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Autore: ROW99    20/11/2017    1 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Su, venite a consiglio,
O pensieri.
Com’esser mai può
ch’io serva a Semira,
che scopo è dellira
di chi m’infiammò?
No, no, no, no!
E meglio soffrire,
penare, morire,
che mai rimirare
oggetti sì fieri.
Eh! lasciate i consigli,
o pensieri, o pensieri.




Dire che Minaho fosse allucinato sarebbe stato riduttivo.
Aveva appena visto il suo migliore amico, quello che sarebbe dovuto essere in ospedale con la febbre alta e una brutta polmonite, steso su un letto d'ospedale a leggere fumetti, entrare dalla porta principale con piglio deciso e sistemarsi davanti ai banchi dei giudici! Non riusciva proprio a capire.
Come era possibile che lo avessero dimesso? L’arancione aveva parlato con i medici il giorno prima.. erano preoccupati per il lento risollevarsi della salute del lilla, e avevano garantito che ne avrebbe avuto almeno per altri tre giorni, senza contare le due settimane di riposo e leggera attività fisica che lo aspettavano poi, per riprendere pienamente possesso delle sue facoltà corporee!

-M..Man… -Sussurrò. Endou da parte sua aveva assunto la sua stessa espressione.  Solo Rex sembrava entusiasta come suo solito alla vista del lilla. Si sbracciava per farsi vedere, e siccome Manabe non lo notava sfuggì al controllo del padre adottivo per correre da lui.
Manabe lo vide, sorrise e lo abbracció. Rex, tutto felice, tornò a prendere posto vicino ad Endou.


Suonò una campanella.
Entravano i giudici. Tutti scattarono in piedi mentre una voce proclamava, con forza, “Entra la corte!” Minaho li osservò.
Erano due uomini e una donna.  Lei, anziana e dallo sguardo gentile, assomigliava a una nonna sotto alla pesante parrucca bianca e fissava uno dei due colleghi, un uomo giovane dagli occhi estremamente acuti. Completava il trio un uomo anziano con due grossi occhiali di corno adagiati sul naso. Si sedettero, e con loro gli altri occupanti della sala.


Ora che tutti erano in posizione Minaho poté farsi un’idea migliore dei ruoli. Laddove il banco vicino a Manabe era vuoto, quello accanto ai suoi genitori era occupato da un uomo alto e sottile vestito con una toga nera.  Doveva essere il loro avvocato. L’arancione sapeva che la legge ne assegnava uno d’ufficio a chi non poteva permetterselo, dunque lesse l’assenza di quello di Manabe come una conseguenza della scelta del ragazzo di difendersi da solo insieme ai suoi testimoni.
Immediatamente dietro di loro sedevano, appunto, i testimoni. Endou e il dottor Konoe per Manabe, un uomo sconosciuto per i suoi genitori.

L’arancione fu colto da un orrendo sospetto. Manabe aveva detto che lui avrebbe potuto essere chiamato a testimoniare… perché non era seduto lì con loro? Ecco il perché di quella sedia vuota!
Il ragazzo si alzò e si diresse verso la seduta, sentendosi addosso il peso degli sguardi di tutta la sala. Era calato il silenzio e lui era rosso come un peperone. Si sedette con un sospiro di sollievo.

Endou gli appoggió una mano sulla spalla mentre i giudici preparavano i loro incartamenti.
-Pronto? Si comincia


Minaho faticó a seguire i primi minuti del processo, un po’ per l’ansia e un po’ perché si trattava più che altro di dati e informazioni private di Manabe.
I giudici fecero l’appello delle presenze, quindi lessero un riassunto delle carte processuali ricordando lo stato dei fatti e le istanze del ragazzo e dei genitori con le relative date di deposizione. Minaho poté così scoprire che i problemi legali del lilla si trascinavano da quasi tre anni. Ebbe una fitta al cuore pensando al suo amico tutto solo a soli tredici anni.

-Ora gli appelli iniziali. Se qualcuna delle due parti intende dire qualcosa lo faccia ora. Quando inizierà l’interrogazione dei testimoni non sarà più possibile per loro intervenire se non su nostra richiesta. -Il giudice più anziano si sistemó gli occhiali con fare sussiegoso. -Iniziamo da voi. -L’uomo indicò i genitori di Manabe. La madre guardò il padre facendogli cenno con il capo. L’uomo si alzò.
-Niente da dichiarare. Solo vorremmo che questa pagliacc… situazione si risolva al più presto. È già durata fin troppo, e nostro figlio è sottoposto da troppo tempo all’influenza di gentaglia da quattro soldi.
-La invito ad astenersi dal dare giudizi.-Il giudice fece un cenno con la mano. -Sentiamo ora la parte richiedente… ragazzo, qualcosa da dichiarare?


