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Autore: ChiiCat92    21/04/2020    2 recensioni
[...] "Lan Zhan non aggiunse altro a quell’occhiata, gli volse le spalle e se ne andò.
« Te l’avevo detto, amico. » Troy, trombonista, portò un braccio intorno alle spalle di Wei WuXian. Doveva essersi avvicinato a lui nell’infinito, dilatato momento che aveva passato a fissare il vuoto dopo che Lan Zhan se n’era andato. « Quel tipo ha un palo in culo. Non poteva capitarti di peggio. Fai prima a dire a Jackson che non vuoi suonare con lui, è una perdita di tempo. »
Wei WuXian si scrollò l’amico di dosso, con uno sbuffo infastidito.
« Lo vedremo. » presa la custodia del flauto, si lanciò all’inseguimento dell’arpista." [...]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lan Wangji/Lan Zhan, Wei Ying/Wei WuXian
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per ascoltare il duetto arpa e flauto che suonano insieme Lan Zhan e Wei WuXian: https://www.youtube.com/watch?v=HvP7q-OZ218
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Alle otto meno un quarto Wei WuXian era seduto sul muretto di fronte all’ingresso del conservatorio. Sbadigliava a bocca spalancata e teneva tra le braccia come fosse un tesoro il cartone con i due caffè e il sacchetto dei muffins. Svegliarsi così presto non solo non era nel suo stile ma faceva
male alla sua salute. La testa ciondolava verso il basso, desiderando solo tornare a poggiarsi sul cuscino.

Se solo pensava alla giornata che aveva davanti gli veniva da piangere. 

Prima le prove con Lan Zhan, poi quelle dell’orchestra, la lezione di metodologia dell’insegnamento strumentale, pranzo, e ancora prove, prove, prove. Sarebbe tornato a casa per cena, e già si sentiva stanco.

Però era lì, puntuale come aveva promesso che sarebbe stato, per dimostrare chissà cosa a Mister Perfezione. Ora come ora aveva la mente avvolta dalla nebbia del sonno, non ricordava bene perché aveva cominciato a punzecchiarlo, e se ne pentiva più di tutti i suoi peccati. 

Lan Zhan apparve in fondo al viale d’ingresso come se fosse uscito dalle pieghe del tempo e dello spazio. Alto, snello, ordinato, la camicia perfettamente stirata, i corti capelli color ebano pettinati con cura, gli occhi chiari come due fessure di ghiaccio fissi dinanzi a sé. Sembrava ignorare il bisogno di riposo, il concetto di sonno, come un asceta appena sceso dalla montagna dopo una lunga meditazione era immune ad ogni umana frizolezza.

« Buongiorno. » lo salutò, non cordiale ma semplicemente educato, avvicinandosi a lui.

Wei WuXian si rese conto di essere sciatto e pigro se messo a confronto con Lan Zhan. Se lui fosse stato uno qualsiasi dei suoi colleghi tanto per cominciare non si sarebbero mai visti così presto al mattino, ma di certo avrebbero perso un’ora o più per fare colazione, facendo slittare ulteriormente la produttività dell’incontro. 

Qualcosa diceva al flautista che non un solo minuto sarebbe andato sprecato in quella mattina, e già avvertiva un mugolio di sofferenza nascergli in gola. 

« Caffè? » gli disse, sperando che l’offerta del bicchiere di carta avrebbe potuto ritardare il momento in cui avrebbe dovuto tirare fuori il flauto.

Lan Zhan diede un’occhiata alla porta d’ingresso, ancora chiusa. Nonostante la sua aria severa e sdegnosa non intendeva rinunciare al caffè, anzi, aveva appositamente evitato di fare colazione perché confidava nella promessa di Wei WuXian.

Quindi annuì, prese il bicchiere e gli si sedetta a fianco, abbastanza lontano da non rischiare di toccarlo o essere toccato, abbastanza vicino da apparire ad occhi esterni come due ragazzi che si rilassano insieme. 

Wei WuXian era stato attento e il caffè era lungo, senza zucchero, e forte come l’aveva chiesto lui. Lan Zhan evitò di guardarlo mentre lo sorseggiava, ma era stupito che fosse riuscito a concludere qualcosa di buono. 

Il silenzio tra loro più che imbarazzato era statico. Non c’era niente che valesse la pena dire, almeno dal punto di vista di Lan Zhan, e niente che fosse necessario dire, quindi perché sprecare fiato in parole inutili? 

Wei WuXian racimolò qualche energia dal cappuccino, e dalle quattro bustine di zucchero che aveva sciolto al suo interno, e dopo l’ultimo sorso si sentì già meglio. Era ancora troppo presto per essere pienamente funzionante, ma la scarica di zuccheri nel sangue aiutava non poco. E presto l’avrebbe mandata alle stelle mangiando il muffin al cioccolato. 

« Ne ho preso uno anche per te. » disse porgendo il secondo dolcetto a Lan Zhan. « Ho pensato che alla vaniglia ti sarebbe piaciuto di più, scusa se non ti ho chiesto quale fosse il tuo preferito. » 

Lan Zhan si ritrovò a battere le palpebre, lentamente, sorpreso. Wei WuXian aveva davvero perso del tempo per scegliere un muffin per lui...e aveva persino indovinato sul sapore. 

