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Autore: Emeerery    14/04/2021    0 recensioni
"Se avesse dovuto stilare una lista dei peggiori criminali affrontati nel corso della sua carriera, Clorofilìa avrebbe scelto quello ad occhi chiusi. Diamine, anche la volta che aveva retto l’edificio pericolante sembrava una piccolezza al confronto!"
Genere: Azione, Comico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Jūryō[1] si era fatto perdonare il bidone invitandola a cena, una settimana dopo. Non che ci fosse niente per cui chiedere ammenda, ma l’amico sembrava così evidentemente dispiaciuto di averla abbandonata nel momento del bisogno (con Castle, per giunta), che Iris non si sarebbe potuta rifiutare neanche se avesse voluto. Passare la serata con lui poi era un piacere che non si concedeva spesso, quindi accettare era stato automatico quasi quanto preparare la caffettiera al mattino dopo una buona dormita. Gestualità intrinseche nel suo animo, talmente tanto radicate da risultare perfette anche se eseguite ad occhi chiusi (o con i rami, mentre dava le spalle alla cucina e cercava di riordinare la piccola apocalisse del futon).
 Di tutti gli ex compagni del corso eroi, Range era quello con cui aveva più contatti, dato che bazzicavano lo stesso distretto. Il ragazzo si era trasferito subito dopo il diploma, quando il Turbo Hero[2] l’aveva confermato come sidekick. Gaggiolo[3] ne era stata sinceramente contenta, dato che anche ai tempi della scuola risultavano la coppia più affiatata. Riprendere le vecchie abitudini anche durante i giri di ronda era stato un po’ come tornare ad indossare la tuta per gli allenamenti (cosa che ogni tanto faceva ancora, quando il servizio lavanderia del negozio sotto casa risultava particolarmente lento, almeno tre volte al mese).
 Era passato a prenderla e l’aveva riaccompagnata a fine serata, e nel mezzo avevano parlato perlopiù di lavoro e tempi andati. Nessuno dei due aveva molte notizie degli altri (tranne di Kamiji[4], difficile ignorare le sue), ma sproloquiare del periodo scolastico, di tutte le bestialità fatte patire ai professori e delle aspirazioni di quegli anni era rilassante, in qualche modo. Si potevano quasi ritenere soddisfatti di quanto avevano combinato fino a quel momento, considerando che erano partiti inciampando nei propri piedi (almeno Ennosuke lo aveva fatto, durante l’esame d’ingresso alla U. A.).
 Iris gli aveva raccontato anche di Steam, di entrambi gli incontri e delle notizie ricevute da Castle. L’eroe l’aveva richiamata il giorno dopo la ronda per dirle che alla centrale risultavano sporadici avvistamenti in zona di un tipo corrispondente alla descrizione, nell’ultimo periodo. Il ‘non-eroe’ (la ragazza non se la sentiva proprio di chiamarlo criminale) aveva iniziato a farsi notare quando, qualche giorno prima di fare la conoscenza con l’eroina, aveva prevenuto uno scippo e bloccato il malvivente fino all’arrivo degli agenti, salvo poi svanire il più in fretta possibile.
 “Sembra di nuovo quella faccenda dei vigilanti, ricordi[5]?” le chiese Jūryō, prima di infilarsi in bocca l’ennesimo maki , accompagnato entro breve da un abbondante sorso di sakè.
 “Ci stavo pensando anch’io” concordò Gaggiolo, pescando un nigiri dal piatto. Avevano scelto di incontrarsi in un piccolo ristorantino sconosciuto ai più, così da avere un po’ di privacy. La bassa musica di sottofondo non disturbava la conversazione, gli avventori si potevano contare sulle dita di una mano (anche facendo rientrare loro due nel calcolo) e la cucina era soddisfacente e piacevolmente economica.
 “Non vorrei trovarmi di nuovo con quella gente. Cioè, saranno pure animati da uno ‘spirito volto al bene’” il ragazzo sottolineò il concetto inarcando le sopracciglia “ma non si può certo dire che fossero il massimo come organizzazione al soccorso. Non so perché i pro li abbiano sopportati tanto” e rimarcò il concetto con un’alzata di spalle, ad intendere che, fosse stato per lui, li avrebbe arrestati alla prima apparizione.
 “A me è sembrato fossero anche più preparati di certi eroi che circolano” disse la ragazza, ripensando ad un paio di disavventure occorsegli con colleghi tendenti alla distrazione. “Quello Steam mi è stato molto utile, la prima volta. Non fosse che l’abbiamo beccato nella villa…” si interruppe e scrollò il capo, più interessata al contenuto del piatto che a quello della testa del giustiziere.
 
 Naturalmente avevano fatto tardi, perché si ritrovavano sempre a far tardi nel rivangare ricordi insabbiati in qualche casella della loro memoria (azione necessaria soprattutto riguardo certi comportamenti non esattamente leciti, eroici o anche solo dignitosi). Combinare una serata insieme era difficile soprattutto per quello, dovevano trovare il buco giusto nel programma settimanale che comprendesse una ronda diurna seguita da un riposo, per entrambi. Generalmente ci riuscivano ogni due mesi, più o meno, e nel frattempo concordavano le notturne e si tenevano aggiornati.
 Quindi era con spirito vagamente contrito (oltre che con un principio di sbadiglio, a cui ne sarebbero seguiti molti altri nel breve futuro) che Iris aprì il portone dopo aver salutato l’amico. Per uscire con Ennosuke aveva modificato il piano per il giorno dopo, concedendosi una giornata libera che non sentiva di meritare appieno. Unito al ricordo della cocente umiliazione impartitale dal mancato arresto, sentiva la voce del capo lamentarsi per l’inadempimento dei propri doveri. Cercò di scacciare il pensiero. Aveva subito uno smacco, non aveva fermato Steam, doveva farsene una ragione. Punto. Fine della discussione. Meglio non rivangare ulteriormente. Ma fu solo davanti la porta di casa che poté dimenticare tutte le sue tribolazioni interne.
 
