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Autore: _apefrizzola_    13/07/2019    8 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 45

NERO INCHIOSTRO
 
 
 
 



«Eri da Silente, Morgan»
«E tu come fai a saperlo, James?»
«Cosa ti ha detto?»
«Potreste smetterla di guardarmi così, prima di tutto?»
«Se ci dici cosa ti ha detto il Preside, Morgan, smetteremo di guardarti così»
«Quasi niente, non ha detto quasi niente. Ha fatto parlare solo me. Non state smettendo, comunquesiete inquietanti»
«Cosa gli hai detto, tu, allora?»
«Non credo sia una cosa che posso dire, James, lui mi ha detto di non dire niente a ness…»
«Hai due Capiscuola davanti, Morgan, di cui uno tuo Capitano»
«Sì, be', l’aura spaventosa di Silente supera i Caposcuola e il Capitano, James, con tutto il rispetto per la tua che, ti assicuro, è una signora aura e sta subito dopo quella di Silente, appiccicata sotto proprio…»
«Morgan, vuoi restare in squadra?»
«Che? James, vuoi vincere la finale delle finali a giugno?»
«…»
«Ecco, appunto. E perché vi interessa tanto?»
«Sei un nostro Compagno di Casa e Squadra, un amico, e i Serpeverde ti hanno fatto sparire per una notte intera, vedi un po’ tu»
«Ti dobbiamo ricordare anche che sei al cospetto dei Malandrini, Morgan? E che se ci dirai tutto noi provvederemo di conseguenza
«Mi sembra di ricordare quelle poche parole del Preside riguardo proprio voi quattro, Black»
«Ah, sì?»
«Qualcosa del tipo “l’abitudine alla scherzosa vendetta, dannosa di questi tempi” ed altre stronzate varie perché chiunque mi abbia fatto quello merita la Punizione delle Punizioni»
«Contalo come già fatto, Morgan».
Remus, seduto sul bracciolo della poltrona occupata da Liv, si chiese perché Sirius a diciottanni anni non avesse ancora imparato a contare.
I Malandrini erano quattro, era stato appena specificato, e non gli sembrava di aver dato alcun consenso a quella Punizione delle Punizioni. A giudicare dalle facce degli altri due membri, la votazione era una tranquilla e benedetta parità con Peter contrario come lui e James, ovviamente, braccio destro di Sirius.
«Silente mi ha chiesto come sono andate le cose, io gli ho detto che ci hanno attaccato alle spalle- vigliacchi, figli di Salazar- con doppi o forse anche tripli Schiantesimi. Prima me e poi Brian. Quindi non ho la più pallida idea di come ho fatto ad arrivare al Paiolo Magico».
«Paiolo Magico?» chiese Liv stranita, raddrizzandosi sulla poltrona «Non avevi detto Magie Sinister?».
«Magie Sinister? Scherzi, Liv? Non ho mai detto di essere finito da Magie Sinister»
«Sì che l’hai detto, c’era tutta la squadra testimone più Spinnet, Bell e Lily»
«No, James, ho detto Paiolo Magico, potrei giurarlo».
Gli sguardi di Remus e Lily fissarono Alan con così tanta intensità da metterlo di nuovo in soggezione. La tensione si poteva tagliare a fette, tutti loro continuavano ad essere tesi come corde di violino. Morgan si chiese il perché di tanto astio e a chi fosse rivolto.
«Io ricordo di essermi svegliato al Paiolo Magico, da Tom. Da lì ho preso la Metropolvere per andare a casa. Sono tornato a Hogwarts con i miei, Gazza mi ha aperto il cancello e sono corso dritto agli spogliatoi, da voi» raccontò sedendosi sul bracciolo del divano con tutta l’aria da ‘’vengo in pace’.’ «Non vedo l’ora di iniziare il corso di Smaterializzazione la settimana prossima» aggiunse poi, esternando i pensieri che l’avevano tormentato da quando si era risvegliato lontano chilometri da Hogwarts.
James lo fissò penetrante per diversi secondi prima di avvicinarsi cautamente a lui.
«Avevi detto Magie Sinister, Morgan»
«Devo essermi sbagliato. Capiscimi. Una Smaterializzazione Congiunta con mio padre dopo essermi risvegliato al Paiolo Magico, la corsa dal cancello fino al campo a stomaco vuoto e sottosopra, cinque minuti alla partita, tu dentro uno specchio… Per Godric, è stato uno shock!»
«Alan, ti hanno minacciato per non dire dove ti hanno portato?» intervenne Liv con il volto tremendamente serio e, se possibile, più furioso di prima.
«Cosa?» rise lui «Dopo aver passato un mese di minacce di Mani di Mazza pensi che mi lasci spaventare da qualcun altro? E chi poi? Di sicuro era lui, ci metterei la mano sulla Salamandra. Era una di quelle loro trappole per non farmi giocare, le loro solite bastardate, solo che stavolta sono stati più pesanti e chissà che cazzo di magia hanno usato, così potente da eliminare quella anti materializzazione di Silente»
«Se così fosse saremmo in pericolo tutti in questo momento, Morgan» esordì Remus per la prima volta, lo sguardo ambrato ancora particolarmente pensieroso «Nessuno ha eliminato quegli incantesimi di difesa. Silente non se ne starebbe di certo seduto nel suo ufficio in questo momento, se così fosse»
«Per non parlare dell’enorme difficoltà che comporta sciogliere quegli incantesimi» convenne con lui Lily, altrettanto assorta e dura da dietro la spalliera della poltrona con una Mary a braccia conserte.
«Nemmeno Voldemort può, figurarsi Flint o uno studente qualsiasi» continuò Lily osservando il volto di Alan accartocciato dalla parola innominabile.
«Quindi da Hogwarts è finito al Paiolo Magico, come? Capite che non è possibile?» fece il punto della situazione Mary portandosi un’unghia tra denti senza nemmeno accorgersene.
Remus scosse debolmente la testa, il suo tipico sguardo da cervello in azione puntato sul tappeto rosso e oro.
«Alan, Harrison ha detto che ti hanno trascinato dentro l’aula al primo piano. Giusto?»
«Presumo di sì, Remus, se l’ha visto lui. Io ero svenuto»
«In realtà è possibile uscire dal castello, con dei passaggi segreti» fece James sistemandosi gli occhiali sul naso, la mascella serrata con forza «Ce ne sono diversi, pensavo li conoscessimo solo noi».
Lily arcuò le sopracciglia vermiglie, Alan notò il suo collo irrigidirsi ulteriormente chiedendosi ancora una volta il perché sembrassero tutti pronti ad uccidere qualcuno.
«Un passaggio segreto che li ha portati a Diagon Alley, James?» fece Lily piuttosto scettica «Molto improbabile attraversare l’intera Gran Bretagna con una sola notte di cammino sotto terra»
«Hogsmeade, Evans, portano tutti lì i passaggi segreti che conosciamo noi» informò Sirius poggiando la schiena sulla mensola in pietra del camino senza sfilare le mani dalle tasche dei jeans.
Lily e James si scambiarono uno sguardo, la passeggiata dalla cantina di Mielandia alla gobba della Strega Orba a passare nei loro occhi seri ma complici e in quelli semplicemente imbarazzati di Peter.
Nessuno se ne accorse a parte lui e Alan che da quel momento in poi pensò davvero di essere davanti ad un gruppo di Auror o qualcosa del genere.
Restò a guardarli ed ascoltarli, allibito dalla loro organizzazione come se la questione si trattasse di una vera e propria missione con in ballo la vita o la morte.
«A Hogsmeade ci si può Smaterializzare. Questo sì che torna» mormorò Remus lanciando un’occhiata a James che annuì.
«Smaterializzazione Congiunta, per trasportare un corpo svenuto» precisò Liv ricambiando lo sguardo d’intesa di Sirius «Dev’essere qualcuno del nostro anno che ha superato l’esame»
«Piton»
«Piton era nella Foresta, Peter» gli ricordò James con il volto trasfigurato da un’espressione di puro odio.
«Mulciber e Avery erano in Sala Grande»
«Mancavano Regulus e Mani di Mazza»
«Entrambi del sesto anno, niente Smaterializzazione»
«Allora la Metropolvere. Bisognerebbe chiedere a Rosmerta o alla Testa di Porco se hanno visto qualcuno…»
«Non sono scemi, James»
«Quanto li odio»
«Hanno di sicuro scelto un luogo meno affollato, una casa, per esempio»
«Andiamo a chiedere a tutti? È da pazzi»
«Sì, ma…» s’inserì Alan, sconcertato «tutto questo casino per eliminare un giocatore ad una partita?»
«Sì, Morgan, tutto sto casino per eliminare un giocatore che si è portato a letto la ex di Mani di Mazza». James mise prontamente a tacere i suoi dubbi per sviarlo, quasi si erano dimenticati della sua presenza.
Alle sue parole Alan alzò le mani, zittendosi e dandogli mentalmente ragione.
«Bisogna trovare il passaggio segreto in quell’aula al primo piano altrimenti tutto questo non si spiega» riprese Liv.
«Da quanto ne sappiamo non ci sono passaggi segreti in quell’aula» le assicurò Remus abbassando lo sguardo su di lei, dando a tutti la spiegazione del suo viso poco convinto per tutta la teoria appena messa in piedi proprio come gli altri tre Malandrini che conoscevano Hogwarts come le proprie tasche, ormai.
«Vado io a controllare» disse comunque Sirius, staccando la schiena dal camino. Fu bloccato subito dopo dalla voce di Lily che si rivolse di nuovo a Alan, il suo sguardo smeraldino pareva spietato tanto era freddo.
«Dimmi di Piton. Perché non è ancora uscito dal Castello?».
Ed eccola la domanda che li aveva resi così tesi e scontrosi. La domanda che si era fatto Peter mentre dal divano controllava le coppiette sulla Mappa del Malandrino, la domanda che l’aveva spinto a disturbare l’appuntamento di Lily e James. La domanda nata dalla convinzione che Piton sarebbe stato espulso, dopo l’attacco a James.
Per questo erano rimasti calmi, per questo non erano andati a cercarlo, per questo Sirius aveva tenuto i pugni nelle tasche.
Perché non c’era soddisfazione e vendetta più grandi nel vedere Piton, quello che dal primo anno aveva tentato in tutti i modi di far espellere i Malandrini, sbattuto fuori da Hogwarts.
«Come fate a sapere queste cose?» rispose Morgan sempre più basito.
«Siamo…»
«Capiscuola, certo. Piton è entrato dopo di me nell’ufficio del Preside. Sono rimasto ad ascoltare dietro la porta per assistere all’espulsione del secolo ma niente, non l’ha espulso».
Il silenzio agghiacciato seguì l’informazione. Gli occhi spalancati di Alan Morgan saettarono sui pugni serrati di Sirius dallo sguardo quasi diabolico.
«Come, scusa?» esordì James in un tono al limite della pazzia.
«Non l’ha espulso per ‘’mancanza di prove”».
La risata scioccata di Lily, palesemente furiosa, mise i brividi a tutti e non solo ad Alan.
«Scherzi? Ho detto alla McGranitt, chiaro e tondo, che sul suo Pozioni Avanzate c’è la formula della Fattura che stava per fare fuori James!» ruggì, il cuore a batterle nel petto con un vigore così eccessivo da spaventare perfino se stessa.
«L’hanno sfogliato, li ho sentiti, e il manuale di Pozioni era pulito»
«Ovviamente deve aver nascosto tutto» sputò con uno sprezzo mai sentito uscire dalle sue labbra.
«Silente in persona l’ha analizzato con ogni sorta di contro incantesimo e niente, sembra una copia quasi nuova».
L’attenzione dello sguardo di Morgan dai suoi verdi occhi irosi fu di nuovo rapita dai pugni adesso tremanti di Sirius e dal respiro affrettato di James che gli alzava ed abbassava il petto a brevi tratti irregolari.
«Ha nascosto il suo per prenderne un altro, allora» sentenziò con assoluta convinzione Lily, algida «oppure è di qualche suo amico»
«Non può aver nascosto niente perché Lumacorno è andato a perquisire la Sala Comune dei Serpeverde e tutti i dormitori. Tutti i suoi amici avevano il Manuale e non è stato trovato nessun’altro Pozioni Avanzate a parte quello che Piton ha portato dal Preside con tanto di firma nella prima pagina»
«Quel bastardo» sibilò Liv, le unghie conficcate sul bracciolo libero della poltrona.
Il respiro affannato di James ormai era più che udibile e il volto di Sirius si era fatto una maschera di inquietante follia.
«Beh, io vado a cena» esalò Alan alzandosi cautamente dal divano come se avesse a che fare con delle belve selvatiche «È stato un piacere. Giuro che l’anno prossimo mi comprerò la cintura di castità».
Se ne andò lentamente, a ritroso, per evitare scatti da parte dei sette compagni di Casa in evidente stato di pre-assassinio.
Li lasciò immersi in quel silenzio che parlava.
C’era tanto da dire sulla sparizione di Alan Morgan. C’era quell’aula al primo piano da controllare, quel ‘’Magie Sinister’’ cambiato in “Paiolo Magico” sicuramente da un incantesimo di modifica della memoria ben eseguito. Ma c’era anche Piton, Piton con ancora il diritto di respirare la loro stessa aria ed era come se tutto il resto non avesse importanza.
Tutti videro la follia trattenuta da un giorno e mezzo di Sirius esplodere nella prima lunga e decisa falcata verso il buco del ritratto.
«FELPATO!» gli gridarono all’unisono James e Remus, la stessa spaventosa sensazione di essere di nuovo al quinto anno a contrarre le viscere.
Nello stesso momento in cui James iniziò a camminare a passo spedito e colmo d’urgenza per fermarlo- perché più importante della soddisfazione di distruggere Piton c’era non rendere Sirius un carcerato- Liv lo superò più decisa che mai.
James pensò di fermarla, per evitare altri guai, ma non lo fece.
Proprio davanti al retro del ritratto della Signora Grassa, che si aprì per farli uscire, qualcosa gli suggerì che la forza che la stava spingendo da Sirius era la stessa che stava spingendo lui.
 
