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Autore: Star_Rover    04/07/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XX. Compagni d’armi
 

Givenchy, giugno 1915.
Albert avanzò nella terra di nessuno. Era rimasto solo, si era perso nella battaglia mentre i suoi uomini avevano già raggiunto il rifugio nel bosco. Arrancava a fatica nel pantano quando all’improvviso un’esplosione lo spinse sul fondo di una buca. Si risvegliò dopo un tempo indefinito avvertendo la testa che pulsava dal dolore, un rivolo di sangue scese sulla sua fronte. Intorno a lui iniziò a cadere una pioggia di proiettili, alcuni caddero così vicini da far cadere zolle di terra nella sua fossa. Appena il fuoco si fece meno intenso il sottotenente si rialzò e provò a sgusciare fuori dalla buca. Riuscì a compiere solo pochi passi, poi sentì un intenso bruciore alla gamba, il sangue caldo iniziò a sgorgare abbondantemente dalla ferita imbrattando i pantaloni. Il dolore era insopportabile, non riuscendo più a reggersi in piedi si lasciò cadere nuovamente nella fossa. Restò a lungo incosciente mentre la battaglia progrediva incessantemente.
Provò l’istinto di gridare per chiedere aiuto, ma nonostante gli sforzi la sua voce non riuscì a sovrastare i botti assordanti delle esplosioni.
Così rimase solo in quella buca, contorcendosi dal dolore e tremando per il freddo mentre l’eco delle mitragliatrici rimbombava senza sosta nelle sue orecchie.
 
Il tenente Foley si riunì con il plotone di Albert ai margini della foresta, subito notò la mancanza del suo commilitone.
«Dov’è il sottotenente Green?» chiese esternando la propria preoccupazione.
«Non l’abbiamo più visto dopo aver superato i reticolati, temo che sia disperso…» disse un soldato esitante.
William trasalì, ma nei momenti successivi cercò di mantenere la calma. In una battaglia potevano accadere infiniti imprevisti, così tentò di convincersi che Albert sarebbe tornato al più presto.
Per quasi un’ora attese sue notizie, era sempre più difficile mantenere la calma man mano che il tempo passava. Alla fine l’ansia prese il sopravvento e il tenente decise di tornare indietro per cercare il suo amico.
Recuperò il fucile e senza esitazione attraversò nuovamente il campo di battaglia.
A metà strada incontrò una squadra di artiglieri.
«Sapete qualcosa del sottotenente Green?» gridò per farsi udire tra le esplosioni.
Un soldato rispose tristemente: «mi dispiace signore, ma quando l’ho visto era ridotto male, temo proprio che non ci sia stato molto da fare per lui…»
«È stato ferito? Dove l’hanno portato?»
«Presumo al posto di soccorso nel settore est, è il più vicino»
«Grazie ragazzi, buona fortuna!»
«Tenente aspetti! È pericoloso attraversare le trincee adesso!»
L’avvertimento non fu ascoltato, l’ufficiale era si era già allontanato, gettandosi senza indugio tra le buche e le fosse fangose.
Sfuggendo alle pallottole nemiche William raggiunse la profonda trincea dove era stata allestita un’infermeria di fortuna. Ad accoglierlo trovò un gran numero di feriti gementi e sofferenti.
Il tenente Foley cercò il volto del suo compagno, ma senza riuscire a trovarlo. Un’intensa sensazione di inquietudine iniziò a diffondersi dentro di sé.
Ancora sconvolto e allarmato fermò uno dei barellieri per porgli la medesima domanda che aveva ripetuto a chiunque avesse incontrato fino a quel momento.
«Il sottotenente Green non è qui, è stato portato con altri feriti nel rifugio vicino al fiume»
«Ma…i tedeschi stanno avanzando, presto quell’avamposto sarà luogo di un feroce scontro!»
«Mi dispiace, come può vedere la situazione è disperata»
Anche in quell’occasione Foley non rifletté nemmeno per un istante, sapeva esattamente quel che doveva fare. Scavalcò nuovamente il parapetto e uscì allo scoperto. Questa volta attraversò un pericoloso campo di crateri bersagliato dalle granate per scendere vicino alle rive del fiume, da dove già provenivano gli echi degli spari. La battaglia era iniziata, presto il rifugio dove era stato portato il suo compagno sarebbe diventato un ottimo bersaglio per i mortai tedeschi.
 
