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Autore: manpolisc_    23/05/2020    2 recensioni
•Primo libro della trilogia•
Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cittadina tra il Nevada e la California. La sua vita non è mai stata semplice: è stata definita pazza per le cose che vede e alle quali la gente non crede, che l'hanno portata a sentirsi esclusa. Solo l'arrivo di una persona come lei riuscirà a farle capire di non essere sbagliata, ma solo diversa. Scoprirà la sua vera natura e dovrà decidere del proprio destino.
Dal testo:
- È solo un bicchiere che è caduto. - Mormoro. Mi guarda, accennando un sorriso divertito.
- E la causa della sua caduta è solo qualcosa alle tue spalle, che brancola nel buio, pronto ad ucciderti. -
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 14

Dopo numerosi litigi in macchina tra Harry e Delice, finalmente arriviamo in ospedale. Il parcheggio non è del tutto pieno e riusciamo a trovare posto facilmente. L'edificio è interamente bianco tranne che per la grossa insegna rossa con su scritto "Ospedale". Il mese scorso è stata anche cambiata: ora è luminosa. Appena entriamo una forte luce bianca ci investe. L'ingresso è molto silenzioso e, a parte un'infermiera alla reception, la sala è vuota. Prevedibile, dato che l'orario per le visite è ormai passato. Appena l'infermiera ci nota, interrompe la telefonata e ci viene incontro. Harry sembra nervoso, come se avesse paura di stare qui. Continua a pregarci di andar via e cerca di tirarci fuori dall'edificio in ogni modo. Se non avesse avuto un braccio quasi distrutto, forse ci sarebbe anche riuscito. L'infermiera ha dei corti capelli castani, a caschetto, e degli occhi celesti nascosti dietro gli occhiali dalla montatura marrone che sembrano più piccoli del normale a causa delle sue guance paffute. Indossa la tipica uniforme da infermiera, che le va leggermente stretta poiché abbastanza formosa, con quelle orrende scarpe bianche ai piedi. Immagino già la faccia di Delice solo a vederle, sapendo quanto sia fissata con la moda. La donna ci viene incontro con un sorriso accogliente, ma quando nota il braccio di Harry rimane un attimo scossa. Subito dopo s’informa su cosa sia successo e, dopo varie scuse da parte di Delice alle quali non ha ovviamente creduto, ma comunque ha finto di accettare, chiama un medico che non tarda ad arrivare. È una donna sui trent'anni, molto slanciata, con capelli castani legati in uno chignon e occhi verdi. Cammina verso di noi sorridendo, senza mostrare i denti, e con le mani nelle tasche del camice aperto che fa intravedere la sua camicetta celeste e i jeans. Mi ricordo di lei: è la stessa donna che mi ha curato l'appendicite quando avevo otto anni.
Appena Harry la vede cerca di fare il duro, nonostante stia per svenire. Quando la dottoressa se ne accorge, dopo essersi presentata come Leanna Villegas, prende una sedia a rotelle dove farlo sedere. Lo aiuto a staccarsi da me in modo da facilitargli il movimento poiché lo sostenevo per non farlo cadere. Ci fa segno di seguirla mentre lo trasporta fino alla fine del corridoio, raggiungendo una porta blu con su scritto "Pronto Soccorso" che apre successivamente. La sala è abbastanza spaziosa e bianca. Sul lato sinistro sono presenti tre lettini, ora vuoti; sulla destra, accanto al muro, c'è un lungo tavolo con gli attrezzi indispensabili per un medico. Ci sono anche un defibrillatore e un dispenser d'acqua. Io e la dottoressa Villegas aiutiamo Harry ad alzarsi e a stendersi sul lettino. Appena lo muoviamo, geme dal dolore.
- Scusate se ve lo chiedo, ma dovete aspettare fuori. Potreste rimanere un po' scosse dalla sua condizione. -
- Gli ho fasciato la ferita e ho avuto un buco in una spalla una volta, questo taglietto posso sopportarlo. - Interrompo bruscamente la dottoressa, acquisendo un tono scontroso, simile a quello di Harry. Corruga la fronte alle mie parole e mi scuso subito dopo per le mie maniere. Delice è rimasta dietro di me a mangiucchiarsi le unghie, nervosa ma determinata a non lasciarmi sola. Leanna non insiste nel buttarci fuori e ci fa rimanere. Senza perdere altro tempo, prepara il necessario per curare Harry.
