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Autore: SagaFrirry    15/11/2017    4 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CIELO



Keros si chiedeva come fosse arrivato a quel punto. Davvero si era fatto convincere? Non ci poteva credere. Era una serata piacevole, si vedevano le stelle. In un bosco, distanti da sguardi umani, Lucifero, Mihael e Keros si erano dati appuntamento. 
“Vedi di trattarmelo bene” mormorò il re, fissando l’Arcangelo.
“Tranquillo” rispose il fratello “Nessuno si trova male in Paradiso. Tranne te…”.
Scese uno strano silenzio. Keros, che si stava specchiando al fiume per sistemarsi al meglio, storse il naso scorgendo il proprio riflesso. Con addosso la veste bianca degli angeli, si sentiva molto strano. 
“Apri le ali” lo invitò Lucifero “Mostramele”.
Il ragazzo sospirò e le aprì. 
“Ora sono abbastanza grandi da permetterti il primo volo” fu il commento del diavolo.
Keros alzò lo sguardo per osservarle. Nonostante tutti i suoi sforzi, erano rimaste immacolate ed angeliche
“Sii felice” mormorò Lucifero, spezzando l'ennesimo silenzio.
“Ti comporti come se fosse un addio” lo derise il principe.
“Non a molti viene voglia di lasciare il Paradiso. Specie per tornare all’Inferno”.
“Ma fidati che io non ci penso proprio di passare il resto della mia vita vestito da tenda
E senza quei particolari divertimenti che tu immagini…”.
“Lo scopriremo. Ora andate, con l'alba potrebbe comparire qualche umano”.
Mihael annuì e fece segno a Keros di seguirlo. Il giovane rispose con un cenno, non molto convinto, e cammino appresso all'Arcangelo, lanciando un’ultima occhiata al re, che stava scomparendo fra la nebbiolina del primo mattino. 
Senza parlare, il mezzodemone osservò Mihael mentre in pochi secondi apriva un portale con tratti azzurri. Lo seguì attraverso di esso e serrò gli occhi, perché si ritrovò avvolto da una luce accecante. Per qualche istante vide solo bianco, udì la voce dell'Arcangelo.
“Non mentire agli angeli” parlava Mihael “Non ho raccontato loro la verità, non sanno chi tu sia veramente. Sarai descritto come qualcuno che ha avuto da poco le ali. Fra gli umani a volte succede”.
“Succede che cosa?”.
“Che muoiano o vivano in una condizione tale da meritarsi le ali. L’esempio più classico che mi viene in mente è qualcuno che perde la vita per salvare quella di qualcun altro”.
“Capisco…”.
“Non scendere troppo nei dettagli, per ora. Vedilo come un periodo di prova. Se ti piacerà, allora racconteremo tutto”.
“E cosa potrebbe succedere?”.
“Staremo a vedere. Per ora cerca solo di ambientarti".
Keros annuì. Si stava gradatamente abituando alla luce ed iniziava a mettere a fuoco ciò che lo circondava. Rimase senza parole. L’aria profumava di incenso e miele, si udivano cori angelici e musiche sublimi. Tutto era bianco, con colonnati e marmi decorati in argento e oro. Il mezzodemone vide le anime sorridere e lanciare esclamazioni di giubilo. Gli angeli erano più composti e silenziosi, ognuno con una sfumatura di ali differente. L’intero ambiente era strutturato attorno ad un fascio di luce che saliva in verticale, attorno al quale pregavano anime e creature celesti. Quella luce era molto intensa, Keros la trovò leggermente fastidiosa. Intento ad osservare, sobbalzò quando percepì qualcosa sfiorargli le mani. 
“Benvenuto” si sentì dire. 
Un angelo, dalle ali perlate, gli stringeva le mani e gli sorrideva. Aveva un tale sguardo, luminoso e sincero, che Keros non riuscì a trattenere un sorriso di risposta, ed un grazie moderatamente entusiasta.