Albert era ancora debole e confuso quando vide un ufficiale entrare nella casamatta in cemento. Era ricoperto di terra e fango dalla testa ai piedi, lo sentì gridare disperatamente il suo nome mentre vagava tra i feriti.
Foley raggiunse la sua branda chinandosi su di lui, era pallido e stremato, eppure gli sorrise con le lacrime agli occhi.
William si preoccupò per le condizioni del suo commilitone, gemeva per il dolore e respirava a fatica.
Non restava molto tempo, gli spari si stavano avvicinando sempre di più.
«Ho convinto il maggiore Scott a prestarmi tre dei suoi uomini, penseranno loro a portarti al sicuro»
Albert strinse la sua mano.
«Grazie per essere venuto a cercarmi»
«Non avrei mai potuto abbandonarti» rispose sinceramente.
In quel momento giunsero i tre soldati inviati dal maggiore Scott, i quali si occuparono immediatamente del ferito.
William osservò la barella ondeggiare pericolosamente nella terra di nessuno. Vedendola scomparire all’orizzonte non poté far altro che sperare per il meglio.
 
Qualche giorno dopo il tenente Foley ottenne un permesso per recarsi all’ospedale militare di Arras, dove Albert era stato ricoverato con urgenza.
Egli era ancora debole e febbricitante, ma fu lieto di ricevere quella visita da parte di una persona cara.
William si avvicinò al letto, istintivamente sorrise, rassicurato da quell’incontro.
Il ferito alzò la testa per guardarlo negli occhi: «hai rischiato la vita per proteggermi»
«Certo, e se dovesse essere necessario sarei disposto a farlo di nuovo!» rispose Foley con decisione.
Albert provò sincera commozione nel sentire quelle parole.
William rimase accanto al suo commilitone, i due parlarono a lungo, la conversazione iniziò naturalmente dalla guerra, per poi spostarsi su argomenti più intimi e personali, tra malinconici ricordi e vane speranze.
Al termine di quelle confidenze Foley si rialzò, ma l’amico lo trattenne stringendo la manica della sua giacca.
«Aspetta…ho una cosa per te»
William gli rivolse uno sguardo perplesso.
Green indicò la giacca che era stata riposta accanto al suo letto.
«Per favore, cerca nel taschino, dovrebbe essere ancora lì…»
Foley seguì le sue indicazioni, egli fu sorpreso di trovare un raffinato orologio d’oro.
«Bene, temevo di averlo perso. Ecco, adesso è tuo» affermò Albert con estrema sicurezza.
«Io…non posso accettarlo» 
«È un mio dono, per ringraziarti»
«Ho solo svolto il mio dovere»
«Allora ti prego di conservarlo come mio ricordo»
«È un oggetto troppo raro e prezioso» replicò porgendolo al proprietario.
«In questo caso è un perfetto simbolo della nostra amicizia»
Albert richiuse la mano del suo compagno, le sue dita si strinsero intorno all’orologio dorato.
«In questo modo sarò sempre vicino a te»
«Te lo restituirò quando tornerai al fronte»
«No, voglio che sia tu a tenerlo»
William si rassegnò: «ti prometto che non me ne separerò mai e che lo custodirò sempre con particolare riguardo»
«Ne sono certo»
«Adesso devo andare, pensa a riposare. Tornerò a trovarti il prima possibile»
Albert salutò il compagno con un leggero cenno, poi distese la testa sul cuscino e richiuse gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza.
Incamminandosi lungo il corridoio William ammirò ancora una volta il prezioso oggetto, poi lo ripose con cura all’interno della giubba, giurando a se stesso che mai avrebbe infranto quella sincera promessa d’amicizia.
 