- Starà bene? - Mormora Delice, preoccupata. Annuisco, lanciandole un'occhiata per la domanda stupida che ha appena fatto. Harry è forte, questo graffietto non è niente per lui. E poi non ha subito una ferita davvero così grave. Fortunatamente non sta perdendo neanche tanto sangue. Delice prende il cellulare e si connette a internet mentre la dottoressa rimuove quelle specie di bende ormai colorate di rosso con cui gli avevo fasciato il braccio. Lui stringe con forza i denti e il lettino dal dolore. In un punto è riuscito anche a strapparlo, ma la dottoressa sembra non essersene accorta. Guardo curiosa la bionda, cercando di capire cosa stia facendo, mentre Harry si lamenta di nuovo. Mi giro a guardarlo per un attimo, poi riporto lo sguardo su Delice.
- Che cosa stai facendo? -
- Sto cercando delle informazioni sui vampiri. -
- E perché? -
- So che è un vampiro! - Esclama in un sussurro per non farsi sentire sia da lui sia da Leanna. - Guarda come stringe il lettino... potrebbe scaraventarlo dall'altro lato della strada. Poi è pallido e... -
- ... e non è un vampiro. - La guardo facendole abbassare ulteriormente il tono di voce. - È un dampiro. - Sussurro per impedire a Leanna di sentire. Beh, Delice ormai è dentro questa storia, meglio informarla su quello che chiede. Mi guarda confusa, ma non perde tempo e cambia la sua ricerca su Wikipedia. Roteo gli occhi al cielo: chissà quante sciocchezze troverà lì sopra. Tutti possono cambiare una pagina su quel sito.
- Figlio di un vampiro e un umano? - Chiede per cercare conferma dopo che si è limitata a leggere la prima frase su Wikipedia. Annuisco mentre lei mi guarda ancora con la stessa espressione, confusa. - E che fa, esattamente? -
- È umano, ma è anche veloce, forte... può diventare invisibile... - Cerco di ricordarmi cos'altro ha detto Jackson riguardo alle abilità speciali del riccio, ma ho un vuoto. Con tutte quelle informazioni con cui mi ha riempito la testa, è normale che mi sfugga un particolare riguardo ai dampiri.
- Ne hai mancata una. – S’intromette Harry, poi guarda male la dottoressa appena mette i punti in modo più determinato per chiudere la ferita. - Vacci piano, dolcezza. Non sono un animale da macello. - Lei ride alle sue parole, continuando inflessibile. Sicuramente non è la prima volta che sente qualcosa del genere. Lui muove le labbra senza effettivamente parlare, come se stesse imprecando in silenzio o architettando diversi modi per ucciderla. - Guardami. - Comanda Harry a Leanna con tono profondo. Ha una voce strana, più bella e virile, quasi seducente. Mi viene voglia di diventare sua schiava. Anche Delice sembra ammaliata. La donna alza lo sguardo negli occhi del ragazzo e interrompe il suo lavoro. - Tappati le orecchie adesso, è una conversazione privata. Cantati qualche canzoncina in mente, ma continua pure ad armeggiare con i miei tendini. - La bionda sembra completamente in trance. Io, non so in che modo, riesco a riprendermi da quello stesso stato in cui stavo cadendo e schiocco le dita davanti alla mia amica, che si riprende quasi subito. Poi, per lei è come se non fosse successo nulla. Leanna invece annuisce in modo meccanico, poi comincia a muovere lievemente la testa a ritmo di musica mentre riprende ciò che aveva lasciato incompleto.
- Ipnosi. - Mormoro meravigliata, lui annuisce. Ne avevo sentito parlare così tanto, ma non l'avevo mai provata (o quasi) personalmente. È una sensazione strana, affascinante. Più o meno la stessa cosa che si prova quando ci si trova tra la veglia e il sonno: non sai se stai già sognando e hai perso il controllo sul tuo corpo o meno.