 
 
 
 
 
*
 
 

 
 



 
Il cuore batteva allo stesso ritmo affrettato delle scarpe nere che si susseguivano sul pavimento in pietra.
Batteva d’orgoglio o paura, sollievo o angoscia, potenza o tristezza. Batteva ed era tutto quello che contava.
“Siamo stati messi al corrente della fattura che poteva uccidere il signor Potter, Severus. Ci è stato anche detto che sei stato tu a crearla e che il tuo manuale di Pozioni dovrebbe riportare la formula esatta scritta a mano. L’hai portato come ti ha ordinato il tuo Direttore?”.
Lily. Non poteva essere nessun’altro quel qualcuno. Lily Evans l’aveva tradito.
Lily Evans l’aveva tradito per difendere Potter.
Lily Evans l’aveva addirittura salvato, James Potter. L’aveva vista con i suoi occhi neri come il buio della Foresta, tra i cespugli più fitti.
L’aveva vista inginocchiarsi senza alcun riguardo o tentennamenti sulla neve, sotto shock.
Aveva visto i suoi occhi verdi lucidi, le labbra aperte per tentare di respirare, le mani sporche di sangue, la bacchetta e la voce tremula, più spaventata di quanto ci si dovesse aspettare da lei che l’aveva sempre odiato, James Potter.
“Hai un debito con lui, Severus, non dimenticarlo. Ed un accordo con me, ricordati anche questo. Puoi andare adesso”.
Era micidiale tristezza quella che faceva pompare il cuore così forte, così dolorosamente. Piton si sentiva morire come la sua cerva d’argento, al solo ricordo.
Accelerò la camminata cercando di stare al passo del cuore, e stringendo in una mano il nuovo Pozioni Avanzate preso dall’angoliera dell’aula di Pozioni sorrise, scaltro.
Sorrise perché era fiero di se stesso, perché aveva fregato Lumacorno, il Preside, Lily Evans e chiunque si sarebbero trovato di fronte allo sconosciuto ‘’Principe Mezzosangue” sulla prima pagina di un logoro manuale non proprio dimenticato in quell’armadietto dietro la cattedra che nessuno apriva mai, sempre in disordine e pieno zeppo di altri libri.
Quello che scorreva senza sosta nelle vene insieme alla tristezza era orgoglio per quel soprannome enigmatico trovato di fretta, lo stesso orgoglio e la stessa fierezza che gli facevano raddrizzare la schiena ogni volta che si trovava spalla contro spalla con Avery, Mulciber e Regulus.
L’orgoglio di essere quello che aveva sempre voluto essere era l’unica cosa che lo faceva sentire vivo in quel vortice di rabbia ed angoscia, di vuoto che c’era sempre stato dentro il corpo che non sentiva più suo e che era pronto ad abbandonare per mostrare a tutti quello nuovo.
Lily non capiva, Lily non aveva mai capito quella parte di lui.
Svoltando nel corridoio a sinistra, una fitta lancinante alla testa e il tipico rumore di ossa incrinate gli fece serrare le palpebre ed andare a sbattere sul muro.
Quando riaprì gli occhi lucidi per il dolore acuto, Piton vide davanti a sé Sirius.
Annaspò, sbattendo le palpebre pesanti e brucianti, la vista annebbiata, l’odore e il sapore ferroso del sangue nelle narici insensibili e sulla lingua impastata. Tentò di recuperare la bacchetta ma una mano gli strattonò violentemente il braccio via dalla veste.
Riconobbe la luce negli occhi brucianti di Black, era la seconda volta che la vedeva.
 
“Gira a largo, Mocciosus”
“Qualcosa ti turba, per caso?”
“Il tuo naso che si ficca nei fatti degli altri è più di un qualcosa. Perché sei qui? Stai di nuovo spiando Remus?”
“Forse ti turba il fatto che l’altro giorno Regulus era con noi, per esempio? Improvvisamente ti ricordi di avere un vero fratello. Curioso il funzionamento ad intermittenza del tuo cervello, Black”
“Mi complimento con lui per i gusti di merda nello scegliere gli amici. Riferisciglielo al vostro prossimo pigiama party”
“Scommetto che il vostro è stanotte
“Ce la farai, stavolta, a seguirci più in là delle Serre o hai ancora troppa paura del buio? Per raggiungere il Platano e pigiare il nodo sul tronco con un bastone ci vuole così poco… ma lo capisco, sei un Serpeverde, sei tu”.
 
