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Autore: Miryel    17/06/2018    13 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenica. Sperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 2854
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain



 

Capitolo IV.
 

Peter lo evitò in tutto e per tutto. Non aveva alcuna voglia né di incrociare il suo sguardo, né di sentire il suo odiosissimo e buonissimo profumo, né di ascoltare la sua voce e nemmeno la sua risata dannatamente finta che stava rivolgendo a zia May, ora tutta emozionata a raccontare quella volta che zio Ben aveva dimenticato di andarlo a prendere a scuola e lui era rimasto sotto la pioggia, bagnato come un pulcino e la risposta di Tony fu ancora più odiosa, dopo quel racconto.

«Adorabile».

Adorabile? Già, esattamente quello che Peter avrebbe voluto sentirsi dire dopo quello che era successo e, senza dire nulla e sospirando, si alzò dal divano per andarsene dal salotto, dove si erano riuniti in attesa della cena siccome fuori ancora pioveva a dirotto.

Insofferenza. Ecco cosa provava. Rabbia, frustrazione ma soprattutto insofferenza. Era un’agonia terribilmente inconcepibile.

Doveva fingere che non fosse successo nulla e non per lui o per Tony ma per zia May e zio Ben. Non gli piaceva dare di matto quando c'erano loro nei paraggi perché se lui dava di matto anche loro poi davano di matto, e odiava quando succedeva.

«Peter?», lo chiamò zia May, smettendo di ridere quando nell'ilarità generale lui aveva rotto quell’atmosfera alzandosi.

«Torno subito», rispose, rendendosi conto di averlo fatto con nessuna intonazione di voce e per rimediare cercò di sorridere in direzione della zia.

«Stai bene? Sei pallido», chiese zio Ben, poi si alzò e si avvicinò.

Peter ebbe il fastidioso istinto di scansarsi, ma non voleva farlo e fu contento di essere riuscito a restare esattamente dov’era quando gli posò una mano sulla fronte.

«Sì, sì. Ho mal di testa e… ho bisogno di stendermi un minuto», rispose e Tony lo guardò ma non riuscì a ricambiare lo sguardo. Sapeva che aveva qualcosa da dire, ma che non lo avrebbe detto in quel frangente e lui non aveva tutto questo interesse nell'ascoltare le sue… scuse? O magari le sue ragioni? Non poteva mai sapere cosa frullava per la testa di quell’uomo.

«Misurati la febbre. Avete preso un bel po’ d’acqua tu e Tony, questo pomeriggio», si raccomandò zio Ben, lanciando un’occhiata a Stark che si esibí in una piccola risata finta.

«È stata piuttosto imprevista», rispose l’uomo poco dopo, aggiungendo con una punta di dolcezza che fu quasi uno stridere contro un vetro: «Vero, Peter?».

«Vero», rispose lui, lapidario, lanciandogli giusto uno sguardo fugace perché voleva solo andarsene. Voleva solo smettere di averlo vicino, di sentire la sua presenza distante dopo averlo avuto a due centimetri dalle sue labbra.

Poteva ancora sentire le sue mani sulle spalle che lo accarezzavano con una dolcezza sconfinata.

«Vai pure, Peter», sorrise zio Ben, pizzicandogli la guancia con l'indice e il medio con quel suo modo di fare sempre così protettivo e premuroso che lo faceva sentire sempre fortunato, malgrado non avesse più i genitori.

Annuì, ricambiando quel sorriso: «A dopo», disse e voltandosi alzò gli occhi al cielo quando Tony, in un tono addolcito che non gli si addiceva, lo salutò con un «A dopo».

Evitò di voltarsi o sapeva che avrebbe dato di matto per davvero, stavolta.

 

♦♦♦

 

Non voleva mangiare, non voleva parlare, non voleva nemmeno alzarsi dal letto sul quale si era appoggiato da qualche minuto.

Soprattutto però, non voleva vedere Tony.

Era ovvio che nessuno al mondo poteva giustificare un gesto come quello spacciandolo per una prova, ed era questo che faceva più rabbia a Peter.

Non era stupido, sapeva che se aveva provato a baciarlo, a cancellare la distanza tra le loro labbra, non era di certo per scoprire i suoi sentimenti e infine scansarlo e canzonarlo. Nessuno faceva cose così, nemmeno Tony Stark e per questo si sentì l’unico dei due ad essersi esposto e l'unico dei due ad aver perso la faccia con quell’exploit.

Tony no.

Decantava il fatto di condividere lo stesso segno zodiacale ma di certo non  condividevano la stessa fragilità, lo stesso modo di provare emozioni.

La stessa umanità.

Si infilò la felpa. Quella enorme, rovinata e con le maniche troppo lunghe e si alzò il cappuccio sulla testa.

