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Autore: LysandraBlack    07/07/2020    2 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 36
Unrest

Era del Drago, 9:36


 

Marian si scostò un ciuffo di capelli sudati dalla fronte, maledicendo per l'ennesima volta quell'afa che sembrava mozzare il fiato all'intera città. Ruvena, accanto a lei, non sembrava messa meglio, e sbuffava ad intervalli regolari mentre camminava rasente i muri della città bassa alla ricerca di un po' d'ombra.

«Non potevano mandarci qualche recluta?» Si lamentò l'amica.

«Con tutto quello che sta succedendo alla Forca, la Comandante teme che troveremo... della resistenza.» Rispose Marian, guardandosi attorno circospetta. Erano vicini all'Enclave, poteva scorgere da lontano l'edificio dove si trovavano le due stanze fatiscenti che Gamlen chiamava casa, l'odore rancido dell'acqua di scolo e della sporcizia dei vicoli ad impestare l'aria.

«Resistenza generica, o “la Resistenza?”» Chiese Ruvena, tetra, mentre passavano davanti ad uno dei tanti graffiti che tappezzavano ormai le strade. La pennellata rosso scuro su mano bianca era fresca di qualche giorno, il colore ancora brillante sul muro scrostato e fatiscente.

«Fa differenza?» Si fermarono di fronte ad una porta che un tempo era stata dipinta di verde scuro, ma ormai aveva raggiunto quella tonalità grigiastra e sporca che unificava tutto il quartiere. Strinse i denti, prima di sollevare il braccio e battere tre volte il pugno sul legno. «Serah Kett, sono la tenente Hawke dell'Ordine Templare, aprite.»

Dall'interno, si udirono dei fruscii, qualcosa cadde a terra con un tonfo secco. «Kett, aprite immediatamente, non rendetevela più difficile.» Chiamò di nuovo, facendo segno a Ruvena di affiancarsi alla piccola finestra che dava dall'altro lato dell'edificio. Non c'erano uscite secondarie, avevano controllato, e un lavoratore del porto non avrebbe attaccato a testa bassa due cavalieri. Almeno, sperava. «Kett!»

Con suo grande sollievo, udì del passi avvicinarsi, e la serratura scattare prima che i cardini iniziassero a cigolare fastidiosamente, aprendo uno spiraglio. «Che cosa volete da noi?» Domandò una voce maschile dall'interno, tremante.

«Abbiamo ricevuto alcune notizie su vostro figlio, Serah Kett.» Spiegò Marian, cercando di mantenere un tono di voce conciliante. «Fateci entrare e valutare la situazione, non credo vogliate nemmeno voi che ne discutiamo qui all'aperto, vero?»

Un attimo di silenzio e la porta si spalancò del tutto.

Le accolse un uomo quasi calvo, la pelle rovinata dal sole e dalla salsedine, le rughe pesanti su un volto che dimostrava probabilmente molti più anni del dovuto. Lanciò un'occhiata spaventata prima a lei e poi a Ruvena, riportando subito l'attenzione sulla tenente mentre si scostava da parte per farla entrare, senza una parola.

La stanza era angusta e buia, arredata modestamente ma con alcuni tocchi di colore, come a cercare di rendere meno triste l'ambiente circostante, dei pesciolini di legno colorati sedevano su una mensola accanto a decine di conchiglie di tutti i tipi. Una testolina arruffata fece capolino da una porta socchiusa sulla parete opposta. «Papà?»

«Torna dentro, Lee!» Tuonò l'uomo, frapponendosi istintivamente davanti alle due templari. Il bambino richiuse la porta di scatto, spaventato.

«Serah Kett, dobbiamo farle alcune domande.» Prese la parola Ruvena, scambiandosi un'occhiata esitante con Marian. «Riguardo a suo figlio.»

«Sono tutte bugie, vi dico!» Esclamò lui, incrociando le braccia al petto. «Scommetto che è stato quel buono a nulla vigliacco di Marcer a mettervi la pulce, ci scommetto, ma il mio Lee non ha fatto nulla di male, nulla. È un bravo bambino, pace alla buon anima di sua madre, mai un problema né una marachella-»

«Non dubito che abbiate cresciuto Lee nel migliore dei modi, Serah, sono certa che sia un bravo bambino.» Lo interruppe Marian, tentando di instillargli fiducia. «E non lo stiamo accusando di aver fatto nulla di male, ma di essere... diverso dagli altri, forse. E da voi.»

L'uomo rimase a bocca aperta, richiudendola con uno scatto per poi gonfiare le guance, indietreggiando con la schiena fino alla porta. «Lee è normale, come me e voi. Non è uno di quei... cosi, non lo è, lo giuro sul Creatore e sulla sua Sposa, non ha mai fatto nulla di strano!»

Marian sospirò, facendo cenno a Ruvena di stare ferma. «Non c'è niente di male se vostro figlio è un ma-»

«Mio figlio non è uno di loro!» Alzò la voce Kett, prima di mordersi la lingua e moderare nuovamente il tono. «Non portatelo via, è tutto quello che ho, non è un... un...»

«Un mago?» Intervenne Ruvena, avvicinandosi a lui di un passo. «Abbiamo raccolto tre testimonianze diverse di strani avvenimenti qua intorno, Serah, e tutti hanno in comune il fatto che vostro figlio era nelle vicinanze. Un amico di Lee è volato giù dal molo tre giorni fa, e due testimoni l'hanno visto sollevarsi dall'acqua e tornare al sicuro come se niente fosse.»

