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Autore: Emmastory    05/01/2020    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XLII

Passi oltre la nebbia

Lenta e interminabile, un’altra notte passava, e sveglia, ero tornata a fissare la luna nel cielo tinto di nero. In circostanze normali non reagirei, sicura che insieme a me anche il mondo riposi, ma non oggi, o meglio, non stasera. Dovrei essere tranquilla, respirare a fondo e provare a riaddormentarmi, ma non ci riesco, e con mille nuovi dubbi a torturarmi la mente e le mente, perfino guardare il cielo è doloroso. L’oscurità mi avvolge, la luna fatica a splendere, e le stelle non brillano, forse spaventate e troppo timide per rischiarare le tenebre attorno a loro. Dormiente e ignaro di tutto, Christopher riposa, e voltandomi a guardarlo, sospiro. Lo guardo dormire, e vorrei svegliarlo, ma stringendo i pugni, cambio idea. Quello che sto affrontando è solo un nuovo periodo di stress sia fisico che psicologico, e nonostante sia il mio protettore, davvero non me la sento di disturbarlo. Così, pochi attimi svaniscono dalla mia vita, e il mio pensiero va a noi. A me e lui insieme, e a tutte le tempeste, reali e metaforiche che abbiamo affrontato. Diversi screzi ci hanno allontanato l’uno dall’altra in passato, e lo so bene, ma se c’è una sola altra certezza che alberga nel mio cuore legata a quanto ami quell’uomo e il resto della nostra futura famiglia, è unita alla consapevolezza di voler continuare ad allenarmi e migliorare, così da poter agire e difendermi da sola senza essere considerata un peso per nessuno. So bene che Christopher non mi accuserebbe mai di qualcosa del genere, e nonostante tutto, credo che lo stesso valga per Sky. I miei ricordi sono offuscati dal tempo e da quella dannata luce bianca, ma ricordo di aver avuto più di una lite anche con lei, e se molte di quelle appartengono a un tempo in cui non eravamo che pixie, bambine appena capaci di volare, camminare e orientarci nel bosco, uno solo di quei litigi non sparirà mai dalla mia mente. La primavera aveva da poco fatto visita a queste terre, nell’aria c’erano il profumo della gioia e dei fiori, ma allo stesso tempo, anche quello del velenoso rancore. Christopher ed io stavamo insieme solo da pochi mesi, quasi un anno, e Sky era gelosa. Sì, gelosa, proprio di me che ero, sono e sarò sempre sua sorella. Inizialmente aveva fatto fatica ad ammetterlo, ma poi si era spiegata, e con un abbraccio e qualche parola di conforto, eravamo riuscite a riappacificarci. Sulle prime, dovetti ammettere a lei e a me stessa di non capirla, di non sapere quale fosse il motivo che l’avesse spinta a chiedere al suo Midnight di farmi del male, ma poi, all’improvviso, le sue parole erano bastate ad aprirmi gli occhi. Incapace di tacere il suo dolore, aveva ammesso di provare nei miei confronti e in quelli di Christopher, non riuscendo a sopportare la nostra vista insieme. Non ci odiava, e lo sapevo bene, ma a quanto sembrava, almeno allora il nostro affiatamento era come tossico per lei. Concedendomi del tempo per pensare, alla fine avevo capito ogni cosa, e ogni tessera di quel vitreo e intricato mosaico aveva trovato il suo posto. Come biasimarla? Dopo il nostro abbandono, era stata costretta a crescere prima del tempo per prendersi cura di sé stessa prima e di me poi, e come se questo non fosse abbastanza, fra noi ero stata la prima a maturare, a scoprire il mio elemento, ad acquisire il controllo dei miei poteri e perfino a trovare un protettore. Lei la chiamava gelosia, ma riflettendo carpivo nelle sue parole un senso di inferiorità e manchevolezza, che era fortunatamente scomparso dalla sua vita con l’arrivo di Major. Ormai non lo vedevo da molto, e li avevo visti insieme solo durante le sere di Notteterna, mentre per quanto riguardava Noah, la situazione era diversa. Divorato da un misto di vergogna, dolore e sofferenza, anche lui era ad Eltaria, e stando a ciò che avevo potuto osservare da lontano sul ponte di legno che portava al Giardino, era riuscito a lasciarsi Sky alle spalle, e pur soffrendo, ad andare avanti, ritrovando l’amore in Eden, un’elfa di questa selva. Sdraiata a letto, a volte ripenso a quel giorno, scoprendo la parte più razionale di me sempre fermamente convinta di una cosa. Lui non lo dice, ma non l’ama davvero, e più che vero amore, in lei ha trovato un ripiego, una sorta di temporanea panacea contro il dolore che dimenticare Sky, o almeno provarci, gli provoca. Silenziosa e con le mani giunte, prego per loro e per me stessa, non dimenticando di rivolgere un pensiero anche a Marisa e a coloro che mi aspettano proprio ad Eltaria. Esausta, chiudo gli occhi scivolando nella