21
CIELO
Keros si chiedeva come fosse arrivato a quel punto. Davvero si era
fatto
convincere? Non ci poteva credere. Era una serata piacevole, si
vedevano le
stelle. In un bosco, distanti da sguardi umani, Lucifero, Mihael e
Keros si
erano dati appuntamento.
“Vedi di trattarmelo bene” mormorò il
re, fissando l’Arcangelo.
“Tranquillo” rispose il fratello “Nessuno
si trova male in Paradiso. Tranne
te…”.
Scese uno strano silenzio. Keros, che si stava specchiando al fiume per
sistemarsi al meglio, storse il naso scorgendo il proprio riflesso. Con
addosso
la veste bianca degli angeli, si sentiva molto strano.
“Apri le ali” lo invitò Lucifero
“Mostramele”.
Il ragazzo sospirò e le aprì.
“Ora sono abbastanza grandi da permetterti il primo
volo” fu il commento del
diavolo.
Keros alzò lo sguardo per osservarle. Nonostante tutti i
suoi sforzi, erano
rimaste immacolate ed angeliche
“Sii felice” mormorò Lucifero, spezzando
l'ennesimo silenzio.
“Ti comporti come se fosse un addio” lo derise il
principe.
“Non a molti viene voglia di lasciare il Paradiso. Specie per
tornare
all’Inferno”.
“Ma fidati che io non ci penso proprio di passare il resto
della mia vita
vestito da tenda
E senza quei particolari divertimenti che tu
immagini…”.
“Lo scopriremo. Ora andate, con l'alba potrebbe comparire
qualche umano”.
Mihael annuì e fece segno a Keros di seguirlo. Il giovane
rispose con un cenno,
non molto convinto, e cammino appresso all'Arcangelo, lanciando
un’ultima
occhiata al re, che stava scomparendo fra la nebbiolina del primo
mattino.
Senza parlare, il mezzodemone osservò Mihael mentre in pochi
secondi apriva un
portale con tratti azzurri. Lo seguì attraverso di esso e
serrò gli occhi,
perché si ritrovò avvolto da una luce accecante.
Per qualche istante vide solo
bianco, udì la voce dell'Arcangelo.
“Non mentire agli angeli” parlava Mihael
“Non ho raccontato loro la verità, non
sanno chi tu sia veramente. Sarai descritto come qualcuno che ha avuto
da poco
le ali. Fra gli umani a volte succede”.
“Succede che cosa?”.
“Che muoiano o vivano in una condizione tale da meritarsi le
ali. L’esempio più
classico che mi viene in mente è qualcuno che perde la vita
per salvare quella
di qualcun altro”.
“Capisco…”.
“Non scendere troppo nei dettagli, per ora. Vedilo come un
periodo di prova. Se
ti piacerà, allora racconteremo tutto”.
“E cosa potrebbe succedere?”.
“Staremo a vedere. Per ora cerca solo di ambientarti".
Keros annuì. Si stava gradatamente abituando alla luce ed
iniziava a mettere a
fuoco ciò che lo circondava. Rimase senza parole.
L’aria profumava di incenso e
miele, si udivano cori angelici e musiche sublimi. Tutto era bianco,
con
colonnati e marmi decorati in argento e oro. Il mezzodemone vide le
anime
sorridere e lanciare esclamazioni di giubilo. Gli angeli erano
più composti e
silenziosi, ognuno con una sfumatura di ali differente.
L’intero ambiente era
strutturato attorno ad un fascio di luce che saliva in verticale,
attorno al
quale pregavano anime e creature celesti. Quella luce era molto
intensa, Keros
la trovò leggermente fastidiosa. Intento ad osservare,
sobbalzò quando percepì
qualcosa sfiorargli le mani.
“Benvenuto” si sentì dire.
Un angelo, dalle ali perlate, gli stringeva le mani e gli sorrideva.
Aveva un
tale sguardo, luminoso e sincero, che Keros non riuscì a
trattenere un sorriso
di risposta, ed un grazie moderatamente entusiasta.
“A nome del Paradiso tutto, ti do il benvenuto”
riprese l'angelo, questa volta
congiungendo le mani e prostrandosi in un lieve inchino “Il
mio compito è
guidarti in questo luogo, che ora è la tua casa”.
