parte opposta, la foresta reclamava il suo spazio, stagliandosi fin sui pendii delle montagne lontane.
- Rakre, vai a farti un giro in città, per questa sera potrai tornare a casa con il tuo carro e i tuoi soldi. –
- Ma Farget, non… -
- Rakre. – ripeté Razer con voce dura – Ascoltami, vai a farti un giro. –
Il mercante tarchiato abbassò il capo, bofonchiando qualcosa sommessamente, per poi scendere dal carro e incamminarsi verso la città, facendosi lasciare indietro dalla propria merce.
- Cosa vuoi fare, ora? – chiese Noir scivolando verso il posto vuoto che era stato lasciato sulla panca su cui erano seduti.
- Preparazione, questa notte purificheremo questa città. – il sorriso di Razer non era divertito, aveva in sé qualcosa di inquietante, così come la scintilla che infiammava i suoi occhi scuri.
- Davvero dici che tutti gli abitanti sono… -
- Sono tutti mostri. Tutti gli abitanti. –
- Davvero, se ti aiuto in questo, mi darai un posto sicuro dove vivere? –
- Te lo giuro sulla mia vita. –
Noir sospirò, nascondendo il proprio volto tra le mani. – Cosa vuoi che io faccia? –
- Dobbiamo sistemare questi barili. –

