Fanfic su artisti musicali > Slash, Myles Kennedy & The Conspirators
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Autore: Soul Mancini    13/05/2019    3 recensioni
[IN REVISIONE dall'11/01/2021!
Accenni ai componenti di Guns N' Roses e Alter Bridge.
Mylash - Slash x Myles]
Nove capitoli, nient'altro che una serie di momenti che si susseguono, piccoli slice of life per raccontare una storia. Un'amicizia nata nel 2009, quasi per caso, da una bizzarra collaborazione.
Un'amicizia che però cela qualcosa di più, qualcosa di difficile da accettare, qualcosa di dolce e al contempo doloroso.
DAL SECONDO CAPITOLO:
«Una voce inaspettatamente dolce e delicata, colma di profonda emozione, si sparse per la stanza, irradiata dalle casse ai lati del computer. Mentre la ascoltavo rapito, non potei fare a meno di chiedermi se seriamente appartenesse al ragazzo con cui avevo parlato al telefono. Pareva così diversa, così passionale, potente e vellutata allo stesso tempo.
Non avevo mai sentito nulla del genere.»
NOTE:
- All'interno dei capitoli si susseguiranno i POV di Slash e Myles. Non preoccupatevi, sarà semplice capire la voce narrante ^^
- Il primo capitolo si è CLASSIFICATO QUATTORDICESIMO al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Myles Kennedy, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II
 

Starlight
 
 
 
 
 
“Allora? Cosa ne pensate?”
Ero molto in ansia all’idea di sentire il parere dei miei amici, non tanto perché avessi paura di loro, ma perché avevo lavorato giorno e notte sul materiale che mi aveva fornito Slash; quasi non avevo dormito per quarantotto ore, ci avevo messo tutto me stesso, ma temevo che il risultato non fosse soddisfacente.
“Cosa vuoi che ti dica, Myles? È fottutamente perfetta, pazzesca, alla tua altezza. Slash rimarrà sicuramente senza parole” ribatté Mark in tono ovvio, dall’altro capo del telefono.
Rimasi per qualche istante imbambolato a fissare lo schermo del mio computer, aperto sulla casella della posta elettronica. Poi mi resi conto che ancora stavo trattenendo il fiato e allora espirai bruscamente. “Grazie” mormorai, davvero riconoscente.
“Ora che hai finito questa dannata demo, puoi farci il favore di inviarla a Slash e poi riposare? Da quanto tempo non chiudi occhio?” mi apostrofò Flip.
Sorrisi e impostai il vivavoce – come, per fortuna, avevano fatto anche i miei amici – per poter utilizzare il pc mentre conversavo con loro. “Beh, sì, non ho dormito tanto… ma sto bene, sul serio, non mi sento tanto affaticato. E ora che ho finito sto meglio, non potevo convivere col pensiero di avere un lavoro in sospeso!”
Mentre parlavo, avevo cliccato sul pulsante rispondi sotto l’e-mail che mi aveva mandato Slash e avevo cercato il file audio da allegare. Ora non mi restava che lasciarlo caricare.
“Sempre il solito” mi rimproverò bonariamente Brian.
“A voi come sta andando?” domandai, giusto per cambiare discorso; avevo bisogno di pensare ad altro.
“Noi ce la passiamo bene, ci divertiamo. Avevi dubbi?” rispose Mark con una risatina.
“Devo ammettere che mi manca lavorare con voi” confessai con una leggera nota malinconica nella voce.
“La cosa è reciproca…”
“Ma non fare tanto il melodrammatico, altrimenti ci commuoviamo, piantiamo in asso Scott Stapp e torniamo da te” aggiunse Flip ironico. Ecco, come al solito aveva rovinato l’atmosfera.
Ridacchiai. “Sei un disastro, Philips” gli dissi.
“Te lo mandiamo volentieri, tanto non fa che rompere e disturbare” lo rimbeccò Brian.
“Sei in cerca di guai, Marshall?”
“Ce l’ho a fianco, il guaio!”
“Smettetela di fare gli idioti, altrimenti tolgo il vivavoce e me ne vado” li minacciò Mark.
“Ehm… ragazzi” richiamai la loro attenzione.
“Sì?” risposero all’unisono.
“Ho caricato il file, devo solo cliccare invia.”
“Schiaccia quel pulsante, cazzo!” esultò il batterista.
“Fratello, siamo con te!” cinguettò Brian.
Presi un respiro profondo.
Click.
L’e-mail era stata inviata.
“È partita, cazzo!” strillai.
“Oh, bene! Adesso Slash potrà rifarsi le orecchie!” ribatté Mark entusiasta.
Di colpo sentii i muscoli sciogliersi e rilassarsi, la tensione scivolare via dal mio corpo, la mente sgomberarsi. Non sapevo come sarebbe andata, ma avevo dato tutto me stesso anche quella volta e potevo dire di averci provato. Ormai era andata, potevo soltanto sperare in un parere positivo da parte di Slash.
 