Evidentemente rimase troppo tempo a fissare il tortino con occhi sbarrati perché Wei WuXian lo guardò aggrottando le sopracciglia, la domanda “tutto okay?” già sulle labbra.

Lui prese il muffin sussurrando un “grazie” per la prima volta profuso di qualcosa. Reale gratitudine, apprezzamento, sollievo. 

I rapporti umani gli causavano da sempre qualche problema, non che non fosse una piacevole compagnia, non che non fosse educato, brillante e sempre pronto a rispondere quando gli si poneva una domanda, ma da quando era in America non aveva stretto amicizia con nessuno. Non avendo bisogno di appunti o di aiuto con gli studi non aveva neanche ritenuto necessario tessere fili leggeri di ragnatela tra sé e i compagni di classe, quel genere di rapporti che durano il tempo necessario per copiare i compiti l’un l’altro e per imparare a salutarsi nei corridoi. E di contro, anche se avrebbe potuto aiutare gli altri, le sue apparenze di gelida giada l’avevano reso inavvicinabile.

Wei WuXian era il primo che gli rivolgeva un gesto di amicizia. Era abbastanza per sentirsi andare in frantumi il cuore.

Lan Zhan mangiò in silenzio, cercando di mandare giù ad ogni boccone anche l’amara sensazione di isolamento che gli pizzicava i nervi. 

« Posso chiederti una cosa? » mormorò Wei WuXian dopo un po’, quando il suo muffin era ormai un ammasso di briciole sul pirottino di carta e lui si era reso conto di non poterne mangiare più di così. Lan Zhan annuì seccamente, lo sguardo fisso sulle foglie verdi dell’albero di fronte a lui. Alto e nodoso doveva essere lì da ancora prima che fosse costruito il conservatorio. « Qual è il tuo altro nome…? Non so bene come funzioni la tradizione cinese, ma so che hai un altro nome. » 

« Sì. » 

Wei WuXian si fece in qualche modo più vicino a quella risposta. Un semplice monosillabo, ma era per lui come uno spiraglio aperto nell’armatura di Lan Zhan. 

« Wei Ying. » disse lui, toccandosi il petto neanche loro due fossero Tarzan e Jane. « I miei zii non sono proprio...il massimo quando si tratta di tradizione, sai vivono in America praticamente da sempre, ma qualcosa la seguiamo ancora. » 

Lan Zhan si agitò sul posto, all’improvviso nervoso. Era per lui come spogliarsi di un abito esterno, un mantello che fino a quel momento lo aveva protetto. E non era ancora completamente sicuro di potersi fidare di Wei...Ying. 

Il portone d’ingresso del conservatorio venne aperto con uno clack. Il bidello rivolse un cenno di saluto nella loro direzione, poi tornò a fare il suo dovere. Da qualche parte, nel campus, risuonarono i rintocchi di una campana: erano le otto. 

« Lan WanJi. » disse, saltando giù dal muretto. Come al solito aveva un modo di camminare rapido, adatto a quelle gambe snelle e lunghe.

Wei WuXian gli andò dietro come un cagnolino, trattenendosi dall’aggiungere ulteriori commenti. 

Sonno e stanchezza erano svanite, era sicuro che quelle due ore in compagnia di Lan Zhan sarebbero state particolarmente piacevoli. 


Lan Zhan era seduto da solo, in un angolo della mensa, come sempre lontano dal fracasso ma, per la prima volta, parte di esso. 

Sovrappensiero accarezzava con il pollice la vescica spuntata sul polpastrello del terzo dito della mano sinistra. A furia di suonarci sopra la pelle altrimenti bianca delle sue dita si era arrossata per l’attrito, e come risultato era indolenzito e sensibile. In più, era spuntata una vescica. 

Non faceva più male delle altre e non era che un fastidio passeggero, ma non poteva fare a meno di accarezzarla mentre con la mano destra sbocconcellava il sandwich. 

Wei WuXian era seduto sul tavolo con i piedi sulla panca ed era il centro di un’animata discussione. Raccontava aneddoti che Lan Zhan non era sicuro di riuscire a capire. 

Da dov’era seduto la sua voce lo raggiungeva a tratti, sommersa da rumore di stoviglie, chiacchiere superflue, schiamazzi di ogni genere. Ma le risate di chi gli stava attorno e pendeva dalle sue labbra le sentiva chiaramente, così come la sua di risata. Cristallina e trillante come il suono del suo flauto. 

Per due intense ore era stato solo suo, chiusi insieme in aula, uniti da una strana, forse irripetibile sintonia. 

Il Wei WuXian che gesticolava e imprecava ad alta voce era lo stesso che era riuscito a produrre quei soffusi, leggeri suoni che avevano reso l’aria brulicante di vita. Il suo entusiasmo, la sua energia, condensati in sessantasette centimetri di argento.

Come faceva ad essere la stessa persona? 

Ad un tratto il flautista sollevò lo sguardo. Lan Zhan si sentì folgorare dalla consapevolezza di essere stato sorpreso a fissarlo.

Wei WuXian gli rivolse un sorriso e lo salutò agitando una mano, come faceva sempre, entusiasta.