grigia incoscienza, conservando nel cuore la speranza di un domani più sereno. Ore dopo, mi risveglio, e con il sole che splende nel cielo e gioca nascondendosi dietro le nuvole, dispettoso come un bimbo, spero che le mie preghiere siano state ascoltate. Per fortuna Christopher non si è accorto di nulla, e incantata, non vorrei davvero svegliarlo. Sorridendo, lo guardo riposare, calmo e rilassato, ma all’improvviso, qualcosa dentro di me cambia, e non resistendo oltre, mi avvicino per baciarlo. In breve, le nostre labbra si sfiorano, e seppur colto alla sprovvista, lui ricambia all’istante. “Kaleia…” mi chiama appena, sorpreso. “Sì, custode mio? Devi dirmi qualcosa?” azzardo, giocosa e sicura di averlo già stregato. “No, amore, nulla.” Risponde lui, stirando le labbra in un sorriso sghembo. “Nulla se non che ti amo.” Aggiunge poco dopo, sporgendosi abbastanza da sfiorarmi ancora e stringermi a sé. Lasciandolo fare, mi godetti la permanenza fra le sue braccia, e muovendomi con lui, finii per sovrastarlo. Ferma e inerme, non approfittai di quel momento, e perdendoci l’uno negli occhi dell’altra, ci scoprimmo senza parole. Calma e felice, le reputai superflue per esprimere il nostro amore, e con il cuore che mi batteva impazzito nel petto, lo baciai ancora. Paziente, lasciò che fossi io a condurre quella passionale danza, che conobbe fine solo quando non ebbi più respiro. “Sempre il solito adulatore, vero, Chris?” chiesi non appena ci staccammo, innamorata come non mai. “Sempre, cara, e mai diverso da come mi conosci.” Replicò subito lui, emulando il mio tono di voce e il mio sorriso, che in momenti come quelli non lasciava mai il mio volto. Divertita, risi di vero cuore, e in quel momento, un suono ci distrasse. Confusa, spostai lo sguardo verso la porta ancora chiusa, e dopo una battuta di silenzio, lo sentii di nuovo. “Pare che qualcuno non abbia imparato le buone maniere.” Commentò Christopher, sicuro dell’identità di chi era venuto a disturbarci. Spinta dalla curiosità, tornai a guardarlo, poi capii. “Cosmo, smettila. Non grattare alla porta.” Dissi, alzando la voce per farmi sentire anche oltre il duro legno. Altro silenzio seguì le mie parole, e con il suo spezzarsi, un debole latrato. “Grazie.” Continuai poco dopo, terminando solo allora quella sorta di conversazione con l’Arylu. Di lì a poco, il silenzio tornò a regnare fra noi per qualche istante, e mal sopportandolo, spostai l’attenzione su altro. Proprio come ricordavo, il vaso con i fiori ricevuti in dono da Lucy l’anno prima era ancora lì, e stranamente, le viole non erano appassite. Non ne ero sicura, né potevo esserlo, ma forse alcune stille della mia magia si erano sciolte nell’acqua quando avevo tentato di rianimarle, e attingendo a quelle, la pianta era rimasta in vita. A quel ricordo, sorrisi, e allontanando da me la coperta, mi alzai. Cauta, cercai le mie pantofole accanto al letto, e infilandole, camminai verso lo specchio della stanza. Fu lì che vidi il mio riflesso, e a poca distanza da quest’ultimo, l’armadio. Chiuso ma non a chiave, attirò la mia attenzione, e lentamente, ne aprii una sola anta. Ancora una volta, vidi il mio riflesso anche in quello specchio, e sorprendentemente, una lacrima mi rigò il volto. Scuotendo la testa, la scacciai, e respirando a fondo, tentai di calmarmi. Fu quindi questione di un attimo, e il mio sguardo cadde su qualcosa di diverso. La mia veste. La solita veste che in genere sostituivo al pigiama, che in quel momento riportò alla mia mente un ricordo preciso. Stando a ciò che avevo sentito dire dalle genti di Eltaria, l’ultima sera di Notteterna avrebbe dovuto concludersi con una sfilata di moda o qualcosa di molto simile, e troppo impegnati ad osservare il ritorno di Major nella vita di Sky, Chris ed io ce l’eravamo persa. Ammetto che sarebbe stato bello poterla vedere, e forse anche partecipare, ma ora anche quell’occasione apparteneva al passato, e considerando il nostro presente, non importava. Concentrandomi, riuscii a tornare alla realtà, e la voce di Christopher irruppe nel flusso dei miei pensieri.