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Autore: Ofeliet    15/05/2019    0 recensioni
Alla fondazione del complesso del collegio, i professori avevano in mente grandi progetti per esso. Doveva essere una dimostrazione di eccellenza e perfezione. I suoi iscritti, comunque, vantano ben poco simili qualità.
D'altronde, cosa puoi fare con un folto gruppo di adolescenti impegnati a rivaleggiare e sgominare team malvagi da quando hanno iniziato a viaggiare? Niente. Puoi solo insegnargli ad essere studenti modello, e fallire nel tentativo. D'altronde, si ha a che fare con campioni non più in erba ed esperti del mestiere, tutti focalizzati sul diploma e sulla gloria che deriva da esso.
Qui tutti hanno più di un asso da giocare, e soprattutto hanno voglia di vincere.
| Airplane Bikini Contest DualRival FerrisWheel Ikari Pokè Ranger | ed altre...
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Ash/Misty, Drew/Vera
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mondo della scuola. ~'
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Capitolo Diciotto: Le battaglie giuste non sono facili.


« Ti dico che quel fenomeno era strano. » commenta Anita, ed Esmeralda alza gli occhi al cielo. Certo, erano passati diversi giorni da quello strano fenomeno, e Anita sembrava non volersene più andare da casa sua. Era a causa di Lucinda. Dopo il suo salvataggio la ragazza non aveva un posto dove andare, la sua casa era un luogo troppo a rischio ma metterla sotto la protezione della polizia sembrava esagerato.
Era stata lei ad offrirsi di ospitarla, tanto la sua casa era grande e il paesaggio di Giardinfiorito terapeutico. La primavera era nel suo pieno splendore, e il paesino vantava un nutrito viavai di turisti. Probabilmente era il luogo migliore per una persona che doveva riprendersi da uno shock di quella portata. Lucinda non provocava troppo disturbo, ed era continuamente seguita dal suo Piplup – dal quale era stata a lungo separata –. Rose adorava giocare con lei, e ben presto al loro gruppetto si era unita anche Anita. La ragazza aveva accennato di aver esteso l’invito anche a un ragazzo del primo anno che abitava dalle loro parti, ma per fortuna lui aveva declinato e di questo Esmeralda era grata. L’idea di avere un estraneo in casa non le piaceva affatto.
Alla porta bussano, e Lucinda scatta dal divano, dirigendosi alla porta per aprirla. Era Paul. La ragazza sussulta, facendo un passo indietro, e lui sembra quasi a corto di parole nel vederla.
« Stai meglio. » non era una domanda, più una constatazione. Lucinda annuisce, Esmeralda l’aveva effettivamente rimessa in salute. Paul sembra esitare, per poi farle cenno di uscire fuori. Lei esita, ma dopo decide di dargli retta e attraversa la soglia della casa cercando di ignorare le due ragazze che si lasciano andare a squittii divertiti al suo indirizzo.
« Io non avrei voluto chiederti una cosa del genere. » inizia Paul, scuro in volto. Per un attimo Lucinda teme che sia successo qualcosa a sua madre. « Ma il professore, data la tua prigionia, chiede la tua presenza al suo laboratorio. » Lucinda lo osserva, perplessa, ma annuisce. Cambiare ambiente per qualche ora le avrebbe fatto bene.
Con una certa fretta torna dentro la casa, cambiandosi le scarpe e schivando le domande incuriosite delle due ragazze, poi torna da Paul che la stava già attendendo sul suo Pidgeot. Questa volta è lei a sedersi dietro e ad aggrapparsi a lui, e nonostante il viaggio breve Lucinda apprezza questo molto di più rispetto al primo che avevano fatto.
Al laboratorio il professore non bada ai convenevoli, sottoponendola invece a diversi test. La ragazza non ha idea di quanto tempo passi tra un esame e l’altro, ma una volta che i fogli con i risultati sono nelle mani del professore questo non sembra molto contento di ciò che ci è scritto sopra.
« Io vorrei evitare questo, ma devo chiederti di venire con me. » Lucinda impallidisce, ritirandosi, ma il professore torna subito più rilassato. « Non voglio metterti ansia, ma sappiamo tutti che il team Galassia ha fatto qualcosa in cima al monte Corona. Oggi finalmente mi hanno concesso di raggiungere il posto. »
« E questo cosa c’entra con lei? » chiede allora Paul, rimasto appoggiato al muro tutto quel tempo. Non se n’era andato e non l’aveva persa di vista per un momento, Lucinda percepiva continuamente il suo sguardo su di sé.
