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Autore: Ahiryn    11/05/2021    4 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'Accordo

II

 





Silas era legato a una sedia e non era del tutto in sé. Gli occhi faticavano a rimanere aperti, aveva il volto indolenzito e un grumo di sangue e saliva che gli colava dalle labbra umide.
– Nessuna delle informazioni che ha rivelato era vera, ci ha fatto girare a vuoto per giorni!
Un altro colpo e gli sembrò di vedere i volti capovolgersi e le grate della cella moltiplicarsi.
Gli faceva male ogni parte del corpo, non riusciva a guarire o a riprendersi, gli davano poco cibo per tenerlo debole e di tanto in tanto veniva picchiato.
Qualcuno gli tirò i capelli per sollevargli il viso. – Eri così arrogante sul campo di battaglia, guardati adesso.
– Basta, non esagerare, il Campione potrebbe accorgersene.
Il Campione.
Gli veniva da ridere. Kieran un campione? Forse era l’unico a ricordarlo com’era all’Accademia, con la divisa scucita, le mani sporche e sempre sudate, i fogli scritti con quella calligrafia storta e confusionaria. Sì, forse era l’unico ormai e non era neanche certo che fosse stato reale o un’illusione quel ragazzino. Kieran che gli urlava addosso che avrebbe pagato per le sue azioni, che lo avrebbe trascinato di fronte alla giustizia, forse ormai era l’unica realtà che esisteva e che era sempre esistita.
Chissà che goduria per il tuo stupido orgoglio.
– Non può accorgersene se non lo portiamo vicino alla morte, da quello che ho sentito.
– Sì, ma al processo si vedevano i lividi e si è incazzato, quello lì ha una scopa piantata nel culo da sempre, non ho voglia di inimicarmelo.
Più che una scopa direi che ha un vero e proprio tronco.
Non capiva se fosse ottusità o mentire a sé stessi in modo cieco, perché si alterava se le guardie lo picchiavano? Che cosa credeva sarebbe successo una volta riportato in catene alla capitale? Che gli avrebbero organizzato una parata di ben tornato, un banchetto per la rimpatriata? Forse aveva bisogno di placare la sua coscienza.
Ho ingerito troppo ferro.
Il ferro nel suo sistema lo nauseava, la mancanza di cibo e acqua gli stava dando alla testa; non aveva forze, voleva addormentarsi o perdere i sensi, iniziava ad avere pensieri inconcludenti.
– Non provare a svenire, feccia fatata, non ancora.
Alzò il viso verso la guardia e gli sputò il sangue che aveva in bocca. Poi gli sorrise.
– Allora è vero quello che dicono delle guardie di Railia, che sono dei segaioli deboli senza spina dorsale.
Voleva che lo mandassero a un passo dalla morte, così Kieran lo avrebbe sentito. Voleva che vedesse i lividi e le ossa rotte, per infrangere la sua patetica illusione da cavaliere senza macchia.
Non era una questione di senso di colpa, no, perché se lui avesse messo le mani su Kieran le cose non sarebbero andate in modo differente. Ma Silas non avrebbe finto di essere migliore dell’altro, non si sarebbe innalzato su un piedistallo morale.
Gli arrivò un altro pugno in faccia e la sedia si ribaltò indietro con violenza.
Io non gli permetterò di farti del male.
Perché gli tornava in mente ora quella frase? Quel momento?
Forse aveva davvero ricevuto troppi colpi.

 
 *

Le strade di Burlstreet erano ancora sporche per i giorni di festa, i marciapiedi erano invasi da foglie secche, neve infangata e coriandoli, l’aria vibrava di piccole magie sceniche e c’era odore di fuochi d’artificio.
Kieran sperava che nessuno lo riconoscesse, anche se le guardie tendevano a salutarlo sempre con rispetto e da lì si univano anche i cittadini, dunque aveva evitato di indossare la divisa. L’aria fredda era smorzata dal calore del fumo e delle vaporette, ma era piacevole sentire le temperature basse di fine autunno.
Aveva piovuto di recente, ma non ne era sorpreso, anche mentre combatteva contro Silas pioveva. Ricordava lo scontro, le foglie rosse sotto i loro piedi, le magie, il sangue; era già passato un mese.
Entrò in un piccolo forno, che gli ricordava il suo preferito dei tempi dell’Accademia, quando aveva pochi spiccioli con sé.
Prendi sempre una fetta di crostata e del caffè, ogni singola volta. Sei così… noioso.
La voce di Silas gli riecheggiava ancora in testa, scherzosa. Guardò i dolci esposti e in uno sciocco segno di ribellione decise di prendere una fetta di sacher. La gustò nel tavolino più isolato, vicino al caminetto.
Non era affatto buona come la crostata, era così dolce, troppo dolce per i suoi gusti. Sospirò e agitò il cucchiaino nel cioccolato.
Cosa devo fare?
L’Arcimago aveva svolto altri test per cercare di capire la natura del vincolo magico, aveva tentato di spezzarlo ma con scarsi risultati; i vincoli erano tali proprio perché potevano essere rimossi solo dalla persona che li aveva lanciati, ma non sempre era così, a volte non bastava nemmeno l’intervento dell’esecutore. Era così anche per i sigilli impressi su Silas che gli impedivano di usare la magia, soltanto la persona che li aveva applicati poteva rimuoverli.
Per il momento l’esecuzione era stata rimandata, senza che fosse svelata la vera motivazione, e questo aveva già innervosito il popolo e i soldati.
– Volete altro, signore?
Alzò il viso verso la cameriera e guardò imbarazzato il suo piatto ancora pieno. – Un tè, grazie mille.
Come se non fosse bastato tutto questo, il vincolo aveva mostrato un altro inquietante limite.
Per distrarsi dalla situazione, Kieran aveva accettato l’invito della famiglia di Dalia, che viveva in un’altra regione, a passare qualche settimana nella loro tenuta. Man mano che si allontanava dalla capitale aveva percepito una sensazione, come se conoscesse la direzione in cui si trovava Silas. Aveva intuito che il legame gli forniva sempre una direzione indicativa dell’altro, imprecisa, ma forte. Per sua sfortuna a bordo del treno aveva iniziato a sentirsi davvero male, il suo corpo era stato sconquassato da dolori, come se una forza invisibile lo tirasse con violenza indietro. Avevano fermato il treno ed erano stati avvisati i guerrieri di Ferro, che avevano mandato una piccola squadra a recuperarlo.
Sessanta chilometri. Era più o meno quella la distanza massima che poteva mettere fra lui e Silas prima di iniziare a morire; secondo l’Arcimago era difficile stabilire le regole del vincolo ed era probabile che fosse una magia in continua evoluzione.
Non poteva allontanarsi, non poteva uscire dalla regione, non poteva andare in missione.
Era inutile.
Ticchettò il tavolo, nervoso.
E se avessero deciso di ucciderlo comunque?
Kieran era molto popolare fra la gente comune e l’esercito, ma aveva anche tanti nemici che ora avevano l’occasione perfetta per liberarsi di lui. Cercare di essere corretto ed imparziale non lo aveva reso alquanto popolare negli anni.
No, William non lo permetterà. Neanche Bervana.
Non lo avrebbero ucciso a sangue freddo dopo tutto ciò che aveva fatto per loro, no?
– Ecco a voi.
Poggiò la tazzina ornata da ghirigori dorati e lasciò la teiera fumante accanto a lui, con alcuni biscotti glassati sul piattino e un bricco di latte caldo. Prese la tazza fra le mani e guardò di nuovo il giornale sul tavolo che parlava dell’esecuzione rimandata, facendo ipotesi sulla motivazione.
Sarebbe stata fatta un’altra votazione per la fine del mese, una votazione a favore o contro la condanna di Silas e… beh, la sua. Sapeva che i guerrieri di Ferro e i Forgiatori avrebbero votato contro, ma tutti gli altri?
Se solo fossero esistiti maghi in grado di aiutarlo, ma l’unica persona davvero esperta sulla materia viveva lontano, troppo lontano.
Sfilò dal suo diario una pagina dei registri del Diaspro, mentre beveva un altro sorso.
– Higgins… –  mormorò fra sé e sé guardando il pezzo di carta.
L’unico vero esperto di sigilli viveva dall’altra parte del continente, immerso in un alone di mistero e false notizie, oltre il confine, agli inizi delle Terre Spezzate. Non aveva trovato granché informazioni, il governo non amava l’argomento delle magie di sigillo. Aveva provato a chiedere che venisse mandata una squadra a prelevarlo, ma era stato ignorato.
Non manderanno nessuno lì. Gli fa comodo questo giogo, perché possono controllare anche me. E d’altronde io non posso andarci, il sigillo che lega me e Silas mi ucciderebbe se mi allontanassi troppo.
Aveva provato anche a mandare lettere e a comunicare in ogni modo, ma iniziava a credere che le sue lettere venissero controllate.
Dalia e Thomas non sapevano del vincolo, aveva preferito non dir loro nulla, anche se era solo questione di tempo prima che lo scoprissero; la situazione gli pesava troppo per parlarne e per il momento preferiva evitarli. Inoltre si sarebbero offerti di raggiungere l’esperto per lui, ma oltre che inutile sarebbe stato pericoloso, il confine con le Terre Spezzate non era un posto in cui si poteva viaggiare con leggerezza.
Il Gran Consigliere manderà qualcuno, troveranno un esperto che possa rimuovere l’incantesimo, che ne sia capace.
Doveva solo aspettare.
 