***

William osservò le iniziali incise sulla superficie dorata ripensando al valore di quella promessa. Si era sempre ritenuto colpevole per la morte di Albert, sentiva di averlo tradito, non era riuscito a proteggerlo.
Il tenente ricordò le sue parole.
Nel caso in cui dovesse accadermi qualcosa ho bisogno che qualcuno stia vicino a mio fratello.
Foley aveva incontrato Richard quando era ancora una recluta, ma fin dal primo momento aveva riconosciuto in lui lo stesso animo onesto e valoroso di Albert. Di certo il fratello maggiore era stato un buon esempio per lui.
William si pentì per non aver adempito al suo compito, Richard era l’unico che avrebbe potuto comprendere il suo dolore, invece si era allontanato da lui per paura di affrontare il confronto.
Alla sepoltura di Albert non gli aveva nemmeno rivolto la parola, il senso di colpa gli aveva impedito di avvicinarsi all’unica persona che ancora lo legava al suo migliore amico.
Foley tornò a stringere l’oggetto dorato tra le dita, avrebbe desiderato riconsegnare quel prezioso ricordo a Richard, ma per tutto quel tempo non si era sentito pronto a separarsene.
La condanna di Thomas poi aveva complicato ulteriormente la questione, William si era lasciato sopraffare dalla rabbia e dal rancore. Aveva reagito accusando Richard per l’accaduto, ma ora era consapevole di aver commesso un errore.
Forse non era troppo tardi per porre rimedio, aveva ancora la possibilità di mantener fede alla sua promessa.
 
***

La neve era sporca di sangue, un rivolo di liquido vermiglio e viscoso fuoriusciva dal petto del soldato. Un solo colpo era giunto rapido e preciso, causando la ferita mortale.
Finn rimase immobile, paralizzato, con il fucile che ancora tremava tra le sue mani.
«Coogan!»
Il giovane tornò alla realtà, rassicurandosi nel riconoscere la voce del caporale Speller. Probabilmente il suo commilitone era stato allarmato dallo sparo.
L’uomo si avvicinò, quando notò il cadavere ai suoi piedi la sua espressione rimase impassibile.
«Bel colpo soldato» disse poi battendo una pacca sulla sua spalla.
Finn abbassò lo sguardo, aveva appena ucciso il suo primo nemico. Avrebbe dovuto provare orgoglio o soddisfazione per questo, invece avvertì soltanto un profondo dolore. Se non avesse tentato di ingannarlo probabilmente quel tedesco avrebbe avuto salva la vita.
Speller lo distolse da quelle riflessioni.
«Avanti, seguimi, dobbiamo andare via da qui!»
«Dove sono tutti gli altri?» chiese il ragazzo mostrandosi confuso e smarrito.
«Non ne ho idea, ma finché resteremo soli dovremo guardarci le spalle a vicenda»
Finn si sorprese nel sentire quelle parole, in quel momento realizzò che il caporale si stava fidando di lui, riponendo nelle sue mani una grande responsabilità. Per la prima volta non si sentì più trattato come un novellino, Speller si era rivolto a lui come a un suo pari.
Finn prese consapevolezza dei fatti, era stato il suo primo omicidio a permettergli di essere considerato come un vero soldato.  
 