Leanna gli fascia il braccio dopo avergli messo abbastanza punti da chiudere la ferita, per poi occuparsi dell'occhio. Fortunatamente non ha dovuto mettere un gesso. Una volta che glielo ha curato, passa al labbro, per poi andare a lavarsi le mani appena finito. Io mi avvicino al lettino di Harry, Delice invece corre fuori per rispondere al cellulare che ha appena cominciato a squillare.
- Grazie. - Dice a bassa voce per non farsi sentire se non da me, come se non fosse abituato a dirlo.
- Ho fatto quello che era giusto. - Gli sorrido. Lui ricambia e raddrizza la schiena, tirando su il braccio per poggiarlo sulla gamba, e geme dal dolore a quel movimento. Mi dà una lieve gomitata, seppur il suo braccio sia a pezzi, per attirare la mia attenzione.
- Guarda qua. - Accenna un sorriso divertito. - Fa caldo in questa stanza, non è vero dottoressa? - Le chiede con la stessa voce seducente di prima. Lei si gira. Nonostante stia guardando Harry, il suo sguardo è perso nel vuoto. Si porta le dita ai primi bottoni della camicetta, sotto il camice, e inizia a sbottonarli. La guardo allarmata dopo aver capito le intenzioni di Harry.
- Smettila. - Mi affretto a dire prima che Leanna si spogli. Lui ride e parla di nuovo con quella voce sensuale di prima per bloccarla. La dottoressa si ferma ed esce, sempre su ordine di Harry, mentre si riabbottona. Mi siedo sul letto di fronte a lui. - Con quella lingua potresti combinare un sacco di guai. -
- Oh, sì. - Alza ripetutamente le sopracciglia e mi volge un ghigno malizioso. Gli do un colpetto sul braccio buono, ridendo. Sono contenta che stia bene: mi sono preoccupata moltissimo quando l'ho visto in quelle condizioni. Quel senso di timore che Harry mi provocava ora sta sparendo. Non è così male come vuol far credere, dopotutto.
Ride anche lui mentre mi guarda e sorrido involontariamente, contagiata dalla sua risata. Non ho idea da dove tutta questa confidenza sia saltata fuori, ma spero che dopo averlo aiutato non mi volti le spalle anche lui come Jackson. Non vorrei rimanere sola in questo nuovo mondo in cui lo Gnomo mi ha spinto a entrare. Giro lo sguardo, sentendomi troppo osservata da lui. Non sono abituata a essere fissata da un ragazzo per diversi secondi senza che dica qualcosa. Ringrazio Delice che è tornata non appena sento la porta aprirsi di botto, ma impreco subito dopo nella mia testa quando mi trovo Jackson sulla soglia e non lei, come avevo pensato. Non ho voglia di vederlo, tantomeno di parlargli dopo quello che ho visto nel pomeriggio. Può sembrare un comportamento immaturo, ma non posso nascondere il fastidio che mi hanno provocato quei due.
Jackson ha gli stessi vestiti che aveva oggi quando l'ho visto con June. Solo adesso che si avvicina a noi, però, percepisco il suo profumo di Davidoff che si mischia all'odore del sangue, creando il profumo più buono che abbia mai sentito.
- Come stai? - Chiede preoccupato. Appena nota le condizioni di Harry si morde il labbro: potrebbe scoppiare a piangere da un momento all'altro. Mi fa tenerezza. Sembra si senta in colpa per quello che è accaduto. Non dico che dovrebbe, ma se ha preferito stare in giro con June invece che aiutare Harry almeno qualche senso di colpa deve averlo.
- Bene. E non grazie a te. - Aggiunge freddamente, osservandolo. Sposto lo sguardo da Harry a Jackson e viceversa, sicura che presto scoppierà una discussione.
- Ero impegnato. -
- A puttane potresti andare in altri momenti. - Si tira su e si siede goffamente. Fa oscillare le gambe fuori dal lettino con l'intenzione di alzarsi e si tiene il braccio, stringendo i denti. Si vede che gli dà fastidio.
