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Autore: ShunLi    10/02/2019    0 recensioni
Clarissa si sedette ad un piccolo tavolo, portando la tazza del caffè alle labbra e si guardò il polso.
"Oh mio Dio."
Il braccialetto era lì, i ciondoli rossi con i cuori di varie dimensioni, che tintinnavano con un suono allegro. La bocca di Clarissa si aprì, senza che emettesse alcun suono. Tama-chan si avvicinò, miagolando.
Quella era la Domenica più strana che le fosse mai capitata."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era una notte davvero sfarzosa.
C'erano dei brillii e dei riverberi di ogni colore che accendeva la candida luna su quel dipinto nero che era la notte. La musica all'improvviso riempì il vuoto di ogni angolo di strada, di ogni bottega chiusa, di ogni pezzo di Venezia dove l'acqua non l'aveva ancora toccata. Le maschere, che dapprima restavano sospese in fila, si mossero al ritmo di quelle leggiadre note romantiche, un pò azzardate, come azzardato era il loro comportamento. Nascoste sotto quelle mentite spoglie, non potevi riconoscere chi ci fosse dietro quelle maschere colorate, di piume, di glitter e di finta sfarzosità e cosa aveva intenzione di fare. Indossare una maschera porta tanti privilegi, ma fino a quando possono durare? La realtà ti obbliga a portare una delle tue tante maschere e di conseguenza reagisci, vivi, parli, ridi, piangi.
Quella sera Tom, invece di inseguire le belle gonnelle alzate delle cortigiane a passeggio per la piazza, si avvicinò ad una bettola poco illuminata. Dentro ci abitava una pazza, quella che chiamavano strega, deviata, Demone. Ma per Tom quella povera ragazza coperta di stracci era solo un orfana incompresa, bellissima, con occhi di ghiaccio e lunghissimi capelli neri. La ragazza finora aveva tirato avanti con la piccola pensione del padre calzolaio, un pezzo di pane nascosto sotto il letto e tanti gatti. Così tanti gatti che i Veneziani, nonostante la passione che avevano per i felini, si tenevano ben lontani da loro, credendo che la pazza della bettola li avesse posseduti o avvelenati. Tom si arrampicò su per il tettuccio pericolante, facendo attenzione ad ogni passo. Una volta trovato il buco che la ragazza aveva fatto di proposito nel tetto, Tom si inginocchiò, sperando di trovarvi la ragazza. In effetti, lei era proprio lì. Per la prima volta dopo tanto tempo lei aveva il viso e i piedi puliti, un candido vestito. I capelli erano anche corti, non vi era più la scura zazzera che di solito si portava appresso. Tom rimase sconcertato. Gli piaceva quella scia nera e adesso sembrava più piccola e meno sciatta del solito. Decise di entrare nella stanza, che si componeva di un solo letto, un vecchio camino, tante scatole, una libreria piena di scarpe antiche e impolverate, un lavamani scheggiato con lo specchio annerito dal tempo, un tappeto consumato, i tanti rinomati gatti ammassati addormentati in una grande cesta e la ragazza, raccolta in un angolo della stanza ad intrecciare vecchie pagliuzze per farne delle scarpe.

"Uno, due, trecentomila fili.
Quattro, cinque, sei e quell'ultima dove va?
Sette otto nove, la scarpa finita sarà
Dieci e ricomincia, i fili di nuovo intrecciare dovrà."

