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Autore: VeganWanderingWolf    15/09/2018    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
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Capitolo 52

(SIGNS)

 

[questo capitol è interamente un altro flashback, ebbene sì ;p]

 

Una volta, Mara lo aveva portato particolarmente lontano. Anche se non sarebbe stato esatto dirlo come se si trattasse di una vera e propria eccezione; per tutto il periodo che aveva passato insieme a lei, era sempre stato così: Mara girava in lungo e in largo, chilometri e chilometri macinati via senza troppo sforzo grazie al procedere in forma di lupo, quindi con la resistenza e capacità naturale di trottare a passo sostenuto per distanze notevoli

E Danny la seguiva, semplicemente. Era stato scontato, per tutto quel periodo, che lui l’avrebbe seguita e basta. Come se nient’altro dopotutto potesse avere senso da farsi o anche solo da pensarsi. E come ogni cosa che sembri perfettamente sensata in se stessa, e sia completamente priva di rivalità con una qualsiasi altra anche solo semplice concezione di alternativa, Danny non l’aveva mai messa in discussione nemmeno tra sé e sé allora, né tantomeno vi aveva riflettuto sopra.

Ma era piuttosto le cose che a volte Mara gli diceva, gli voleva insegnare, o gli mostrava, che gli evocavano spesso reazioni interne tra le più disparate e – quasi immancabilmente – così prepotentemente forti che risultava praticamente impossibile non impattarvi contro e dovervi più o meno avere a che fare in un modo o nell’altro.

Così era stato anche quella volta, anche se si era trattato di una di quelle pochissime volte in cui Mara non gli aveva voluto dare una lezione dura e spietata, terra-terra e crudamente pragmatica; bensì, quella volta era stata forse l’unica in cui gli avesse mostrato qualcosa che sembrava poter avere un respiro più ampio, in qualche modo. Forse, almeno un poco più ampio del semplice essere legati alle regole di preda e predatore, di sopravvivenza e morte, che lei riteneva parte integrante e spirito autentico dei mezzi lupi.

Forse era per questo che lui si ricordava ancora così bene quella volta, che gli era rimasta così impressa. Perché per una volta lui aveva avuto la sensazione di poter vedere, in una supposta lezione che lei gli impartiva, qualcosa di più, che lei non riusciva a vedere. Forse era stata quella la prima volta in cui aveva iniziato a concepire, anche se ancora inconsciamente, che la conoscenza ed esperienza di Mara potessero avere dei limiti; ma soprattutto, che lui avrebbe potuto incappare in quei limiti e vederli e individuarli abbastanza distintamente.

Mara percorreva territori quasi esclusivamente selvatici in lungo e il largo, instancabilmente. E lui la seguiva. Si muovevano per cacciare, perlopiù, e all’inizio Danny era perfettamente consapevole che lei si spostasse da una parte all’altra di mezzo mondo principalmente per mostrargli ambienti selvatici con caratteristiche diverse tra di loro, e per fargli cacciare con lei prede svariate, dai conigli fino ai caribù, nei boschi più morbidi dai climi temperati fino alle rigidità estreme delle tundre passando per l’arsura delle steppe: ogni luogo aveva i suoi punti di vantaggio e quelli di difficoltà per un lupo, per sopravvivere cacciando. E ogni luogo aveva anche la sua popolazione umana con le sue diverse abitudini di avere a che fare coi lupi. L’essere umano, l’unico vero nemico di un lupo, l’unico cacciatore di un lupo, l’unico per il quale il lupo potesse essere una preda… come gli aveva detto e ridetto Mara aspramente; ma aveva anche sottolineato che senza le proprie aggiunte artificialità, l’essere umano era più originariamente la preda e il lupo – se ne aveva voglia, o più che altro se aveva veramente molta fame e non c’era di meglio in giro da poter rimediare – il suo predatore.