Lan Zhan si limitò ad abbassare lo sguardo sulle proprie mani. 

Represso, freddo, indulgente. 

Smise di accarezzare la vescicola, finì di mangiare il sandwich in grossi bocconi irritati, e si alzò. 

Era appena uscito dalla mensa quando il solito, trillante richiamo lo fece voltare.

Lan Zhan, Lan Zhan, Lan Zhan. 

Si fermò perché Wei WuXian lo potesse raggiungere. 

« Verrai al concerto sabato? » prima che Lan Zhan potesse rispondere, Wei WuXian lo sommerse con il fiume delle sue giustificazioni. Tutti validi motivi per cui, secondo lui, avrebbe dovuto esserci. 

Lan Zhan lo zittì con un’occhiata fintamente scocciata. « Avevo già intenzione di venire. » 

« Davvero?! » come un bambino, Wei WuXian batté le mani. Okay, forse si era divertito a suonare con Lan Zhan, forse non era così male come aveva pensato, forse lo stava rivalutando. Forse, però. « Beh, perfetto direi. » in realtà l’aveva rincorso fuori dalla mensa più per disturbarlo che per ottenere un’effettiva conferma, ma era felice di averla ottenuta, in ogni caso. « Vieni un po’ prima, abbiamo un’ora di pausa tra la prova generale e il concerto. Potremmo mangiare qualcosa insieme. » 

« Vedremo. » 

Wei WuXian piegò di lato la testa, un sorriso sbieco sulle labbra, un sopracciglio sollevato e insinuante. « È un sì, per caso? » 

« È un “vedremo”. » 

« Ah, Lan Zhan, l’uomo indecifrabile. Vedremo, dunque! » fece un passo indietro, indeciso, le dita che tamburellavano sulla bretella dello zaino. Non voleva ancora lasciarlo andare, ma non aveva modo di trattenerlo. Poi scosse la testa, come liberandosi da un pensiero molesto. « Sono un po’ impegnato con le prove in questi giorni. Ma da lunedì possiamo ricominciare a vederci per suonare insieme. »

« Alle otto? » chiese, rapido, Lan Zhan, come il fendente di una spada di ghiaccio trasparente.

Wei WuXian sospirò più di quanto fosse consentito, fingendo che quelle parole gli avessero trapassato l’anima. « Mi chiedi di fare uno sforzo enorme. » ancora in attesa di una risposta, Lan Zhan lo fissava con sguardo serio, come se dalle sue successive parole dipendesse l’integrità del loro rapporto di lavoro. 

Wei WuXian emise un tiepido lamento, alzando gli occhi al cielo. « Va bene, va bene. Alle otto. Ma stavolta il caffè lo porti tu. » 

Lan Zhan non rispose, né in negativo né in positivo, ma sentì suo malgrado gli angoli delle labbra sollevarsi in un sorriso. 

Si volse appena in tempo perché Wei WuXian non lo vedesse.

Incredibile come si convinse della cosa, come credette possibile che lui non notasse quel sorriso, per quanto accennato, perché fu più preciso di una freccia nel colpire il cuore di Wei WuXian. 

 

*

 

Wei WuXian riusciva a malapena a respirare.

C’erano poche cose che odiava al mondo come il doversi vestire in giacca e cravatta per i concerti. Aveva come l’impressione di non prendere abbastanza aria, come se i polmoni non si riempissero fino in fondo. Non che fosse in ansia per il concerto, anzi, l’adrenalina e il batticuore che ne derivavano erano lontanissimi dalla paura. 

Era solo il dover stare vestito come un pinguino per tutta la sera il problema.

Da dietro le quinte sbirciò la sala illuminata con luci gialle che spandevano tutto intorno un calore soffuso. Il velluto rosso delle poltrone, delle tende, del sipario sembravano accendere il teatro con fiamme immobili, i piedi sul parquet facevano rumore a malapena.

I teatri e le chiese erano forse tra i luoghi più silenziosi del pianeta, a prescindere da quante persone fossero presenti.

Dal momento che mancava ancora un po’ all’inizio del concerto c’era un certo via vai agitato eppure quieto. I tecnici delle luci, in alto alla loro console, provavano e riprovavano i faretti puntati sul palco, qualche musicista sistemava con ansia gli spartiti sul leggio con mollette o graffette in modo che non si spostassero, da dietro le quinte proveniva il classico, nasale suono di corni e oboi che provavano ancora qualche nota, quelle di cui erano meno sicuri.

Dal fondo della sala arrivò un richiamo sottile e Wei WuXian sollevò lo sguardo in quella direzione.

Un sorriso dolce nacque spontaneo sulle sua labbra.

Jiang Cheng e Jiang YanLi erano arrivati. Se il fratello appariva scocciato e insofferente, la sorella invece era un fiore fresco di ciliegio, sorridente e leggera nell’abitino rosa chiaro che aveva scelto per la serata. 

Wei WuXian si sbracciò per salutarli cosa che fece rotolare verso l’alto gli occhi scuri di Jiang Cheng. 

Il flautista saltò giù dal palco, frettolosamente, spettinandosi tutto, la camicia volò fuori dai pantaloni ma non sembrò farci attenzione.