Ecco, era di nuovo nel suo rifugio immaginario e non succedeva da troppo. Aveva quasi sperato non avrebbe più necessitato di nascondersi e invece...

Zia May era passata già una volta a chiamarlo e lui si era premurato di risponderle gentilmente che non aveva fame.

Incrociò le braccia al petto, sbuffando e grugnendo, sentendosi sempre più stupido ogni volta che pensava all’esatto momento in cui le labbra di Tony erano state a tanto così dalle sue. Sentiva un senso di vergogna e oscurità solo al pensiero e, infine, si buttò pancia in giù sul materasso con la sola voglia di sparire per sempre.

Non aveva idea di come avrebbe affrontato l'uomo ma non poteva passare tutta l’estate ad evitarlo.
 

 

♦♦♦

 

Sgattaioló fuori di casa, incapace di dormire e di riposare ed erano quasi le due del mattino. Non aveva pranzato, non aveva nemmeno cenato. Aveva solo… aspettato e non sapeva stabilire cosa. Lo stomaco talmente un groviglio di emozioni e delusione che non gli aveva permesso di chiudere nemmeno gli occhi.

Ogni volta che lo faceva rivedeva quella scena, nitida come nemmeno la pioggia aveva permesso e se si impegnava poteva anche percepire il debole tocco delle labbra di Tony sulle sue.

Scosse la testa, il cappuccio gli cadde e se lo rimise in testa sbuffando e guardandosi intorno, mentre prendeva il vialetto di casa ed entrava nell'area della piscina, e si fermava a fissarla, con le mani nelle tasche allargate dal tempo.

Quella felpa avrebbe dovuto buttarla tempo prima, ma in qualche modo amava quel suo modo di essersi rovinata. La rendeva paurosamente affascinante.

Molto più di quanto lo sarebbe potuta essere una felpa nuova.

Sospirò e si tolse le ciabatte e si sedette a bordo piscina. Infilò i piedi a mollo, arrotolando un po’ i pantaloncini. L’acqua era gelida, gli diede un po’ fastidio, ma aveva quasi bisogno di quel contatto per darsi una scarica, una scossa.

Si strinse di più nelle spalle, mentre quel lieve gelo estivo gli accarezzava la faccia di tanto in tanto, muovendo le foglie, armonizzando quel momento di confusione col suono della boscaglia in movimento e le piccole onde che s'infrangevano alle pareti della piscina.

Aveva smesso di piovere da un’oretta e ne fu felice, sebbene alzando la testa non potesse vedere altro che nuvole sfumate dalla timida luce di una luna piena semicoperta.

Si sentiva un po’ come quella luna: sovrastato e debole. Avrebbe voluto avere il coraggio di prendere Tony e dirgli cosa pensava di lui; che, malgrado ne fosse in qualche modo infatuato, lo odiava.

Mosse i piedi nell’acqua, nel tentativo di scaldare un po’ il sangue e rilassarsi, ma era talmente difficile solo il concetto di riuscirci che non poté fare altro che sbuffare di nuovo.

Trasalì all’improvviso, quando una luce biancastra gli si piantò sugli occhi e, proteggendosi con una mano per vedere da dove venisse, alzò le pupille al cielo e sbuffò scocciato quando riconobbe una figura poco lontana.

«Ti ho visto dalla finestra», disse Tony, prima che lui potesse chiedergli come faceva a sapere che era lì, anche se era straconvinto di non volerlo nemmeno sapere.

Quello abbassò la piccola torcia che aveva acceso, attaccata ad un mazzo di chiavi, probabilmente quelle della sua auto e si avvicinò con una calma che quasi infastidí Peter.

«Che vuoi?», gli chiese, sentendosi dannatamente infantile.

«Lo sai che cosa voglio», rispose Tony.

Peter si voltò a guardarlo, sapendo che non avrebbe continuato. Tony non era tipo da chiedere scusa e non perché non voleva ma piuttosto perché non ci riusciva. Troppo orgoglio coltivato negli anni; così tanto che lo aveva reso quasi immune al dolore e incapace di usare le parole con il giusto peso.

«Vorrei sentirtelo dire», ammise, sapendo forse di averlo già perdonato siccome si conosceva troppo bene, era convinto già che sarebbe successo in un battito di ciglia.

Tony si esibí in una breve risata senza entusiasmo. Le mani nelle tasche dei pantaloncini e un maglione ingrigito che sembrava quasi aver preso all’ultimo prima di partire, giusto per sicurezza.

Si avvicinò e si sedette, infilando anche lui i piedi nell’acqua e rabbrividendo.

Peter avrebbe quasi voluto ridere. Era certo che non si aspettasse un’acqua tanto gelida.

L’uomo imprecò, poi quando si abituó alla temperatura si voltò a guardarlo, incrociando le mani tra di loro.