«Uccidimi, Black, avanti!» lo istigò con voce nasale strizzando i piccoli occhi neri per il lancinante dolore insopportabile. «Finisci quello che volevi fare due anni fa! Adesso non c’è quel codardo di Pot…».
Un altro pugno lo colpì al viso, sul mento. Le nocche dure e spietate contro il suo osso, la testa sulla pietra del muro.
«Chi è l’assassino che avant’ieri si è nascosto nel buio della Foresta per attaccare, eh?! Chi è il codardo!?» ruggì affannosamente Sirius mentre il sangue gli pulsava anche nelle orecchie, gli occhi spiritati tra i lunghi ciuffi di capelli neri e i denti in mostra a farlo sembrare la versione più spaventosa della sua forma canina.
«Non avete le prove» sibilò con sempre meno voce Piton, scivolando sul pavimento. Si sentì afferrare per il maglione prima di toccare terra e risollevare con forza fino ad arrivare davanti al volto trasfigurato dall’ira folle di Sirius.
«Possiamo trovarle e lo sai o non avresti questa faccia di merda che hai sempre quando hai paura, ovvero quando ci hai davanti» ringhiò in un tono derisore e disgustato al contempo.
«E io posso dire a tutti cosa in realtà ho trovato sotto il Platano» sputò Piton ad un centimetro dal suo naso, i lunghi capelli neri a nascondergli la faccia insanguinata, ma non le sottili labbra stirate in un sorrisetto beffardo anche se sofferente. «Le vostre prove e la mia espulsione sarebbe assicurata, vero, ma non avrei più motivo di tenere la bocca chiusa».
E il dolore divenne accecante. I forti pugni di Sirius si scontravano sulla sua faccia senza sosta, il sangue ad invadergli la bocca. Due voci gli arrivarono ovattate alle orecchie e poi il nulla.
«Basta, Sirius! Questo è abbastanza!» gridò James afferrandolo per le spalle con una certa difficoltà.
«Non è mai abbastanza quando si tratta di lui!» annaspò Sirius cercando di liberarsi dalla ferrea presa di James come un pericoloso animale braccato. I suoi occhi spalancati ancora fissi sulla figura svenuta di Piton facevano intendere la totale mancanza di senno, del controllo, di un pensiero che non fosse quello di vederlo morto perché aveva pensato di poter uccidere Liv e poi James e non meritava altro.
«Lo so ma è abbastanza quando tu passi dalla ragione al torto! Ci siamo già passati, o sbaglio? Non sei un assassino e non voglio che lo diventi, mi sembra di avertelo fatto capire già una volta!»
« che lo sono, James!»
«Non lo sei e lo sai anche tu». La voce ferma di Liv gli parlò arrogantemente sopra, immobilizzandolo internamente.
James la ringraziò mentalmente mentre la belva che teneva stretta si fermava.
Sirius portò lo sguardo spiritato su di lei, il fiatone ad uscire a tratti ansiosi dalle labbra schiuse, stupite.
«Non sei un assassino» disse ancora Liv, senza scomporsi nonostante quello sguardo bruciante fisso su di lei.
«Lasciami stare, Olivia, non puoi parlare dal tuo pulpito allo stesso livello del mio» ringhiò trucidandola con gli occhi mentre riusciva a liberarsi dalle braccia di James. Fece per scaraventarsi addosso a Piton, ma la presa calda della mano di Liv attorno alla sua lo frenò; il contatto parve rallentargli il cuore frenetico nel petto, togliergli quella rabbia che offuscava gli occhi e la mente quando perdeva il controllo.
"Ogni qualvolta sarai in difficoltà starai con me?"
«Pensi davvero che potrei lasciarti da solo con tutto questo?» gli chiese. La voce di Liv era morbida tanto quanto la presa delle sue dita ed il sangue sotto quel tocco si fece bollente, ma sembrò rallentare. «Proprio perché sto in questo pulpito so perché lo vuoi fare, so che non riesci a pensare ad altro e so che se lo merita, ma tu non sei questo . Altrimenti perché te ne sei andato via di casa?»
Un bagliore fugace passò attraversò i colpiti occhi grigi adesso fissi su Liv dall'espressione intensa addosso a lui come se gli stesse imprimendo ogni parola sottopelle, con lo sguardo.
«E non ti lascio, né adesso e nemmeno nel senso generale del termine. Chi dice che non si può stare con qualcuno se non sei a posto con te stesso sbaglia. Non voglio lasciarti da solo al tuo casino, al tuo inferno. È troppo facile stare con qualcuno quando tutto è a posto
Sirius, stordito, non riuscì a distogliere gli occhi da lei e non voleva nemmeno. Il cuore, sotto le sue dita, era tutto ciò che lo teneva sveglio.
«Non siamo sposati, Olivia». La voce era affannata, non del tutto stabile come i bei lineamenti del suo viso. Liv capì che stava per sorridere. 
«Merlino me ne scampi e liberi» sospirò lei con altrettanto affanno, mal trattenendo gli angoli delle labbra.
E a quella sua risposta, un ampio sorriso si stampò sulla faccia di Sirius. Liv lasciò andare il suo, subito dopo coperto dalle labbra di lui che con entrambe le mani le tenne dolcemente il viso; le dita di Liv ancora attorno al suo cuore.
James, piuttosto sconvolto dal repentino cambiamento d’umore dell’amico, sorrise incredulo indietreggiando lentamente come incantato da quella strana visione prima di girarsi ed allontanarsi scuotendo la testa, felice per lui, per lei, per loro.
Li lasciò a baciarsi, a ritrovarsi e riprendersi per l’ennesima volta.
«Però fargli Evanescere i vestiti non fa di noi degli assassini» le mormorò sulle labbra Sirius mentre riprendevano fiato.
«No, infatti» mormorò lei in una bassa risata che sapeva tanto di intesa e complicità. La scintilla negli occhi scuri gli strinse piacevolmente lo stomaco, riportandolo a baciarla lentamente e con più intensità.
Si allontanarono da lì scavalcando con due falcate il corpo in mutande di Piton; dei suoi vestiti nessuna traccia a parte quelli dentro il baule nella sua stanza cinque piani più giù.
Scapparono come due fuggitivi con Gazza alle calcagna, seminato grazie al passaggio segreto dietro l’arazzo in cui stettero parecchi minuti con le labbra di nuovo incollate, i corpi uniti, gli sguardi luminosi anche al buio, i sorrisi aperti non solo per il divertimento, ma anche per un’emozione così grande da non lasciare parole, fiato,coraggio.
Decisero di andare a controllare insieme l’aula misteriosa al primo piano, trovando Regulus mentre usciva di soppiatto. Quando i suoi occhi grigi incontrarono quelli di Sirius, il Serpeverde si immobilizzò con le spalle alla porta chiusa.
«È così, allora, che sei riuscito a sopravvivere qui per sei anni» esordì Sirius con il suo miglior tono sarcastico, lo sguardo improvvisamente imperscrutabile «raggiungendo Londra ogni sera per farti pulire il culo da mamma»
«Oh, ma certo» si limitò a dire Regulus puntando le mani intrecciate di Liv e Sirius che abbassando lo sguardo si accorsero soltanto in quel momento di essersi presi per mano senza sapere quando.
Nessuno dei due mollò la stretta, anzi, Sirius la rafforzò.
A quel gesto particolarmente intimo, le labbra di Regulus si arricciarono in una smorfia di indecifrabile interpretazione.
«Se soltanto la mamma lo sapesse…»
«Ti prego di dirglielo»
«Questo dimostra che non hai paura che possa succederle qualcosa» replicò il Serpeverde indicando con un altero cenno del mento una Liv silenziosa e dallo sguardo ferino «ma che ce l’hai per il puro gusto di infastidire i Black, come hai sempre fatto con tutte le cose»
«Sa difendersi da sola e morirei per difenderla, grazie per l’interessamento alla sua incolumità, ma non ce n’è bisogno» fece Sirius con micidiale ironia mentre le dita di Liv stringevano le sue come mai prima. Le accarezzò il dorso della mano con il pollice e continuò.
«Tu pensi che ogni cosa che faccia sia per infastidire voi, non hai capito che tutto quello che faccio va contro il vostro volere perché è quello che sono. Io sto con Olivia perché è quello che voglio, non perché farebbe impazzire del tutto un’isterica ossessionata dal sangue puro. Non mi aspetto che tu lo capisca, Regulus, non hai mai fatto niente per te stesso»
«Questo lo dici tu». Il sibilo di Regulus fu tagliente quanto i suoi occhi chiari assottigliati, accesi da una luce che appariva a tutti gli effetti come intensa fierezza.
Liv sentì la mano di Sirius scivolare via dalla sua, vide il suo profilo indurirsi, l’occhio grigio spalancarsi leggermente. Lo trattenne portandosi l’intero braccio addosso in una muta richiesta di mantenere la calma, di non buttarsi di nuovo nel buio che anche lei conosceva bene, di lasciare Regulus libero di dire la verità se voleva davvero capire se ne valeva la pena o no. Lui la lasciò fare,  sentendosi più controllato, e parlò ancora.