 Il palazzo era una costruzione relativamente recente, ultimato appena dieci anni prima. Alto tre piani, era occupato esclusivamente da uffici pubblici e dalla sua agenzia eroica, quindi era deserto per più di dieci ore al giorno. Lei era l’unica a frequentarlo dopo il tramonto e ci si era trasferita proprio per quello, quando il capo se n’era andato. Non doveva più preoccuparsi di vicini ipersensibili infastiditi dal rumore del phon in piena notte, né che qualche bambino scalmanato si mettesse a ballare una danza tribale mentre lei cercava di recuperare il sonno, fra un turno di ronda e quella che si ostinava a chiamare vita sociale. Pensava di aver partorito l’idea del secolo quando aveva trasportato i pochi scatoloni che costituivano il suo bagaglio irrinunciabile. L’ufficio era grande, scarsamente arredato e già provvisto di cucina minimalista (piano cottura, frigorifero, poche scansie, un tavolo e quattro sedie), armadio a muro, scarpiera e cassettiera. Non aveva bisogno che di una libreria per personalizzarlo, e quella era già in suo possesso. Ma l’apparente genialità della sua logica dovette fare i conti con l’evidenza dei fatti.  
 Era riemersa dall’ascensore sfregandosi gli occhi, considerando stancamente se poteva permettersi il lusso di una doccia dopo una serata del genere, i sensi di colpa a battagliare per riottenere la sua totale attenzione. Dubitava di meritarsi anche solo di dormire nel futon, quella notte. Attraversò il pianerottolo buio (era uno degli inconvenienti di essere l’unica fruitrice dello stabile dopo le sei di sera. L’amministratore continuava a ripetere che avrebbe fatto sostituire la lampadina fulminata, ma lei cominciava a ritenere che se ne sarebbe ricordato solo quando la cosa avrebbe riguardato anche gli altri condomini, di lì a due mesi). Arrivata davanti alla porta estrasse le chiavi e cercò di riconoscere quella giusta al tatto, anche se le aveva dipinte per distinguerle proprio perché sembravano tutte uguali. Sbuffò e ne infilò una a caso nella toppa, senza ottenere risultato. La quarta finalmente girò, ma terminò la corsa prima di aver sbloccato le mandate, mentre l’uscio si apriva di uno spiraglio. Rimase interdetta a fissare la serratura. Tendenzialmente era una ragazza meticolosa, sprangava l’ufficio anche per scendere a fare una spesa rapida, come se conservasse il tesoro di un drago e non una collezione di libri sulla botanica e plastici ultimati.
 Considerò brevemente se fosse il caso di chiamare la polizia, ma doveva essere un pensiero sorto dai recessi più sonnacchiosi della sua mente esausta. Era un’eroina, non si sarebbe lasciata prendere dal panico per dei ladri d’appartamento (o ufficio, per quel che le importava). Non potendo più contare sull’effetto sorpresa (solo un sordo non avrebbe sentito il concerto di imprecazioni che si era tenuto in accompagnamento al rituale della chiave), decise di agire energicamente. Rivestì il pugno sinistro, appoggiò la mano destra alla porta e la spinse con tutte le forze, badando a che sbattesse contro il muro. La stanza si rivelò in tutto il suo nudo disordine, esattamente come l’aveva lasciata.  
 Stava quasi per credere di averla sbadatamente dimenticata aperta lei, quando lanciò un’occhiata al bagno. Niente di più semplice che un eventuale intruso vi si fosse rifugiato, sentendo rumori nel pianerottolo, e aspettasse al buio per coglierla in fallo alla prima occasione utile. Rivestì anche il pugno destro e si fece avanti.
 L’aggressore non era in bagno. Quando sentì la porta d’ingresso chiudersi con fracasso alle sue spalle non aveva fatto ancora tre passi. Si diede della stupida. Doveva essersi acquattato proprio sul pianerottolo, attendendo che lei si cacciasse spontaneamente nella trappola. Il capo l’avrebbe licenziata, se l’avesse saputo.
 Tutte quelle considerazioni non le impedirono comunque di reagire. Senza nemmeno voltarsi sferrò un attacco alla cieca con i rami. Sentì alcune suppellettili rovinare a terra, ma non se ne curò. Si gettò in avanti mentre i tralci spazzavano l’ingresso alla ricerca del nemico, senza però incontrarlo.
 Digrignando i denti Cloro si girò. Ancora non vedeva nessuno. E la porta era chiusa. E il monolocale non offriva nascondigli. Il respiro le si mozzò in gola. Che diamine stava accadendo?!
 

[1]  Peso, secondo google traduttore. Non che mi fidi particolarmente. Il nome completo è Jūryō Ennosuke, alias Range. Ho cercato di mantenere l’impostazione originale dell’opera, quindi i personaggi di mia creazione contengono all’interno del proprio nome un indizio sul loro quirk o sul ruolo che giocano nella storia.
[2]  Ingenium.
[3]  Gaggiolo Iris è il vero nome di Clorofilìa. In realtà a ben vedere è una ripetizione (dato che entrambi i termini indicano la stessa pianta), ma adoro gli iris, quindi sono pronta a difendere la mia scelta a bulbo tratto (oh, una battuta sulle piante).
[4]  Kamiji Moe, alias Burnin, una certa sidekick molto entusiasta di un certo eroe molto focoso.
[5]  My hero academia vigilantes. Per chi non l’avesse letto, lo consiglio caldamente.
   
 
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