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Autore: Mary P_Stark    15/11/2017    3 recensioni
Inghilterra - 1830
Il regno viene scosso dalla morte di re Giorgio IV e, più nel personale, per l'improvvisa malattia di Whilelmina, la madre di Christofer Spencer. Questo richiama a casa tutta la famiglia che, in quel momento, si trovava a Londra per la sessione estiva in Parlamento. Al gruppo si unisce un amico di Maximilian, Samuel Westwood, molto affezionato alla nonna di Max. Questo rientro anticipato a York consente alla coppia di amici - oltre che rassicurarsi sulle condizioni di Whilelmina - di conoscere una coppia di sorelle, Cynthia e Sophie, che colpiranno in modo travolgente i due giovani.
Ne seguiranno sorprese a non finire, un inseguimento rocambolesco e un finale inaspettato, che metterà di fronte Max a una verità che, fino a quel momento, aveva rifuggito come la peste. (3^ parte della trilogia Legacy - riferimenti alla storia nei racconti precedenti) SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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10.
 
 
 
 
Cos’era successo, in nome di Dio?

Cosa diamine era successo, quel pomeriggio quando, per poco, non aveva ucciso se stessa e Maximilian a causa della sua sciocca distrazione?

Perché diavolo si era permessa di perdersi in mille pensieri quando, fin dalla prima lezione di equitazione, le avevano insegnato che non ci si doveva distrarre?

Ora si ritrovava con l’abito stazzonato e impolverato, i capelli in disordine e la consapevolezza che qualcosa di estremamente sbagliato era appena accaduto.

Perché lei, quant’era vero Iddio, non avrebbe mai dovuto permettere a Maximilian di baciarla e, soprattutto, di rispondere a quel bacio, affondando la mano nei suoi riccioli castani.

Il solo pensiero la portò a rabbrividire di vergogna e, contrita, lanciò un’occhiata alla figura ritta e impettita che procedeva dinanzi a lei con il fare della sera.

Entro breve avrebbero raggiunto la locanda che lord Spencer aveva indicato loro come ritrovo e, quando li avessero raggiunti, avrebbero dovuto spiegare il perché delle loro condizioni.

Sempre che, il suo imbarazzo e la sua contrizione, non dicessero anche quello che non voleva venisse ripetuto ad alta voce.

Lei e Maximilian si erano baciati.

Certo, poteva dare la colpa di tutto a quel terrificante ruzzolone nel prato.

Era più che evidente che anche Maximilian si era spaventato alquanto e che, solo grazie alla sua prontezza di spirito, lei non si era ritrovata esanime sul ciglio della strada.

Sicuramente, quel bacio era sintomo del sollievo di essere entrambi vivi e in salute, nonostante i lividi che, con assoluta certezza, sarebbero fioriti sui loro corpi il giorno seguente.

Rincuorata da quella nuova lettura, Sophie si sentì un po’ meglio.

Di certo, Maximilian l’aveva baciata per questo motivo. Era lieto di saperla viva, visto che si era accollato la responsabilità di proteggerla.

E lei aveva risposto perché, a sua volta, era stata felice di saperlo sano e salvo, e non vittima della stupidità che l’aveva portata a non tenere sotto controllo il suo cavallo.

Cavallo che, nello specifico, si era chetato solo grazie alla presenza di Spartan.

Avrebbero dovuto fare santo quel cavallo, per aver impedito che Lady scappasse imbizzarrita per le campagne inglesi.

“Siamo quasi arrivati, Sophie. Entro breve potremo riposarci un poco” esordì Maximilian, voltandosi a mezzo per sorriderle.

Lei assentì, cercando di non arrossire di fronte a quegli occhi ridenti e sì, vagamente compiaciuti e, tenendo ben salde le redini di Lady, borbottò tra sé: “Potrebbe anche evitare di guardarmi così…”

“Dicevate, Sophie?” domandò lui, interrogativo.

“Oh, nulla, nulla. Ringraziavo il cielo che fossimo arrivati. Vorrei sistemare un poco la gonna, visto che si è lacerata in alcuni punti” dichiarò lei, affrettandosi a sorridere lieta.

Così, avrebbe avuto un’ottima scusa per chiudersi in camera per un sacco di tempo, evitando al massimo la sua interazione con Maximilian.