*
 
Quando rientrò a casa quella sera, il suo umore era un po’ migliorato, aveva parlato con la ragazza del piccolo forno che era riuscita a tirarlo un po’ su di morale, aveva un modo di fare caloroso e frizzante, e Kieran aveva assunto un atteggiamento piuttosto sciocco: aveva flirtato con lei per un po’, sorridendole nel tentativo di non pensare a nulla. Lei aveva ricambiato il sorriso prima di salutarlo e con un tocco lieve sulla spalla gli aveva chiesto se sarebbe passato anche l’indomani. Le aveva detto di sì senza smettere di sorridere e aveva guardato le sue guance imporporarsi deliziosamente, ma sapeva che non sarebbe affatto tornato. Non era il periodo giusto per infilarsi in qualche altro pasticcio e lui era troppo giù di morale per svagarsi con quella ragazza.
Quel briciolo di buon umore venne però smorzato quando vide di fronte il palazzo del suo appartamento l’ex– sindaco Clifford.
La sua faccia s’inasprì mentre osservava l’uomo sui gradini del piccolo palazzo. Appena quattro mesi prima aveva contribuito al suo licenziamento da un importante città del nord, quando aveva scoperto che il sindaco Clifford gestiva un traffico di esseri fatati molto vasto. I suoi tagliagole ne catturavano sui confini dei boschi o delle zone neutrali e li spostavano illegalmente a bordo dei treni fantasma. Il destino degli esseri fatati era quasi sempre atroce, se non venivano uccisi e smembrati per il mercato nero, finivano negli harem di qualche nobile disgustoso, pronti a sfornare mezzosangue per il prestigio della famiglia. Era illegale, avevano un accordo con le Corti fatate e quel genere di comportamento minava le relazioni pacifiche che avevano instaurato.
Kieran ricordava quel vagone maleodorante e stantio, i corpi tremanti e stretti fra loro al buio. Aveva preso a pugni il sindaco fino a fargli perdere i sensi, ancora adesso la sua faccia non era tornata del tutto a posto. Si era occupato di riportare le fate dove erano state catturate.
Il sindaco era un nobile, dunque Kieran era stato ammonito con asprezza per il suo comportamento violento, ma le accuse che aveva presentato erano almeno riuscite a fargli perdere la carica da sindaco.
La pancia gli si contorse all’istante nel guardare i due tagliagole che lo accompagnavano, guardie del corpo mercenarie.
– Oibò, che incontro fortuito! L’irreprensibile Kieran Reed!
Kieran lo guardò in silenzio, ostile. – Cosa vi porta qui? – domandò freddo.
– Sono desolato per quest’incursione ma avevo urgente bisogno di parlarvi, Campione – e pose una nota di scherno sull’ultimo titolo.
Non che qualcuno intorno a lui lo avesse mai pronunciato con serietà, aveva detestato quel titolo dall’inizio.
– Sono qui.
Erano sui gradini del piccolo e grazioso palazzo bianco, nel quartiere borghese; aveva pochi piani e le finestre provenzali presentavano piccoli davanzali pieni di fiori rigogliosi, tranne il suo dove si erano seccati.
Non lo avrebbe invitato dentro casa.
Il silenzio divenne insostenibile, ma Clifford sembrava calmo, vestito tutto elegante nel suo panciotto, il sigaro che emanava un odore pestilenziale.
– Vedete, Reed, sono qui per proporvi un piccolo accordo.
S’irrigidì e non riuscì a nascondere il suo disgusto. – Non stringo accordi con i trafficanti di corpi come voi.
Il sorriso si congelò sul volto dell’uomo. – L’accordo che vi propongo è quello di ritirare le accuse alla mia persona, se lo farete forse io e la mia Gilda voteremo contro la condanna a morte della Falena.
Kieran sbatté le palpebre e quasi cadde dai gradini. – Voi non fate parte della commissione votante.
Stavolta Clifford ghignò, era così contento che a malapena riusciva a contenersi. – E qui vi sbagliate ragazzo mio. Sono stato nominato vicecapo della Gilda dei Mercanti, ho un enorme influenza e farò parte della commissione votante. Il capo gilda tiene in gran considerazione la mia opinione, è molto anziano e vorrebbe lasciarmi il suo posto, purtroppo è ancora in corso il processo per quella piccola faccenda del contrabbando e c’è una macchia sul mio cognome che mi impedisce di essere un candidato.
Kieran sentiva un fischio nelle sue orecchie, lo stesso che di solito si può ascoltare prima di svenire. Era nauseato e l’acidità di stomaco lo stava logorando.
Si inumidì le labbra e socchiuse gli occhi, trattenendo a stento la rabbia. Le parole gli uscirono basse e ferali. – Mi state ricattando?
Sventolò una mano. – Suvvia non facciamola così tragica! È uno scambio di favori. Anche dopo la vostra morte le accuse rimarrebbero, ma se le ritirate, io vi assicuro che l’intera Gilda dei Mercanti sarà contro la condanna a morte. Mi sembra vantaggioso per voi, no? Non vi chiedo altro che un favore.
Poteva soltanto immaginare che cos’avrebbe fatto quell’uomo a capo della Gilda. Forse non voleva immaginarlo. I capi gilda godevano di immunità e da un punto di vista giuridico avevano un peso maggiore nei processi rispetto a tutti gli altri cittadini. Sarebbe stato molto più difficile fermare i suoi traffici disumani a quel punto.
– Dovete essere davvero radioso per questa nuova turpe possibilità – mormorò e la sua voce suonò minacciosa anche se le sue labbra erano piegate in un sorriso.
Clifford era un uomo di mezz’età dall’aspetto attraente, sembrava più giovane ed era il classico aristocratico che riceveva proposte di nozze da qualunque direzione.
I due tagliagole si mossero lenti, ma Kieran si irrigidì subito e si voltò di scatto a osservarli. Questo suscitò una risata dal Consigliere.
– Rilassatevi, non sono qui per farvi del male, solo per proteggere me visto il nostro ultimo… spiacevole incontro. Anche se forse nessuno aprirebbe neanche un’indagine sulla vostra morte al momento.
Oh questa era decisamente una minaccia. Beh, non aveva intenzione di restarsene inerme. – Perché non ve ne andate, prima che io vi costringa? – tagliò corto.
– Non siete nella posizione di essere maleducato. E non potete di certo comportarvi da bestia come l’ultima volta, non che mi stupisca, considerata la vostra provenienza. Che lavoro faceva vostra madre? Era una servetta o una prostituta?
Ah dunque siamo già agli insulti sui miei natali. Ci ha messo meno del previsto.
– Era una sarta e dovreste fate attenzione a come parlate.
L’occhiata che gli lanciarono i due tagliagole era lampante: era lui a dover fare attenzione.
Il mercante si lisciò il panciotto. – Non credo abbiate capito la posizione precaria in cui vi trovate. Il popolo vi adora, ma odia di più il traditore, così come le alte sfere. Avete disperato bisogno di alleati, Campione. Tutto ciò che chiedo è una semplice dichiarazione, che diciate che vi siete sbagliato sul mio coinvolgimento in quella brutta faccenda. Tranquillo, non dovete rispondermi subito, c’è tempo ancora e so dove trovarvi, non che possiate andare da qualche parte.
Kieran gli diede le spalle ed entrò in casa senza neanche rivolgergli un saluto educato.
Sentiva di dover prendere a pugni qualcosa, quindi se la prese con le sue sedie, lanciandole a terra e sopprimendo un urlo di rabbia. Odiava reagire così, gli ricordava suo padre, ma aveva talmente tanta frustrazione addosso che non riusciva a stare fermo, rischiava di uscire a cercare quel bastardo per prenderlo di nuovo a pugni. Per questo non tornava quasi mai alla capitale, per questo preferiva essere mandato sempre nelle spedizioni a combattere, lui funzionava molto meglio su un campo di battaglia che fra le insidie del Consiglio, delle Gilde e degli aristocratici.
Si sedette sul letto e iniziò a cercare una soluzione. Ce n’era una che continuava a sussurrargli qualcosa in modo seducente, ma ascoltarla significava commettere il più grande sbaglio della sua vita, e questo la diceva lunga considerando quanti maledetti sbagli avesse compiuto in soli ventisette anni di vita.
Analizziamo le mie possibilità.
Mente fredda.
O si adoperava per compiacere i Consiglieri e le Gilde, accettando i loro ricatti squallidi, facendosi manovrare per i loro scopi politici ed economici, oppure cercava di raggiungere l’esperto di sigilli per sistemare questo disastro.
Purtroppo non poteva allontanarsi da Silas e non gli avrebbero mai dato il permesso di spostarlo o di portarlo con sé.
Prese il sacchetto nascosto nel doppiofondo del suo comodino e lo osservò col cuore a mille.
C’era una terza opzione, ma aveva paura anche solo a pensarla davvero. Significava rischiare tutto, non doveva vagliarla prima di aver tentato il tutto per tutto. Forse era già vicino a prenderla davvero in considerazione.
Nei prossimi giorni avrebbe chiesto udienza ad alcuni Consiglieri per sondare il terreno.
Se la situazione gli fosse apparsa peggio del previsto, beh, poteva ricorrere alla soluzione più drastica. A quel punto sarebbe dovuto andare da lui.
 
