Prologo
2.0
Come
promesso, eccoci qui con il
nuovo “secondo” prologo.
Spero
che vi piaccia e invito chi
lo desidera a iscriversi. C’è ancora posto,
perciò non siate timidi e fatevi
sotto ;)
30
agosto
1978,
Cornovaglia,
Residenza
estiva dei Lestrange
Barty
osservò il salone dei Lestrange, decorato in uno stile
barocco che superava di gran lunga il semplice arredamento di casa sua,
e
storse appena il naso. Proprio non riusciva a capire perché
si dovesse sprecare
una tale quantità di Galeoni per un castello e tutti i
fronzoli necessari a
riempirlo.
E
dire che i Lestrange passavano lì un solo mese
all’anno.
Afferrò
uno dei calici, portati dalla schiera di elfi
domestici che si affaccendavano con vassoi di bevande e cibarie, e ne
sorseggiò
lentamente il contenuto.
Se
non altro il vino elfico era di un’ottima annata,
considerò
cercando sua madre tra la folla d’invitati.
La
trovò impegnata in una fitta conversazione con Druella
Rosier e Walburga Black. Da quando suo marito era apparso come il
più papabile
futuro Primo Ministro, Celine Crouch era entrata nella cerchia
più ristretta
delle matrone Purosangue dell’alta società. Eppure
aveva mantenuto quel suo
modo di fare gioviale, sincero e affettuoso, che continuava a
differenziarla.
Anche in quel momento, immersa in chissà quale
conversazione, risaltava come un
candido fiore in mezzo a tutta quell’arrogante
oscurità.
La
vide sorridere mentre Druella Rosier accennava con il capo
in direzione di Narcissa e Lucius.
La
coppia felice continuava a stare l’uno vicino
all’altra,
quasi fossero indivisibili, e si destreggiavano tra un invitato e
l’altro;
sembrava, infatti, che non ci fosse nessuno in quel castello che non
fosse
smanioso di conoscere ogni dettaglio del loro emozionante viaggio di
nozze in
Oriente.
Si
divertivano con poco, non c’era che dire.
Quanto
a lui, aveva partecipato solo per fare da accompagnatore
a sua madre e per avere l’occasione di rivedere i suoi
compagni. Tuttavia, passare
un po’ di tempo in tranquillità con Regulus si era
rivelato quasi impossibile.
Theodosius
Nott, infatti, aveva monopolizzato il futuro genero
e non sembrava intenzionato a lasciarlo andare tanto presto.
Fece
per prendere l’ennesimo sorso di vino, ma si accorse che
il calice era già vuoto. Mosse rapidamente la mano verso uno
degli elfi
domestici, invitandolo ad avvicinarsi, e strinse le dita sottili sul
fuso dell’ennesimo
calice.
Stava
per portarlo alle labbra quando venne interrotto.
-
Dovresti andarci piano con quello, non vorrai finire con
l’ubriacarti.
–
La
voce era condita da un pizzico di ironia e tremendamente
familiare.
Si
voltò verso la sua proprietaria, incontrando un paio di
occhi color ghiaccio che scintillavano con un accenno di divertimento.
Rhaenyra
gli si era avvicinata a passo felpato,
sorprendendolo, e si era fermata accanto a lui.
Inclinò
appena il capo verso di lei, le labbra stirate in un
sorriso sardonico.
-
Ti preoccupi della mia salute? Che pensiero gentile, Nott. –
-
Non proprio -, lo corresse sottraendogli il calice e
sorseggiandolo al posto suo, - ma non credo che sia saggio ubriacarsi a
neanche
metà della serata. –
Ritrovatosi
ormai a mani vuote, non gli restò che incrociare
le braccia al petto e inarcare un sopracciglio.
-
Bartemius Crouch junior non si ubriacherebbe mai in
pubblico -, replicò sfoggiando la migliore delle sue
imitazioni paterne, - non
metterebbe mai in imbarazzo la famiglia in un modo così
sfrontato. –
-
Bartemius Crouch junior dovrebbe smettere di parlare di sé
in
terza persona -, sorrise Rhaenyra, - perché comincia a
sembrare leggermente pazzo.
–
Proruppe
in una risata bassa, prima di ammiccare: - Non lo
siamo forse un po’ tutti? –
Rhaenyra
finse di pensarci su per qualche secondo, poi increspò
le labbra tinte di rosso in un sorriso sornione.
-
Pazzi, intendi? Salazar, lo spero proprio, perché almeno
giustificherebbe le nostre azioni. –
Barty
non riuscì a capire a cosa si stesse riferendo con
precisione, ma sospettava che non glielo avrebbe mai spiegato anche se
le
avesse chiesto di farlo.