Quasi si gettò tra le braccia della sorella.

« Aaaaah, siete venuti! » trillò, sottovoce, per non disturbare il silenzio religioso del teatro.

« Certo che siamo venuti, rompi con questo concerto da un mese. » brontolò Jiang Cheng. Se Wei WuXian odiava vestire elegante, lui non era da meno, ma la sua insofferenza era in qualche modo più difficile da sopportare. Anche se in realtà Wei WuXian la trovava confortante: almeno non era l’unico a odiare le cravatte. 

« A-Xian...ma come sei conciato. » ridacchiò Jiang Yanli. Subito andò a sistemargli la camicia e abbottonare in modo corretto la giacca. Quando si era vestito, Wei WuXian aveva saltato un bottone senza neanche accorgersene. 

« Gli zii verranno? » chiese, adesso più nervoso, Wei WuXian.

Fratello e sorella si scambiarono un’occhiata leggera, percettibile solo agli occhi più attenti.

Sebbene Wei WuXian fosse cresciuto considerando di due ragazzi come veri fratelli, non c’erano legami di sangue tra loro: che lui lo volesse o no era solo un trovatello preso dalla strada come un cane randagio, e il fatto che si fosse abituato a chiamare i genitori di Jiang Cheng e Jiang YanLi “zia” e “zio” e non “mamma” e “papà” ne era una prova.

Questo non gli impediva, però, di parlare dei due ragazzi come dei suoi fratelli.

Nonostante Jiang FengMian non gli facesse mancare affetto, dedizione, incoraggiamento, per lui e la moglie Wei WuXian rimaneva un gradino sotto i figli legittimi.

Jiang FengMian aveva cura che lui seguisse le sue passioni, che studiasse e si realizzasse, e per questo non aveva esitato un attimo a fargli intraprendere gli studi musicali, ma talvolta l’infastidita consorte metteva becco nelle sue decisioni, il che portava a situazioni come quella: Wei WuXian vestito di tutto punto per un concerto, pronto a dimostrare di valere la pena, la spesa e le sofferenze, i fratelli lì a sostenerlo, e gli zii assenti.

Il sorriso però non morì sulle labbra del flautista, anzi, se possibile divenne ancora più luminoso. 

« Meno male. » sospirò, fingendo di tergersi il sudore dalla fronte. « La prova generale è andata uno schifo. Se suoniamo come abbiamo suonato alle prove sarà un concerto orribile, meglio che gli zii non sentano, sennò mi spaccherebbero il flauto. »

Negli occhi dei fratelli passò un leggero velo di compassione, subito sciolto nel dissenso di Jiang Cheng e nella dolcezza di Jiang YanLi. Erano diversi come il giorno e la notte, e Wei WuXian amava entrambi allo stesso modo. 

Dopo aver strizzato Jiang YanLi in un rapido abbraccio, che gli costò un’occhiataccia dal fratello, Wei WuXian si congedò e tornò dietro le quinte, dove tutti si aspettavano di trovarlo. 

La tensione nell’aria, come piccoli, pungenti aghi, rendeva difficile focalizzarsi su qualcosa che non fosse la musica. 

Chi poteva aveva lo strumento in mano e di tanto in tanto, come preso da un’illuminazione, tastava a vuoto le chiavette provando questo o quel passaggio.

Wei WuXian, però, aveva ben altro in mente. Anche se l’assenza degli zii aveva aggiunto una punta di amarezza alle sue aspettative, non era quello che lo preoccupava maggiormente.

Dov’era Lan Zhan? 

Con un broncio infastidito uscì dal teatro sfruttando l’uscita posteriore dedicata agli artisti. Un gruppetto di ragazzi fumavano una sigaretta per scaricare la tensione, chiacchierando ovviamente di musica. Era difficile, con quell’aria densa e pesante di polvere antica, riuscire a trovare altri argomenti di conversazione che non fossero incentrati sul concerto. 

I musicisti sapevano essere parecchio noiosi, specialmente quand’erano in procinto di esibirsi. 

Wei WuXian ficcò le mani nelle tasche della giacca. Non poteva allontanarsi troppo, non aveva davvero un posto dove andare, ma non voleva neanche stare lì.

Un mugolio di frustrazione infantile gli sfuggì dalle labbra altrimenti sigillate e si ritrovò a battere un piede a terra. 

Al diavolo, aveva ancora un po’ di tempo prima del concerto, e anche se Lan Zhan non era venuto poteva comunque andare a mangiare qualcosa per conto suo. 

Prima che potesse anche solo attraversare la strada venne colpito da un abbagliante apparizione.

Lan Zhan era sempre elegante e compito nel vestire, Wei WuXian non l’aveva mai visto indossare jeans o felpe o qualcosa di diverso da una camicia. Ma vestito di tutto punto per il concerto sembrava una divinità che per qualche ragione aveva trovato interessante scendere sulla Terra.

Indossava un completo azzurro chiaro con cravatta abbinata, una camicia bianca stirata alla perfezione e mocassini color cammello. Non si era accorto di Wei WuXian che spiava il suo incedere a lunghe falcate con gli occhi sbarrati. 