« Non voglio sembrare allarmistico, ma credo che abbiano fatto ingerire a Lucinda qualcosa che ha legame con la rossocatena. » entrambi i ragazzi sbiancano, ma il professore si affretta a rassicurarli. « Siccome erano piccole dosi e le hai assunte per poco tempo, non dovrebbero nuocere alla tua salute, ma siccome sei una persona coinvolta credo sia meglio che tu venga con me. » Lucinda guarda apprensiva Paul, poi abbassa lo sguardo. Il ragazzo le si avvicina, rimanendo comunque a debita distanza.
« Allora vengo anch’io. » Rowan lo guarda, ma non obietta.
« Tu sei riuscito ad entrare con le tue sole forze nel covo del team. Se vuoi venire con noi renderai il nostro viaggio più sicuro. » Paul annuisce, lasciando che Lucinda riceva tutto l’occorrente dagli assistenti, ma non le rivolge mai direttamente la parola. Per tutto il tragitto nessuno dei due parla, e nemmeno Rowan, rendendo il percorso molto silenzioso. Lei era ancora in apprensione per sua mamma. Molte domande affollavano la sua mente. Chissà come stava, chissà se anche a lei avevano somministrato sostanze particolari. Magari non sarebbe stata usata come cavia, ma dentro il suo cuore c’era una forte fitta di paura.
Raggiunta la vetta lo spettacolo che si presentava era insolito. Lucinda era già stata lì e aveva i ricordi del posto molto chiari, eppure ciò che si presentava davanti a lei non coincideva con le sue memorie. Certo, i nastri della polizia saltavano all’occhio, ma ciò che colpiva di più era la completa mancanza delle colonne. Certo, erano antiche, ma le basi che aveva di fronte sembravano indicare che fossero state polverizzate nel giro di un istante. Era uno scenario spettrale.
Lucinda cammina sulle mattonelle incrinate, respirando l’aria rarefatta di quel luogo ormai sconsacrato. Aveva un sapore di bruciato, come se ci fosse ancora il fuoco impresso nelle rocce. Qualsiasi cosa fosse successo lì, aveva avuto effetti devastanti.
All’improvviso sente dei passi, e si volta. Paul l’aveva raggiunta, e lei gli sorride debolmente.
« Non so che idee hai tu su questa cosa, ma io non ne ho nessuna. Sembra un set costruito per un film dell’orrore. » Paul non sembra troppo colpito dalla sua affermazione, e lascia che il suo sguardo vaghi in direzione di Rupepoli. La giornata aveva il cielo terso e dalla loro posizione potevano vedere tutta Sinnoh. Si riusciva a scorgere persino il lago Arguzia, che scintillava sotto i raggi solari.
« Mi dispiace se non siamo riusciti a salvare anche tua madre. » dice all’improvviso lui, cogliendola di sorpresa. Lucinda si volta, per poi guardare anche lei la città.
« Non fartene una colpa. »
« Giorni fa non eri dello stesso avviso. » Lucinda si irrigidisce, piccata.
« Ero sconvolta, Paul. Sono un essere umano, sono stata tenuta in ostaggio. » lui torna a fare silenzio, sotto i suoi occhi. « Mia mamma è sempre stata il mio unico genitore, è ovvio che io sia preoccupata per lei. » fa una pausa. « Ma col senno di adesso, so che hai fatto la cosa giusta. Se fossimo rimasti probabilmente anche tu saresti un prigioniero, e magari anche tu saresti costretto a bere chissà quali sostanze perché muori dalla sete. » il suo viso si era rabbuiato un attimo, prima di tornare normale. « Ma ti ringrazio per avermi salvata. Sono felice che tu l’abbia fatto. » con una certa sorpresa Paul si sente prendere la mano, e rimangono un po’ in silenzio per un po’, guardando insieme il paesaggio. C’era pace tra di loro e nessuno dei due sentiva il bisogno di dire qualcosa. Avrebbe desiderato che quel momento non finisse mai.
Il professore aveva fatto le sue rilevazioni, e poi erano tutti scesi dalla montagna senza una parola. Rowan le aveva intimato di presentarsi a degli esami ulteriori tra un paio di giorni per vedere se le sostanze nel suo corpo fossero ancora presenti, e Lucinda aveva congedato con un sorriso Paul. Le dispiaceva separarsi da lui, avrebbe tanto desiderato tornare sulla cima se serviva a ricreare l’atmosfera che si era creata tra di loro. Era invece tornata da Esmeralda, che era stata felice di accoglierla. Nel pomeriggio avevano deciso di mettersi in contatto con Natsumi.
