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Autore: WhiteWitch    09/11/2019    1 recensioni
Era quel genere di giornata in cui la gente non esce di casa, si rintana sotto una coperta e permette a se stessa di oziare. Un paio di bambini passarono di corsa, chiaro segno che le scuole erano state chiuse. Si prevedevano altre nevicate molto più intense per i giorni seguenti. Per tutto il giorno, Aziraphale ciondolò per il negozio, il tempo che scorreva lento. Crowley non parlò quasi per nulla e si limitò a gravitare intorno all'angelo come un satellite.
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Una raccolta di missing moments tra passato e presente.
Idealmente è il seguito di di Hold me while you wait, ma la si può tranquillamente leggere separatamente.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV - Casa

Crowley era nervoso. Non era una novità, chiunque lo conoscesse bene – e quindi, nessuno – poteva affermare che, in ogni circostanza di ogni giorno della sua vita, il demone passava dall'essere un fascio di nervi all'aver voglia di scomparire per sempre.

In quel momento, però, era più nervoso che mai.

Era stanco. Non ricordava di essere mai stato stanco, in generale; figurarsi poi così stanco. Fermare il tempo era una cosa: lo aveva fatto migliaia di volte. Però... fermare il tempo, trasportare se stesso, Aziraphale e l'Anticristo in un piano dimensionale differente, guidare un'auto in fiamme per ore, scappare da Hastur attraverso la linea telefonica subito dopo aver pensato seriamente di uccidersi all'ennesimo rifiuto da parte dell'angelo...

Sì, era stanco, nervoso e molto tentato dal trasformarsi in un serpente grosso come una moneta per nascondersi in fondo a un cassetto.

E ora Aziraphale era nel suo appartamento. Gironzolava, guardandosi intorno, e toccava: toccava i muri, lo schienale del divano, gli stipiti delle porte.

In un altro momento, un qualsiasi altro momento, Crowley non avrebbe provato alcun senso di fastidio. Quella notte, però, cominciò fin da subito a sentire un prurito alla base del collo.

Aziraphale aveva passato le ultime ore ad essere prima un'essenza incorporea e poi un ospite tollerato nel corpo di una medium di mezza età. Era normale, si disse Crowley, che volesse toccare. Che volesse una prova dopo l'altra del fatto di essere ancora molto vivo e molto tangibile.

Almeno per il momento, perché chissà?, magari sarebbero stati giustiziati il giorno dopo: questo pensiero riportò Crowley sulla via del nervosismo.

Aziraphale entrò nella serra; al suo passaggio, le piante iniziarono a tremare paurosamente. Il ficus elastica fremette così tanto che rischiò di cadere dalla mensola.

«Che cos'hanno?», si informò Aziraphale.

«Uhm», rispose Crowley.

Aziraphale lanciò un'occhiata a un bonsai particolarmente agitato e gli disse in tono confidenziale: «Sei davvero lussureggiante, sai? Foglie così verdi!».

Il bonsai smise di tremare immediatamente.

«Crowley deve prendersi una gran cura di te».

La pianta si espresse nell'equivalente vegetale di un diniego. Aziraphale aggrottò la fronte e gettò un altro sguardo al resto delle piante. Crowley capì al volo che aveva finalmente chiaro il motivo del loro terrore.

«Crowley!». L'angelo si voltò e tornò a passo di marcia verso il salotto con un'espressione contrariata. «Queste creature sono sotto la tua protezione! Hai deciso di prendertene cura e le spaventi in questo modo!».

Le mani strette a pugno, Crowley inspirò. Cercò di non pensare a non mi piaci nemmeno, Crowley e a no, non vengo con te su Alpha Centauri, Crowley e alla sua povera Bentley. Poi espirò.

Aziraphale stava ancora parlando.

«Voglio dire, è come se fossi un genitore! Come ti sentiresti se qualcuno che ami ti cacciasse perché non ti comporti come si aspetta da te?».

L'angelo emise un respiro mozzo e si portò le mani alle labbra, l'aria colma di angoscia. Crowley si spinse gli occhiali da sole più in alto sul naso.

«Scu-Scusa, Crowley... Mio caro, sai che non intendevo...».

«Io so esattamente come mi sentirei, perché è successo! E ho fatto un volo di sola andata per il buco del culo dell'Inferno per questo! Ti dispiace per le mie piante? Allora, perché non ne prendi una, la porti a casa e vedi se sai fare di meglio?».

Si pentì subito di quelle parole, perché Aziraphale non aveva più una casa. Era bruciata e una parte del cuore di Crowley era bruciata con essa.

Aziraphale assunse un'aria affranta.

Con uno sbuffo, Crowley si portò le mani sui fianchi e abbassò lo sguardo. Un silenzio pesante calò su di loro come una coperta, o un sudario.

«Mi dispiace», disse Crowley. Si fregò il naso con il dorso della mano.

«Oh, caro...». La voce di Aziraphale si caricò di gentilezza e calore. «Non importa, non piangere...».

«Non sto piangendo!», ruggì Crowley, umiliato.

«Certo».

Aziraphale parve per qualche momento molto combattuto; Crowley non aveva bisogno delle capacità intuitive di Agnes Nutter per capire di averlo messo in difficoltà.

«Senti, io...». Sbuffò di nuovo: perché era così difficile parlare? Si trattenne dal grugnire. «Mi dispiace, va bene? È stato il giorno peggiore della mia vita. Più brutto anche del fottuto quattordicesimo secolo».

«Lo so». Aziraphale annuì con più veemenza del necessario. «Lo so, Crowley, lo capisco».

«E... E mi sento una merda perché per te dovrebbe essere stato peggio, voglio dire, hai perso il tuo corpo e hai perso la libreria e la casa e hai dato un calcio in culo figurato a tutto ciò che tu abbia mai amato e rispettato...».

Aziraphale sgranò gli occhi, ma non parlò, forse perché non riusciva a inserirsi nel discorso dato che Crowley aveva iniziato a parlare a raffica.

«Eppure tu non stai perdendo la testa, tu non stai urlando nel tuo appartamento, non stai piangendo come un ragazzino... Cazzo, non sono mai stato così a disagio e comunque, tanto per la cronaca, non ho detto che ti perdono per quello che hai detto ieri! Perché è stato davvero orribile e non credo che potrò mai, mai, mai dimenticarlo, sei stato così... così...».

Fu allora che si accorse che Aziraphale stava facendo uno sforzo per non ridere.

«Così come?».

«Oh, così stronzo! E non ridere, non ridere...», balbettò, esausto.

Invece Aziraphale scoppiò in una risata fragorosa.

Di colpo, tutta la rabbia e la frustrazione sembrarono scivolare via dalle spalle di Crowley con la semplicità di uno scroscio d'acqua. Emise una risatina stanca e tirò su col naso.

«Vai a dormire, va bene?», gli propose Aziraphale quando si fu calmato. Gli si avvicinò e gli strinse una spalla. «Sei stanco e un po' di riposo ti farà bene. Io penso di avere un'idea su cosa significhi l'ultima profezia di Agnes, ci lavorerò».

Crowley apprezzò molto il fatto che Aziraphale non avesse più sottolineato la sua crisi di pianto. Annuì.

«Va bene».

Mentre dormiva, gli parve che qualcuno a un certo punto si sedesse sul materasso al suo fianco e gli dicesse qualcosa; ma Crowley stava dormendo e, al risveglio, non riuscì più a distinguere sogno e realtà.

   
 
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