 
♫ ♫ ♫
 
 
Quella sera, quando accedetti alla posta elettronica, rimasi abbastanza sorpreso nel constatare che Myles mi aveva già inviato la traccia audio con la sua demo. Insomma, ci eravamo sentiti meno di una settimana prima, era stato davvero rapidissimo.
Curioso di sentirlo cantare, non persi tempo e scaricai subito il file; nel frattempo tamburellavo con le dita sul piano della scrivania, impaziente. Ormai da anni sentivo parlar bene di quel tipo, doveva essere bravo per davvero se Jimmy Page e John Paul Jones dei Led Zeppelin gli avevano chiesto di collaborare, quindi le mie aspettative erano molto alte. Speravo fosse il cantante giusto per quella traccia, soprattutto: non vedevo l’ora di ultimare il mio disco e non mi andava di ricominciare la ricerca da capo.
Non appena il file fu salvato nel mio computer, mi fiondai subito ad aprirlo, senza esitare un attimo.
Una voce inaspettatamente dolce e delicata, colma di profonda emozione, si sparse per la stanza, irradiata dalle casse ai lati del computer. Mentre la ascoltavo rapito, non potei fare a meno di chiedermi se seriamente appartenesse al ragazzo con cui avevo parlato al telefono. Pareva così diversa, così passionale, potente e vellutata allo stesso tempo.
Non avevo mai sentito nulla del genere.
 
 
In the distance
Light years from tomorrow
Far beyond yesterday
She is watching
Heart aching with sorrow
She is broken, as she waits

Hoping when all is said and done
We learn to love and be as one
 
 
Avevo già deciso: era lui quello giusto. Adoravo alla follia il suo timbro, il suo modo di interpretare ciò che cantava, il testo… tutto. Era travolgente.
La mia idea si consolidò ancora di più quando il ritornello esplose, potente come la voce di Myles, del tutto inaspettato.
 
 
Oh Starlight, don't you cry
We're gonna make it right before tomorrow
Oh Starlight, don't you cry
We're gonna find a place where we belong
(where we belong)
And so you know, you'll never shine alone
 
 
Era a dir poco pazzesco, dovevo chiamarlo al più presto e chiedergli di venire a Los Angeles per registrarla.
Non ero un tipo che si emozionava facilmente, eppure quella semplice demo, registrata in maniera approssimativa, era riuscita a commuovermi e infiltrarsi negli angoli più remoti del mio cuore.
Misi in play Starlight almeno tre o quattro volte prima di riuscire a darci un taglio e tornare alla realtà; a ogni nuovo ascolto, carpivo una sfumatura della voce di Myles che prima non avevo colto e rimanevo sbalordito.
Afferrai il cellulare e feci partire la chiamata al suo numero senza esitazione. Probabilmente era inopportuno disturbarlo alle nove di sera, di certo aveva altro da fare, ma sentivo il bisogno di dirgli subito ciò che mi passava per la testa.
Forse, inconsciamente, avevo anche bisogno di accertarmi che la persona all’altro capo del telefono fosse davvero quel talentuoso cantante.
“Pronto?” rispose l’ormai familiare voce di Myles dopo qualche squillo.
“Ehi, sono Slash, ho appena sentito la demo” esordii senza troppi giri di parole.
“Buonasera. Ah… davvero? Che te ne pare? Ti avviso già che è registrata così, un po’ a caso, perché in realtà doveva essere una prova ma alla fine è venuta bene. E se noti qualche imperfezione o incertezza è perché ci ho lavorato in poco tempo, sai, ero molto ispirato e mi sono lasciato trascinare, ma così facendo forse il risultato ha perso di qualità…” prese a sproloquiare, le parole mi giungevano fitte e nervose.
“Ehi, ehi, fermo, tranquillo!” tentai di frenarlo. “Non ti devi giustificare, okay? E poi io non ho notato imperfezioni o incertezze o quello che hai detto, anzi: ciò che ho sentito è fottutamente strabiliante, pazzesco. Per quanto mi riguarda, possiamo anche fissare un appuntamento per vederci e parlarne… o anche registrarla direttamente.”
Alle mie parole seguì qualche attimo di silenzio. “Mi stai dicendo che mi vuoi all’interno del tuo album?” chiese conferma Myles in tono esitante.
“Tu devi stare nel mio album” chiarii in tono deciso.
“Grazie, io sono… oddio, sono contentissimo, davvero!” esclamò, la sua voce era intrisa di gioia.
Sorrisi. “Anche io lo sono,” ammisi, “e, se sei d’accordo, vorrei registrare con te anche l’altro brano di cui ti avevo parlato.”
“Ma certo, mi farebbe molto piacere! Appena riesco ti raggiungo a Los Angeles, d’accordo?”
“D’accordo. Allora ci aggiorniamo nei prossimi giorni per organizzarci meglio e… Myles?”
“Sì?”
Mi attorcigliai una ciocca di capelli tra le dita, leggermente a disagio. “Grazie mille per aver accettato e complimenti, mi fa davvero piacere averti nel disco.” Probabilmente ero arrossito, non ero abituato a espormi tanto e portare fuori ciò che pensavo in modo così diretto. Per fortuna ero da solo.
Quando chiudemmo la chiamata, mi guardai attorno spaesato, come se mi fossi appena risvegliato da un sogno. Il mio occhio cadde sullo schermo del computer, dove la traccia di Starlight ancora era aperta, in pausa; la schermata del lettore musicale occupava tutto il monitor, come a voler attirare la mia attenzione con prepotenza.
Prima che potessi rendermene conto, avevo già messo in play e mi ritrovai a sorridere come un ebete, ancora e ancora, per l’ennesima volta quella sera.
 
