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Autore: TheDoctor1002    26/06/2020    1 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 11: Para Bellum (Parte 2)

"Eccola, quella è la base!" Indicò Artemis, rivolta verso un punto a poche centinaia di metri.
La neve arrivava loro alle ginocchia, facendoli sprofondare ad ogni passo.
Law era stato previdente abbastanza da comprare delle giacche pesanti, prima di lasciare Marijoa, ma nemmeno quelle sembravano bastare a tenerli al caldo: il gelo si insinuava attraverso gli spessi strati di vestiti, come se la neve che fioccava ancora davanti ai loro occhi riuscisse a posarsi sui loro polmoni.
Dense nubi di condensa si formavano dalle loro labbra ad ogni parola e dai loro nasi ad ogni respiro. 
"Con un tempo del genere dubito che Doflamingo abbia inviato qualcuno a controllare, non sarebbe da lui: una chiamata basta e avanza. Dovremmo trovare solo Caesar e la ragazza." 
"Pensi opporranno resistenza?" Chiese Law, riprendendo a marciare: non si sentiva più le dita dei piedi.
Per quanto il suo stoicismo e il suo incredibile orgoglio gli impedissero di ammetterlo, si sarebbe intrufolato nella stazione scientifica a prescindere dal ruolo più o meno strategico che questa potesse avere. 
Artemis si limitò a scuotere le spalle: "Non ne ho idea, francamente. Immagino non abbiano Pacifisti a difenderli, ci avrebbero già individuati e raggiunti. Potrebbero avere qualche arma, ma non sembrano troppo pericolosi. Forse solo il potere di lui..." 
"Potere? Non sapevo che anche Caesar fosse fruttato."
"Gas Gas No Mi," commentò Artemis, sfilandosi i guanti invernali e mettendosene un paio da lavoro, robusti e logori. "Controlla le sostanze gassose, potrebbe crearci problemi. O, beh, perlomeno potrebbe farlo se io non sapessi controllare il tempo e tu lo spazio. Se le cose dovessero andare storte vedrò di isolarci, la tua room farà il resto, ma spero non sarà necessario. A proposito, lascia qui armi e bagagli." 
"Qui? Nel bel mezzo del niente?"
Artemis annuì distrattamente, controllando l'orologio. 
"Cerca solo di tenere la spada e la falce in alto, okay? Non sai mai quando possono servirti." 
Seppur con una certa perplessità, Law abbandonò le loro valigie in quello che sembrava il centro del nulla, accatastate le une sulle altre a formare una piccola montagnola su cui le loro lame svettavano come bandiere.
Per quanto le richieste strane ed improvvise di Artemis fossero ormai la consuetudine da anni, il Chirurgo non riusciva ancora a farci l'abitudine e, lasciandosi i loro averi alle spalle, si ritrovò a pensare che forse non ce l'avrebbe mai fatta davvero. 
Continuando a camminare nella tempesta, i due non poterono fare a meno di rimpiangere la metà di isola su cui erano sbarcati: al gelo di quel luogo entrambi avrebbero preferito mille volte il caldo infernale che avevano attraversato solo poche ore prima, drago sputa-fuoco compreso. 
Una volta raggiunto l'ampio portone della base, i viaggiatori si guardarono intorno perplessi per qualche secondo.
Era una pesante porta d'acciaio, su cui si intravedeva ancora il nome del vecchio proprietario a grandi caratteri scrostati dalle intemperie: Vegapunk. 
Richiamava, in un certo senso, lo stile austero e pratico dell'intera base, il cui rivestimento lucente e ormai seppellito nel ghiaccio aveva salvato i suoi inquilini dal disastro chimico di quattro anni prima.
Notarono, inoltre, quello che doveva essere una sorta di campanello e presero a osservarlo incerti come qualcuno scruta il frigorifero alle tre del mattino, chiedendosi cosa l'abbia portato fin lì.
Fu solo dopo una certa esitazione che Artemis si decise a premere il pulsante, ma Law le fermò il braccio a mezz'aria prima che potesse anche solo sfiorarlo. 