“A nome del Paradiso tutto, ti do il benvenuto” riprese l'angelo, questa volta congiungendo le mani e prostrandosi in un lieve inchino “Il mio compito è guidarti in questo luogo, che ora è la tua casa”.
“Oh….Grazie…” farfugliò Keros, confuso e fino a quel momento convinto che sarebbe stato Mihael a fargli da Cicerone per il cielo.
“Per prima cosa, ti mostro il tuo nuovo alloggio. Poi ti porto a fare un giro. E sentiti ovviamente libero di pormi tutte le domande che desideri”.
“D’accordo…”.
Ancora spaesato, il principe seguì la sua guida lungo le strade candide, notando su di sé molti sguardi incuriositi.
“Perdonali…” sorrise l'angelo “Non capita molto spesso un nuovo arrivo con le ali”.
“Sul serio? Pensavo che molte anime che muoiono prendessero le ali…”.
“Ah, no! Solo le più meritevoli. E sono abbastanza rare”.
“E l’aureola?”.
“Quella è riservata ai santi. Chissà… Magari un giorno l’avrai pure tu!”.
“Ne dubito fortemente…”.
Camminarono ancora per un tratto e Keros udì chiaramente alcuni commenti sul colore argenteo delle proprie ali, definite magnifiche.
“Se non sono troppo indiscreto…” chiese la guida “Come è successo? Come hai avuto le ali?”.
“Sinceramente non ricordo” ammise il mezzodemone “Ricordo che stavo sulla terrazza e poi… Il fuoco, un boato e mi sono ritrovato per terra con piume ovunque”.
“Capisco… Tranquillo, è del tutto normale non ricordare i dettagli all’inizio. Molti sono spaesati, specie se sono passati a miglior vita con un evento traumatico e non previsto”.
“Passati a miglior vita?”.
Keros era perplesso ma poi ricordò i discorsi di Mihael. Non doveva mentire ma nemmeno svelare la verità. Annuì, non molto convinto.
“Ricordi il tuo nome?” si sentì chiedere ancora.
“Keros. Io sono Keros” si affrettò a rispondere, con un sorriso.
“Keros? Con significato greco o ebraico?”.
“Fa differenza?”.
“In greco può fare riferimento al nome dell'isola, che prende spunto dalla dea della fertilità Cerere, Kereios. Oppure ha a che fare con la parola “ciliegia" e con il dio dell'amore. In ebraico significa “curva di disonestà”. Direi che è parecchia la differenza…”.
“Preferisco collegarlo a Kairos, uno dei figli della dea della notte e connesso alla sofferenza della guerra”.
“Sei un soldato? Cioè… Eri un soldato?”.
“Non proprio. Però so combattere”.
“Magari il tuo ruolo sarà proprio questo. Ci sono i soldati anche qui in Paradiso”.
“Vedremo…”.
“Già. Il tuo ruolo ti verrà affidato appena questo verrà comunicato”.
“In che senso?”.
“Hai notato qualche creatura con sei ali, vero? Quelli sono i Serafini, i più vicini a Dio. Quando arriva una creatura come te, questi attendono che Dio gli comunichi quale sarà il ruolo che svolgerà in cielo. Appena sapranno quello destinato a te, ne verrai informato”.
“Quindi… Non posso scegliere quel che voglio fare?”.
“Quel che sarai ti verrà indicato da Dio. Lui sa qual è il ruolo migliore per te”.
“E se non mi piace?”.
“Impossibile. Il Padre sa cosa è meglio per te”.
Perplesso, Keros non aggiunse altro. Si guardava attorno, notando tutta una serie di casette identiche. Bianche, con qualche decoro in oro, erano disposte una accanto all'altra. L’angelo condusse Keros fin sulla soglia di una di esse.
“Questa è la tua” sorrise “Prego, entra”.
L’interno era molto semplice, con pochi arredi e bianco candido.
“Qui è dove alloggerai" spiegò la guida “Puoi apportare delle modifiche, se vuoi. O lasciare tutto così com'è. Prima che tu lo chieda, non c'è la cucina perché qui si mangia tutti assieme in una zona apposita”.