«Cos’hai fatto, Regulus?» chiese lentamente, la giugulare meno gonfia sul lungo collo. Ma il sorrisetto del fratello lo portò al limite e Liv lo percepì sotto le dita.
«Lo scoprirai, prima o poi» si limitò a dire Regulus, beffardamente vago.
«Basta» sbottò con fermezza. Ed in quel “basta” Sirius si riconobbe pienamente.
Basta era tutto quello che il suo corpo, la sua mente, le sue viscere, il suo cervello e il suo cuore non facevano altro che gridargli da mesi.
Basta era la fine di una tortura che per mesi non aveva avuto il coraggio di fermare per la paura di sapere o forse perché, in fondo, pensava di meritarsela.
«Dimmelo e facciamola finita, Regulus, voglio soltanto...» gli disse in un sussurro frustrato afferrando con il braccio libero la spalla di Regulus che scattò, per la prima volta visibilmente furioso a quel contatto. Sirius lo guardò perlpesso, non capendo qualle strana reazione esagerata.
«Sì, sono un Mangiamorte» sibilò Regulus con sfida, liberandosi dalla stretta senza distogliere lo sguardo dagli occhi spalancati del fratello dal volto pallidissimo, atterrito, orripilato.
Restò immobile, Sirius, incapace di muoversi, di respirare, di pensare. Lo sguardo raggelato inchiodato a quello che non riconosceva più come suo fratello.
Non sapeva ben definire la sensazione di vuoto e odio che cominciò ad allargarsi dal centro del petto come una macchia d’inchiostro nerissimo.
Aveva agognato quella verità che da sempre l’aveva consumato fino al midollo giorno e notte, da anni, da quando aveva visto Regulus frequentare Piton e la feccia vera di quella banda; la verità che gli era stata finalmente sbattuta in faccia ed improvvisamente si rese conto che era inutile allontanarsi dal buio, il buio l’aveva raggiunto ed inglobato perché il buio era Regulus che aveva tagliato il filo non poi così indistruttibile, il buio era lui che lo aveva permesso.
«Sirius» lo chiamò con voce decisa Liv per non farlo cadere nel baratro mentre Regulus si allontanava da lui di qualche passo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi gelidi di Sirius che lo guardava dall’alto dei suoi centimetri in più, altero come mai lo era stato con lui.
Regulus ebbe la sensazione di essere nel corpo di sua madre, suo padre, Kreacher, Bellatrix e tutti gli altri parenti sentendo addosso il vero odio e disprezzo di Sirius.
Percependo anche la sua vera delusione riprovò la sensazione di essere nel corpo del ‘’fratello di Sirius”, quella che da piccolo l’aveva fatto sentire al sicuro anche davanti alla scala dell’ingresso a Grimmauld Place.
La verità, però, era che quello stesso corpo era ormai soltanto un guscio vuoto diventato tropo stretto.
Ricambiò tutto con uno sguardo identico al suo perché ogni cosa che Sirius aveva fatto non lo rispecchiava, non la condivideva e disprezzo, odio e delusione non erano una sua prerogativa.
Lui disprezzava Sirius per il suo continuo sputare sulle regole del Sangue Puro, per il suo voler seguire Albus Silente, per essersi fatto degli amici traditori del proprio sangue, babbanofili, Ibridi, Nati Babbani.
Lui era deluso da Sirius per il suo essere finito a Grifondoro, per il suo chiamare ‘’fratello’’ qualcuno che non era lui, per essere scappato di casa.
Odiava Sirius perché sapeva che rinnegando i Black avrebbe rinnegato anche lui. Sirius lo sapeva, sapeva a cosa sarebbe andato incontro, eppure l’aveva fatto.
Diede le spalle ad entrambi i Grifondoro e si allontanò a passo svelto, addirittura fiero.
Fiero. Regulus era fiero e Sirius sentì la rabbia di anni ribollire fino al cervello. Risentì la voce di sua madre che parlava di sangue puro e sangue sporco, quella di suo padre ricordargli il comportamento corretto da mantenere in ogni situazione, Bellatrix che ogni estate aggiungeva elogi in più al suo Signore Oscuro fino a guardare lui e Regulus come ''i prossimi".
Fece uno scatto rabbioso nella direzione del fratello ormai in fondo al corridoio, ma Liv lo fermò posandogli le mani sul petto vuoto d’ossigeno, sentendo dolore e delusione nel cuore martellante, dentro gli occhi grigi lucidi quando si abbassarono sui suoi, storditi da quel tocco. Erano furiosi e l’evidente tremolio faceva pensare a lacrime trattenute.
Era rabbiosamente spaventato, Sirius, fuori di sè. Ma non fece più nessuno scatto. «Avrei dovuto trascinarlo con la forza e portarlo da James, due anni fa, invece di chiederglielo e basta» sussurrò, tra i denti serrati.
«Come tu sei scappato da Grimmauld Place, lui sarebbe scappato da casa Potter. Noi due sappiamo benissimo che è impossibile costringere qualcuno a vivere in un posto non suo. E non è colpa tua»
«Come fai a dirlo?» le chiese in un ringhio senza fiato, sentendo ogni parte di lui cedere dal dolore e dalla furia, lo stomaco far male.
«Regulus non ha una cicatrice sul costato data dal tagliacarte in argento di tuo padre».
Quella risposta immerse Sirius in un silenzio colmo d'angoscia, la furia a rimbombare ancora nel petto sotto le mani calde di Liv. Regulus non aveva cicatrici, non aveva mai ricevuto uno schiaffo, non aveva mai fatto o detto qualcosa contro il volere o le idee dei suoi genitori.
«Si è sempre comportato da figlio perfetto, il migliore, non poteva di certo scappare di casa»
«Non voleva. Non è che non poteva, non voleva. Tu gliel’hai chiesto, Sirius, lui ha deciso»
«Perché non sono riuscito ad evitargli il lavaggio del cervello!» ruggì con voce più alta, quasi disperata.
«Il lavaggio del cervello l’hanno fatto anche a te, eppure guardati» gli disse Liv con grintosa veemenza, nella voce bassa una calda nota supplicante. Soffriva a vedere Sirius soffrire . «Tu sei stato in casa fino ai suoi quindici anni, Sirius. Regulus aveva due strade, grazie a te, ed era abbastanza grande per capire. Non credo sia stupido e nemmeno un tipo facile a lasciarsi condizionare dagli altri visto il suo essere contrario a mozzare le teste degli elfi, visto come tratta Kreacher».
Lo sguardo furioso di Sirius, offuscato dalla rabbia, non sembrava convinto e una punta di colpa galleggiava in quel grigio turbinoso. Era pronto a ribattere, a lasciare che quell'oscurità lo mangiasse vivo.
L'unica cosa che Liv sentì di fare fu quella che lui stesso aveva fatto per lei, la sera prima.
Lasciò scivolare via le mani dal suo petto impazzito per arrivare alle sue spalle e circondargli il collo, alzandosi sulle punte per abbracciarlo.
Lo sentì sciogliersi all'istante contro di lei, circondarla con le sue lunghe braccia che si aggrapparono alla sua vita con intensità.
Le fermarono per un attimo il respiro, facendole sentire quello di lui contro i capelli e poi sulla pelle del collo quando Sirius, affondando il naso, intensificò la dolce stretta come se la sua sopravvivenza dipendesse da quel contatto.
Le mani di Liv, arrivate alla nuca avevano l’incredibile potere di calmarlo nonostante la rabbia, pronta a travolgere tutto. Liv percepì le sue labbra sfiorarle l'incavo del collo, premere piano nel punto dove il cuore le batteva, solo per lui da sempre. E poco dopo sentì Sirius soffiare via piano l’aria come se l’avesse trattenuta per troppo tempo. Il suo cuore, lei lo sentì contro il suo, da martellante rallentò.
«Non è facile lasciarlo andare»
«So benissimo che non lo è».
A Liv tremò appena la voce, il volto di suo padre a galleggiarle nella mente, e Sirius la strinse ancora più forte a sé.
Rimasero stretti per un periodo di tempo incredibilmente lungo, i loro dolori simili a mischiarsi fino a non capire se la sofferenza provata fosse ancora per loro stessi o per quella dell’altro.
Liv aspettò che fosse lui a decidere di sciogliere l’abbraccio, dandogli tutto il tempo necessario per metabolizzare e riprendersi, per sentirsi di nuovo stabile.
Quando Sirius lo fece, minuti dopo, lasciò la sua giugulare e si guardarono negli occhi lucidi. Quelli di Sirius erano arrossati e sulla guancia erano ben visibili scie umide che Liv asciugò con i polpastrelli di una mano e poi con le labbra, sfiorando la sua pelle. Sentì Sirius fremere sotto , le sue mani ai lati dei fianchi morbidi tremare ed affondare, scaldarsi e stringerla con urgenza e desiderio, ma anche sollievo come se potesse trovare la pace in lei.
Erano lacrime incredibilmente pesanti quelle sul suo bel volto, lo sfogo di una ferita repressa che si era riaperta, l’espressione involontaria di sentimenti profondi non più possibili da sopprimere.