- Non è una puttana. - Ribatte Jackson, leggermente irritato. Sposto lo sguardo su quest'ultimo, infastidita, e alzo un sopracciglio. Certo che June lo è! È un'approfittatrice di prima categoria. Non sa neanche cosa significhi la parola “umiltà” e lui la difende come se la conoscesse da una vita quando invece non sa niente di lei. Come fa a dire che non lo è? Solo perché ha un bel corpo o dei bei capelli si lascia influenzare così facilmente. Eppure lui non è un tipo che si lascia persuadere subito. Delice è più bella di June, eppure Jackson non l'ha calcolata di striscio. Lui cercava solo e unicamente me, e ora mi dà fastidio il fatto che non cerchi neanche più me, ma solo June. Non che fossi così importante per lui, alla fine sono solo un altro Elementale ai suoi occhi, ma ci speravo.
- Stavo morendo e tu eri con quella! - Sbotta Harry, fin troppo irritato. Sposto lo sguardo su quest'ultimo, rimanendo in silenzio. Incrocio le braccia al petto e seguo la conversazione. Sembrano una vecchia coppia che s’incolpa a vicenda perché uno dei due ha mangiato l'ultimo dolcetto. Mi mordo il labbro, sentendomi fuori luogo. Vorrei dire qualcosa, e dare ragione a Harry, ma forse è meglio non immischiarsi. Già i rapporti tra me e Jackson sembrano essersi disintegrati, non voglio che cominci anche a odiarmi.
- Tu non m’informi che vai a cacciare! Che cosa posso saperne io?! Mi sono catapultato qui appena me l'hanno detto! -
- E chi diavolo te l'ha detto?! - In quel momento bussano di nuovo alla porta.
- Avanti! - Urlano Jackson e Harry all'unisono mentre si girano verso la porta. Mi massaggio le tempie e scendo dal lettino per allontanarmi da quei due: mi sta venendo mal di testa con tutte queste urla. La porta si apre lentamente ed entra l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento: June Edwards.
Se la chiude timidamente alle spalle, sotto il mio sguardo adirato: che faccia tosta a presentarsi qui. Fisso tutti e tre. Harry si ristende, avendo rinunciato a scendere, mentre Jackson guarda la riccia. Mi avvicino al lettino, quasi a difendere il dampiro. Mi sento come se dovessi tenerlo lontano da June, come se lei fosse la causa del suo dolore. Mi metto tra Harry e Jackson e fisso quest'ultimo freddamente. Il moro mi afferra il braccio attirandomi più vicino a lui e allontanandomi dallo Gnomo. Rimango in piedi guardando quei due con disprezzo. Non capisco il motivo per cui io ce l'abbia tanto con June: non c'entra in questa storia, e neanche Jackson in fin dei conti se non per il fatto di essere stato egoista. Non può essere sul serio solo gelosia, o sì?
Li guardo mentre la rossa si avvicina a Jackson. Mi viene da mollarle un ceffone in faccia, ma stringo il pugno, trattenendomi dal momento che le mie mani iniziano a riscaldarsi lievemente. Non doveva portarmi via Jackson, non anche lui. Quei pochi momenti felici a scuola, che mi ha rovinato, le sarebbero dovuti bastare.
- Come ti senti? - Mormora in maniera timida mentre osserva Harry. - Sono June Edwards, comunque, la ragazza di Jackson. - Sorride amichevolmente e gli porge la mano. Stringo i denti a quelle parole, costringendomi a deglutire per non offenderla. Ora non è il momento. Mi mordo il labbro per non urlare mentre il dampiro osserva con riluttanza la mano, poi la guarda in faccia.
- Conosco il tuo nome, me l'hanno detto le tue colleghe quando sono andato in cerca di una puttana. Complimenti, a quanto pare sei la migliore sul campo. - Esclama ironicamente, come se lei avesse vinto un premio, mentre passo a mordermi l'interno guancia, questa volta per non ridere. June ritrae la mano, offesa, guardandolo con disprezzo. Poi sposta gli occhi verdi su di me.
- E tu che ci fai qui? - Chiede mentre mi squadra dalla testa ai piedi com'è suo solito fare, senza l'aria amichevole di qualche secondo prima.
