Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: VeganWanderingWolf    20/07/2018    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 49

(The boomerang effect)

 

Ramo si svegliò in maniera sorprendentemente morbida, stupendosene quando realizzò che si trovava su un divano relativamente scomodo, almeno se considerato dal punto di vista di dormirci profondamente e in maniera riposante, ma soprattutto quando aprendo gli occhi la prima cosa che vide fu Kumals.

Si tirò immediatamente a sedere di scatto, il che attirò su di sé lo sguardo di Kumals, che lo fissò con una leggera sorpresa e alzando un sopracciglio, come se gli stesse implicitamente chiedendo il perché dell’estrema rapidità allarmata di quel movimento.

Ramo si rese conto che Kumals in quel momento non aveva affatto l’aria di qualcuno che stesse trasudando appena un sottile accenno di un enorme stato di alterazione; ma prima di concedersi di registrare quello come un particolare tranquillizzante si ritrovò a scoccare un rapido sguardo verso la finestra.

Manco a dirlo, Uther era ancora esattamente nella stessa posizione in cui l’aveva visto prima di addormentarsi quasi istantaneamente quando si era sdraiato su quel divano: seduto sul davanzale, la schiena appoggiata a lato della finestra aperta e il fucile appoggiato contro il petto e tra le braccia, lo sguardo rivolto all’esterno. Ramo iniziò sinceramente a sospettare che quello fosse a tutti gli effetti un voluto tentativo di essere il meno presente possibile in quella stanza, e più in generale in tutta quella situazione.

«Meglio?» udì chiedergli la voce di Kumals, e riportò immediatamente lo sguardo su di lui, guardandolo mentre prendeva qualcosa che sembrava una cartina piegata dalla sua valigia e si avvicinava al tavolo.

«Hummm… sì. Direi di sì.» rispose con una certa precauzione Ramo, intuendo che Kumals si riferiva al suo essere riuscito a dormire un poco, e per il resto continuando a seguire con lo sguardo i movimenti con cui l’altro aprì la cartina e la stese ordinatamente sul piano del tavolo.

In un angolo del medesimo tavolo, Ramo notò la tazza che Mordecai aveva appoggiato lì per Uther quelle che dovevano essere state ore prima – perché a giudicare dal colore della luce che illuminava la stanza in quel momento Ramo registrò che doveva essere quasi la fine del tramonto – e che sembrava non essere stata toccata. Vide Kumals prenderla e sorseggiare il tè ormai freddo con tranquillità, come se quella tazza fosse stata messa lì appositamente per lui, lo sguardo concentrato sulla contemplazione della mappa distesa davanti a sé.

Ramo si ricordò più lucidamente di un particolare importante. «Cosa avete…? Cioè, l’accampamento di mezzi lupi impazziti?»

Kumals sollevò giusto lo sguardo per un momento su di lui, prima di tornare a guardare la mappa. «Non appena tornerà Mordecai ne parleremo meglio.»

Ramo corrugò inconsciamente un poco la fronte, concentrandosi meglio. «Dov’è andato?»

«Passato un momento da casa sua per prendere qualcosa di necessario.» lo informò distrattamente e tranquillamente Kumals.

Ramo annuì sommariamente, più che altro tra sé e sé. Poi, mano a mano che gli tornava di più la lucidità, si ritrovò a balzare in piedi e ad andare velocemente nella camera da letto, per controllare Danny.

«E’ ancora vivo.» sentì la voce di Kumals informarlo dall’altra stanza, ancora con tono distratto e placido, come se avesse semplicemente intenzione di placare almeno per il momento la sua relativa agitazione puntualizzando qualcosa di ovvio come il fatto che naturalmente aveva già dato un’occhiata a Danny non appena era tornato. Ramo sospettava che probabilmente, mentre stava dormendo, anche Uther poteva aver quasi furtivamente abbandonato la sua postazione sul davanzale per andarsene ad accertare anche lui di tanto in tanto.