 
 
 

 
 
 
*
 
 
 
 
 



 
La calda Sala Comune dei Grifondoro era illuminata dalle lampade ed immersa nel silenzio spezzato soltanto dal temporale fuori dalle finestre e dal chiacchiericcio dei gruppetti di studenti che scendevano dalle loro stanze per andare a cena.
«Gli hanno cambiato il ricordo» mormorò per la seconda volta Lily seduta sul divano accanto a James che annuì, fissando attentamente il fuoco nel caminetto davanti.
«Morgan, negli spogliatoi, ha detto Magie Sinister. Non abbiamo sentito male, ci giocherei la mia spilla da Capitano»
«Perché proprio Magie Sinister?» espresse tutto il suo sconcerto Mary dalla poltrona vicina a lui «Portarlo là non c’entra niente con ‘’Eliminiamo un Cacciatore avversario per la partita”. È più un “Eliminiamolo” e basta»
«Infatti non dobbiamo dare per scontato che gli abbiano cambiato la memoria, il Paiolo Magico è molto più attendibile»
«Remus, nel momento in cui ci ha detto di essere stato da Magie Sinister aveva la memoria intatta visto che era appena arrivato dal cancello e nessuno l’aveva ancora visto! E non era così sotto shock da sbagliare il luogo in cui molto probabilmente è stato torturato!»
«D’accordo, Lily, ma se davvero è stato portato da Magie Sinister tramite Metropolvere…»
«Non sappiamo nemmeno questo» sospirò stancamente James poggiando i gomiti sulle cosce per massaggiarsi con nervoso gli occhi chiusi sotto gli occhiali «Mancavano Regulus Black e Mani di Mazza che non sanno Smaterializzarsi, ok, ma se avessero incontrato qualcuno ad Hogsmeade capace di farlo?»
«Oh, no, James, non cominciamo a complicarci la vita. Prima di pensare a queste teorie estreme dobbiamo...»
«Remus, portare qualcuno da Magie Sinister significa solo una cosa… avere a che fare con dei Mangiamorte»
«Sempre se i Mangiamorte non siano gli stessi rapitori»
«Infatti, Mary. Mani di Mazza spiegherebbe l’odio ‘’sportivo’’ per Morgan, Regulus Black… beh, proprio tu e Mary l’avete visto da Magie Sinister con Lucius Malfoy durante le vacanze di Natale, o sbaglio?».
L’espressione tramortita di Remus congelò i suoi lineamenti mentre portava lo sguardo allarmato su quello altrettanto turbato della sua ragazza.
«Ricapitoliamo» fece Lily scivolando un po’ in avanti sul cuscino del divano rosso per vedere meglio tutti.
«Grazie» fece Peter con espressione confusa lanciandole un piccolo sorriso riconoscente la quale lei rispose con uno più ampio prima di parlare di nuovo.
«Qualcuno ha usato un passaggio segreto che dall’aula al primo piano porta a Hogsmeade. Molto probabilmente sono stati Regulus Black e Mani di Mazza perché erano gli unici assenti in Sala Grande a parte Piton che si faceva i suoi giretti nel bosco. Fin qui ci siamo?».
Gli altri annuirono, percependo la durezza con la quale aveva enfatizzato la parte con Piton.
James, al suo fianco, si sistemò gli occhiali sul naso senza distogliere gli occhi da lei.
«Quei due sono del sesto anno, non sanno Smaterializzarsi, quindi è ovvio che abbiano usato un camino collegato alla Metropolvere. Utilizzeremo il vostro passaggio della Strega Orba per andare a fare i Testimoni di Geova in tutte le case, il prima possibile»
«Chi?»
«Te lo spiego dopo, Potter. Oppure hanno incontrato qualcuno capace di Smaterializzarsi. Malfoy, per esempio. Il fatto strano rimane, in ogni caso. Da Hogsmeade, Alan Morgan è stato portato da Magie Sinister, il covo o punto d’incontro della gente losca, oscura. Insomma, non si manda lì un semplice avversario di Quidditch».
Lo sguardo di Peter non era più totalmente spaesato.
«Ma perché Morgan dovrebbe interessare ai Mangiamorte?» chiese in un sussurro Mary, più a se stessa che agli altri.
James, improvvisamente, parve avere la risposta. Remus, però, non ne era affatto convinto e il suo sopracciglio arcuato lo diceva chiaramente. La faccia di James era quella pre-idiozia. Ed infatti, quello che si ritrovarono ad ascoltare e vedere fu una parodia di quello che doveva essere Voldemort con voce appositamente acuta e femminile.
«”Black, per testare la tua fedeltà portami un esemplare maschio di Grifondoro”».
Suo malgrado rise anche Remus, insieme a Lily e Mary ma non a Peter che aveva un sorriso tirato sul volto paffuto e i brividi sulle braccia al solo pensiero di una scena simile con lui protagonista.
«Non ha senso tutto questo» commentò lo stesso James sprofondando sullo schienale del divano e passandosi le mani tra i capelli in un gesto esasperato. Remus, in quel gesto, ci vide tutta la sua preoccupazione per Sirius.
«Non sappiamo neanche come ha fatto Alan a tornare tutto intero, dopo essere stato lì» disse Lily guardando James. Sembrava che le sue dita si stessero appositamente intricando tra quei ciuffi annodati in un modo così familiare da riportarle alla mente le sue camicie.
«Continuo a tenere aperta l’ipotesi che sia davvero stato solo al Paiolo Magico»
«Non lo sapremo mai, Remus, dato che gli hanno cambiato i ricordi» disse Mary sollevando lo sguardo verso di lui.
«Noi non lo sapremo mai, Morgan non lo saprà mai ma chi ha fatto tutto lo sa, eccome» disse James all’improvviso sbrogliando le dita dai capelli ribelli. Il suo sguardo nocciola non aveva più niente di scherzoso e lo sguardo di Remus si fece più intenso su di lui.
«Peter?»
«Sono pronto, Ramoso» fece lui alzandosi di scatto dalla poltrona e dimostrando una prontezza mentale e fisica rara da vedergli a parte quando si trattava di cibo o pericolo, come in quel caso.
«Per cosa?» chiese Lily, guardando confusa il diretto interessato.
«Peter ha un oggetto speciale per ascoltare le conversazioni altrui senza essere notato»
«Grande! Facci vedere, Peter!» esclamò Mary, elettrizzata.
«Ecco, Mary, non si può vedere» si aggiunse Remus che aveva capito soltanto in quel momento l’idea di James. Provò a farlo capire con lo sguardo anche a lei, non più all’oscuro del segreto degli Animagus, e gli occhi nocciola di Mary si dilatarono impercettibilmente.
«Come sarebbe, “Non si può vedere”?» rise Lily interdetta e forse anche un tantino offesa «Conosciamo Specchio, Mappa, Mantello, perché nascondere questo?»
«Perché altrimenti non funziona»
«Cos…?»
«Peter, dopo cena. Sono tutti in Sala Grande adesso, non troveresti nessuno» tagliò corto James mentre l’amico annuiva e Lily squadrava James con aria di sufficienza, come se lo stesse soppesando minuziosamente.
«Mi aspetto un’impennata della tecnologia Auror al tuo ingresso all’Accademia» sentenziò alla fine, poco dopo, e James si lasciò andare ad un largo sorriso.
«Al destino non si sfugge, Evans. Primo Cacciatore della Nazionale Inglese o inventore di nuovi oggetti indispensabili per combattere il male, in ogni caso diventerò famoso». Il cuscino che gli arrivò in piena faccia avrebbe dovuto soltanto infastidirlo per avergli fatto cadere gli occhiali ma l’unica cosa che gli regalò fu una vergognosa voglia di baciare Lily Evans.
«James Potter. James Potter non fare l’idiota e rispondi». La voce di Sirius uscì dalla tasca destra aggiudicandosi il premio Lista Anti-rimbecillimento dell’anno «Non ci sono passaggi segreti nell’aula al primo piano»
«Cosa?».
James fece segno a Remus di tacere con la mano libera mentre l’altra teneva lo Specchio, lo sguardo fisso sul volto di Sirius che ricambiava il suo.
«Non ci sono passaggi segreti, con Olivia abbiamo controllato ovunque, e l’armadio che ti avevo detto non c’è più. Il passaggio segreto deve per forza essere quello, l’armadio» spiegò la voce da dietro il vetro.
Aveva gli occhi arrossati, Sirius, James l’aveva visto così poche volte. Sotto al suo Mantello al secondo anno, in infermeria con un Remus addormentato ed ignaro di aver quasi ucciso Piton al quinto, davanti a casa sua alle tre di notte con un baule ai piedi due estati prima.
Non gli chiese se andava tutto bene, era chiaro come il sole fosse successo qualcosa. Ma c’era un dettaglio diverso in quello sguardo arrossato, la limpidezza. L’espressione di Sirius gli raccontava tutto mentre lo guardava in silenzio, consapevole di essere letto senza problemi.
«Tornate qui e ne parliamo, sempre se non avete altri piani. Dopo la cattedra di Lumacorno, un’aula vuota è un gioco da ragazzi» scherzò James con fare malizioso a stemperare la tensione, come piaceva al suo migliore amico.
Sirius infatti ghignò e James capì che non stava mentendo, che era tutto a posto sul serio e non soltanto in apparenza come magistralmente sapeva fare l’amico anche quando sfoggiava come se niente fosse gli occhi rossi.
«Arriviamo, non mangiamo da ieri. Ci vogliono forze per fare certe cose, non so se mi spiego».
Remus, sollevandosi dal bracciolo della poltrona, portò gli occhi al soffitto mentre James rideva rituffando lo specchio in tasca.
«L’armadio al primo piano è sparito?» esordì Lily, serissima.
«Già e non ci sono passaggi segreti. Questo può significare soltanto una cosa»
«Che è l’arma del ‘’delitto’’. Chi lascerebbe l’arma del delitto nella scena del delitto?»
«I cretini»
«E i Serpeverde, almeno questo concediamolo, non sono cretini quando si tratta di pararsi il culo»
«Wow, Lily!» esclamò James guardandola con profonda ammirazione per quelle parole che avevano fatto spalancare gli occhi di Remus e Peter mentre Mary se la rideva, abituata a quelle uscite dell’amica nei momenti di crisi.
«Oh, Potter, piantala di sorprenderti!» sbottò lei alzandosi dal divano con uno scatto nervoso. James aveva imparato a riconoscere quello sguardo assassino, l’aveva provato sulla pelle anno dopo anno. Lily era furiosa, e lui conosceva ogni suo gesto furioso.
Il passo rigido, la ruga tra le sopracciglia, il tic all’occhio scoperto sotto il tavolo della biblioteca. Stava pensando a Piton, al fatto che si era ‘’parato il culo’’ nonostante lei avesse detto chiaro e tondo alla McGranitt dove trovare le prove.
«Sirius l’ha messo K.O.» le assicurò James, guardandola fare avanti ed indietro sul tappeto rosso e oro.
«E poi gli abbiamo fatto Evanescere i vestiti e nascosto la bacchetta» esordì proprio Sirius facendo lo slalom insieme a Liv tra le poltrone e gli studenti che scendevano a cena.
«Adesso sta correndo al terzo piano per raggiungere i sotterranei, nudo, nascondendo le sue vergogne con la visiera di un’armatura davanti e il quadro dei monaci che non giocano più a carte perché scandalizzati dietro» informò Liv sopra le risate degli altri, Lily compresa.
«Questo vi fa capire anche la grandezza di suddette parti…» aggiunse Sirius prolungando quei suoni divertiti.
 «La professoressa di Babbanologia gli ha tolto cinquanta punti perché stava insultando Gazza chiamandolo “Inutile Magonò” per il suo non avere una bacchetta che avrebbe potuto far comparire dei vestiti» concluse Liv fermandosi dietro il divano con Sirius accanto. I due sadici sorrisi identici sui loro volti furono osservati con ridente attenzione da tutti. L’intesa tra loro era palpabile, sconcertante, quasi inquietante.
Quei due erano felici nonostante non avessero nessun motivo apparente per esserlo, invischiati com’erano nei loro problemi.
«Ma guardateli» fece James con la testa buttata all’indietro sullo schienale per osservarli, atteggiandosi a parente commosso «Avreste potuto essere compari e migliori amici fin dal primo anno se soltanto non foste stati accecati dall’attrazione fisica che pensavate fosse odio. Sciocchini».
Sirius gli diede una sonora cinquina sulla fronte facendolo raddrizzare ed imprecare di dolore mentre Remus ringraziava Merlino, terrorizzato al solo pensiero di quei due pazzi complici già dal primo anno, senza però riuscire a non guardarli con sincero affetto.
«Com’era l’armadio, Black?» chiese Lily cercando di restare seria.
«Alto, nero, a due ante, losco, molto ‘’serpeverdesco’’, mai visto prima».
Negli improvvisamente attenti occhi ambrati di Remus passarono in rassegna tutti i libri che aveva letto come se stesse sfogliando la lista della biblioteca, la sua personale. Il silenzio prolungato fece capire agli altri tre Malandrini, con una certa sorpresa, che nemmeno lui aveva mai sentito parlare di una cosa del genere.
«Andiamo in biblioteca a cercare qualcosa su un armadio alto, nero, a due ante che fa sparire le persone»
«Andate, Remus, vorrai dire. Noi due andiamo in Sala Grande» mise in chiaro Sirius posando mollemente un braccio sulle spalle di Liv «Sono sazio ed appagato di altro ma lo stomaco è vuoto da ieri a pranzo»
«Si può sapere cosa siete a parte essere pervertiti instancabili, amici e partner nel crimine?» rise Mary sopra i finti lamenti pudici di James che prendeva in giro l’esasperato ‘’Non incominciamo con queste battute, Sirius” di Remus.
