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Autore: syila    22/03/2018    8 recensioni
"... Se vorrai rivedermi dipenderà da te; posso fare molto di più che darti qualche consiglio via E-mail, togliere di torno la concorrenza o rapirti da un corteggiatore molesto. Posso darti lezioni di canto, di portamento e di dizione, posso fare di questa ballerina di fila una etoile di prima grandezza; posso farti innamorare di nuovo di questo mestiere, perché io vedo la passione che hai dentro e che invece tu pensi di avere perso"
Questa storia ha partecipato alla challenge di Halloween (Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook
Il Giardino di Efp e prende spunto da "Il Fantasma dell'Opera"
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Oh, bravo Figaro!
Bravo, bravissimo! Bravo!
Fortunatissimo per verità! Bravo!
Fortunatissimo per verità, fortunatissimo per verità!
Pronto a far tutto,
la notte e il giorno
sempre d'intorno in giro sta.

(Il Barbiere di Siviglia - Atto Primo - Gioachino Rossini)

Largo al factotum!

"Sei nervoso Yuuri? Non ne hai motivo... Dopotutto... Non è la prima volta che lo facciamo"
La lezione era finita e si, Yuuri era molto nervoso, come sempre da un paio di settimane a questa parte; ovvero, da quando aveva cominciato a frequentare regolarmente quella casa e il suo eccentrico proprietario.
Il suo istinto aveva visto giusto nel diffidare fin da subito dell'offerta di seguirlo come insegnante di canto e non perché l'uomo mascherato non fosse qualificato per farlo.
Anzi nel suo modo di porsi, nell'organizzare il programma, nello scegliere i pezzi o nell'insistere sulle correzioni c'erano un puntiglio, una maniacalità e una competenza che superavano perfino quelle del maestro Cialdini e in alcune occasioni aveva anche rimpianto il cordiale e bonario cantante italiano.
No.
A preoccupare Yuuri era il famoso "pagamento".

La prima volta che aveva specificato trattarsi di un pagamento "in natura" il giovane giapponese aveva spiccato un salto indietro e aveva tentato una maldestra fuga inciampando nei sacchi di cemento dell'ingresso e finendo lungo disteso, coperto di polvere grigia, sul pavimento.
Il suo insegnante probabilmente se lo aspettava tanto che si prese tempo per raggiungerlo, dopodiché lo aiutò ad alzarsi e a togliersi di dosso l'infarinatura.
Se gli avesse lasciato tempo di finire il discorso avrebbe potuto chiarire cosa intendesse per "Pagamento in natura"; il bisbetico mascherato e la sua casa avevano bisogno di cure, di attenzioni e sarebbe toccato a Yuuri provvedere affinché fossero soddisfatti.
Dato che il giapponese ancora non capiva l'uomo mise mano al portafogli e gli consegnò alcune banconote per la spesa.
"Il frigo e la dispensa piangono mio caro ragazzo; dovresti provvedere; ci sono alcune botteghe nei paraggi; non mi piacciono i supermercati né i centri commerciali, comprerai tutto qui nel quartiere. Così non dovrai andare troppo lontano"
Carino da parte sua!
Peccato che fosse tornato carico come un asino da soma e avesse dovuto trascinare le buste piene fino al primo piano, aprirle e sistemare il contenuto, mentre l'uomo lo rimirava dalla penisola della cucina, coi gomiti puntellati sul piano di lavoro e l'aria rapita, o così immaginava Yuuri, dietro l'espressione neutra e vagamente beffarda della sua maschera bianca.
"C'è altro maestro Victor?"
"No, per stasera è tutto, puoi andare Yuuri, ci vediamo Mercoledì"


A questo punto bisogna fare una piccola digressione: il Maestro aveva un nome finalmente.
Solo un nome, niente cognomi, nomignoli, soprannomi, niente di niente.
Aveva mantenuto la promessa, però questo era stato il massimo contributo alla conoscenza della sua persona.
Nemmeno Minako, l'insegnante di danza che lo aveva accolto premurosamente sotto la sua ala, nonostante le striminzite referenze che il suo connazionale le aveva presentato, era stata in grado di dirgli qualcosa di più.
Il fantomatico Victor contribuiva con delle donazioni in denaro alla sua Scuola, ma i bonifici arrivavano dal conto di una banca svizzera intestato ad una associazione filantropica culturale con sede in Lussemburgo.
Tutto il resto Yuuri lo aveva ricavato dalle stravaganti richieste del suo insegnante.

