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Autore: LittleBunny    29/11/2017    1 recensioni
~ 3 ~
Era davvero arrabbiato in quel momento e immaginava che forse - forse -, avesse un tantino esagerato nel rivolgersi ad Ai che, anzi, gli aveva pure 'salvato la vita' - e ricordava piuttosto perfettamente la sua espressione dopo aver mangiato quella robaccia, quindi era davvero sicurissimo della cosa- e a pensarci... Sapeva piuttosto bene di aver scaricato tutte le sue frustrazioni su di lui. Il ragazzo dagli occhi eterocromatici non stava passando un bel periodo, proprio per niente, ma sapeva bene che non aveva il diritto di ferire i sentimenti delle persone - o almeno, di persone che non gli avessero fatto nulla di talmente grave di meritarsi un trattamento simile-.
... Davvero stava pensando ai sentimenti di uno sconosciuto? Dio... Come si era ridotto per via di quel Mikaze.
[Ranmaru x Ai + altre ship]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ai Mikaze, Ranmaru Kurosaki, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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cap3

3 ~ Your Apologies




Camus procedette lungo il corridoio , cercando di raggiungere il suo studio, con un leggero cipiglio nello sguardo.
Era da un paio di giorni che il lavoro all'interno della scuola lo trovasse decisamente più stressante del solito. A dirla tutta, trovava gli altri decisamente irritabili.
Si sentiva un po' come un monarca alle prese con una banda di servitori nullafacenti : per quanto potesse essere soddisfacente governare, avere a che fare quotidianamente con una banda di zoticoni che non sapevano letteralmente fare nulla senza che ci fosse lui presente, era alquanto frustrante.
Con un leggero sbuffo infastidito, tuttavia, dovette ammettere a se stesso che la causa di questa sensazione di nervoso mista a frustrazione era un'altra - visto che i suoi colleghi non è che fossero cambiati improvviso da un giorno all'altro-.
Il pensiero cadeva più e più volte su Ai che, da qualche giorno a questa parte, aveva iniziato a comportarsi in maniera piuttosto strana.
Lo vedeva più assorto nei suoi pensieri.
Distratto.
Corruggando le sopracciglia, si chiese quando esattamente aveva iniziato a comportarsi in maniera inconsueta.
... Okay, di per sè, suo figlio era sempre stato una persona inconsueta.
Ad esempio, si ricordò quando qualche mese fa, dopo che l'azzurrino si era versato una ciotola di cereali e, constatando che fossero tutti di colori diversi, gli chiese quale secondo lui fosse 'il cereale che avesse dato origine agli altri', lasciando il biondo visibilmente perplesso, non sapendo davvero cosa rispondergli.
A ripensarci, era quasi ammirevole come il figlio riuscisse a farsi domande su questioni così futili.
Quindi quando ha iniziato a comportarti in maniera più strana del suo solito...? Non si ricordava esattamente tanto ma si ricordò di un episodio successo giusto il giorno prima.

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"... Per il resto? Com'è andata? Hai fatto nuove conoscenze?"

Era una delle solite domande di routine, di cui più o meno si aspettava già la risposta - tipo 'a scuola è andata come sempre e il mio numero di amicizie non è aumentato da ieri ma grazie di aver chiesto'-.
Tuttavia, si rese subito conto di quanto sbagliasse quando, appena si voltò a guardarlo dopo aver parcheggiato la macchina, lo vide mettersi una mano sul petto mentre il colore delle sue gote erano diventate di un colore rossastro in meno di una manciata di secondi.

"... Ai?" chiese confuso il più grande, alzando un sopracciglio , perplesso da quella reazione.

Nonostante il colorito fosse cambiato, Ai sembrò provare a comportarsi come se nulla fosse, cercando di mantenere un atteggiamento composto, mentre cercava di uscire dalla macchina.
Tuttavia, a Camus non potè sfuggire come fosse tremendamente in difficoltà ad uscire dalla macchina, visto che sembrò avere scordato l'esistenza delle cinture di sicurezza che circondano il suo petto.
Vista l'incapacità del figlio di uscire dalla macchina, dopo essersi massaggiato le tempie con fare stanco, il biondo staccò la cintura al figlio, causandogli una momentanea perdita di equilibrio.