Jane Phillips che passava dietro di loro insieme alle amiche sembrava molto interessata a sentire la risposta tanto che rallentò la camminata verso il buco del ritratto.
Ma Sirius e Liv non risposero, guardandosi straniti.
Non sapevano cos’erano, sapevano soltanto che si erano lasciati andare a quell’attrazione che si era fatta ormai insopportabile, a quella sensazione di essere amici da sempre e a quell’emozione più grande di loro, cercando di darle un nome.
Speravano di capire cosa fosse stando insieme, come non avevano mai fatto con nessuno proprio perché non avevano mai avvertito niente di simile.
Spaventava, certo che spaventava, da morire, ma dopo tutto il tempo passato ad avere paura si sentivano pronti per correre quel rischio perché quel qualcosa che entrambi provavano l’uno per l’altra era insopprimibile e faceva male se ignorato, l’avevano appurato più volte.
Il fatto di essersi trovati d’accordo sul volerlo affrontare li univa più che mai. Sirius ammirava Liv per questo e Liv ammirava Sirius per lo stesso motivo, ma ancora una volta nessuno dei due osò dire a voce alta quello che entrambi sapevano essere amore .
«Due gran fighi, ecco cosa siamo» rispose Sirius distogliendo l’intenso sguardo dai suoi occhi soltanto per stringerla a sé con il braccio ancora sulle sue spalle e stamparle un bacio sulla fronte mentre Liv rideva, chiudendo gli occhi a quel contatto.
«Ed ora, se volete scusarci…» concluse piuttosto orgoglioso Sirius voltando entrambi con un gesto elegante per dare le spalle alle diverse espressioni sulle facce degli amici ed uscire dalla Sala Comune, superando la figura immobile di Jane.
«Ok» fece Mary non riuscendo ad abbassare gli angoli della bocca come tutti gli altri.
«Loro due saranno anche ‘’quelli belli’’ ma noi, Evans, siamo andati a Hogsmeade con una scopa passando in mezzo ai tronchi della Foresta Proibita» sentenziò James sorridendo ammiccante davanti al rossore che impossessò le guance di Lily. «Eh?» continuò poi, scherzosamente provocatorio, rivolgendosi a Remus e Mary «Provate a superarci». Afferrò la mano di Lily e si diresse a passo spedito verso l’uscita della torre.
In corridoio, Lily, rigida come un manico di scopa, fece per aprire le labbra sconcertate quando dei passi affrettati arrivarono alle loro spalle.
«Superati!» esclamò scherzosamente Mary sorpassandoli di corsa mano nella mano con Remus, trascinato senza riserva tra le grasse risate di Peter.
«Dobbiamo andare in biblioteca, Mary, rallenta!»
«La biblioteca a quest’ora è chiusa, Remus! Ci andremo domani, adesso corri e basta!».
Anche James rise di gusto, piegandosi in avanti e portando irrimediabilmente con lui anche la mano, il braccio, la spalla e tutto il resto di Lily con i capelli rossi davanti alla faccia attonita.
«Potter?». La sua voce, al contrario della sua intera figura tesa, era straordinariamente piatta.
«Forte la tua Mary!»
«Sì ma non possiamo essere un limite da superare per lei e Remus»
«Come no?»
«Non siamo una coppia, Potter»
«Certo che lo siamo, Evans. Siamo una coppia di Capiscuola, tanto per dirne una»
«Remus e Mary non sono una coppia di Capiscuola, Potter»
«Siamo una coppia di persone che è uscita insieme a San Valentino, tanto per dirne due»
«Sono uscita a Hogsmeade con te a San Valentino soltanto perché la Piovra Gigante mi ha dato buca».
L’espressione ilare di James, che la guardava con un largo sorriso, la contagiò per un attimo.
«Quindi non siamo una coppia, Potter»
«Allora perché mi stai stritolando la mano?»
«Perché ti voglio fermare il sangue per crearti un blocco del sistema circolatorio e farti morire»
«Fai pure, Evans, è piacevolissimo anche questo tuo tentativo di ammazzarmi».
Piacevolissimo. Lo era. Anche questo. Il contatto con la sua mano scatenava brividi irradiando calore al petto, accelerava il respiro e il cuore. Come il bacio.
Lily continuò a camminare senza lasciargli la mano, il volto impassibile a celare le fiamme dell’inferno dietro.
Come diavolo era possibile che morire con James Potter fosse così piacevole?
«Forse dovresti impegnarti di più, sai? Altrimenti mi farai pensare che non mi vuoi uccidere davvero, Evans».
Quella frase la raggelò. La stava forse sfidando?
«Ho risposto con un  al tuo dannato invito per Hogsmeade, Potter, questo doveva essere il colpo di grazia»
«Ed invece, come vedi, sono ancora vivo e vegeto. Tu, invece. Sembri tu quella morente da quando ti ho detto che sono innamorato di te. Sono un assassino migliore, ammettilo».
Una smorfia oltraggiata sul volto gelatina alla barbabietola di Lily affilò gli occhi verdi puntati su James con il profilo ridente e rilassato rivolto ai gradini sotto i loro piedi.
Gli stritolò le dita, facendogli fare un verso ridicolo a metà tra la sofferenza e una risata.
Perché Potter non si doveva permettere.
Perché Potter non era lontanamente vicino ad essere un assassino migliore di lei.
Perché il suo istinto omicida nei suoi confronti era spanne sopra il suo, dal primo settembre del primo anno.
«Stai forse dicendo che quel ‘’’’ non ha più alcun valore?»
«Non ho detto questo, Lily, dico solo che due anni fa forse avrebbe potuto uccidermi ma adesso no».
Lily lo odiò, poi odiò la parte di se stessa che cominciò a sprofondare sotto la pietra lasciandosi cadere nel vuoto sotto le scale in movimento.
Ma non gli lasciò la mano perché aveva ragione.
“Vuoi venire a Hogsmeade con me, Evans?” si era fatta una domanda diversa, quell’anno, era maturata con James ed anche con se stessa.
Non significava più solo Hogsmeade e Lily ne era consapevole perché lei stessa aveva risposto “sì” a tutt’altro, non soltanto all’uscita al villaggio che negli anni precedenti aveva sognato in tutte le varianti più tragiche ed apocalittiche come il terremoto che lo aveva raso al suolo con un solo suo piede sbattuto a terra, l’incendio divampato con la sola forza delle sue pupille, un incantesimo inventato da lei stessa per farlo sparire con un solo gesto della bacchetta. Ricordava ancora la formula: “Muori Potter”.
Il suo ‘’sì’’ aveva voluto dire mille cose che facevano battere il cuore al solo pensiero.
Perciò no, quell’uscita non aveva più lo stesso significato di una volta e sia James che Lily sapevano che non avevano più bisogno del villaggio per stare insieme.
In quei mesi erano stati insieme in ogni angolo e corridoio del castello e del parco, perfino sul treno, a Diagon Alley e a Londra.
Ed era a quella richiesta di stare insieme ovunque che Lily aveva risposto ‘’sì’’.
«Però c’eri quasi, Evans, lo ammetto». La verità era che James ogni maledetta volta si sentiva morire e poi rinascere.
Le labbra di Lily si curvarono impercettibilmente verso l’alto. Il cuore di James non aveva mentito sotto il maglione zuppo di pioggia, a terra e sopra la scopa.
Storse il naso a quel pensiero, interdetta. Il cuore di un quasi morto non batteva così veloce, così vigoroso, così potente.
Il pollice di James accarezzò per un attimo le dita della mano di Lily aggrappata alla sua ed entrambi furono del tutto consapevoli del fatto che nessuno dei due sarebbe mai riuscito ad uccidere per sempre l’altro.
Ogni tentativo li faceva sentire più vivi che mai.
«Ma vuoi uccidermi del tutto o no?»
«Certo che sì, Potter»
«Fallo, allora».
Lì, in Sala Grande? Con tutti quei testimoni? L’aveva presa per stupida? L’avrebbe ucciso ma senza finire sul giornale di Allock.
«Quando vuoi, Evans. Lo sai, io sono il tipico Grifondoro, sono sempre pronto a morire. Il problema è che tu mi salvi sempre, nella Foresta l’hai fatto di nuovo»
«Perché devo essere io ad ucciderti, Potter, nessun’altra persona, calamità naturale, incidente o tua stupidità». Lily lo disse arcuando le sopracciglia rossicce, spalancando gli occhi verdi e non riuscendo a trattenere gli angoli delle labbra che si alzarono irrimediabilmente come il sorriso di James, spontaneo, felice, vivo.
«Ma così non diventerò mai l’eroe che tutto il Mondo Magico aspetta da secoli, Evans. Carini i capelli pettinati in questo modo, comunque» le disse a bruciapelo con lo sguardo posato già da qualche istante sulla treccia che le liberava la fronte.
Lily arrossì.
«Sei morta un’altra volta?».
Odiandolo.
«E siamo eccome una coppia, Evans, una coppia di cervi».
Varcando l’ingresso della Sala Grande riportata alla normalità, Lily mollò la sua mano per tirargli in piena nuca un fortissimo scappellotto che lo fece piegare in avanti facendo voltare diversi Tassorosso con la bocca piena di pollo.
Eppure, quell'ultima frase amplificò l'eco della travolgente sensazione provata da entrambi quel giorno a lezione, quando la cerva era saltata fuori così simile al cervo tanto da sembrare legata a lui in qualche modo, tanto da farli sembrare una coppia.
I loro Patronus creavano una coppia compatibile e neanche Lily Evans poteva negarlo.
«Che è ‘sta roba?» commentò con disgusto Sirius, pietrificato davanti alle pagine inneggianti San Valentino della Gazzetta dell'Esteta abbandonata sul pavimento, sotto ai loro piedi.
«Oggi è San Valentino?» chiese sinceramente stranita Liv.
«Era, ormai è quasi passato» la corresse Remus.
«Non lo sapevi neanche tu?» fece Sirius occhieggiando con assoluto disprezzo i petali di rose appena sputati dal giornale, finiti sulle sue scarpe.
«Ti pare che possa interessarmi una festa del genere?» gli rispose lei con la faccia allibita. E l’ennesimo bacio, colmo di quelle traboccanti emozioni che rispondevano al nome di soddisfazione e completezza totali, coprì le labbra di Liv come un timbro dalla scritta “Sei la migliore” mentre l’applauso di Allock li raggiungeva, illuso.
«Ma guardate che effetto fanno i miei consigli! Black e McAdams, proprio voi! Questa è la più grande vittoria! Ma d’altronde, sono io».
Sirius non si fece alcuno scrupolo a smontare nel modo più schietto possibile il suo ammiccante sorriso compiaciuto.
«Abbiamo passato più di mezza giornata a letto, a fare sesso, invece di mangiare rose e coriandoli che escono dalla tua brutta copia del Settimanale delle Streghe, Allock».
Lasciando il Corvonero attonito, si sedette insieme a Liv al tavolo Grifondoro davanti a Peter, Lily e James e sotto gli occhi curiosi di tutti, compresi quelli lontani di Ned Stevens.
Mary e Remus li seguirono a ruota soltanto dopo essersi liberati di Allock, assicurandogli con ironia che per loro i suoi consigli avevano ‘’funzionato alla grande’’.
«Aspettate» fermò tutti Sirius, posando forchetta e coltello. Remus, James e Peter non credettero alle loro orecchie e i loro occhi a quel comando e gesto. Remus perché pensava di essere davanti ad un miraggio ed invece gli altri due perché Sirius aveva interrotto lo slancio verso il cibo soltanto una volta da quando lo conoscevano. Al quinto anno, per recitare una preghiera (che proprio preghiera non poteva essere definita date le labbra dalla quale era uscita) davanti a quello che credeva fosse il suo ultimo pasto la sera della prima luna piena passata da Animagus.
«Doveri da Malandrini» spiegò invece Sirius in quel momento sfilandosi la sua bacchetta d’ebano dalla tasca dei jeans mentre Peter ridacchiava, Remus scuoteva la tesa fissandolo senza alcuna espressione e James, curioso, lo guardava ridente ed in attesa di vedere l’impresa.
«Che sia degna, Felpato, Morgan è della squadra» si raccomandò quest’ultimo in tono solenne.
«Tranquillo, lascia fare a me» rispose quello alzandosi dalla panca senza scavalcarla per poter scrutare il tavolo Serpeverde, alla ricerca di Mani di Mazza.
«Veloce, ho fame» lo incitò in una bassa risata Liv poggiando il mento sul palmo di una mano. A quel suono divertito Sirius si lasciò andare ad un sorriso con gli occhi grigi assottigliati e qualche secondo dopo finalmente fermi in una direzione precisa.
Sollevò la bacchetta accentuando la curva sghemba delle labbra quando dal tavolo Serpeverde cominciarono ad arrivare borbottii straniti.
«MA COME CI È VENUTO IN MENTE DI CHIAMARTI MANI DI MAZZA, MANI DI FATA?» gridò a squarciagola giusto per far notare all’intera Sala Grande, professori e Auror sulla porta compresi, le piccole e delicate mani del grosso Serpeverde che si guardava le esili dita femminili con puro panico.
Tra le fragorose risate, Sirius sollevò il calice di succo di zucca portandolo nella direzione di Alan Morgan che rideva di gusto accanto ad un esilarato Harrison. Il Cacciatore afferrò il bicchiere per rispondere al brindisi, ringraziandolo.
Tra le facce sconcertate dei professori, invece, quella furiosa della McGranitt puntò il suo studente che beveva come se niente fosse, stando ancora in piedi.
«BLACK!»
«Lo so, professoressa, lo so. È stata un’eccellente Trasfigurazione. Se ne compiaccia!».
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 