«Chi è stato a raccontarlo?!» Scattò l'uomo sulla difensiva. «Mentivano, Lee era a casa!»

«Serah...» Marian scosse il capo, affiancandosi a lui. Non era mai facile strappare un bambino alla sua famiglia, soprattutto quando sembrava fosse l'unica cosa rimasta ad un genitore, ma era per il bene di tutti. Se Lee si fosse avventurato nell'Oblio o avesse ceduto alle sue emozioni, padre e figlio non sarebbero state le uniche vittime dell'errore dell'Ordine. «Lee ha bisogno di essere istruito ed educato a controllarsi, per il suo bene e il vostro.»

L'uomo gonfiò il petto, stringendo i pugni lungo i fianchi. «Non lo rinchiuderete come un mostro lì dentro. Non me lo farò portare via.»

«So che vi sto chiedendo molto, ma dovete fidarvi di me.» Insistette Marian. La nuova politica di Meredith sulle famiglie che proteggevano i loro parenti maghi si era irrigidita negli ultimi anni, fino ad arrivare al punto di torturarli per sapere dove si nascondessero, e farne un'esecuzione in pubblica piazza per dissuadere eventuali imitatori. “Quello che sarebbe successo a me”, pensò amaramente osservando la disperazione negli occhi dell'uomo di fronte a lei. «Lee sarà protetto e al sicuro, al Circolo. Non gli mancherà mai un pasto caldo o un tetto sulla testa, e riceverà la migliore istruzione che la Chiesa offre a coloro che sono sensibili alla magia. E soprattutto, non metterà in pericolo se stesso e gli altri, Serah. So che conoscete i rischi che correte, nascondendolo qui.»

«Tenente Hawke... siete la sorella del Campione?»

Marian annuì. «Mio fratello è un mago. Non permetterò che facciano del male a vostro figlio, ve lo prometto.»

Kett aggrottò la fronte, ponderando le proprie opzioni. Lanciò uno sguardo dietro di sé, per poi riportare gli occhi sulle due templari e, infine, capitolò. «D'accordo. Seguitemi.» Abbassò le spalle, sconfitto, voltandosi e aprendo la porta dietro cui si nascondeva il bambino.

Era minuscolo. Non doveva avere più di sei o sette anni, e stringeva tra le braccia un pupazzo dall'aria vissuta, gli arti, attaccati ad un ciocco di legno con una testa, erano una corda nautica che terminava con un nodo per mani e piedi, gli occhi erano due piccole conchiglie incastonate. Guardò le sconosciute con due grandi iridi nocciola, tremando da capo a piedi e nascondendosi dietro le gambe del padre.

«Queste sono la tenente Hawke e...» guardò Ruvena, la quale si presentò cercando di apparire meno minacciosa possibile nonostante l'armatura e la spada al fianco. «Sono dell'Ordine Templare.»

Il bambino biascicò qualcosa, il viso premuto sulla gamba del padre, aggrappato disperatamente con una mano alla stoffa dei pantaloni.

Marian avanzò di qualche passo, chinandosi sui talloni e abbozzando un sorriso. «Io mi chiamo Marian, e tu?» Gli tese un poco la mano aperta, il palmo rivolto verso l'alto.

Il bambino la sbirciò spaventato, senza azzardarsi a muovere un passo. «Lee.»

«Hai paura di me, Lee?» Il piccolo annuì, il pupazzo di legno e corda che oscillava ad ogni sussulto. «L'armatura è spaventosa, hai ragione, ma so che sei molto coraggioso.» Osservò meglio l'oggetto, il Velo che tremolava debolmente attorno ad esso. «Te l'ha regalato tuo padre?» Il bimbo annuì, tirando su rumorosamente col naso. «Posso vederlo?»

Lee titubò un attimo, ma il padre gli diede una piccola spintarella verso la donna. Allungò la manina, consegnandogli il pupazzo e ritirandola subito dopo con uno squittio spaventato mentre lei lo esaminava meglio. “No, non è posseduto”, scoprì con un sospiro di sollievo. La magia veniva dal bambino, ma per il momento non sembrava aver attirato attenzioni indesiderate dall'altra parte. Glielo restituì con un sorriso, un nodo alla gola mentre si sforzava di parlare. «Lee, tu sai fare cose che tuo padre non sa fare, vero?»

Il bimbo annuì. «Sono come la mamma.»

Kett trasalì, lanciando alle due templari un'occhiata di puro terrore, ma Marian lo interruppe sollevando una mano. «Ci sono tante persone come te e la tua mamma, Lee. E vivono insieme, imparando ad usare i loro poteri per non fare male a nessuno.» Si morse il labbro, non era mai stata brava coi bambini e odiava questo compito quasi quanto controllare i Tormenti. «Ti sei spaventato quando hai sollevato quel bambino dall'acqua, l'altra sera?»

«No...» Rispose lui, gli occhi bassi. «Non dovevo?»

«Sei stato coraggioso e hai fatto la cosa giusta, Lee, l'hai salvato. Ma hai sentito qualcosa, dentro di te, vero?» Ad un cenno affermativo, continuò, sperando vivamente di non doverlo trascinare in spalla urlante da lì fino alla Forca, come a volte aveva visto succedere. «Conosco delle persone che possono aiutarti, maghi come te, che vogliono fare del bene con quello che il Creatore gli ha dato.»

Lee sollevò lo sguardo, le guance umide. «Ma io voglio stare con papà.»