"Uh. Okay. Mh. Sto bene." mormorò il più giovane in tono statico, quasi robotico e ,agli occhi dell'altro, sembrò quasi che stesse iperventilando, un po' come quando dai troppi input ad un computer vecchio, dando come risultato finale il completo blocco del sistema.

Essendo ormai palese che il ragazzo non avrebbe risposto più a nessuna domanda, il compito del genitore era soltando uno : seguirlo e sperare che non cadesse da qualche parte.

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In effetti, è stato molto ingenuo da parte sua lasciare semplicemente la cosa 'correre', piuttosto  che indagare oltre. Il suo comportarsi da padre attento l'aveva trasformato per quel breve istante in un ingenuo.
Non che volesse farsi gli affari del figlio - in quanto non gli aveva mai fatto venir dubbi sulla sua integrità morale- ma iniziava a domandarsi se fosse il caso di parlargli, si chiedeva se in qualche modo, fosse il vero motivo del fatto che era finito in punizione l'ultima volta e... Oh, non era forse Ai quel ragazzo davanti a lui ,appena uscito dall'infermeria?
Immediatamente i loro sguardi si incrociarono e Camus potè avvertire un leggero sussulto nel più piccolo, come se l'avesse appena beccato in qualcosa di inappropriato.

"... Ai, cos-?"

 Il preside si bloccò nel momento stesso in cui vide apparire l'infermiera dietro il più giovane e subito un sorriso amorevole gli apparve in viso.

"Oh buongiorno. Come sta? La vedo in splendida forma." esclamò in tono affabile , allargando se più possibile il sorriso.

L'infermiera dal canto suo, ridacchiò lievemente, coprendosi parte del viso con una mano, mentre le gote iniziarono a colorarsi di rosso. Il ragazzo dai capelli ciano sembrò approffittare del momento per allontanarsi ma la stretta della mano di Camus sul suo polso glielo impedirono.
Per quando l'adulto continuò a sorridere, sembrò quasi emanare una certa aura che non prometteva nulla di buono e il più giovane sembrò capire al volo che doveva arrendersi all'innevitabile.
Il biondo si volse nuovamente verso l'infermiera, sperando che fosse collaborativa e che non fosse costretto a usare una parola smielosa di più.

"Scusi, potrei chiederle una cortesia? Visto che mio figlio è finito in infermieria, sono un po' preoccupato... Ci potrebbe lasciare per un'istante da soli all'interno? Vorrei assicurarmi che stesse bene. Spero di non risultare troppo maleducato ai suoi occhi."

Fortunatamente , la donna sembrò più collaborativa del prevvisto e, dopo l'ennesimo risolino, si allontanò andando verso la sala insegnanti.
Dopo che si fu allontanata, l'uomo fece segno al ragazzino di entrare e, dopo che l'altro l'ebbe eseguito, entrò chiudendo la porta alle sue spalle. Successivamente, si guardò intorno e, appena ebbe la conferma di essere solo loro due in quell'aula, il suo solito sorriso di circostanza scomparve, lasciando spazio alla sua solita espressione fredda mentre guardava il figlio davanti a sè.

"... Allora?" chiese, dopo qualche attimi di silenzio, mentre incrociava le braccia al petto, per poi appoggiare la schiena alla porta dell'aula "Cos'è successo?"
"Sono stato male." mormorò l'azzurrino e , notando dallo sguardo dell'altro che non fosse soddisfatto della risposta, continuò "Per colpa di un biscotto di Natsuki e ho dovuto prendere qualcosa per far passare il dolore alla pancia."

Camus sbuffò con fare infastidito, posando l'indice e il pollice sul ponte del naso, strizzando lievemente gli occhi, sotto lo sguardo confuso del figlio.

"Tranquillo, stavo semplicemente valutando l'eventualità di tagliare le mani al tuo amico, visto che con quelle fa solo danni." borbottò indispettito, spostando poi la mano e riaprendo gli occhi.