La spesa doveva essere una specie di test, giusto per rompere i ghiaccio e saggiare la disponibilità (o meglio la disperazione) dell'allievo.
La volta successiva al termine di una massacrante lezione sul personaggio di Calaf nella Turandot era arrivata la prima vera richiesta imbarazzante.
Victor gli aveva chiesto una tazza di tè, non preteso, si badi bene, il tanghero mascherato non imponeva, non pretendeva mai, ma con abili giri di parole riusciva ad ottenere da Yuuri tutto ciò che voleva, nel canto e nelle attività, per così dire, extrascolastiche.
Preparare un tè caldo avrebbe dovuto essere un minimo sindacale, in dotazione ad ogni individuo mediamente autonomo e Yuuri sarebbe stato in grado di assolvere al suo compito in dieci minuti se, scendendo in cucina, non avesse trovato pronto sul tavolo un set completo per la cerimonia del tè giapponese e una yukata di un bellissimo blu notturno corredata dei relativi gheta.
“Sul serio?” aveva chiesto affacciandosi in mansarda dove il maestro stava riordinando gli spartiti.
"Il colore della Yukata è sbagliato?" aveva ribattuto il padrone di casa quasi mortificato "Eppure avrei giurato che ti piacesse il blu"
"I-io non so fare il tè alla maniera tradizionale!"
"Ma sei giapponese, avrai assistito alla cerimonia qualche volta"
Yuuri inspirò profondamente e si impose la calma.
Inutile.
Tutto inutile.
Quell'uomo riuscita ad irritarlo e a smuovergli un'insospettabile aggressività latente rimasta fino ad allora sepolta sotto strati di timidezza e ritrosia.
"Si sono giapponese e con questo? Sarebbe come pretendere da uno scozzese che suonasse la cornamusa o da uno spagnolo che ballasse il flamenco solo perché ce li immaginiamo così!"
Il suo interlocutore si picchiettò il mento con l'indice, parve valutare seriamente la cosa, poi esclamò allegro.
"So che farai del tuo meglio!"
Alla fine aveva vinto lui.
Il giovane tenore aveva armeggiato con gli strumenti e le tazze di porcellana per più di un'ora; aveva anche assaggiato la brodaglia verdognola ed era abbastanza certo che fosse disgustosa.
Dal canto suo il maestro aveva seguito le sue mosse con l'atteggiamento del bambino a cui stanno apparecchiando la tavola di Natale e al momento di servirgli il vassoio con le piccole tazzine da degustazione aveva perfino battuto le mani.
C'era un motivo preciso per cui Yuuri si era prestato a quella pantomima: se aveva chiesto il tè voleva berlo e per berlo avrebbe dovuto togliersi finalmente quella maledetta maschera; quella, più dell'atteggiamento dispotico e indisponente era il vero cruccio del giapponese.
Chi celava davvero?
Perché darsi tanta pena per nascondere il suo aspetto?
Oggigiorno la gente non si scandalizzava più riguardo a menomazioni o cicatrici, di certo non lui, né glielo avrebbe fatto pesare o messo in ridicolo.
I due rimasero a fissarsi alcuni instanti in silenzio; yuuri accucciato su talloni secondo le usanze di casa sua, il maestro seduto sul divano in evidente attesa di qualcosa.
"Ahm... Il tè si raffredda" chiarì.
"Oh si certo!"
"Quindi?"
"Per stasera è tutto Yuuri, puoi andare, ci vediamo tra due giorni"
Il giovane socchiuse le palpebre allungando lo sguardo in una sottile linea minacciosa, l'altro parve intuire che tirava brutta aria e aggiunse "La yukata è tua! è un regalo e... Ti servirà ancora"




Ormai cominciava ad essere abbastanza sicuro che il suo... Maestro avesse una sorta di perversione o feticismo per il Giappone, o peggio, per i giapponesi (se fosse stato più attento ai dettagli: per un giapponese in particolare!) e alla seconda richiesta di pagamento l'impressione divenne una certezza.