Il villaggio devastato dal feroce scontro era irriconoscibile, l’unico punto di riferimento era il campanile diroccato nella piccola piazza, dove giaceva lo scheletro del primo carro armato abbandonato alle fiamme. Il caporale provò a orientarsi, l’eco delle esplosioni l’avvertì che si stava spostando nella direzione giusta.
Finn sussultò udendo il rumore di alcuni passi, qualcuno si stava avvicinando. Il ragazzo si strinse contro al muro, il suo superiore si appostò sul lato opposto del vicolo.
Finn puntò il Lee-Enfield davanti a sé, pronto a premere nuovamente il grilletto. Percepì i muscoli rigidi e i nervi tesi, il cuore iniziò a battere freneticamente nel petto.
Provò un gran sollievo quando sul fondo della strada riconobbe tre figure in divisa color kaki. Il giovane abbassò il fucile, era intenzionato a uscire allo scoperto, ma proprio in quel momento avvertì l’eco di uno sparo.
Uno dei tre soldati cadde a terra, mentre gli altri due corsero al riparo.
Speller imprecò: «dannazione, c’è un cecchino. Lo sparo proveniva da quella direzione, ma non sono riuscito ad identificare il punto preciso…»
«Che cosa possiamo fare?»
Il caporale esitò qualche istante, poi guardò il suo compagno: «ti fidi di me?»
«Sì, certamente»
«Allora dobbiamo correre»
Il ragazzo trasalì: «il piano sarebbe quello di diventare entrambi dei facili bersagli?»
«No, il piano è quello di farlo sparare perché quei due soldati possano individuarlo e colpirlo. Loro hanno una visuale migliore»
«Potrebbe essere un suicidio»
«Se ti sto chiedendo di fare una cosa del genere è perché credo che tu possa farcela»
Il giovane comprese l’importanza di quella scelta.
«Forse è meglio che vada da solo» azzardò.
Speller scosse la testa: «affronteremo lo stesso destino come due buoni compagni»
Finn apprezzò la lealtà del caporale.
«D’accordo ragazzo, sei pronto?»
Egli strinse l’arma tra le mani e annuì con un cenno. Fu il primo ad uscire allo scoperto, Speller lo seguì subito dopo. I due soldati attraversarono il vicolo tentando di raggiungere la loro meta il più velocemente possibile.
Finn riuscì a sfuggire alle pallottole con agilità e rapidità, arrivando indenne al riparo. Immediatamente si voltò per controllare il suo compagno.
Speller era ormai giunto al bivio quando un proiettile lo colpì alla spalla, l’uomo cadde a terra contorcendosi dal dolore.
Egli fu soccorso dai due inglesi che avevano seguito l’azione, intuendo le intenzioni dei loro commilitoni.
Il primo si preoccupò di trascinare il ferito al riparo, mentre l’altro puntò il fucile in direzione dello sparo.
«Secondo piano, la finestra a sinistra!» gridò il suo compagno.
Il soldato sparò senza esitazione, dopo l’ultimo botto la via fu avvolta da un irreale silenzio.
Finn si preoccupò per le condizioni del caporale.
«Il proiettile è penetrato in profondità, ma non sembra aver causato gravi danni» disse colui che si stava occupando di medicare la ferita.
«Il vostro è stato un atto molto coraggioso» replicò l’altro.  
Finn rimase in silenzio, tristemente rivolse lo sguardo al cadavere che giaceva in mezzo alla strada.
In quel momento ripensò alle parole usate spesso da Speller per riferirsi al rapporto che si creava tra commilitoni nella cruda realtà della guerra.
Siamo compagni per la vita e per la morte.
 