La ragazza era apparsa loro piuttosto affannata, ma contenta di vederle.
« Non potete capire, ho perso il conto di quanti Poochyena ho dovuto spazzare via! » esclama la ragazza, passandosi una mano tra i capelli, mentre le altre due ridono divertite. « Per fortuna le reclute del team Rocket stanno diminuendo, perché rischiavo di far saltare in aria mezza isola. »
« Non mi dispiace per loro. » commenta Esmeralda, provocando una risatina a Lucinda. Anche Natsumi ridacchia, più rilassata.
« Davvero, non mi ricordavo di quanto fossero fastidiose le reclute che sbucavano da ogni posto. » bofonchia, e simile frase fa pensare Esmeralda. Da quando c’era stato quel bagliore sul monte Corona, non si registravano più problemi che quei soggetti provocavano. Anche Giardinfiorito, meta delle reclute più pigre e lavative, non ne vedeva da un po’.
Una cosa simile era parecchio strana.

Natsumi chiude la chiamata, un po’ più tranquilla.
Non pensava che parlare con le sue compagne l’avrebbe risollevata così tanto. Certo, il ritiro del team Rocket era una notizia positiva, e Hoenn aveva adottato ottime misure di ricollocamento dei rifugiati, quindi il suo umore era decisamente migliorato.
Certo, Idro e Magma rimanevano comunque un grosso problema, ma togliendo i loro capi, le reclute diventavano facili da spazzare via una volta che si era preso il ritmo. La ragazza saluta Vera, scambiando due chiacchiere con lei. Questa le sorride, la aggiorna sulle ultime novità e prende la sua strada. E’ quasi saltellando che la ragazza raggiunge Drew, picchiettandogli divertita la spalla. Lui si gira nella sua direzione, sorridendole.
« Sei di buonumore. » commenta, e Vera invece di rispondergli mostra un fiore un po’ strano.
« Me l’ha dato Syed, ti ricordi, la bambina dell’altro giorno. L’ha fatto lei. » il ragazzo osserva la manifattura, ora che lo guardava meglio vedeva che era finto.
« Lo ha regalato a te e non a me! » esclama, fintamente piccato. « E dire che sono io che l’ho fatta ridere! » Vera si imbroncia.
« Non è vero, non prenderti meriti che non sono tuoi! » sbotta, ma le torna subito il sorriso. « Che stavi facendo? »
« Io e Roselia stiamo controllando delle decorazioni, presto ci sarà la festa di primavera e pensavo di farne una qui. Certo non sarà grandiosa, ma almeno aiuterà a mettere di buonumore la gente. » Vera sgrana gli occhi, stupita.
« E’ vero! Me n’ero completamente dimenticata! » Drew reprime una risata.
« Magari potremo trovare qualcuno che è capace di cucinare del pollo con spezie. » Vera sembra pensierosa, poi batte la mano contro il palmo.
« Ho conosciuto una famiglia che aveva un ristorante prima, potrei chiedere a loro. » dice, entusiasta, poi si china verso Drew. « Intanto prendo questo scatolone e ti aiuto. » dice, prendendo l’oggetto, senza che Drew possa fermarla. D’improvviso da essa esce Roselia, ovviamente stupito di tutto quel movimento. Vera lo guarda, sguardo che il Pokémon ricambia, e se ne stupisce.
« Te l’avevo detto che Roselia mi stava aiutando con le decorazioni. » commenta Drew, riprendendo la scatola nelle sue mani. Ora che ci faceva caso, il Pokémon stava cucendo delle ghirlande splendide.
« Scusa Roselia. » mormora, ma questi non sembra prestarle più attenzione, focalizzato sul suo compito. « Fa sempre così? » chiede a Drew, indicandolo, e lui annuisce.
« Quando è serio sì, che si tratti di una gara o di badare al resto della squadra, lui diventa sempre mortalmente serio. » Vera sorride.
« Meno male che non si prende cura della mia, di squadra. » commenta, abbassandosi, e osservando meglio l’operato. « Roselia è proprio bravo. » commenta, e poi volge lo sguardo verso Drew. Il ragazzo aveva una tale fiducia nei suoi Pokémon, e conosceva fin troppo bene le loro abilità. Era per questo che, passati i loro iniziali dissapori, lei lo aveva ammirato profondamente. D’improvviso alla sua mente torna cosa fosse venuto dopo simile sentimento, e si trova a scuotere la testa con energia. No, non doveva pensarci.