"Hai intenzione di entrare dalla porta principale? Suonando, per giunta?" Le chiese accigliato. 
"Certo che sì." Fu la risposta pacata di lei, in totale contrasto con l'espressione preoccupata che si andava dipingendo a tinte tenui sul viso di lui "In quale altro modo dovremmo entrare in una base sigillata?" 
Praticamente nello stesso istante, le pesanti porte di metallo della stazione scientifica si schiusero per farne uscire un minuscolo drappello di strane figure.
Indossavano tutti un'uniforme gialla simile ad una muta ed erano equipaggiati con dei fucili che i due intrusi si trovarono presto puntati addosso. 
Girandosi lentamente, accerchiati da una decina di questi soldati, si trovarono schiena contro schiena.
Pur non vedendosi in volto, Artemis riuscì a percepire il profondo sospiro di Law e lui il sottile sogghigno di lei. 
"Sì, sono davanti a noi." Riferì uno degli uomini in giallo ad un Den Den Mushi "Non sembrano armati. Sì, lui è il nuovo Shichibukai, ma lei non sappiamo chi sia, mai vista." 
Con la massima discrezione, la ragazza cercò la mano del capitano, intrecciando appena le punte delle dita con le sue. 
"Devono essere le guardie di Caesar: immaginavo ne avesse. Cinque a testa, non barare. Stolen Timelapse." sussurrò in un lampo, squarciando l'aria davanti a sé ed estraendone la spada di Law e la sua falce. 
La paura o il dolore non fecero nemmeno in tempo a sostituirsi allo stupore, di fronte a quella dimostrazione: la velocità delle due lame fu tale che i corpi dei soldati finirono a circondarli nel giro di pochi istanti.
Un singolo fendente a testa fu sufficiente a liberarli da quel primo impiccio. 
Mentre si avviavano verso l'interno della base, con un'espressione soddisfatta sul volto, Artemis estrasse da qualche minuto prima anche la borsa con gli esplosivi: erano ormai molti anni che non si trovava a dover adottare le maniere forti in una contrattazione, ma era certa di non essersi dimenticata come fare e che Law avrebbe saputo farlo altrettanto bene.

-//-//-//-

"Allemand!" Sorrise Artemis, mentre la sua schiera di guardie in nero si riversava lungo il perimetro dell'austero salottino dell'uomo, facendole ala.
Tra loro, ora, si trovava anche Corazòn.
Così impacciato, così ingenuo, come una cornacchia nella schiera dei suoi impeccabili Corvi.
Doflamingo aveva insistito molto affinché lo portasse con sé.
Voleva che gli mostrasse come funzionava la Family e, dopo molte pressioni, lei aveva finalmente accettato, seppur a malincuore. 
L'uomo che lei aveva salutato, Allemand Goya, sembrava estremamente scosso dalla sua presenza.
A Rocinante parve di vederlo tremare nel porgere il baciamano alla donna e, senza dubbio, le sue due guardie del corpo sfiguravano al confronto con le sette che Artemis aveva portato con sè. 
"Che grande onore questa visita, Reina Blanca" balbettò l'uomo, sedendosi su uno dei due divanetti come se fosse stato ricoperto di spine "A...a cosa è dovuta, se mi è concesso chiederlo?" 
Lei guardò appena in giro, per poi rivolgersi a lui con un'espressione addolorata sul volto.
"Pensavo all'amicizia, Allemand. A quanto sia un sentimento importante e prezioso." 
L'uomo riuscì a versare due tazzine di sakè quasi per miracolo, porgendone una alla sua ospite.
Mentre lei non ne bevve una goccia, lui lo buttò giù tutto d'un fiato. "È...è una gran cosa, mia Reina, sì..." concordò. 
"E noi non siamo solo soci. Noi siamo amici, vero Allemand?" 
"Il privilegio della vostra amicizia è un dono immenso, mia Reina" le assicurò lui, mentre il suo volto paffuto si tingeva di un rosso sempre più vivido. 