***

Hugh seguì il soldato Dawber nell’intricato labirinto di vicoli e stradine ghiacciate. I suoi commilitoni correvano ovunque, cercando un riparo o tentando di individuare il nemico per rispondere al fuoco.
Ad un tratto avvertirono un grido allarmato tra gli spari. 
«Al riparo! Via dalla strada! Via dalla strada!»
Hugh si gettò a terra, poco dopo l’intera via fu presa di mira da proiettili di medio calibro. Il giovane si rannicchiò su se stesso cercando di ripararsi da schegge e frammenti. Il fragoroso ruggito dei mortai gli provocò brividi di terrore.
Quando tutto parve tornare alla normalità Dawber lo rimise in piedi afferrandolo saldamente per un braccio.
«Per proseguire dobbiamo liberare l’incrocio…vedi quell’edificio?»
Il giovane annuì.
«Ho individuato la posizione della mitragliatrice. Primo piano, la finestra a destra»
Hugh esitò: «cosa hai in mente?»
«Tu resta qui, pensa a coprirmi»
«Non puoi andare da solo!»
«Dannazione, vuoi darmi ascolto almeno per una volta?»
Hugh non ebbe altra scelta, così acconsentì posizionando il fucile. Appena il suo compagno uscì allo scoperto aprì il fuoco contro il suo obiettivo. Dawber approfittò della sparatoria per attraversare la strada, rapidamente raggiunse un riparo accovacciandosi contro la parete.
Si fermò per riprendere fiato e per valutare la situazione, quando tornò a guardare a strada notò che il suo commilitone non aveva affatto ascoltato le sue raccomandazioni.
Hugh, incurante del pericolo, si gettò in una disperata corsa tra i proiettili. Il soldato ripercorse il suo stesso tragitto, raggiungendolo ansante e tremante.
«Che diamine stai facendo? Sei impazzito?» 
«Non avrei potuto lasciarti andare da solo» si giustificò Hugh. 
«Sei più testardo di un mulo!» replicò l'altro a denti stretti. La sua reazione fu spontanea, in fondo però provò sincera stima nei suoi confronti. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si sentì rassicurato dalla presenza del suo commilitone.
I due entrarono nell’edificio e cautamente raggiunsero il primo piano. Dawber scambiò una rapida occhiata con il suo compagno, non ebbero bisogno di parlare per comunicare, prontamente Hugh afferrò una granata, attendendo il segnale per agire.
Il suo commilitone aspettò ancora qualche istante, poi si fiondò sulla porta spalancandola all’improvviso. Hugh gettò all’interno l’ordigno per poi allontanarsi velocemente.  
Gli inglesi si rannicchiarono sui gradini avvertendo l’edificio tremare a causa dell’esplosione. Entrambi si rialzarono dalla polvere mantenendo i fucili puntati. Poco dopo notarono una figura riemergere dal fumo, un soldato arrancò strisciando sui gomiti.
Dawber sparò senza esitazione, il tedesco ricadde a terra con un tonfo. Per precauzione l’inglese entrò nella stanza, trovando solamente altri due corpi inermi accasciati accanto alla mitragliatrice.
Hugh scese le scale di corsa, i proiettili d’artiglieria che cadevano nell’area circostante causarono pericolosi crolli nelle abitazioni.
Il soldato uscì nuovamente in strada trovando il percorso cosparso di cadaveri. Per un istante rimase immobile, attonito davanti all’orrore. Poco dopo le grida del suo compagno lo riportarono alla realtà.
«Forza, al riparo! Svelto!»
Hugh impugnò saldamente il fucile e rapidamente riprese a correre tra i vicoli, avvertendo i proiettili che fendevano l’aria sopra alla sua testa. I due trovarono riparo dietro a un cumulo di detriti.
 
Ad un tratto Dawber avvertì delle grida: «è la squadra del sottotenente Waddington, devono trovarsi nella strada parallela»
«Non possiamo uscire allo scoperto»
«Va bene, vado a controllare quella casa, se il percorso è sicuro passeremo attraverso il cortile»
L’altro annuì.
«Stavolta non agire di testa tua, resta qui e attendi il mio segnale» ordinò con tono severo.
Egli decise di fidarsi dal suo compagno, non aveva altra scelta. Dawber ricaricò il fucile, poi si rialzò e con uno scatto corse verso il suo obiettivo.
Hugh strinse l’arma mantenendo lo sguardo fisso nel punto in cui il suo commilitone era scomparso. All’improvviso un lampo scoppiò davanti ai suoi occhi, il terreno tremò, l’esplosione fu seguita da un fragoroso boato.
«Dawber!»
Hugh uscì dal nascondiglio e corse attraverso un’intensa nube di fumo continuando a gridare il nome del suo compagno. Improvvisamente scorse una figura tra le macerie.
Per miracolo Dawber era ancora in piedi, metà del suo corpo dilaniato dalle schegge era coperto di sangue, le sue gambe avevano un aspetto deforme e ripugnante.
Hugh sorresse il ferito tentando di rassicurarlo: «tranquillo, siediti, devi stare calmo adesso»
Dawber si piegò in avanti tossendo grumi di sangue, poi si abbandonò tra le braccia del compagno, il quale si accoccolò al suo fianco. Con fare protettivo poggiò la testa del ferito contro il suo petto, accarezzando dolcemente la nuca libera dall’elmetto.
«Andrà tutto bene, ti porteremo al sicuro. Tu però devi restare con me»
Egli non reagì, il suo sguardo vitreo rimase fisso nel vuoto. Perdeva molto sangue, il suo volto era sempre più pallido.
«Ti prego, resisti…» supplicò Hugh con le lacrime agli occhi.
 