« Io vado a tentare di convincere per la preparazione del pollo. » dice, con un sorriso, cercando di non far arrossare troppo le sue guance. Troppo tardi, pensa, mentre si trova a fuggire da lì, cercando di mettere più distanza possibile.


« Non posso credere che hai davvero ritirato le truppe da Hoenn. » Daniel, ormai, sembrava una presenza fissa nella sua stanza. Iniziava a credere che dormisse nel suo letto e che mangiasse dal suo stesso piatto. Pensiero indecente, lo ammetteva, ma ormai era abituato a vederlo così spesso che gli faceva strano non trovarlo lì.
Il ragazzo lo aveva assistito in quei giorni, e con una certa stizza Silver doveva ammettere che era uno stratega migliore di lui. Era meno impulsivo, più calcolatore. Un leader perfetto a guidare delle truppe. Era strano che non avesse mai tentato di avere un team tutto suo, probabilmente sarebbe riuscito a soggiogare una regione o due.
« Era la scelta migliore da fare. » Daniel gli sorride.
« Non lo nego, ma mi sento offeso, avrei preferito saperlo da te e non da Atena. » la sua espressione è quasi teatrale, ma Silver non si scompone più di tanto. Ormai, vista la stretta vicinanza, si stava abituando al suo carattere.
Si dirige verso la scrivania, cercando di mettere distanza tra loro due, ma Daniel sembra non capire l’antifona e lo segue mantenendo sempre la stessa distanza.
« Quindi, quale è il piano? » Silver si volta nella sua direzione.
« Piano? Pensi che rivelerei a te i miei piani? » replica, scocciato, ma non sembra intaccare minimamente l’altro.
« Dovresti. » risponde lui, avvicinandosi ancora di più. « Tanto, ho i miei metodi per ottenere le informazioni. » è terribilmente vicino, e lui inizia a sentirsi soffocare.
« Allora usali. » dice, guardandolo negli occhi. Daniel sembra sorpreso dalla sua risposta, per poi allontanarsi da lui con uno sbuffo.
« Non sei per niente divertente! » esclama. « E’ una rottura andare a chiederlo ad Archer, con me parla continuamente per enigmi! »
« Non è un mio problema. » Daniel riprende la sua compostezza, sistemandosi la giacca, e gli si avvicina di nuovo.
« Presto lo diventerà. » mormora, a pochi millimetri dal suo viso, per poi congedarsi lasciandolo completamente senza forze. Non poteva certo permettersi di cedere a chissà quali capricci dell’altro, aveva un piano da portare a termine. Probabilmente avrebbe dovuto evitare di agire a Kanto, era un luogo parecchio controllato. Johto gli sembrava la soluzione migliore.
Richiama Milas, che si presenta alla sua porta con una velocità incredibile.
« Prendi metà delle tue reclute e dirigiti verso Amarantopoli. » ordina, e l’altro lo osserva perplesso. « Non mi hai sentito? » sibila, allora, e Milas sembra sussultare.
« Ho sentito, mi chiedevo il motivo di una simile mossa. » Silver assottiglia lo sguardo. Cosa credevano, che fosse un bambino che doveva rendere conto a loro di ogni mossa che faceva? No, aveva ragione Daniel. I generali lo consideravano un bambino, un pupazzo da manovrare a loro piacimento, lo dimostrava l’intervento a Hoenn. Ora, però, avrebbe dimostrato quanto valeva. Era arrivato il suo momento.
« Milas, ti ho dato un ordine. Eseguilo, con partenza immediata. » il suo tono di voce è più minaccioso di quanto vorrebbe, ma rende il suo stato interiore.
Era arrivato anche il loro momento.


« Siete dei nostri? » Magdalena sussulta, indecisa. I Capipalestra si erano presentati da lei, chiedendole attiva partecipazione al contrattacco. L’idea la preoccupava, ma la sua Espeon sembrava molto più combattiva di lei. Natsumi si era già unita al gruppo, e sembrava determinata a fare tutto il necessario.
Il pensiero va alla sua casa, in chissà quali condizioni, e alla sua famiglia ora al sicuro. C’erano altri allenatori, non avrebbe certamente combattuto da sola. Si sentiva ispirata in un ambiente simile.
« Sì, vengo anch’io. » Pat e Tel le sorridono lievemente, e lei prende la sfera di Lyph. Insieme si dirigono verso il luogo della riunione, dove si sono già radunati parecchi allenatori.