Quella volta, Mara sembrava volergli mostrare qualcosa che rendesse più saldamente certo e radicato quello che lei diceva in proposito, come se fosse una legge antica e immortale che proveniva direttamente dagli albori del mondo… beh, o perlomeno di quel mondo dominato dai mammiferi, ovvero solo in una fascia d’età assai più recente e giovane rispetto all’età complessiva del pianeta. Ma, ad ogni modo, Danny non aveva idea, come ogni volta, dove lei lo stesse conducendo. Lui la seguiva, semplicemente, e aveva imparato fin dall’inizio che era inutile tentare di chiedere dove stessero andando, perché le risposte di Mara a quella domanda potevano andare, a seconda del suo umore del momento, da un divertito e superiore ‘Lo vedrai quando arriveremo.’, ad un doloroso ringhio o morso d’avvertimento di non irritarla con stupidaggini.

Quando si svegliavano dopo aver riposato, lei a volte sceglieva di intraprendere a partire da quel momento e da quel giorno uno spostamento particolarmente lungo, che sarebbe potuto durare giorni o settimane; così, semplicemente, lei si avviava e lui la seguiva, senza avere idea se stessero solo andando a cacciare qualcosa da mangiare nelle circostanze o piuttosto iniziando uno di quei lunghi spostamenti. Lo avrebbe scoperto mentre procedevano, e basta.

E quella volta si era ritrovato a seguire Mara in un qualche paese che lui non sapeva, perché raramente le strade che percorrevano, tra i boschi e le foreste e le praterie e le steppe o le distese innevate, erano dotate di segnali stradali o frontiere, cosicché ogni confine di stato o nazione perdeva ogni senso, così come era per ogni animale. C’erano praterie relativamente secche, e catene montuose di moderata altezza confondibili con colline dall’aspetto roccioso, una serie di rupi sparse come a casaccio sulle quali si arrampicavano e abbarbicavano sterpaglia e cespugli selvatici dall’aspetto riarso e sgraziato, qui o là decorati da piccoli fiorellini selvatici d’aspetto contrastantemente tenero e vagamente elegante.

Mara l’aveva condotto una notte addentro le strade di un piccolo paesino di pochi abitanti, naturalmente evitando accuratamente come al solito ogni contatto con qualsiasi essere umano.

L’entrare dentro centri abitati lo facevano raramente, di solito per procurarsi qualche abito più o meno della loro misura da poter indossare quando assumevano la forma umana per lo spazio di poche ore, o eventualmente quando Mara sembrava aver semplicemente voglia di aggirarsi tra gli esseri umani con la loro forma umana, tutta piena di una sua freddamente allegra e superiore letizia sinistra per il poterlo fare senza che nessuno sospettasse che i due che gli stavano passando accanto per la strada erano in realtà due mezzi lupi nella loro forma umana.

Anche quello era parte di un argomento di lezione da impartire da parte di Mara, di una sorta di addestramento per Danny; o meglio, com’era sempre stato da che stava insieme a lei, un’altra parte della sua nuova vita con la quale prendere confidenza, alla quale abituarsi così tanto quanto finalmente – soprattutto per la scarsa pazienza di Mara, e anche per un leggero ma persistente nervosismo e sospetto di inadeguatezza da parte di lui – non solo la sua razionalità, ma anche e soprattutto il resto di lui l’avrebbe considerato naturale come se l’avesse sempre fatto, come se avesse sempre vissuto a quel modo. E a quel tempo era ormai per gran parte proprio così; gli era divenuto naturale ad un certo punto, o doveva essere andata così, perché ora si muoveva seguendo lei e facendo ogni gesto nel modo più scorrevolmente corretto e preciso, senza pensarci nemmeno sopra, come se scivolasse attraverso quei luoghi e quei gesti quasi come in un sogno che gli apparteneva remotamente, o come se fosse il sogno di qualcun altro nel quale lui era un protagonista accidentale e casuale creato giusto per quello scopo, un personaggio in un sogno di qualche persona sconosciuta. E non pensava mai alla sua vita precedente, semplicemente non gli veniva più nemmeno da farlo spontaneamente, e a stento la ricordava bene, la sua vita precedente, come se quella fosse stata invece un suo sogno, sbiadito nel tempo, e comunque tutto sommato privo di tutta questa importanza.

Avevano trovato un negozio di abiti privo di allarmi, ed entrandovi dentro in piena notte, con Mara che aveva forzato la porta del retro semplicemente con un calcio che ne aveva rotto la serratura, avevano rapidamente ed efficientemente trovato dei vestiti della loro misura e più o meno di loro gusto, scegliendoli ognuno per sé, muovendosi individualmente tra la merce. Una volta vestiti, Mara era uscita, e lui ancora l’aveva seguita.