“Tutti assieme?!”.
“Sì. Siamo in parecchi, è vero. Ma è anche vero che tecnicamente non abbiamo bisogno di nutrirci, se non in casi particolari. Quindi il pasto diventa un momento conviviale, dove lodare Dio e conoscersi”.
“Capisco…”.
“Nell'armadio hai dei vestiti, per ora identici a quello che indossi. Quando avrai il tuo ruolo, vi saranno aggiunti dei dettagli specifici. Ma a questo penseremo dopo”.
Keros annuì, osservandosi in uno specchio e trovandosi ancora piuttosto ridicolo. La sua guida lo invitò a seguirlo, per proseguire il percorso. 
“Qui non ci sono chiavi o lucchetti. Sei libero di entrare ed uscire, da casa tua come in quella degli altri”.
Il mezzosangue annuì di nuovo, chiedendosi come avrebbe ritrovato casa sua fra tutta quella fila identica. Il giro proseguì fino ad un grande edificio imponente, con un colonnato all'ingresso ed il soffitto a volta. All’interno, un’unica, grande scrivania. Davanti ad essa una fila di persone, Keros intuì che fossero anime. 
“Qui vengono smistati i nuovi arrivi" gli fu spiegato “Vedi? Le anime si avvicinano al tavolo e pronunciano il proprio nome. Dietro quella porta, alle spalle della sedia su cui sta seduto quell’Angelo, sono custoditi tutti i volumi con tutte le persone del mondo. Tutte quelle meritevoli di avere un posto in Paradiso, ovviamente. In base a quanto scritto sul libro, verranno accompagnate nel settore più adatto, dove godere della beatitudine eterna”.
“E chi compila questi libri?”.
“Ci sono degli angeli appositi. Vieni…”.
Salutando la creatura seduta alla scrivania, ed il suo assistente che cercava i volumi con il nome corrispondente, Keros e la sua guida salirono le scale. Al piano superiore, sotto una cupola decorata a mosaico in oro, tantissimi angeli erano chini su tavoli avorio. I loro occhi brillavano, illuminati dalla luce che entrava dalle molte finestre, e scrivevano con inchiostro dorato. 
“Questo è il settore adibito alla stesura dei libri delle anime. È uno dei ruoli possibili. Quel gruppo laggiù, invece, si occupa di testi sacri”.
Si avvicinarono ad un gruppo di angeli che sedeva dinnanzi a tavoli disposti in cerchio. Le pagine che stavano riempiendo erano piene di meravigliose miniature e disegni.
“Che cosa scrivono?” sussurrò Keros, non volendo disturbare il silenzio.
“Dipende. Alcuni trascrivono testi antichi, altri poesie e preghiere, altri canti sacri ed altri ancora avvenimenti nel Mondo degni di nota. Libri sulle stelle, sul creato e sugli accadimenti passati e presenti, sia della Terra che del Cielo. Poi vengono trascritti messaggi o comunicazioni che devono viaggiare da una parte all’altra del cielo, o che vanno recapitati ad angeli momentaneamente fra gli uomini o in alcuni casi agli umani stessi”.
“Questo mi piace” ammise il principe “Mi piacerebbe stare qui”.
“Ma deve essere Dio a dirtelo. O meglio, i Serafini tramite Dio”.
“E non posso nemmeno provare? Insomma… Intanto che aspetto che mi dicano dove devo andare e che devo fare…”.
“Suppongo non ci sia nulla di male. Però bisogna chiedere al capo settore. Vieni con me”.
Camminarono fra tavoli e angeli, fino a raggiungere una porta d'oro. La guida bussò ed attese. Sentendosi dare il permesso, entrò e fece segno a Keros di seguirlo. 
La stanza era semicircolare, con pareti affrescate rappresentanti il cielo sereno. Sul soffitto costellazioni incise ruotavano attorno ad un’apertura da cui filtrata una luce fortissima, che cadeva esattamente al centro della scrivania posta al centro della stanza. Il pavimento era bianco come il latte, a volte sfumato d'azzurro. Due angeli stavano osservando Keros e la sua guida. Il mezzodemone, dagli studi che aveva intrapreso, li riconobbe e rimase in silenzio. 