« Il piano è semplice. » è Adriano a prendere la parola, in sostituzione di Rocco. Questi era già vicino alla base del team Magma a tenere d’occhio la situazione. « Prenderemo la strada del passo selvaggio, perché la funivia è stata nuovamente bloccata. Arrivati sul monte Camino non potremmo fare altro che iniziare a lottare con tutte le vostre forze, il team Magma è quello più indebolito dalle ultime schermaglie, quindi sarà quello da prendere di mira. » tutti annuiscono e salgono sui loro Pokémon.
Natsumi sale in groppa al suo Salamence, sperando che il Pokémon non le tiri nessun brutto scherzo, e tutti prendono la via verso Cuordilava. Il paesino, nonostante i recenti conflitti, sembra essere rimasto intoccato. D’altronde viveva alle pendici di un vulcano attivo e probabilmente niente poteva turbarlo.
La salita verso la cima era costellata di reclute che cadevano come birilli ad ogni attacco. Farsi strada fino alla cima, a parte rari casi, non era difficile e passa mezza giornata prima che tocchino tutti la vetta. I restanti membri del team si erano chiusi dentro il loro rifugio insieme al loro capo, e sembrava non ci fosse verso di farli uscire.
« Questo è un bel problema. » sentenzia Rocco, facendo rientrare nella sfera metà della sua squadra. « Nessun attacco Pokémon sembra scalfire quelle porte, e non ho idea di cosa tentare. » Petra e Rudi si avvicinano entrambi al portone, incuriositi.
« Magari una mossa combinata di tipo Lotta potrebbe funzionare. » dice Rudy, tastando il metallo, ma Petra scuote la testa. « Qui stiamo parlando di Max, per quanto ne so potrebbe aver inventato un materiale nuovo e indistruttibile. » entrambi sospirano, scoraggiati, tornando a parlare con gli altri allenatori della faccenda.
« Potresti chiamare Ester, magari con i suoi spettri riuscirebbe a far aprire questa porta dall’altra parte. » Rocco sospira.
« Ester è rimasta ferita durante uno scontro con il team Idro un paio di giorni fa, è ancora sotto cura. »
« Peccato. » sospira Adriano, incrociando le braccia al petto. Lui voleva sbarazzarsi in fretta del team Magma e poi passare subito al team Idro, molto più pericoloso e minaccioso per la sua città, ma quel contrattempo rallentava tutti i suoi piani. « Hai altre idee? »
« Forse dovrebbe tentare di intavolare nelle negoziazioni. » mormora Rocco, ricevendo uno sguardo scocciato. « Almeno questo li farebbe uscire da lì. »
« Non ci pensare nemmeno! » sbotta.
« Ehi, almeno la mia era un’idea. » replica Rocco, tornando ad osservare quel portone. Sembrava un ostacolo alla pace e alla tranquillità che tutta la regione stava desiderando da parecchio tempo. Il sole stava iniziando a tramontare. Nonostante le giornate si erano allungate, in situazioni simili sembravano molto corte.
« Non siamo attrezzati per passare la notte qui. » commenta Rocco, osservando gli altri allenatori. « Io rimarrò qui di guardia, gli altri dovrebbero tornare a casa e riposarsi insieme alle loro squadre. » Adriano annuisce, riferendo la sua decisione agli altri allenatori. Questi erano ovviamente riluttanti ad abbandonare il campo di battaglia, ma con pazienza Adriano li aveva convinti a tornare lì la mattina successiva.
Solo dopo essersi assicurato che tutti abbiano preso il volo, si volta verso Adriano. « E tu non vai? » l’uomo lo osserva per un lungo istante, inarcando il sopracciglio.
« Ti sei già scordato che siamo venuti insieme perché io non ho Pokémon che possono volare? » Rocco batte gli occhi un paio di volte, confuso. Se n’era completamente dimenticato. Prende la Pokéball di Skarmory, e la passa all’amico.
« Trattamelo non troppo bene o ti si affezionerà troppo. » commenta con un sorriso, e Adriano non commenta, richiamando il Pokémon e salendogli in groppa.
« Se succede qualcosa contattami subito. » dice, facendo annuisce l’altro. Rocco lo guarda spiccare il volo, e poi torna a concentrarsi su quella insolita porta. Sembrava impossibile da sorpassare.
