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Autore: Star_Rover    04/06/2021    7 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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21. Indagini
 

Il dottor Hales poggiò la lente di ingrandimento sul tavolo.
«Allora? Lei che ne pensa?» domandò Hart con impazienza.
Egli sistemò la lampada e diede un’altra occhiata ai due fogli per confrontarli. La prima lettera era stata trovata nel rifugio di Drumcondra, la seconda invece era ancora di origine sconosciuta, ma il suo contenuto risultava inequivocabile. Entrambe erano prove dell’esistenza di un legame tra l’IRA e la Germania.
«Be’, signor tenente, da quel che ho avuto modo di analizzare ritengo che la sua ipotesi sia corretta»
L’ufficiale non fu sorpreso: «con quanta certezza potrebbe affermarlo?»
Hales si aggiustò gli occhialetti sul naso: «devo sempre considerare un margine di errore, ma le probabilità che le due lettere siano state scritte da persone diverse sono praticamente nulle»
«Dunque è ormai certo, è il comandante delle squadre di Drumcondra che sta proteggendo la spia tedesca»
«Qualcosa mi dice che lei era già convinto di questo»
Il tenente annuì: «già…ma l’intuito ha bisogno di conferme»
Il crittografo non mise in dubbio la professionalità dell’ufficiale.
«Che cosa pensa di fare adesso?» chiese con curiosità.
«Continuerò a seguire le indagini. Come avevo previsto saranno i militanti dell’IRA a condurmi dall’agente dell’Abwehr»
Il dottor Hales rispose con un cenno di approvazione, poi rivolse lo sguardo alla porta chiusa del suo studio.
«Il suo collega è ancora in ritardo?» domandò, pensando che egli potesse giungere da un momento all’altro.
L’inglese sospirò: «no, questa è una pista che sto seguendo da solo»
Hales esternò la sua perplessità.
«Temo che il G2 potrebbe non gradire la sua intraprendenza»
«Per questo mi sono rivolto a lei in completa riservatezza» spiegò il tenente.
«Per quanto sia disposto ad aiutarla voglio ricordarle che non sono al servizio dell’Intelligence»
«Ne sono consapevole, ma le ricordo che l’Inghilterra è in guerra, credo che lei comprenda bene la gravità della situazione. Spero dunque che possa perdonare i miei metodi poco convenzionali»
Hales prese un profondo respiro: «mi auguro che lei riesca a trovare la sua spia»
«Non ho alcuna intenzione di lasciare l’Irlanda senza quel tedesco» affermò Hart con estrema fermezza.
 
***

Il detective Sullivan parcheggiò l’automobile di servizio a lato della strada, si trovava in un quartiere borghese a Nord della città, uno di quei luoghi da cui provenivano i ragazzini arroganti che al college avrebbe preso volentieri a pugni in faccia. Aveva sempre detestato certi ambienti, forse a volte gli era capitato di invidiare lo stile di vita della classe medio-alta di Dublino, ma preferiva sopportare qualche sacrificio in più piuttosto che entrare in quel mondo di ipocrisia e false apparenze.  
Sullivan si incamminò lungo il marciapiede, ormai conosceva quel percorso a memoria, aveva tenuto d’occhio il suo sospettato abbastanza a lungo, purtroppo senza alcun risultato.
L’interrogatorio con il sottotenente Donnelly non gli aveva fornito alcuna informazione utile. Quel ragazzo poteva essere del tutto innocente oppure estremamente abile a nascondere il suo coinvolgimento. Non aveva ancora trovato alcun collegamento tra l’ufficiale del G2 e l’IRA, il suo comandante gli stava con il fiato sul collo, doveva ottenere qualcosa di concreto al più presto.
Sapeva che in quel momento il principale indiziato non era in casa, dunque quella era una buona occasione per andare a caccia di indizi e interrogare la persona più vicina a lui.
Paul raggiunse la sua meta ed entrò all’interno del palazzo, all’ingresso trovò un portiere dall’aria annoiata, il quale dopo aver compreso che era un piedipiatti lo lasciò passare senza porre ulteriori domande.