“È proprio vero, non imparerà mai.” Disse, confondendomi all’istante. “Scusa, cosa?” indagai, incerta. “Cosmo. Non imparerà mai se non gli insegniamo.” Ripetè, per poi spiegarsi e posarmi una mano sulla spalla. Sorpresa da quel tocco, mi ritrassi senza volerlo, sentendo il mio ciondolo agitarsi come la mia anima. “Kia, cosa… cosa c’è? Ti senti bene?” azzardò allora lui, preoccupato. “Sì, sì, non è niente, stavo… stavo pensando.” Mi affrettai a replicare, spaventata. Sforzandomi, tentai di non tremare, ma ogni tentativo si rivelò vano, e cercando la mano del mio Christopher, lo pregai di uscire dalla stanza. “Chris, ho fame, sarà… sarà ora di colazione, non credi?” provai a dire, sentendo però la voce tremare e le corde vocali rischiare di spezzarsi con ogni parola. “Certo, ma sei sicura che vada tutto bene? Puoi parlarmene, lo sai.” Insistette lui, con la voce corrotta dalla preoccupazione che avevo scorto nei suoi occhi solo poco tempo prima. Aveva ragione, potevo parlargli senza bisogno di mentire, ma per qualche arcana ragione, non me la sentivo. Nervosa, feci saettare lo sguardo in più direzioni, e proprio allora, il mio ciondolo si mosse di nuovo. Colta alla sprovvista, barcollai, e portando una mano alla tempia per lenire un improvviso dolore, me ne convinsi. Erano le voci, stavano tornando, e mentre quel malessere aumentava, per un attimo ne sentii una sussurrare sinistramente. “Te l’abbiamo già detto, non puoi salvarli, Kaleia. Non te stessa, non loro né chiunque ti ami. Arrenditi, giovane, fata, arrenditi.” Frasi alle quali non mi sarei mai abituata, che mi atterrivano e spaventavano a morte, facendomi improvvisamente sentire debole e spaesata, fuori da questo mondo e da quello umano, o in altre parole, sospesa fra entrambi, in balia delle due distinte parti della mia anima, che per proteggermi da quegli attacchi, sembravano nuovamente impegnate a combattere fra di loro. Terrorizzata, strinsi forte la mano di Christopher, che agendo d’istinto, mi riportò subito a letto. Sedendomi, sentii il cuore accelerare, e con il respiro reso pesante da quell’agonia, non riuscii a parlare. Improvvisamente, ogni cosa attorno a me perse colore, e la voce del mio amato mi giunse ovattata. “Kaleia, tesoro, svegliati. Reagisci e svegliati. Torna in te e svegliati.” Tentativi di incoraggiarmi che in mille altre forme avevo già ascoltato, e di fronte ai quali, chiamando a raccolta le mie forze e il mio coraggio, non riuscii a restare ferma. Il tempo passato a lottare contro gli spiriti mi aveva insegnato ogni loro tecnica, fra cui proprio quella di sfiancare psicologicamente la vittima, e poi far scempio di ciò che ne rimaneva. Ci stavano riprovando, e avevo paura, ma non sarei diventata loro, mai. Così, con una mano chiusa a pugno e l’altra ancora stretta in quella di Christopher, respirai a fondo, e per un solo istante, mi parve di annegare. Paralizzata, incrociai il suo sguardo, e abbracciandomi, lui fu lì per me, pronto come sempre a confortarmi. “Grazie al cielo…” sussurrò appena, grato di non avermi perso. “Chris, scusami. Scusa, non volevo, avrei dovuto…” Balbettai in risposta, non sapendo cos’altro dire e tentando in ogni modo di giustificarmi. “No, non dirlo nemmeno. Non avresti dovuto fare niente. Quei dannati spiriti non si arrendono, ma tu sei più forte di loro, mi hai sentito?” fu svelto a replicare lui, più serio di quanto non fosse mai stato. Ad essere sincera, non l’avevo davvero mai visto così prima d’ora. Era felice di riavermi con sé, certo, ma anche arrabbiato, tanto che guardandolo, temetti il peggio. In preda alla collera, sfogò la tensione su un cuscino, e quando finalmente riuscì a calmarsi, lasciammo la stanza. Quelli appena trascorsi erano stati momenti terribili, nessuno di noi due poteva negarlo, ma sedendomi a tavola per la colazione, guardai prima Sky e poi mia madre, consumando quel pasto senza una parola ma sorridendo per non destare sospetti. Non era giusto, avevano il diritto di conoscere la verità e lo sapevo, ma qualcosa, una voce appartenuta non agli spiriti ma alla mia coscienza, mi diceva che non era ancora il momento giusto, che ci sarebbe stato, ma che non era quello attuale. Guardandomi, mia madre sorrise a sua volta, poi abbassò lo sguardo, e capendo al volo, mi sfiorai appena il ventre. Un gesto a dir poco universale per le donne nella mia condizione, che lei, muta ma orgogliosa, comprese senza una parola. Mantenendo il silenzio, non dissi altro, ma guardando Sky, la incoraggiai a imitare nostra madre. Confusa, lei mi guardò senza capire, e pochi attimi più tardi, lei sorrise ancora. Dati i trascorsi di entrambe, fu bello vederla così felice per una notizia data solo in parte e quasi in segreto, che avrei però davvero rivelato alla famiglia solo a breve. Così, con il cuore nuovamente gonfio di gioia, cercai la mano del mio Christopher stringendogliela da sotto la tavola, e tranquilla, riuscii a vedere una luce alla fine di quel tunnel,  e nonostante ogni mossa prima di quel momento sembrasse rivelarsi vana e la paura per questa situazione e mille altre forse non sarebbe mai scomparsa, anche stavolta sapevo che se uniti, avremmo potuto affrontarla, o in altri termini, iniziare a muovere i primi passi oltre la nebbia. 
   
 
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