Dopo aver oculatamente ricontrollato le condizioni fisiche di Danny, Ramo tornò nel salotto, solo per ritrovarsi di nuovo in piedi in mezzo ad un’atmosfera che gli risultava ancora in qualche modo irreale e come sospesa. Probabilmente soprattutto a causa del fatto che gli altri due sembravano decisi a fare del loro meglio per ignorare la reciproca presenza nello stesso spazio-tempo. Dopo aver incrinato l’espressione in una leggera smorfia poco convinta, Ramo decise di dedicarsi a qualcosa di molto semplice e pratico come andare in cucina a cercare di arrabattare qualcosa che si potesse almeno avvicinare abbastanza ad un pasto; iniziava a voler decisamente lasciare quei due a vedersela da soli e nel loro stesso brodo, qualsiasi cosa ci fosse esattamente di mezzo.

Poco più tardi arrivò anche Mordecai, il quale sembrava avere avuto un’idea simile alla sua, perché aveva portato con sé altro cibo.

Ramo mangiò seduto sul divano, con Mordecai accomodato su una sedia, Kumals che masticava distrattamente mentre continuava a rimanere concentrato sulla mappa distesa davanti a lui, e Uther che mangiava come se fosse qualcosa che lo riguardava solo marginalmente, continuando a guardare fuori come se ci fosse qualcosa da sorvegliare.

Ramo si era definitivamente rassegnato a quel silenzio, e anche se sapeva che non era affatto la cosa più matura che poteva fare, aveva iniziato a decidere che lo avrebbe mantenuto lui stesso quasi a sfida: prima o poi qualcuno doveva decidersi a fare o dire qualsiasi cosa per smuovere quella situazione.

E non si stupì particolarmente quando fu Kumals a romperlo di nuovo il silenzio.

«D’accordo…» esordì, con rassegnazione incrinata dalla stanchezza, distogliendo infine lo sguardo dalla mappa che stava osservando. Attraversò la stanza dirigendosi verso la poltrona che Ramo aveva visto venir trascinata su per le scale da Uther e Mordecai quella mattina, e non aveva ancora idea del perché esattamente avesse trovato quei due a fare qualcosa del genere. A dire la verità, forse quello era il particolare che meno sembrava poter coincidere con un quadro complessivo di che cosa diavolo era successo; se non altro sembrava anche il meno preoccupante, e questo era un sollievo.

Kumals si fermò di netto, immobilizzandosi di fronte alla poltrona, e scrutandola a lungo e molto attentamente, come se qualcosa non gli tornasse. Infine, sembrò optare per tornare al tavolo e sedersi piuttosto su una sedia. Ramo lo vide assumere quella familiare posa di quando stava per iniziare un discorso serio e importante, e di lì a poco difatti stava sondando tutti loro uno per uno, spostando per la stanza la versione più seria e impegnata dei suoi sguardi ‘adatti all’occasione specifica’.

Ramo mise da parte il suo piatto ormai vuoto, si mise un po’ più comodo sul divano e cercò di concentrarsi al suo meglio, una vaga speranza che finalmente le cose stessero per diventargli più chiare che gli aleggiava dentro.

«Credo proprio che dovremo fare dei turni. Due tipo di turni, per la precisione.» esordì Kumals.

Ramo abbandonò con riluttanza la speranza che le cose potessero chiarirglisi meglio di lì a breve e così semplicemente, aggrottando la fronte. Un rapido sguardo in direzione delle espressioni attente di Mordecai e Uther gli confermò che era l’unico a non aver ancora afferrato immediatamente a cosa Kumals si stesse riferendo. D’altro canto, ebbe anche l’impressione che Kumals lo sapesse benissimo, che lui ancora non stava capendo.

 

***

 

Uther si stava quasi abituando.

A quella routine, fatta di passare dal turno di spiare cosa succedeva a quello che rimaneva dell’attendamento dei mezzi lupi rimasti, a quello di riposarsi nell’appartamento mentre si sorvegliavano sommariamente le condizioni di Danny. Il quale, a distanza di poco più di ventiquattr’ore, non si era svegliato nemmeno una volta né tantomeno si era mosso dal suo giacere sul letto bendato.