Sospira, pensarci lo avrebbe solo fatto sentire più stanco. Col calma l’uomo cerca un luogo protetto tra le rocce vulcaniche e ne fa un giaciglio. Non era il luogo più strano dove avesse dormito, e il tepore delle rocce vulcaniche creava un tiepido rifugio. Non ci aveva impiegato molto a prendere sonno, e non sa per certo quanto tempo sia passato quando sente tanti passi avvicinarsi. Il tepore del sonno svanisce presto, facendogli aguzzare le orecchie. La sua posizione era piuttosto nascosta dalla visuale del sentiero principale, ma gli permetteva di sbirciare chiunque si stesse avvicinando.
Non ci vuole molto perché Rocco veda il capo del team Idro, seguito dalle sue reclute. Non riesce a capire ciò che dicono, perché parlano in tanto e fanno parecchio rumore. Fa quasi ironia a pensare come un simile gruppo possa passare inosservato. Ivan sparisce dalla sua visuale, seguito dal resto del suo team, e Rocco si affaccia abbastanza in tempo per vedere la porta di metallo chiudersi silenziosamente dietro di loro. Una cosa simile era un problema.
Doveva contattare Adriano al più presto possibile.


« E’ parecchio strano. » commenta Aria, osservando il campo di erba alta che si stagliava di fronte a lei. Certo, il percorso che portava a borgo Foglianova non era il luogo più popolato della regione, ma era abituata ai Sentret che sbucavano da ogni fruscio.
Era già il secondo giorno che non ne vedeva nemmeno uno.
Un simile pensiero la metteva in agitazione, ma cercava di calmarsi. Probabilmente dovevano ancora uscire dal letargo, anche se erano a primavera inoltrata. Aria ricordava di come il team Rocket facesse bracconaggio con Pokémon selvatici, e visti i recenti eventi si ipotizzava un loro ritorno. Certo, mancava solo quello.
La ragazza sospira, facendo rientrare il suo Eevee nella sfera, e facendo rotta verso casa. Borgo Foglianova non era cambiata molto nei mesi in cui è stata via. Si era fatta dei nuovi amici, era migliorata nella lotta. Le mancava così tanto studiare che aveva ripreso il volume di storia Pokémon, e si era messa a leggerlo la sera precedente. Le mancava stare in classe con i suoi amici. Durante la sua passeggiata incontra Elis, che si era nuovamente arrampicata su un albero. Nonostante la ragazza non lo ammettesse, era il suo modo per rimanere vigile. Certamente dall’albero aveva una visuale migliore che dalla sua a terra.
« Tutto bene Elis? » la chiama, e ci vuole un po’ prima che l’altra ragazza le presti attenzione. « Vuoi che ti porto qualcosa da mangiare? »
« No. » brontola l’altra, sistemandosi meglio sul ramo. Erano passate ormai tre settimane da quando erano tornate a casa, e niente era successo. Sapeva da Aria che la situazione a Hoenn e Unima fosse tutt’altro che rosea, invece da loro stagnava una noia che finiva a soffocarla. Una parte di sé desiderava che succedesse qualcosa, che iniziasse un qualche tipo di lotta permettendole di sfuggire a quella routine odiosa. Sente lo sguardo di Aria ancora su di sé, ma la ignora comunque. Non aveva alcuna voglia di perdere tempo con lei, e certamente questa avrebbe capito l’antifona. Di certo non era come Kotone, che vedeva avvicinarsi sempre di più. Quella sì che era una scocciatura.
« Buongiorno Aria! » saluta infatti con entusiasmo questa, saluto che viene presto ricambiato dall’altra ragazza. « Come va? »
« Bene. » replica Aria con un sorriso, nella speranza che l’altra possa ravvivare un po’ l’atmosfera.
« E tu, Elis?! » Kotone alza la voce per farsi sentire, e una simile mossa nei confronti di una scontrosa come Elis sembrava sbagliatissima, eppure ciò che riceve è una risposta stizzita. Kotone sorride. « Non considerarla male, è solo molto scontrosa, ma non è cattiva. » Aria si lascia andare a un sorriso nervoso, Kotone aveva una visione positiva di fin troppe cose.
Lascia che l’altra ragazza intavoli una discussione, mentre si guarda intorno. Sembrava una giornata come le altre, almeno finché non vede una colonna di fumo levarsi nel cielo. Era piuttosto lontana, ma la scia nera era visibile anche ad una simile distanza.
