Capitolo 52
(SIGNS)
[questo
capitol è interamente un altro flashback, ebbene sì
;p]
Una volta, Mara lo aveva portato
particolarmente lontano. Anche se non sarebbe stato esatto dirlo come se si
trattasse di una vera e propria eccezione; per tutto il periodo che aveva
passato insieme a lei, era sempre stato così: Mara girava in lungo e in largo,
chilometri e chilometri macinati via senza troppo sforzo grazie al procedere in
forma di lupo, quindi con la resistenza e capacità naturale di trottare a passo
sostenuto per distanze notevoli
E Danny la seguiva, semplicemente. Era
stato scontato, per tutto quel periodo, che lui l’avrebbe seguita e basta. Come
se nient’altro dopotutto potesse avere senso da farsi o anche solo da pensarsi.
E come ogni cosa che sembri perfettamente sensata in se stessa, e sia
completamente priva di rivalità con una qualsiasi altra anche solo semplice
concezione di alternativa, Danny non l’aveva mai messa in discussione nemmeno
tra sé e sé allora, né tantomeno vi aveva riflettuto sopra.
Ma era piuttosto le cose che a volte Mara
gli diceva, gli voleva insegnare, o gli mostrava, che gli evocavano spesso
reazioni interne tra le più disparate e – quasi immancabilmente – così
prepotentemente forti che risultava praticamente impossibile non impattarvi
contro e dovervi più o meno avere a che fare in un modo o nell’altro.
Così era stato anche quella volta, anche
se si era trattato di una di quelle pochissime volte in cui Mara non gli aveva
voluto dare una lezione dura e spietata, terra-terra e crudamente pragmatica;
bensì, quella volta era stata forse l’unica in cui gli avesse mostrato qualcosa
che sembrava poter avere un respiro più ampio, in qualche modo. Forse, almeno
un poco più ampio del semplice essere legati alle regole di preda e predatore,
di sopravvivenza e morte, che lei riteneva parte integrante e spirito autentico
dei mezzi lupi.
Forse era per questo che lui si ricordava
ancora così bene quella volta, che gli era rimasta così impressa. Perché per
una volta lui aveva avuto la sensazione di poter vedere, in una supposta
lezione che lei gli impartiva, qualcosa di più, che lei non riusciva a vedere.
Forse era stata quella la prima volta in cui aveva iniziato a concepire, anche
se ancora inconsciamente, che la conoscenza ed esperienza di Mara potessero
avere dei limiti; ma soprattutto, che lui avrebbe potuto incappare in quei
limiti e vederli e individuarli abbastanza distintamente.
Mara percorreva territori quasi
esclusivamente selvatici in lungo e il largo, instancabilmente. E lui la seguiva.
Si muovevano per cacciare, perlopiù, e all’inizio Danny era perfettamente
consapevole che lei si spostasse da una parte all’altra di mezzo mondo
principalmente per mostrargli ambienti selvatici con caratteristiche diverse
tra di loro, e per fargli cacciare con lei prede svariate, dai conigli fino ai
caribù, nei boschi più morbidi dai climi temperati fino alle rigidità estreme
delle tundre passando per l’arsura delle steppe: ogni luogo aveva i suoi punti
di vantaggio e quelli di difficoltà per un lupo, per sopravvivere cacciando. E
ogni luogo aveva anche la sua popolazione umana con le sue diverse abitudini di
avere a che fare coi lupi. L’essere umano, l’unico vero nemico di un lupo,
l’unico cacciatore di un lupo, l’unico per il quale il lupo potesse essere una
preda… come gli aveva detto e ridetto Mara aspramente; ma aveva anche
sottolineato che senza le proprie aggiunte artificialità, l’essere umano era
più originariamente la preda e il lupo – se ne aveva voglia, o più che altro se
aveva veramente molta fame e non c’era di meglio in giro da poter rimediare –
il suo predatore.