*
 
Erano passate alcune settimane dalla discussione con Clifford e tutto era precipitato. La votazione si era conclusa a suo favore e questo di per sé sembrava positivo.
Dovrei essere contento almeno del risultato. Sono vivo, no?
 Peccato che per ottenere quel risultato aveva dovuto promettere ogni genere di sporco favore a Consiglieri e nobili, al punto che si domandava se non fosse stato meglio morire con dignità e basta.
Era leale, sì, ma non era un cavallo da traino pronto a essere sfruttato tutta la vita e poi mandato al macello, non era disposto a subire la stessa condanna di Silas per quel maledetto vincolo. La condanna a morte era stata annullata per il momento, ma niente impediva alle Gilde e all’aristocrazia di strumentalizzarla ancora per obbligarlo a nuove corruzioni. I guerrieri di Ferro erano la Gilda più indipendente e autonoma, dunque era molto difficile corromperla o strumentalizzarla. Tenerlo al guinzaglio doveva sembrare un’occasione troppo ghiotta a certe persone per ottenere i permessi necessari a disboscare qualche area protetta dalle fate e costruire nuove fabbriche. Ormai avrebbe dovuto mantenere la parola sulle promesse che aveva fatto, se non voleva ritrovarsi al punto di partenza; questo bastava a rendere il suo umore nero.
Provava parecchio disgusto verso il Consiglio, verso le Gilde e soprattutto verso sé stesso in quei giorni, e certo, questo accadeva spesso ogni volta che beveva un po’, ma era un disgusto diverso stavolta, molto più radicato. Aveva evitato i suoi amici e aveva passato le giornate a bere e a immaginare alcuni individui incorrere in una morte violenta. Era convinto che ci fosse un fondo da raggiungere, ma forse poteva scendere ancora più in basso se si ingegnava a trovare il modo. Non chiedeva molto, solo di potersi prendere una vacanza e svolgere tutte quelle attività che fanno le persone in vacanza, come sospirare sulle rive di un laghetto, fumare un sigaro durante una noiosa battuta di caccia, fare lunghe e inutili passeggiate all’aria aperta a parlare di sport e vaporette, o di qualsiasi argomento parlassero i nobiluomini di solito. Non chiedeva così tanto.
E non ho ancora sentito notizie da William.
Temeva il suo ritorno alla capitale. Non voleva incontrarlo, era certo di non riuscire a reggere.
La sua rumorosa autocommiserazione lo aveva riportato a casa, la sua vera casa, nei quartieri più poveri di Railia, la zona delle fabbriche. Lì l’aria era spessa dai fumi e dall’umidità, la ruggine era ovunque così come la muffa; le case erano baracche ammucchiate lungo il fiume, le poche vaporette presenti erano mezze scassate o prive delle ruote e abbandonate.
Il suo quartiere era un ammasso di casupole povere, ma aveva comunque un che di pittoresco, con il pozzo, le donne che lavavano i panni nel fiume, gli operai e le operaie che sciamavano dalle fabbriche, sporchi e stanchi, i bambini che correvano da una parte all’altra come biglie colorate. Le piccole botteghe erano spartane e umili, vendevano a poco prezzo e chiudevano al tramonto, per poi riaprire all’alba.
Kieran non andò nella sua vecchia casa, ormai non la abitava più nessuno. Suo padre era morto dieci anni prima, non che gli fosse mai dispiaciuto, non era neanche tornato per il funerale. Sua madre invece si era spenta cinque anni prima, mentre era lontano a combattere. Le aveva portato i fiori soltanto una volta, insieme a un cesto di macarons, che adorava e che le regalava sempre quando tornava dall’Accademia con alcuni vestiti a brandelli. Malgrado tutti i suoi rimproveri e le sue lezioni non aveva mai imparato granché a ricucirsi i vestiti da solo e ormai aveva abbastanza soldi da permettersi nuovi abiti.
Si recò invece nella bottega di Magda. Era un piccolo negozietto di magia, Magdalena vendeva talismani, feticci, erbe, impacchi, pozioni e forniva anche consulenze da chiromante. Kieran ormai conosceva abbastanza di magia da sapere che il servizio che offriva Magdalena fosse piuttosto sleale. Non voleva usare la parola cialtroneria, perché Magdalena ci credeva, ma i talismani e gli oggetti che vendeva non contenevano parti organiche di fate, dunque non potevano contenere magia. Spesso non si faceva neanche pagare, accettava qualcosa da mangiare o un invito a cena, era conosciuta in tutto il quartiere ed erano in molti a farle visita per chiedere rimedi o aiuti. Kieran si era convinto che le persone lì avessero soltanto bisogno di qualcuno con cui sfogarsi e parlare, in questo Magdalena era bravissima, non c’era mai un giudizio inflessibile sulle sue labbra, mai una parola crudele, soltanto ascolto.
Raggiunse il negozietto, ancora aperto nonostante il sole fosse tramontato. Aveva una porta in legno decorata da pitture e perline; a fianco compariva una finestra di vetro colorato coperta da una tenda rossa, che rendeva impossibile guardare dentro.
Quand’era piccolo lui e i suoi amici scherzavano sul fatto che fosse una strega che mangiava i bambini cattivi e usava le loro ossa per fare talismani e pozioni. Si sfidavano ad avvicinarsi al suo negozio di notte e addirittura a provare a entrare. Magdalena assecondava i loro giochi fingendosi una strega cattiva, il suo accento dell’ovest poi non aiutava. Alla fine però gli regalava sempre un dolcetto.
Sua madre andava spesso da lei, così come molte persone, soprattutto prima degli equinozi e dei solstizi, per proteggersi dalla magia maligna delle fate. C’erano molte superstizioni, molta scaramanzia e Magdalena era quasi una figura spirituale a cui affidarsi.
Aprì la porta con un respiro profondo e risuonò un campanello in cima alla porta. Scostò la tenda trasparente sull’ingresso e si pulì gli stivali sullo zerbino.
– Arrivo subito – disse una voce femminile da uno stanzino.
Il negozio era piuttosto raccolto, aveva un bancone inondato di paccottiglia mistica, scaffali con cesti pieni di erbe e fiori, ciondoli che pendevano dal soffitto, pozioni impilate sulle mensole, ferri di cavallo, trecce di aglio, bambole di fieno. Al lato del bancone c’era un tavolino coperto da un telo di velluto rosso con due poltroncine consunte una di fronte all’altra.
Quel posto non era davvero cambiato negli anni.
– Kieran?
Sussultò appena e guardò la donna di fronte a sé; era come la ricordava, i capelli castani lunghissimi e striati di bianco, il volto segnato da poche rughe e da qualche neo, gli occhi neri truccati da un ombretto acceso. Indossava un corpetto verde e una lunga gonna scura, aveva il collo pieno di ciondoli e due orecchini di osso. Le mani erano tatuate col simbolo del suo vecchio gruppo di circensi itineranti, di quando era molto giovane.
– Ma guarda chi è tornato a salutare! Te la sei presa comoda – e gli sorrise, mentre poggiava una cesta di spezie che aveva fra le mani.
– Mi dispiace di non essere…
– Shhh, non voglio sentire questo. Ma guarda come sei dimagrito! Stavo proprio facendo il tè, perché non ti accomodi? Ho anche dei dolcetti che mi ha regalato Corinne, la figlia dello spazzacamino in fondo alla strada, te la ricordi?
Si grattò la nuca, sopraffatto da tutte quelle parole. – Se devi lavorare…
Raggiunse la porta e girò il piccolo cartello. – Non dire sciocchezze. Ho appena finito. Non restare lì impalato come uno spaventapasseri!
Kieran si sfilò il mantello e lo posò sull’attaccapanni, attento a non urtare i talismani che pendevano. Quel posto aveva il soffitto troppo basso per lui.