Lui si limitò ad assentire e, quando finalmente raggiunsero il Big Lion, un alberghetto di discrete dimensioni sul ciglio della strada principale, fu con sollievo che poté scendere da Spartan.

A causa della loro fortunosa caduta – e di ciò che ne era seguito – avevano perso almeno mezz’ora di tempo sulla tabella di marcia.

Calmare Lady, dopo aver chetato Sophie, non era stato affatto semplice e, solo grazie al cipiglio di Spartan, la giumenta si era infine decisa a far risalire la sua padrona.

Padrona che, per tutto il resto del viaggio, era apparsa al giovane Spencer assai silenziosa e molto, molto a disagio.

Certo, Maximilian poteva capire perché Sophie non avesse voluto scambiare con lui più di qualche parola, dopo il loro incidente.

Non era una ragazza leggera, tutt’altro, e le implicazioni di quel bacio potevano essere tantissime… o nessuna, del resto.

Ai suoi occhi, però, quell’episodio doveva apparirle come un’infrazione alle regole davvero eccezionale, e che avrebbe potuto comportare disagi non da poco.

Come confortarla, però, senza tornare sull’argomento?

Di sicuro, doveva aver capito perché si era spinto a baciarla senza chiederle il permesso, visto che aveva risposto al bacio per qualche attimo.

Il tutto non era durato più di una decina di secondi, ne era più che certo ma, non essendosi trattato del classico bacio rubato all’ombra di un tendaggio, o di un melo in un giardino, quell’episodio doveva sembrarle un incubo.

Lui, un lord titolato, poteva prendersi più o meno tutte le libertà del mondo, specialmente con donne di ceto sociale inferiore, e nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.

Per contro, lei avrebbe potuto giocarsi la reputazione per molto meno e, se qualcuno li avesse visti distesi sul prato, avvinghiati a causa della caduta e intenti a baciarsi, nulla l’avrebbe salvata dallo scandalo.

Solo lui avrebbe potuto evitarle il peggio, a ben vedere.

E, stranamente, quel pensiero solitamente terrificante, per i suoi standard, non lo spaventò come al solito.

Anzi, per qualche strano motivo, la cosa lo fece sorridere in maniera assai sciocca.

Quando consegnò il cavallo al garzone di stalla e accompagnò infine Sophie all’interno della locanda, non poté così evitare di lanciarle un sorriso incoraggiante.

Non poteva farci nulla; quella situazione lo faceva sentire stranamente euforico, pur se avrebbe dovuto badare più ai sentimenti di Sophie, che ai propri.

Pensò Elizabeth a riportarlo coi piedi per terra perché, non appena li vide entrare, balzò in piedi dalla panca dov’era accomodata e li raggiunse a grandi passi, preoccupata.

Lanciato solo uno sguardo a Max per assicurarsi che stesse bene, Lizzie prese poi Sophie per le spalle ed esalò: “Oh, cara, ma cosa vi è successo?”

“Sono caduta da cavallo, purtroppo, e questo è il risultato” sospirò contrita la ragazza, reclinando il viso.

Anche Wendell si avvicinò e, dopo aver sentito le ultime parole di Sophie e aver lanciato un’occhiata al nipote, disse: “Lizzie, conduci di sopra Sophie e aiutala a sistemarsi un poco. Potrebbe avere delle ferite che non ha notato.”

“Subito, zio” assentì la donna, avvolgendo la vita della ragazza prima di arrampicarsi al piano superiore con una stordita Sophie.

Rimasto col nipote, Wendell lo invitò al loro tavolo – la cena sarebbe stata servita nella mezz’ora successiva – e, dopo aver incrociato le braccia sul ripiano di legno, dichiarò: “Sophie è caduta, ma anche tu non sembri in buono stato. Come mai?”

“Lady si è impennata e, per come stavano andando le cose, Sophie sarebbe sicuramente caduta in strada, fratturandosi l’osso del collo…” sospirò Maximilian, passandosi una mano tra i riccioli castani.

Mettere a voce le sue peggiori paure lo fece tremare, rendendolo pienamente consapevole del pericolo corso.

Era successo tutto in pochi attimi, attimi in cui aveva dovuto agire con rapidità perché le cose non precipitassero e, in seguito, era stato troppo impegnato a pensare al loro bacio, per preoccuparsi d’altro.