E a quella sensazione: come se avesse lanciato un boomerang e, non vedendolo tornare indietro, avesse proseguito facendo altro, finché qualcosa nell’aria gli avesse annunciato che il suo lancio stava tornando verso di lui con forza, e che l’avrebbe trovato ovunque fosse e senza pericolo di errore; perché dopotutto era un boomerang quello che aveva scagliato, e aveva il sospetto che all’inizio, un inizio che ora sembrava molto lontano indietro nel tempo, lo avesse perfettamente saputo.

Ma quella specie di boomerang che ritornava indietro con sempre più piena potenza sembrò concretizzarsi meglio nel momento in cui, mentre lui e Kumals erano appena tornati all’appartamento dopo un turno di osservazione a cosa succedeva all’attendamento di mezzi lupi, e poco dopo che Ramo e Mordecai erano usciti per dare loro il cambio nella stessa mansione, Kumals gli parlò per la prima volta da ore con un tono diverso da quello piatto e privo di emozione che aveva immancabilmente usato nel frattempo per rivolgergli parole riguardanti esclusivamente qualche stretta necessità immediata a proposito di quello che stavano facendo.

«Uther.» lo chiamò semplicemente, con una nota singolarmente tranquilla e colloquiale nel tono che lo colse di sorpresa. Prima di potersene rendere conto, si stava fermando, tralasciando di tornare ad arrampicarsi di nuovo sul davanzale della finestra, e si stava voltando a guardarlo dedicandogli più attenzione di quanto gli sarebbe piaciuto.

Kumals, fermo appena fuori dalla soglia della camera da letto, dalla quale era appena tornato dopo una sommaria occhiata di controllo a Danny, lo guardò con non meno apparentemente sincera calma innocua e disponibile, e disse «Che ne dici di un salto al bar?»

Uther alzò un sopracciglio. Perché quella aveva tutta l’aria di essere una proposta fin troppo innocentemente adatta a lui, e sapeva benissimo che Kumals lo conosceva fin troppo bene, e davvero non poteva essere che gli stesse offrendo una delle proposte che più gli potevano risultare gradite per semplice gentilezza, non in quella circostanza.

Ma in quel momento quello sembrava avere tutto l’aspetto del suo boomerang che stava infine arrivando sul serio abbastanza vicino da essere in procinto di raggiungerlo. E nonostante l’istinto gli stesse prepotentemente suggerendo di scappare nella direzione opposta, qualcosa gli diceva che non poteva scappare, perché prima o poi lo avrebbe raggiunto, e non solamente perché era un boomerang quanto perché soprattutto si stava incarnando in Kumals: e no, lui non avrebbe mai desistito, era fuori discussione. E poi perché, da qualche parte in fondo a sé, forse aveva aspettato quel momento, quello in cui finalmente il boomerang lo stava per colpire con piena forza. Era come se non potesse che succedere prima o poi, e si rendeva conto ora che attendere quel momento era stato così estenuante che anche solo qualche ora di più sembrava praticamente intollerabile.

Lo sguardo di Kumals lo stava tenendo sott’occhio con calma; ma conoscendolo come lo conosceva, Uther era capace benissimo di leggere in esso la quasi sicurezza di vederlo da un momento all’altro cercare di fare di tutto pur di sottrarsi a quella proposta, nonché altrettanta rassegnata determinazione a non lasciarlo scappare.

«Perché no?» rispose con un’alzata di spalle.

Kumals non sembrò esattamente sorpreso, come se avesse già calcolato anche quella possibile reazione. Ma stupì Uther vederlo lanciargli un leggero sorriso di apprezzamento approvante.

«Bene, andiamo.» aggiunse solo Kumals, voltandosi per tornare ad uscire.

Uther sentì per un momento la tentazione ultima di non seguirlo solleticargli i margini della coscienza come una possibilità assai affascinante; ma lo seguì comunque.