– Ancora un po’ e qui dentro non potrai proprio più entrarci, mijai!
Si sedette al tavolino con fare rigido. Non tornava lì da quasi un anno e si sentiva piuttosto in colpa. Magdalena gli era stata molto vicino nella sua giovinezza e dopo la morte di sua madre.
 Era l’unica famiglia che gli restava in città.
– Sei diventato famoso eh.
– Non dirlo con quel tono sorpreso.
– Io sorpresa? Lo avevo predetto a tua madre anni fa! Tuo mijai farà molta strada, vedrai! E avevo ragione, come sempre.
Ridacchiò. – Come sempre – la prese in giro.
– Mph, sei sempre scettico, eppure eccoti qua.
Rovesciò la testa indietro. – Perché volevo vedere te e la tua radiosa bellezza!
– Non mi servono i tarocchi per leggere le tue bugie.
Rise di nuovo. Non era una bugia, Magdalena era davvero una bella donna, e lui si sentiva un po’ come un bambino che dichiara convinto che sua mamma è la donna più bella del mondo. Il sentimento era uguale.
– Ti vedo troppo magro – commentò con le sopracciglia aggrottate, mentre prendeva un vasetto di miele.
In quelle settimane aveva in effetti perso peso per lo stress. – Sto bene.
– No, sei sciupato, sei alto come un rakta, ma magro come un foglio.
Kieran alzò gli occhi al cielo. Era sempre stato piuttosto statuario e grosso, le sue ossa erano grosse, le sue mani, il suo collo, non era mai stato un tipo magro o minuto, anzi, da piccolo era piuttosto rotondo, ma per Magdalena lui era sempre troppo smilzo.
– Quindi non sono più affascinante? Sei crudele.
Magdalena lasciò uscire un verso di disappunto. – Se continui a non mangiare non troverai più molte gambe disposte ad aprirsi per te.
Arrossì vertiginosamente. – Magda! I– io non… non faccio certe cose! Che modo di parlare è questo! – rispose scandalizzato.
Si passò una mano sul viso per dissipare il rossore.
La chiromante rise di gusto. – Hai passato troppo tempo con i nobili se basta così poco per sconvolgerti, ragazzo. E poi ricordo diversamente.
Borbottò imbarazzato alcune proteste e fu salvato dal fischio della teiera sul fornelletto. Dimenticava sempre che le persone lì avevano un modo ben più colorito di esprimersi. Certo, forse ogni tanto si era divertito con qualche ragazza, ma per un soldato sempre in viaggio era difficile trovare una persona con cui instaurare un rapporto, soprattutto per uno come lui, e poi ormai erano anni che non passava la notte insieme a… ahh ma perché ci rimugino sopra!
La donna tornò con la teiera e versò il liquido fumante in due tazze chiare. Non gli offrì alcun latte, non si usava da dove veniva lei e si sedette al tavolo.
Non ho mai bevuto così tanto tè come in questo periodo. Se solo aiutasse davvero a rilassarsi.
– Hai nuove cicatrici.
Si grattò quella sulla guancia d’istinto, un altro regalo di Silas. – Già, gli ultimi scontri non sono stati facili.
Il suo tono tradì forse una certa amarezza e la donna posò la tazza dopo aver dato un sorso. – Raccontami.
Non se lo fece ripetere. Non voleva disturbarla o trattenerla troppo a lungo, ma quando iniziò a raccontare non riuscì più a fermarsi, era come se avesse tenuto il fiato per tutte quelle settimane, nel tentativo di non dire nulla di cui pentirsi.
– Mi sono infilato in un vero disastro… –  scosse la testa.
Erano mesi che la sua rabbia verso il Consiglio aumentava, erano mesi che le alte sfere si comportavano in modo scorretto e tirannico nei suoi confronti, no, erano anni.
Aveva sputato sangue per loro, si era spezzato le ossa, aveva perso compagni, aveva passato notti insonni a combattere nel fango contro creature terrificanti. Non riusciva a dormire senza avere incubi, i rumori forti gli scatenavano la tachicardia e risentiva il suono delle bombarde: aveva dentro di sé una violenza che non si adattava più a una vita normale. Aveva dato tutto per la Gardenia, si era fatto spedire in ogni lurido avamposto di disperati a rischiare la vita, senza mai protestare. Aveva sconfitto la Falena, uno dei peggiori nemici del loro stato, un criminale inafferrabile e pericoloso, lo aveva trascinato da loro senza fiatare.
E loro lo ripagavano così, con ricatti, minacce, manipolazioni. Il Consiglio lo sapeva, ma non gli importava.
Quando finì di parlare il tè si era freddato e lui si sentiva svuotato.
– Restare in alto ha il suo prezzo e tu hai sopportato molte difficoltà per arrivarci. I guerrieri di Ferro sono strumenti di morte che vengono usati per fare violenza, e una volta esaurito il loro compito vengono gettati in pasto alle fate. Non mi sorprende tutto quello che mi hai detto.
Sbuffò in modo rumoroso. – No, non di nuovo.
La donna alzò il mento. – Sai come la penso.
 – I guerrieri di Ferro proteggono le persone dalle fate. Tu non hai mai visto cosa può fare una fata Purosangue, la loro magia è folle e potente, non hanno bisogno di nulla, ti uccidono facendo bollire il sangue nel tuo corpo o creando piante dal tuo cervello, senza di noi le persone non avrebbero scampo. Loro non mi hanno usato, è sempre stata una mia scelta, tutto questo non significa nulla, è una situazione fuori dall’ordinario, non è con loro che sono risentito, sarò sempre leale al Ferro… – mormorò, non del tutto convinto.
Magdalena non aveva mai ostentato molto entusiasmo per la sua scelta di diventare un guerriero di Ferro, si era sempre dimostrata tiepida a riguardo. Riusciva a capire il perché, il Ferro era la difesa della Gardenia, non erano guardie o soldati comuni, ma guerrieri istruiti e addestrati a combattere le fate e la loro magia, erano una rigida e importante divisione militare d’élite. Essere un guerriero di Ferro non era un lavoro, ma una scelta di vita, la maggior parte non viveva abbastanza da raggiungere l’età avanzata. Le persone come Magdalena, amiche del popolo fatato, li ritenevano degli sterminatori, dei violenti, ma non conoscevano davvero la situazione ai confini. Non avevano mai visto con i loro occhi quello che una fata ostile poteva fare a un essere umano o a decine di loro.
– So che non mi stai dicendo tutto, se qualcosa ti tormenta non è perché non hai una scelta, ma perché ce l’hai, giusto?
Deglutì e bevve il tè freddo. – Dammi tregua Magda…
– Ti butti a capofitto negli scontri senza paura, ma non hai il coraggio di dire ad alta voce i tuoi pensieri? Ah, tua madre ti ha insegnato meglio di così! So che con quel visnakti di tuo padre a casa era difficile esprimere i propri pensieri, ma se la Gardenia è un altro padre pigro e ingrato che guarda solo ai tuoi fallimenti, vale la pena tacere di nuovo?
Lasciò uscire un verso di frustrazione. – Odio quando parli così, avresti fatto faville nei salotti degli intellettuali, io non capisco mai nulla dei loro discorsi.
Gli occhi scuri di Magdalena lo stavano osservando in attesa, pazienti. Aveva acceso dell’incenso e l’aria si era riempita di un piacevole odore dolciastro. Sospirò, appena stordito dall’aroma e cominciò a raccontarle la folle idea che gli era venuta in mente.
– Se vado fino in fondo… non so che tipo di uomo diventerò. Un traditore sicuramente, un uomo senza onore.
– Un uomo che sa pensare con la propria testa. Sei un soldato, d’accordo, ubbidisci agli ordini. Ma sei molto più di questo, hai una coscienza, non sei un ingranaggio di una vaporetta o di un automa, sei una persona.
