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Autore: NPC_Stories    20/10/2019    2 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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20. Tavern


Sotto-genere: avventura, comico
Ambientazione: fantasy generico
Nota: questa storia è il sequel di 1. Faun e 4. Goat


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Sinyel amava l’avventura. Aveva l’entusiasmo di un piccolo apprendista scout che sogna di esplorare il mondo mentre gioca nel giardino di casa. Gylas aveva sempre un po’ invidiato questa cosa; sua cugina aveva mantenuto la stessa gioia di vivere di quando erano ragazzini, e adesso che stavano davvero andando all’avventura era come se nulla potesse mettere freno alla sua determinazione.
Né la pioggia, né il fango, né fastidiosi animali parlanti. Perché il vero problema di quel mondo assurdo era che tutti gli animali parlavano. Anche le zanzare. Era terribile cercare di schiacciare una zanzara e sentirsi gridare dietro, con una vocetta sottile sottile: “Mostro insensibile! Sono incinta! Per te è solo una goccia di sangue, con che cuore mi vuoi uccidere per così poco?!”
Gylas all’inizio era entusiasta di quel luogo, ma stava arrivando a odiarlo. Sinyel invece era contenta perché poteva mettere a frutto le sue capacità da guerriera dando la caccia agli animali ‘malvagi’, i predatori carnivori.
Il bardo all’inizio non era davvero sicuro che fossero malvagi, perché dopotutto dovevano pur mangiare… ma quando li avevano incontrati si erano davvero comportati in modo aggressivo e spietato.
Dopo un po' diventava anche noioso dare la caccia a lupi e faine. C'era ben poco che Gylas potesse scrivere in una ballata epica. Non erano neanche lupi mannari, erano soltanto lupi. E le faine in un qualche modo erano perfino graziose. Cattive come il latte rancido ma graziose. Nessuno avrebbe voluto ascoltare una canzone su due sbandati che uccidevano animali.
"Io non so se quello che stiamo facendo è proprio giusto" il bardo cercò per l'ennesima volta di intavolare quel discorso. "Non pensi che anche i predatori abbiano il loro ruolo nella catena alimentare?"
"Potrei dirtelo se fosse un druido" rispose la mezzelfa stringendosi nelle spalle. "Quello che so è che una povera famiglia di conigli ci ha chiesto aiuto perché delle laide faine stanno mangiando i loro cuccioli. Lo capisci che si tratta di proteggere dei bambini?"
"E di affamare i bambini delle faine" controbatté Gylas. "Forse potremmo semplicemente dire loro di andare a mangiare animali meno carini dei conigli. Questo dovrebbe funzionare."
"Stai ancora facendo l'avvocato del diavolo?" Sbottò Sinyel, infastidita. "Oppure mi stai accusando di fare stupidi favoritismi verso animali carini? Quelle faine hanno attaccato anche noi! Hanno cercato di rubarci gli zaini con le nostre ultime razioni di…" s'interruppe, diventando all'improvviso bianca come un cencio.
"Le nostre ultime razioni di carne essiccata che ci siamo portati dietro dal nostro mondo" la aiutò il bardo. "Da una certa prospettiva, tutto il nostro impegno per aiutare gli erbivori di questo mondo sembra abbastanza ipocrita, non credi?"
"Gli animali del nostro mondo non parlavano e non erano senzienti" la guerriera abbozzò una risposta ma non sembrava troppo convinta.
Gylas non aveva voglia di continuare a discutere, trovava già abbastanza divertente aver minato le convinzioni di sua cugina. Era una piccola vendetta per aver dovuto strisciare nel fango e addentrarsi in foreste oscure piene di mammiferi dai denti aguzzi. E per ora non avevano neanche approcciato i serpenti…
Il mezzelfo soppresse un brivido. Non aveva molta voglia di scoprire come funzionava la mente di un serpente. Sperò nel suo cuore che almeno loro non cercassero il dialogo.
Sinyel si chiuse in un mutismo che aveva il sapore della ripicca, e poco dopo cominciò a piovere.