L’avevo invitato nella mia sala prove poco distante da casa. Quel giorno mi ci ero recato di mattina presto – tanto non avevo dormito granché e avevo voglia di suonare un po’ nell’attesa.
La sera prima Myles mi aveva comunicato che era giunto a Los Angeles e che gli sarebbe piaciuto molto vedermi il giorno stesso, ma era davvero troppo stanco per pensare di uscire dall’albergo. Da quando avevo ricevuto quella chiamata, una sottile e inspiegabile ansia si era fatta strada in me. Eppure ero abituato a quel tipo di incontri, non avevo nessun motivo per essere agitato; la cosa mi infastidiva non poco.
Ero seduto su una poltroncina con una chitarra tra le braccia e stavo cercando di riportare alla mente una vecchia canzone dei Velvet Revolver, quando mi avvisarono che Myles era arrivato. Mi misi in piedi, abbandonai il mio strumento sul divano – me lo sarei volentieri portato appresso – e uscii lentamente dalla stanza. Nel piccolo andito inondato dal sole mattutino, in piedi accanto alla finestra, si stagliava una figura snella e slanciata, alta all’incirca quanto me e completamente abbigliata di nero. Myles aveva un viso dolce, illuminato da un lieve sorriso e incorniciato da lunghi capelli castani; indossava una giacca in pelle molto semplice e dei jeans neri.
La mia prima impressione di lui fu coerente con l’idea che mi ero fatto: un ragazzo mite e alla mano, dal viso simpatico e uno stile non troppo studiato. Mi colpì, mi intrigò da subito.
“Buongiorno Slash! Come stai?” mi salutò educatamente, venendomi subito incontro e tendendomi la mano.
“Ehi! Tutto bene, tu? È un piacere conoscerti, signor Kennedy” ribattei con un leggero tono ironico. Mi ero subito reso conto che Myles a volte aveva degli atteggiamenti un po’ troppo formali e la cosa mi divertiva, quindi avevo deciso di dargli corda. Gli strinsi la mano e mi accorsi che la sua presa era forte e sicura, tipica di chi ci sapeva fare con la gente.
“Tutto bene, grazie. Il viaggio mi ha stancato, era da un po’ che non mi spostavo da casa, ma ho trovato un bel sole ad accogliermi qui in California. Quindi okay!”
“Vieni, andiamo a sederci nella saletta” lo invitai, facendogli strada fino alla stanza in cui mi trovavo fino a poco prima. Quando mi voltai verso di lui, lo trovai che si guardava intorno con interesse e stupore. Posava i suoi occhi azzurri – li avevo da subito trovati particolari e intensi, quegli occhi – sulle mie chitarre poste sui cavalletti o appese alle pareti, sugli spartiti gettati in ogni angolo e sparsi perfino sul pavimento, sui poster dei miei idoli, sugli scaffali stracolmi di CD e vinili, fino agli amplificatori addossati da una parte. Lo scrutai di sottecchi, sebbene gli occhiali scuri che indossavo gli impedissero di capire la traiettoria del mio sguardo, e sorrisi tra me e me nel vederlo così entusiasta e meravigliato.
“Accomodati” gli dissi cortesemente, prendendo posto sul divano e imbracciando la mia chitarra.
“Oh, certo. Scusa, mi sembrava poco carino sedermi prima che tu mi dessi il permesso” borbottò con le guance leggermente rosse, mentre si posizionava su una poltroncina di fronte a me.
Risi. “Ma dici sul serio? Myles, non ti devi porre problemi con me, non mi piace tutta questa formalità. Sentiti libero di fare quello che vuoi” misi in chiaro le cose. In realtà nel primo periodo mi tenevo distaccato con le persone con cui lavoravo e cercavo di inquadrarle prima di dare eccessiva confidenza, ma quel ragazzo mi era parso in ansia e mi ero sentito in dovere di rassicurarlo.
Myles mi sorrise. “Grazie, davvero.”