“Oh….Grazie…”
farfugliò Keros, confuso e fino a quel momento convinto che
sarebbe stato Mihael a fargli da Cicerone per il cielo.
“Per prima cosa, ti mostro il tuo nuovo alloggio. Poi ti
porto a fare un giro.
E sentiti ovviamente libero di pormi tutte le domande che
desideri”.
“D’accordo…”.
Ancora spaesato, il principe seguì la sua guida lungo le
strade candide,
notando su di sé molti sguardi incuriositi.
“Perdonali…” sorrise l'angelo
“Non capita molto spesso un nuovo arrivo con le
ali”.
“Sul serio? Pensavo che molte anime che muoiono prendessero
le ali…”.
“Ah, no! Solo le più meritevoli. E sono abbastanza
rare”.
“E l’aureola?”.
“Quella è riservata ai santi.
Chissà… Magari un giorno l’avrai pure
tu!”.
“Ne dubito fortemente…”.
Camminarono ancora per un tratto e Keros udì chiaramente
alcuni commenti sul
colore argenteo delle proprie ali, definite magnifiche.
“Se non sono troppo indiscreto…” chiese
la guida “Come è successo? Come hai
avuto le ali?”.
“Sinceramente non ricordo” ammise il mezzodemone
“Ricordo che stavo sulla
terrazza e poi… Il fuoco, un boato e mi sono ritrovato per
terra con piume
ovunque”.
“Capisco… Tranquillo, è del tutto
normale non ricordare i dettagli all’inizio.
Molti sono spaesati, specie se sono passati a miglior vita con un
evento
traumatico e non previsto”.
“Passati a miglior vita?”.
Keros era perplesso ma poi ricordò i discorsi di Mihael. Non
doveva mentire ma
nemmeno svelare la verità. Annuì, non molto
convinto.
“Ricordi il tuo nome?” si sentì chiedere
ancora.
“Keros. Io sono Keros” si affrettò a
rispondere, con un sorriso.
“Keros? Con significato greco o ebraico?”.
“Fa differenza?”.
“In greco può fare riferimento al nome dell'isola,
che prende spunto dalla dea
della fertilità Cerere, Kereios. Oppure ha a che fare con la
parola
“ciliegia" e con il dio dell'amore. In ebraico significa
“curva di
disonestà”. Direi che è parecchia la
differenza…”.
“Preferisco collegarlo a Kairos, uno dei figli della dea
della notte e connesso
alla sofferenza della guerra”.
“Sei un soldato? Cioè… Eri un
soldato?”.
“Non proprio. Però so combattere”.
“Magari il tuo ruolo sarà proprio questo. Ci sono
i soldati anche qui in
Paradiso”.
“Vedremo…”.
“Già. Il tuo ruolo ti verrà affidato
appena questo verrà comunicato”.
“In che senso?”.
“Hai notato qualche creatura con sei ali, vero? Quelli sono i
Serafini, i più
vicini a Dio. Quando arriva una creatura come te, questi attendono che
Dio gli
comunichi quale sarà il ruolo che svolgerà in
cielo. Appena sapranno quello destinato
a te, ne verrai informato”.
“Quindi… Non posso scegliere quel che voglio
fare?”.
“Quel che sarai ti verrà indicato da Dio. Lui sa
qual è il ruolo migliore per
te”.
“E se non mi piace?”.
“Impossibile. Il Padre sa cosa è meglio per
te”.
Perplesso, Keros non aggiunse altro. Si guardava attorno, notando tutta
una
serie di casette identiche. Bianche, con qualche decoro in oro, erano
disposte
una accanto all'altra. L’angelo condusse Keros fin sulla
soglia di una di esse.
“Questa è la tua” sorrise
“Prego, entra”.
L’interno era molto semplice, con pochi arredi e bianco
candido.
“Qui è dove alloggerai" spiegò la guida
“Puoi apportare delle modifiche,
se vuoi. O lasciare tutto così com'è. Prima che
tu lo chieda, non c'è la cucina
perché qui si mangia tutti assieme in una zona
apposita”.
“Tutti assieme?!”.