- Il mio amico sta male. - Le rispondo con il suo stesso tono. Mi squadra ancora in modo orribile, come se stesse architettando un modo per farmi fuori. Jackson le poggia una mano su un fianco, attirandola verso di lui in maniera protettiva; in tutta risposta lei lo stringe e gli circonda la vita con le braccia, appoggiando la testa sul suo petto mentre mi sorride maleficamente.
- E anche questa volta ho vinto io. - Mi mima June con le labbra, stringendosi di più a Jackson. Inizio a sentirmi davvero bruciare. Non sotto la pelle stavolta, bensì nelle vene. Non mi piace il modo in cui si stringe a lui, come se fosse di sua proprietà. Beh, lo è... ma mi dà fastidio comunque. Odio vederlo con un'altra. Odio vederlo con lei. Mi viene voglia di bruciarle tutti i capelli rossi che si ritrova. Sento i miei pugni tremare dalla rabbia. Perché esiste la gelosia? È un sentimento orribile. Dannato Jackson, dannata June e dannato il suo bel faccino.
Il biondo le sorride dolcemente mentre Harry si sporge dal lettino, facendo finta di vomitare. Stavolta mi lascio scappare una piccola risata e anche Harry ride dopo. June riassume l'espressione cupa che aveva poco fa mentre Jackson ci guarda freddamente.
- Siete due bambini. - Commenta quest'ultimo. - Non solo mi preoccupo per te, mi prendi anche in giro. -
- Io sarei il bambino? Io?! - Non mi piace sentirli litigare, per colpa di June poi. Mi allontano di poco dal lettino e mi avvicino al muro. Vorrei rimanere accanto ad Harry, ma so che il mio mal di testa mi ucciderà prima. Anche June si allontana da Jackson mentre quei due continuano a litigare.
- Non sapevo che avessi il ragazzo. - Mi sorride falsamente. La guardo, senza risponderle. È già un miracolo che qualcuno non sia venuto a interrompere le urla di quei due, non voglio mettermi a litigare anch’io. Inoltre, se avessi cominciato a discutere con lei, le avrei davvero bruciato i capelli. Sento ancora la pelle calda e quei due cretini mi stanno facendo salire il nervoso. Vorrei far loro testa e testa, almeno per qualche minuto la smetterebbero. Harry sembra il più incazzato tra i due, ed è giusto che lo sia. Jackson è solamente spaventato per le condizioni dell'amico, ma un po' di rabbia nella sua voce è presente, non posso negarlo. - È carino. - La voce di June comincia a infastidirmi. Sento che sto per perdere la pazienza e non posso permettermelo. - Però il mio ragazzo lo è di più. - Sogghigna, mordendosi il labbro inferiore. Sento il sangue bollirmi nelle vene questa volta e perfino la voce di quei due mi sta iniziando a irritare. In quel momento entra Delice e guarda tutti e quattro, abbastanza sconvolta, soprattutto appena nota la rossa accanto a me.
- Oh, ma andiamo, anche qua! - Sbotta. June rotea gli occhi al cielo e si gira verso Delice, incrociando le braccia al petto.
- Mi sembrava strano che non ci fossi anche tu. Guarda caso quando succedono casini sei sempre in mezzo, come negli spogliatoi a scuola. - Vedo Delice che respira profondamente. Noto una piccola vena pulsarle sulla tempia: sicuramente starà contando fino a dieci prima di liberare i peggiori insulti. Mi metto le mani sulla fronte, non riuscendo più a sopportare Harry e Jackson litigare.
- Stai con me quando succedono queste cose, magari una volta di queste ci rimani secca. - Risponde a tono Delice. June scoppia a ridere, infastidendo ulteriormente la bionda che comincia a sbraitarle contro. Quest'ultima le risponde con lo stesso tono. Mi guardo in giro mentre mi premo le dita sulle tempie con forza e subito il dispenser d'acqua risalta ai miei occhi. Corrugo la fronte appena noto le bollicine nel liquido: sto per far bollire l'acqua, di nuovo.