“Allora, siamo qui per rifinire bene il lavoro che ci attende nei prossimi giorni” cominciai, arrivando dritto al punto.
“Se ti va possiamo cominciare a registrare anche oggi, io mi sono preparato parecchio” affermò subito Myles.
Sollevai la mano destra, con cui fino a poco prima stavo strimpellando. “Ehi, calma, non c’è fretta! Prima ce la suoniamo e proviamo insieme, che dici?”
Myles annuì.
“E poi ti vorrei anche far sentire l’altra traccia in cui dovremmo collaborare. Anzi, se ti fa piacere posso farti sentire tutto l’album, che dici?”
Lui si illuminò e mi regalò un sorriso raggiante. “Dici davvero?”
Era impossibile non essere contagiati dall’entusiasmo che Myles sprigionava, trasmetteva una gran voglia di fare solo a guardarlo.
“Ci tengo a sapere il tuo parere” ammisi, stringendomi nelle spalle.
Suonammo Starlight quasi senza deciderlo; mentre chiacchieravamo del più e del meno, mi venne spontaneo suonare gli accordi di quel brano e Myles iniziò a canticchiare. Come mi aveva detto, era davvero pronto: sapeva tutto il testo e padroneggiava la linea vocale senza esitazioni. Io lo ascoltai, ipnotizzato dalla sua voce così particolare e intensa. Lo osservai: teneva la schiena dritta e ondeggiava appena a ritmo, lo sguardo era perso nel vuoto e teneva le mani abbandonate in grembo.
Ancora una volta ringraziai mentalmente i miei occhiali scuri, che nascondevano i miei occhi colmi di commozione e leggermente lucidi. Raramente mi ero emozionato sentendo qualcuno cantare e di certo non fremevo dalla voglia di darlo a vedere, non ero il tipo.
“Volevi capire se funzionava? Ora ti sei chiarito tutti i dubbi!” commentò Myles con una risatina, mentre io eseguivo le ultime note del brano.
“Ce l’abbiamo!” esultai, mentre un sorriso si allargava sul mio viso – l’ennesimo, da quando avevamo cominciato a suonare. “Sono sempre più convinto di aver fatto bene a chiedere a te.”
“Wow, grazie di cuore!”
“Ora ti faccio sentire anche l’altra” affermai. “Spero che ti ispiri e ti piaccia. Se poi riesci a cantarci sopra già nel prossimi giorn, beh, tanto di cappello.”
Calò il silenzio per qualche istante, in cui io e Myles ci osservammo seri, poi lui scoppiò a ridere. “Tanto di cappello! Era una battuta?” chiese, accennando al mio adorato cilindro che avevo indossato anche quel giorno.
Solo allora mi resi conto del mio involontario gioco di parole e risi a mia volta, sfiorando la tesa del mio cappello con una mano. “Ti giuro, non l’ho detto apposta!”
“Beh, tornando seri…” si ricompose Myles, mettendo su una faccia che di serio non aveva niente. “Dai, fammi sentire, sono curioso di vedere cosa porterai fuori dal cilindro.”
Fu il mio turno di scoppiare a ridere come un idiota. “Cominci a piacermi davvero, Kennedy.”
“Per così poco?” si sminuì, trattenendo a stento le risate.
All’improvviso mi venne un’idea e d’impulso gli chiesi: “Hai programmi per la giornata?”.
“No, sapevo di dover venire qui e non ho preso impegni con nessuno, al massimo potrei fare una passeggiata al mare più tardi. Perché?”
“Che ne dici di pranzare assieme? Così abbiamo più tempo per lavorare, anche nel pomeriggio” buttai lì, mantenendo un tono leggero.
“Oh, certo, mi farebbe molto piacere!” accettò subito.
Si era sciolto, ora aveva un modo di fare molto più spontaneo. Scrutai ancora una volta i suoi occhi azzurri e i movimenti rapidi con cui sistemava le ciocche lisce dietro le orecchie. Gli donavano tanto, quei capelli lunghi e un po’ ribelli.
Inspiegabilmente, ero contento di trascorrere l’intera giornata con lui.
 