Il bardo si tirò su il cappuccio, con un sospiro mesto, pensando che forse quell'acquazzone era stato mandato dal cielo per punirlo del suo comportamento sgradevole.

Camminavano nella pioggia ormai da mezz'ora quando Sinyel si bloccò di colpo e indicò un punto davanti a loro. Gylas non poteva vedere la sua espressione perché anche lei si era tirata su il cappuccio, però davanti a loro non c'era niente oltre a pioggia, erba e qualche albero.
"Una casa!" Esclamò, al colmo della sorpresa. In quel mondo soltanto le creature mezzo umane come i fauni talvolta vivevano in case artificiali. Anche quelle spesso erano ricavate da vecchi alberi vuoti. Se Sinyel nel aveva visto una costruzione che aveva subito identificato come una casa, allora doveva essere un edificio simile a quelli del loro mondo.
"Sei sicura, cugina? Io non vedo niente…"
"Forse solo uno di noi due ha ereditato la proverbiale vista acuta degli elfi" lo punzecchiò lei. "Ti assicuro che davanti a noi c'è una casa e non è neanche tanto lontana."
"Davanti a noi c'è una macchia di alberi" protestò il bardo, che stava cominciando a preoccuparsi che lei avesse le allucinazioni.
La mezzelfa lo afferrò per un polso e accelerò il passo, trascinandoselo dietro.

Avvicinandosi a quell'edificio che solo lei poteva vedere, Sinyel si accorse che non era veramente una casa. Aveva un largo portone e sopra di esso campeggiava un'insegna. Pioveva troppo ed era troppo buio per poter distinguere qualcosa nella luce cinerea del crepuscolo, però c'erano chiaramente delle lettere incise nell'insegna di legno. Forse non erano neanche lettere in una lingua che lei potesse comprendere.
Ad ogni modo erano troppo stanchi, bagnati e infreddoliti per lasciarsi scappare un'occasione simile.
“Sinyel, ora basta!” Gylas la fermò un istante prima che potesse bussare alla porta. “Questo scherzo è durato anche troppo!”
“Scherzo? Sei tu che scherzi, adesso! La porta è proprio qui davanti a…” l’avventuriera si girò per fronteggiare il bardo, pensando che le stesse giocando un brutto tiro, ma quando incontrò il suo sguardo si accorse che era sinceramente allarmato. “Tu non… non la vedi? Sul serio??”
“Non vedo niente a parte una macchia di alberi. Sinyel, questa sembra proprio una trappola. Un miraggio. Qualcosa vuole attirarci in questa macchia di alberi.”
La mezzelfa sgranò gli occhi, riconoscendo che quel sospetto era molto fondato. Eppure… fino a quel momento non avevano incontrato nessuna creatura capace di una magia così sofisticata.
“Se fosse un miraggio o un’illusione, basterebbe non crederci” ragionò Sinyel. “Potrei provare a toccare quella che vedo come la porta, tu che cosa vedi davanti a noi?”
“Lo spazio vuoto fra due alberi” rispose il bardo, cogitabondo. “Se è in corrispondenza della porta, sembra perfetto per attirarci dentro.”
“Ma se la mia mano passerà attraverso la porta, allora sapremo che è davvero un’illusione.”
“E se qualche creatura invisibile ti afferrasse la mano nel momento in cui passa oltre la porta?” Gylas era fin troppo prudente, quando era spaventato.
La mezzelfa sorrise con leggerezza e fece due passi indietro, un campanello d’allarme che il cugino avrebbe dovuto cogliere.
“Oh, in quel caso… KYAAAA!” Sinyel saltò in avanti e colpì la porta con un calcione. Se ci fosse stata una creatura invisibile pronta ad acchiapparla, si sarebbe presa una bella pedata nelle viscere. Se invece fosse stata una vera porta…

Era una vera porta. Non era chiusa a chiave. Si spalancò con un gran fracasso, andando a sbattere contro le pareti interne.