Era
tipico di lei, buttava in mezzo frasi all’apparenza
indecifrabili e poi si chiudeva in una sorta di gelido mutismo.
Era
difficile comprenderla, ma probabilmente anche quello era
parte del suo fascino.
Rimasero
in silenzio ad osservare la folla, studiando i
ballerini che si affaccendavano sulla pista. Si muovevano tutti con
un’armonia pressoché
perfetta, come se fossero sincronizzati a ogni singola altra coppia
presente.
La
musica cambiò al termine dell’ultimo giro di
pista,
lasciando il posto ad un ritmo più incalzante e decisamente
più giovanile.
Si
arrischiò a guardare in direzione di Rhaenyra, trovandola a
fissarlo a sua volta.
C’era
un curioso mix di sarcasmo, impazienza e chissà cosa
dipinto sul suo viso.
-
Hai bisogno di un invito scritto per deciderti a chiedermi
di ballare, Crouch? –
-
Credevo volessi aspettare Regulus –, osservò di
rimando, - e
io non sono questo gran ballerino. –
Anzi,
a onor del vero, evitava sempre di ballare per non
rendersi ridicolo. Sapeva perfettamente di non possedere la grazia
armoniosa di
Regulus, al quale sembrava che danzare e fare il damerino riuscisse del
tutto
naturale; quando si muoveva lui sembrava di assistere al folle
spettacolo di
uno spaventapasseri ubriaco, qualcosa a cui nessuno avrebbe voluto
prendere
parte.
-
Regulus è ostaggio di mio padre, dubito che
riuscirò a
ballare con lui. Perciò, fintantoché non mi pesti
i piedi, credo proprio che ti
toccherà farmi da cavaliere. –
Non
gli piaceva proprio la direzione che stava prendendo
quella conversazione. Non sapeva nemmeno come, ma a quanto sembrava lo
stava
incastrando.
-
Potrei sempre rifiutarmi. –
-
Certo, ma non credo che ti convenga. –
Rhaenyra
aveva la tendenza a diventare pericolosamente
impulsiva quando non otteneva ciò che si era messa in testa.
Perciò, tutto
sommato, Barty era d’accordo con la sua osservazione:
indisporla non conveniva
a nessuno.
Le
porse il braccio, come il migliore dei cavalieri, e la
condusse sulla pista. Fu Rhaenyra a imporre il ritmo in modo discreto,
guidandolo quanto bastava a non fare una figuraccia, e al terzo giro di
danza
Barty cominciò a capire quanto bastava per arrischiarsi a
muovere qualche passo
in autonomia.
Rhaenyra
parve capire ciò che gli stava passando per la testa,
perché si aprì in un sorriso compiaciuto.
-
Non è stata poi un’esperienza così
tremenda, no? –
–
No, ammetto che l’hai resa meno peggiore di quanto avessi
temuto. –
Si
separarono sul finire della canzone, individuando Regulus
ai margini della pista. Li osservava, sorseggiando del vino, con un
vago
accenno di sorriso sul volto.
Barty
non aveva alcun contratto matrimoniale siglato, suo
padre non si era mai preoccupato d’ingraziarsi le altre Sacre
Ventotto quanto
bastava per assicurargli una futura moglie prestigiosa, ma non riusciva
comunque
a capire come Regulus potesse essere tanto rilassato nel vedere la
propria
fidanzata danzare con un altro.
Certo,
lui e Regulus erano amici dal viaggio d’andata
sull’Espresso
del primo anno, ma era certo che lui al suo posto non sarebbe stato
comunque
tranquillo.
Forse
dipendeva dal fatto che lui, al contrario di Barty, era
sempre stato circondato dall’amore e
dall’apprezzamento della sua famiglia.
Barty senior, invece, si era sempre premurato di ricordare quanto le
sue
aspettative potessero essere deluse da un momento all’altro
dal suo unico
figlio.
Essere
amati doveva dare una sicurezza tutta diversa.
-
Non riesco a credere che tu sia riuscita davvero a
convincerlo a ballare – disse Regulus, riportandolo alla
realtà.
-
Dovresti sapere che, se mi metto in testa qualcosa, riesco
sempre a ottenerla – replicò disinvolta Rhaenyra.
-
E pensi di avere ancora abbastanza energie per qualche altro
giro di pista? –
-
Sempre – asserì.
Regulus
si voltò verso l’amico.
-
Non ti dispiace se ti lasciamo di nuovo solo, vero? –
Barty
accennò gruppo di ex Serpeverde dall’altro capo
della
sala. Rosier, Wilkes e Piton chiacchieravano fittamente insieme ai
coniugi
Lestrange. Dal modo da cospiratori che avevano, era evidente che
stessero
parlando di qualcosa che riguardava il Signore Oscuro. Il che accese
immediatamente la sua curiosità.