Scosse la testa, pallido. – C’è un confine da cui non si torna indietro. Il confine che ha passato Silas sette anni fa. Che ipocrita sarei ad andare fino in fondo? Non posso, tutto quello che mi è stato insegnato mi dice che è sbagliato.
– Kieran – mormorò e il suo tono era serio. – Se ti giustiziano insieme alla Falena, cosa ne sarà di tuo fratello?
Sussultò appena e sentì la bocca seccarsi. Non riuscì a rispondere.
– So che mandi quasi tutti i tuoi soldi a lui, ma quanto tempo passerebbe dopo la tua morte prima che qualcuno arrivi a lui? Senza di te non è detto che sopravviva.
Socchiuse gli occhi. L’incenso gli stava dando alla testa. – Lo so. Lo so. Lo so. Un tempo avrei fatto tutto ciò che mi chiedevano forse, per quanto ero disperato, ma ora ho la possibilità di scegliere, di rifiutarmi. A cosa serve arrivare in alto se sono sempre costretto ad andare contro me stesso? Non è per questo che sono diventato un guerriero di Ferro, non è per questo che ho stretto i denti e…
Si passò una mano sul viso.
Che tipo di uomo vuoi diventare?
La domanda che gli aveva rivolto il suo maestro, dieci anni prima, non aveva mai smesso di tormentarlo.
– Anche con Silas non doveva andare così.
– Non volevi che morisse? O lo volevi?
Strinse un pugno sul tavolo e osservò il fondo della tazza. – Per anni ho voluto annientarlo, ero fuori di me per quello che aveva fatto. In parte lo sono ancora. Ma non sono un idiota, so che ci sono molte cose di cui non sono a conoscenza, ci deve essere uno straccio di motivo se uno come Silas getta alla malora una vita radiosa e destinata al successo per diventare un traditore e un reietto. Non che abbia importanza in ogni caso, non è che questo potrebbe mai cambiare il passato.
Magdalena tirò fuori i tarocchi e spostò le tazzine. – Lasciamo parlare le carte.
– Oh sì, è proprio quello di cui avevo bisogno, mettere il mio futuro in mano a dei pezzi di carta, già che ci sei chiedigli se Dalia mi ridarà mai quei soldi che le ho prestato – commentò con un’alzata d’occhio, mentre poggiava il mento sulla mano.
– Smettila di fare lo sciocco – rispose lei pacata. – Vediamo cosa dice il tuo futuro.
– Non capisco come possano aiutarmi, credi sul serio che baserò la decisione più rischiosa della mia vita su un mazzo di carte con dei bei disegni? Sono disperato, ma non così tanto. Non ancora, per lo meno.
Magdalena distese i tarocchi a faccia in giù di fronte a sé e spostando la mano di lato li fece scorrere affinché fossero tutti visibili. – Questi tarocchi mi sono stati donati da una fata Purosangue.
Non sapeva se fosse sincera, ma percepiva una lieve magia fatata da essi. Erano molto vecchi, eppure ancora in buone condizioni, avevano disegni contorti e inquietanti, molto sinistri con tinte scure e cupe.
– Neanche la magia fatata può predire il futuro, detesto dirtelo. Ho studiato le loro magie e so riconoscerle, la preveggenza non rientra fra queste.
– Certo, non delle fate che abitano il nostro continente. Non in quelle che l’essere umano ha conosciuto.
Ebbe un brivido a quelle parole. Nessuno sapeva cosa ci fosse oltre il loro continente, se non per quanto riguardava le Terre Spezzate, e di certo non era posto per esseri umani.
Magdalena prese le sue mani fra le proprie e le passò sopra i tarocchi a occhi chiusi. Kieran si sentiva piuttosto sciocco, ma la assecondò.
Ne estrasse tre e le dispose di fronte a lui.
Il Mago. L’Appeso. Il Diavolo. L’ultima carta era rovesciata.
Magdalena impallidì appena quando vide la carta del diavolo rovesciata, si strinse nello scialle e aggrottò le sopracciglia.
Kieran guardò perplesso le figure. Si sentiva di nuovo come un bambino impaziente. – Beh? Cosa dicono di catastrofico? Avrò ancora i capelli fra qualche anno?
Percepiva la magia più intensa dalla carta del diavolo e spostò anche lui lo sguardo. Fece per toccarla ma la donna glielo impedì.
– No, fermo.
Bloccò le dita a mezz’aria. – Immagino che sia grave dalla tua faccia. Puoi anche dirmi come sarà la mia vita amorosa? Perché è stata piuttosto carente negli ultimi ventisette anni.
Magdalena non rise. – Kieran… la Falena, è un potente incantatore, giusto?
– Lo è, purtroppo.
– La carta del mago vi rappresenta entrambi, è positiva, indica una persona intraprendente che crea la propria fortuna, intelligente che usa i mezzi a sua disposizione.
– Beh per il male, ma sì, Silas è così. È talentuoso e intelligente, per quanto le sue abilità siano votate a devastare la mia vita in ogni aspetto possibile. Non che la prenda sul personale, c’è chi ha un vicino di casa fastidioso, io ho un terrorista ossessionato dall’uccidermi e legato alla mia anima da qualche rituale demoniaco. Capita.
Poggiò il dito sull’appeso. – Anche questa carta è legata a entrambi. Il vostro vincolo è molto forte, i tarocchi non stanno predicendo solo il tuo futuro, ma anche il suo.
Quella frase lo costrinse ad aggrottare le sopracciglia e a farsi più serio. – Cosa significa quella carta?
– Una situazione scomoda, negativa, la carta simboleggia un sacrificio, una condizione sfavorevole da sopportare per raggiungere uno scopo. Richiederà sforzi notevoli, rinunce, prove difficili. Perché reagendo in modo sbagliato, quella che è una situazione dolorosa temporanea potrebbe diventare permanente.
Non voleva farsi impressionare. Sapeva che era soltanto suggestione, Magdalena conosceva ciò che le aveva raccontato e rimaneggiava di proposito, ma iniziava a essere tutto reale in modo inquietante.
– Suppongo sia… accurato – mormorò con tono asciutto. – Se farò una certa scelta.
Infine spostò gli occhi sul diavolo. – E questa?
Magdalena pareva turbata da quella carta. – La fata che mi diede queste carte non era una fata benevola. Mi disse che fintanto che avessi letto le carte alle persone, il futuro si sarebbe aggiustato, a volte nel male e a volte nel bene, ma sempre nel giusto equilibrio. Ancora adesso non so che cosa volesse dire. Mi disse anche che nel giorno in cui fosse uscita questa carta, la nostra riunione sarebbe stata vicina.
– Mi sono perso, lo ammetto.
Prese il diavolo fra due dita. – Non è mai uscita questa carta. Ho il mazzo da vent’anni e mai, neanche una volta è uscita fuori. Non so che cosa significhi che sia uscita ora, lo ammetto, ma simboleggia un grande male, qualcosa che sta arrivando, qualcosa di terribile.
Kieran alzò un sopracciglio. – Allora si riferirà certamente a Silas, gli mancano solo le corna ed è lui sputato uguale pronto a mandare alle ortiche la mia vita un’altra volta.
E Thomas vorrebbe vietarmi il sarcasmo. Che cosa mi rimarrebbe a quel punto? La malinconia? Il fallimento? Il rimpianto? No grazie.
Magdalena scosse la testa, ma non disse nulla. Divenne pensierosa, gli occhi puntati sul disegno grottesco del diavolo.
Kieran non era molto preoccupato da quelle parole, né dal tono scosso di Magdalena. Non credeva in quel tipo di scaramanzia, ed era vero che viveva in un modo di follia e magia e non avrebbe dovuto essere scettico, ma aveva imparato da tempo che, a prescindere dai segnali, il futuro non avrebbe mai preso una direzione facile da prevedere.
– Dunque, le carte hanno qualche consiglio utile o vogliono solo spaventarmi?
Alzò gli occhi scuri su di lui e prese le carte, riunendo il mazzo. – Le carte non danno consigli, predicono il futuro. E sanno già che scelta prenderai. Come lo sai anche tu d’altronde.
Non avrei dovuto chiedere.
 