Riportare a galla l’incidente di fronte a un pensieroso Wendell, però, lo fece rabbrividire e, tenendosi la testa tra le mani, Max mormorò ansioso: “Maledizione, zio… avrebbe potuto morire dinanzi a me! E allora, cosa avrei potuto dire a suo padre?”

“Ma non è successo, mi pare evidente…” tentò di chetarlo Wendell, soppesando bene le parole.

“L’ho afferrata prima che cadesse dalla sella, e la spinta ci ha fatti ruzzolare in un prato vicino” aggiunse il giovane, non sapendo bene cos’altro dire.

“Ed ecco spiegato il perché dei vostri abiti stazzonati” assentì Wendell, sorridendogli appena.

“C’è dell’altro” mormorò a quel punto Max, risollevando lo sguardo per puntarlo negli occhi cerulei dello zio.

“Ne avevo il sentore” assentì Wendell, sorprendendolo un poco. “Non hai mai quest’aria smarrita, Max, e non poteva essere stata causata solo da un ruzzolone nell’erba. Per quanto esso possa essere stato causato dal Fato, piuttosto che da un errore di valutazione. Ebbene?”

“L’ho baciata. Ci siamo baciati” sottolineò Maximilian, sospirando nel passarsi una mano sul viso stanco.

“L’uso del plurale sta a intendere che lei non ti ha degnamente schiaffeggiato?” ironizzò Wendell, guadagnandosi per diretta conseguenza un’occhiataccia da parte del nipote.

“Esattamente. Ergo?”

Wendell rise sommessamente di fronte all’ansia del nipote e, nello scrutare un attimo le scale – sincerandosi che le due signore non stessero scendendo – asserì subito dopo: “Eravate sovraeccitati dal pericolo, dalla paura e dal sollievo. Penso sia naturale festeggiare.”

“Oh” esalò Max, vagamente deluso.

“Ti aspettavi altro, nipote?”

“Eh? Oh, no, no. Hai… hai ragione. Hai sicuramente ragione” assentì a più riprese Max, scatenando una seconda risata da parte dello zio.

Questa volta, però, Maximilian non poté replicare all’ironia di Wendell perché, nel frattempo, Lizzie e Sophie erano tornate dalla loro personale missione al secondo piano.

Da quel poco che poteva capire, Lizzie aveva prestato una delle sue gonne da equitazione a Sophie, visto che erano notoriamente più lunghe rispetto ai soliti abiti da passeggio.

Questo, le aveva permesso di scendere dabbasso senza attirare occhiate curiose; l’abito, infatti, le copriva degnamente le caviglie, senza apparire sconveniente.

Sedutasi accanto al fratello, mentre Sophie andava ad accomodarsi a fianco di Wendell, Elizabeth disse: “Sophie mi ha detto che hai compiuto un gesto eroico, oggi. Posso solo sperare che tu non abbia battuto la testa, nel farlo? Le ossa si saldano e le ferite si curano, ma una testa rotta è senza recupero.”

Lo disse con ironia ma, nei suoi occhi grigi, Max lesse anche tanta preoccupazione.

Maximilian, allora, le sfiorò una guancia con un bacio, asserendo: “Sto benissimo, davvero. Solo qualche acciacco qua e là.”

“Molto bene… o avrei dovuto sorbirmi le reprimende di Violet, se non ti avessi riportato a casa meno che integro. Ultimamente, è diventata vogliosa di sangue, oltre che ansiosa in modo preoccupante” sospirò Lizzie, scuotendo esasperata il capo. “Neppure io, durante le mie gravidanze, ero così violenta… o tanto nervosa.”

“Va detto che, tendenzialmente, tu sei sempre stata più nevrastenica di lei” sottolineò con ironia Max, portando la sorella a incupirsi.

“Nevrastenica a chi? Prova tu, a portare due bambini nella pancia mentre ti prendono a calci, o ti schiacciano la vescica, portandoti a visitare la latrina più volte di quante non voglio ammettere” brontolò Elizabeth.

Sophie si ritrovò a sorridere di fronte al loro battibecco scherzoso e Wendell, complice, asserì a bassa voce: “Potrebbero fare gli attori in una commedia, che ne dite?”

“Avrebbero grande successo” assentì Sophie.