“Damabial!” parlò l’angelo seduto alla scrivania, rivolto a colui che aveva condotto il mezzosangue fin lì  “Cosa ti porta qui?”.
Con grandi e  profondi occhi azzurri scrutò Keros, che rispose con un piccolo inchino
“Lui è il nuovo arrivato, Arcangelo Gabriel” sorrise Damabial “Ed è rimasto affascinato da quel che accade in questo luogo. Si chiedeva se fosse possibile trascorrere un periodo di prova, in attesa del ruolo definitivo”.
“Fatti vedere, ragazzo” si intromise l'altra creatura celeste presente nella stanza.
Con ali blu come la notte, era leggermente più alto rispetto agli altri presenti. 
“Dicono ti abbia accompagnato Mihael. È così?”. 
Keros annuì.
“Wow” commentò Gabriel, con uno strano tono di voce quasi sarcastico.
“Wow?” ripeté Keros.
“Di solito non succede” gli sorrise l’Arcangelo “Il musone ha sempre altro da fare”.
“Musone?” continuò il mezzosangue.
“Non preoccuparti. Non fa quella faccia perché ha un qualche problema con te. No. È la sua faccia. Lui ha problemi con l’universo”.
“Non sorride più da tanto tempo” concluse l’angelo dalle ali blu “Ma sono questioni ormai lontane. Pensiamo al presente. Io sono l'Arcangelo Uriel. Tu?”.
Keros sapeva benissimo chi fosse, così come sapeva che Mihael non sorrideva più dal giorno della caduta di Lucifero. Rispose alle presentazioni ed alle varie domande che gli venivano rivolte. 
“Hai una famiglia?” volle sapere Gabriel.
“Mia madre è morta quando sono nato. Del mio vero padre non posso dire molto. Sono stato cresciuto da… Mio zio. Tutti lo considerano un poco di buono, ma se non fosse stato per lui io sarei morto subito dopo la nascita”.
“Se tu sei qui, non può che averti insegnato i giusti valori. Un giorno lo rivedrai in cielo” lo rassicurò Gabriel, non capendo la risatina di Keros.
“Forse tua madre è qui” ipotizzò Uriel.
“Dubito… Non era molto credente”.
“Capisco. In ogni caso, la vita terrena è solo un passaggio”.
Il mezzodemone annuì. Non sapeva bene cosa dire. Osservava le aureole sul capo dei due Arcangeli e le vedeva risplendere di luce. 
“Per me non è un problema se vorrai venire qui a scrivere” riprese Gabriel “Lavoro da fare c'è sempre”.
Keros ringraziò con un inchino. 
“Ora continua pure il giro” invitò Uriel.

“Quindi il tuo nome è… Damabial?” domandò il principe, una volta tornati fra le strade del cielo.
“Eh sì” sorrise l’angelo.
“Posso chiamarti Dammy? Più rapido…”.
“Come preferisci”.
Insieme proseguirono. Videro il luogo in cui ci si riuniva per mangiare, salutando gli angeli addetti alla preparazione dei pasti. Incrociarono un paio di cherubini dalle quattro ali e Keros notò che le vesti si facevano sempre più sontuose ad ogni livello. I Serafini sembravano davvero dei re. 
Seguendo il sentiero, la guida invitò il principe ad osservare l’addestramento e l’allenamento dei soldati. Subito Keros individuò le ali aranciate di Mihael. 
“Qui i guerrieri si preparano alla lotta contro i demoni. Vieni”.
Damabial condusse Keros proprio da Mihael, che stava impartendo ordini. Il mezzodemone non poteva che trovarci una certa similitudine con Asmodeo e le guardie del palazzo. L'Arcangelo gli rivolse uno sguardo che non seppe interpretare.
“Mi hai detto che sai combattere…” incalzò la guida “…magari ti piacerebbe provare a mostrare a Mihael quello che sai fare”.