 

***

 

«A quanto pare…» iniziò ad osservare Kumals ancora con quel suo tono da semplice conversazione casuale, mentre camminavano verso il pub più vicino, guardandosi attorno con placida contemplazione quasi distratta «Tairans è ancora sempre… beh, la solita Tairans

Uther non riuscì a trattenersi dall’esprimersi con un accenno di verso nasale sarcastico, continuando dal canto suo invece a mantenere il più possibile lo sguardo concentrato verso terra; quello che sentiva della vita quotidiana e mondana che gli scorreva attorno era già sufficiente a infastidirlo, minacciando di risvegliare completamente quell’intenso odio nei confronti di come tutto lì intorno sembrasse continuare a comportarsi come se non fosse successo assolutamente niente di importante o grave o fuori dall’ordinario.

Ma Kumals era dopotutto pur sempre Kumals, perciò Uther sapeva che cosa voleva dire ancora prima che lo esplicitasse meglio, aggiungendo «Non manca mai di sorprendere a modo suo, e nonostante tutto, non è vero? La testarda capacità che possono avere a volte le persone di ignorare quello che vogliono ad ogni costo evitare di sapere, quello che non vogliono nemmeno rischiare di poter anche solo intuire a grandi linee e per puro errore.»

Ed essendo Kumals dopotutto pur sempre Kumals, ed essendo quella Tairans, Uther sapeva bene anche che l’altro doveva già essere riuscito nello spazio di una sola giornata a comprendere la natura dell’aria che aleggiava in quei giorni per quella città: il timore recondito e sospeso, come se tutto stesse facendo del suo meglio per trattenere il fiato e chiudere gli occhi con forza, cercando di non vedere, sembrando qualcuno che si aspetti che la minaccia incombente – e ancora più temibile in quanto non del tutto definibile – passi oltre senza colpo ferire.

Perciò Uther non disse niente. Sapeva che non ce n’era alcun bisogno, perché entrambi sapevano che entrambi capivano perfettamente tutto quello, sebbene il loro modo di prenderla fosse in buona parte assai diverso.

«Hai per caso sentito Yuta al telefono oggi?» gli chiese allora Kumals di punto in bianco, sempre con tono da semplice conversazione apparentemente rilassata.

Ma Uther non poteva essere ingannato proprio da lui così facilmente. Gli lanciò uno sguardo assai cosciente di sbieco. «Quindi stavi proprio origliando.» commentò, senza nessuno stupore.

«Certo che no.» ribatté Kumals, senza darsi nemmeno la pena di provare sul serio a risultare credibile «Ho solo supposto che potesse verosimilmente trattarsi di lei.»

«E… questo perché tu hai smesso di rispondere alle sue chiamate da quando sei arrivato qui?» chiese Uther, con appena un accenno di domanda nel tono, d’altro canto puramente retorica.

«Hummm…» sembrò ponderare per un momento tra sé e sé Kumals. «Il mio udito iniziava a risentirne in maniera sinceramente preoccupante.»

Non aveva bisogno di spiegarsi meglio di così, perché anche se non avesse dovuto affrontare qualche giusto qualche ora prima una conversazione al telefono con Yuta quasi fuori di sé, Uther la conosceva abbastanza da sapere di che cosa stava parlando.

«E questo spiega abbastanza bene perché mi hai dato il tuo telefono come se mi stessi affidando la custodia del Sacro Grahal.» commentò, di nuovo come se fosse così chiaro che era quasi superfluo specificarlo.

Kumals gli scoccò una breve occhiata laterale. «Quello… era perché tu non possiedi un cellulare da chissà quanti anni, forse in effetti fin da quando li hanno inventati i cellulari, e ho giustamente pensato che avresti potuto perderlo. Accidentalmente, s’intende. Cioè non come se volessi proprio farlo apposta. E che avresti avuto peraltro anche un’ottima scusa per giustificarti.» puntualizzò.

Uther parve rifletterci sopra brevemente. «E’ molto più probabile che finirò per smarrirlo, naturalmente del tutto accidentalmente, lasciandotelo addosso mentre dormi, sai?» disse infine.