Sullivan salì rapidamente le scale fermandosi poi sul pianerottolo. Si sistemò la giacca e si passò una mano tra i capelli biondi per sistemarli. Non si era mai preoccupato troppo del suo aspetto, ma durante i suoi pedinamenti aveva avuto modo di vedere Julia con i suoi occhi, e doveva ammettere che non gli dispiaceva l’idea di esibire il suo fascino davanti a una bella ragazza. Forse in altre circostanze avrebbe potuto tentare di conquistarla, era quel tipo di donna per cui poteva infrangere la regola di non provarci con le fidanzate dei colleghi.
Sullivan sospirò, per esperienza sapeva che le belle donne portavano sempre guai, e per come stavano le cose ne aveva già abbastanza.
Finalmente si decise a bussare, non dovette attendere a lungo, poco dopo la porta si aprì. Davanti a lui comparve una ragazza dal volto angelico e gli occhi dolci. I lunghi capelli castani ricadevano sulle sue spalle. Indossava un vestito azzurro che lasciava le sue gambe scoperte fino alle ginocchia, stretto in vita in modo da delineare i suoi fianchi e le altre curve del suo corpo.
Paul poté affermare che da vicino fosse ancora più bella di quanto ricordasse.
«Lei deve essere la signorina Julia Hannigan»
La giovane confermò.
«Sono il detective Paul Sullivan, Unità Speciale» si presentò formalmente mostrando il distintivo.
Ella parve sorpresa da quella visita inaspettata: «che cosa posso fare per lei?»
«Se non le dispiace vorrei porle qualche domanda a riguardo del sottotenente James Donnelly»
Julia esitò: «per quale motivo sta cercando informazioni su di lui?»
Il detective fu costretto ad edulcorare la sua versione.
«Questioni di sicurezza, in questi tempi la prudenza non è mai troppa»
La ragazza sapeva di non avere scelta, sarebbe stato del tutto inopportuno e sconveniente rifiutarsi di collaborare, inoltre riteneva di non avere nulla da nascondere ed era convinta che la faccenda dovesse essere soltanto un malinteso. Così lasciò entrare il detective e lo invitò ad accomodarsi.
L’uomo si fece strada lungo il corridoio e seguì le indicazioni per raggiungere il piccolo salotto.
«Posso offrirle qualcosa?» chiese la giovane per cortesia.
Il detective valutò la proposta.
«È un po’ presto per il whiskey, direi che un caffè sarebbe l’ideale»
Lei rispose con un lieve cenno e poi scomparve in cucina.
Sullivan approfittò di quella solitudine per guardarsi intorno in cerca di indizi. L’appartamento di Donnelly era semplice e modesto, probabilmente con le sue risorse economiche avrebbe potuto permettersi di più. In generale l’ambiente era piuttosto anonimo, senza la presenza di Julia quella casa sarebbe sembrata decisamente poco ospitale, fredda e vuota. Notò un paio di ritratti di James in divisa, nel primo indossava l’uniforme della Garda e aveva ancora l’aspetto di un ragazzino, il secondo scatto invece era più recente e lo raffigurava come ufficiale del G2. Non trovò nessuna vecchia foto di famiglia, sembrava che per quel giovane non esistesse altro al di fuori della sua carriera militare. Si accorse che non era presente nemmeno un ritratto del padre, il che era piuttosto strano. Una figura così rilevante e significativa avrebbe dovuto avere la sua importanza nella vita del sottotenente.
Sullivan proseguì oltre e sbirciò i titoli dei volumi riposti nella libreria, non c’era neanche uno scritto in gaelico e prevalevano gli autori britannici. Sembrava la biblioteca di uno studente di letteratura, l’elemento più interessante era sicuramente una raffinata copia del Paradiso Perduto di Milton.
Il detective era ancora intento ad osservare gli scaffali quando Julia rientrò nella stanza con una tazza di caffè fumante.
Sullivan la ringraziò con un ampio sorriso, prese posto sul divano e sorseggiò la bevanda calda.
«Davvero ottimo. Non ha niente a che fare con la brodaglia che siamo costretti a ingurgitare in caserma!» esclamò con soddisfazione.
«Lieta che sia di suo gradimento»
Il detective lasciò perdere i convenevoli per cominciare il suo interrogatorio.
«Da quanto tempo conosce il sottotenente Donnelly?»