 
«Questa di chi è? Nostra?» chiese Liv sporgendosi per acciuffare la bustina di Calderotti su un puf della Sala Comune di nuovo affollata.
L’attesa per il ritorno di Peter stava diventando insopportabile.
Liv riportò la schiena dritta con le spalle al camino, seduta sul tavolino davanti al divano sul quale Sirius era stravaccato con una lunga gamba stesa e poggiata sul legno, accanto a lei, come a voler marcare il territorio. Un ginocchio a contatto con il suo e l’anfibio nero abbandonato sul tavolino che la stuzzicava con dei colpetti al fianco, facendola ridere e distrarre.
James, sprofondato sui cuscini affianco ad un divertito Sirius dallo sguardo fisso su di lei, non voleva credere ai suoi occhi.
«Ho perso la mia Cercatrice» commentò atono osservando con sgomento le dita dell’amica tentare di aprire con parecchia difficoltà il pacchetto. Liv ci riuscì soltanto cinque minuti dopo.
«Al volo» fece Liv lanciando un Calderotto a Sirius che aprì la bocca e si mosse appena sullo schienale per beccare in pieno il suo dolciume preferito.
«Ho perso il mio miglior amico» constatò come seconda cosa James, sempre più smarrito.
«Ho sempre voluto un cane» rivelò Liv prendendo un Calderotto per sé mentre l’anfibio si faceva più insistente sul suo fianco.
«Ed ecco perché bisogna sempre stare attenti a cosa si desidera» esordì in tono saggio Remus dalla poltrona, la faccia nascosta dietro un grosso libro.
Lily rise sollevando lo sguardo divertito dalla pergamena sulla quale stava scrivendo da una quindicina di minuti sotto le fugaci occhiate curiose di James.
La mano di Mary, seduta sul tappeto a finire una relazione per Cura delle Creature Magiche, arrivò sotto il naso di Liv che le schiaffeggiò un Calderotto sul palmo come risposta alla muta richiesta.
«Si può sapere cosa scrivi, Lily?» sbottò James dieci minuti dopo.
«Una lettera» rispose lei senza fermare la frenetica piuma d’oca.
Un sopracciglio nero di James si arcuò notando l’esagerata lunghezza della pergamena.
«A chi?»
«A chi non t’interessa, James»
«Se te l’ho chiesto mi interessa» ribattè lui piegando la testa di lato con gli occhiali storti sul naso nel tentativo di leggere il nome all’inizio del foglio penzolante sul bracciolo della poltrona.
«Chi è il ‘’Carissimo signor Belby”?».
Con uno scatto della mano Lily si portò la pergamena al petto, lo sguardo smeraldino lampeggiante dardeggiò su di lui per perdersi poi dietro il divano, catturato dalla piccola figura sudata ed arrossata di Peter che passava frettolosamente tra le altre poltrone occupate.
«Peter» avvisò tutti Lily, facendoli voltare.
«È scattato» annaspò lui senza fiato, piegandosi sulla poltrona di Remus con il libro sulle ginocchia. La sua flebile frase era stata sovrastata dal chiacchiericcio della Sala Comune.
«Cosa?» fece infatti Remus, non avendo sentito come gli altri.
«L’allarme» ripetè Peter in un principio d’asma, accasciandosi sul bracciolo «È scattato l’allarme dell’Incanto Gnaulante*»
«Eh
«Hanno messo… un incantesimo in camera e appena ho messo la zampa…»
«La zampa?»
«È così, Lily, che ha chiamato il suo dispositivo…».
Gli occhi di Sirius, Remus e addirittura Peter, spalancati per la tensione nell’aria, faticarono a nascondere il divertimento per il modo in cui James aveva ‘’parato il culo’’ a tutti e quattro. Mary nascose il piccolo sorriso dietro il suo disegno dell’Occamy.
«È scattato. Impossibile spiarli così. Non parlano mentre c’è un allarme e l’allarme c’è ogni volta che entro!»
«Sei entrato nei dormitori Serpeverde?»
«La Zampa, Evans, la Zampa è stata nei dormitori Serperverde» le ricordò Sirius, serissimo.
Lily era a dir poco impressionata, così come Liv.
«Merda, adesso sì che siamo nella merda» sibilò James rituffando le dita tra i capelli.
«Dopo aver capito che alla partita sapevamo le loro mosse devono essersi premuniti» ipotizzò Remus.
«Quanto li odio» sibilò James arpionando il cuscino che aveva sulla pancia.
«Vorrà dire che li terremo d’occhio con la Mappa e terremo d’occhio anche l’aula al primo piano» sentenziò Sirius spalancando le braccia, il volto una maschera altera.
«Ma non sapremo cos’hanno in mente, cosa diamine stanno cercando di fare con un Armadio che porta a Hogsmeade» disse con forza Lily, in evidente stato rancoroso viste le sue dita aggrappate alla piuma ad un passo dallo spezzarsi.
«E se portasse da Magie Sinister?»
«È assurdo, Peter»
«Dobbiamo capire cos’è quell’armadio, James, prima di pensare che sia assurdo»
«Silente non lascerebbe mai un qualcosa che collega Hogwarts a Magie Sinister, Remus»
«In quel caso Silente non lo saprebbe di certo»
«Silente sa tutto di questo castello, Liv» sussurrò Mary con sguardo preoccupato.
«Allora potrebbero averlo portato loro, di nascosto» accusò senza riserva James, cominciando a provare un odio smisurato.
«Ce lo vedi, tu, Mocciosus a trasportare un armadio grande il triplo di Mani di Fata?»
«Felpato, capisco benissimo la tua perplessità sulla loro intelligenza ma almeno un Incantesimo Rimpicciolente glielo vogliamo concedere?»
«Gazza ci ha ficcato quei Sensori Segreti su per il…»
«Sirius»
«…anche a gennaio, mi spiegate come hanno fatto a far entrare quell’armadio rimpicciolito senza far suonare l’allarme di quegli aggeggi infernali?»
«Stiamo dando ancora una volta per scontato qualcosa senza avere delle conoscenze certe. Non sappiamo se l’armadio in questione è un oggetto oscuro»
«Sono d’accordo con Remus» gli diede manforte Lily, ricevendo in cambio da lui uno suo sguardo e un sorriso riconoscenti «Non sappiamo cosa sia. Domani, nelle ore buche, andremo in biblioteca e faremo delle ricerche, è l’unica cosa da fare»
«Ma continueremo a non sapere quando avranno intenzione di agire, Lily»
«La fine dell’anno, Liv» esalò Peter risollevando il busto e la tonda faccia sudata «Sono riuscito a sentire solo questo prima che quel dannato allarme scattasse. Credo di aver avuto un infarto»
«Che carini, vogliono preservarci dall’enorme stress dei M.A.G.O.» pigolò Sirius scambiandosi uno sguardo sarcastico e divertito con Liv.
«Abbiamo quattro mesi per fermarli» sibilò velocemente Remus. E nessuno riuscì a capire se tutta quell’incredibile determinazione nello sguardo assassino fosse per fermare la possibile distruzione di Hogwarts oppure per non far saltare gli esami.
«Remus, te l’abbiamo sempre detto, dovresti rivedere le tue priorità» gli consigliò Sirius per l’ennesima volta in sette anni di convivenza.
«Diciamo tutto a Silente? Agli Auror?»
«No, Mary. Facciamogli vedere che possiamo cavarcela, che siamo degni dell’Ordine della Fenice».
Ed anche se soltanto Sirius era d’accordo al cento per cento con l’affermazione dell’amico, tutti annuirono consenzienti perché era stato il tono rassicurante di James a dirlo.
James che senza nemmeno accorgersene, dopo un’occhiata d’intesa con Sirius, aveva fermato lo sguardo su quello smeraldino già posato su di lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
«Perché non vuoi dire a Lily che sei un Animagus?».
James fece spallucce infilandosi i pantaloni del pigiama.
«Te lo dico io il perché, Remus» gridò Sirius dal bagno «Perché non ha le corna e si vergogna, ecco perché!».
Peter, infilandosi sotto le coperte, rise.
Remus scosse la testa, un sorriso divertito sulle labbra, continuando ad osservare James sfilarsi gli occhiali rotondi e poggiarli sul comodino.
«Ti aspetto, fratello» continuò la voce di Sirius camuffata dalla schiuma del dentifricio «Non dirò ad Olivia che sono il suo cane dei sogni fino a quando non sarai pronto. N
on c’è nessun problema per me, voglio dire, Felpato è una favola ad ogni stagione. E poi…».
I ridenti occhi ambrati seguirono attentamente i pigri movimenti di James che afferrava il Mantello dell’Invisibilità e ci spariva sotto mentre gli sputi di Sirius e l’acqua corrente del rubinetto anticiparono la comparsa della sua alta figura in mutande.
«… e poi questo ed altro per un cervo senza corna, ci mancherebbe, non sono così insensibile… dove cavolo…?». La punta di panico nella sua voce faceva intendere che sapesse eccome dov’era James ma il successivo grido di dolore e sorpresa fu totalmente autentico.
Remus e Peter restarono ad osservare Sirius contorcersi a terra, apparentemente senza nessuno di pesante, maligno e vendicativo seduto sulla sua pancia.
Peter rideva sul materasso scosso dal suo stesso peso, tutto il contrario di Remus che non si scompose minimamente nonostante le imprecazioni pesanti e le grida disumane di Sirius come se lo stessero scuoiando vivo; non si scompose nonostante stessero per raggiungere il limite del ridicolo di quella camera, stabilito proprio da loro due un’infinità di volte.
Quando un quarto d’ora dopo spense l’ultima candela, quella sul suo comodino, il temporale fu l’unico suono nella stanza per diversi minuti.
«Siamo davvero degni dell’Ordine della Fenice?».
Un silenzio diverso, pesante come il buio, cadde sui baldacchini caldi e comodi.
«Certo che lo siamo, Peter». La voce di James lo spezzò dopo un lungo istante fatto di parecchi tuoni e pioggia violenta fuori da quella stanza che li aveva visti crescere.
«Non voglio lo stesso che quest’anno finisca».
Il buio sparì per una frazione di secondo, quella dell’accecante luce bianca di un lampo. E nell’oscurità successiva nessuno contraddì Peter mentre il tuono rimbombava, attutito dai vetri e dalla pietra che parlavano di loro in ogni più piccola parte.
Nessuno parlò perché quello di Peter era lo stesso desiderio di tutti e quattro.
James si sentì improvvisamente triste.
Perché arrivare a giugno, quell’anno, significava perdere il filo che l’aveva legato a Lily nel bene e nel male, per sette anni. Ogni fine giugno aveva avuto la certezza assoluta di rivederla a settembre, di passare con lei un altro intero anno.
Quell’anno no, a giugno non avrebbe più avuto quella certezza e faceva soffrire immaginare la vita senza Lily, sembrava squarciargli il petto come la Maledizione di Piton.
Restarono ancora in silenzio, così a lungo che Remus dopo un po’ credette di essere l’unico sveglio almeno fino a quando non sentì il fruscio delle coperte e poi dei passi.
«James, dove stai andando?»
«Da Lily, Remus»
«Come?»
«Da Lily»
«Avevo capito. Ti stavo chiedendo il modo in cui hai intenzione di andarci»
«Apro la porta, cammino per il corridoio, scendo le scale, attraverso la Sala Comune, salgo le scal… oh»
«Appunto».
Di nuovo i passi e le coperte. Un sospiro frustrato. Nessun suono degli occhiali poggiati sul comodino.
«Sirius, perché stai sorridendo?»
«Perché stava andando a morire sullo scivolo sessista, Lunastorta, e pure senza occhiali»
«Non è quel genere di sorriso, non c’è malignità, e se fosse stato quel tipo di sorriso non ti avrei di certo chiesto perché lo stessi facendo»
«Remus, mi inquieti»
«Non sai neanche cosa significa quel verbo, Sirius»
«Non sto sorridendo, comunque»
«Ti sento»
«Ma non mi vedi, potrei star soffiando per scacciare una zanzara che mi infastidisce»
«Non ci sono zanzare, sentirei anche quella»
«Te lo dico io perché sta sorridendo, Remus…»
«James, le vendette vanno servite fredde. Non è passata neanche mezz’ora dal torto subito e la tua si può ancora considerare bollente»
«Lascialo perdere, Lunastorta, oltre che non avere corna è pure un pivello principiante»
«…perché Liv ci ha lasciato il suo odore in quel cuscino e quelle lenzuola. Sei fottuto, fratello, lasciatelo proprio dire»
«Detto da quello che stava andando a suicidarsi senza occhiali».
Un tonfo e Remus, così come aveva visto nel buio il sorriso di Sirius e la zanzara inesistente, vide un cuscino arrivare dritto in faccia a Sirius, un altro fallito sul comodino di James ed uno scaraventato nella tenda chiusa del baldacchino di Peter.
Quello sul suo naso non lo vide, lo sentì e basta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
Note (sicuramente sapete già tutto ma tengo a spiegare le scelte importanti che ho fatto in questo capitolo):
 