«D’accordo…» sospirò Kumals «Comunque, che cosa ha detto Yuta

«Lo sapresti da te se le rispondessi…» commentò Uther con calma, deciso a non lasciar ancora perdere.

Kumals corrugò appena la fronte e assunse un tono borbottante e quasi lamentoso «Capiresti perfettamente perché ho smesso di farlo se l’avessi sentita urlare a quel modo nel tuo di orecchio.»

Uther diede una breve alzata di spalle, decisamente priva di compartecipazione. «Non è colpa mia se non avete mai smesso di comportarvi come se steste ancora insieme.»

«Questo non è vero!» protestò con improvvisa veemenza Kumals.

Uther gli scoccò uno sguardo significativo con un sopracciglio alzato.

Kumals sospirò di nuovo e più sonoramente. «Almeno, Andrea è ancora là?»

«Sì.» si limitò a confermare Uther, con un’aria come se la cosa non lo riguardasse.

Kumals lo guardò con più attenzione. «E…? L’ha dovuta legare ad una sedia o qualcosa del genere, per impedirle di precipitarsi qui? Ad assicurarsi tipo che Danny non sia in pericolo o giù di lì? Il che, essendo Danny, è praticamente impossibile…»

Uther alzò gli occhi al cielo brevemente. «Da quel che ho capito…» riportò con tono laconico e svogliato «Dopo l’ultima discussione Andrea le rivolge a stento la parola, e Yuta si odia per questo e per starla trattenendo lì, anche perché per essere sicura di riuscirci ha finito per metterle alle calcagna Vicky…»

Kumals lo occhieggiò alzando entrambe le sopracciglia. «Vuoi dire Nickj

Uther alzò le spalle con disinteresse. «Quello che è.» concesse. «E Valentine sta cercando di fare del suo meglio per aiutarla a gestire quelle due, ma Yuta pensa che se al più presto non… cito testualmente… ‘non ci prendiamo il disturbo di spiegare meglio che cosa diavolo di accidenti sta succedendo laggiù’… anche Valentine potrebbe presto… “farsi prendere dalla preoccupazione”.»

«Hummm…» si limitò a mugugnare riflessivamente Kumals tra sé e sé, con la fronte contemplativamente assai più corrugata.

Uther lo spiò di sbieco. «Ora capisci perché Yuta urlava così tanto?»

Kumals voltò di scatto lo sguardo su di lui. «Oh! Quindi ha effettivamente urlato anche con te!»

Uther alzò brevemente le spalle, come a scacciare via la cosa come trascurabile. «All’inizio. Soprattutto quando pensava che fossi tu che stavi rispondendo.» specificò. «Poi si è relativamente calmata. Molto relativamente. Per la precisione, ci ha concesso circa quarantott’ore per o risolvere la faccenda e andare tutti da lei sani e salvi, oppure per dirle di raggiungerci. Salvo nel frattempo lei stessa non cambi idea e non decida di venire qui con le altre. Prima di tutto e perlomeno per dirci esattamente che cosa ne pensa di tutto questo di persona.»

«Affascinante…» considerò Kumals con tono apparentemente leggero e disimpegnato «Sarei quasi tentato di sforare il tempo di questo ultimatum solo per godermi la scena…»

Uther gli scoccò uno sguardo eloquente alzando un sopracciglio. «Io credo invece che se succedesse te la daresti a gambe alla massima velocità…» osservò.

«Suvvia! Non abbiamo affrontato di peggio?» domandò Kumals, con piglio forzatamente e nervosamente alleggerente, non suonando affatto molto convinto.

Uther gli lanciò un’occhiata scettica. «Di peggio… di Yuta e Andrea in contemporanea incazzate nere, accompagnate da una mezza lupa potenzialmente altrettanto irritata, e Valentine non particolarmente di buon umore? Hummm, non so, suona come qualcosa di molto poco raccomandabile alle mie orecchie.»