-
Andate pure -, assicurò, - credo di aver trovato un modo per
occupare il tempo. –
Raggiunse
il gruppetto, che si irrigidì nel veder avvicinarsi
un estraneo. Messa a fuoco la sua identità, comunque, Wilkes
battè una mano
sulla sua spalla e asserì che si poteva continuare a
discutere dei dettagli in
un secondo momento.
Poi
puntò le iridi blu oltremare in quelle di Barty e disse: -
Sarà un anno particolarmente proficuo per te e i tuoi amici,
Crouch. –
Non
disse a cosa si riferiva, né fornì dettagli
importanti, ma
da come lo guardava Barty lo capì lo stesso.
Forse,
finalmente, lui e Regulus avrebbero avuto un vero banco
di prova.
*
31
agosto
1978,
Londra,
Diagon
Alley
-
Brian, giuro che ti uccido! –
Marlene
scattò in avanti, rincorrendo suo fratello minore
lungo tutta la strada che, a partire dalla Gringott, conduceva alla
Gelateria
di Fortebraccio.
I
suoi genitori erano impegnati nella ricerca della bacchetta
adatta per Clarisse, che quell’anno avrebbe cominciato
Hogwarts, e le avevano
chiesto di tenere d’occhio quel piccolo scalmanato.
Perché poi non l’avessero
lasciato a casa con la nonna, era un mistero a dir poco insolubile per
lei.
Almeno quanto quello che li aveva spinti a decidere di affidarlo a lei.
Marlene
non era esattamente la persona più paziente e, di
sicuro, era una delle meno adatte a fare da babysitter a un moccioso
insopportabile di nove anni. Rimpiangeva gli anni in cui si univano a
loro
anche i gemelli. Florian e Gregory, entrambi diplomatisi a Hogwarts due
anni
prima, erano gli unici a riuscire a convincere Brian a comportarsi come
si
doveva.
-
Voglio solo un gelato -, protestò il ragazzino quando
riuscì
finalmente ad agguantarlo, - ma tu continui a fermarti fuori dalla
vetrina di
ogni singolo negozio. –
-
Punto primo, non è affatto vero. Punto secondo…
ehi, dove
scappi di nuovo? –
Brian
si districò dalla sua presa e scattò verso la
coppia
seduta al tavolo esterno della gelateria con un sorrisone gigantesco.
Si
arrestò a un paio di metri da loro, sforzandosi di darsi un
contegno, e disse: - Ciao, Amelia. –
Marlene
si passò una mano sul viso, incredula davanti
all’improvviso
cambio di comportamento del fratellino.
Aveva
una cotta per Amelia fin dalla prima volta che l’aveva
vista e, a quanto sembrava, quell’estate si era convinto
inspiegabilmente di
poter avere qualche chance con lei.
-
Ciao, Brian – gli sorrise, a sua volta, la Tassorosso.
Tuttavia
il piccolo sembrava già essersi già adombrato,
perché
si era soffermato sul ragazzo seduto accanto a lei.
-
E lui chi è? –
Il
ragazzo si sporse verso di lui, tendendogli la mano.
-
Benjamin Fenwick, sono un amico di Amelia e di tua sorella. –
Come
illuminato da un’improvvisa consapevolezza, Brian gli
strinse la mano allegramente.
-
Certo, tu sei il compagno di Casa di Marley… quello che
papà
ha detto che è innocuo, perché non gli piacciono
le ragazze. –
Se
possibile, Marlene avrebbe voluto cucire la boccaccia di
suo fratello con un qualche incantesimo sigillante impossibile da
rimuovere.
Specialmente
perché Benjy, solitamente timido e introverso,
era diventato dello stesso colore di un pomodoro maturo.
-
Brian! Questa volta giuro che… -
Non
riuscì a finire la sua minaccia, perché il
fratellino
individuò Clarisse e i genitori a qualche metro di distanza.
Si congedò,
gridando che li avrebbe raggiunti, e la lasciò con un palmo
di naso.
Desolata,
sedette accanto a Benjy.
-
Scusalo, mio fratello è davvero inopportuno, ha ripreso dai
gemelli. –
-
Nessun problema -, disse tornando a un colorito normale, -
lui non è davvero un problema. Piuttosto, a quanto pare,
anche Satana ama il
gelato. –
Amelia
e Marlene si sporsero verso di lui, aggrottando la fronte,
decisamente perplesse dal suo commento.