 
♫ ♫ ♫
 
 
Oh Starlight, don't you cry
We're gonna make it right before tomorrow
Oh Starlight, don't you cry
We're gonna find a place where we belong
(where we belong)
And so you know, you'll never shine alone
 
 
Sollevai lo sguardo dal foglio su cui era stampato il testo e istintivamente cercai quello di Slash. Come al solito le lenti scure mi impedivano di leggere i suoi occhi, ma ormai lo conoscevo abbastanza bene per capire i suoi stati d’animo.
Era incredibile quanto avessimo legato nell’ultimo periodo, io e lui eravamo sulla stessa lunghezza d’onda e avevamo condiviso tanto. Talmente tanto che lui aveva insistito per essere presente alle registrazioni della mia parte vocale in Starlight, nonostante non fosse necessario. Ma Slash era fatto così: quando si impegnava in un progetto, ne curava ogni aspetto e ogni sfaccettatura, lo voleva veder nascere e prendere forma passo dopo passo.
E anche il ritornello era stato fatto.
Quando uscimmo dallo studio, quel giorno, ero euforico e profondamente soddisfatto.
“Com’è andata?” chiesi a Slash una volta fuori.
“Secondo te com’è andata? Sei pazzesco, Myles!” sentenziò con entusiasmo. Il suo tono era come sempre contenuto, ma in esso si udiva quella punta di gioia che avevo imparato a riconoscere.
Felice come non mai, mi lasciai trascinare dall’emozione del momento e strinsi Slash in un abbraccio fraterno. “Grazie di cuore per avermi coinvolto!”
Lui ricambiò appena, visibilmente in imbarazzo, e allora interruppi subito quel contatto. Sapevo che il chitarrista non era una persona particolarmente affettuosa ed espansiva, quindi non me la presi. Non era stato infastidito dal mio gesto, semplicemente era fatto così.
“Domani Back From Cali?” mi chiese.
“E sia!” affermai.
Quel giorno cenammo insieme, a Slash non piaceva l’idea che rimanessi da solo. Non che avessi problemi, Los Angeles era una città ricca di vita e avrei senz’altro trovato qualcosa da fare. Tuttavia non rifiutai, ormai avevamo stretto una bella amicizia e passare il mio tempo con lui non mi dispiaceva.
Era surreale. Tutti pensavano che il leggendario chitarrista dei Guns N’ Roses fosse una persona burbera e diffidente, eppure con me era stato sempre gentile e dolce. Mi sentivo fortunato, forse perché ero consapevole di essere uno dei pochi ad averlo conosciuto davvero.
 
 
 
 
♠ ♠ ♠
 
 
Ed eccoci giunti alla conclusione del secondo capitolo! Sono davvero emozionata di star pubblicando questa storia, ci ho messo tanto impegno e non vedevo l’ora di farvela leggere *-* Spero che la vicenda stia appassionando anche voi!
Per chiunque non conoscesse Starlight, vi lascio qui il link di YouTube per poterla sentire. Ve lo consiglio perché è ME-RA-VI-GLIO-SA, io me ne sono follemente innamorata non appena l’ho sentita:
https://www.youtube.com/watch?v=-BTad4tTdrE
Vi lascio anche il link dell’altra canzone che Myles ha registrato nel primo album di Slash, e che ho nominato alla fine del capitolo, ovvero Back From Cali:
https://www.youtube.com/watch?v=ZisXBHZzKQ4
(Pensate un po’, proprio mentre scrivo queste NdA sul canale TV di Virgin Radio è partita una canzone di Slash e Myles ♥.♥)
Allora, è vero che Myles ha preparato la demo di Starlight da inviare a Slash in pochi giorni, tanto che il chitarrista si è sorpreso della sua rapidità! È vero anche che Myles ha raggiunto Slash a Los Angeles… per il resto è tutta farina del mio sacco XD comprese le freddure di Myles riguardo il cilindro di Slash, sì!
Che ve ne pare del loro primo incontro e del rapporto che si sta creando tra i due? Ditemi, sono curiosa! ^^
Ringrazio tutti i miei lettori, quelli silenziosi e soprattutto i miei fedeli recensori, che riescono sempre a darmi la carica e la fiducia che altrimenti non avrei! :3
Alla prossima settimana (piccola comunicazione: gli aggiornamenti d’ora in poi saranno spostati al martedì) ♥
 
 
 
   
 
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