Fu Kett stavolta a parlare, abbassandosi anche lui all'altezza del figlio e poggiandogli una mano sulla spalla, mentre con il pollice gli asciugava una lacrima. «La Tenente Hawke ha ragione, Lee, non posso aiutarti. Devi andare con lei, imparerai tante cose, ti farai dei nuovi amici...» Un singhiozzo soffocato gli mozzò le parole, mentre stringeva il bambino in un abbraccio. «Ti manderò lettere ogni settimana, troverò qualcuno che sappia scrivere, te lo prometto.»

Marian serrò la mascella, pensando a quante lettere venivano bruciate ogni giorno dai templari invece che recapitate ai maghi all'interno della Forca. Meredith non ammetteva quasi nessun contatto ormai, ogni rigo poteva nascondere chissà quali messaggi in codice da parte della Resistenza. «Posso passare di qui ogni tanto per farvi da tramite, Serah.»

Ruvena sgranò gli occhi, ma la tenente scosse impercettibilmente il capo. Non era il momento.

Concessero qualche altro minuto ai due per salutarsi definitivamente, mentre il padre metteva in una borsa di pelle lisa i pochi averi del figlio. Marian non ebbe cuore di dirgli che i vestiti sarebbero andati direttamente agli orfanotrofi della Chiesa, in quanto ai maghi venivano fornite d'obbligo le vesti del Circolo. Per ultimo, gli mise in mano una conchiglia oblunga, di quelle che poggiate all'orecchio permettevano di ascoltare il rumore delle onde.

«Pensa a me ogni volta che senti il mare, d'accordo?»

Lee annuì, stretto nell'abbraccio, singhiozzando troppo forte per rispondere coerentemente.

Marian gli tese la mano, salutando l'uomo con un cenno del capo. «Ci prenderemo cura di lui.»

«È un bravo bambino, tenente... ricordatevelo.» Sussurrò implorante quello, mentre chiudeva la porta alle loro spalle.



 

Quella sera, si trascinò faticosamente fino alla villa di Fenris e Sebastian. L'elfo aveva accettato la proposta del Principe di condividere la vecchia magione di Danarius, un po' per placare finalmente il vicinato, un po' perché non voleva che l'elfo stesse senza protezione. Negli ultimi due anni, aveva ricevuto alcune visite poco amichevoli da alcuni mercenari del Tevinter e un paio di maghi del sangue, probabilmente mandati da Danarius solo per ricordare che non si era dimenticato della sua proprietà perduta. Il risultato erano stati diversi cambi di tappeti e tendaggi sporchi di sangue, che Sebastian aveva imposto all'amico per smettere una volta per tutte di vivere in quello che assomigliava ad un macello fereldiano.

Trovò i due uomini intenti a giocare a Grazia Malevola con Isabela, che sorrideva tronfia dietro una pila ordinata di monete d'oro.

«Tesoro, sei qui per accrescere le mie fortune?» Le chiese l'amica, brindando nella sua direzione prima di bere direttamente dalla bottiglia di vino.

«Non stasera, sono venuta a chiamare Sebastian, Elthina mi ha fatto sapere che vuole parlarci.»

Al sentire quelle parole, il compagno scattò in piedi come una molla, preoccupato. «Ha detto qualcosa sul motivo?»

Scosse il capo. «Immagino ce lo spiegherà di persona, ha mandato una delle reclute che erano alla Chiesa a portarmi il messaggio, ma erano due righe scarne.»

«Sarà per l'ennesimo problema coi maghi...» Commentò Fenris con una smorfia, poggiando le carte sul tavolo.

Marian lo guardò in tralice. «Ti prego, Fen, non stasera.»

L'elfo sollevo le braccia in segno di resa. «Come ti pare, sai che ho ragione...»

Isabela gli diede un buffetto sui capelli bianchi, punzecchiandolo con l'indice. «Lascia stare i piccioncini, almeno si levano di torno. Da quando qualcuno, qui, è diventata monogama, ci si diverte molto meno.» Ridacchiò in direzione dell'amica, che roteò gli occhi al soffitto, esasperata.

«Bela...»

«Dico solo che, oltre al regalare al principino qui una cintura nuova, puoi pure proporgli qualcosa di diverso una volta ogni tanto!»

Marian sollevò un sopracciglio. «Chi ti dice che ci annoiamo?»

Sebastian emise un verso strozzato, diventando dello stesso colore dei suoi capelli. «Non dovremmo andare?»

«Sicuro, scappa dalla Chiesa, carino, tanto ormai lo sappiamo tutti che a letto non sei un agnellino timorato!» Lo prese in giro la pirata, imitando dei gemiti osceni che fecero rizzare i capelli in testa a Marian domandandosi come facesse a replicarli così bene. A quanto pareva, le pareti non erano così spesse come aveva sperato.

«Creatore!» Esclamò Sebastian scuotendo il capo. «Sei senza ritegno.»

Isabela fece spallucce. «Tra te e la ragazzona, dovreste ringraziarmi, senza di me sareste a fare la muffa invece che a godervi del sano sesso come si deve.»

«Se Aveline fosse qui, piuttosto che ringraziarti si getterebbe dalla finestra a testa in giù.»

Bela le fece l'occhiolino. «E invece è col suo nuovo maritino in viaggio di nozze, e tutto perché ha seguito i nostri consigli. Non siamo delle amiche meravigliose?»

«Modeste, soprattutto.»