- Vi prego, smettetela. - Imploro tutti, non riuscendo più a sopportare quelle urla. Non sembrano darmi retta, però. La macchina con l'acqua inizia a muoversi un po' più forte a ritmo con i miei battiti mentre le bolle aumentano ulteriormente. Non sono sicura di riuscire a fermarlo. - Davvero, basta. Jackson, Delice. -
- Non è il momento. - Mi ammonisce la mia migliore amica. - E con questo? Chi vuole venirci alla tua stupida festa di metà luglio! Non m’importa che non abbiamo l'invito! - Continua a urlare contro June. L'acqua comincia a formare bolle sempre più grandi e il dispenser non smette di muoversi, ma nessuno lo nota, troppo impegnati ad urlare. Sento le mani tremare e i muscoli delle braccia irrigidirsi per il fastidio.
- Davvero, basta. BASTA! - Urlo a pieni polmoni mentre il recipiente del dispenser scoppia e l'acqua schizza ovunque, bagnando anche un po' i ragazzi, più vicini a questo rispetto a noi altre. All'esplosione rimangono tutti zitti a fissare l'acqua a terra e sui muri, ora di un colore leggermente più scuro. Tutti, tranne June. Mi guarda meravigliata, come se avesse trovato un tesoro; nello stesso identico modo in cui ha guardato Jackson durante quel "suicidio di massa" dei compiti di matematica. Rimaniamo tutti in silenzio per un po', cercando di capire cosa sia successo. Arrossisco leggermente, colpevole, ma nessuno, se non Jackson e Harry, realizza che è stata opera mia. June è la prima a muoversi: si avvicina a Jackson e gli afferra la mano.
- Andiamocene via. Questi ospedali fanno schifo, così come i pazienti. - Detto ciò lo trascina fuori dalla sala senza dargli il tempo neanche di salutare. Non credo che l'avrebbe fatto comunque. La guardo finché non si chiude la porta. Nel frattempo, a terra, ai piedi del dispenser, si è formata una pozza d'acqua.
- Ma guarda tu questa. - Esclama Delice e scuote la testa, rassegnata. Senza neanche pensarci, muovo la mano verso la pozza d'acqua per sollevarla in aria e la stringo, andando a formare un pugno, come se stessi afferrando qualcosa, per poi spostarlo verso la porta, aprendo il palmo verso di essa. Allo stesso modo, l'acqua levita e si va a schiantare contro la porta. Rilascio un grido di frustrazione. Harry e Delice portano lo sguardo verso di me, abbastanza sorpresi del mio gesto, soprattutto la bionda che ancora non mi aveva sul serio visto maneggiare un elemento. Respiro profondamente per cercare di calmarmi.
- Ci conviene andare via prima che arrivi qualcuno. Abbiamo fatto fin troppi danni. - Dico dopo mentre aiuto Harry ad alzarsi.
- Prendo la macchina, ma meglio non uscire dalla porta d'ingresso. - Dice Delice mentre annuisco, concordando con lei. Un interrogatorio sulla morte di quel povero dispenser è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora.
***
Delice ci lascia davanti casa mia e mi aiuta a far uscire Harry. La saluto con un sorriso per ringraziarla. Lui mette il braccio buono intorno al mio collo e lo aiuto a salire i gradini mentre geme ad ogni passo. Controllo se ci sia qualcuno in casa: fortunatamente non vedo nessuna luce accesa. Se mi fossi presentata con Harry davanti a mia madre, nelle condizioni in cui si trova oltretutto, mi avrebbe sul serio rimproverato per farmi allontanare anche da lui, cosa che non voglio assolutamente, soprattutto ora. Primo, perché ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lui; secondo, perché è l'unico che può aiutarmi con questa mia nuova natura.
- Siamo fortunati. Mia madre ancora non è tornata. - Dico, aprendo la porta con le chiavi. Me la chiudo alle spalle e aiuto Harry fino al divano per farlo stendere su di esso, accompagnati dalle ennesime imprecazioni del dampiro. Mi stiracchio, premendo le mani sulla schiena. Eccome se pesa.
- Allora possiamo spassarcela, una notizia buona finalmente. - Ridacchia, guardandomi per alleggerire la situazione. Scuoto la testa, divertita alle sue parole, e mi siedo sul tavolino di fronte a lui.