La cantilena che la ragazza aveva intonato era una vecchia litania dei calzolai veneziani e Tom sorrise. Erano anni che non la si sentiva più cantare. E la ragazza cantava benissimo.
"Ciao uomo mascherato." Disse la ragazza, che si era accorta di Tom.
"Buonasera a te Madonna. Cosa intrecci?"
"Nuove scarpe per l'estate. Ho trovato un sacco di fili di paglia lungo il cammino, oggi."
Il suo tono era tranquillo, sereno. Sorrideva più del solito. Tom ne era affascinato.
"Vedo che sei felice."
"Lo sono perchè mi hanno detto che dovrò esserlo, d'ora in poi."
"Chi ha detto a te tale novella?"
"Il tizio che si è preso cura di me, ma solo questo pomeriggio. Ha provveduto ai miei capelli e alle mie vesti.. Anche al mio viso, anche se ho provveduto da sola a lavarmelo, così come i piedi. Odio quando mi toccano il viso e i piedi."
"Posso domandarti chi era questo gentiluomo?" La curiosità di Tom divenne sospetto. A meno che non volesse la ragazza come schiava, era impossibile che un totale sconosciuto si avvicinasse a lei.
"Mi ha dato anche un nuovo nome sai?"
"Ma tu non l'avevi un nome?"
La ragazza fece di no con la testa. "Quando mia madre mi mise al mondo, si dimenticò di me. Mio padre era troppo occupato per fissare le suole alle scarpe, così durante la mia infanzia e adolescenza non venivo chiamata affatto. Ero io a propormi alla gente, ma tutti mi allontanavano comunque per il mio aspetto e per la mia... Bhe lo sai no? Io sono la pazza della bettola."
"Ma adesso non lo sei più."
Lei sospirò. Si alzò dalla sua posizione rannicchiata e Tom fece lo stesso. La seguì con lo sguardo mentre lei si avvicinava ad un gatto blu che le arricciava la coda alla caviglia. La luna illuminava la sua figura esile.
"Il mio nome è Clarissa. Non sarò più la pazza della bettola."
"Clarissa..." Un tonfo al cuore, un battito in più, un emozione che si apre come uno squarcio dentro al petto. Tom non si era mai sentito così. Quel nome gli si era insinuato con tanta forza nelle carni, che non voleva più farne a meno.
"Quell'uomo poi è sparito. Non so chi fosse o cosa fosse. Magari era un fantasma, chissà. E tu uomo mascherato che mi vieni in visita ogni settimana, sei pure tu un fantasma? Ultimamente ho pensato tanto a te..."
"Non sono un fantasma. Il mio nome è Tom."
Si avvicinò a lei con la stessa cadenza di un gatto.

"Tu sei davvero bello. Come puoi voler una come me?"
"Ma tu ti sei mai vista allo specchio?"
"Allo... Cosa?"
"Non sai cosa sia uno specchio?"
Ammutolita dalla vergogna, Clarissa fece cenno di no con la testa. Tom, preso dalla tenerezza, condusse per mano la ragazza davanti allo specchio annerito. Trovò uno straccio e lo pulì con un gesto. La superfice si schiarì e Clarissa ne fu spaventata, gli sembrava di aver visto un altro viso dall'altra parte di quello specchio.
"Non temere, era solo il mio riflesso."
"Riflesso?"
"La tua stessa immagine. Lo specchio è una superfice che cattura il tuo aspetto e ti ci puoi rimirare per guardarti al mattino, quando sei dubbioso di te stesso e anche per altri scopi. Vieni, non sei curiosa di vederti?"
"Vedermi... Come?"
"Una volta lì davanti lo capirai."
Tom prese di nuovo per mano Clarissa. Stavolta la sua presa era forte. Aveva timore di quello specchio e di ciò che vi avrebbe trovato. Quindi prima vide il viso di Tom e poi il suo. Rimase di sasso. Occhi bianchi come la neve d'inverno, capelli scuri come la notte. Il viso era piccolo, rotondo. La sua bocca era aperta per la sorpresa. Tese in avanti la mano per toccare se stessa, ma la ritrasse, il freddo di quello specchio sembrava lava che ribolliva dal profondo della Terra.
"Quella... Sono io?"
Tom si mise dietro di lei, abbracciandola stretta.
"La cosa più meravigliosa di questo mondo."


E mentre la festa delle maschere impazzava, un nuovo amore nasceva.
  
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