Con sua sorpresa, tuttavia, Mara era uscita di nuovo dal centro abitato, tornando a inoltrarsi tra macchie boschive e lande riarse sparse tra basse catene rocciose. In un bosco, Danny aveva semplicemente intuito immediatamente cosa Mara avesse intenzione di fare quando lei si era fermata in un punto e aveva ripreso a spogliarsi, e lui aveva fatto lo stesso di concerto. Dopo aver più o meno nascosto gli abiti nella vegetazione, dal momento che difficilmente qualche essere umano si sarebbe venuto ad aggirare da quelle parti come indicavano gli odori e le tracce presenti, nessuna delle quali di esseri umani ma solo di altri animali selvatici, avevano ripreso le loro forme di lupo.

Danny si era ritrovato a seguire di nuovo Mara per diverse ore, finché lei non si era fermata di fronte alla base di una delle tante montagne rocciose apparentemente tutte consimili, e aveva ripreso la sua forma umana. Danny aveva fatto altrettanto, senza ancora capire che cosa lei avesse intenzione di fare, semplicemente assecondandola e seguendola. E Mara, senza come al solito degnarlo di alcuna attenzione particolare, si era incamminata entrando in una specie di angusta grotta che si apriva nella roccia. E Danny, come al solito, l’aveva seguita.

All’interno della grotta c’era un vago odore di terra e, più forte, di roccia, e l’aria a contatto con la pelle divenne più fresca nell’ombra scura. Ma Mara non si inoltrò molto oltre nella grotta, che comunque appariva relativamente piccola. Si fermò invece in un punto preciso, girandosi a fronteggiare una parete, e quando Danny alzò lo sguardo, si ritrovò a trattenere appena il respiro per la sorpresa.

Le pitture rupestri erano sparse più o meno disordinatamente sulla roccia, alcune un po’ rovinate e sbiadite, altre un po’ più chiare nonostante la vernice primitiva un poco sgretolata.

Danny spalancò gli occhi, affascinato. Non aveva mai visto in vita sua prima d’allora delle pitture rupestri dal vivo; e forse era il disegno chiaramente primitivo, o la consapevolezza che le persone che le avevano immaginate e le mani che le avevano tracciate sulla nuda roccia lo avevano fatto molti secoli prima, o l’ambiente in penombra e leggermente freddo e silenzioso e un poco umido della piccola grotta, ma rimase incantato e osò respirare solo piano, come se non volesse disturbare il profondo sonno di qualcosa di antico. O, più propriamente, probabilmente era il fatto che non c’erano solo figure grezzamente e più o meno stilizzate di esseri umani e ungulati ritratti in quei disegni, ma anche delle forme canine.

‘Lupi…’ aveva pensato Danny tra sé e sé, incantato, mentre il suo sguardo si spostava senza fretta su ogni singola sagoma dipinta, contemplando i disegni primitivi attentamente.

Dopo qualche istante, una sensazione più fredda e pungente gli aveva fatto distogliere lo sguardo, avendo percepito l’attenzione di Mara concentrata su di lui in qualche modo assai significativamente; raramente lei lo degnava di molta attenzione, salvo quando aveva un motivo ben preciso per farlo. Guardandola, Danny aveva realizzato che in effetti lei lo stava fissando con quell’attenzione concentrata di quando sembrava aspettarsi che lui facesse qualcosa di ben preciso, qualcosa che lei voleva che facesse.

Per un momento era stato sul punto di chiederle qualcosa, ma si era saggiamente trattenuto all’ultimo, sapendo bene che puntualmente lei sarebbe stata più o meno assai indisposta da un suo porre una qualsiasi domanda, come se le considerasse sempre e comunque stupide, o come se il suo osare porre una domanda ad alta voce fosse il chiaro segnale per lei che lui stava già sbagliando tutto. Così aveva finto per tacere, e intuendo dallo sguardo di lei che Mara si stava assicurando che lui osservasse bene le pitture rupestri, Danny era tornato a volgere lo sguardo di nuovo sulla parete rocciosa tracciata da quei segni.