La lezione era stata interessante;il maestro l'aveva quasi tutta incentrata sull'ascolto di brani musicali; voleva che Yuuri cogliesse le differenze interpretative tra i cantanti della seconda metà del Novecento e quelli moderni; a suo pare essere un tenore non significava solo aprire la bocca e darle aria, ma anche possedere una vasta cultura musicale riguardo ai mostri sacri della lirica e agli artisti contemporanei.
Le due ore erano scivolate via lisce come l'olio e allo scadere del tempo il giovane cominciò a domandarsi cosa gli avrebbe chiesto stavolta in cambio; nella sua mente si era costruito alcune ipotesi in base alle quali a lezioni più impegnative corrispondevano compiti più leggeri, perciò se questa era stata una sessione tranquilla il pagamento doveva essere l'esatto opposto.
"Adesso vorrei che scendessi in cucina, ho fatto portare delle cose per te... Questo servizio della spesa a domicilio è fantastico!" esclamò l'uomo.
"Se l'avesse scoperto la settimana scorsa mi avrebbe risparmiato la maratona nei negozi del quartiere..." bofonchiò Yuuri contrariato, mentre esaminava il contenuto delle buste.
A giudicare dalla sua esperienza in materia c'erano tutti gli ingredienti per preparare un'ottima, gustosa cenetta giapponese: riso, ramen, alghe Nori, un trancio di tonno freschissimo, un filetto di maiale, salsa wasabi, spezie e decine di altri prodotti che avrebbero potuto sfamare un esercito; ma la cosa assurda era che non si era limitato a comprare gli ingredienti, aveva provveduto alle pentole, ai coltelli e perfino ai piatti affinché tutto fosse coordinato.
"Posso restare mentre cucini?"
"Prego, è casa sua..." rispose Yuuri sarcastico.
"C'è qualcosa che ti ispira? Hai già in mente la ricetta?"
"Cosa le da la certezza che io sappia cucinare?" chiese conficcando un affilato coltello da sfilettatura dentro il ceppo di legno.
Il suo atteggiamento sornione riusciva di nuovo a smuovergli il lato Oscuro.
"Oh, il fatto che sei stato tanti in anni in America ad esempio; chi vive lontano da casa in genere sente nostalgia dei piatti della sua terra e andare tutte le sere al ristorante può essere costoso... Allora... Cosa c'è per cena?”
Preparare il katsudon non era esattamente come fare un uovo in padella; era servito tempo per cuocere il riso, preparare la bistecca, friggerla, versare le uova sbattute al momento giusto affinché si rapprendessero, facendo attenzione alla consistenza e alla stratificazione degli ingredienti nella ciotola.
Il giovane aveva lavorato per un'ora abbondante e doveva ringraziare sua madre che lo teneva sempre con sé in cucina mentre preparava questa tipica leccornia del Kyushu. Di norma avrebbe fatto carte false per mangiarsene almeno un paio di ciotole, ma alla fine era così stanco e contrariato che alla richiesta del suo commensale di rimanere a cena rispose picche, si impacchettò nel piumino e infilò le scale senza nemmeno voltarsi indietro, lasciando il maestro in intimità col suo prelibato katsudon.
Solo quando fu a metà strada realizzò che la canaglia lo aveva invitato a mangiare con lui; formulò un augurio silenzioso che un fulmine lo incenerisse durante la notte, calcò la cuffia in testa e tornò a marciare verso casa a passo di carica.
Aveva appena perso un'altra occasione di scoprire la sua identità.




“Vai a lezione?” Phichit lo aveva intercettato all'uscita dalla sala prove del Teatro; Yuuri caracollava affannato all'uscita con una manica infilata nel giaccone e un plico di fogli in bocca.
Il giovane annuì mugugnando che sarebbe tornato a casa un po' più tardi e l'amico sorrise.
Era contento, finalmente aveva trovato un valido insegnante di musica, in grado di aiutarlo ad un prezzo ragionevole.
Le circostanze in cui si erano conosciuti non gli erano ancora del tutto chiare, il maestro Victor era venuto a conoscenza di quanto gli era capitato sui giornali e gli aveva scritto offrendosi di seguirlo.
Yuuri era stato molto vago nel descriverlo e il thailandese ci aveva ricamato un po' su, figurandoselo come un canuto e pedante vecchietto esigente, eccentrico e probabilmente benestante, dato che si era accordato con lui per alcuni lavoretti domestici in cambio delle lezioni.
“Cucinare, preparargli il tè, fare la spesa... Cose così” gli aveva detto, evitando di scendere nei particolari.
“Wow, ti è andata di lusso! Se è competente come dici quello che ci guadagna sei tu!” aveva esclamato Phichit, sempre incline a vedere il bicchiere mezzo pieno.
“Si... Diciamo di si”
Yuuri aveva ritenuto opportuno omettere un piccolo dettaglio che avrebbe subito fatto cambiare opinione all'amico: il maestro e Cho-cho san erano la stessa persona!