 
 
*Stupido idiota: è così che Sirius apostrofa Regulus nel quinto libro, quando ne parla con Harry.
 
*L’Incanto Gnaulante è quello che usa Hermione per proteggere la tenda nel settimo libro, mentre sono dei fuggitivi. È un incantesimo che avverte la presenza del nemico facendo scattare un suono d’allarme.
Peter, anche se Animagus, viene riconosciuto come nemico.

 
 
 

Mi sono sempre chiesta il perché Piton avesse messo il suo prezioso Pozioni Avanzate nell’angoliera dell’aula di Pozioni (Lumacorno lo prende da lì nel sesto libro. Non prendo in considerazione i film).
All’inizio ho pensato l’avessero nascosto i Malandrini, giusto per fargli un dispetto, poi però mi sono ricordata che Remus non conosce la formula del Sectumsempra (sempre nel sesto libro, alla tana durante la notte di Natale Harry gli fa vedere il Pozioni Avanzate di Piton e lui non lo riconosce, non sa a chi possa essere appartenuto, non riconosce neanche il nomignolo ‘’Principe Mezzosangue” quindi mi son detta che Piton non si faceva chiamare così dagli amici).
Non mi torna nemmeno il fatto che Piton non abbia chiesto a Harry di dirgli dove ha trovato il Pozioni Avanzate che gli vede galleggiare nella mente grazie alla Legilimanzia, dopo il Sectumsempra a Draco in bagno.
Piton sa che è una sua fattura quella che ha quasi ucciso Draco e sa che se Harry pensa a quel manuale dopo la domanda ‘’Come conosci quell’incantesimo?” significa che ha in mano il suo vecchio libro. Ma non gli chiede dove l’ha trovato.
Insomma, Piton sapeva dov’era il suo vecchio Pozioni Avanzate che vede nella mente di Harry e sapeva che uno studente avrebbe potuto prenderlo dato che era nell’aula di Pozioni anche se ben nascosto.
Ma è soltanto una mia teoria che ho voluto mettere nella storia, così come l’Armadio Svanitore. Perché a Hogwarts c’era un armadio collegato a Magie Sinister? (tra l’altro funzionante dato che lo rompe Pix soltanto nel secondo libro?). Prima di morire Silente è sorpreso quando Draco gli dice di quel collegamento. Quindi Silente non ne era a conoscenza e direi che è il minimo. Per tutti quegli anni il posto più sicuro del mondo magico è stato collegato a quello più pericoloso e Silente non ha mai fatto niente? No, sarebbe stato davvero assurdo.
Ma c’era e chi l’ha portato lì? Da quello che so gli armadi svanitori sono creati in coppia, collegati fin da subito. Perché Silente ha il gemello di Magie Sinister?
Prima di scrivere la trama e pubblicare, anni fa, mi sono chiesta come avessero fatto certi oggetti a finire lì dove li abbiamo visti nella saga originale. Spero vi piaccia questa mia idea di mostrarvi come potrebbe essere andata (sicuramente sbaglio, è la Rowling quella che lo sa!).
Anche la Mappa del Malandrino subirà la stessa sorte.
Come hanno fatto i Malandrini a perderla o farsela sequestrare facendola finire nell’ufficio di Gazza da dove Fred e George la ruberanno?
Insomma, è la cosa più preziosa che hanno e sono i Malandrini, riprendersela sarebbe stato un gioco da ragazzi.
A questa domanda però risponderò alla fine della storia, poco prima o dopo i M.A.G.O.
 
 

 
 
Kreacher nel settimo libro dice chiaro e tondo che Regulus si è unito a Voldemort a sedici anni, dopo aver passato anni ad ammirarlo (i ritagli di giornale che nota Hermione nella sua camera a Grimmauld Place l’avevano suggerito).
L’elfo dice anche che era ‘’così fiero’’. Non penso mentisse perché a parte i ritagli di giornale Regulus ha proposto a Voldemort il suo adorato elfo per una missione, dicendo a Kreacher che ’’era un onore’’.
Regulus cambia idea soltanto quando Kreacher torna dalla missione, dicendogli della caverna.
Sappiamo dai libri che Regulus da quel giorno ha fatto ricerche su Voldemort, scoprendo la sua idea di diventare immortale creando Horcux con l’uccisione anche di Purosangue importanti come la discendente di Tosca Tassorosso (Hepziba Smith, per la coppa). Tutto questo era una blasfemia per Regulus (ed in effetti Voldemort era parecchio ipocrita e contradditorio, al contrario di Regulus che resta coerente alle “regole del sangue” proprio come ho cercato di renderlo nel bagno distrutto da Liv a dicembre).
Quindi per me Regulus era un Mangiamorte convinto, all’inizio.
 
 
 
Sì, Sirius ha di nuovo la propria bacchetta e Liv la sua.
Spiegherò tutto nel prossimo capitolo perché ho voluto trattare l’argomento in un certo modo. Vedrete perché 😊
 
 
Per chi si chiede chi è il tipo nella prima foto sotto il titolo del capitolo:
Jonathan Whitesell (Alan Morgan in questa storia). Io lo conoscevo come Bryan della serie The 100.

   
 
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