 *
 
Silas non era del suo umore migliore, ma se doveva essere sincero con sé stesso, – e lui detestava doverlo essere, – era da qualche tempo che non lo era. Da quando aveva perso lo scontro delle Steppe, sconfitto dai colpi di Kieran. Non aveva davvero considerato di poter perdere, certo, Kieran era forte, una delle persone più forti che avesse conosciuto forse, era potenza fisica, bruta, ma anche riflessi e istinto. Ma lui era pur sempre un Discendente, nelle sue vene scorreva il sangue fatato di una fata Purosangue, aveva studiato e approfondito la magia, aveva ucciso ogni maledetto cacciatore di taglie inviatogli dal Consiglio.
Kieran però era inarrestabile. Silas era un discreto spadaccino, aveva pur sempre ricevuto anche lui l’addestramento e ai tempi dell’Accademia riusciva a contrastarlo con scioltezza. Non a vincerlo sempre, no, ma a non essere sconfitto.
– Cammina più in fretta, scherzo della natura.
Le catene lo strattonarono avanti bruscamente, ma non perse l’equilibrio. Aveva i polsi scorticati, ma il dolore non lo preoccupava. Erano poche ormai le cose che lo preoccupavano.
Le guardie lo stavano trascinando da qualche parte; lo avevano prelevato in gran segreto e bendato.
Quando gli sciolsero la benda, si ritrovò in una sontuosa sala di velluto rosso, arredata con divanetti pacchiani, un narghilè di vetro colorato, dei tendaggi trasparenti e alcuni dipinti raffiguranti festeggiamenti, vino e banchetti. Si accorse anche di un letto a baldacchino e iniziò suo malgrado a intuire qualcosa.
Karrol era stravaccato su uno dei divanetti con una ragazzetta giovane fra le braccia, avevano due bicchieri di vino ed erano entrambi nudi.
Il Consigliere non era l’uomo più attraente del mondo, certo, aveva visto di peggio, ma rimase infastidito dall’occhiata languida che gli riservò.
– Ed eccolo qui, la Falena. Ti aspettavo.
Silas incurvò le labbra in un sorriso mellifluo. – Aspettavate me? Oh non dovevate.
Si alzò e gli venne incontro, non prima di aver indossato una vestaglia di velluto blu. Aveva diverse rughe e i capelli spettinati, il fisico un tempo doveva essere stato aitante, ma ora era piuttosto molle.
Gli afferrò il viso con violenza, tirandolo avanti. Aveva un’espressione famelica.
– Ricordi quando ti ho promesso che te la avrei fatta pagare per come mi hai ridicolizzato a Verlain?
Avrebbe voluto avere la memoria corta, ma ricordava bene la cocente sconfitta inflitta al Consigliere. Non era sorpreso, aveva dichiarato guerra al Consiglio, aveva rubato e ucciso tutti quelli che si erano messi in mezzo, sapeva che lo avrebbero fatto a pezzi se avessero messo le mani su di lui.
D’altronde lo avevano già fatto.
– Le mie più sentite scuse consigliere, non ricordo molto i perdenti.
Un pugno in pancia lo fece piegare in due e tossire, non era molto forte, ma lui era debilitato e aveva ancora una costola incrinata.
– Così arrogante. Anche quella volta, infatti non m’importa di ucciderti o torturarti, l’unica cosa che voglio è insegnarti un po’ di umiltà.
Gli strattonò la maglia nel tentativo di denudarlo. – Prima potreste almeno corteggiarmi, Consigliere.
Cercò di trascinarlo verso il letto, ma Silas era irremovibile. Era un soldato e si era addestrato, un vecchio qualunque non poteva certo prenderlo e trascinarlo come una bambola. Rimase fermo agli spintoni irrigidendo i muscoli, era anche piuttosto alto e si divertì a vedere i tentativi goffi del Consigliere. La sua altezza era una delle poche cose che poteva vantare contro Kieran, non era muscoloso quanto lui, anzi, ma almeno era più alto.
– Aiutatemi idioti.
Le guardie lo trascinarono di peso e stavolta resistere fu inutile. Per sua fortuna aveva un’ottima resistenza al ferro, ma gliene avevano fatto ingerire troppo ed era piuttosto esausto. Fu lanciato sul letto di schiena e si ritrovò schiacciato sotto quel porco.
Il Consigliere gattonò sopra di lui. – Prima che ti uccidano, sarebbe un peccato non usare un po’ questo corpo. So che a voi Discendenti piace.
Silas gli mostrò il suo disgusto in un’occhiata, ma non tentò altre mosse. Se voleva fare i suoi comodi col suo corpo, era il benvenuto. Non gli importava d’altronde, era già preparato all’idea.
– Che fortuna che vi si rizzi ancora, Consigliere, altrimenti avrei potuto aiutarvi con un pizzico di magia…
Un altro colpo, stavolta in faccia. Aveva poche certezze nella vita, e una di quelle è che sarebbe morto dopo una battuta sarcastica, tutto il resto non gli importava.
Karrol si aprì la vestaglia e iniziò a smanettare con i pantaloni di Silas, che erano due stracci consunti. Era sporco, i giorni di prigionia non erano stati granché lussuosi.
Aveva il naso spaccato e il sapore del sangue in bocca, non gli sarebbe dispiaciuto svenire, ma era certo che quel maiale lo voleva sveglio per violentarlo.
– Dicevano che eri una puttana nel tuo esercito, Silas.
– E io ho sentito che eravate uno che ci sapeva fare a letto, temo che entrambi rimarremo delusi.
Le mani lo stavano toccando e avrebbe voluto mozzarle; ce la avrebbe fatta se avesse avuto ancora la sua magia. Sentì le dita poggiarsi fra le sue gambe e represse un conato.
– Signore…
Karrol si voltò seccato verso le guardie. – Potete andare.
– Il Campione sta chiedendo del prigioniero, dicono che è molto insistente e non vuole andarsene.
Silas voltò appena lo sguardo.
Karrol grugnì. – Ditegli che sta venendo interrogato.
– Quindi è questo il genere di giochi che vi piace, Consigliere? Devo fingere di provare dolore e implorarvi di smetterla? – domandò divertito. – Ci sto.
Si ritrovò le labbra di quell’uomo premute sul collo, i denti che gli azzannavano la carne tenera per lasciare un segno.
Doveva solo sperare che finisse in fretta.
– Signore, sta davvero insistendo. Potrebbe diventare rischioso…
Karrol lanciò una bestemmia colorita. – Riportatelo nelle celle per ora, poi riportatelo subito qui.
Lo tirarono su per un braccio, ma il Consigliere lo afferrò per i capelli. – Dì una parola e ti faccio tagliare il cazzo, mi hai capito?
Quella minaccia ebbe effetto. Ci teneva ai suoi gioielli. – Ma certo, non vedo l’ora di tornare fra le vostre braccia – rispose alzando gli occhi al cielo.
Non era così falso. Avrebbe preferito qualsiasi cosa a incontrare Kieran. Non mi lascerà mai in pace quell’idiota.
 