Quella volta, Mara sembrava volergli
mostrare qualcosa che rendesse più saldamente certo e radicato quello che lei
diceva in proposito, come se fosse una legge antica e immortale che proveniva
direttamente dagli albori del mondo… beh, o perlomeno di quel mondo dominato
dai mammiferi, ovvero solo in una fascia d’età assai più recente e giovane
rispetto all’età complessiva del pianeta. Ma, ad ogni modo, Danny non aveva
idea, come ogni volta, dove lei lo stesse conducendo. Lui la seguiva,
semplicemente, e aveva imparato fin dall’inizio che era inutile tentare di
chiedere dove stessero andando, perché le risposte di Mara a quella domanda
potevano andare, a seconda del suo umore del momento, da un divertito e
superiore ‘Lo vedrai quando arriveremo.’, ad un doloroso ringhio o morso
d’avvertimento di non irritarla con stupidaggini.
Quando si svegliavano dopo aver riposato,
lei a volte sceglieva di intraprendere a partire da quel momento e da quel
giorno uno spostamento particolarmente lungo, che sarebbe potuto durare giorni
o settimane; così, semplicemente, lei si avviava e lui la seguiva, senza avere
idea se stessero solo andando a cacciare qualcosa da mangiare nelle circostanze
o piuttosto iniziando uno di quei lunghi spostamenti. Lo avrebbe scoperto
mentre procedevano, e basta.
E quella volta si era ritrovato a seguire
Mara in un qualche paese che lui non sapeva, perché raramente le strade che
percorrevano, tra i boschi e le foreste e le praterie e le steppe o le distese
innevate, erano dotate di segnali stradali o frontiere, cosicché ogni confine
di stato o nazione perdeva ogni senso, così come era per ogni animale. C’erano
praterie relativamente secche, e catene montuose di moderata altezza confondibili
con colline dall’aspetto roccioso, una serie di rupi sparse come a casaccio
sulle quali si arrampicavano e abbarbicavano sterpaglia e cespugli selvatici
dall’aspetto riarso e sgraziato, qui o là decorati da piccoli fiorellini
selvatici d’aspetto contrastantemente tenero e
vagamente elegante.
Mara l’aveva condotto una notte addentro
le strade di un piccolo paesino di pochi abitanti, naturalmente evitando
accuratamente come al solito ogni contatto con qualsiasi essere umano.
L’entrare dentro centri abitati lo
facevano raramente, di solito per procurarsi qualche abito più o meno della
loro misura da poter indossare quando assumevano la forma umana per lo spazio
di poche ore, o eventualmente quando Mara sembrava aver semplicemente voglia di
aggirarsi tra gli esseri umani con la loro forma umana, tutta piena di una sua
freddamente allegra e superiore letizia sinistra per il poterlo fare senza che
nessuno sospettasse che i due che gli stavano passando accanto per la strada
erano in realtà due mezzi lupi nella loro forma umana.
Anche quello era parte di un argomento di
lezione da impartire da parte di Mara, di una sorta di addestramento per Danny;
o meglio, com’era sempre stato da che stava insieme a lei, un’altra parte della
sua nuova vita con la quale prendere confidenza, alla quale abituarsi così
tanto quanto finalmente – soprattutto per la scarsa pazienza di Mara, e anche
per un leggero ma persistente nervosismo e sospetto di inadeguatezza da parte
di lui – non solo la sua razionalità, ma anche e soprattutto il resto di lui
l’avrebbe considerato naturale come se l’avesse sempre fatto, come se avesse
sempre vissuto a quel modo. E a quel tempo era ormai per gran parte proprio
così; gli era divenuto naturale ad un certo punto, o doveva essere andata così,
perché ora si muoveva seguendo lei e facendo ogni gesto nel modo più
scorrevolmente corretto e preciso, senza pensarci nemmeno sopra, come se
scivolasse attraverso quei luoghi e quei gesti quasi come in un sogno che gli
apparteneva remotamente, o come se fosse il sogno di qualcun altro nel quale
lui era un protagonista accidentale e casuale creato giusto per quello scopo,
un personaggio in un sogno di qualche persona sconosciuta. E non pensava mai
alla sua vita precedente, semplicemente non gli veniva più nemmeno da farlo
spontaneamente, e a stento la ricordava bene, la sua vita precedente, come se
quella fosse stata invece un suo sogno, sbiadito nel tempo, e comunque tutto
sommato privo di tutta questa importanza.
Avevano trovato un negozio di abiti privo
di allarmi, ed entrandovi dentro in piena notte, con Mara che aveva forzato la
porta del retro semplicemente con un calcio che ne aveva rotto la serratura,
avevano rapidamente ed efficientemente trovato dei vestiti della loro misura e
più o meno di loro gusto, scegliendoli ognuno per sé, muovendosi
individualmente tra la merce. Una volta vestiti, Mara era uscita, e lui ancora
l’aveva seguita.