Julia mostrò un certo nervosismo: «a dire il vero non stiamo insieme da molto, abbiamo iniziato a frequentarci alla fine dell’estate»
«Quindi la vostra relazione è esclusivamente personale e sentimentale»
Lei annuì.
Sullivan si soffermò ad osservare le sue labbra tinte di rosso, lasciò scorrere lentamente lo sguardo lungo il collo sottile e la scollatura non troppo profonda che sembrava essere un invito a stimolare la sua immaginazione, si concesse di fantasticare per pochi istanti, poi tornò con rassegnazione al suo dovere.
«Donnelly le ha mai parlato del suo lavoro?»
«No, ha sempre mantenuto separata la sua professione dalla vita privata»
«E lei non ha mai posto domande?»
«Ho accettato il fatto che James abbia dei segreti, si tratta del suo mestiere»
Sullivan fu sorpreso: «è stata molto comprensiva nei suoi confronti»
«Mi fido di lui, il suo ruolo nel G2 non ha mai interferito con la nostra relazione»
 Il detective constatò di non trovarsi di fronte a una ragazzina sprovveduta.
«Invece quali sono le sue opinioni politiche?» proseguì.
«Non è un argomento di cui tratta spesso, suppongo sempre a causa del suo incarico nei servizi segreti»
«Eppure saprà dirmi qualcosa» insistette.
«Soltanto che spegne la radio ogni volta che trasmettono il programma di Lord Haw-Haw [1]»
Paul appuntò l’informazione sul suo taccuino.
«Interessante…e per quale motivo?»
«Mi sembra ovvio, James non è un estimatore dei nazisti»
Egli assunse un'espressione pensierosa. 
«Be’, in realtà ci sono anche altre ragioni per cui quell’uomo è disprezzato, oltre al fatto di essere un nazista»
Ella non capì: «di che sta parlando?»
«Ai tempi della Guerra d’Indipendenza egli era un informatore al servizio degli inglesi, sono trascorsi vent’anni, ma sono certo che i militanti dell’IRA non abbiano dimenticato il suo tradimento»
«Questo è importante?»
Sullivan scosse le spalle: «forse…»
Seguì un breve momento di silenzio. Paul sollevò la testa dal foglio, Julia cominciava a manifestare apprensione, ma non poteva sapere se ciò fosse dovuto soltanto alla sua presenza. In ogni caso non poté far a meno di notare che l’espressione preoccupata sul suo volto non sminuiva affatto la sua bellezza.
«Mi scusi, non volevo interromperla con le mie considerazioni»
«Non credo di avere altro da dirle a riguardo»
«Anche i particolari come la radio sono importanti. Per esempio, quale giornale legge il suo compagno?»
«L’Evening Herald, come quasi tutti gli abitanti di Dublino»
«Strano, avrei scommesso sull’Irish Times. Considerando la sua condizione sociale sarebbe logico pensare che abbia ideali unionisti»
«Come le ho detto James non ama discutere di politica»
Paul cominciò a trovare irritante quel genere di risposte, d’altra parte poteva comprendere il suo collega, nemmeno lui avrebbe sprecato il tempo a sua disposizione con una donna come Julia parlando di politica.
«Ricorda un episodio particolare in cui è accaduto qualcosa di insolito?»
«Che cosa intende?»
«Non saprei, una visita ad uno strano orario o una telefonata ambigua…»
Ella negò: «non ricordo nulla del genere»
«Per favore, ci pensi attentamente. È importante»
Lei non mostrò alcun tentennamento: «le ripeto che non ho niente da riferirle»
Sullivan fu costretto a desistere.
«Soltanto un’ultima cosa…per caso ha notato qualcosa di strano nel suo comportamento negli ultimi giorni?»
La ragazza scosse la testa: «è molto preoccupato a causa della guerra, come tutti noi»
«Oh, e che cosa pensa Donnelly del conflitto?»
La giovane rispose senza esitazione: «è neutrale come l’Irlanda»
Sullivan non fu sorpreso, apparentemente il suo uomo non condivideva gli ideali nazisti e non sosteneva la propaganda britannica, o era del tutto imparziale o era ben attento a non lasciare dichiarazioni compromettenti.
Il detective si rialzò con rassegnazione, era certo che non sarebbe riuscito ad ottenere nulla di più.