Lord Spencer annuì a sua volta e, mentre la giovane Withmore tornava a scrutare i due fratelli, Wendell osservò di straforo lei, studiandone il comportamento.

Una qualsiasi cacciatrice di scapoli, avrebbe immediatamente approfittato della situazione, rendendo noto lo scandalo ai parenti più prossimi per ottenerne il maggiore profitto possibile.

Quella ragazza, invece, non solo non si era accomodata vicino a Maximilian, scalzando Elizabeth, ma stava tentando in ogni modo di non attirare l’attenzione.

O era l’attrice più brava del pianeta o, veramente, Sophie Withmore era un’anima pura che, solo per caso, si era ritrovata in una situazione imbarazzante con un suo coetaneo.

Di sicuro, ha colpito Maximilian, o lui non sarebbe andato nel pallone al solo raccontarmelo, pensò tra sé Wendell, mentre rispondeva a un’invettiva della nipote.

Qualcosa c’era, ma non aveva ancora ben chiaro cosa.
 
***

Già sul punto di controllare come stesse la moglie, Andrew vide Frank uscire dal salottino dove, di solito, sapeva trovarsi Violet.

Mentre la porta veniva richiusa, il figlio del conte udì chiaramente la moglie piangere.

Subito preoccupato, Andrew venne però fermato da Frank che, scuotendo il capo, mormorò con fare da cospiratore: “Non vi preoccupate, lord Spencer, va tutto bene.”

Vagamente confuso, Andrew replicò: “Come posso pensare che vada tutto bene, se mia moglie sta piangendo? Ha litigato con sua madre, forse?”

Sarebbe stato assai strano ma, ultimamente, l’umore di Violet era così ballerino che tutto poteva essere.

Scuotendo il capo, però, Frank smentì quella possibilità e disse: “Sta consolando Mrs Withmore.”

“E lo fa… piangendo?” gracchiò Andrew, sempre più confuso.

“Pare che, il solo fatto di potersi rendere utile nel consolare le pene di lady Spencer, la renda più felice e serena. Così, vostra moglie ha inscenato questa crisi di pianto… credo, perché non le va a genio di apparire goffa e gonfia. O così mi è parso di capire.”

Passandosi una mano sul viso con espressione sconvolta, Andrew borbottò: “E Myriam gliel’ha lasciato fare? Piangere può produrre dei problemi al bambino.”

“Oh, lady Phillips mi ha assicurato che il bambino starà benissimo, altrimenti avrei sconsigliato io stesso questo piano per rasserenare la sconsolata Mrs Withmore” sottolineò Frank, tirandosi poi dietro Andrew perché non disturbasse i piani della moglie.

“Per lo meno, ti hanno reso edotto sulle loro intenzioni” sospirò Andrew, scuotendo esasperato il capo.

“Ho insistito un poco, per ottenere un tale risultato” sorrise divertito Frank, scatenando un risolino nel suo padrone.

“Queste signore ci faranno impazzire, prima o poi” dichiarò esasperato Andrew, passandosi una mano tra i capelli.

“E’ un’eventualità possibile, in effetti… ma capisco lady Spencer. Le spiace davvero molto vedere Mrs Withmore così in ansia.”

“E mia moglie farebbe di tutto, per aiutare una persona in difficoltà” chiosò Andrew, annuendo. “Sì, lo so, Frank. E’ un assioma che è nato con lei.”

“Per lo meno, sembra che Mr Withmore se la stia cavando meglio.”

“Oh, sì, quell’uomo è una roccia, e si è intestardito nel voler dare una mano a mio padre in tutto e per tutto, perché vuole ripagarlo dell’ospitalità, oltre che dell’aiuto che Max sta dando per trovare Cynthia” assentì il giovane Spencer, sorridendo. “Credo non sia abituato a ricevere favori gratuiti e disinteressati.”

“Quando si risale la china che ha scelto Mr Withmore, è davvero difficile riceverne.”

“Già, credo anch’io” assentì Andrew, dandogli una pacca sulla spalla. “Vedo se riesco a rendermi utile a mia volta. Tu, perché sei stato scacciato?”

“Le signore avevano bisogno di un po’ di privacy” sorrise appena Frank.

“E chi siamo, noi, per non accontentarle?” celiò Andrew, ridendo nell’allontanarsi.