‘Io…” mormorò Keros, non sapendo bene cosa dire.
“So bene come lotta il ragazzo” si udì la voce di Mihael, che continuava ad osservare i propri soldati.
“Oh… Ottimo” sorrise l'angelo.
“Continuate pure il giro. Avrò modo di mostrare al nuovo arrivo come funzionano le cose in un altro momento” concluse l’Arcangelo guerriero, senza voltarsi e con le mani incrociate dietro la schiena.

“Ti ha rivolto la parola” commentò, stupito, Damabial “Spesso nemmeno gira gli occhi e continua i suoi affari”.
“Pensa te…” non nascose il suo fastidio Keros.
“Mihael è un po’ particolare. Penso dipenda dall'avere a che fare con i demoni tutti i giorni”.
“Sarà…”.
Preferendo cambiare argomento, i due ripresero il cammino. Visitarono il settore adibito alla creazione delle vesti che indossavano, la cui maestria di mani angeliche si mostrava soprattutto nei sontuosi abiti di Serafini e Cherubini. Era un lavoro ricco di dettagli e ricami, di cui Keros apprezzò la fattura. 

Quando i due giunsero nei pressi nel gruppo angelico che cantava, il mezzodemone notò una moltitudine di anime intente a pregare, osservando la luce.
“Ma quindi….La luce è Dio?” si chiese, esprimendo un concetto ad alta voce.
“La luce è DI Dio” specificò la guida.
“E lui dove sta? Non si fa mai vedere?”.
“Lui comunica direttamente solo con alcuni. E questi poi riferiscono. La sua luce basta a tutti per donare forza, coraggio e immensa gioia”.
“Ah… Pensavo che ogni tanto si mostrasse. Sai… tipo affacciarsi al balcone o cose così”.
Damabial ridacchiò, divertito. Dopo aver definito Keros “un nuovo arrivo decisamente simpatico”, lo condusse al centro del coro.
I cantori e i musicisti erano perlopiù Serafini ed angeli semplici, ma non mancavano altri ranghi. A dirigerli, due Arcangeli identici, alti un paio di spanne più degli altri. Le loro ali erano grigio scuro e vestivano in chiaro, con ricami in oro e verde. Si voltarono entrambi verso il nuovo arrivato e la sua guida. 
“Ali d’argento” commentò uno di essi “Come brillano. Molto belle”.
“Io noto di più i capelli” sorrise il secondo “Immagino ti fosse difficile passare inosservato, anche al piano di sotto”.
“Piano di sotto?” chiese Keros, sentendosi spiegare che parlavano del mondo umano. 
“Io sono Metatron” si presentò il primo gemello “Lui è Sandalphon. Sì, siamo gemelli”.
“Lo avevo intuito” ridacchiò Keros, presentandosi e notando, avvicinandosi, che i due erano albini.
“C'è una cosa che chiediamo a tutti i nuovi alati” furono le prime parole di Sandalphon, con sul viso uno strano ghigno. 
“E sarebbe…?” iniziò a preoccuparsi il mezzodemone, mentre i gemelli si lanciavano uno sguardo d’intesa.
“Vogliamo sentire la tua voce” gli risposero in coro.
“Quale voce? Cioè… Voi volete che io canti?! Ma no... Io...".
“Perché no?” di nuovo in coro.
“Perché mi vergogno!”.
“E di cosa?” rise Metatron “Nessuno è qui per deluderti. È una cosa che chiediamo a tutti…”.
“E che dovrei cantare? Non conosco i testi…”.
“A noi basta l’intonazione” spiegò Sandalphon “Facci una scala”.
Notando la perplessità di Keros, Metatron usò la propria voce e fece sentire al nuovo arrivo quel che intendeva. Il mezzodemone trovò quella voce una delle più belle che avesse mai sentito ed il suo imbarazzo aumentò. Nel mondo dei demoni cantava, ma sempre di nascosto.
“Non essere timido” lo incoraggiò Damabial. 
Keros ripeté la scala, a mezza voce.