Gylas rimase senza parole: ora la vedeva anche lui! L’arco della porta, almeno. Ancora non vedeva l’edificio. Riuscì a sbirciare da dietro le spalle di sua cugina: all’interno c’era un grosso stanzone illuminato da una luce calda, come di lanterne. Proveniva un leggero chiacchiericcio, indicando che il posto doveva essere mezzo vuoto. Un anziano oste stazionava dietro a un pesante tavolo bar di legno nero.
“Oh! Gente! È questo il modo di aprire una porta?” Li sgridò il vecchietto, agitando un pugno verso l’alto. Nella mano stringeva uno strofinaccio da cucina.
L’uomo - sempre che fosse un uomo - faceva evidentemente fatica a stare in piedi, si appoggiava con una mano al bancone, e sembrava che fosse intento a pulire boccali fino a un momento prima. Le sue parole suonarono strane alle orecchie dei due mezzelfi, ma il significato arrivò forte e chiaro nelle loro menti. Doveva esserci un incantesimo in atto, uno per comprendere i linguaggi altrui.
“Ah… scusate” Sinyel rimase lì sulla porta, imbarazzata. “Non sapevamo se fosse un vero edificio o un’illusione, perché io lo vedevo e mio cugino no… ehm…”
“Ah, certo, certo” rimuginò il vecchio. "Venite dentro, eh! Non state fuori sotto la pioggia come mammalucchi. Beata gioventù! Ai miei tempi potevo stare sotto la pioggia tutto il giorno, ma poi s'invecchia, eh? Fra cinquant'anni le sentirete tutte con gli interessi, queste camminate sotto la pioggia. Le ossa ricordano!"
I due giovani si guardarono l'un l'altro. Gylas aveva ancora il sospetto che potesse essere una trappola, ma Sinyel lo congelò con un'occhiataccia. Non vedeva una vera locanda da mesi. Lui si lasciò convincere in fretta: pioveva veramente tanto.
Entrarono.
All'interno li accolse un piacevole tepore, come se l'aria fosse magicamente riscaldata e il vento freddo delle pianure non potesse raggiungerli. Perfino la pioggia si fermava sulla soglia, come se sbattesse contro una parete invisibile. Quella barriera però non aveva fermato né Sinyel né Gylas. Il tizio al bancone si rilassò, rivelando solo in quel momento, per contrasto, che fino a un momento prima era contratto per il nevoso.
"Sono a posto, Maude" gridò, e i due percepirono qualcosa che si muoveva alla loro sinistra.
Una creatura alta quanto un armadio si fece avanti dall'ombra. Il suo corpo umanoide era coperto di peli e la testa era quella di un lupo, con una bocca piena di denti aguzzi e abbastanza grande da strappare un braccio a un uomo.
"Benvenuti" ringhiò la creatura, allargando quel ghigno minaccioso. Gylas fece un passo indietro, nascondendosi dietro alla cugina.
Lei se ne accorse e gli schiacciò un piede.
"Ahi! Dai, Sinyel, sei tu la guerriera!"
"Inutile strimpellatore pusillanime" sussurrò lei di rimando "non si può mai contare su di te!"
Prima che le cose si facessero inquietanti, la creatura lupesca si allontanò, camminando verso in bancone con andatura tranquilla e in posizione perfettamente eretta.
"È un lupo mannaro in forma ibrida" mormorò Sinyel, che era abbastanza esperta di creature pericolose. Da bambina adorava le creature pericolose, e aveva fatto molte ricerche. Quando aveva raggiunto una buona conoscenza del mondo e delle sue minacce aveva deciso che era ormai pronta per diventare un'avventuriera.
"Perché indossa un grembiulino?" domandò il bardo sottovoce.
"E che ne so?"
Nel frattempo il lupo mannaro di nome Maude aveva raggiunto il piano bar. "Vado a cambiarmi, Sengo. Torno subito." E sparì attraverso un arco nel muro dietro al bancone, piegandosi in modo scomodo per passare.
L'uomo fece cenno ai due mezzelfi di venire avanti.
"Su, su, ragazzi. Chiudete la porta, eh. Non vogliamo che tutti ci vedano."