« Elis! » urla, all’improvviso. « Lo vedi il fumo? » l’altra ragazza la guarda per un attimo, prima di muovere la testa in varie direzioni in ricerca di ciò che lei le stava indicando. Una volta trovata, la ragazza annuisce. « Da dove viene?! »
Elis si concentra, aguzzando la vista. Avrebbe facilmente pensato Fiordoropoli, ma il fumo era troppo distante dall’antenna della radio. « Amarantopoli. » dice, irrigidendosi. « Amarantopoli sta andando a fuoco. »

La città si era incendiata in poco tempo. Nonostante l’intervento tempestivo di Pokémon acquatici e di professionisti, il fuoco si era propagato fino alla torre Campana che i monaci stavano cercando disperatamente di salvare. C’erano persone che fuggivano da tutte le parti, odore di bruciato e urla disperate.
Angelo si era messo in prima linea a coordinare le operazioni di soccorso e contenimento del fuoco, e fortunatamente gli alberi inumiditi dalle recenti piogge che circondavano la città erano di grande aiuto. Certo avevano a che fare con quel terribile fenomeno da soli, ma almeno non avrebbe intaccato altre zone.
« Nicolas, prendi Feraligatr e unisciti ai monaci. Se perdiamo la torre Campana la nostra città sarà perduta per sempre. » suo fratello annuisce, e insieme al suo Pokémon inizia a farsi strada tra cenere e fiamme. Avrebbe dovuto usare anche Gible, ma nonostante fosse uscita dall’uovo già da diversi mesi era ancora molto restio ad usarla.
« Usa Idrocannone. » ordina al suo Pokémon, che obbedisce senza problemi, aprendo loro un varco verso la torre. L’incendio da quel lato della città sembrava essere più contenuto grazie allo sforzo dei monaci, ma c’erano ancora case che bruciavano. Al centro dell’incendio c’era il teatro di danza, di cui l’architettura tipica stava andando persa per sempre. Le kimono girl avevano messo a disposizione le loro capacità e stavano aiutando in diversi punti del posto.
« Mi ha mandato qui Angelo per controllare la situazione. » il monaco più anziano si inchina, per poi guardarlo.
« Il peggio qui è passato, sarei morto dal dolore se anche questo luogo sacro fosse stato ridotto in cenere. » Nicolas era a conoscenza dell’importanza della torre, nonostante non fosse benedetta dalla presenza di Ho-oh come quella bruciata, ma ormai era diventata un luogo di culto e come tale andava rispettata.
« Sono contento non sia successo niente. Sapete che potete rivolgervi alla mia famiglia per qualsiasi necessità. » il monaco si inchina nuovamente, raggiungendo poi gli altri, e Nicolas osserva il teatro continuare a bruciare. Ormai era l’unico luogo che ardeva, lì in mezzo, il che era molto strano. Con una certa stanchezza Nicolas torna nei pressi della palestra, vedendo Marina parlare col fratello. Doveva essersi preoccupata molto, ed era coperta di cenere.
Non era il momento per lui di intromettersi, quindi con calma il ragazzo si incammina verso il teatro. Per fortuna la sua casa sembrava essere rimasta intoccata, e quindi anche una parte degli esperimenti che Yukiko aveva affidato a lui. Meno male, temeva che se fosse successo qualcosa a loro, una volta tornata lei l’avrebbe ucciso – e non ci sarebbe stato nessun assortimento di sushi che l’avrebbe placata, temeva –. Le kimono girl si erano riunite intorno alla loro casa, vedendola bruciare fino alle fondamenta. Non poteva immaginare l’idea di perdere tutto così velocemente e in quella maniera.
Certo, Amarantopoli era fatta di legno e non era estranea agli incendi, ma Nicolas non aveva mai vissuto l’esperienza di finire in mezzo a uno di questi e perdere tutto. Avrebbe voluto offrire qualche parola di confronto, ma si rendeva conto di non averne nessuna in un momento del genere. Le ragazze, però, stavano prendendo la faccenda con grande dignità. Nessuna di loro sembrava particolarmente distrutta, anzi, tutte si erano impegnate a favore della città più che della loro stessa casa. Il loro spirito di sacrificio era incredibile.
Il rogo del teatro, ora identificato come origine dell’incendio, continuò fino a tarda sera. Le persone ferite e rimaste senza casa erano state dislocate a Fiordoropoli e Olivinopoli. Anche Mogania aveva offerto la loro disponibilità, ma la strada verso quel paesino era troppo tortuosa per essere raggiunta facilmente.