"E anche il Joker è vostro amico, suppongo." Proseguì lei, "Dopotutto, vi ha offerto un contratto quasi di monopolio per la Family. È stato per voi un ottimo affare, no?" 
"Certamente, il migliore!" Assicurò Allemand, annuendo cinque o sei volte di fila, quasi stesse perdendo contatto con la realtà, annaspando appena "Voi e Joker siete...siete i miei amici più cari."
Un ampio, dolce sorriso si dipinse allora sul volto di lei. 
"Che gioia sentirvelo dire" mormorò "temevo davvero che foste stato voi a giocarci quell'orribile tiro mancino..." 
Richiamando a sè una delle sue guardie con uno schiocco di dita, Artemis si fece passare la sua falce e prese a trascinarsela quasi fosse un bastone pastorale mentre percorreva la sala in lungo e in largo come uno squalo. 
"Immagino che abbiate saputo dell'assalto che Pizarro ha teso al nostro ultimo carico di armi. Era parecchio importante: valeva sessanta milioni di berry, non uno di meno. Ma dovreste saperlo bene, visto che siete stato voi a calcolarlo. Ci abbiamo riflettuto molto e, pensandoci, mi sono ricordata di un dettaglio: quando ho ricevuto la comunicazione della rotta che la nave avrebbe seguito non c'era nessun altro nella stanza. Voi, che l'avete fatta partire, siete l'unico che potesse sapere quale imbarcazione e tratta stessimo utilizzando e solo voi avreste potuto comunicarglielo." 
Senza che le fosse necessario muovere un muscolo, due dei corvi di Artemis impugnarono i fucili che tenevano in spalla e spararono alle guardie di Goya in pieno petto, mentre lei portava il suo viso a pochi centimetri da quello dell'uomo. 
"Ditemi la verità, Allemand." Soffiò, scrutandolo con le sue iridi grigie come se stesse leggendo ogni più insignificate dettaglio la sua mente nascondesse "Non siamo forse amici?" 
"Certamente, mia Reina, perdonatemi" implorò lui, gettandosi in ginocchio "perdonatemi, è stato un errore, una debolezza. Se solo sapeste le pressioni di Pizarro, le sue minacce, il terrore! Ma giuro che non si ripeterà mai più. Lo giuro, lo giuro su ciò che di più caro ho al mondo, datemi un'altra occasione e ve lo dimostrerò. Vi scongiuro, Reina: ho una famiglia." 
Artemis indietreggiò di un passo.
Si muoveva come un'attrice sul palcoscenico, indossando una maschera dopo l'altra.
Era protagonista, antagonista e narratrice, si muoveva agile sui fili di trama che tesseva come un ragno danza avvinghiando una preda morente.
Corazòn poteva leggere tra le righe del suo copione e sapeva che ora interpretava una donna mortalmente ferita.
Si chiedeva se tutto ciò fosse così palese anche agli occhi di chi la proteggeva. 
"E così anche voi credete che io sia un mostro, Allemand, amico mio?" 
Corazòn vide chiaramente la speranza illuminare il volto di Goya e quella stessa luce venire stroncata un istante dopo. 
"Siete sempre stato un pessimo bugiardo, ma stavolta vi siete dimostrato anche schifosamente presuntuoso." Gli rivelò lei, con una durezza nuova ad inasprirle la voce, "Credete davvero che i miei Corvi non vi abbiano visto accettare denaro da Pizarro?"
L'uomo provò ad alzare lo sguardo terrorizzato verso la donna, ma non ci riuscì: il peso della lama della falce di lei si incuneò tra le sue scapole, trapassandolo da una parte all'altra.
Poi, mentre ancora un barlume di vita albergava negli occhi sbarrati di Allemand, la donna estrasse l'arma e il corpo dell'uomo colpì il pavimento con un tonfo molle. 
Davanti a quello spettacolo raccapricciante, al sangue che si spargeva sul pavimento in legno e ai Corvi che si operavano per far sì che l'immacolato abito di Artemis non si sporcasse, Rocinante si sentì sul punto di svenire. 