“Sì. Siamo in parecchi, è vero. Ma
è anche vero che tecnicamente non abbiamo
bisogno di nutrirci, se non in casi particolari. Quindi il pasto
diventa un
momento conviviale, dove lodare Dio e conoscersi”.
“Capisco…”.
“Nell'armadio hai dei vestiti, per ora identici a quello che
indossi. Quando
avrai il tuo ruolo, vi saranno aggiunti dei dettagli specifici. Ma a
questo
penseremo dopo”.
Keros annuì, osservandosi in uno specchio e trovandosi
ancora piuttosto
ridicolo. La sua guida lo invitò a seguirlo, per proseguire
il percorso.
“Qui non ci sono chiavi o lucchetti. Sei libero di entrare ed
uscire, da casa
tua come in quella degli altri”.
Il mezzosangue annuì di nuovo, chiedendosi come avrebbe
ritrovato casa sua fra
tutta quella fila identica. Il giro proseguì fino ad un
grande edificio imponente,
con un colonnato all'ingresso ed il soffitto a volta.
All’interno, un’unica,
grande scrivania. Davanti ad essa una fila di persone, Keros
intuì che fossero
anime.
“Qui vengono smistati i nuovi arrivi" gli fu spiegato
“Vedi? Le anime si
avvicinano al tavolo e pronunciano il proprio nome. Dietro quella
porta, alle
spalle della sedia su cui sta seduto quell’Angelo, sono
custoditi tutti i
volumi con tutte le persone del mondo. Tutte quelle meritevoli di avere
un
posto in Paradiso, ovviamente. In base a quanto scritto sul libro,
verranno
accompagnate nel settore più adatto, dove godere della
beatitudine eterna”.
“E chi compila questi libri?”.
“Ci sono degli angeli appositi. Vieni…”.
Salutando la creatura seduta alla scrivania, ed il suo assistente che
cercava i
volumi con il nome corrispondente, Keros e la sua guida salirono le
scale. Al
piano superiore, sotto una cupola decorata a mosaico in oro, tantissimi
angeli
erano chini su tavoli avorio. I loro occhi brillavano, illuminati dalla
luce
che entrava dalle molte finestre, e scrivevano con inchiostro
dorato.
“Questo è il settore adibito alla stesura dei
libri delle anime. È uno dei
ruoli possibili. Quel gruppo laggiù, invece, si occupa di
testi sacri”.
Si avvicinarono ad un gruppo di angeli che sedeva dinnanzi a tavoli
disposti in
cerchio. Le pagine che stavano riempiendo erano piene di meravigliose
miniature
e disegni.
“Che cosa scrivono?” sussurrò Keros, non
volendo disturbare il silenzio.
“Dipende. Alcuni trascrivono testi antichi, altri poesie e
preghiere, altri
canti sacri ed altri ancora avvenimenti nel Mondo degni di nota. Libri
sulle
stelle, sul creato e sugli accadimenti passati e presenti, sia della
Terra che
del Cielo. Poi vengono trascritti messaggi o comunicazioni che devono
viaggiare
da una parte all’altra del cielo, o che vanno recapitati ad
angeli
momentaneamente fra gli uomini o in alcuni casi agli umani
stessi”.
“Questo mi piace” ammise il principe “Mi
piacerebbe stare qui”.
“Ma deve essere Dio a dirtelo. O meglio, i Serafini tramite
Dio”.
“E non posso nemmeno provare? Insomma… Intanto che
aspetto che mi dicano dove
devo andare e che devo fare…”.
“Suppongo non ci sia nulla di male. Però bisogna
chiedere al capo settore.
Vieni con me”.
Camminarono fra tavoli e angeli, fino a raggiungere una porta d'oro. La
guida
bussò ed attese. Sentendosi dare il permesso,
entrò e fece segno a Keros di
seguirlo.
La stanza era semicircolare, con pareti affrescate rappresentanti il
cielo
sereno. Sul soffitto costellazioni incise ruotavano attorno ad
un’apertura da
cui filtrata una luce fortissima, che cadeva esattamente al centro
della
scrivania posta al centro della stanza. Il pavimento era bianco come il
latte,
a volte sfumato d'azzurro. Due angeli stavano osservando Keros e la sua
guida.