Nonostante quello sguardo nocciola sicuro e stabile aveva un’aria leggermente smarrita, come se non fosse certo di essere nel posto giusto, di stare facendo la cosa giusta, di essere lui giusto. Wei WuXian lo vide controllare l’ora sull’orologio da polso e indugiare di fronte all’ingresso del teatro.

Lui controllò l’orario sul proprio telefono e non poté evitare di scoppiare a ridere: un’ora prima del concerto, perfettamente puntuale, come gli aveva detto.

Impossibile resistere alla tentazione di prenderlo alla sprovvista. Wei WuXian lo aggirò su un lato, nascondendosi dietro un muretto, e gli sgattaiolò alle spalle. Non appena gli fu abbastanza vicino gli si gettò al collo da dietro, aggrappandosi con le gambe sollevate e urlando un acutissimo:

« Lan Zhan sei qui! » 

Il ragazzo per poco non perse l’equilibrio mentre il cuore gli esplodeva in petto per la paura. Fu solo per pura forza di volontà che riuscì a tenersi dritto e non cedere sotto il suo peso.

Pentimento e orrore si accesero negli occhi chiari di Lan Zhan mentre cercava di scrollarsi di dosso quel koala umano di Wei WuXian. 

Il sorriso felino sulle sue labbra, sornione e panciuto, diceva più di quanto avrebbe potuto a parole. 

« Stavo cominciando a pensare che non saresti venuto. » cinguettò Wei WuXian, sempre aggrappato a lui, sempre molesto, sempre appiccicoso come una gomma da masticare. Lan Zhan non aveva il coraggio di allontanarlo, rimanendo semplicemente rigido come un pezzo di legno tra le sue braccia. « Non ci saranno neanche i miei zii stasera, non sai quanto ero triste prima di vederti. » 

« Puoi...lasciarmi? » sibilò Lan Zhan, già sul punto di perdere la pazienza. 

Wei WuXian si scusò, con tono falso, e sciolse l’abbraccio. Strano trovarsi a pensare che gli era piaciuto, e che aveva provato reale conforto in quel contatto. 

« Sarei morto di fame. » continuò Wei WuXian. « Perché mi avevi promesso che avremmo mangiato insieme e non ho portato con me neanche un pacchetto di crackers. Capisci? Avrei suonato digiuno! Riesci a immaginarlo?! »

Come se fosse una cosa grave e irrimediabile. 

Lan Zhan emise un sospiro esasperato. « Non ti ho promesso niente. » 

« Sei un uomo che si rimangia la parola data? » l’espressione triste, il labbro inferiore sporto all’infuori: quel Wei WuXian era ancora diverso da quello che irretiva i compagni con le sue storie, e quello che era in grado di produrre suoni sublimi con il flauto alle labbra. 

« No. Semplicemente non ti ho promesso niente. » ripeté Lan Zhan, anche se era del tutto inutile. 

Wei WuXian lo prese a braccetto. « Mi offrirai la cena. Mangeremo pizza. » 

Lan Zhan non poté dire niente né opporsi perché il ragazzo lo trascinò con sé. 

Dall’altro lato della strada c’era una piccola rosticceria che serviva pizza al taglio, con un paio di tavolini per sedersi a mangiare. Non troppo lontano dal teatro, non troppo pretenzioso, e il profumo era ottimo.

Wei WuXian ordinò per sé e per lui, indovinando per sesto senso, evidentemente, cosa volesse mangiare.

Alla fine, come sotto un incantesimo, Lan Zhan tirò fuori dieci dollari e pagò per entrambi. 

Prima di poter dire una sola parola si ritrovò seduto al tavolino traballante, con un trancio di pizza margherita fumante tra le mani, un bicchiere di carta pieno di Sprite e Wei WuXian di fronte a lui. 

L’abito elegante non lo rendeva più credibile, anzi, il completo sembrava cadergli largo sulle spalle, come fosse di seconda mano, e la camicia non era propriamente stirata

Mentre lo guardava mangiare il suo trancio di pizza al salame piccante, Lan Zhan realizzò che era la prima volta che passava del tempo con qualcuno all’infuori del conservatorio. 

Quietamente cominciò a mangiare anche lui, un piccolo morso alla volta per non rischiare di sporcarsi, o di far sparire quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. 

« Perché i tuoi zii non verranno? » riuscì a chiedere Lan Zhan dopo un po’.

Wei WuXian stava aggredendo le patatine al chili e sembrò sobbalzare alla domanda come se l’avesse punto con un ago incandescente. 

« Non era poi così importante. » si strinse nelle spalle, gli occhi fissi sulla crosta della pizza che aveva avanzato e che all’improvviso non sembrava più così affascinante. « Ci sono i miei fratelli, e tu, quindi va bene. » 

« E i tuoi genitori? » 

Wei WuXian scosse la testa con un mezzo sorriso. « Zio Jiang mi ha preso con sé quando mia madre è morta. Ricordo qualcosa di lei ma di mio padre nulla. Erano amici, intendo lo zio e mia madre, per questo si è sentito obbligato ad adottarmi. La zia non l’ha...presa molto bene. Ma è una storia noiosa, dai, non parliamone. » 

Lan Zhan annuì soltanto, in silenzio. 