Forse Violet non aveva la scaltrezza e l’intraprendenza delle sue sorelle, o di Lizzie, ma era geniale e volitiva a modo suo.

Sperò davvero, però, che non ideasse qualcos’altro, per consolare la povera Mrs Withmore o, buon cuore o meno, sarebbe intervenuto.
 
***

Cynthia lesse con ansia mista a eccitazione il biglietto che, alcuni giorni addietro, era stato lasciato per lei alla locanda Il Cervo Bianco, presso Oxford.

Ciò fatto, lo gettò in fretta nel fuoco del camino e, più tranquilla, si diresse verso il tavolo dove, ben presto, Samuel l’avrebbe raggiunta.

Era stata una vera fortuna conoscere lord Westwood, e lasciare che entrasse nella sua vita.

Non avrebbe potuto trovare persona più gentile, generosa e disponibile di lui, sempre pronta a renderla felice o a fare in modo che potesse raggiungere tale stato.

In fondo in fondo, quindi, le spiaceva grandemente averlo cacciato in un simile guaio.

Guaio che, con assoluta certezza, lo avrebbe reso inviso alla sua famiglia quanto a tutti i Withmore, Sophie compresa.

Era più che sicura che la sua docile, tranquilla sorella, avrebbe estratto gli artigli, di fronte a un simile scorno nei confronti della famiglia.

Da un certo punto di vista, Sophie avrebbe dovuto ringraziarla, perché le aveva permesso di emergere dallo stato di continua apatia in cui si ostinava a vivere.

Sempre perfetta, mai un cedimento o un errore. Sophie era sempre stata così, ben decisa ad apparire al meglio per onorare il nome di loro padre.

Come se avesse mai avuto un qualche genere di peso, in seno alla società!

Sbuffando leggermente, Cynthia ripensò a quando, poco prima di essere abbandonata ai piedi dell’altare, aveva sognato di elevarsi dal suo ruolo di commoner.

Sete, broccati e mussole di prima qualità avrebbero abbellito le sue giornate, e tutti sarebbero stati costretti a baciarle la mano, nel salutarla.

Anche coloro che l’avevano sempre vista come un’arrampicatrice sociale.

Questo, lei avrebbe potuto sopportarlo senza problemi…ma l’abbandono, l’insulto di essere stata scartata per un’altra…

Questo era stato il vero incubo, la sua umiliazione più cocente.

Poco aveva importato che il padre avesse cambiato città per impedirle di soffrire ancora, costringendo l’altra sua figlia ad abbandonare amicizie e sicurezze per salvare la primogenita dallo scandalo.

Sophie aveva accettato in silenzio le scelte del padre, perché era vitale, per lei, non scontentarlo mai.

Ma Cynthia sapeva bene che, della sua condizione di sorella invisibile, Sophie dava la colpa unicamente a lei, e non al padre, o alla madre, troppo debole per occuparsi veramente di loro due.

Sua madre era sempre stata orgogliosa dei successi del marito così come della bellezza delle proprie figlie, ma era sempre stata troppo debole di carattere per essere all’altezza del primo, come di stare al passo con le seconde.

Avrebbe quindi pensato da sola al proprio riscatto sociale, senza attendere che il padre le combinasse un matrimonio con qualche mercante di sua conoscenza.

No, lei sapeva cosa voleva, e lo avrebbe ottenuto. A ogni costo.

Sorridendo perciò a Samuel quando lo vide discendere dal piano superiore, lo accolse con una delicata stretta di mano e, insieme, procedettero a cenare.

Avrebbe saputo ripagare anche lui, a tempo debito, per quell’immenso grattacapo che era stata la sua presenza nella vita del giovane lord.
 
***

Mentre apponeva la sua firma sulla lettera che, la mattina seguente, sarebbe partita per raggiungere York, Elizabeth sospirò e, nel chiudere il tutto, sciolse la ceralacca e vi appose il suo sigillo.

“Non vi sentite bene, Elizabeth?” si informò Sophie, avvicinandosi alla donna, accomodata al tavolino da toeletta della stanza che dividevano.

“Oh, no… sono solo ansie di una mamma chioccia” sorrise ironica lady Chadwick. “Ho scritto per avvisare i vostri genitori che state bene.”

“Ve ne sono grata” le sorrise Sophie, accomodandosi sul letto per poi guardarla. “Maximilian pensa che siate in ansia per i vostri bambini perché, in gioventù, siete stata piuttosto… attiva?”