Il mezzodemone, dagli studi che aveva intrapreso, li riconobbe e rimase
in
silenzio.
“Damabial!” parlò l’angelo
seduto alla scrivania, rivolto a colui che aveva
condotto il mezzosangue fin lì “Cosa ti
porta qui?”.
Con grandi e profondi occhi azzurri scrutò Keros,
che rispose con un
piccolo inchino
“Lui è il nuovo arrivato, Arcangelo
Gabriel” sorrise Damabial “Ed è rimasto
affascinato da quel che accade in questo luogo. Si chiedeva se fosse
possibile
trascorrere un periodo di prova, in attesa del ruolo
definitivo”.
“Fatti vedere, ragazzo” si intromise l'altra
creatura celeste presente nella
stanza.
Con ali blu come la notte, era leggermente più alto rispetto
agli altri
presenti.
“Dicono ti abbia accompagnato Mihael. È
così?”.
Keros annuì.
“Wow” commentò Gabriel, con uno strano
tono di voce quasi sarcastico.
“Wow?” ripeté Keros.
“Di solito non succede” gli sorrise
l’Arcangelo “Il musone ha sempre altro da
fare”.
“Musone?” continuò il mezzosangue.
“Non preoccuparti. Non fa quella faccia perché ha
un qualche problema con te.
No. È la sua faccia. Lui ha problemi con
l’universo”.
“Non sorride più da tanto tempo”
concluse l’angelo dalle ali blu “Ma sono
questioni ormai lontane. Pensiamo al presente. Io sono l'Arcangelo
Uriel. Tu?”.
Keros sapeva benissimo chi fosse, così come sapeva che
Mihael non sorrideva più
dal giorno della caduta di Lucifero. Rispose alle presentazioni ed alle
varie
domande che gli venivano rivolte.
“Hai una famiglia?” volle sapere Gabriel.
“Mia madre è morta quando sono nato. Del mio vero
padre non posso dire molto.
Sono stato cresciuto da… Mio zio. Tutti lo considerano un poco di
buono, ma se non
fosse stato per lui io sarei morto subito dopo la nascita”.
“Se tu sei qui, non può che averti insegnato i
giusti valori. Un giorno lo
rivedrai in cielo” lo rassicurò Gabriel, non
capendo la risatina di Keros.
“Forse tua madre è qui”
ipotizzò Uriel.
“Dubito… Non era molto credente”.
“Capisco. In ogni caso, la vita terrena è solo un
passaggio”.
Il mezzodemone annuì. Non sapeva bene cosa dire. Osservava
le aureole sul capo
dei due Arcangeli e le vedeva risplendere di luce.
“Per me non è un problema se vorrai venire qui a
scrivere” riprese Gabriel
“Lavoro da fare c'è sempre”.
Keros ringraziò con un inchino.
“Ora continua pure il giro” invitò Uriel.
“Quindi il tuo nome
è… Damabial?” domandò il
principe, una volta tornati fra le
strade del cielo.
“Eh sì” sorrise l’angelo.
“Posso chiamarti Dammy? Più
rapido…”.
“Come preferisci”.
Insieme proseguirono. Videro il luogo in cui ci si riuniva per
mangiare,
salutando gli angeli addetti alla preparazione dei pasti. Incrociarono
un paio
di cherubini dalle quattro ali e Keros notò che le vesti si
facevano sempre più
sontuose ad ogni livello. I Serafini sembravano davvero dei
re.
Seguendo il sentiero, la guida invitò il principe ad
osservare l’addestramento
e l’allenamento dei soldati. Subito Keros
individuò le ali aranciate di
Mihael.
“Qui i guerrieri si preparano alla lotta contro i demoni.
Vieni”.
Damabial condusse Keros proprio da Mihael, che stava impartendo ordini.
Il
mezzodemone non poteva che trovarci una certa similitudine con Asmodeo
e le
guardie del palazzo. L'Arcangelo gli rivolse uno sguardo che non seppe
interpretare.
“Mi hai detto che sai combattere…”
incalzò la guida “…magari ti piacerebbe
provare a mostrare a Mihael quello che sai fare”.