«Lascio la modestia a chi non ha altro, tesoro, lo sai.» Si alzò in piedi, cingendo Fenris con le braccia e chinandosi su di lui ad appoggiargli il seno contro il capo. «Ora, non dovreste andare da qualche altra parte...?»

Marian sbuffò divertita, facendo un cenno a Sebastian prima di incamminarsi verso l'uscita.

Quando furono all'esterno, Sebastian le cinse i fianchi, avvicinandola a sé e baciandola sulle labbra. «Sono l'uomo più fortunato del Thedas, ad averti tutta per me.» Le disse sfiorandole la fronte.

Lei lo guardò di sottecchi, divertita. «Quindi non sei interessato alla proposta di Bela?»

L'altro fece una piccola smorfia offesa. «Certo che no.»

«Ti assicuro che è molto brava... anche Fenris, se per quello.» Si lasciò sfuggire innocentemente lei, godendosi il rossore sulle guance del compagno e scoppiando a ridere. «Sai che amo punzecchiarti.»

«E io ti amo anche per questo, quindi ci passerò sopra.»

Nonostante il sorriso sul volto, notò Marian, sembrava stanco, due occhiaie profonde ad adombrargli lo sguardo. «So che sei preoccupato per Elthina, ma faremo in modo che non le succeda niente.» Cercò di confortarlo mentre raggiungevano la chiesa.

«Spero sia abbastanza. Non dormo un sonno tranquillo da settimane, è come se il Creatore stesse cercando di mettermi in guardia.» Intercettò lo sguardo scettico della compagna, affrettandosi a chiarire «Lo so che può sembrare paranoico, credimi, ma non saprei come altro spiegartelo. Ogni notte mi sembra di essere osservato da qualcosa, come se...» Scosse il capo, sospirando pesantemente. «Vorrei solo lasciasse la città finché non si saranno calmate le acque tra i maghi e la Chiesa, i suoi sforzi per fare da mediatrice non vanno ad entrambe le fazioni.»

«Non abbandonerà i suoi fedeli, l'hai sentita.» Marian gli strinse la mano, prima di spalancare la porta della chiesa. «Forse però ha scoperto qualcosa di nuovo.»

L'intero della chiesa a quell'ora era illuminato solo dalle candele votive, un paio di sorelle rassettavano le panche di legno mentre un fratello era intento a passare un panno su una delle grandi statue dorate agli angoli della navata. Trovarono Elthina nel suo studio privato al piano superiore.

Si chiusero la porta alle spalle, aspettando che la donna finisse di guardare delle carte.

«Sebastian, Tenente Marian, mi dispiace chiamarvi qui a quest'ora ma si tratta di una questione di una certa urgenza.»

«Non preoccupatevi, siamo sempre disponibili per voi, Somma Sacerdotessa.»

Elthina annuì. «Mi è giunta voce che la Divina sta considerando delle soluzioni più... drastiche, per i problemi di Kirkwall. Teme che la Resistenza possa sferrare un altro attacco come quello di due anni fa, e la Chiesa non può permettere una cosa simile.»

«Ci sono sospetti fondati che stiano organizzando un altro attacco?» Chiese sbigottita Marian, sentendo subito le spalle tendersi con uno spasmo. «In due anni si sono limitati a strapparci qualche mago che doveva essere riportato al Circolo, ma le nuove misure imposte dalla Comandante-»

«La Divina crede che non siano sufficienti, ma anzi, rischino solo di provocare ulteriori incidenti.» Elthina sospirò profondamente, alzandosi in piedi e lanciando uno sguardo alla finestra dietro di lei, che dava sulla città addormentata. «Ha mandato un agente ad analizzare la situazione personalmente. Dovrete convincerla che Kirkwall è ancora sotto controllo, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è avere le nostre strade che pullulano di forze armate della Chiesa, sarebbe guerra civile, lo so bene.»

«I cittadini si fidano della Chiesa-»

«No, Sebastian, la Somma Sacerdotessa ha ragione.» Lo interruppe Marian scuotendo il capo. «Nonostante la città sia infestata da maghi del sangue ed eretici che vogliono sovvertire la pace che la Chiesa preserva, l'Ordine Templare non è più benvisto da molti: la Comandante si è impossessata del potere che spetterebbe al Visconte, impedendo l'elezione di un nuovo regnante con la scusa di dover mantenere sicura la città, e i Templari pattugliano giorno e notte ogni vicolo e strada, mettendo l'intera cittadinanza sotto torchio al minimo sospetto.» Abbassò ulteriormente la voce, fino a ridurla a poco più di un sussurro. «Il Campione di Kirkwall è un mago eretico, e non sono pochi quelli che sostengono che qualcuno dovrebbe porre un limite alla tirannia della Comandante Meredith. E mio fratello non fa certo segreto delle sue... posizioni politiche, a riguardo dei Circoli.»

Sebastian fece una smorfia. «Sono certo che nemmeno Garrett voglia rischiare un Annullamento per colpa di qualche sedizioso... La maggior parte non sono come lui.»

Marian si morse il labbro inferiore, imponendosi di tacere. Sapeva solo una minima parte del coinvolgimento del fratello e del suo degno compare con la Resistenza, e almeno era tranquilla che non avrebbero appoggiato altri possibili attacchi terroristici, però restava il fatto che ogni notte passata a pattugliare le strade al fianco dei suoi compagni, aveva il terrore di ritrovarseli davanti. Come l'ultima volta sulla costa, quando avevano quasi rintracciato due maghi scappati da Hasmal, Marian era certa che Garrett c'entrasse qualcosa con la loro rocambolesca fuga e l'intervento quasi miracoloso del Carta a coprirne le tracce, ma fortunatamente non lo aveva incontrato.