Ricordava fin troppo bene quando tempo addietro, incosciente delle inesistenti doti culinari dell'occhialuto, aveva avuto l'ardire di assaggiare uno di quei dolcetti di 'ringraziamenti per avermi fatto rimanere a dormire da Ai-chan' .
Tutt'ora, non sapeva bene se fosse stato più il dolore fulmineo alla bocca dello stomaco o se fosse stato il ricordo di quel bambino con le guance paffutelle che gli sorrideva dolcemente porgendogli altri dolcetti, la parte più orribile di quella giornata.
Poteva benissimo capire il dolore che il figlio avesse provato ma ancora non capiva come potesse essere successo una cosa del genere. Insomma, Ai passava davvero tanto tempo con quei ragazzi, quindi dovrebbe essere palese che più di chiunque altro, lui dovesse sapere di non mang...

"E' stata colpa mia ciò che è successo. Natsuki non centra nulla."

L'azzurrino bloccò il flusso di pensieri di Camus, che ora guardava il figlio con aria confusa e lo sguardo basso, colpevole del ragazzo, non miglioravano di certo la situazione.

"Perchè di-"

"Posso chiederti una cosa?"

Il biondo sbuffò nuovamente, costatando di come il ragazzino davanti a sè, in un modo o nell'altro cercasse di confonderlo, bloccando il flusso dei suoi pensieri sul nascere.
Prima di rispondere, spostò lo sguardo sul vetro della finestra dell'aula, costatando in quel momento che si fosse messo a piovere: sperò che non fosse un brutto presagio.

"... Certo, dimmi."

***************

Come sua routine, dopo la scuola, Ranmaru andava a posare la borsa e tutto ciò che avesse a che fare con la sua vita da studente, per poi tornare indietro con qualche scatoletta di cibo per gatti. Era da un po' di tempo che aveva addocchiato un gatto randagio nei dintorni dell'edificio scolastico e, sebbene il ragazzo non se lo potesse portare a casa per ovvie ragioni, proprio non se la sentiva di abbandonarlo a se stesso... Forse proprio perchè sapeva cosa si provasse.
Così, con l'ombrello in una mano e la borsa con il cibo per animali dall'altra, girò l'angolo, per poi entrare all'ingresso scolastico... Per poi irrigidirsi e allargare gli occhi.
Non.
Era.
Possibile.
Era una cavolo di ossessione.
Eccolo lì, all'ingresso della scuola, la fonte di tutto il suo nervoso degli ultimi giorni , colui che gli faceva aggrovigliare così tanto lo stomaco da fare male : Mikaze.
Che cavolo ci faceva lì? Perchè non era tornato a casa? ... Che non avesse l'ombrello?
Visto che l'altro sembrasse non averlo notato - e se anche fosse, non lo dava a vedere - , si prese qualche istante per scrutarlo: era rannicchiato all'ingresso della scuola, con i vestiti e i capelli un po' bagnati , mentre guardava il braccio e stringeva un qualcosa, che il ragazzo più grande identificò come il gatto di cui si prendeva cura.
Una leggera smorfia gli apparve in volto mentre un leggero sospiro gli usciva dalla bocca.
La cosa che più di tutte gli urtava di quel ragazzo, non era quel tono quasi di superiorità con cui a volte sembrava parlarti, non erano quegli occhi che non si abbassavano mai, in nessuna circostanza, quasi come se volesse sfidarti sempre o quel modo odioso in cui sembrava apparire nei momenti meno opportuni : era il non riuscire a comprenderlo.
Per quanto fosse giovane, Ranmaru riusciva sempre a farsi un'idea delle persone che aveva intorno, un po' come se avesse un'istinto 'animale' - non che gli importasse davvero di chi gli stava intorno ma, per una ragione o l'altra, ha sempre avuto a che fare ogni giorno con un sacco di persone, scuola compresa- ma proprio non capiva come funzionasse Ai Mikaze.
A volte aveva come l'impressione che lo sfottesse. Altre volte , aveva l'impressione che gli volesse stare intorno solo per il semplice gusto di farlo arrabbiare. Altre volte ancora, aveva un po' l'impressione che gli stesse vicino solo perchè semplicemente lo volesse.
E da quanto tempo non succedeva? Era davvero secoli che una persona gli si avvicinasse, non per interesse, non per doppi fini, ma solo perchè semplicemente volevano conoscere Ranmaru Kurosaki. Il vero Ranmaru Kurosaki.
E la cosa lo mandava in una confusione tale da non sapere che fare e la cosa lo irritava terribilmente. Era poi davvero possibile farsi tutti questi pensieri, su una persona che sì e no avrà visto due volte - e non in ottime circostanze-?
Proprio in quel momento, l'azzurrino alzò finalmente lo sguardo -facendo ricadere delle cuffiette, che prima non aveva notato, sulle ginocchia - e si accorse della presenza del ragazzo dai capelli argentati, cosa che lasciò a quest'ultimo una sensazione abbastanza angosciosa e un orribile sensazione alla pancia, come se dovesse implodere da un momento all'altro.
Per quanto non lo volesse ammettere a se stesso, sapeva fin troppo bene a cosa erano dovuti quelle sensazioni. Non voleva ammettere a se stesso che erano i sensi di colpa che si facevano sentire sempre più forti.
Schioccò la lingua seccato, come se con quel gesto potesse scacciare via quelle orribili sensazioni che provava -ovviamente fallendo miseramente-.