‘Io…” mormorò Keros, non
sapendo bene cosa dire.
“So bene come lotta il ragazzo” si udì
la voce di Mihael, che continuava ad
osservare i propri soldati.
“Oh… Ottimo” sorrise l'angelo.
“Continuate pure il giro. Avrò modo di mostrare al
nuovo arrivo come funzionano
le cose in un altro momento” concluse l’Arcangelo
guerriero, senza voltarsi e
con le mani incrociate dietro la schiena.
“Ti ha rivolto la parola” commentò,
stupito, Damabial “Spesso nemmeno gira gli
occhi e continua i suoi affari”.
“Pensa te…” non nascose il suo fastidio
Keros.
“Mihael è un po’ particolare. Penso
dipenda dall'avere a che fare con i demoni
tutti i giorni”.
“Sarà…”.
Preferendo cambiare argomento, i due ripresero il cammino. Visitarono
il
settore adibito alla creazione delle vesti che indossavano,
la cui
maestria di mani angeliche si mostrava soprattutto nei sontuosi abiti
di
Serafini e Cherubini. Era un lavoro ricco di dettagli e ricami, di cui
Keros
apprezzò la fattura.
Quando i due giunsero nei pressi nel gruppo angelico che cantava, il
mezzodemone notò una moltitudine di anime intente a pregare,
osservando la
luce.
“Ma quindi….La luce è Dio?” si
chiese, esprimendo un concetto ad alta voce.
“La luce è DI Dio” specificò
la guida.
“E lui dove sta? Non si fa mai vedere?”.
“Lui comunica direttamente solo con alcuni. E questi poi
riferiscono. La sua
luce basta a tutti per donare forza, coraggio e immensa
gioia”.
“Ah… Pensavo che ogni tanto si mostrasse.
Sai… tipo affacciarsi al balcone o cose
così”.
Damabial ridacchiò, divertito. Dopo aver definito Keros
“un nuovo arrivo
decisamente simpatico”, lo condusse al centro del coro.
I cantori e i musicisti erano perlopiù Serafini ed angeli
semplici, ma non
mancavano altri ranghi. A dirigerli, due Arcangeli identici, alti un
paio di
spanne più degli altri. Le loro ali erano grigio scuro e
vestivano in chiaro,
con ricami in oro e verde. Si voltarono entrambi verso il nuovo
arrivato e la
sua guida.
“Ali d’argento” commentò uno
di essi “Come brillano. Molto belle”.
“Io noto di più i capelli” sorrise il
secondo “Immagino ti fosse difficile
passare inosservato, anche al piano di sotto”.
“Piano di sotto?” chiese Keros, sentendosi spiegare
che parlavano del mondo
umano.
“Io sono Metatron” si presentò il primo
gemello “Lui è Sandalphon. Sì, siamo
gemelli”.
“Lo avevo intuito” ridacchiò Keros,
presentandosi e notando, avvicinandosi, che
i due erano albini.
“C'è una cosa che chiediamo a tutti i nuovi
alati” furono le prime parole di
Sandalphon, con sul viso uno strano ghigno.
“E sarebbe…?” iniziò a
preoccuparsi il mezzodemone, mentre i gemelli si
lanciavano uno sguardo d’intesa.
“Vogliamo sentire la tua voce” gli risposero in
coro.
“Quale voce? Cioè… Voi volete che io
canti?! Ma no... Io...".
“Perché no?” di nuovo in coro.
“Perché mi vergogno!”.
“E di cosa?” rise Metatron “Nessuno
è qui per deluderti. È una cosa che
chiediamo a tutti…”.
“E che dovrei cantare? Non conosco i
testi…”.
“A noi basta l’intonazione”
spiegò Sandalphon “Facci una scala”.
Notando la perplessità di Keros, Metatron usò la
propria voce e fece sentire al
nuovo arrivo quel che intendeva. Il mezzodemone trovò quella
voce una delle più
belle che avesse mai sentito ed il suo imbarazzo aumentò.
Nel mondo dei demoni
cantava, ma sempre di nascosto.
“Non essere timido” lo incoraggiò
Damabial.
Keros ripeté la scala, a mezza voce.