Erano quasi tutte scene di caccia, con piccoli gruppi di ungulati che correvano, e piccoli gruppetti di esseri umani ugualmente stilizzati che li rincorrevano impugnando delle lance alzate. Ma qui o là c’erano quelle pochissime figure canine, anch’esse tutte ritratte nell’atto di correre, intorno agli esseri umani e agli ungulati indistintamente, cosicché non sembrava facilmente interpretabile chi o cosa stessero inseguendo, o da chi o cosa stessero fuggendo.

‘Cani…’ aveva pensato vagamente Danny per un momento, ragionando che se erano stati umani a ritrarli in una scena di caccia, i canidi dovevano figurare come loro alleati nella caccia.

Ma poi il suo sguardo aveva trovato un angolo isolato della raffigurazione che non sembrava affatto una caccia, con sua sorpresa. Non era riuscito a capire che cosa sembrasse esattamente, ma i suoi occhi erano rimasti incollati sulle due figure rappresentate, come ipnotizzati da qualcosa della scena che non riusciva a interpretare esattamente. Una delle figure era un essere umano, e l’altra era un canide; una di fronte all’altra, immobili, le due figure sembravano semplicemente fronteggiarsi così, in una sorta di perenne sospensione che sembrava poter significare qualsiasi cosa, o forse non significarne alcuna.

Danny aveva perso il senso del tempo, continuando a scrutare quelle due figure come se cercasse di scorgervi qualcosa che sembrava essere il fulcro della raffigurazione, qualcosa di profondo e importante, che tuttavia pareva riuscire a correre appena un poco più davanti a quel suo impegnato tentativo, come una preda che inspiegabilmente continuasse a riuscire a sfuggirgli per appena poco di più di un soffio, giusto quel tanto da rimanere inafferrabile all’infinito.

Poi Mara si era mossa, di fianco a lui, e sempre senza proferire parola aveva iniziato ad uscire dalla grotta. Danny aveva esitato appena un momento in più, sentendosi tirato dal desiderio di rimanere ancora lì a fissare quell’immagine, a rincorrere quel senso che gli sembrava di percepire, anche se avesse finito per rivelarsi per sempre inafferrabile. Ma infine, suo malgrado si era mosso a sua volta, seguendo Mara, anche lui in completo silenzio, ancora come se non volesse rischiare di turbare il silenzio antico e profondo all’interno di quella grotta.

 

Ore più tardi, Danny si trovava a miglia da quella grotta persa chissà dove con le sue pitture antiche, testimoni di un passato estremamente remoto, e il cui senso si era forse ormai da moltissimo tempo perduto attraverso i secoli e l’evoluzione delle storie dei discendenti delle figure che vi erano rappresentate, che eppure un tempo dovevano aver vissuto calpestando quella stessa terra che calpestavano ora coloro che vi vivevano e morivano sopra.

Di nuovo nella sua forma umana e vestito con gli abiti umani di sua ultima e più recente acquisizione, Danny seguiva quasi affiancando Mara che passeggiava con ritmo agilmente leggero e privo di pensieri e sicuro di sé come sempre, lungo la sera tarda di una cittadina come un’altra, vicino alla zona periferica dalla quale erano entrati.

L’asfalto scorreva loro sotto i piedi come se non avesse importanza, e gli edifici passavano ai loro lati come se fossero trascurabili, gli esseri umani passanti lungo la strada parevano solo comparse insignificanti ai margini della loro attenzione. Quello era il modo in cui Mara si muoveva attraverso qualsiasi agglomerato umano: come se fosse estranea e superiore a qualsiasi cosa potesse accadervi che riguardava le vite degli esseri umani; come se trovasse il tutto così superfluamente sciocco e banale da essere noiosamente appena passabile di giusto un sogghigno superiore concesso a malapena en passant.