Manabe tremava ed era molto pallido. Si alzò a sua volta in piedi ma sembrò avere poco equilibrio. Si riebbe e si sostenne alla sbarra.
-Io… io voglio… io vorrei… solo… essere libero.



Minaho sospirò. Non sarebbe stato facile.
Era appena iniziata l’audizione dei testimoni e lui era sconvolto da sensazioni contrastanti. Da una parte la rabbia per le menzogne del testimone dei genitori del lilla, che a quanto pare era uno zio di terzo o quarto grado pescato chissà dove che stava dipingendo Manabe come un fragile squilibrato in balìa di pulsioni pericolose e manipolato da “persone cattive”, dall’altra il terrore che il suo amico crollasse per lo stress e per la febbre.

Manabe, da parte sua, stava tutt’altro che bene. All’angocia si sommava la febbre altissima. Il caldo umido del riscaldamento lo stordiva e gli seccava a gola dolorante, mentre la tosse non gli dava tregua.
-Forse… forse… non dovevo… non dovevo scappare dell’ospedale.


I giudici fermarono il teste dei genitori. Il suo tempo era scaduto e lui aveva vomitato tutta la sua marea di bugie e banalità. Minaho era disgustato. Ora toccava ai teste di Manabe.
-Bene… chi vuole parlare per primo? Il signore con il bambino?
La giudice sorrise a Rex. Endou prese un respiro e si alzò in piedi. -Sono pronto.

-Benissimo. Signor Endou, vero? Ci racconti la sua versione dei fatti.
-Io… io conosco Manabe Jinichirou dall’inizio di quest’anno scolastico, ovvero da quando lui e il suo amico Kazuto Minaho si sono iscritti al club di calcio da me gestito alla Raimon junior high. Per… per vari ragioni ho avuto modo di approfondire il rapporto con il ragazzo venendo a conoscenza dei suoi problemi.  Posso garantirne la più assoluta maturità… Manabe ha fatto cose, combattuto battaglie che nessun’altro alla sua età può dire di avere affrontato.

Minaho era commosso. Il racconto di Endou proseguì toccando vari episodi salienti degli ultimi mesi, mentre i giudici ascoltavano attenti. Quando gli fu detto di tornare a sedere aveva avuto modo di tessere un quadro molto positivo della maturità di Manabe.
Lo stesso fece il dottor Konoe, chiamato a testimoniare subito dopo. Raccontò gli episodi drammatici del ricovero e dell’intervento del lilla, soffermandosi soprattutto sul suo rapporto con Minaho.. Anche questa volta i giudici sembrarono positivamente impressionati.  Di contro, i genitori del lilla parlottavano scocciati tra loro con  fin troppo evidente disprezzo di chi gli stava intorno. Minaho si sentiva i loro sguardi addosso ogni volta che voltava le spalle.


Ci fu una breve pausa. I giudici lavoravano sui loro plichi di fogli mentre i testimoni e gli interessati parlavano con gli avvocati.  Manabe, che si sentiva vicino al collasso, trovò la forza di fare un sorriso a Minaho che lo fissava a metà tra l’incredulo, il ferito e l’angosciato. Ebbe una fitta di senso di colpa per non averlo avvertito dei suoi piani… non aveva voluto preoccuparlo senza motivo, però quello sguardo…

L’arancione da parte suo stava riflettendo. Voleva disperatamente andare da Manabe, ma aveva il terrore dei suoi genitori e non voleva rendersi conto di quanto stesse male… sapeva che non avrebbe retto all’angoscia. Una lacrima gli rigó una guancia. Trattenne un piccolo singhiozzo. Non era il momento di avere voglia di un abbraccio… si sentiva debole. Bisognava prendere una decisione.
Appoggió le mani sulla sbarra e strinse i denti. -Ora mi alzo e vado da lui…
-Minaho Kazuto! Al banco dei testimoni!


Calò un silenzio di tomba. Tutta l’aula poté vedere Minaho, già pallido di suo, sbancare come una tazza di latte. Il ragazzo si strinse una mano sul petto. -I... Io. ..
I genitori del lilla lo guardavano con odio. Si sentì mancare… poi il suo sguardo si soffermó su Manabe. Lo guardava con gli occhi lucidi. Avrebbe capito se non ce l’avesse fatta? Se si fosse tirato indietro? Aveva degli occhi così tristi...