“Ragazzo, andiamo! Nessuno ti mangerà, ma fuori la
voce!” gli disse Metatron
“Coraggio!”.
Il nuovo arrivo fu costretto a ripetere la scala più volte,
ogni volta spronato
ad alzare il tono. Sentendosi a disagio, con tanti angeli che lo
fissavano,
Keros chiuse gli occhi. Cercò di isolarsi e portare la mente
altrove, cosa non
facile con i due gemelli che continuavano a cianciare.
Iniziò a canticchiare
una canzoncina che conosceva, in un tono piuttosto basso. Parlava di
dame e
cavalieri, in un’epica avventura. Gliela cantava Lucifero
quando era piccolo,
anche se solo sotto supplica. Sorridendo a quel ricordo, la sua voce si
fece
più sicura e forte. Non era angelica, non era limpida come
quella del coro, ma
era forte e armoniosa.
“Mi piace come canti” ammise Sandalphon
“Davvero. Non mi spiacerebbe averti nel
coro. Anche se non so se te la caveresti molto bene con la lirica da
canti
sacri. Suoni uno strumento?”.
“Sembra un colloquio di lavoro…” ci
scherzò su il mezzosangue “Ad ogni modo,
sì. Suono il pianoforte ed il violino”.
“Pianoforte? Ci sono degli organi qui da noi.
Certo… L'organo è un pochino più
complesso del pianoforte, ma avrai un sacco di tempo per
imparare” fu il
commento di Metatron.
“Ti insegneremo noi” confermò Sandalphon.
“Mi piacerebbe. Grazie” ammise Keros, trovando
affascinante il suono
dell'organo.
“Ora però dobbiamo continuare il nostro
giro” si intromise, quasi bruscamente,
Damabial “Riprendete pure i vostri canti”.
“Perdonami. Forse volevi trattenerti ancora un
po'…” si scusò la guida “Ma
vorrei mostrarti prima tutto quanto, per poi lasciarti libero di
dedicarti alle
attività che preferisci”.
“Tranquillo… Posso farti una domanda?”
rispose Keros, mentre riprendevano il
cammino verso un altro settore del Paradiso.
“Tutte quelle che vuoi”.
“Ho notato dei bambini nel coro… Chi
sono?”.
“Bambini umani”.
“Bambini umani? Intendi… bambini morti?”.
“Ne muoiono parecchi, sai? E le loro anime nella
maggior parte dei casi
sono così pure da meritare le ali. C'è un settore
per loro, dove gli angeli li
intrattengono e li fanno giocare”.
“E non sono tristi? Intendo dire… Sono senza la
madre…”.
“Loro sanno che un giorno la rivedranno. E la luce di Dio li
rende spensierati.
Vuoi vederli?”.
Keros, perplesso da quei discorsi, preferì rimandare a
più tardi.
“Ma quindi… non ci sono figli di angeli?”
chiese poi, timidamente.
“Figli di angeli? Certo che no. Noi siamo
immortali!”.
“E coppie ce ne sono? Tipo marito e moglie?”.
“Assolutamente no. L’unico amore che ci serve
è quello di Dio. La sua luce ed
il suo calore ci ristora e ci appaga”.
“E mai nessuno ha provato il desiderio
di…?”.
“Non è rimasto in Paradiso. Gli angeli che
provavano pensieri impuri sono stati
cacciati”.
“Capisco… A te non è mai
successo?”.
“Cosa? Di innamorarmi? Io sono innamorato. Innamorato di Dio.
Anche a te
succederà”.
“Sinceramente non credo molto nell’amore. Specie
nei confronti di una luce…”.
“Cosa ti spinge a dire una cosa del genere?”.
“La realtà. La vita. E ora cambiamo
argomento…”.
Continuando a vagare per le strade candide, Keros notò molti
angeli che
camminavano su alte mura. Non erano abbigliati come i soldati ma il
loro
sguardo era costantemente rivolto al di fuori della
città.
“Cosa fanno quelli?” domandò il principe.
“Sono i vigilanti. Controllano ininterrottamente quel che
accade fra gli
uomini”.
“Gli angeli custodi?”.