Kumals sembrò contemplare per un momento la cosa, lo sguardo dritto davanti a sé fisso in nessun punto in particolare. Infine corrugò decisamente la fronte. «Okay… forse… dico forse… finiremo per darcela a gambe tutti quanti… » ammise suo malgrado, con una certa cautela.

«Stavo ponderando l’idea in effetti.» osservò Uther con tono casuale.

Kumals gli scoccò un’occhiata sagace. «Non mi dire…» commentò con acuta significanza, come se la cosa non potesse stupire nessuno dopotutto.

Uther gli gettò una breve occhiataccia. «Per la cronaca… Yuta mi considera come il possibile scatenatore di tutto questo… casino.» optò come scelta di parole alla fine, con una leggera smorfia poco convinta, come se non ne fosse pienamente soddisfatto e allo stesso tempo si fosse appena reso conto che poteva essere una definizione perfettamente calzante per rendere in sunto la situazione.

«Oh, davvero?» cinguettò con falsa sorpresa candida Kumals. «Incredibile.» commentò, scuotendo la testa ancora chiaramente recitando, l’intonazione ironica di sottofondo perfettamente apprezzabile. «Ma a proposito di questo… pensavo di parlarne meglio tra poco.»

Uther si bloccò di netto, fissandolo cupamente. Kumals si girò su se stesso dopo essersi fermato pochi passi più avanti, guardandolo con calma contemplativa.

«Quindi stiamo davvero andando in un pub in modo che tu mi possa sottoporre a questo.»

Kumals lo osservò meglio, inclinando appena la testa di lato a bella posta come per sottolineare l’intenzione vagamente sorpresa della sua occhiata. «Affrontare le cose, vuoi dire?»

Uther scosse appena la testa, ma continuò a guardarlo piuttosto duramente. «Non mi pare di non averlo fatto, finora, in vita mia.»

Le labbra di Kumals si piegarono in un leggero sorriso, sincero e gentile. «Quasi tutte, Uther. Quasi tutte…»

L’altro rimase immobile, continuando a guardarlo seriamente.

Il sorriso di Kumals si acuì appena un poco di più, ma acquisì anche una sfumatura decisamente e confidenzialmente astuta. «Sai bene che non c’è un solo posto in questa città dove non sarei capace di scovarti. Ma preferirei che non mi costringessi a mettere un guinzaglio a Danny e farlo calare nella parte del cane da traccia per essere certo di trovarti in ogni possibile angolo di mondo tu ti vada a cacciare per sfuggire…»

Per qualche istante Uther continuò a fissarlo con una certa mirata durezza; dopodiché riprese a camminare, senza aggiungere una parola, mantenendo un’espressione piuttosto inscurita.

Nemmeno Kumals aggiunse altro, riaffiancandoglisi e procedendo con lui verso il pub.

Fecero il resto della strada in silenzio.

 

 

Soundtrack: Gives you hell (the All-American Rejects)

 

Note dello scribacchiatore:

Qui e là ho la tentazione di stampare magliette per un fan-club di Kumals. Preoccupante, ne convengo. Il peggio sta arrivando comunque. Intendo ‘il peggio di Kumals’. Che già da sé potrebbe essere il titolo di una raccolta dei ‘peggiori momenti alla Kumals’.

L’‘effetto boomerang’ me lo sono inventato di sana pianta. Perfetto per il personaggio di Kumals, ma non solo, come avrete arguito dal capitolo. Ammetto anche un accenno di presa in giro del cosiddetto ‘butterfly effect’ (grossolanamente detto: lo sbattere d’ali di una farfalla da una parte del mondo potrebbe scatenare un ciclone dall’altra parte del globo). Sostanzialmente, quindi, il concetto della lunga e intricata concatenazione di causa-effetto nella realtà (incalcolabile nella sua completa e arzigogolata vastità). Ma più che altro potete anche considerarla una scherzosa strizzata d’occhio al principio del karma, su cui Uther stesso ironizzava capitoli fa. ;)

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: VeganWanderingWolf