Con sua sorpresa, tuttavia, Mara era
uscita di nuovo dal centro abitato, tornando a inoltrarsi tra macchie boschive
e lande riarse sparse tra basse catene rocciose. In un bosco, Danny aveva
semplicemente intuito immediatamente cosa Mara avesse intenzione di fare quando
lei si era fermata in un punto e aveva ripreso a spogliarsi, e lui aveva fatto
lo stesso di concerto. Dopo aver più o meno nascosto gli abiti nella
vegetazione, dal momento che difficilmente qualche essere umano si sarebbe
venuto ad aggirare da quelle parti come indicavano gli odori e le tracce
presenti, nessuna delle quali di esseri umani ma solo di altri animali
selvatici, avevano ripreso le loro forme di lupo.
Danny si era ritrovato a seguire di nuovo
Mara per diverse ore, finché lei non si era fermata di fronte alla base di una
delle tante montagne rocciose apparentemente tutte consimili, e aveva ripreso
la sua forma umana. Danny aveva fatto altrettanto, senza ancora capire che cosa
lei avesse intenzione di fare, semplicemente assecondandola e seguendola. E
Mara, senza come al solito degnarlo di alcuna attenzione particolare, si era
incamminata entrando in una specie di angusta grotta che si apriva nella roccia.
E Danny, come al solito, l’aveva seguita.
All’interno della grotta c’era un vago
odore di terra e, più forte, di roccia, e l’aria a contatto con la pelle
divenne più fresca nell’ombra scura. Ma Mara non si inoltrò molto oltre nella
grotta, che comunque appariva relativamente piccola. Si fermò invece in un
punto preciso, girandosi a fronteggiare una parete, e quando Danny alzò lo
sguardo, si ritrovò a trattenere appena il respiro per la sorpresa.
Le pitture rupestri erano sparse più o
meno disordinatamente sulla roccia, alcune un po’ rovinate e sbiadite, altre un
po’ più chiare nonostante la vernice primitiva un poco sgretolata.
Danny spalancò gli occhi, affascinato. Non
aveva mai visto in vita sua prima d’allora delle pitture rupestri dal vivo; e
forse era il disegno chiaramente primitivo, o la consapevolezza che le persone
che le avevano immaginate e le mani che le avevano tracciate sulla nuda roccia
lo avevano fatto molti secoli prima, o l’ambiente in penombra e leggermente
freddo e silenzioso e un poco umido della piccola grotta, ma rimase incantato e
osò respirare solo piano, come se non volesse disturbare il profondo sonno di
qualcosa di antico. O, più propriamente, probabilmente era il fatto che non
c’erano solo figure grezzamente e più o meno stilizzate di esseri umani e
ungulati ritratti in quei disegni, ma anche delle forme canine.
‘Lupi…’ aveva pensato Danny tra sé e sé,
incantato, mentre il suo sguardo si spostava senza fretta su ogni singola
sagoma dipinta, contemplando i disegni primitivi attentamente.
Dopo qualche istante, una sensazione più
fredda e pungente gli aveva fatto distogliere lo sguardo, avendo percepito
l’attenzione di Mara concentrata su di lui in qualche modo assai significativamente;
raramente lei lo degnava di molta attenzione, salvo quando aveva un motivo ben
preciso per farlo. Guardandola, Danny aveva realizzato che in effetti lei lo
stava fissando con quell’attenzione concentrata di quando sembrava aspettarsi
che lui facesse qualcosa di ben preciso, qualcosa che lei voleva che facesse.
Per un momento era stato sul punto di
chiederle qualcosa, ma si era saggiamente trattenuto all’ultimo, sapendo bene
che puntualmente lei sarebbe stata più o meno assai indisposta da un suo porre
una qualsiasi domanda, come se le considerasse sempre e comunque stupide, o
come se il suo osare porre una domanda ad alta voce fosse il chiaro segnale per
lei che lui stava già sbagliando tutto. Così aveva finto per tacere, e intuendo
dallo sguardo di lei che Mara si stava assicurando che lui osservasse bene le
pitture rupestri, Danny era tornato a volgere lo sguardo di nuovo sulla parete
rocciosa tracciata da quei segni.