- Come ti senti? -
- C'è davvero bisogno che te lo dica? -
- Domanda stupida, scusami. - Mi mordo il labbro, abbastanza impacciata. Lui inspira ed espira rumorosamente. - Comunque, hai idea di chi fosse quella strega? - Chiedo mentre incrocio il suo sguardo.
- Non lo so. Stavo cacciando un clan di vampiri quando quella pazza è uscita dal nulla. Non ho mai visto niente di più malato... tranne Skah quando ha fame, è una vera bestia. - Lo guardo, confusa.
- Skah? -
- L'Aitvaras di Jackson. - Osserva il mio salotto mentre lo fisso, corrugando la fronte. - Il suo gallo. - Specifica appena nota la mia confusione dopo che ha riportato lo sguardo di me. Rimango un attimo a fissarlo. Ho un ricordo sfocato di un gallo in mente, ma non penso che sia di Jackson. Pensavo di essermi sognata questa cosa. Ogni volta che guardo verso casa sua, non vedo mai l'animale. Ora che ci penso, però, ricordo a tratti il suo piumaggio, forse nero, e gli occhi del medesimo colore, o erano bianchi? - Gli Aitvaras sono creature di protezione. Sono specialmente galli, nella forma di drago ne trovi pochi. Lo regalai a Jackson dopo un incidente che accadde a Roma. Sono in grado di far svenire chiunque. Il colore degli occhi cambia in base all'essere da cui devono difendere il loro padrone: bianco per gli umani, nero per chiunque, o qualunque cosa, abbia una caratteristica diversa. - Sorride poi divertito. - Ti ha fatto perdere la memoria, vero? - Arrossisco un po' imbarazzata. Ora che i pezzi si stanno legando man mano insieme ricordo meglio tutto, e capisco anche finalmente. Quel pomeriggio confusionario a casa mia è stato causato da un gallo.
- Ma perché? Non gli ho fatto niente. - Harry ride di gusto per poi gemere leggermente a causa del braccio.
- Beh, sembravate piuttosto sospette. È tipo un cane da guardia, vi ha visto e ha fatto il suo dovere. Spesso gli Elementali li usano sugli umani per fargli dimenticare dei mostri e di loro stessi. Ecco perché ha un gallo libero in giardino. Avrei dovuto fermarlo, lo so, ma mi stavo divertendo troppo dietro la finestra. - Ridacchia. Ora ricordo anche lui, quel ragazzo nascosto tra le tenebre, che ci fissava. Allora, non sono del tutto pazza, c'era davvero qualcuno in salotto a osservarci.
- E hai lasciato che un gallo mi mettesse KO?! Sono stata con l'emicrania per un giorno intero! - Sbotto, irritata. Lui si morde l'angolo della bocca per non ridere e non afferrare il taglio con i denti. Rimango a fissargli le labbra a quel suo gesto mentre penso anche a quando vidi quegli occhi nella finestra di fronte, quella di Jackson. Dopo averli guardati, mi sono ritornate in mente quelle immagini, come se mi fossero stati restituiti quei ricordi rubati e, se non è stato Skah, non so chi possa essere stato. - L'Aivaro... -
- Aitvaras. - Mi corregge Harry.
- Beh, sì, quello... può restituirti la memoria? -
- Certo, ma non lo fanno quasi mai. - Lo guardo turbata. Gli basta darmi un'occhiata per capire la mia preoccupazione. - A te l'ha ridata... perché? - Chiede più a se stesso, cercando una risposta a quella domanda. Scrollo le spalle mentre inspiro ed espiro rumorosamente prima di andare in cucina a prendere una bottiglietta d'acqua nel frigo, data la gola secca. Poi ritorno in salotto, la apro, mi siedo sul tavolino e ci do un sorso.