Ad ogni battito di ciglia l’idea che si era fatto di Wei WuXian cambiava, manipolata dalle sue parole.

« E tu, invece? » Wei WuXian si leccò anche le dita dalla polvere di chili. Doveva essere piccante perché le labbra erano diventate rosso intenso. « Ti mancano i tuoi genitori? Saranno fieri di te. » 

« Mio zio lo è. » rispose Lan Zhan, sottovoce quasi. Non c’era niente da mettere in ordine, eppure si mise a raddrizzare la cannuccia nel bicchiere, a ripiegare i tovaglioli puliti e accantonare quelli sporchi, intenzionato ad allontanare il più possibile la necessità di parlare. 

« È stato lui a crescere me e mio fratello. Mio padre è sempre via per lavoro. Mia madre… » 

« Hai un fratello, Lan Zhan? » Wei WuXian lo guardò con occhi comprensivi. Non c’è bisogno, dicevano quegli occhi, Non devi raccontarmi di questo dolore. 

« Xichen. » era un sorriso quello che minacciava di sollevare le labbra di Lan Zhan? Wei WuXian fece finta di non vederlo. « Lui mi manca più di tutti. » 

Quando Lan Zhan si accorse dello sguardo liquido di Wei WuXian scivolare su di lui, puro e irriverente come acqua di fonte, si schiarì la gola come per ricomporsi e si passò una mano tra i capelli. In quel momento gli tornò in mente, abbagliante, la Source di Hasselmans. È così che dovrebbe essere una fonte d’acqua. « È tardi, dovremmo andare. » 

« Già, che peccato. » Wei WuXian si alzò, le braccia gettate in aria per stiracchiarsi. Perché non riusciva a scollare gli occhi da Lan Zhan? Era troppo brillante, come guardare il sole, faceva male, ma desiderava quel dolore. « Grazie per avermi fatto compagnia. E beh, per avermi offerto la pizza. » 

Lan Zhan avrebbe potuto dirgli che, tecnicamente, l’aveva costretto ad offrirgliela, però si limitò a muovere il capo in cenno d’assenso. 

Camminarono insieme, vicini, fino all’ingresso posteriore del teatro. Gli altri ragazzi dovevano essere già dentro.

Wei WuXian sentì il corpo formicolare per l’adrenalina, il cuore balzargli in gola. Si volse verso Lan Zhan e gli afferrò una mano, stringendola tra le sue calde per l’emozione. 

« Lan Zhan! Augurami buona fortuna! » 

« Buona fortu… » 

Lan Zhan non riuscì a terminare la frase. Lo slancio, insopportabile, insopprimibile, spinse la molla di Wei WuXian verso di lui, verso le sue labbra. Il bacio si depositò, però, sull’angolo, rovente come un marchio d’acciaio eppure appena accennato. 

« Grazie. A...a più tardi. » Wei WuXian non lo guardò, imbarazzato corse dentro il teatro a testa bassa, rosso in volto e gelido nelle vene. 

Stavolta fu Lan Zhan a fissare immobile la schiena di Wei WuXian, due dita poggiate sull’angolo delle labbra, lì dove lui aveva lasciato l’obolo alla sua solitudine. 

 

*

 

Lunedì mattina, alle otto meno un quarto, il vapore caldo che usciva dai bicchieri di carta di Starbucks si condensava in piccole nuvolette.

Lan Zhan teneva il suo tra le mani per scaldarle. 

Il sole era di certo sorto quella mattina, ma era difficile dirlo per via della coltre di nuvole scure che si era appropriata del cielo. 

Wei WuXian si trascinò fino a lui con gli occhi semichiusi, mugolando un incomprensibile “buongiorno” e facendo subito cadere la testa sulla spalla di Lan Zhan. 

Con gentilezza, Lan Zhan prese il bicchiere e lo pose tra le mani a coppa di Wei WuXian che rispose con un lamento grato prima di portarselo alle labbra per bere.

Cappuccino, con una spolverata di cacao sopra e mai troppo zucchero dentro.

Ad ogni sorso Wei WuXian si sentiva più sveglio. 

Non ricordava neanche quand’era stata l’ultima volta che qualcuno l’aveva costretto ad alzarsi così presto al mattino. Forse quando andava a scuola, un ricordo che la vita accademica aveva lentamente rimosso dalla sua memoria. 

Finito il cappuccino Lan Zhan gli mise tra le mani il muffin al cioccolato che lui, senza ancora aprire gli occhi, cominciò a mangiucchiare.

L’aria fredda di quella mattina lo costrinse ad avvicinarsi di più a lui. Le loro gambe si toccarono e Lan Zhan non si ritrasse. 

Fecero colazione in silenzio, ascoltando i rombi lontani dei tuoni, come una minaccia sulle loro teste. Probabilmente di lì a poco sarebbe scoppiato un brutto temporale. 

Il bidello aprì il portone alle otto in punto, salutandoli com’era suo solito. Lan Zhan ricambiò il saluto, ma non si azzardò a muoversi: Wei WuXian pesava sulla sua spalla come un grosso gatto pigro. Il suo calore era confortante, e nascose persino a se stesso il piacere di quel contatto.