Erano quasi tutte scene di caccia, con
piccoli gruppi di ungulati che correvano, e piccoli gruppetti di esseri umani
ugualmente stilizzati che li rincorrevano impugnando delle lance alzate. Ma qui
o là c’erano quelle pochissime figure canine, anch’esse tutte ritratte
nell’atto di correre, intorno agli esseri umani e agli ungulati
indistintamente, cosicché non sembrava facilmente interpretabile chi o cosa
stessero inseguendo, o da chi o cosa stessero fuggendo.
‘Cani…’ aveva pensato vagamente Danny per
un momento, ragionando che se erano stati umani a ritrarli in una scena di
caccia, i canidi dovevano figurare come loro alleati nella caccia.
Ma poi il suo sguardo aveva trovato un
angolo isolato della raffigurazione che non sembrava affatto una caccia, con
sua sorpresa. Non era riuscito a capire che cosa sembrasse esattamente, ma i suoi
occhi erano rimasti incollati sulle due figure rappresentate, come ipnotizzati
da qualcosa della scena che non riusciva a interpretare esattamente. Una delle
figure era un essere umano, e l’altra era un canide; una di fronte all’altra,
immobili, le due figure sembravano semplicemente fronteggiarsi così, in una
sorta di perenne sospensione che sembrava poter significare qualsiasi cosa, o
forse non significarne alcuna.
Danny aveva perso il senso del tempo,
continuando a scrutare quelle due figure come se cercasse di scorgervi qualcosa
che sembrava essere il fulcro della raffigurazione, qualcosa di profondo e
importante, che tuttavia pareva riuscire a correre appena un poco più davanti a
quel suo impegnato tentativo, come una preda che inspiegabilmente continuasse a
riuscire a sfuggirgli per appena poco di più di un soffio, giusto quel tanto da
rimanere inafferrabile all’infinito.
Poi Mara si era mossa, di fianco a lui, e
sempre senza proferire parola aveva iniziato ad uscire dalla grotta. Danny aveva
esitato appena un momento in più, sentendosi tirato dal desiderio di rimanere
ancora lì a fissare quell’immagine, a rincorrere quel senso che gli sembrava di
percepire, anche se avesse finito per rivelarsi per sempre inafferrabile. Ma
infine, suo malgrado si era mosso a sua volta, seguendo Mara, anche lui in
completo silenzio, ancora come se non volesse rischiare di turbare il silenzio
antico e profondo all’interno di quella grotta.
Ore più tardi, Danny si trovava a miglia
da quella grotta persa chissà dove con le sue pitture antiche, testimoni di un
passato estremamente remoto, e il cui senso si era forse ormai da moltissimo
tempo perduto attraverso i secoli e l’evoluzione delle storie dei discendenti
delle figure che vi erano rappresentate, che eppure un tempo dovevano aver
vissuto calpestando quella stessa terra che calpestavano ora coloro che vi
vivevano e morivano sopra.
Di nuovo nella sua forma umana e vestito
con gli abiti umani di sua ultima e più recente acquisizione, Danny seguiva
quasi affiancando Mara che passeggiava con ritmo agilmente leggero e privo di
pensieri e sicuro di sé come sempre, lungo la sera tarda di una cittadina come
un’altra, vicino alla zona periferica dalla quale erano entrati.
L’asfalto scorreva loro sotto i piedi come
se non avesse importanza, e gli edifici passavano ai loro lati come se fossero
trascurabili, gli esseri umani passanti lungo la strada parevano solo comparse
insignificanti ai margini della loro attenzione. Quello era il modo in cui Mara
si muoveva attraverso qualsiasi agglomerato umano: come se fosse estranea e
superiore a qualsiasi cosa potesse accadervi che riguardava le vite degli
esseri umani; come se trovasse il tutto così superfluamente sciocco e banale da
essere noiosamente appena passabile di giusto un sogghigno superiore concesso a
malapena en passant.