“No, quelli sono nel mondo umano. Molti di loro ci vivono,
confondendosi fra
gli abitanti della Terra. Poi spetta agli umani decidere se seguire la
voce di
chi è angelo o farsi tentare da chi è
diavolo”.
“E per tua esperienza cosa accade più spesso? Si
fanno tentare o resistono?”.
“Io credo nella loro bontà. Però
è davvero facile per loro cadere in
tentazione”.
Keros trattenne un ghigno. Ora la sua curiosità era stata
risvegliata da una
torre sorvegliata. Era anch’essa bianca con decori in argento
e una grande
porta d'oro. Con tutte le finestre chiuse, il nuovo arrivo si chiese
chi
potesse viverci o a che cosa servisse.
“Quella è la dimora di Lady Sophia” lo
anticipò Damabial.
Keros annuì, intravedendo una finestra socchiudersi. Che si
fosse affacciata?
Non ne era sicuro, ma preferiva non rivolgere domande in merito alla
sua guida.
Cominciava a sentirsi spaesato, con troppe novità attorno.
“Vorrei tornare nel mio alloggio” ammise
“Avrei bisogno di riordinarmi le
idee…”.
“Comprendo perfettamente. Devi ambientarti! Bene, ti
accompagno” gli
sorrise Damabial, rassicurante.
Rimasto solo, Keros tentò di trovare un punto della casa che
non fosse immerso
nella luce. Iniziava a pulsargli la testa. Si stesse a letto ed
affondò la
testa sotto il cuscino. Trovò quella posa quasi rilassante e
chiuse gli occhi.
Non sapeva dire quanto tempo fosse passato prima dell'arrivo di Mihael.
L'Arcangelo voleva sapere cosa ne pensasse il ragazzo di quel luogo e
se c'era
qualcosa che voleva approfondire. Keros, dopo aver chiesto come
passassero il
tempo le anime tutto il giorno, azzardò una domanda su
Sophia.
“Non esce mai dalla torre?”
domandò.
“Può uscire quando vuole” gli rispose
Mihael “Non può lasciare il Paradiso
senza essere accompagnata da un altro Angelo”.
“E perché?”.
“Lunga storia. Legata alla caduta. Non deve interessarti
più di tanto”.
“Capisco…”.
“Ti hanno già affidato un ruolo?”.
“No. Sinceramente spero non abbia a che fare con preghiere e
cose simili…”.
“Sarà quel che verrà stabilito. Ma come
posto ti piace?”.
“C'è così tanto silenzio. Nessuno
grida, corre o ride. È strano…”.
“Dovrai abituarti”.
“Si. I libri sono magnifici e anche l’idea di
cantare ogni tanto non mi
dispiacerebbe. E le ali vedo che piacciono a tutti. Potrei avere
qualche cosa
in più in camera? Tipo una scrivania?”.
“Certo. Così potrai esercitarti con la scrittura e
la lettura. Farò in modo che
tu ne abbia una. Per quanto riguarda il cantare ed il ridere, ti
inviterei ad
avere un atteggiamento consono al luogo in cui ti trovi. Ma sono certo
che sai
meglio di me cosa intendo”.
“E se… dovessi venir affidato al tuo gruppo? A
combattere contro i demoni?”.
“Che ci sarebbe di male?”.
“Che non ho voglia di farlo!”.
“Qui non si fanno le cose in base a quel che si vuole
fare”.
“E ti sta bene così? Nel senso… Sei
felice? Non sembra…”.
“La mia preoccupazione e serietà deriva da quel
che vedo ogni giorno. Un mondo
perfetto, rovinato da colui che è caduto”.
“Un mondo noioso. E non è colpa sua. Dio poteva
creare gli uomini più
intelligenti!”.
“Evita discorsi simili in cielo, per
favore…”.
Il mezzosangue non rispose. Non sapeva nemmeno che dire. Doveva
ambientarsi,
questo lo sapeva. Aveva riscontrato molte similitudini con il mondo a
cui era
abituato, doveva solo abituarsi alle differenze. Magari avrebbe anche
trovato
qualcosa che lo convincere a restare…
Il
capitolo è un pochino lungo… chiedo perdono
:P il prossimo cercherò di renderlo più
“small”. È quel che accade quando si
creano file al cellulare e non più al pc…