Finito il muffin il flautista sembrò tornare in sé. Finalmente fu in grado di aprire gli occhi e mettere a fuoco il mondo intorno a lui. Jiang Cheng chiamava “modalità zombie” quella sua capacità di fare le cose nello stato di torpore che lo avvolgeva nelle prime ore del mattino. Era persino in grado di conversare se lo si costringeva a farlo, certo si trattava di parlare con qualcuno con il quoziente intellettivo e le facoltà di un bambino di cinque anni, ma era comunque un’abilità lodevole. 

« È già ora di andare, vero? » si lamentò, strusciandosi appena contro la spalla di Lan Zhan. Un gatto, e proprio come un gatto Lan Zhan provava l’irrefrenabile desiderio di accarezzargli la testa.  

« Sì. » rispose lui, invece, secco. Si alzò di scatto rischiando di far cadere il povero Wei WuXian, senza aggiungere altro se non un’occhiata spazientita.

« Va bene, va bene. » mormorò il flautista. Si esibì in un enorme sbadiglio, portò le braccia verso l’alto per stiracchiarsi e finalmente riuscì ad alzarsi, più sveglio e cosciente.  

Trotterellò dietro Lan Zhan dentro l’istituto, su per le rampe di scale, verso l’aula di arpa, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua austera figura. 

Il baluginio del bacio era ai suoi occhi come il riflesso di un oggetto lucente, lo torturava e incuriosiva insieme.

Dopo il concerto non si erano visti, perché Wei WuXian aveva dovuto intrattenere finte conversazioni con colleghi e professori, e poi era andato via con i fratelli. Per quanto si fosse allungato sollevandosi sulla punta dei piedi non era riuscito a scorgere Lan Zhan tra la folla.

Forse l’aveva offeso, o sconvolto, e comportarsi come se nulla fosse gli era sembrata la strategia migliore. In più, poteva sempre improvvisare una scusa. Quel bacio poteva essergli scappato nella foga di salutarlo.

E poi, soprattutto, se non ne avesse parlato non gli avrebbe dato importanza, e se non gli dava importanza non era importante

In ogni caso Wei WuXian non aveva intenzione di parlarne e non ne avrebbe parlato. Per fortuna Lan Zhan non era un tipo logorroico e il silenzio tra loro più che essere imbarazzato era stranamente normale.

L’aula di arpa aveva ancora le imposte chiuse. Lan Zhan si occupò di aprire la finestra e far entrare la plumbea luce del giorno mentre Wei WuXian montava il flauto, un lento pezzo alla volta. 

Con la coda dell’occhio, però, seguiva i movimenti di Lan Zhan. 

Ebbe cura nel togliere la cappa all’arpa come fosse un rituale, le sue dita scivolarono lungo la colonna scolpita per un attimo prima che realizzasse, forse, di essersi distratto. Spostò lo strumento al centro della stanza, sistemò lo sgabello, sedette con grazia. 

Ogni gesto era un equilibrio tra rispetto e amore. 

Wei WuXian si perse nell’ammirare le mani che percorrevano la cordiera pizzicando le corde una ad una, come le carezze di un tenero amante. 

Bruscamente scosse la testa, sentendo il cuore partire al galoppo e le dita irrigidirsi intorno al flauto. 

Cercò di concentrarsi mentre lo montava ma non riusciva a vedere altro se non l’attenta cura di Lan Zhan nel suonare il suo strumento, la dedizione, la passione, l’amore infinito. 

« Da quanto...da quanto tempo suoni? » una domanda come un’altra per scacciare l’imbarazzo.

Wei WuXian, imbarazzato. E dire che suo fratello lo rimproverava spesso per essere uno svergognato senza pudore. Il ghiaccio secco nello sguardo di Lan Zhan lo faceva sentire più nudo di quanto pensasse. 

« Dodici anni. » rispose lui, quasi sognante, le dita ancora tra le corde. Forse si rese conto del tono languido che aveva usato come se avesse parlato di una lunga relazione, l’unione tra due anime gemelle. Wei WuXian si sentì all’improvviso assurdamente geloso di quel pezzo di legno e metallo. 

« Wow, un sacco di tempo. » commentò, forse più infastidito di quanto avrebbe dovuto.

« Tutta la vita. » 

Wei WuXian tamburellò con le dita sulle chiavette del flauto, cercando con tutte le forze di non guardare Lan Zhan, di non lasciare che il chiarore d’alba del suo sguardo gli entrasse dentro. 

« Credo che mio padre suonasse il flauto. Dico credo, perché non ho molti ricordi di lui. » non sapeva neanche perché stava dicendo quelle cose, ma all’improvviso la lingua si era mossa e...non aveva potuto impedire alle labbra di schiudersi. « Il suono mi è sempre sembrato familiare, rassicurante. » poi scrollò le spalle e la testa, sentendosi enormemente stupido. « Scusa, è una stupidaggine. » 

« No, non lo è. » 

Wei WuXian si ritrovò a sollevare la testa di scatto a sentire quelle parole e un sorriso nacque automatico sulle labbra. 

« Quindi Lan Zhan ha un cuore, dopo tutto. » lo canzonò. Era impossibile non menare un fendente verso la sua serietà quando apriva così tanto le difese. 