"... Beh? Che ci fai qui? Non dirmi che una persona così precisa come te non ha pensato di portarsi l'ombrello." borbottò in tono piuttosto acido, affiancando il più giovane, mentre chiudeva l'ombrello e prendeva dalla borsa gli oggetti necessari a nutrire il gatto.

Ai non sembrò scomporsi più di tanto per il tono discutibile del più grande - e forse, dopo la discussione avuta qualche ora prima, era più che probabile che immaginasse che ora ce l'avesse a morte con lui- , anzi, sembrò più concentrato a fissare l'interno della borsa dell'altro, forse curioso di quello che stesse andando a prendere al suo interno.
Il micio, che nel mentre aveva riconosciuto il giovane, saltò dalle gambe di Ai, per avvicinarsi all'altro, per poi miagolare e strusciare la testa al suo piede.

"E' tuo questo gatto?" chiese dopo un lungo silenzio fissando Ranmaru che aveva sistemato per terra ciotolina e croccantini.

Il senpai lo guardò male -cosa che fece aumentare il suo dolore alla pancia- e sbuffò apparentemente infastidito.

"Che ci fai qui?!" insistette Ranmaru con un'intensità di voce così alta da far sussultare il più piccolo.

Il ragazzo dagli occhi blu ciano sembrò pensarci per un istante, forse per valutare le parole da usare in quel contesto, per poi scrollare le spalle.

"Si è messo a piovere e non ho l'ombrello. Mio padre mi ha detto che saremo andati via assieme ma in questo momento ha una riunione a scuola. Sto aspettando che finisca."