“Ragazzo, andiamo! Nessuno ti mangerà, ma fuori la voce!” gli disse Metatron “Coraggio!”.
Il nuovo arrivo fu costretto a ripetere la scala più volte, ogni volta spronato ad alzare il tono. Sentendosi a disagio, con tanti angeli che lo fissavano, Keros chiuse gli occhi. Cercò di isolarsi e portare la mente altrove, cosa non facile con i due gemelli che continuavano a cianciare. Iniziò a canticchiare una canzoncina che conosceva, in un tono piuttosto basso. Parlava di dame e cavalieri, in un’epica avventura. Gliela cantava Lucifero quando era piccolo, anche se solo sotto supplica. Sorridendo a quel ricordo, la sua voce si fece più sicura e forte. Non era angelica, non era limpida come quella del coro, ma era forte e armoniosa. 
“Mi piace come canti” ammise Sandalphon “Davvero. Non mi spiacerebbe averti nel coro. Anche se non so se te la caveresti molto bene con la lirica da canti sacri. Suoni uno strumento?”.
“Sembra un colloquio di lavoro…” ci scherzò su il mezzosangue “Ad ogni modo, sì. Suono il pianoforte ed il violino”.
“Pianoforte? Ci sono degli organi qui da noi. Certo… L'organo è un pochino più complesso del pianoforte, ma avrai un sacco di tempo per imparare” fu il commento di Metatron.
“Ti insegneremo noi” confermò Sandalphon.
“Mi piacerebbe. Grazie” ammise Keros, trovando affascinante il suono dell'organo.
“Ora però dobbiamo continuare il nostro giro” si intromise, quasi bruscamente, Damabial “Riprendete pure i vostri canti”.

“Perdonami. Forse volevi trattenerti ancora un po'…” si scusò la guida “Ma vorrei mostrarti prima tutto quanto, per poi lasciarti libero di dedicarti alle attività che preferisci”.
“Tranquillo… Posso farti una domanda?” rispose Keros, mentre riprendevano il cammino verso un altro settore del Paradiso.
“Tutte quelle che vuoi”.
“Ho notato dei bambini nel coro… Chi sono?”.
“Bambini umani”.
“Bambini umani? Intendi… bambini morti?”.
“Ne muoiono parecchi, sai? E le loro anime nella maggior parte dei casi sono così pure da meritare le ali. C'è un settore per loro, dove gli angeli li intrattengono e li fanno giocare”.
“E non sono tristi? Intendo dire… Sono senza la madre…”.
“Loro sanno che un giorno la rivedranno. E la luce di Dio li rende spensierati. Vuoi vederli?”.
Keros, perplesso da quei discorsi, preferì rimandare a più tardi.
“Ma quindi… non ci sono figli di angeli?” chiese poi, timidamente.
“Figli di angeli? Certo che no. Noi siamo immortali!”.
“E coppie ce ne sono? Tipo marito e moglie?”.
“Assolutamente no. L’unico amore che ci serve è quello di Dio. La sua luce ed il suo calore ci ristora e ci appaga”.
“E mai nessuno ha provato il desiderio di…?”.
“Non è rimasto in Paradiso. Gli angeli che provavano pensieri impuri sono stati cacciati”.
“Capisco… A te non è mai successo?”.
“Cosa? Di innamorarmi? Io sono innamorato. Innamorato di Dio. Anche a te succederà”.
“Sinceramente non credo molto nell’amore. Specie nei confronti di una luce…”.
“Cosa ti spinge a dire una cosa del genere?”.
“La realtà. La vita. E ora cambiamo argomento…”.
Continuando a vagare per le strade candide, Keros notò molti angeli che camminavano su alte mura. Non erano abbigliati come i soldati ma il loro sguardo era costantemente rivolto al di fuori della città. 
“Cosa fanno quelli?” domandò il principe.
“Sono i vigilanti. Controllano ininterrottamente quel che accade fra gli uomini”.
“Gli angeli custodi?”.