L’arpista sbuffò dal naso e, alzati gli occhi al cielo, prese a sistemare gli spartiti sul leggio come se Wei WuXian neanche esistesse. 

« Cominciamo. » disse solo, irritato a tal punto che le note sullo spartito sfarfallavano di rosso. 

Wei WuXian finì con calma di montare il flauto e poi si affiancò all’arpa, la spalla che sfiorava quella di Lan Zhan.

« C’è un passaggio che mi ha fatto venire un dubbio. » tanto vicino, lui profumava sempre di legno di sandalo, un odore così orientale ed esotico che lo faceva impazzire. « Qui quando cambia tempo e passa in due mezzi potremmo…potremmo… » 

Perché Lan Zhan lo guardava in quel modo? 

E perché la tentazione di riempire lo spazio tra le loro labbra si era trasformata in una fame insaziabile, un prurito insostenibile? 

Fallo, fallo, fallo.

Fallofallofallofallofallofallofallofallo. 

Wei WuXian trattenne il respiro e si spinse verso Lan Zhan, gli occhi socchiusi come per sopportare l’onda d’urto di un’esplosione. 

Le labbra di Lan Zhan erano fredde eppure morbide, come neve raccolta da tenere foglie. Il suo respiro sapeva ancora di caffè. Wei WuXian sentì nelle orecchie un fischio, le vertigini quasi gli fecero perdere l’equilibrio. A impedirgli di cadere c’era, però, il braccio di Lan Zhan, improvvisamente avvolto intorno alla sua vita. 

Qualsiasi pensiero sensato venne avvolto dal ghiaccio rovente dell’abbraccio di Lan Zhan, bruciato ed estinto come la tiepida fiamma di una candela. 

Wei WuXian emise un versetto eccitato e sorpreso insieme quando Lan Zhan lo morse sul collo. Aveva appena schiuso le labbra per canzonarlo, dirgli che non avrebbe mai immaginato che dietro quelle apparenze da frigido si nascondesse una tale passione, ma lui riempì lo spazio riservato alle parole con la lingua, che scivolò nella sua bocca impedendogli di emettere un fiato. 

Percorso da una scarica di adrenalina simile ad una pioggia di spilli, Wei WuXian si artigliò alle sue spalle con una mano sola, consapevole del fatto di avere ancora il flauto nell’altra. 

Giocò con la lingua di Lan Zhan, caricando tutto il peso del corpo su di lui, trovandosi cavalcioni sullo sgabello dell’arpa senza sapere come ci fosse arrivato. 

Sempre più caldo, sempre più freddo, tremava senza requie, sperando che Lan Zhan fosse delicato abbastanza da non mandarlo in frantumi. 

« Posalo. » mormorò Lan Zhan, separandosi da lui solo per un istante prima di tornare a baciarlo.

Di cosa parlava? Perché? Wei WuXian gorgogliò un verso capriccioso, lasciando che le labbra di lui bruciassero le proprie, prima mordendolo poi leccandolo per guarire la ferita. 

Il flauto, posa il flauto. 

Giunta la realizzazione fu a malincuore che sollevò la mano stretta ad artiglio intorno al corpo del flauto. Mandò una risatina imbarazzata e schizzò in piedi. 

Poggiò il flauto sulla custodia e tornò a fiondarsi tra le braccia di Lan Zhan. Era un rifugio sicuro e non poteva più rinunciarci. 

« Ci scopriranno. » disse dopo un po’ Wei WuXian, la testa così leggera da sembrare piena d’elio. Non riusciva a smettere di baciarlo, il suo viso, le sue labbra, le sue dita, quelle meravigliose grandi, forti mani. 

Vorrei che mi suonasse come suona la sua arpa. 

« Ho chiuso la porta a chiave. » fu la candida, forse divertita, risposta di Lan Zhan. Difficile dirlo quando la sua espressione rimaneva stolidamente scolpita nel ghiaccio. Solo sui lobi delle orecchie e sul collo un diffuso rossore manifestava il suo imbarazzo. 

« Quando…? » 

« Ti interessa davvero? » 

Wei WuXian sorrise. Aveva capito che lasciare scivolare la lingua tra le labbra di Lan Zhan gli provocava una scossa elettrica dal collo fino all’inguine, che sentiva tirare e pulsare dolorosamente. Più lo baciava più sentiva quell’elettricità far frizzare i nervi, tutti, tesi come corde, mentre le mani di Lan Zhan gli accarezzavano la schiena. 

Avrebbe emesso qualsiasi suono per lui, rispondendo al suo tocco. Era sicuro, la sicurezza di chi ha perso coscienza di sé, che Lan Zhan avrebbe saputo toccare le corde dentro di lui, arrivando fino al cuore.

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The Corner 

In teoria questa doveva essere una oneshot ma alla fine ho scritto...26 pagine, quindi su consiglio della mia Musa l'ho divisa in tre capitolini. 
Spero di non aver deluso nessuno con questo finale, ma sentivo che doveva concludersi così! 
Questo esperimento mi è servito per cominciare a muovere i primi passi in questo fandom, sicuramente scriverò ancora.

Chii

 
   
 
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