Il sole calò presto dietro la cortina verde della foresta, gettando una sottile coltre di oscurità tra le vie cittadine.
Razer stava in piedi accanto al carro, posto a fianco della via che da oriente entrava nella città che, lentamente, stava svuotando le strade dei propri abitanti, di ritorno dai campi.
Rakre comparve da una viuzza laterale, leggermente barcollante. Quando fu sufficientemente vicino, Noir storse il naso per l’odore di alcol che si alzava da lui.
- Sai Farget, - biascicò l’uomo avvicinandosi a Noir senza staccare lo sguardo appannato da Razer – mentre ero alla taverna mi sono chiesto perché mai uno come te avesse bisogno di tutta quella polvere esplosiva in un posto del genere. –
- Non ti interessa, te lo dico io. – fu la risposta dell’uomo dagli occhi duri e penetranti, che non perse il suo sorriso.
- Già. È la stessa risposta che mi sono dato. Non mi interessa. Se però vuoi che tenga la bocca chiusa, sarebbe il caso che mi paghi un po’ di più per il disturbo. Si, sarebbe decisamente il caso che tu lo facessi. –
- Avanti, Rakre, sei ubriaco. Vai a casa e non fare qualcosa di cui potresti pentirti. – continuò Razer, estraendo di qualche centimetro il coltello che teneva al fianco dal suo fodero.
Con un movimento troppo sicuro per un uomo ubriaco, il mercante tarchiato afferrò Noir per il collo, tirandolo a sé e puntandogli la punta di una lama in ferro sotto il mento.
- No, no, Farget. Mettilo via o il tuo amico farà la fine di quel tipo del Tribunale. Ora parliamo di affari. –
Noir sentì il sangue ribollire nelle sue vene, premendo contro le pareti, pronto a esplodere.
Il coltello dell’uomo dal polpaccio ustionato tornò al suo posto, mentre le sue mani si alzavano verso il cielo, aperte.
- Davvero, Rakre, non ti conviene continuare su questa strada. Dovresti temere più quell’uomo che stai minacciando, che me. –
- Non farmi ridere. Non è armato, l’ho controllato la scorsa notte. Non può farmi nulla. –
Il coltello del mercante cominciò a premere verso l’alto, cercando invano di avvicinarsi alla pelle protetta da un sottile strato di dura melassa nera.
Il respiro di Noir si fece più corto, mentre i capillari nei suoi occhi cominciavano a esplodere uno dopo l’altro, incapaci di contenere la pressione che veniva esercitata al loro interno dal suo sangue scuro.
- Ultima possibilità, Rakre. Non credo avrai ancora modo di tornare indietro. –
- Balle! –
La punta del coltello premette con forza ancora maggiore per un paio di secondi, per poi cadere pesantemente a terra, privata della presa che la teneva sollevata.
Il corpo del mercante scivolò verso il suolo poco dopo, con il cranio trapassato da un buco circolare.
Razer rimase un attimo immobile, come se stesse studiando la scena.
- Non mi aspettavo un potere del genere, da te. Ora, forza, nascondiamo il cadavere, il nostro lavoro non è ancora finito. –
Quando il cadavere del mercante fu ricoperto da uno strato di terra e foglie sufficientemente alto, i due uomini tornarono a dirigersi verso l’interno della città.
- Hai capito come devi colpirli? – chiese Razer frugando nel suo zaino per tirarne fuori la maschera grigia che aveva indossato la notte in cui Noir lo aveva conosciuto.
- Si, ma… non ho un’arma. –
- E quella roba che hai fatto prima? Non puoi rifarla? – chiese indignato l’assassino, controllando l’affilatura del proprio coltello.
- Non funziona a comando. Il mio potere mi protegge, non posso controllarlo a piacere. –
Senza preavviso, Razer lanciò il coltello in direzione dello sterno del compagno di viaggio, ma la lama di questo impattò su una corazza nera che non si scalfì nemmeno all’impatto.
- Funziona su tutto il corpo? – chiese ancora l’uomo mascherato, raccogliendo la propria arma da terra.
- Si. –
- Mi basterà. Ricordati, un colpo al cuore, fai attenzione alla fiammata di ritorno e impila i corpi a fianco dei barili. Ne basteranno tre per far esplodere il primo orcio, gli altri lo seguiranno. –
- Va bene… - fu la risposta insicura di Noir mentre seguiva i passi dell’assassino che lo precedeva.
Avevano piazzato quattro orci in una via accanto all’uscita di una birreria quasi al centro della città. Il locale era gremito di gente e una calda luce rossastra usciva dai vetri sporchi delle sue finestre.
- Non rischiamo. Il primo gruppo numeroso di quei mostri deve essere nostro. – disse Razer con fermezza, sporgendosi appena oltre il muro che lo nascondeva.
Era un uomo diverso da quello che aveva conosciuto nei giorni precedenti, comprese Noir, osservando la figura scura che brandiva il coltello che gli stava accanto.
Un vociare interruppe i pensieri dell’uomo dai vestiti troppo larghi, riportandolo nel presente.
Due donne e un ragazzo che da poco doveva essere entrato nella maggiore età si stavano avvicinando, parlando a voce alta tra di loro.
Razer si irrigidì appena, in attesa che gli arrivassero più vicini.
- Sei sicuro che… - provò a dire sottovoce Noir, ma venne interrotto da un gesto stizzito del suo compagno di viaggio.
Il gracchiare di un corvo si udì nella notte calante, lontano.
Le donne si fecero ancor più vicine, seguite dal ragazzo, intento a calciare una pietruzza sulla strada.
- Preparati. – disse unicamente l’assassino.
Il corpo dell’uomo mascherato scattò come una molla, facendolo atterrare su una delle donne, gettandola a terra e pugnalandola con un unico colpo.
Mentre le prime lingue di fuoco si alzavano da quel corpo, la lama del coltello era già stata lanciata verso il suo compagno di viaggio, che la prese con la mano protetta dalla melassa nera.
Noir ebbe un momento di ripensamento, alla vista del volto terrorizzato della donna che aveva davanti a sé. Non appena, però, questa fece per aprire a bocca per urlare, l’istinto dell’uomo ebbe la meglio, facendogli muovere la mano verso il punto che Razer gli aveva indicato.
Fiamme ardenti avvolsero il polso di Noir, ma non trovarono nulla da bruciare, se non la solida melassa.
- Comincia a disporli. – disse l’assassino con la voce modificata dalla maschera, rubando il coltello dalle mani del suo complice, per poi scattare in direzione del ragazzo che era rimasto attonito dalla scena.
Noir distolse lo sguardo, concentrandosi sul proprio compito per spostare i corpi il più velocemente possibile verso quella che sarebbe stata la loro posizione finale.
Un uomo comparve dal nulla a mezz’aria, atterrando in mezzo alla strada.
Noir percepì il proprio sangue ribollire alla vista di quel viso tatuato.
- Non vi lascerò scappare di nuovo. – disse l’uomo dai ricci biondi a denti stretti, la sua mano, intanto, stringeva saldamente un sottile stiletto.





Angolo dell'autore:

Incredibilmente, anche questa settimana sono riuscito a portarvi il capitolo. Considerando che ho scritto un buon 60% solo di questa sera, mi ritengo soddisfatto.
Innanzitutto, grazie a OldKey, la ragazza imperfetta e whitesky per... tutto, più o meno. E, ovviamente, grazie a tutti voi che mi seguite.
Oggi ho poco da dirvi, quindi, conoscendomi, verrà fuori un poema in questo angolo.
Finalemente il Viandante si trova davanti a Razer e Noir, senza nascondigli, senza modi per fuggire. Succederà qualcosa, qualcosa di grosso. Al punto che, anche se scappassero, il nostro caro ispettore Vander (per quanto abbia rinunciato a quelle vesti burocratiche da un po' di capitoli) li potrebbe rintracciare con facilità.
Piccolo spoiler. Nel prossimo capitolo il Viandante si darà dell'idiota e, probabilmente, voi che mi seguite da tempo farete lo stesso.
La prima delle due verità sta per venire a galla.
Alla prossima.
Vago
   
 
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