Gylas chiuse la porta, chiedendosi se non stesse firmando la loro condanna a morte. E se poi non fossero più riusciti ad uscire?
Sinyel era la più coraggiosa fra i due e si mosse verso il bancone. Il bardo la seguì, guardandosi intorno.
Al primo sguardo avrebbe giurato che fosse proprio una taverna. C'erano due lunghissime tavolate, il cui ripiano sembrava ricavato da un unico gigantesco albero, non erano tanti tavoli più piccoli uniti insieme. Era un tipo di arredamento abbastanza fuori moda, qualcosa che richiamava i secoli passati; ormai si usava che le taverne avessero tanti piccoli tavoli. Quel sistema era più da refettorio di un monastero.
"Sembrate infreddoliti. Qualcosa di caldo da bere?" Propose il vecchio.
"Una tisana."
"Una birra."
Avevano parlato in contemporanea, e l'anziano li guardò un po' sperso, con i suoi occhi ormai deboli.
In quel momento una donnina che ormai aveva passato la mezza età arrivò dal retro portando una serie di ciotole pulite.
"Oh, sei qui, Maude. Una birra per la signorina e una tisana per il giovanotto" ordinò, ripetendo la comanda. "Forse voi ragazzi volete andare a sedervi vicino al camino?"
Per la prima volta, i due cugini diedero una bella occhiata approfondita al luogo. Era uno stanzone molto lungo, con un grosso camino dalla parte opposta rispetto al bar. Sembrava accogliente. Non che al bancone facesse freddo, ma sarebbe stato piacevole avvicinarsi di più al fuoco.
Peccato che le due tavolate fossero occupate da creature che per la maggior parte non avevano nulla di umano. Sinyel contò almeno otto paia di corna e sei code, più due o tre creature che sembravano più morte che vive.
"Qui stiamo benissimo" si affrettò a rispondere.
"A posto così" confermò Gylas.
"Bene, bene" mugugnò il vecchio, mentre la sua collega gli passava un boccale di birra schiumante. Lui l'appoggiò davanti alla guerriera. "Per la tisana ci vorrà ancora un po', eh. Ti piace la liquirizia, ragazzo?"
"L'adoro" mormorò il bardo, meccanicamente, senza più osar guardare né a destra né a sinistra. In realtà non andava pazzo per la liquirizia, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a discutere. Sperava solo di uscire vivo da quel posto inquietante.
"Due giovanotti dal portamento fiero e dal viso pulito" commentò la vecchietta, dando di gomito all'uomo. In realtà, a guardarlo bene, assomigliava più a un mezzelfo che a un uomo, ma la sua pelle era troppo scura. Un mezzo drow? Oppure aveva passato l'estate in un posto molto assolato? "Quali affari possono mai avere due persone così, al Questers' Club?"
"Ma fatti gli affari tuoi, vecchia carampana" la rimbrottò lui, in tono bonario.
"Ah! Sei tu che sei troppo riservato, vecchia mummia" rispose lei, stando al gioco. "È un nostro diritto interrogarci su chi entra nella nostra locanda."
"La locanda li ha lasciati entrare" fu la risposta stringata. "A me basta." Poi si rivolse direttamente ai due mezzelfi: "La tua tisana, ragazzo. Lasciala in infusione ancora un po', eh, non è bollente. Le erbe non fanno lo stesso effetto se l'acqua è bollente, e tu sembri uno che ha proprio bisogno di un revitalizzante. Guarda che pallore! Così su due piedi mi puoi sembrare un morto che cammina, e io ne ho visti, eh! Anche in questa locanda, come no!"
Gylas impallidì ancora di più.
"Ma che… che posto è questo, esattamente?" pigolò.
I due anziani proprietari si guardarono l'un l'altro.
"Siete al Questers' Club, come vi ha detto Maude. E io sono Sengo. Mandiamo avanti la baracca da quando il vecchio Gragug è morto. Pace all'anima sua, gli orchi non vivono molto a lungo, eh! Tutti lo sanno. Lui è vissuto anche tanto. Povero vecchio Gragug. Abbiamo ancora la sua ascia, da qualche parte. Una cosa impressionante, eh! Un umano deve usare tutte e due le braccia per sollevarla come si deve."