Danny aveva una consimile tendenza a non curarsi particolarmente di ciò che avveniva in una qualsiasi delle città che occasionalmente attraversavano in forma umana, ma non perché si sentisse superiore o lo trovasse uno spettacolo di inferiorità implicita. All’inizio, mentre Mara sembrava aspettarsi che lui cogliesse un qualche implicito divertimento sogghignante rispetto al passare in mezzo ad esseri umani perfettamente ignari di che cosa loro erano in realtà, Danny era stato piuttosto nervoso fino allo spasmo, temendo inconsciamente e senza poterne fare a meno che qualcuno si accorgesse di qualcosa di strano o diverso in loro. Ma poi aveva imparato, anche se non esattamente la lezione che Mara intendeva impartirgli, o forse più che altro si era ricordato chiaramente: non quanto loro due fossero così bravi a spacciarsi per essere umani perfettamente normali, ma quanto almeno la maggior parte delle persone di una città fossero così naturalmente capaci di ignorare chiunque ti passi accanto lungo la strada quasi quanto fossero capaci di ignorare anche se stessi per quanto possibile, o almeno ciò che realmente provavano e pensavano.

Danny aveva realizzato di essersi sentito estraneo in buona parte del mondo e delle situazioni in cui si era ritrovato ben prima di divenire un mezzo lupo, anche se sicuramente in modo in buona parte diverso; da quel punto di vista, dopotutto, non era dunque cambiato molto da quando era divenuto un mezzo lupo, e riusciva a percepire chiaramente il suo essere perfettamente estraneo in qualche modo anche e ancora, sebbene in un senso un poco diverso in quella sua nuova natura di mezzo lupo. Per certi versi, e singolarmente e spiazzantemente, era talvolta come essere ancora esattamente quello che era prima di diventare un mezzo lupo, solo in una versione un poco diversa della stessa solfa, come poter rivivere le stesse sensazioni da una prospettiva diversa ma non così discordante rispetto a prima. Semmai, anzi, ora era come avere una scusa più cospicua e precisa per dare un senso a quel modo di vivere le situazioni: che diamine, almeno ora poteva dire che era un mezzo lupo. Il fatto che quella continuasse a suonargli appunto come una debole scusa insufficiente a spiegare, più che una motivazione, beh, si era abituato anche a quella sorta di consapevolezza di sottofondo.

«Che cosa hai visto oggi, in quella grotta?» gli chiese Mara di punto in bianco, il tono vago e distratto; ma conoscendola quel tanto che la conosceva, Danny intuì che il suo disinteresse fosse solo un inganno apparente e superficiale: lei voleva che lui le desse la risposta giusta, quella che voleva sentire.

E come Danny aveva imparato a fare quando non aveva idea di quale potesse essere la risposta giusta secondo lei, e quando nondimeno iniziava a sentirsi invaso dal timore di uno o più dolorosi morsi punitivi dietro l’angolo, scelse la tattica risposta «Non ne sono sicuro.»

Mara gli scoccò un breve sguardo di sbieco, luccicante di intelligenza acuta e penetrante, ma Danny provò comunque un relativo sollievo, perché sapeva che lei non riteneva punibili i suoi tentativi di eludere la domanda di solito, come se li interpretasse come un suo ammettere la superiorità di lei e si rendesse disponibile ad accettare senza requie la lezione che sarebbe seguita.

All’inizio era stato così. All’inizio Danny era quanto mai propenso ad ascoltare ogni lezione e a cercare di assorbirla e impararla il più possibile, perché Mara era la sua unica guida e il suo unico appoggio in quella nuova dimensione della sua vita, come mezzo lupo. Ma ora che ormai da tempo aveva imparato a cavarsela decentemente – sebbene lui stesso non avesse ancora realizzato così coscientemente quanto la sua dipendenza da lei non avesse più a che fare con la stretta necessità di sopravvivere – tendeva piuttosto a lasciare che lei la pensasse così. Per evitare il peggio da parte di Mara a sue spese.

«I lupi sono sempre stati cacciatori, Danny.» disse Mara, tornando a guardare davanti a sé mentre camminava, parlando con quel tuo tono e quel suo sguardo profondi e intensi, come se stesse pronunciando una verità inconfutabile.

«È ciò che siamo. La nostra natura. E gli uomini sono sempre stati prede, fintanto che non hanno costruito oggetti artificiali che permettono loro di averla eventualmente vinta contro di noi in uno scontro non ad armi pari. Perché ad armi pari, non reggerebbero mai un confronto con noi senza perdere miserevolmente e in pochissimi istanti. Gli uomini sono sempre stati la nostra preda, è nella loro natura.»