Forse era solo un impressione, ma il ragazzo più grande si accorse che l'altro non mostrava la solita sicurezza - o noncuranza, non sapeva bene come spiegarlo- nel parlare, anzi, sembrava abbastanza titubante e sembrava usare una certa cautela. Che pensasse ancora alla loro discussione?
Abbassò lo sguardo, concentrandosi in apparenza al gattino, dandogli qualche carezza, ricevendo in cambio il suono delle fuse, mentre in realtà riflettè su quello accaduto poche ore prima.
Era davvero arrabbiato in quel momento e immaginava che forse - forse -, avesse un tantino esagerato nel rivolgersi ad Ai che, anzi, gli aveva pure 'salvato la vita' - e ricordava piuttosto perfettamente la sua espressione dopo aver mangiato quella robaccia, quindi era davvero sicurissimo della cosa- e a pensarci... Sapeva piuttosto bene di aver scaricato tutte le sue frustrazioni su di lui. Il ragazzo dagli occhi eterocromatici non stava passando un bel periodo, proprio per niente, ma sapeva bene che non aveva il diritto di ferire i sentimenti delle persone - o almeno, di persone che non gli avessero fatto nulla di talmente grave di meritarsi un trattamento simile-.
... Davvero stava pensando ai sentimenti di uno sconosciuto? Dio... Come si era ridotto per via di quel Mikaze.
Forse era una qualche punizione di qualche genere -se solo ci credesse, penserebbe che fosse di natura divina- per essere una persona orribile? Si passò una mano fra i capelli, frustrato da quella situazione. Se solo avesse potuto, avrebbe spaccato qualcosa, piuttosto che rimanere a pensare ai sentimenti di uno come quello là.
Una delle cose più urtanti era il fatto che quello stesse zitto. Con la coda nell'occhio, poteva vedere piuttosto bene come l'azzurrino lo scrutasse, magari chiedendosi se potesse parlare o se l'avrebbe mangiato vivo.
Doveva fare assolutamente qualcosa, sia per togliergli quella stupida espressione dalla faccia, sia per farsi passare quella dolorosa sensazione della pancia ma, purtroppo per lui, non era propriamente una persona carina e dolce che potrebbe dire come se nulla fosse ' mi dispiace ' .
... Anche perchè era sicurissimo che non fosse stato solo colpa sua.
Aveva esagerato con le parole, sapeva che aveva sbagliato a sputare sentenze su una persona che manco conoscesse -anche stupido, contando che Ranmaru stesso odiava quando lo facevano con lui- ma sapeva anche che il ragazzo di fianco a lui non era propriamente un santo, contando tutte le volte che quasi gli causava un aneurisma cerebrale.

"... Okay ascolta. " esclamò di colpo, in un tono di voce più aggressivo di quanto avrebbe voluto, cosa di cui si maledì "Io non so bene come ragioni, non so che ti frulli in testa e forse in questo momento ti starai chiedendo perchè questo idiota ti sta ancora parlando. Forse non vuoi avere più a che fare con me? E' probabile, visto i nostri trascorsi. Ad ogni modo, sono una persona schieta e se devo dire una cosa non mi faccio problemi, quindi ascoltami bene, non te lo dirò una seconda volte. So bene che non mi sono comportato nei migliori dei modi e il fatto che sei parecchio strano, non giustificano certe parole che ho usato. Io odio le persone che giudicano così a caso e di certo non voglio diventare io stesso una persona del genere. Diciamo che ho esagerato ma questo non ti da il diritto di farmi innervosire quando meglio credi. Capito? Bene. Ma com'è che sei bagnato?"

Il più grande era molto sorpreso e confuso da quanto avesse parlato - tant'è che gli mancava il fiato-, forse non aveva parlato così tanto in tutta la sua vita e la cosa era davvero imbarazzante. Talmente imbarazzante che si sarebbe preso a cazzotti da solo, piuttosto che stare lì. Sperò con tutto il cuore che l'altro accettasse le sue scuse e magari prendesse di buon grado quel cambio repentino del discorso -anche se ,nonostante stesse evitando accuratamente il suo sguardo, percepiva fin troppo gli occhi dell'azzurrino addosso a lui-.

"... Ti stai scusando con me, per caso?"

Ed ecco che ora Ranmaru avrebbe dato volentieri un pugno ad Ai stavolta, per averlo fatto imbarazzare e sentire a disagio più di quanto già fosse, faccendo aumentare pericolosamente il rossore sulle sue guance.
Si alzò quindi di scatto, pronto ad andarsene da lì, prima di prenderlo ad insulti e di finire nuovamente con lo stomaco dolorante e l'avrebbe fatto, se non fosse per una presa da dietro, all'altezza della giacca.

"Scusami." mormorò il ragazzino, prima che Ranmaru potesse dire o fare altro "Non volevo metterti a disagio, ho sempre e solo voluto parlare con te, ma so bene di essere strano. Cercherò di evitare di metterti a disagio ma stai qui, d'accordo? Non c'è bisogno che ti allontani per colpa mia."