"Stai di nuovo partendo per la tangente, Sengo." La vecchia gli toccò un gomito.
"Ah sì, ah sì" l'oste scosse la testa. "Si invecchia, e si ricordano i tempi antichi meglio di quelli recenti. Ma non abbiamo fondato noi il Quester's Club, eh? Nemmeno Gragug. No, un orco che fonda una locanda? Bah! Parola mia, un orco può arrivare ad amare i coniglietti ma non ha la testa di fondare una locanda. È sempre così: quando uno di noi invecchia e diventa incapace di andare all'avventura, diciamo che si piglia in gestione la locanda. È come per continuare a essere utili, eh? Per aiutare le nuove generazioni." Li trapassò con uno sguardo insolitamente acuto. Si aspettava che dicessero qualcosa, forse, ma loro non avrebbero saputo cosa dire. "Questo è un posto per persone che hanno preso una strada sbagliata e vogliono cambiare." Chiarí.
I due ci rifletterono su in silenzio.
Gylas ci arrivò per primo.
"Per questo la taverna è piena di…?" Stava per dire mostri, ma si fermò appena in tempo. Tutt'a un tratto gli sembrava molto scortese.
"Oh, sì. Ma non è che si deve giudicare dall'aspetto. Molti dei nostri clienti sono… sembrano persone normali, eh! Umani, mezzelfi… qualche elfo, e gli gnomi, sì, qualche d'uno. Mai visto un halfling qua dentro. Secondo me chi tiene sempre la pancia piena non ha troppo tempo di complottare brutte cose. E non lo dico perché gestisco una locanda, eh!, ma voi dovreste proprio mangiare qualcosa."
Gylas e Sinyel si guardarono a vicenda, per l'ennesima volta. Lui aveva una mezza idea di chiedere se avessero stufato di capra, ma non voleva turbare la cugina.
"Noi non abbiamo preso una strada sbagliata, almeno non credo" azzardò il mezzelfo, timoroso delle conseguenze. Se li avessero multati, o cacciati, o peggio ancora imprigionati? Se avessero tagliato loro la lingua per fargli mantenere il segreto? Ricordava bene che il vecchio aveva detto 'Non vogliamo che tutti ci vedano'.
"Ci siamo un po' persi, nel senso che non troviamo un modo per tornare a casa" spiegò Sinyel, sperando di migliorare la loro posizione, "ma non siamo mai stati, be', malvagi."
Il vecchio mezzelfo si grattò il mento su cui cresceva una barba rada e patetica.
"La locanda vi ha lasciati passare oltre la barriera, quindi è chiaro che non siete malvagi. Ma è strano che siate riusciti a vederla. Qualcosa minacciava la vostra vita? Si fa trovare, in quel caso."
I due si strinsero nelle spalle in un gesto molto simile.
"No."
"La pioggia era fastidiosa, ma non letale."
Maude gli diede di gomito, come per suggerirgli qualcosa. Lui all'improvviso ricordò un dettaglio.
"Oh, ma la fanciulla non ha forse detto che tu, giovanotto, non riuscivi a vedere l'edificio?"
Gylas annuì, perché in effetti era andata proprio così.
"È chiarissimo, allora" intervenne la lupa mannara in forma umana. Fissò lo sguardo su Sinyel, cercando nel suo viso una conferma della sua intuizione. "Qualcosa turba la tua coscienza, tesoro, oppure voi due siete considerati 'persone che hanno compiuto azioni malvagie' secondo gli standard di questo mondo."
Non aveva ancora finito di parlare, che già Sengo si era sbattuto una mano sulla fronte.
"Animali parlanti!" Sbottò. "Sbaglio, giovani?"
"Be'... Animali parlanti" confermò Sinyel. "E sì, mi sento davvero una cacca per aver mangiato carne in passato, e…"
"Odio questo fottutissimo mondo!" La interruppe il vecchio. "Pieno di muffin canterini e vuoto di buonsenso."