«Spero di non averle arrecato troppo disturbo» disse prima di congedarsi.
Julia lo guardò negli occhi: «non so cosa stia cercando nella vita di James, ma temo che si stia sbagliando»
Paul restò impassibile: «forse ha ragione, ma spero che lei abbia il buonsenso di avvertirmi se dovesse scoprire qualcosa di sospetto»
 
Sullivan uscì nuovamente in strada avvertendo soltanto un’intensa frustrazione. Non aveva scoperto molto, poteva pensare che Julia avesse mentito per proteggere il fidanzato, ma il suo istinto gli suggeriva che ella fosse realmente ignara e innocente. Qualcosa però continuava a non tornare in tutta quella faccenda.
Paul si accese una sigaretta, pensò ancora a quelle labbra rosse leggermente socchiuse, e a quanto avrebbe desiderato serrarle con un bacio.
 
***

L’appartamento era stato completamente messo a soqquadro dagli agenti dell’Unità Speciale. Il pavimento era coperto dagli oggetti che erano stati estratti da mobili e cassetti e poi scaraventati a terra con ben poca cura. C’erano addirittura frammenti di vetro sul tappeto, dei comuni ladri in cerca di tesori nascosti sarebbero stati di certo più discreti.
«Che diamine è successo qua dentro?» domandò Hart con evidente irritazione.
Il sovrintendente Whelan non seppe come giustificarsi: «quando ho ordinato ai miei uomini di perquisire questo posto da cima a fondo non pensavo che l’avrebbero ridotto in questo stato»
«Dannazione! Potrebbero aver accidentalmente contaminato o distrutto delle prove!»
«Posso assicurarle che mi occuperò personalmente di coloro che hanno causato questo disastro»
L’inglese sospirò: «almeno i suoi sottoposti incompetenti hanno trovato qualcosa di utile?»
Il comandante abbassò lo sguardo con aria affranta: «temo di no tenente»
L’ufficiale scosse la testa: «abbiamo già abbastanza problemi, adesso iniziamo anche a sabotare le nostre stesse indagini?»
Whelan non ebbe modo di replicare.
Il tenente si rivolse al suo compagno: «coraggio, vediamo se riusciamo a salvare qualcosa da questo macello!»
Donnelly lo seguì cautamente, facendo attenzione a non calpestare i pezzi di vetro taglienti.
«Non credo che sia rimasto molto da esaminare» commentò il ragazzo.
«Dobbiamo almeno tentare di trovare qualcosa che non sia stato distrutto da quegli inetti»
Il sottotenente sorrise, provò una certa soddisfazione nel vedere il suo superiore che esprimeva disprezzo nei confronti degli agenti dell’Unità Speciale.
«Che stiamo cercando di preciso?» chiese James nella speranza di ricevere qualche indicazione.
L’inglese non fu particolarmente d’aiuto: «qualsiasi cosa che possa assomigliare ad un indizio!»
Donnelly non poté fare altro che eseguire gli ordini e mettersi al lavoro. Ispezionò i mobili per cercare doppi fondi e controllò le assi del pavimento, ma non trovò nessun nascondiglio segreto. Si ritrovò in una camera da letto, miracolosamente i suoi colleghi si erano limitati a spalancare ante e cassetti senza alterare troppo l’ambiente circostante. Il giovane fu sorpreso nel notare certi particolari, nonostante l’intrusione restava evidente che chi avesse soggiornato lì dentro fosse stato attento a rispettare certe regole nell’ordine e nella gestione degli spazi. Tutto ciò sembrava tipico di chi fosse abituato a una rigida precisione militare.
Donnelly uscì dalla stanza e raggiunse il suo superiore nel salotto.
Il tenente Hart si avvicinò alla stufa e aprì lo sportello di metallo, all’interno erano rimasti i resti di un foglio bruciacchiato.
L’ufficiale estrasse i pezzi di carta dalla cenere e li sistemò sul tavolo. Tentò di ricomporre il messaggio originale, purtroppo soltanto una piccola parte si era salvata dalle fiamme e molte parole risultavano comunque illeggibili.
Hart prese tra le dita uno di quei minuscoli frammenti e lo ispezionò con particolare attenzione. 
«Che cos’è?» chiese Donnelly.