Una scossa di adrenalina. L’arancione si alzò di scatto e si posizionó al banco dei testimoni. -Sono pronto, vostro onore.


-Bene… ci parli del suo amico. Vorremmo sapere… lei lo ritiene maturo? Ritiene che sarebbe capace di sostenere un ruolo autonomo  nella società di questo paese?
-Io… -Minaho era spaventato. -Io… io ne sono certo, vostro onore! Questo ragazzo… cioè Manabe… lui… lui riesce a provvedere a tutto quanto occorre al suo sostentamento, nonché al mio…
-Prego? Lei vive a carico del ragazzo?-Il giudice era stupito, ma sembrava interessato.

-Ecco… io… io vivo con Manabe da qualche mese… ne abbiamo passate tante! Vi assicuro che mi ha tolto da una brutta situazione… non avevo mai avuto un amico come lui. È… è perfettamente autonomo e in grado di provvedere a tutto… sa cucinare, insieme teniamo pulita la casa… potete vedere i suoi rendimenti scolastici! Sono i più alti della scuola... fa sport,  ha subito un intervento e relativo recupero! A prescindere dalla sua età anagrafica… il mio amico… cioè… Manabe fa… fa cose che forse pochi adulti fanno. Io… Io lo stimo con tutto me stesso.

-Perfetto. La sua testimonianza è chiara e univoca. Ora… se le parti volessero avvicinarsi, è ora degli appelli finali prima che questa Corte si riunisce per deliberare.


Minaho ricadde sulla sedia sospirando di sollievo. Era andata.
Osservò i genitori del lilla alzarsi in piedi molto stizziti ed avvicinarsi al banco dei giudici, e con loro ma dalla parte opposta il figlio.
Manabe era pallido e sudato. Non si era mai sentito così debole e non aveva idea di come sarebbe potuto rimanere in piedi e addirittura parlare. Il caldo e i rumori lo stordivano… si sostenne alla sbarra e trovò la forza sovrumana di sorridere a Minaho, facendogli cenno di stare tranquillo e ringraziandolo.

I giudici si rivolsero prima ai genitori. -Dunque… è il momento del vostro appello. Diteci perché dovremmo negare l’emancipazione a questo ragazzo.
L’uomo prese la parola.
-È evidente, vostro onore! Nostro… figlio è sempre stato emotivamente fragile e problematico! Guardate con quali compagnie si accompagna!  È succube di quel ragazzaccio orfano ripescato dalla strada e di quella combriccola di...

-Sa? I miei genitori sono morti quando avevo sette anni, uccisi dalla malavita. Perché pensa che sieda su questo seggio? Sia attento ai pareri che esprime su quel ragazzo, la prego. -A parlare era stato il giudice più giovane. Il padre del lilla sbiancó, ma fu un istante. Diede immediatamente l’impressione di aver superato l’imbarazzo… si vedeva che era un diplomatico esperto.
-Capisco… non potevo sapere. Comunque ribadisco, nostro figlio è incapace di difendersi da chi lo sfrutta. Deve tornare a casa prima che la situazione degeneri e lui ne venga irrimediabilmente ferito.


Manabe tremava di rabbia e di freddo. Strinse i denti.
-Perfetto. .. sentiamo ora l’altra parte. Ragazzo, perché dovremmo concederti l’emancipazione?

-P…perché … perché la mia… -Manabe batteva i denti e si sentiva svenire. -La mia fragilità è…è causa… del disinteresse di chi… di chi ora mi… accusa.  -Fu sconvolto da un accesso di tosse. -Queste… persone e questo… ragazzo sono la mia… vita… la mia possibilità di… di riscatto… vi supplico… ho… ho diritto a essere… libero, dopo tanto dolore.

I giudici parlottavano tra loro. Avevano letto le carte del processo e sapevano delle difficoltà che Manabe aveva avuto nella sua infanzia. Sapevano che il lilla non scherzava e non cercava di farsi compatire.
-Perfetto… è ora di iniziare la discussione in camera di consiglio. Presto avremo il verdetto.
I giudici si ritirarono, e un brusio invase l’aula.


Minaho voleva correre dal suo amico, ma qualcosa lo tratteneva… non voleva che i genitori del lilla lo vedessero con il figlio… -Non si sa mai… -pensò. Magari potevano usare un abbraccio per rinforzare davanti ai giudici le loro tesi… anche se oramai i giochi erano fatti.

-Man… -Guardò l’amico, che era pallido e respirava con la bocca. -Man… tieni duro ti prego… ci siamo quasi!
   
 
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