Elizabeth rise di quella scelta gergale e, assentendo, giocherellò con la treccia dei suoi capelli, mormorando: “Forse ha ragione da vendere, dimostrando che il mio fratellino non ha perso l’occhio per i dettagli. Ammetto di non essere venuta solo per aiutare Maximilian, ma anche per aiutare me stessa.”

“Che intendete dire?” si incuriosì Sophie.

“Non voglio arrivare a soffocare i miei bambini con le mie troppe attenzioni, perché sono memore di quel che combinai io alla loro età. Devono fare le loro esperienze, belle o brutte che siano, e io e Alexander dobbiamo solo proteggerli, ma non prevaricarli. Ma è così difficile permettere che corrano anche solo qualche rischio!”

Nel dirlo, le uscì un singhiozzo e Sophie, spontaneamente, la raggiunse per abbracciarla, lasciando che parte del peso delle sue paure si riversasse su di lei.

Lizzie si lasciò andare per qualche attimo, prima di mormorare: “Sarebbe facile piangere sulla spalla di mia madre, ma non vorrei mai darle qualche pensiero, così cerco di mascherare le mie ansie come meglio posso… ma, evidentemente, non sono così brava, se Max le ha notate.”

“Vi vuole molto bene, e credo che le avrebbe notate in ogni caso, indipendentemente dal vostro mascheramento” le sorrise Sophie, asciugandole una lacrima.

Elizabeth le sorrise grata e, nello stringerle un braccio con affetto, mormorò: “Siete davvero una brava ragazza, Sophie.”

“Cerco di fare del mio meglio per essere all’altezza di mio padre” asserì per contro la giovane.

“Ne so qualcosa, di questo genere di traguardo” sorrise divertita Lizzie.

“E lo avete raggiunto?” si informò Sophie, curiosa.

“Dovrei chiederlo al diretto interessato, ma spero di averlo reso orgoglioso.”

A quel punto Sophie sospirò e, reclinando il viso, asserì: “Con questa mia bravata, invece, io lo avrò solo deluso.”

“Sono più che certa che passerà sopra a tutto, quando avrà saputo cosa vi abbia spinta a partire. Era solo molto in ansia per voi, quando l’ho visto io, e dispiaciuto che non abbiate potuto interpellarlo per farvi aiutare” la rincuorò Elizabeth.

“Con tutto quello che ha fatto per noi, mi sarebbe sembrato ingrato scaricargli sulle spalle anche la sconsideratezza di mia sorella…” sottolineò Sophie, con cupo cipiglio. “…e neppure avrei potuto chiedere a mia madre. E’ assai delicata di costituzione, e non ha bisogno di simili sconvolgimenti. Cynthia dovrà rispondere anche di questo.”

“Ogni cosa a tempo debito, Sophie. Non fatevi il sangue cattivo prima di averla ritrovata, e averle parlato con chiarezza” le ricordò lady Chadwick, dandole una pacca sulla spalla. “Avere la mente sgombra da dubbi, aiuta a essere più incisivi.”

Sgombra da dubbi? Allora combinerò un disastro, visto quanto sono confusa, pensò tra sé Sophie, pur annuendo a Elizabeth.

Come avrebbe potuto avere anche solo l’ombra di un pensiero razionale, con il ricordo del bacio che si erano scambiati lei e Maximilian?

Quello, più di ogni altra cosa, sarebbe stato l’ostacolo più significativo da superare, in quella strampalata avventura.







Note: scopriamo come Sophie sia rimasta turbata  dal bacio, e stia tentando il tutto e per tutto per dimenticarlo. Al contrario, Max sembra crogiolarsi nel ricordo, pur se parlare con lo zio ha risvegliato in lui la paura provata nell'attimo in cui aveva temuto di perdere Sophie.
Lizzie è alle prese con i suoi "patemi da mamma", passatemi il termine, e Sophie tenta di aiutarla come può, esattamente come Violet sta tentando di fare a casa con Adelaide.
Cynthia, invece, si sente sempre più in colpa nei confronti di Samuel, ed è ben decisa a ripagarlo per i guai che gli ha creato... ma da chi avrà ricevuto quella misteriosa missiva? Cosa sarà?
  
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