Danny aveva una consimile tendenza a non
curarsi particolarmente di ciò che avveniva in una qualsiasi delle città che
occasionalmente attraversavano in forma umana, ma non perché si sentisse
superiore o lo trovasse uno spettacolo di inferiorità implicita. All’inizio,
mentre Mara sembrava aspettarsi che lui cogliesse un qualche implicito
divertimento sogghignante rispetto al passare in mezzo ad esseri umani
perfettamente ignari di che cosa loro erano in realtà, Danny era stato
piuttosto nervoso fino allo spasmo, temendo inconsciamente e senza poterne fare
a meno che qualcuno si accorgesse di qualcosa di strano o diverso in loro. Ma
poi aveva imparato, anche se non esattamente la lezione che Mara intendeva
impartirgli, o forse più che altro si era ricordato chiaramente: non quanto
loro due fossero così bravi a spacciarsi per essere umani perfettamente
normali, ma quanto almeno la maggior parte delle persone di una città fossero
così naturalmente capaci di ignorare chiunque ti passi accanto lungo la strada
quasi quanto fossero capaci di ignorare anche se stessi per quanto possibile, o
almeno ciò che realmente provavano e pensavano.
Danny aveva realizzato di essersi sentito
estraneo in buona parte del mondo e delle situazioni in cui si era ritrovato
ben prima di divenire un mezzo lupo, anche se sicuramente in modo in buona
parte diverso; da quel punto di vista, dopotutto, non era dunque cambiato molto
da quando era divenuto un mezzo lupo, e riusciva a percepire chiaramente il suo
essere perfettamente estraneo in qualche modo anche e ancora, sebbene in un
senso un poco diverso in quella sua nuova natura di mezzo lupo. Per certi
versi, e singolarmente e spiazzantemente, era
talvolta come essere ancora esattamente quello che era prima di diventare un
mezzo lupo, solo in una versione un poco diversa della stessa solfa, come poter
rivivere le stesse sensazioni da una prospettiva diversa ma non così
discordante rispetto a prima. Semmai, anzi, ora era come avere una scusa più
cospicua e precisa per dare un senso a quel modo di vivere le situazioni: che
diamine, almeno ora poteva dire che era un mezzo lupo. Il fatto che quella
continuasse a suonargli appunto come una debole scusa insufficiente a spiegare,
più che una motivazione, beh, si era abituato anche a quella sorta di
consapevolezza di sottofondo.
«Che cosa hai visto oggi, in quella
grotta?» gli chiese Mara di punto in bianco, il tono vago e distratto; ma
conoscendola quel tanto che la conosceva, Danny intuì che il suo disinteresse
fosse solo un inganno apparente e superficiale: lei voleva che lui le desse la
risposta giusta, quella che voleva sentire.
E come Danny aveva imparato a fare quando
non aveva idea di quale potesse essere la risposta giusta secondo lei, e quando
nondimeno iniziava a sentirsi invaso dal timore di uno o più dolorosi morsi
punitivi dietro l’angolo, scelse la tattica risposta «Non ne sono sicuro.»
Mara gli scoccò un breve sguardo di
sbieco, luccicante di intelligenza acuta e penetrante, ma Danny provò comunque
un relativo sollievo, perché sapeva che lei non riteneva punibili i suoi
tentativi di eludere la domanda di solito, come se li interpretasse come un suo
ammettere la superiorità di lei e si rendesse disponibile ad accettare senza
requie la lezione che sarebbe seguita.
All’inizio era stato così. All’inizio
Danny era quanto mai propenso ad ascoltare ogni lezione e a cercare di
assorbirla e impararla il più possibile, perché Mara era la sua unica guida e
il suo unico appoggio in quella nuova dimensione della sua vita, come mezzo
lupo. Ma ora che ormai da tempo aveva imparato a cavarsela decentemente –
sebbene lui stesso non avesse ancora realizzato così coscientemente quanto la
sua dipendenza da lei non avesse più a che fare con la stretta necessità di
sopravvivere – tendeva piuttosto a lasciare che lei la pensasse così. Per
evitare il peggio da parte di Mara a sue spese.
«I lupi sono sempre stati cacciatori,
Danny.» disse Mara, tornando a guardare davanti a sé mentre camminava, parlando
con quel tuo tono e quel suo sguardo profondi e intensi, come se stesse
pronunciando una verità inconfutabile.
«È ciò che siamo. La nostra natura. E gli
uomini sono sempre stati prede, fintanto che non hanno costruito oggetti
artificiali che permettono loro di averla eventualmente vinta contro di noi in
uno scontro non ad armi pari. Perché ad armi pari, non reggerebbero mai un
confronto con noi senza perdere miserevolmente e in pochissimi istanti. Gli
uomini sono sempre stati la nostra preda, è nella loro natura.»