«Il Campione è un esempio positivo per i maghi ma non possiamo, e non dobbiamo, credere che tutti loro abbiano l'autocontrollo e la bontà d'animo di vostro fratello, tenente. “La magia esiste per servire l'uomo, mai per governarlo”, è un insegnamento che dovremmo sempre tenere a mente.» Convenne Elthina, annuendo grave. «L'agente della Divina, sorella Usignolo, vi attende nella sala del trono del Visconte, vi spiegherà la situazione di persona. Fate il possibile per convincerla che non sarà necessario attuare soluzioni più drastiche.»

“Meredith salterebbe dalla gioia se sapesse dell'occasione che le si presenta sotto il naso” pensò Marian mentre si accomiatavano e si dirigevano verso il Palazzo del Visconte. La Divina fino a quel momento aveva cassato ogni proposta della Comandante sull'aumentare la stretta sui maghi, eppure... i Trevelyan sostenevano che la posizione di Justinia fosse più moderata di quella delle Divine precedenti, aperta al dialogo coi maghi addirittura, eppure Marian stentava a credere che con tutti i problemi che con le voci che giravano sui Risolutori qualcuno volesse davvero considerare di scendere a patti coi Circoli, considerando tutti i rischi.

Trovarono a guardia del Palazzo uno sparuto gruppo di guardie cittadine e due templari, tra cui riconobbe Keran, il capo che ciondolava insonnolito, appoggiato contro una colonna. Non volendo destare sospetti, scivolarono sul retro passando per la porta del cortile interno, scivolando nell'ombra del portico deserto.

Le uniche due zone illuminate erano il quartier generale delle guardie, nell'edificio collegato al palazzo, e lo studio del Siniscalco, segno che Cavin o uno dei suoi assistenti stava di nuovo lavorando fino a tarda notte.

Le porte della sala delle udienze erano socchiuse, i grandi battenti che scivolarono silenziosamente sui cardini oliati alla minima pressione.

Marian rabbrividì istintivamente, cercando di scacciare con un gesto stizzito del capo i brutti ricordi che quel posto le riportava a galla. La sala era immersa nel buio, e dovettero accendere almeno una delle torce appese alle pareti, richiudendo la porta dietro di loro.

Mentre avanzavano verso il centro della stanza, la templare avvertì un tremito tutto attorno, e fece appena in tempo a gettare Sebastian di lato che vennero investiti da un dardo incantato, che si infranse silenziosamente contro il muro dietro di loro.

L'aura antimagia di Marian dissipò l'incantesimo successivo, mentre estraeva le spade dalla cintura e Sebastian impugnava l'arco, affiancandola.

«Quindi, la Divina ha inviato i suoi preziosi templari a fermarci...» commentò una voce femminile dall'accento Tevinter. Dall'oscurità di fronte a loro, emersero tre figure illuminate appena dalla luce dei loro bastoni magici.

«Soltanto due?» Le fece eco un uomo con un paio di grossi baffi spioventi, arricciando il naso nella loro direzione. Dalla voce, pareva dei Liberi Confini, forse Markham?

La terza persona era un elfo, gli occhi che brillavano al buio come quelli di un gatto, il quale chinò il capo da un lato, soppesandoli. «Non la riconoscete? È ser Hawke...»

Il ghigno della Tev si allargò ulteriormente. «Ah, allora porteremo indietro buone notizie.» Sollevò nuovamente il bastone davanti a sé, e Marian si preparò ad annullare anche quell'incantesimo, entrambe le lame strette in mano mentre avanzava lentamente.

«Chi vi manda?» Chiese guardinga, anche se temeva di conoscere già la risposta.

«Non ci manda nessuno, templare, non siamo bestie alla catena come voi.» Sputò l'umano, prima di lanciarle addosso una scarica di fulmini, che Marian riuscì a neutralizzare giusto in tempo.

Sebastian mirò all'elfo, che era il più scoperto, ma la freccia si infranse sulla barriera alzata all'ultimo. Incoccò di nuovo, mentre la compagna si lanciava all'attacco.

Schivò per un soffio un altro dardo incantato, roteando la spada lunga e concentrando le energie sulle lame, annullando le loro barriere. Una palla di fuoco la costrinse a ripararsi contro la colonna, e mentre trapassava da parte a parte l'elfo si chiese quanto tempo ci avrebbero messo Keran e gli altri a raggiungerli. Quello cadde a terra, scaraventandola all'indietro in un ultimo tentativo di togliersela di dosso mentre agonizzava sul tappeto, una macchia scura ad allargarsi sotto di lui.

Riaprì gli occhi di scatto, ora di un verde innaturale, mentre si risollevava rigidamente. Una freccia di Sebastian lo centrò ad una spalla, ma non sembrò nemmeno accorgersene: caricò Marian di peso, costringendola a parare ed evitare contemporaneamente altre tre scariche elettriche del mago umano. Con un ringhio di rabbia, decapitò di netto l'elfo, rendendosi conto subito dopo dell'errore.

La temperatura della stanza precipitò in un attimo e dal pavimento, dove il sangue era schizzato sul tappeto e sul marmo poroso, si sollevarono quattro ombre andando a circondarla.