“No, quelli sono nel mondo umano. Molti di loro ci vivono, confondendosi fra gli abitanti della Terra. Poi spetta agli umani decidere se seguire la voce di chi è angelo o farsi tentare da chi è diavolo”.
“E per tua esperienza cosa accade più spesso? Si fanno tentare o resistono?”.
“Io credo nella loro bontà. Però è davvero facile per loro cadere in tentazione”.
Keros trattenne un ghigno. Ora la sua curiosità era stata risvegliata da una torre sorvegliata. Era anch’essa bianca con decori in argento e una grande porta d'oro. Con tutte le finestre chiuse, il nuovo arrivo si chiese chi potesse viverci o a che cosa servisse. 
“Quella è la dimora di Lady Sophia” lo anticipò Damabial.
Keros annuì, intravedendo una finestra socchiudersi. Che si fosse affacciata? Non ne era sicuro, ma preferiva non rivolgere domande in merito alla sua guida. Cominciava a sentirsi spaesato, con troppe novità attorno.
“Vorrei tornare nel mio alloggio” ammise “Avrei bisogno di riordinarmi le idee…”.
“Comprendo perfettamente. Devi ambientarti! Bene, ti accompagno” gli sorrise Damabial, rassicurante.

Rimasto solo, Keros tentò di trovare un punto della casa che non fosse immerso nella luce. Iniziava a pulsargli la testa. Si stesse a letto ed affondò la testa sotto il cuscino. Trovò quella posa quasi rilassante e chiuse gli occhi. Non sapeva dire quanto tempo fosse passato prima dell'arrivo di Mihael. L'Arcangelo voleva sapere cosa ne pensasse il ragazzo di quel luogo e se c'era qualcosa che voleva approfondire. Keros, dopo aver chiesto come passassero il tempo le anime tutto il giorno, azzardò una domanda su Sophia.
“Non esce mai dalla torre?” domandò. 
“Può uscire quando vuole” gli rispose Mihael “Non può lasciare il Paradiso senza essere accompagnata da un altro Angelo”.
“E perché?”.
“Lunga storia. Legata alla caduta. Non deve interessarti più di tanto”.
“Capisco…”.
“Ti hanno già affidato un ruolo?”.
“No. Sinceramente spero non abbia a che fare con preghiere e cose simili…”.
“Sarà quel che verrà stabilito. Ma come posto ti piace?”.
“C'è così tanto silenzio. Nessuno grida, corre o ride. È strano…”.
“Dovrai abituarti”.
“Si. I libri sono magnifici e anche l’idea di cantare ogni tanto non mi dispiacerebbe. E le ali vedo che piacciono a tutti. Potrei avere qualche cosa in più in camera? Tipo una scrivania?”.
“Certo. Così potrai esercitarti con la scrittura e la lettura. Farò in modo che tu ne abbia una. Per quanto riguarda il cantare ed il ridere, ti inviterei ad avere un atteggiamento consono al luogo in cui ti trovi. Ma sono certo che sai meglio di me cosa intendo”.
“E se… dovessi venir affidato al tuo gruppo? A combattere contro i demoni?”.
“Che ci sarebbe di male?”.
“Che non ho voglia di farlo!”.
“Qui non si fanno le cose in base a quel che si vuole fare”.
“E ti sta bene così? Nel senso… Sei felice? Non sembra…”.
“La mia preoccupazione e serietà deriva da quel che vedo ogni giorno. Un mondo perfetto, rovinato da colui che è caduto”.
“Un mondo noioso. E non è colpa sua. Dio poteva creare gli uomini più intelligenti!”.
“Evita discorsi simili in cielo, per favore…”.
Il mezzosangue non rispose. Non sapeva nemmeno che dire. Doveva ambientarsi, questo lo sapeva. Aveva riscontrato molte similitudini con il mondo a cui era abituato, doveva solo abituarsi alle differenze. Magari avrebbe anche trovato qualcosa che lo convincere a restare…

 

Il capitolo è un pochino lungo… chiedo perdono :P il prossimo cercherò di renderlo più “small”. È quel che accade quando si creano file al cellulare e non più al pc…

   
 
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