Senza ulteriori cerimoniali o convenevoli, Artemis lasciò il luogo dell'omicidio trasportata dai suoi uomini come in trionfo, ma si arrestò prima di varcare la soglia. 
"Corazòn!" Lo richiamò con una certa dolcezza "Potresti gentilmente inviare la testa di Goya a Pizarro? E mettici anche queste, se non ti dispiace." 
Con una delicatezza estrema, staccò due piume bianche dalla sua pelliccia e le adagiò sul palmo della mano di lui.
Nonostante l'impassibilità che si era imposto di mantenere, nello sguardo che le lanciò doveva esserci molta più rabbia di quanta non avesse voluto. 
"Meritate solo morte, strega maledetta!" 
La voce che aveva proferito quella minaccia era acerba e sconvolta.
Come colpita dalla folgore, Artemis fece cenno ai suoi di posarla, incurante del sangue che schizzava sulle sue scarpe e sulle punte del mantello ad ogni passo.
La donna si fermò solo a pochi passi dal cadavere, rivolgendo uno sguardo di sufficienza alla figura accartocciata ai suoi piedi.
Si trattava di un ragazzino, notò: corti capelli a spazzola e negli occhi tutto l'impeto che i suoi sedici anni potevano dargli. 
"Potete ripetere?" Domandò glaciale.
Data la forza dei singhiozzi che scuotevano la gabbia toracica di lui, non si aspettava fosse in grado di risponderle.
Una vaga, divertita espressione di sorpresa si dipinse sul suo volto quando egli parlò: "Voi meritate solo morte, Reina Blanca." 
"E, fammi indovinare," sorrise sarcastica Artemis, "scommetto che a darmela sarai proprio tu, non è così? L'oceano è pieno di criminali sanguinari oltre ogni immaginazione, ma colui che porrà fine alla mia esistenza sarà un ragazzino arrabbiato che non ha mai impugnato un'arma. Suona ancora più patetico detto a voce alta, non credi?" 
"Non parlo della vostra morte." Sputò fuori il ragazzino, ancora scosso dal pianto.
Fissò gli occhi arrossati in quelli di Artemis e dovette stringere i denti per far scendere il nodo che gli si era formato in gola. "E non è solo per mio padre, ma per tutti quelli che avete ucciso. Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato." 
A quelle parole, due dei corvi scattarono al fianco di lei, ma li fermò con un cenno della mano.
Una minaccia simile da un ragazzino così giovane riusciva a darle i brividi, ma voleva sentire fin dove la rabbia potesse spingerlo. 
"Perderete tutti, Reina Blanca. Chiunque voi amiate, meritate di vederlo morire sotto i vostri occhi come è successo a me. Meritate il tormento, di non avere mai pace! E succederà, credetemi. Sarò giovane, ma ho visto come agisce il destino: tornerà a presentarvi il conto."
Era incredibile l'effetto che quelle parole ebbero su di lei.
Riusciva a sentirsi cambiata, dovevano essere quelli gli effetti del Time Time No Mi: ad ogni sillaba, ad ogni evento descritto da quel moccioso, una scena diversa le si proiettava in mente.
Questo succederà, quest'altro invece no..., riusciva a vederlo, era tutto lì, a portata di mano.
Istintivamente, si girò per un impercettibile istante verso Corazòn, per poi tornare a fissare quel piccolo uomo ancora tremante d'adrenalina e furore. 
"Tutto qui?" Domandò delusa "Mi aspettavo di più, onestamente.
La prossima volta che fai un discorso del genere, fai in modo di agire di conseguenza: la gente odia quando non soddisfi le aspettative."
Davanti agli occhi sbarrati di vittime e complici, Artemis si voltò per dirigersi di nuovo verso l'uscita e richiamò i suoi uomini con un cenno. 
"Spero che almeno mi farai il favore di riferire tu stesso a Pizarro dell'accaduto." aggiunse, senza nemmeno guardare il suo giovane interlocutore, "Corazòn, per favore, lascia perdere la faccenda della testa: ho perso la voglia di fermarmi a comprare i francobolli."

 

   
 
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