Il terzo incontro verté tutto su esercizi di dizione e pronuncia; a sentire il maestro l'italiano di Yuuri era tremendo, le sillabe delle parole gli scappavano da tutte le parti, gli accenti si vergognavano così tanto da ammutinarsi e scomparire.
“Mi meraviglio che il signor Cialdini non ti abbia ripudiato e diseredato! La terra del Bel Canto si starà rivoltando dalle fondamenta!”
Yuuri incassava e annuiva mortificato; finché si trattava dell'inglese poteva dire di cavarsela bene, ma l'Opera lirica disgraziatamente non parlava inglese, si esprimeva in italiano, tedesco, francese, tutte lingue contro cui combatteva da anni una fiera battaglia che spesso lo vedeva umiliato e sconfitto.
Il suo insegnante invece aveva una pronuncia fluente, musicale, anche e a dispetto della maschera; il giovane tenore aveva fatto diverse ipotesi sulla sua provenienza, c'era una leggerissima cadenza straniera nella sua voce, di cui era difficile individuare l'origine; gli occhi azzurri, i capelli di un biondo così chiaro da sembrare argento filato e la corporatura facevano propendere per un'origine nord europea o slava, tuttavia non aveva mai trovato il coraggio di chiedergli conto del suo paese d'origine, anche se c'erano momenti in cui aveva la netta impressione che il suo maestro quasi si aspettasse delle domande da parte sua e rimanesse deluso ogni volta che restavano in sospeso tra loro.
Quello era uno di quei momenti; a lezione finita l'attenzione di Yuuri si tramutava in aspettativa; alcuni interminabili istanti di incertezza assoluta potevano spingerlo finalmente a fargli qualche domanda che un'indole più curiosa si sarebbe premurata di formulare già da un pezzo.
“Stasera avrei una richiesta particolare...” iniziò vedendo il silenzio prolungarsi a oltranza.
Il giovane inarcò un sopracciglio, più particolare di una cerimonia del tè o di una cena tipica?
“Ti dispiacerebbe seguirmi in camera da letto?”
L'allievo lo fissò scioccato.
Si, si certo che gli dispiaceva maledizione!
Doveva aspettarsela la proposta oscena prima o poi!
Almeno quel provolone di Giacometti si era fatto intendere fin da subito!
Invece il maniaco mascherato aveva voluto fare il giro largo!
Aveva carpito la sua fiducia, facendogli assaggiare la carota prima del bastone...
E non stava parlando per metafora!
Altro che concedersi di sua spontanea volontà!
“Yuuri...” Victor fece un passo avanti e specularmente lui ne fece uno indietro.
Dalla maschera uscì un sospiro.
“Forse dovevo spiegarmi meglio...”
“Le assicuro che si è fatto intendere benissimo! Io non sono quel tipo di...”
“Vorrei un massaggio...”
“Eh?”
Lo stupore accrebbe, se possibile, la buffa espressione del giapponese: uno strano connubio di terrore e indignazione.
“Un... Massaggio. Di quelli che fate voi asiatici, qualcosa di rilassante.”
“M-ma io...”
“Ah-ha stavolta non puoi accampare scuse; so che la tua famiglia gestisce un albergo termale e sono certo che tu conosci bene tutti i trattamenti che offrono...”
“S-si ma...”
Stava per dirgli, che la loro era una modesta locanda tradizionale e nel caso in cui un cliente avesse voluto dei massaggi chiamavano un'amica di sua sorella che non aveva mai finito il corso professionale e per sbarcare il lunario faceva anche l'infermeria e l'assistente a domicilio!
Invece l'assurdo soggetto mascherato non gli diede tempo di replicare aprì la cerniera del maglione a collo alto e lo sfilò con nonchalance rivelando qualcosa che tolse a Yuuri una decina di anni di vita.
“Vado prepararmi, in bagno troverai tutto l'occorrente”
“Eh...” rantolò il giovane tenendo lo sguardo fisso sulla sua schiena.
Di norma lui non era tipo da sbavare sulle immagini di cantanti, modelli, attori, nudi o vestiti che fossero; Phichit ogni tanto gli buttava sotto il naso il profilo Instagram di qualche tizio palestrato, con l'addominale giusto e il culo di marmo, ma lui si limitava ad un sobrio apprezzamento che lasciava l'amico insoddisfatto.
“Insomma come faccio a capire quali maschi ti piacciono se me li bocci tutti?”
Ecco.
Quello che si stava sfilando i pantaloni e i boxer nella camera di fronte poteva rispondere alla domanda di Phichit: glutei perfetti, muscoli allungati, eleganti, appena rilevati sotto un'epidermide lunare; nella penombra il suo incarnato sembrava brillare di luce propria.