Quando il sottotenente Waddington svoltò l’angolo in cerca di sopravvissuti si trovò davanti ad una scena tanto commovente quanto raccapricciante.
«Oh, Cristo…» commentò sconvolto e atterrito.
Hugh era rannicchiato contro la parete, a sé stringeva un corpo insanguinato. Soltanto quando si chinò vicino a lui riconobbe il volto sfigurato del soldato Dawber.
Hugh si rivolse al suo superiore con tono disperato: «dov’è il dottor Jones? C’è bisogno di un medico!»
Waddington cercò di rendersi utile: «c’è un posto di soccorso poco distante, forza, ti aiuto io…dobbiamo portarlo via da qui!»
 
***

Il tenente Green riuscì a radunare un buon numero di superstiti in una zona sicura, il nemico sembrava essersi quietato con una tregua inaspettata. Il controllo di quell’avamposto era importante, i suoi uomini si erano ben difesi mettendo anche in difficoltà i tedeschi, ma di certo gli avversari avrebbero presto organizzato un contrattacco.
In tutto questo Richard era anche preoccupato per Finn, non aveva più avuto notizie del suo attendente dopo l’ultimo attacco. In quel momento poté soltanto riporre fiducia nelle sue capacità di soldato, nella speranza che egli potesse tornare sano e salvo.
Il tenente si riprese da quei pensieri con l’arrivo del sergente Redmond.
«Signore, aveva chiesto di me?»
Egli annuì: «ho una missione per lei»
«Di che si tratta?»
«Abbiamo liberato la strada a sud, lei dovrà condurre al sicuro i feriti»
Redmond si mostrò riluttante: «tenente, non può chiedermi di abbandonare la battaglia»
«Non abbiamo scelta, dobbiamo ritirarci, voglio che si occupi dei nostri compagni perché mi fido di lei»
Il sottufficiale fu costretto ad attenersi agli ordini del suo superiore.
«E lei che cosa farà?» chiese con tono apprensivo.
«Mi organizzerò con il resto dei soldati per coprire il vostro ripiegamento»
«E dopo verrà via con noi o resterà qui a combattere?»
Il tenente Green distolse lo sguardo, quell’uomo lo conosceva fin troppo bene, aveva già intuito le sue intenzioni.
«Non può sacrificarsi così, sarebbe una decisione stupida e un errore imperdonabile!»
«Alcune unità sono ancora disperse, non posso abbandonare i miei uomini»
«Nemmeno io posso lasciarla in queste condizioni»
«Sergente, le vite di quei soldati sono nelle sue mani, questa mi sembra una valida ragione per portare a termine il suo compito senza rimpianti»
Redmond guardò il suo superiore negli occhi, ormai aveva preso la sua decisione.
Il sottufficiale rispose con rassegnazione: «le prometto che farò del mio meglio»
Richard approvò con un cenno, non aveva dubbi a riguardo.
L’ufficiale congedò il sergente con una certa freddezza, poi tornò alla postazione d’osservazione per prepararsi all’azione imminente.
 
 
 
 


Nota dell’autrice
Come sempre ringrazio tutti coloro che stanno continuando a seguire questo racconto.
Un ringraziamento speciale ai cari recensori, che ancora non si sono stancati di me e di questa storia ^^
 
Le foto qui sotto dovrebbero rappresentare più o meno l’aspetto di Richard e Finn, spero che non rovinino la vostra immaginazione (che di certo è migliore della mia capacità nel modificare immagini).



 

   Lt. Richard Green



 
Private Fionn "Finn" Coogan
 
   
 
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