Strinse i denti, raccogliendo le forze per lanciare un'altra aura antimagia, pregando il Creatore che funzionasse. Sebastian riuscì ad abbatterne una alle spalle, dandole il tempo di stordire le tre rimaste ed eliminarne una prima che si riprendessero. Si lanciò sulla maga Tevinter, ma il suo attacco si infranse contro una barriera scarlatta e il mago umano la colpì al fianco con un dardo infuocato, facendola barcollare.

Si riprese all'ultimo, gettandosi dietro una delle colonne e affondando entrambe le lame in una delle due ombre rimaste, mentre Sebastian tempestava di frecce la barriera di magia del sangue.

Marian inspirò profondamente, attingendo alle ultime riserve di energia, poteva sentire ogni singolo centimetro del proprio corpo urlare spasmodicamente per assumere del Lyrium. Si limitò a canalizzarlo sulla spada lunga, accucciandosi e scattando in avanti quando vide l'umano semi coperto da una delle ombre. Sgusciò di lato alla creatura, piombando sul mago e riuscendo a sorprenderlo. La fitta al cervello che le mandò l'uomo non riuscì comunque ad evitare che la spada della templare si conficcasse in profondità nelle budella, ma Marian crollò a terra con uno spasmo, la testa sembrava sul punto di spaccarsi in due dal dolore.

«Muori, templare.» Sputò la Tevinter, sollevando di nuovo il bastone, una freccia di Sebastian che si infrangeva inutile sulla barriera scarlatta, il Velo che vorticava tutto attorno...

Due lame le uscirono dal petto e venne scaraventata in avanti, gettata al suolo come un sacco di patate.

Dietro di lei, una figura completamente avvolta in un mantello nero e due pugnali insanguinati stretti in mano, si voltò lentamente verso Marian: aveva il volto coperto da una maschera di stile Orlesiano, scura come il resto dell'abbigliamento visibile. «Questo conferma le nostre teorie...» L'accento era piatto, senza alcun tono distintivo che saltasse all'orecchio, ma la voce era femminile.

«I Risolutori ci tengono d'occhio e vi conoscono personalmente, tenente.»

Si voltò di scatto, trovando una donna dai capelli rossi tagliati corti in un caschetto che si avvicinò loro con aria critica, lanciando un'occhiata fredda ai cadaveri a terra. «È ovvio chi ci sia dietro, e come abbia scelto di muoversi.»

«Pensi ancora che ci si possa dialogare?» La rimbeccò la figura mascherata, ripulendo i pugnali con un gesto secco e rinfoderandoli alla cintura mentre si avvicinava all'altra. «Dobbiamo fermarli.»

«Questo è certo, ma penso che il nostro obiettivo sia ormai ben al di fuori della portata della Chiesa... dovremo accontentarci di fermare i suoi piani qui a Kirkwall.» La donna riportò lo sguardo su Marian, accennando un saluto. «Tenente, vogliate scusarci per questo inconveniente, ma dovevamo accertarci di una cosa.»

«Sorella Usignolo, presumo?» Chiese incerta la templare.

«Potete chiamarmi anche Leliana, come preferite.» Annuì la donna dai capelli rossi.

Marian sgranò gli occhi, riconoscendo il nome e associandolo ad un volto che non vedeva da anni. «Sorella Leliana? Io vi conosco, eravate a Lothering!»

L'altra abbozzò un sorriso. «Esattamente, non pensavo vi ricordaste di una semplice sorella della Chiesa... abbiamo entrambe fatto molta strada da allora, tenente. Ora sono la mano sinistra della Divina. E questo ci riporta alla questione attuale...» Sospirò teatralmente, allungando una mano verso la donna nascosta dietro la maschera. «Sospettavamo che vostro cugino avesse cercato rifugio nel Tevinter, e quella-» accennò alla maga a terra, una pozza di sangue sotto di lei «conferma i nostri timori. Geralt è una persona particolarmente sfuggente, ma una parte di me è sollevata dal non essermelo ancora ritrovato di fronte. Ho avuto modo di vedere in prima persona di cosa è capace, e sono passati anni da allora.»

Marian annuì. «So che avete combattuto insieme accanto all'Eroina del Ferelden.»

Leliana aggrottò leggermente le sopracciglia sottili. «Purtroppo, dopo la morte di Aenor la posizione di Geralt sui circoli e sulla Chiesa è andata solo ad inasprirsi ulteriormente... qualsiasi legame avessimo con il nostro compagno di allora, non sembra esserne rimasta alcuna traccia. Pensiamo che i Risolutori siano sotto il suo comando, o almeno cerchino in lui una guida. Se è andato nel Tevinter non l'ha fatto per fuggire, non è da lui, deve esserci sotto qualcosa. E avrà sicuramente lasciato qualcuno a gestire la situazione qui, Kirkwall è la città più colpita dalla Resistenza e riteniamo sia anche il covo dei Risolutori.»

«L'Ordine sta facendo del suo meglio per mantenere la situazione sotto controllo, Usignolo.» Ribattè Marian, cercando di suonare convincente usando il titolo dell'altra. «La popolazione dopo l'incidente coi Qunari ha preso in simpatia i maghi, e alcuni-»

«Sì, vostro fratello ha fatto un ottimo lavoro... questo conferma che ci sono dei maghi di cui ci si può fidare, purtroppo però il tempo stringe e non possiamo perdere la città per proteggere una manciata di elementi meritevoli.» La interruppe Leliana. «L'intero Thedas ha puntato gli occhi su Kirkwall, in attesa che la situazione precipiti in un modo o nell'altro. E la Chiesa non può permettersi che i Liberi Confini diventino un nuovo Tevinter, Justinia sarà costretta a prendere severe precauzioni per impedirlo.»