«Sono un idiota senza cuore, incapace di immedesimarsi nei sentimenti altrui e un arrogante del cazzo», rispose.

«Dimmi qualcosa che già non so… che vuoi chiedermi scusa, tipo», rispose Peter quasi divertito da quel modo poco carino che Tony aveva usato per apostrofarsi, così dannatamente veritiero.

«Sei un arrogante del cazzo anche tu», rispose Tony, visibilmente più tranquillo forse per quella battuta che aveva fatto, poi sospirò, «ho fatto un grosso sbaglio, lo so. Non dovevo coinvolgerti in quel modo, non avrei nemmeno dovuto spingermi così in là», ammise e smise di guardarlo.

«No, non avresti dovuto, soprattutto per dimostrare qualcosa che per me era già abbastanza difficile da digerire senza che tu ci mettessi del tuo…», rispose Peter, poi sospirò contrariato.

«È stato istintivo e ho cercato la prima scusa che ho trovato per uscirne, quando mi sono reso conto che… ehi, sto per baciare un ragazzo di diciotto anni», disse Tony, cambiando tono di voce per imitarsi, cosa che in un’altra occasione avrebbe fatto ridere Peter perché aveva dato una pessima impressione di se stesso, ma si limitò solo a sorridere leggermente, poi sospirò.

«E che cosa ti ha frenato? Perché ci sarebbe qualcosa di sbagliato, se lo volevi?».

«Perché ho pensato avessi paura», rispose Tony e Peter sbuffò divertito da quella cosa.

Alzò un sopracciglio e fece spallucce: «Io non avevo paura. Come hai potuto anche solo pensarlo?», disse, poi scosse la testa deluso da quelle continue bugie.

«No, non ne avevi… ma io sì», ammise ancora Tony, poi si nascose il viso tra le mani, visibilmente frustrato, lasciandosi andare ad un sonoro e lungo sospiro, «Non è semplice provare un interesse per qualcuno che ha meno della metà dei tuoi anni. Non è facile da accettare, Peter. Mi fa sentire… sbagliato», continuò spiazzandolo e per quanto la cosa non fosse esattamente di conforto, sapeva di provare lo stesso.

Non era mai stato attratto da nessuno in particolare, per quello vacillava sulla propria sessualità. A volte sentiva che il ragazzo del quarto anno che ogni tanto lo guardava poteva essere una potenziale cotta, ed era quasi certo di essere attratto dai ragazzi ma anche Shuri, l'amica d’infanzia di Peter Quill, era carina e interessante ed ecco che di nuovo si sentiva in trappola, non sapendo cosa gli piaceva e cosa no ed ora un uomo molto più grande di lui stava vivendo nella sua stessa confusione mentale e gli stava confidando di provare un interesse che lo metteva a disagio.

Paradossalmente aveva sempre pensato che sarebbe impazzito di fronte ad una dichiarazione, invece era rimasto calmo e quasi con la situazione sotto controllo, forse perché tra i due era quello che si stava facendo meno problemi e, alla fine, se non fosse stato per quel quasi bacio, probabilmente la sua attrazione per Tony Stark sarebbe rimasta nascosta per sempre e presto dimenticata.

«Cosa c'è di sbagliato, esattamente?», chiese, dopo interminabili minuti di silenzio.

«Che potresti seriamente essere mio figlio, che sono ospite a casa dei tuoi zii che ti adorano e ti vogliono al sicuro, che il tuo continuo tentativo di dimostrare che non sei un ragazzino ha funzionato a tal punto da aver reso l'età che ci separa completamente marginale».

«È colpa mia, perciò», constató Peter, sbuffando di nuovo e calciando l’acqua istintivamente.

«No. Non è colpa di nessuno», rispose Tony, poi guardó l’orologio ma sembrò più un gesto di distrazione. «Peter, ci sono delle cose che nemmeno uno stronzo come me può evitare. Quando qualcuno ti attira così tanto da confonderti le idee diventa difficile persino ragionare in modo coerente e tu… tu mi fai sentire così. Mi fai sentire come se non mi conoscessi così bene come credevo. È una cosa affascinante e allo stesso tempo terrificante».

«Quindi? Che si fa?», chiese Peter, mentre una nuova ondata silenziosa aveva separato i loro mondi chiudendoli in pensieri troppo difficili da accettare.

Si voltò a guardarlo e Tony fece lo stesso. Le loro iridi castane si incontrarono, dimostrando che anche certi gesti come un semplice incrocio di sguardi poteva essere risolutivo.

Come se alla domanda di Peter si fosse già trovata una risposta e che fosse chiara dal principio.

«Sono spaventato. Lo sei anche tu, ma stai dimostrando di essere decisamente più maturo di me, sotto questo punto di vista», sospirò ancora Tony e Peter era convinto che fosse più maturo di lui in moltissime altre circostanze e difatti rise quando aggiunse: «Okay, lo sei sotto ogni punto di vista, in realtà».