Danny rabbrividì appena, ma quando notò
che lei spiava appena verso di lui con la coda dell’occhio, si limitò ad
annuire con un cenno della testa; si disse che era solo un gesto per segnalarle
che aveva sentito e compreso le sue parole, e che lei lo interpretasse come un
assenso, quello era solo il modo in cui lei decideva di prendere la cosa.
«Perciò, ora solo in un’occasione il lupo
può diventare una preda.» proseguì Mara, tornando a guardare dritto davanti a
sé mentre camminavano lungo le strade notturne semi-deserte a passo rapido ma
senza fretta «E cioè, solo da una creatura può essere cacciato: l’essere
umano.»
Di nuovo, Danny aveva accolto il tutto
rimanendo in silenzio semplicemente, lasciando che Mara lo interpretasse come
un implicito assenso scontato.
«Devi ricordarlo molto bene.» aveva detto
ancora Mara, il tono incupito in cui trapelava una nota di seria rabbia fredda
in profondità «L’unica cosa che può essere un nemico per noi sono gli esseri
umani. E solamente quando si rifugiano codardamente dietro l’utilizzo di
qualche arma da fuoco. Perché altrimenti non sarebbero mai capaci di
sovrastarci con le loro sole deboli forze, così inferiori alle nostre.»
Danny aveva di nuovo appena accennato un
assenso col capo, quando Mara lo aveva spiato di sbieco di nuovo con la coda
dell’occhio, come per controllare automaticamente. Lei non aveva aggiunto più
nient’altro, e avevano proseguito in silenzio, ovunque Mara avesse deciso si
stessero dirigendo in quel momento.
Ma tra sé e sé, Danny aveva continuato a
rigirarsi nella mente quelle immagini di pitture rupestri per giorni e giorni
ancora, come se cercasse ancora in ogni modo di coglierne ogni possibile senso
e significato, o meglio di afferrare quei sensi nella loro interezza, per
quanto sembrasse sempre che almeno in parte gli sfuggissero, come se non
riuscisse a contemplarli in una sola volta in tutto il loro vasto insieme.
Ma quella sera, mentre seguiva Mara
attraverso le strade notturne di quella cittadina ai suoi occhi come qualsiasi
altra in fondo, si era reso effettivamente conto di stare pensando qualcosa di
completamente diverso dal riflettere solo sulle parole di lei.
Stava pensando che se loro erano mezzi
lupi, e quindi sia esseri umani che lupi allo stesso tempo, e potendo assumere
entrambe le forme a loro piacimento, forse erano allo stesso tempo la preda e
il cacciatore. E dubitava che chi aveva dipinto secoli e secoli prima quelle
immagini stilizzate sulla nuda pietra di quella grotta avesse avuto in mente
proprio quello. E si era chiesto, invaso da un’enorme curiosità famelica e
affascinata, se i mezzi lupi fossero esistiti già a quel tempo; se la loro
origine potesse risalire indietro nel tempo almeno fin da quando erano esistiti
sia l’essere umano che il lupo. Se eventualmente quell’immagine in particolare,
quella di quella figura umana e quella figura di canide che si fronteggiavano
immobili, non potesse essere la rappresentazione di quella domanda senza
risposta, di come si fosse realizzato quel primo incontro. O forse, dopotutto,
se chi aveva dipinto quelle immagini sarebbe piuttosto inorridito al solo
immaginare qualcosa del genere, dell’esistenza di qualcuno che possedesse
entrambe le nature, considerandola come un’orribile aberrazione.
Quella era stata forse la prima volta in
cui aveva iniziato a realizzare che non la pensava esattamente come Mara in
proposito. Non solo, ma molto di più: quella era stata forse la prima volta in
cui aveva iniziato a sospettare che Mara non riuscisse a vedere e capire e
concepire molte cose che potevano essere pensate oltre a quelle che erano le
sue incrollabili certezze. Quella era probabilmente stata la prima volta che
aveva iniziato a intuire che lui poteva avere idee e domande e riflessioni che
andavano oltre e molto più in là qualsiasi cosa potesse rivelargli o insegnargli
o spiegargli Mara.
Soundtrack
Arrows (Fences feat. Macklemore)