Sinyel rimase senza parole, Gylas mormorò "Muffin canterini?" senza troppa convinzione.
"È un modo di dire" borbottò Maude. "Sengo non ama questo mondo. Io lo detesto. Perché i predatori come i lupi e le volpi e perfino i gatti vengono colpevolizzati per quella che è solo la loro natura, e si sentono dire così spesso che sono malvagi che poi finiscono per crederci. Quelli che riescono, scappano su altri mondi. Se avete mai sentito leggende su lupi parlanti che ingannano i bambini… vengono tutti da questo mondo. Ma non è facile, perché non ci sono molti Portali. E non sono mai stabili, si attivano e si disattivano a caso. La gente ci casca dentro quasi per errore."
I due mezzelfi ascoltavano avidamente, a occhi spalancati. "Ma quindi…" ragionò il bardo, "questa locanda di solito non si trova su questo mondo?"
"Eh! È una locanda interplanare, figlioli miei." Raccontò l'oste. "Bevi la tua tisana, giovane, che si fredda."
Gylas e Sinyel accolsero quella rivelazione in silenzio attonito.
"Potete portarci a casa?" Domandò Sinyel.
"Vi prego! Vi prego!!" Implorò il bardo.
I due anziani s'irrigidirono, a disagio.
"Non è così che funziona, figlioli" a Sengo si afflosciarono le spalle. "La locanda non lo consente. Si esce da dove si entra. Se si spostasse su un altro mondo, restereste bloccati qui finché non torna in quel posto del cavolo."
"A volte compare contemporaneamente in due luoghi dello stesso mondo, e nemmeno in quel caso si può decidere dove uscire. Sì esce da dove si entra" confermò Maude. "A meno che non facciate parte dello staff."
I due avventurieri si scambiarono un'occhiata molto consapevole.
"Ero giusto in cerca di un impiego" affermò Gylas.
"Adoro pelare patate" mentì Sinyel.
Sengo si lasciò sfuggire uno sbuffo che era chiaramente una risatina camuffata.
"La locanda deve accettarvi e riconoscervi come membri del personale" chiarí, in tono paziente e quasi dolce. "Significa lavorare qui per tutto il periodo di prova, che è di un anno, un mese e un giorno."
"È chiaro che se rimanete su questo mondo, potreste anche non riuscire ad andarvene mai" spiegò la licantropa, "ma lavorare qui non è uno scherzo. I nostri clienti non sono mai battaglieri, ma alcuni sono depressi. Si ubriacano e poi bisogna trascinarli in una stanza. C'è sempre, e dico sempre, del vomito da pulire. E potreste vedere creature spaventose e dover ascoltare i loro racconti raccapriccianti. Qui non arrivano solo onnivori che si sentono in colpa. Arrivano anche persone che hanno compiuto genocidi e trucidato bambini. Noi cerchiamo sempre di non giudicare, perché questo è un posto sicuro… e quando vi verrà naturale farlo, ricordate sempre che le persone che entrano qui si stanno già giudicando da sole. È un lavoro emotivamente pesante."
"È emotivamente pesante anche vivere in mezzo ai muffin canterini" replicò Gylas, riprendendo la definizione del vecchio locandiere. "Sinyel si sentiva sempre più in colpa per una cosa di cui a me, detto fuori dai denti, non frega niente. Ma mi fa male vederla in preda ai tumulti emotivi."
"Tu devi essere un bardo" scherzò il vecchio, appoggiandosi al bancone con entrambi i gomiti.
"L'hai capito dalla mia favella? O dalla mia spiccata sensibilità?"
"Dal liuto legato alla tua schiena."
Gylas sorrise, perché capí che doveva essere una battuta. Il liuto era lì fin dall'inizio.
"Allora, c'è lavoro per noi?" Insistette Sinyel. "Siamo mezzelfi, possiamo sacrificare un anno, se è per tornare a casa."
Maude ci pensò un attimo, poi annuì.
C'era sempre lavoro per due paia di braccia in più.

   
 
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