Il ragazzo dagli occhi eterocromatici si irritò non poco a quelle parole: sia con se stesso per essere ulteriormente idiota, sia per l'azzurrino che permetteva che ciò accadesse. Si ricordò infatti di quando glielo disse la prima volta qualche ora prima e di come Mikaze stesso l'avesse ripetuto e forse, per un breve istante, in quegli occhi freddi ed apparentemente privi di una qualsiasi luce, ci aveva letto dolore e rassegnazione, come se fosse ormai rassegnato ad essere semplicemente lui stesso. Non sapeva bene perchè o come avesse fatto a vederci una cosa del genere in una manciata di secondi, ma sta di fatto che quella sensazione lo colpì talmente forte, che avvertì un sendo di soffocamento, come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno alla bocca dello stomaco.

"... Allora, mettiamo le cose in chiaro." borbottò Ranmaru, mettendosi il cappuccio in testa, come a voler nascondere il rossore di poc'anzi "Io rimango, tu non ti scusi, io non ti do più dello strano e tu non te lo ripeti da solo. D'accordo?"

Lanciò un'occhiataccia ad Ai, il quale, dopo un momento di spaesamento, annuì velocemente con la testa, togliendo poi la mano dalla giacca dell'altro e Ranmaru scrollò le spalle, tornando al suo posto, guardando poi l'orologio al suo polso.
...Quanto tempo era passato? Una ventina di minuti? Quanto durava quella cavolo di riunione a scuola?!
Oh beh, sarebbe stato meglio passare il tempo evitando qualche altro silenzio imbarazzante.

"... Allora? Non hai una delle tue domande inconsuete da farmi?" disse quindi di colpo, evitando accuratamente la parola 'strano'.

"... Beh." esordì Ai, posando gli occhi sul micio, che aveva appena finito di mangiare e ora si era avvicinato nuovamente a Ranmaru per avere un po' di affetto "Non mi hai detto se il gatto è tuo o meno."

Il ragazzo dai capelli argentati sbuffò: aveva quasi dimenticato che l'altro era un ragazzo che non si arrendeva mai, finché la sua curiosità non fosse stata soddisfatta.

"No." disse secco, per poi prendere il gattino in braccio ed accarezzarlo dolcemente.

L' azzurrino rimase a lungo a fissare la scena - tant'è che Ranmaru si chiese se fosse caduti in qualche sorta di standby o cose simili - per poi storcere lievemente il naso, come se non fosse soddisfatto della risposta.

"Eppure ti dai tanto da fare per lui. Gli porti da mangiare, ti prendi cura di lui... Sembra tutto tranne che tu sia un estraneo per lui." gli fece notare Ai, guardandolo dritto negli occhi. Il ragazzo più grande si stava già pentendo di aver iniziato quella conversazione.

"Dare da mangiare ad un gatto un paio di volte non vuol dire nulla. Quelli che danno da mangiare ai piccioni che dovrebbero dire? Di avere più di 100 piccioni?"

"Non so come avvenga per i piccioni, ma in questo caso il gatto mi sembra molto affezionato a te. " insistette ancora, non percependo assolutamente il sarcasmo del senpai "Si vede che ti vuole bene."

Ranmaru schioccò la lingua, tremendamente infastidito dal più piccolo. Non sapeva se fosse più irritato dal fatto che l'altro non cogliesse che voleva assolutamente concludere quella conversazione imbarazzante, o se lo fosse di più perchè l'altro stava insistendo su qualcosa di davvero... Stupido. Non si affezionavano a lui le persone, figurarsi un gatto randagio!
E ancora, non capiva perchè dovesse fare questi pensieri profondi per una domanda del cavolo.

"... Senti. Te lo spiegherò in parole povere perchè davvero, è una discussione così inconcludente che non ho la più pallida idea del perchè ne stiamo ancora parlando. Non gli 'piaccio' io, ma il cibo che gli do ogni giorno. Chiunque gli può essere 'simpatico', basta gli dia un po' di attenzione e da mangiare."