«Come una santa marcia?!» Si intromise Sebastian, allarmato. «Sicuramente la Divina ascolterà la voce della Somma Sacerdotessa, non può condannare un'intera città per le azioni scellerate di un piccolo gruppo di-»

«Credetemi, Principe Vael, nessuno si rammaricherebbe più della Divina nell'eventualità che questo accada, ma prima di tutto viene la sicurezza e stabilità della popolazione intera. Se Kirkwall cade sotto la Resistenza dei maghi, ben presto tutti gli altri Circoli la seguiranno a ruota, e il sangue versato scorrerà per tutto il Thedas, non solo per i Liberi Confini.»

«Per il momento, non ci sono più stati attacchi significativi.» Ribattè Marian, drizzando le spalle. «La Forca è ancora sotto il nostro controllo, nonostante le ovvie resistente, il Primo Incantatore è testardo ma non è un folle.» La disgustava dover difendere quell'uomo dopo che aveva scoperto della sua corrispondenza con Quentin, il mago del sangue responsabile della morte della madre, ma doveva continuare a tacere per il bene di ogni innocente nella Forca. «La Comandante è già abbastanza rigida, non solo con i maghi ma con ogni cittadino sospettato di nascondere o proteggere in alcun modo un mago, non potete minacciare una Santa Marcia. Ne farà un bagno di sangue senza nemmeno aspettare l'arrivo del vostro esercito.»

Leliana assottigliò gli occhi. «Ser Arthur ha parlato bene di voi, tenente, e la Divina tiene molto in considerazione le opinioni dei Trevelyan. Sono stata mandata qui per valutare la situazione e vi lascio con un avvertimento, anzi, due: dite ad Elthina di lasciare la città, c'è un rifugio per lei alla Grande Cattedrale di Val Royeaux, Kirkwall non è più un luogo sicuro. Per quanto riguarda voi invece, Ser Marian... quando la situazione precipiterà, contiamo che agirete per il bene del Thedas e secondo gli insegnamenti del Creatore.» Fece un gesto alla figura accanto a lei, che per tutto il tempo non aveva staccato gli occhi da Marian.

Per un breve attimo, alla templare parve di scorgere sotto la maschera due occhi chiari, tanto da sembrare bianchi. Poi le due voltarono loro le spalle, risalendo le scale verso il trono vuoto e sparendo nell'oscurità.

Sebastian abbassò il capo, mormorando una maledizione. «Elthina non lascerà Kirkwall.»

Marian gli si avvicinò titubante, stringendogli delicatamente il braccio. «Per lei non c'è nulla di più importante dei suoi fedeli, non può abbandonarli.»

«Ci scateneranno contro una Santa Marcia, quindi?»

Incontrò gli occhi azzurri dell'altro, scuotendo il capo senza sapere cosa rispondere. «Ho paura che se la Resistenza dovesse fare un altro passo, sarà inevitabile.»

L'uomo deglutì, aggrottando la fronte. «Pensavo sarei partito per Starkhaven, ma non me ne andrò di qui lasciandola sola senza protezione. Le devo almeno questo, per tutto quello che ha fatto per me... sarò il suo scudo.»

Marian gli strinse la mano, annuendo. «So quanto tieni a lei, Sebastian. Faremo di tutto per proteggere lei e Kirkwall, te lo prometto.»

“E ora devo scambiare quattro chiacchiere con mio fratello...”



 

Era tardi per tornare alla Chiesa, e ancora di più per rientrare non vista alla Forca, quindi decisero di dirigersi entrambi a casa di Fenris.

Aperta la porta, sentirono dei gemiti dal piano di sopra, una luce che proveniva dal salotto.

Marian roteò gli occhi al soffitto, imprecando a mezza voce. «Creatore, potrebbero almeno-»

«Bela, rispondimi!»

Il grido di Fenris le fece gelare il sangue nelle vene, mentre scattava di corsa su per le scale, la mano stretta intorno all'elsa delle spade, Sebastian alle calcagna.

Irruppero nel salotto, trovando l'elfo chino su Isabela che si agitava convulsamente, gli occhi bianchi rivoltati all'interno del cranio, la bocca aperta a biascicare parole sconnesse in Rivaini. Il Velo pulsava tutto attorno a lei, al punto da lanciare fitte dolorose nel cervello di Marian, ma la templare corse accanto all'amica, afferrandola per le spalle e bloccandola sul tappeto, spostando Fenris da un lato mentre lasciava andare un'altra aura antimagia, prosciugando completamente le proprie energie.

Venne colta da un giramento di testa, la vista offuscata e le gambe molli che cedevano sotto il suo peso, accasciandosi a terra e cercando di riprendere fiato. Isabela aveva smesso di contorcersi.

«Cos'è successo?» Chiese allarmato Sebastian, sfiorando la fronte della pirata con aria preoccupata. «Scotta.»