Yuuri deglutì; per essere un fantasma aveva fin troppo sostanza!
Quando trovò il coraggio di entrare, il suo “cliente” era già steso prono sul letto e si era coperto pudicamente le parti dove non batte il sole con una microscopica salvietta; l'unica cosa che non aveva tolto era la maschera e al giovane venne spontaneo farglielo notare, pentendosene subito dopo.
“Oh, in effetti hai ragione”
“No-no-no! Faccia conto che non lo abbia detto!” esclamò preoccupato dalla sua reazione.
“Però lo hai fatto; sai Yuuri ci sono sempre delle conseguenze alle proprie azioni...” iniziò lentamente l'altro “Io potrei togliere la maschera... A patto che tu...”
“Che io...”
“Sia disposto a bendarti gli occhi”
“Eh?” bisbigliò incredulo rischiando l'infarto per la terza volta nella serata “Cioè... Dovrei fare ... Un massaggio bendato? Alla cieca?”
“Ah-ha e a luce spenta, la definirei una prova di... Fiducia”
A quel punto Yuuri era già nel pallone; non riusciva più a capire se la circostanza in cui era finito era erotica, spaventosa, o entrambe le cose, ma era un po' tardi per preoccuparsene e la colpa era solo sua!
Doveva tirare fuori gli attributi e dimostrare allo sbarellato che era perfettamente in grado di gestire “da uomo” la situazione; lui era un professionista, gli aveva chiesto un massaggio e dannazione avrebbe avuto il massaggio più professionale del mondo!
Un'ora e mezza più tardi il giapponese strisciò fuori dalla camera buia in condizioni pietose e non solo perché aveva lavorato con pazienza certosina su ogni singolo muscolo di schiena, braccia e gambe della sua cavia per allentare e sciogliere le tensioni, ma soprattutto perché era terribilmente eccitato e frustrato.
Avere sotto le mani un fisico così ed essere costretto ad attenersi al suo ruolo era equivalso ad una tortura; al di là degli stereotipi legati alla sua terra d'origine a Yuuri piaceva entrare fisicamente in contatto con le altre persone: un abbraccio, una carezza avevano, al di là del significato rassicurante il valore aggiunto della vicinanza e della condivisione.
Victor non lo aveva capito, oppure si e allora si prendeva crudelmente gioco di lui in quel modo.
Forse doveva dirglielo prima che a lui non importava nulla se sotto quella maschera nascondeva delle ustioni, delle cicatrici o una voglia della pelle verde fosforescente; poteva mostrarsi senza timore; non lo avrebbe irriso o giudicato.
Il maestro era una persona con evidenti problemi e lui, invece di rassicurarlo, di spingerlo a fidarsi si chiudeva a riccio ogni volta che l'altro tentava di avvicinarsi.
“Yuuri è molto tardi, perché non chiami a casa e dici che ti fermi a dormire qui?”
“Mh?”
Nel lasso di tempo impiegato a girarsi e a formulare una risposta il giovane realizzò che: uno, l'uomo aveva già indossato la maschera; due, era uscito dalla camera da letto completamente nudo.
“Chikushou*!” trasalì puntandogli il dito contro col viso in fiamme e l'aria scandalizzata “Io invece me torno a casa ADESSO! E-e veda di mettersi qualcosa addosso, è... È indecente!”
Fece dietrofront e imboccò risoluto le scale; si era appena ricordato il motivo per cui lo teneva a debita distanza e il notevole attrezzo che gli ciondolava in mezzo alle gambe aveva rafforzato la sua opinione in merito!


Fine Quinta Parte


† La voce della coscienza †

Che il misterioso soggetto mascherato fosse un tipo bizzarro lo avevamo già intuito, ma adesso, con le sue "richieste di pagamento" ne abbiamo la conferma!
Il maestro Victor (c'è un nome finalmente!!! Ahm si, però solo quello -_-) ama sorprendere il suo allievo, ma soprattutto ama che il suo allievo si prenda cura di lui, che lo vizi e lo coccoli con attenzioni in cambio delle lezioni di canto.
E se Yuuri da una parte si trova ad accettare a causa di una cronica mancanza di soldi (e probabilmente di un certo interesse che nutre nei confronti di Cho-cho san!) dall'altra queste richieste riescono a smuovere il suo "lato oscuro".
Insomma Victor gli fa venire i nervi col suo modo di fare!
Fino a quando il nostro giappino riuscirà a sopportare la strana situazione?
SI accettano scommesse sullo scoppio della bomba! °-°

Chikushou = Maledizione! In giapponese.

Per chi è interessato questo è il brano che da il titolo al capitolo :) https://www.youtube.com/watch?v=RTk79LAd0eM



   
 
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