"Non è vero." disse ancora Ai, e Ranmaru era abbastanza sicuro di sentire nascere in lui qualcosa di simile all'istinto omicida ed era già pronto ad urlare , sentendo la sua inesistente pazienza venir meno, ma si bloccò quando l'altro gli fece vedere la mano piena di graffi..

"Mentre ero qui, aspettando mio padre, ho visto il gatto gironzolare sotto la pioggia e ho pensato che si sarebbe ammalato prendendosi l'acqua." spiegò il più piccolo, coprendo la mano con la leggera felpa che stava indossando "Tuttavia, non si è fatto prendere facilmente, sai? Pensavo che fosse perchè era spaventato per la pioggia, ma invece l'ho visto saltare come se nulla fosse nelle pozzanghere per gioco. Molto strano per un gatto, non trovi? Credevo fossero animali più puliti... Comunque, proprio quando mi ero arreso, mi si è acciambellato sulle gambe, sporcandomi di fango..."

Non sapeva il perchè di quel discorso strampalato, ma c'era da dire che ora il senpai si stava divertendo non poco. Infatti, vedere il più piccolo parlare con voce diversa dal suo solito tono freddo ed assumere un leggero cipiglio contrariato, mentre abbassava lo sguardo verso la felpa ormai sporca di fango, fecero nascere sul volto del più grande un sorriso derisorio. Forse in fondo, ne era valsa la pena essere rimasto fino a quel momento.

" Ad ogni modo, non è questo il punto." mormorò Ai, tornando a guardarlo dritto negli occhi, e il sorrisetto di Ranmaru scomparve "Io volevo solo aiutarlo, eppure mi ha riempito di morsi e graffi. Eppure, secondo il tuo ragionamento, bastava dargli un po' di corda e si sarebbe affezionato subito a me, no? Mi pare invece che non sia stato così. Ti ho raccontato questa storia per farti capire questo: forse non sono tutti guidati da secondi fini. Credo davvero che il gatto ti voglia realmente bene... E non penso tu debba aver paura ad affezionarti a lui. Quindi... perchè non pensi ad un nome per lui?"

Ed ecco che , nuovamente, il ragazzino più piccolo lo sorprese con le sue parole, lasciandolo per qualche istante con le labbra semi-socchiuse. Come poteva un discorso sui piccioni e sui gatti portare ad una conversazione del genere? Proprio non riusciva a capire il modo di pensare di quel ragazzino.

"... Tsk." borbottò il ragazzo dagli occhi eterocromatici, per poi dargli improvvisamente un colpetto in fronte con l'indice, facendo sussultare il kohai dalla sorpresa.

Non sapeva neanche lui cosa stesse facendo. Non sapeva nemmeno che strane sensazioni Ai gli avesse suscitato - erano così intense, così particolari, così tante che lui, abituato prima di tutto ad agire e poi pensare, non sapeva davvero come reagire-.
Si mise a frugare nella borsa, nella più totale confusione del più piccolo - cosa di cui Kurosaki fu lieto, almeno non era l'unico lì ad essere confuso-, per poi prendere dei cerotti, disinfettante e del cotone - fra una cosa e l'altra, capitava che si facesse spesso male, ed aveva imparato a portarli sempre con sè- e prendere la mano dell'azzurrino.
Forse fu solo un'impressione, ma potè quasi avvertire il ragazzino irrigidirsi sotto il suo tocco e gli diede quasi l'impressione che fosse diventato improvvisamente nervoso.

"Ohi, quel gatto è comunque un randagio e io non voglio avere nessuna responsabilità se ti prendi un' infezione, chiaro?!" Sbuffò il ragazzo dai capelli argentati , iniziando a passare il disinfettante sui graffi.