Fenris scosse il capo, senza lasciare la presa sulla donna. «Non lo so, abbiamo bevuto un altro po', poi si è addormentata e ho pensato di lasciarla sola, ultimamente dice di dormire male...» Le scostò una ciocca di capelli sudati dalla fronte, sollevandole il capo e poggiandolo sulle proprie gambe. «Sono sceso di sotto, facendomi gli affari miei, quando l'ho sentita cadere per terra e urlare. Ho pensato fosse entrato qualcuno, ma era in quello stato e-» Gli si spezzò la voce, serrando la mascella. «Non so cosa sia stato esattamente, ma era magia quella.»

Marian annuì. «Non ho idea di dove sia il mago che l'ha colpita, però, tracce di magia qui intorno non ne avverto. O è già lontano, o è una qualche sorta di maledizione...»

«Potrebbe essere magia del sangue?» Chiese Sebastian, prendendo uno straccio e imbevendolo di un po' d'acqua contenuta in una caraffa ancora praticamente intonsa per poi passarlo gentilmente sulla fronte di Isabela, la quale mormorò qualcosa che Marian non riuscì a capire, probabilmente ancora nella sua lingua natia.

«Non lo so, non vedo perché dovrebbero...» Fenris scosse la testa. «Vhenedis, perché attaccare lei?»

«Dovremmo aspettare che si svegli per farle qualche domanda.» Si risolse Marian, facendo per sollevare l'amica. «Staremo a guardia perché non capiti di nuovo, per per ora lasciamola riposare.»

Sebastian annuì, ma alla templare non sfuggì uno sbadiglio trattenuto a stento dal Principe.

«Sebastian, vai a letto anche tu, io tanto devo darmi prima una lavata e mettermi dei vestiti puliti.»

«No, sto bene, vai a sciacquarti, ci pensiamo noi a-»

Fenris, per tutta risposta, si caricò in spalla Isabela, portandola in una delle camere da letto come se niente fosse, aiutato da Marian. «Vai a dormire, Sebastian, se succede qualcosa ti chiamiamo.»

L'uomo si accigliò, ma alla fine fu costretto a capitolare. «Fatelo.»

Adagiarono Isabela a letto, coprendola con un lenzuolo e scostandole i capelli dal viso. Fenris trascinò una sedia accanto al capezzale, fissandola intensamente con i suoi occhi che brillavano alla luce della torcia in corridoio. «Se scopro chi è stato...»

«Non la passerà liscia, Fenris.» Concordò Marian, serrando la mascella. «Nessuno tocca i nostri amici e sopravvive.»

L'elfo annuì, senza staccare gli occhi dalla pirata. «Ho visto della gente venire forzatamente posseduta dai demoni, e ho visto schiavi torturati con la magia da maghi senza scrupoli. Quelle urla mi hanno ricordato cose che ho cercato inutilmente di dimenticare.»

Marian gli sfiorò la spalla, un gesto che anni prima avrebbe fatto sobbalzare l'elfo e che ora invece sembrò confortarlo mentre si accasciava con la schiena contro lo schienale, sospirando pesantemente. «Nessuno si aspetta che tu dimentichi, Fenris. Lo stai superando, ma sarà sempre lì.»

L'elfo rimase in silenzio per qualche lungo istante, il respiro che si sincronizzava con quello di Isabela. «No, prima o poi lo ucciderò.»

«Ti aiuterò.»

«Grazie, Marian.» Rispose lui, voltandosi a guardarla. «Non avrei mai immaginato di trovare degli amici in questo posto, e soprattutto non come voi, mi avete sempre sostenuto.»

Gli sorrise, cercando di apparire più sicura di quanto non fosse. «Sei anche tu un buon amico.»

«Non lo so, vorrei solo... Poter fare di più. Mi sento impotente, in casi come questo. Le mie capacità non sono come le tue e-» Scosse la testa, imprecando nuovamente in Tevene.

Marian portò lo sguardo sull'amica, la fronte imperlata di sudore, profondamente addormentata. Sembrava inquieta, anche se aveva smesso di urlare e contorcersi, non riusciva a scollarsi di dosso la sensazione che ci fosse qualcosa, o qualcuno, all'opera. Ripensò alle parole di Sebastian quella sera, e un'idea le balenò in mente. «Hai detto che ultimamente Bela dice di dormire male?»

Fenrsi aggrottò la fronte. «Sì, perché?»

«Hai notato che Sebastian ha delle occhiaie perenni? Nemmeno lui dorme sonni tranquilli da un mese a questa parte, ha come degli... incubi? Non saprei come potrebbero essere collegati però, non è un tipo di magia di cui ho mai sentito parlare.»

L'elfo si strinse nelle spalle, ma sembrava pensieroso. «Forse non nei Circoli qui a Sud, almeno, ma nemmeno io ho un'ipotesi su cosa possa essere.»

«Domani proverò a passare alla clinica, magari Anders sa qualcosa.»

Fenris fece una smorfia. «Non fidarti di lui.»

«Lo so bene ma Garrett lo ama, cosa posso farci? Almeno per il momento sembra non essere una minaccia.» Lanciò un ultimo sguardo ad Isabela, prima di sospirare pesantemente. «Vado a lavarmi e mettermi addosso qualcosa che non sia inzaccherato di sangue, chiamami per qualsiasi cosa.»

























Note dell'Autrice: Si torna a Kirkwall e qualcosa, o qualcuno, trama nell'ombra. La donna mascherata che compare con Leliana se avete letto Dragged è facilmente intuibile chi sia... Mi è spiaciuto che il loro cameo fosse così piccolino, magari vedrò di rifarle comparire in seguito, altrimenti aspetteremo Inqusition per vederle completamente in azione! :D 
Alla prossima! :) 

  
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