Benjy
aveva spiegato loro che, per i Babbani, si trattava
dell’antitesi
di Dio, ma non riuscivano proprio a capire a chi si stesse riferendo in
quel
momento.
Poi
li videro.
Barty
junior, con tanto di Black e Nott al seguito, puntava
dritto verso l’ingresso della gelateria.
Regulus
li oltrepassò senza degnarli di un’occhiata, quasi
fossero invisibili, e Barty li guardò con sdegno prima di
seguirlo a ruota. La
Nott fu l’unica a rallentare la sua avanzata.
Incrociò lo sguardo di Benjy e gli
rivolse un lieve cenno del capo, poi seguì i compagni
all’interno.
Rimasti
soli, entrambe le ragazze chiesero all’unisono
all’amico:
- Cos’era quello? –
Benjy
tentennò, tornando ad arrossire.
-
Un comune saluto. Sapete che entrambi frequentiamo il Club
degli Scacchi. –
Marlene
continuava a essere sconcertata.
In
tanti anni di scuola, Rhaenyra Nott non aveva mai dato il
minimo accenno di voler intraprendere una conversazione con lei o
Amelia. Figurarsi
poi Benjamin che, in quanto Nato Babbano, rappresentava tutto quello
che i
membri delle Sacre Ventotto detestavano.
-
Certo, ma… -
-
Sono contenta che la Nott sia gentile con te -, intervenne
Amelia, - potrebbe infondere un po’ di saggezza anche a quei
trogloditi della
sua Casa. –
-
Su questo non ci giurerei -, ammise lui, - ma lei
è…
abbastanza piacevole, suppongo – concluse alla fine.
-
Sono certa che lo sia – confermò la Tassorosso,
conciliante,
prima di alzarsi dalla sedia. – Vogliamo andare? Devo ancora
comprare tutti i
libri di quest’anno. –
Marlene
e Benjy la seguirono, incamminandosi nel fitto dedalo
di vie di Diagon Alley, fino a raggiungere il Ghirigoro.
Arrivati
lì, l’incontro con i tre Serpeverde e la strana
aria
che si era respirata tra loro era già un ricordo lontano.
Mentre
il commesso si occupava dei loro ordini, Marlene decise
di dar sfogo alla sua indole da giornalista e mise sotto torchio il
loro povero
amico.
-
Hai sentito Caradoc di recente, Benjy? –
Amelia
sorrise davanti all’imbarazzo del ragazzo, intenerita,
e rimbrottò la Corvonero: - Marley, smettila di dargli il
tormento o non ci
dirà più nulla. –
La
bionda sgranò gli occhioni verdeazzurri, incredula, e
spalancò la bocca.
-
Questo non lo farebbe mai! –
-
Oh, io non ne sarei così sicura –
insinuò.
-
Rispolvererei ogni mia tecnica d’interrogatorio
giornalistico se si azzardasse anche solo a pensare di fare una cosa
del
genere. –
Resosi
conto della direzione che stava prendendo quella
conversazione, Benjamin si affrettò a correre ai ripari: -
Ho incontrato
Caradoc qualche volta durante le vacanze, ma era molto impegnato con i
test d’ammissione
all’Accademia Auror. –
-
E? –
-
E nulla. Siamo usciti per ferragosto -, rivelò tornando ad
assumere il colorito rosso acceso di pochi minuti prima, - ma non
è proprio il
momento di pensare alle questioni amorose. Lui sarà
impegnatissimo per i
prossimi tre anni e io… devo concentrarmi su
quest’anno e sul prossimo. –
Amelia
annuì con convinzione, mormorando la sua approvazione.
-
Assolutamente inaccettabile -, replicò invece Marlene, -
farò in modo che Sirius e James gli stiano addosso tutto il
tempo. Dovrà
assolutamente raggiungerti alla prima uscita a Hogsmeade. –
-
Lia… -
Il
tono supplichevole del ragazzo la convinse ad intervenire.
Puntò
un dito contro Marlene e sfoggiò tutta la sua
autorità
da Prefetto: - Non costringermi a intercettare la tua posta. Lasciali
in pace,
razza di Cupido da strapazzo. –
-
Non lo faresti mai -, asserì, - lì ci sono tutte
le
confidenze che ricevo alla rubrica di cuori solitari della Gazzetta di
Hogwarts. Devo garantire l’anonimato. –
Amelia
inarcò un sopracciglio con aria di sfida.
-
Ne sei sicura al punto da giocarti la tua credibilità
giornalistica? –
Tentennò,
poi sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
-
Va bene, ma sappiate che siete veramente noiosi. Muoviamoci,
quantomeno mi dovrete offrire il pranzo. –