Danny rabbrividì appena, ma quando notò che lei spiava appena verso di lui con la coda dell’occhio, si limitò ad annuire con un cenno della testa; si disse che era solo un gesto per segnalarle che aveva sentito e compreso le sue parole, e che lei lo interpretasse come un assenso, quello era solo il modo in cui lei decideva di prendere la cosa.

«Perciò, ora solo in un’occasione il lupo può diventare una preda.» proseguì Mara, tornando a guardare dritto davanti a sé mentre camminavano lungo le strade notturne semi-deserte a passo rapido ma senza fretta «E cioè, solo da una creatura può essere cacciato: l’essere umano.»

Di nuovo, Danny aveva accolto il tutto rimanendo in silenzio semplicemente, lasciando che Mara lo interpretasse come un implicito assenso scontato.

«Devi ricordarlo molto bene.» aveva detto ancora Mara, il tono incupito in cui trapelava una nota di seria rabbia fredda in profondità «L’unica cosa che può essere un nemico per noi sono gli esseri umani. E solamente quando si rifugiano codardamente dietro l’utilizzo di qualche arma da fuoco. Perché altrimenti non sarebbero mai capaci di sovrastarci con le loro sole deboli forze, così inferiori alle nostre.»

Danny aveva di nuovo appena accennato un assenso col capo, quando Mara lo aveva spiato di sbieco di nuovo con la coda dell’occhio, come per controllare automaticamente. Lei non aveva aggiunto più nient’altro, e avevano proseguito in silenzio, ovunque Mara avesse deciso si stessero dirigendo in quel momento.

Ma tra sé e sé, Danny aveva continuato a rigirarsi nella mente quelle immagini di pitture rupestri per giorni e giorni ancora, come se cercasse ancora in ogni modo di coglierne ogni possibile senso e significato, o meglio di afferrare quei sensi nella loro interezza, per quanto sembrasse sempre che almeno in parte gli sfuggissero, come se non riuscisse a contemplarli in una sola volta in tutto il loro vasto insieme.

Ma quella sera, mentre seguiva Mara attraverso le strade notturne di quella cittadina ai suoi occhi come qualsiasi altra in fondo, si era reso effettivamente conto di stare pensando qualcosa di completamente diverso dal riflettere solo sulle parole di lei.

Stava pensando che se loro erano mezzi lupi, e quindi sia esseri umani che lupi allo stesso tempo, e potendo assumere entrambe le forme a loro piacimento, forse erano allo stesso tempo la preda e il cacciatore. E dubitava che chi aveva dipinto secoli e secoli prima quelle immagini stilizzate sulla nuda pietra di quella grotta avesse avuto in mente proprio quello. E si era chiesto, invaso da un’enorme curiosità famelica e affascinata, se i mezzi lupi fossero esistiti già a quel tempo; se la loro origine potesse risalire indietro nel tempo almeno fin da quando erano esistiti sia l’essere umano che il lupo. Se eventualmente quell’immagine in particolare, quella di quella figura umana e quella figura di canide che si fronteggiavano immobili, non potesse essere la rappresentazione di quella domanda senza risposta, di come si fosse realizzato quel primo incontro. O forse, dopotutto, se chi aveva dipinto quelle immagini sarebbe piuttosto inorridito al solo immaginare qualcosa del genere, dell’esistenza di qualcuno che possedesse entrambe le nature, considerandola come un’orribile aberrazione.

Quella era stata forse la prima volta in cui aveva iniziato a realizzare che non la pensava esattamente come Mara in proposito. Non solo, ma molto di più: quella era stata forse la prima volta in cui aveva iniziato a sospettare che Mara non riuscisse a vedere e capire e concepire molte cose che potevano essere pensate oltre a quelle che erano le sue incrollabili certezze. Quella era probabilmente stata la prima volta che aveva iniziato a intuire che lui poteva avere idee e domande e riflessioni che andavano oltre e molto più in là qualsiasi cosa potesse rivelargli o insegnargli o spiegargli Mara.

 

 

 

Soundtrack

Arrows (Fences feat. Macklemore)

  
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