Risero.

Quella piccola azione sciolse un po’ l’atmosfera e quando si spense, lentamente perdendosi nella notte che ancora minacciava pioggia e tempesta, scese il silenzio.

Peter si tirò giù il cappuccio. Non aveva più bisogno del suo nascondiglio.

Ogni cosa era stata messa a nudo e sebbene non ci fossero altri segreti o novità, c’era qualcosa ancora che tirava quelle sensazioni verso un baratro inesorabile.

«L’umidità ti arriccia i capelli», constató Tony, con la fronte corrugata, mentre con una mano andava ad arruffargli la testa castana e lui si sentiva arrossire leggermente per quel contatto.

«Abbastanza. Ho… dei capelli piuttosto indomabili», sorrise leggermente, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di Tony che, dopo aver smesso di spettinarlo usò quella stessa mano per accarezzargli una guancia, racchiudendola nella mano morbida e grande.

Peter chiuse gli occhi, assecondando quel movimento con la testa godendosi la carezza infinitamente dolce che stava ricevendo.

Non c’era acqua stavolta a dividerli, non c’era la minaccia di pioggia, non c’era paura sebbene ne avessero parlato fino a quel momento e non c’era nemmeno la possibilità di pentirsi.

Sembrava più semplice, ora ma allo stesso tempo non lo era per niente.

Tony avvicinò il viso al suo. Gli prese anche l’altra guancia con la mano che gli era rimasta libera e gli baciò leggermente uno zigomo. Quel tocco ebbe il potere di risvegliarlo da un sogno e allo stesso tempo di lasciarlo sprofondare in terre lontane e odori piacevoli.

Schiuse le labbra, e gli occhi. Percorse il suo profilo osservando ogni singola imperfezione della sua pelle, ogni neo, ogni cicatrice della barba, ogni pelo bianco che spuntava dai capelli, fermandosi alle sue ciglia folte e lunghe come quelle di un ragazzino.

Era così vicino che poteva sentire il suo respiro caldo, molto più di quell’aria gelida che lo stava carezzando, sulle labbra.

Ci volle solo una supplica, palesata con gli occhi e infine il momento arrivò, e fu un agglomerato di sensazioni e colori.

Era sparito il freddo, ma le mani di Peter tremavano per quell’attesa ormai finita che lo aveva logorato fino a quel momento.

Si lasciò andare come in un sonno improvviso, le spalle rilassate, le mani di Tony che andavano a cercare le sue e le trovavano, e si intrecciavano, si percepivano, si sfioravano e poi tornavano ad unirsi, proprio come le labbra.

La distanza era così corta, e stavolta Tony non l’avrebbe rovinata, quella dannata favola.

Quel tocco di labbra appena percepito si trasformò presto in un carnale tentativo di diventare un'unica cosa sebbene la nuova sensazione - che Peter aveva cercato di immaginare nel corso del tempo ma non aveva mai pensato potesse essere quella - era strana. Quasi difficile da comprendere e da accettare. Troppo strano condividere così tanto con una persona, esplorando lentamente una bocca sconosciuta senza sentirsi spaesati.

Era come un posto nuovo e Tony sembrava volerlo indirizzare nella direzione più giusta, troppo consapevole che era lui la guida che avrebbe seguito, siccome era più esperto.

O l’unico esperto, per meglio dire.

Si baciarono per un tempo così lungo che per Peter poteva essere passata un’ora come un'eternità ed era ogni istante più piacevole, più casa.

Quando si divisero con una lentezza anatomica e disillusoria, fu quasi doloroso.

Tony cercò i suoi occhi solo per qualche istante e gli regalò un sorriso che Peter avrebbe volentieri guardato più a lungo per quanto era stato dolce e vero ma l’altro decise subito di stringerlo fortissimo a sé, in quello che fu un abbraccio palesemente liberatorio.

«Sei bollente», commento Tony, dandogli un bacio sulla fronte, come al solito una frana con le parole, persino dopo un momento bello come quello anche se con i suoi modi sfacciati era sempre in grado di nascondere quell'insicurezza.

Peter rise: «Colpa tua», rispose semplicemente e l’altro lo guardò prendendolo per le spalle, visibilmente stupito da quella sua intraprendenza appena mostrata senza alcun freno.

Effettivamente Peter si sentiva come se quel bacio avesse accesso o premuto un interruttore che lo aveva tenuto spento per troppo tempo.

«Piccolo arrogante del cazzo», rispose Tony, in tono fintamente scioccato.

Poi scoppiarono a ridere, e fu leggero.

Poi si baciarono ancora, e fu di nuovo casa.


 

 

   
 
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