- Quindi immagino che Jackson ci abbia riportato a casa dopo che Skah ci ha fatto svenire. -
- Io e lui, sì. -
- Beh, grazie. - Dico in tono ironico e bevo di nuovo. Sebbene il sorso di prima, la gola è così secca da bruciarmi. - Quindi immagino che ci abbiate fatto anche la merenda dopo. -
- Il tè e quelle caramelle? Beh, sì. Quando un Aitvaras ti fa svenire prende anche un po' della tua energia. Spesso la perdi in zuccheri, circa tremila calorie. Le quattro caramelle al miele erano essenziali per la tua amichetta bionda. Spero che non si tolga la vita ora che ha qualche grasso in più sulle chiappe. - Sorrido immediatamente alle sue parole, e scuoto la testa.
- Tranquillo, se la caverà. Ma non capisco perché non avete dato anche a me quelle caramelle. - Lui comincia a mangiucchiarsi le unghie della mano sinistra mentre parlo.
- Sei un Elementale, un po' più di zuccheri rispetto a un altro essere umano è il minimo per riprenderti. Ovviamente, perdi più energia dato le tue abilità speciali. Lizzie sa fare un tè apposta, ma non chiedermi cosa ci sia dentro. Comunque... - Si tira un po' su. - Voglio trovare quella stronza e bruciarla viva. - Dice Harry con voce carica. - Deve pagare per quello che mi ha fatto. - Scovare quella strega non credo sia necessario ora che è appena uscito dall'ospedale. Ha altre priorità.
- Dovresti stare a riposo. - Gli ricordo. Non riesce neanche ad alzarsi, come pretende di combattere una strega, pazza per giunta, dato il modo in cui l'ha attaccato senza neanche un motivo?
- Non sembra che la dottoressa me l'abbia raccomandato... anche perché mi avete fatto uscire da una finestra! - Mi guarda male. Sbuffo nel sentire il suo tono. Sembra uno di quei nobili a cui bisogna levare la zolletta di zucchero in più dal caffè. - Un po' di carne e starò benissimo. Sono mezzo vampiro, ti ricordo. Le ferite si rimarginano in fretta, ho più piastrine rispetto agli altri, e cellule staminali e... - Si blocca appena nota il mio sguardo perplesso quando comincia a utilizzare tutti quei termini scientifici, poi mi sorride. - Beh, e altre cose. - Osserva nuovamente il salotto fin quando il suo sguardo cade sulla porta d'ingresso. - Cos'è quello? - Mi giro a fissare nella sua stessa direzione: sotto la porta c'è un biglietto viola. Harry e io ci fissiamo negli occhi per qualche secondo, confusi, poi gli passo la bottiglina d'acqua e mi alzo. Mentre Harry la finisce, bevendo avidamente, io mi chino per prendere quel biglietto. Me lo rigiro tra le mani e poi lo apro: è un invito per una festa che si terrà il sedici luglio a casa di June. Corrugo la fronte, stranita. - Cos'è? - Chiede Harry dopo essersi passato il polso sulle labbra per asciugarle e aver alzato la testa in modo da vedere il biglietto, curioso.
- Un invito per la festa di June... - Sussurro mentre lo guardo perplessa. Anche lui assume la mia stessa espressione, poi il mio cellulare squilla e mi affretto a prenderlo dalla tasca posteriore dei jeans per rispondere.
- Dimmi Delice. -
- Hai ricevuto anche tu l'invito? - Chiede lei con tono sorpreso.
- Sì... - Mormoro ancora turbata. - Proprio oggi ha detto che non ci avrebbe invitato, perché ha cambiato idea? -
- Ha capito che siamo fighe anche noi. - Ride dall'altro capo del telefono. - Domani andiamo a fare shopping e ci andiamo a trovare qualcosa di sexy da mettere. -
- Certo... - Concordo senza ascoltarla sul serio. Guardo ancora l'invito: questa è la cosa più strana che mi sia successa da quando ho scoperto di essere una Salamandra. Sicuramente ci ha invitato per sbatterci un altro po' in faccia il fatto che stia con Jackson.
- Oh! E poi... - Chiudo la chiamata nonostante Delice stia ancora parlando, ma ora non è il momento di decidere quale abito scomodo indossare. Mi giro a fissare Harry, che mi sta studiando attentamente con lo sguardo.
- Questa storia mi puzza. - Afferma serio. Mi torturo nervosamente il labbro con i denti, levandomi qualche pellicina.
- Anche a me. -
   
 
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