Erano rimasti solo lui e Angelo, insieme ai monaci e ai poliziotti, in tutta la città. Certo, Amarantopoli non era mai stata un luogo di divertimento sfrenato, ma quella sera aveva un’aria molto spettrale. Certo, la sua famiglia si specializzava nel tipo e lui stesso era cresciuto tra i fantasmi, ma non negava che l’atmosfera che permeava la città gli dava i brividi. Non c’erano le fiamme, certo, ma rimaneva ancora la tensione di tutta la giornata.
La polizia aveva riferito di aver trovato delle bombe incendiarie al teatro, che ovviamente avevano causato l’incendio, ma ancora non erano risaliti al colpevole. Angelo aveva contattato gli altri Capipalestra per sapere se avessero notato eventi strani, ma tutti gli avevano risposto negativamente. La routine delle loro città era intoccata.
« E’ un bel problema. » dice Angelo, guardando fuori dalla finestra. Avevano finito di cenare e stavano facendo una valutazione sommaria dei danni. Per fortuna nessuna vittima, ma parecchi feriti tra persone e Pokémon. « Al teatro non sembra ci fossero materiali facilmente infiammabili. » torna a dare un’occhiata alla lista del magazzino, forse gli era sfuggito qualcosa. Nicolas, seduto al pc a scrivere, alza il suo sguardo su di lui.
« Allora l’hanno appiccato. » dice, massaggiandosi una tempia. « Ma chi? » i due fratelli rimangono in silenzio, prima di riprendere le loro mansioni. Nonostante fosse impegnato a fare una lista di ipotetici danni, la mente di Nicolas vorticava furiosa. Anche se l’incendio fosse stato doloso, qualcuno avrà notato gente sospetta aggirarsi nei dintorni. Voleva credere che nessun abitante di Amarantopoli fosse così malvagio da distruggere la sua stessa città.
Una volta terminato con quel compito avrebbe dovuto consegnare alla polizia l’elenco degli abitanti, nella speranza che almeno uno di loro avesse visto qualcosa. Dal canto suo la mente di Angelo era spinta verso un’altra direzione.
Quello era sicuramente un attacco ai danni della città, probabilmente per mano di qualche team. Non si spiegava perché proprio Amarantopoli, però. Fiordoropoli aveva un’importanza molto più strategica. Il flusso dei suoi pensieri viene interrotto dal bussare alla porta, e uno dei suoi Haunter la va ad aprire. Entra un poliziotto con in mano una busta.
« Scusate l’ora tarda, Capopalestra Angelo. » dice, ma l’altro gli fa segno di non perdersi in formalità. « I primi rilevamenti al teatro sono stati completati e qui ci sono le prime analisi. » l’uomo fa una pausa. « Non sono buone notizie. »
Angelo prende in mano la busta e la apre, venendo presto raggiunto da Nicolas. I due fratelli leggono velocemente le informazioni, che non fanno altro che confermare i loro sospetti, poi l’attenzione di entrambi cade sulle foto successive ai risultati.
La fotografia ritraeva i resti del teatro, ma si focalizzava su dei particolari ordigni che a fuoco ormai domato spiccavano tra i resti, scintillando alla luce del tramonto. Sembravano fatte di acciaio, e portavano tutte un segno, in molti casi non molto integro. I due ragazzi si guardano, sapendo di aver pensato la stessa cosa. Era impossibile non riconoscere quel marchio.
« Non voglio crederci. » mormora Nicolas, sedendosi, e anche Angelo prende un lungo respiro, portando il suo sguardo sul poliziotto che li osserva serio.
« Purtroppo pare sia così. Quelle bombe portano il marchio del team Rocket. Sono tornati in azione. »





Mamma miaaaa, here we go again!

Commenti sul capitolo:

Sta andando tutto a schifio, ne sono consapevole. E non è manco la cosa peggiore che accade.
La Ikari è salpata e credo non la rivedremo mai più, ma la sottotrama delle sostanze serve solo a mettere un po' di tensione alla faccenda, non ci morirà nessuno. Per il resto a Hoenn la situazione si sta scaldando (ah ah è perché stanno su un vulcano quanto sono simpy) e nonostante il team Rocket non c'è più avranno la loro fetta di problemi.
E poi c'è Amarantopoli. Mi è pianto il cuore a scrivere di un incendio di un posto storico, e spero di non doverlo fare mai più, ma era purtroppo necessario come prova di potere. Ora che Silver sta nei giochi soprattutto.

Ringraziamenti:

Ringrazio un sacco quelli che leggono e che in un modo o nell'altro piacizzano questa storia ~

   
 
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