Nonostante la voce apparentemente irritata e il modo inizialmente brusco in cui stava passando il cottone per sterilizzare le piccole ferite, Ranmaru successivamente fu abbastanza delicato e si prese del tempo per osservargli attentamente la mano. A parte un graffio che partiva dal centro del dorso, sotto le nocche, e arrivava fino al pollice, aveva giusto qualche piccola ferita superficiale.
Alzò gli occhi di nascosto, accorgendosi che ancora il ragazzino non aveva emmesso nessun fiato. Letteralmente.
L'unica cosa che faceva era fissarlo ma non con il suo solito sguardo attento, sembrava piuttosto imbambolato e potè notare come, mentre il più grande gli sfiorava la mano, essa sembrasse sempre più umidiccia.
... Che avesse paura? In effetti, quante volte, in quel poco tempo, aveva rischiato di prenderlo a pugni? Decisamente tante, non c'era da sorprendersi.
Scrollò le spalle, sospirando lievemente : se fosse questo il caso, era ovvio che non ci fosse nulla che potesse fare.
Con la mano libera, cercò un cerotto che potesse fare al caso suo, quando qualcosa catturò la sua attenzione e subito uno sguardo irritato gli apparve in volto, insieme ad un grugnito di disappunto.
Che diavolo ci facevano lì dei cerotti con i coniglietti?!
Sbuffò infastidito -immaginando già chi potesse aver fatto qualcosa del genere ai suoi normalissimi cerotti-, per poi dargli un ulteriore occhiata: per quanto erano stucchevoli e decisamente non nel suo stile, doveva ammettere che erano di un bel colore tendente all'azzurro.
Posò nuovamente lo sguardo sul ferito, poi sul cerotto e avanti così un paio di volte, per poi metterglielo sull'enorme graffio senza tante cerimonie.
 
"To'. Spero ti piacciano i conigli." borbottò il ragazzo dai capelli argentati, lasciando la mano dell'altro.

Mentre Ranmaru sistemava nuovamente gli oggetti nella sua borsa, notò che il ragazzino si sfiorava il cerotto con l'indice, quasi ammirandolo. Dovevano proprio piacergli quegli animaletti.

"... Quindi gli darai un nome?".

Stavolta, il tono con cui disse quelle parole non era il solito con cui chiedeva per la sola, semplice e pura curiosità, ma risultò un po' acuto, come se cercasse un modo per togliere qualcosa che precedentemente gli impediva di respirare.

"Mah. Ci penserò. Chi lo sa, magari sono più tipo da piccioni." Replicò in tono sarcastico il ragazzo dagli occhi eterocromatici - anche per sviare quegli strani sentimenti che gli invadevano ancora il cuore- per poi guardare di sottecchi dietro di sè nel sentire un brusio sempre più vicino alla porta d'ingresso, segno che la riunione era ormai finita.

"Non penso." ribatté il più piccolo, che ora sembrava più tranquillo mentre osservava l'altro finire di sistemarsi e alzarsi "Penso che tu sia più buono di quanto tu voglia far credere e penso anche che tu tenga semplicemente lontane le persone per paura di essere ferito. Magari mi sbaglio ma... Mi hai dato quest'impressione."

"Perchè do da mangiare a un gatto e ti ho messo un cerottino? Devi essere proprio uno stupido allora." borbottò l'altro, irritato da quei commenti, per poi aprire l'ombrello e rivolgergli per un ultimo istante un'occhiataccia.

"Certo, per quello... E per essere rimasto con me per non lasciarmi solo." mormorò Ai, inclinando lievemente il capo, alzandosi anche lui, sentendo le persone uscire dall'ingresso.

Il senpai non rispose, iniziando a camminare diretto verso casa sua, lasciando fuoriscire un semplice borbottio.
Era stato beccato.

//Uh uh, eccoci qua ad un nuovo magico capitolo (*´∀`*)
Non so se si è capito, ma la parte in corsivo e il simbolo # è stata data per i flashback! (ノ ̄ω ̄)ノ
E le cose hanno iniziato a smuoversi, uh uh~ (´ε` )♡
Che ne pensate? Idee? Personaggi che vorreste che apparissero\vorreste che gli dessi più spessore? (9`・ω・)9
Ringrazio a tutti per il sostegno, a chi mi scrive (anche su sarahah) per le recensioni ma ringrazio soprattutto @Starishadow che mi aiuta sempre a correggere il testo! (ㆆᴗㆆ) /♡♡
Che dire, alla prossima, scrivetemi in tanti!! (σ'∀')σ*。・゜+.*
   
 
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