Quando lo riportarono in cella trovò l’idiota ad aspettarlo. Era poggiato con le spalle contro il muro scuro della prigione, le braccia conserte e l’elsa della spada che sbucava fra le scapole.
Si confondeva nel buio con gli abiti scuri e i capelli rossi rasati ai lati. Kieran era troppo sgraziato per ricordare la leggiadria delle statue di eroi mitici, ma non aveva nulla da invidiare ai loro muscoli. Bastava guardarlo per avvertire un senso di potenza, bruta e grezza a primo acchito, tesa sotto la pelle dei muscoli. Silas sapeva che era invece uno spadaccino piuttosto agile.
– Dov’era – esordì con un tono talmente autoritario da far dimenticare le due guardie di un possibile punto interrogativo finale. Era un ordine, non una domanda.
– A un interrogatorio.
– Con chi? – chiese sospettoso.
Una delle guardie sembrava meno imbecille del suo compagno e mantenne il controllo. – Con il comandante Aiden.
Non sembrava convinto, ma non fece ulteriori domande. Spostò infine gli occhi sul prigioniero e Silas fu costretto a sostenere lo sguardo e a sorridergli con una finta affabilità. Guardare quegli occhi chiari gli ricordava il momento cocente della sconfitta, quando aveva perso i sensi. Com’era prevedibile Kieran lo aveva risparmiato e catturato.
Lui non gli avrebbe riservato questa premura.
La sua altezzosità morale era ciò che lo avrebbe portato alla tomba e Silas non vedeva l’ora di spedircelo.
Lo chiusero di nuovo in cella con una spinta.
– Lasciateci soli.
– Ma…
– È un ordine.
Le due guardie si osservarono e poi si dileguarono con un certo malcontento. Almeno il Consigliere li aveva corrotti.
Kieran guardò Silas da dietro le sbarre. Quella sua aria autoritaria era così bizzarra, ma era anche vero che erano anni ormai che non incontrava Kieran al di fuori dei campi di battaglia. Quando andavano all’Accademia insieme, il Campione non era ancora un Campione, tutt’altro, aveva una certa timidezza, se ne stava per conto suo, sorrideva come un idiota quando qualcuno era gentile nei suoi confronti. Erano compagni di stanza a quei tempi, ma sembrava la vita di qualcun altro.
Era cresciuto e in lui era più forte il senso di autorità e controllo, sebbene sempre smorzato da quell’aria pensierosa e fuori luogo che non lo abbandonava mai.
– Non sapevo stessi subendo degli interrogatori. Cosa ti hanno chiesto? – domandò diffidente.
– Se l’arrosto va cucinato con le patate o con le carote. Non avevo una vera risposta.
Kieran ignorò la sua risposta e i suoi occhi si poggiarono con lentezza sul naso spaccato e sul segno di morso che aveva sul collo.
Sembrò perdere la sua sicurezza. Si passò una mano sulla nuca e aggrottò le sopracciglia. Forse in quel suo cervellino aveva intuito qualcosa, perché sembrò disgustato.
Silas si poggiò una mano sul morso e gli sorrise in modo beffardo. – Mi hanno fatto domande interessanti. Sei per caso qui per lo stesso motivo?
L’insinuazione lo fece talmente indignare che s’impettì tutto quanto. – Sono state le guardie? Non accetto questo comportamento all’interno della guardia cittadina.
– Sei in ritardo di qualche anno sia per proteggere la mia virtù, sia per non accettare questo comportamento fra le guardie. Ma non mi sorprende, sei sempre stato poco sveglio.
– Eppure non sono io a stare dall’altra parte di queste sbarre.
Touché.
Non era mai stato un gran perdente. Avrebbe restituito il favore con tanto d’interessi. Sperava di non morire prima, ma le sue chances si presentavano piuttosto basse.
– Se non sei qui per sfogare i tuoi rancori personali, allora cosa vuoi? Fare conversazione? Bearti della tua ridicola vittoria? Ripensandoci, non m’interessa, ma mi farebbe piacere che te ne tornassi da dove sei venuto, Reed.
Kieran appariva inquieto. Il suo corpo aveva quest’energia nervosa e le mani guantate non stavano ferme. Il suo viso era sempre piuttosto calmo e affabile, ma le sopracciglia aggrottate tradivano una certa preoccupazione.
Ciò che lo lasciava sempre sorpreso era il suo essere diventato un uomo in tutto e per tutto. Era un ragionamento sciocco, lo sapeva, ma la persona che aveva davanti era così diversa dal ragazzino dell’Accademia. A sedici anni era molto più anonimo, ormai invece aveva una presenza opprimente, uno sguardo diverso, era alto e non mancava di un fisico da barbaro del nord dei racconti, anche se i capelli rossicci e le lentiggini smorzavano un po’ l’aria da duro, ma non la cicatrice che gli attraversava il labbro al lato o quella sul sopracciglio. Cicatrici che forse gli aveva inflitto lui stesso in uno dei tanti scontri.
Kieran guardò di nuovo il segno sul suo collo.
– Chi è stato? Loro…
– Non hanno fatto in tempo, rilassati, sei più pudico di una ragazzina, ora rispondi alla mia domanda.
Non sembrava convinto, ma qualcosa lo stava corrodendo, aveva persino sorvolato sull’insulto.
– Volevo parlare di ciò che è accaduto al processo, del vincolo, di tutta quella, uhm, simpatica faccenda. Ti avranno detto che la commissione ha votato contro la tua condanna a morte.
Glielo avevano detto con un calcio nello sterno, prima di sputargli addosso e ricordargli che lo avrebbero comunque ucciso nel sonno, dopo averlo stuprato magari. Le guardie di Railia avevano uno charm incredibile, doveva ammetterlo.
– Per ora, a quanto pare tengono più al loro cagnolino fedele che al volermi uccidere. Immagino ti lusinghi.
Kieran non raccolse la provocazione, forse non la aveva neanche sentita, era agitato. – Da come hai reagito so che sei… infastidito quanto me.
Silas si sdraiò sulla brandina con le mani dietro la testa. – Lo ero. Ma improvvisamente l’idea del suicidio è diventata ancora più allettante.
Stavolta Kieran sorrise. – Sei l’ultima persona al mondo che lo farebbe, non hai abbastanza spina dorsale. Non sei andato fino in fondo.
Gli piaceva quando diventava aggressivo, era difficile farlo irritare in fretta, ma quando ci riusciva, Silas provava una soddisfazione indescrivibile. – Non serve per forza spina dorsale, serve non avere più nulla da perdere e io sono proprio lì lì. Oltre il fatto che sarei andato eccome fino in fondo.
– Allora perché non lo hai ancora fatto.
Non rispose subito. Poi si tirò a sedere. – Così sarebbe troppo facile, preferisco aspettare, aspettare che tu ti costruisca una vita, che smetta di preoccuparti di questa faccenda, per poi toglierti tutto nel momento in cui avrai più da perdere. Mi piace l’idea di farti vivere nell’angoscia che ogni momento potrebbe essere l’ultimo.
– Mi dispiace deluderti, ma non hai tutto questo potere su di me e io vivo già come se ogni momento possa essere l’ultimo. A dire il vero rischio molto più di te, sono sempre in missione e vengo ferito spesso. A preoccuparti dovresti essere tu.
– Mi ucciderà prima la noia, tranquillizzati. Soprattutto la noia di dover aver a che fare con la tua inesistente personalità anche in cella. È un modo originale in ogni caso per dire che non hai una vita.
Si offese. – Io ho una vita. Entusiasmante per di più. Molto più entusiasmante di quella di chi sta dietro le sbarre, Vauk.
– Mmh, cos’hai fatto ieri allora?
Lo aveva preso alla sprovvista. Biascicò qualche scusa sull’essere andato a teatro e iniziò a inciampare nella risposta. Silas alzò gli occhi al cielo.
– Risparmiami. Cos’altro vuoi?
Si voltò e andò a sporgersi dal corridoio. Poi tornò di fronte la cella con gli occhi febbricitanti.
– Liberarmi di questo vincolo a qualsiasi costo.
– Faresti un favore anche a me, ma se credi sul serio che lo abbia lanciato io, beh oltre che un arrogante sei anche un povero idiota. Aspetta, in effetti lo sei già quindi non mi sorprenderebbe.
Scosse la testa, seccato dal tono. – Chiudi quella bocca un attimo e lasciami parlare.
– Questa è la vera tortura della prigione immagino, è questo il vero interrogatorio, vogliono vedere quanto resisto prima di impiccarmi mentre tu mi parli con quel tuo tono sonnolento.
– So che per tutta la tua inutile vita hai sempre e solo mentito. Dubito che negli anni dell’Accademia tu sia mai stato sincero. Ma ora voglio soltanto sapere una cosa: vuoi togliere o no questo vincolo?
Lo studiò per qualche secondo, le spalle rigide, gli occhi concentrati. – Naturalmente, lo toglierei anche ora se potessi. Non augurerei a nessuno di essere vincolato a te – e le ultime parole arrivarono dense di veleno.
– Bene. Ho trovato dopo settimane di ricerche un esperto di sigilli, ma abita oltre il confine, all’inizio delle Terre Spezzate.
Si passò una mano fra i capelli neri e sporchi. – E?
– E non posso andarci. A causa tua.
– A causa del vincolo vorrai dire. Mandaci uno dei tuoi galoppini, come quella noiosa ragazza, Dina.
– Dalia e no, non sono i miei galoppini e nessuno può andarci al mio posto. Un vincolo deve essere studiato dal vivo, inoltre lo studioso sembra vivere isolato da tutti in una delle Terre Spezzate, non è possibile contattarlo né mandare lettere.
Qualcosa proprio non tornava, Silas si accorse di alcune piccole omissioni, le registrò nella sua mente e passò oltre. – Dove vuoi andare a parare allora.
– Dobbiamo andarci insieme.
Sbatté le palpebre. – Ti permettono di spostarmi?
Sembrava d’un tratto molto stanco. – No. Ma poco importa, andremo comunque.
La rivelazione stavolta lo lasciò frastornato e sorpreso. Forse aveva capito male o forse Kieran era ubriaco o drogato. – Temo di essere talmente abituato a ignorare ciò che dici da non aver capito.
– Ho intenzione di raggiungere l’esperto di sigilli, con o senza il benestare del Consiglio. E tu verrai con me.
Lo guardò nel tentativo di capire se fosse uno scherzo. Era strano, ma conosceva piuttosto bene le espressioni di Kieran, quelle negative almeno. Si erano affrontati talmente tante volte, picchiandosi, insultandosi e ferendosi, che ormai era abituato a distinguere fra una sua provocazione e la verità. E Kieran era una persona piuttosto diretta e onesta, preferiva omettere che mentire, anche se tempo addietro si era definito un grande bugiardo, ma aveva sedici anni ed era il classico atteggiamento di chi deve sentirsi in colpa per tutto. Non vedeva da molto le sue espressioni felici, anzi, faticava ormai a ricordarlo rilassato, aveva quel portamento nervoso e ritto tipico dei militari rigidi e inflessibili.
– Tu… sei serio – commentò e non poté nascondere lo shock nella sua voce. – Vuoi farmi evadere.
Dovette ripeterlo nella propria testa perché sembrava impossibile.
Kieran socchiuse gli occhi. – Non è come credi. E in ogni caso non ho scelta.
– Con il fatto che la mia vita è sfortunatamente legata alla tua, sono costretto a farti presente che un tradimento di questo tipo ti porterà dritto al patibolo.
Aveva gli occhi circondati da occhiaie e il suo viso lasciò trapelare tutta la stanchezza che gli pesava addosso. – A questo penserò io, non deve interessarti.
– Fatico a credere che l’irreprensibile Campione voglia tradire la sua gente. Mi sembra di ricordare che mi hai chiamato spregevole diverse volte per aver fatto la stessa scelta, Reed.
L’occhiata che gli riservò era talmente ostile che per un attimo provò un brivido. – Non paragonarmi a te e non parlare come se mi conoscessi. Finché hai i sigilli la tua magia è sopita, nessuno può toglierteli se non chi te li ha applicati, grazie al vincolo sento sempre dove sei e senza la tua magia, mi dispiace dirtelo, ma non hai possibilità contro di me. Ti porterò dall’esperto di sigilli in segreto e porrò fine a quest’incubo, al che tornerai qui in cella.
Silas si abbandonò a una risata di gusto. – Vedo che hai pensato a tutto Reed! E io cosa ci guadagno?
– La libertà dal vincolo?
– Puoi per cinque secondi smettere di essere così stupido? Credi sul serio che ti seguirò in questo viaggio comportandomi da bravo bambino per poi tornarmene a marcire in cella ed essere giustiziato e smembrato il giorno dopo?
Si alterò. – Questo è il posto che ti meriti ed è qui che tornerai.
– Ci sono comunque dei compromessi.
Ah vide subito il volto di Kieran contrarsi; odiava quella parola. – Di che tipo?
– Del tipo che non voglio finire sulla forca.
Sospirò. – Sono passato a parlarti prima del processo e hai detto, testuali parole: stanne fuori, non m’importa di cosa mi accadrà.
Silas si sentì punto sul vivo. – Beh si sono presentate nuove… prospettive.
Kieran si stropicciò gli occhi. – Ciò che posso offrirti, se tutto andrà bene e non verremo scoperti, è la mia intercessione. Forse mi offriranno un posto fra i Generali di Ferro, questo aumenterebbe la mia possibilità di intercedere.
Il suo tono era dubbioso, non doveva essere entusiasta della prospettiva di entrare fra le più alte sfere dei guerrieri di Ferro, significava entrare in politica. Non era difficile da intuire, Kieran era un guerriero, non un politico.
Un Generale.
Era ridicolo, non credeva neanche che fosse permesso prima dei trent’anni, la sua sconfitta gli aveva davvero giovato alla carriera. Sarebbe diventato anche lui come quella feccia? Forse già lo era, aveva detto una frase sensata: lui non lo conosceva davvero. Non più almeno.
– E dovrei semplicemente fidarmi che intercederai per evitarmi la condanna a morte?
– Al tuo contrario io non parlo solo per dare aria alla bocca. Per me la parola data ha un valore e tu lo sai.
Di nuovo quell’altezzosità morale. Non poteva però dargli torto, Kieran non si sarebbe rimangiato la promessa, non era nella sua natura. E inoltre per raggiungere il confine con le Terre Spezzate avrebbero impiegato almeno tre settimane senza imprevisti, un tempo sufficiente a sbarazzarsi del Campione e scappare. Poteva cercare di contattare il Gufo o Cavana. Sempre che non lo volessero morto.
– La tua intercessione non vale niente, chiunque lo capirebbe, io non tornerò in cella, questo è certo, ma sai anche tu che farò di tutto per non tornarci.
Kieran si avvicinò. – Ci tornerai eccome, ma se ci tieni tanto, puoi provare a scappare. Ti ritroverò sempre grazie al vincolo.
Silas lasciò uscire un verso d’irritazione. Malgrado tutto, i fatti restavano invariati: là fuori aveva comunque una possibilità, qui dentro invece… nessuna. Tanto valeva giocarsela.
Si avvicinò alle sbarre e allungò una mano. – Direi che abbiamo un accordo allora – commentò con un sorriso soddisfatto.
Kieran guardò la mano come se potesse azzannarlo e sollevò piano gli occhi su di lui. La strinse senza distogliere lo sguardo.
– Se farai qualcosa di sospetto, agirò. Non posso ucciderti, ma ci sono molte altre cose che posso fare per tenerti buono.
Silas lo tirò avanti con uno strattone e il Campione fu preso alla sprovvista. Era comunque difficile spostarlo vista la sua stazza, ma riuscì nel suo intento e avvicinò le labbra al suo orecchio.
– Vorrei proprio vedere queste altre cose. Ricordati però che lo stesso vale per te, Campione.
Si tirò indietro con uno strattone. Distolse lo sguardo, ma forse Silas colse un lievissimo rossore alle orecchie. Se d'imbarazzo o di rabbia, era difficile a dirsi.
– … sopportare difficoltà – bofonchiò fra sé e sé contrariato. Si sistemò il guanto. – Lo faremo stanotte, non possiamo aspettare. Ti porterò nel mio appartamento, poi contatterò il Ferro. Mi ordineranno di trovarti e vorranno tenere il tutto segreto, sapere di aver perso un prigioniero del tuo calibro metterebbe in ridicolo la Gilda dei gendarmi e gli stessi Consiglieri, né i giornali né gli altri organi governativi sapranno nulla. Mi daranno la missione in segreto e mi chiederanno discrezione. A quel punto prenderemo il treno per il confine. Dovremo imbarcarci, ma a quello penseremo dopo.
Aveva parlato con l’efficienza rigorosa di un comandante. Silas doveva ammettere di essere stupito, ma quel giorno stava succedendo fin troppo spesso. Kieran non era sempre un idiota, per quanto gli pesasse riconoscerlo. Ma la maggior parte del tempo sì.
– Sospetteranno di te.
– È possibile, ma la votazione si è espresse contro la tua condanna, avrebbe avuto senso farlo prima. Il sospetto ricadrà su qualcuno dei votanti, sanno che hai alleati fra la nobiltà.
Si fece una risata. – Oh sì, moltissimi, mi vengono a trovare tutti i giorni – replicò per nulla divertito. – Io penso che tu sia troppo ottimista. Ti terranno qui come assicurazione e ti uccideranno per ammazzare me.
– I guerrieri di Ferro non lo permetterebbero mai, sono potenti e io ho molta più influenza ora, credi che la votazione sia andata a buon fine per pura fortuna? – sbottò.
Silas lo guardò sorpreso, mentre l’altro sembrava volersi rimangiarsi tutto. – A quanti ti sei venduto per non essere ucciso? – gli domandò con un tono ambiguo. – Gli hai promesso tanti favori? Gli hai offerto la tua compagnia per una notte?
– Non deve interessarti. Ho abbastanza potere da occuparmi di questa missione, non metteranno in dubbio la mia lealtà. È probabile che manderanno qualcuno sulle mie tracce per essere sicuri, ma noi agiremo in fretta. Inoltre sono certo che ogni Gilda manderà qualcuno a cercarti per avere il tuo corpo, il Ferro userà il vantaggio del vincolo e incaricherà me.
– Stai dicendo che sarà una caccia all’uomo?
Kieran si stropicciò gli occhi. – Sì, è quello che temo. Io fingerò di essere uno dei cacciatori, per così dire, e partirò prima di tutti gli altri, con te nascosto.
– Stanotte potrebbe essere un problema.
– Ah sì? Hai qualcosa da fare? – domandò ironico.
– Il Consigliere Karrol mi farà prelevare dalla cella appena te ne andrai ed è probabile che dovrò passare la notte con lui.
L’espressione sbigottita lo ripagò parecchio. Non sembrava in grado di reagire, era disgustato e imbarazzato.
– Q– questo è inammissibile. Perché non me lo hai detto subito?
– Perché non ti riguarda?
– Mi riguarda che un Consigliere abusi di un prigioniero. Mi riguarda se le guardie sono corrotte, e mi riguarda che i prigionieri vengano trattati in modo disumano.
Silas sospirò, ributtandosi sulla brandina con un salto. Cigolò rumorosamente. – Ottimo, hai il mio voto alle prossime elezioni per i capi gilda, sono sicuro che cambierai il sistema con la forza delle tue illusioni.
– Ti ha ferito lui? Che cosa ti ha fatto?
Guardò il soffitto di metallo scuro e resistette alla tentazione di spostare gli occhi su di lui. Voleva interrompere quella ridicola conversazione, ma non voleva apparire turbato. – Mi ha infilato la lingua in bocca e mi ha toccato il cazzo, e io che ricordavo che gli aristocratici dovessero corteggiare prima di fottere. Almeno una passeggiata a Joyful Park poteva offrirmela. Però mi aveva incuriosito, magari mi sto perdendo la scopata della vita senza saperlo.
Mettere a disagio Kieran era uno dei principali scopi della sua vita, al quarto posto, sotto la voce ucciderlo, perché era divertente. Non era un tipo troppo pudico, ma era discreto, ricordava di averlo beccato una sola volta nella stalla in dolce compagnia, ancora sentiva la sua voce mortificata mentre cercava di coprire la ragazza; lo aveva preso in giro per giorni, divertendosi a guardare la sua espressione irritata e la pelle bianca arrossire.
Se solo esistesse una magia per sradicare questi ricordi patetici e ingombranti.
Almeno poteva divertirsi a sbattergli in faccia situazioni e frasi che lo disturbassero.
Difatti Kieran non sembrò prenderla bene.
– È successo altre volte? Da altre persone?
La voce era tornata autoritaria e ferma.
– Purtroppo no, mi hanno solo massacrato di botte che è molto meglio di essere scopato – rispose sarcastico.
– Andrò a fare quattro chiacchiere con il Consigliere.
Ed ecco che tornava un idiota.
– Pessima idea. Non me lo inimicherei in un momento del genere, senza contare che sospetterebbe di te dopo. Non avresti dovuto farti notare mentre venivi a parlarmi. Citando Fergus hai le potenzialità, ma non ti applichi.
– Non dire il suo nome.
L’atmosfera era cambiata repentinamente. Kieran non lo guardava. – Non nominarlo.
Aveva commesso molte cosiddette atrocità negli anni, ma l’omicidio del maestro Fergus era il nucleo dell’accanimento di Kieran nei suoi confronti. La Legione aveva diversi capi, ma il “Campione” non aveva braccato gli altri con la stessa ferocia, con la stessa costanza. Lui era sempre stato il suo bersaglio.
– Mi occuperò io di Karrol. Ci rivediamo fra due ore esatte.
Come voleva occuparsene di preciso? Ebbe un’immagine vivida di Kieran sotto quel porco e fu così bizzarro e interessante immaginarlo in una simile situazione.
Gli venne da ridere a quel pensiero tanto era improbabile. Kieran non sapeva neanche che cosa volesse dire vendersi per sopravvivere.
– Sento che ci divertiremo in quest’avventura – commentò argentino mentre l’altro si allontanava.
Almeno io mi divertirò, quando ti farò pentire di avermi risparmiato.
 

Eccomi di nuovo ^^. 
Questo capitolo era immenso e mi scuso, da qui in poi le cose saranno un po’ più dinamiche, promesso.
Sto cercando di dosare le informazioni per non sopraffare, ma mi rendo conto che non è facile, quindi fatemi sapere se le cose sono troppo confuse o se esagero con le informazioni superflue (le informazioni superflue sono tipo il mio pane quotidiano, potrei scrivere 20 pagine di spiegoni superflui :’D).
Silas anche detto la– verità– ti– fa– male– lo– so fa l’ingresso nei punti di vista. Ha il dente un attimino avvelenato, ma Kieran per ora lo tiene a bada. Più o meno.
 
   
 
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