L’inglese mostrò un’espressione soddisfatta: «un indirizzo»
 
***

Barry proferì la parola d’ordine alla guardia appostata all’ingresso, l’uomo lo squadrò con aria attenta prima di lasciarlo passare. Egli scese con calma le scale di legno ammuffito giungendo nello scantinato freddo e polveroso che era stato adibito a locale clandestino.
L’agente segreto si guardò intorno con circospezione, il luogo era quasi deserto. Sul fondo della stanza si era radunato un gruppo di ferventi comunisti, parlavano del Congresso Repubblicano e improvvisavano animate arringhe contro il capitalismo.
La spia britannica non ascoltò a lungo quei discorsi, la lotta al comunismo era passata in secondo piano da quando il nuovo nemico era diventato il nazionalsocialismo.
«Buonasera Barry»
L’inglese si voltò verso il cameriere, un giovanotto smilzo dal volto coperto di lentiggini.
«Questa potrebbe essere una buona serata anche per te Timmy»
Il ragazzo intuì il significato delle sue parole: «non ho molto tempo»
«Ho solo voglia di fare due chiacchiere davanti a un boccale di birra»
«Queste chiacchierate sono sempre pericolose» replicò.
«Ma per te sono anche redditizie» precisò la spia.
Timmy si guardò intorno con aria preoccupata: «torno subito con la tua birra»
La spia era certa che egli non avrebbe rifiutato, il ragazzo era abbastanza disperato da accettare senza troppi rimorsi i soldi della Corona. Poiché quel luogo era spesso frequentato dai militanti dell’IRA Timmy aveva modo di scoprire un bel po’ di cose interessanti, per questo era diventato il suo principale informatore sul fronte repubblicano.         
L’inglese non attese a lungo, poco dopo il giovane si presentò al tavolo porgendogli un boccale pieno. Dopo averlo servito si sistemò al lato opposto del tavolo.
Barry bevve un lungo sorso.
«Allora? Hai qualche novità per me?»
«So che l’IRA è responsabile per l’aggressione di quel poliziotto a Rathcoole»
«Ti ho chiesto qualcosa di nuovo, notizie del genere si leggono tutti i giorni sulla prima pagina dell’Independent»
Il giovane sospirò: «che cosa vuoi sapere?»
«Qualcosa a riguardo dei tedeschi»
Timmy deglutì a vuoto ed iniziò a contorcersi sulla sedia.
«Ero certo che sapessi qualcosa» disse Barry.
«Io non…»
Egli lo interruppe: «questa informazione potrebbe valere molto di più rispetto alle altre»
L’altro esitò prima di lasciarsi tentare.
«Quanto?»
Barry propose la cifra, un prezzo irrisorio se confrontato alla salvezza dell’Inghilterra. Per Timmy però quel denaro avrebbe potuto fare la differenza.
«Be’, effettivamente un po’ di tempo fa ho sentito un ufficiale parlare di accordi con la Germania»
«Chi era questo ufficiale?»
Il giovane si rifiutò: «mi dispiace, questo non posso rivelarlo»
La spia conosceva bene quel gioco.
«Qualche banconota in più potrebbe convincerti a dirmi quel nome?»
Quella volta il ragazzo parve davvero spaventato.
«Si tratta di un comandante, se i militanti dovessero scoprire che li ho traditi non esiterebbero a uccidermi!»
Barry restò impassibile: «sono questi i rischi di chi accetta di guadagnare denaro sporco»
Timmy ignorò la critica dell’inglese: «la mia vita non è negoziabile»
«Hai sempre saputo quali sarebbero state le conseguenze della tua scelta»
«Se lo venissero a sapere potrebbero anche fare del male alla mia famiglia»
«Di certo non sarò io a spifferare in giro il tuo segreto»
L’irlandese rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto, sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
«Allora? Vuoi il denaro o no?» lo incitò la spia.
Ancora nessuna risposta.
«È una bella somma, credimi, non avrai più una simile occasione»
Timmy si morse il labbro, la sua lotta interiore proseguì ancora per un po’, ma alla fine cedette.
«Era il capitano Charles Maguire, il comandante delle squadre di Drumcondra» rivelò tutto d’un fiato.
Barry sorrise, finalmente aveva tra le mani qualcosa di importante per il tenente Hart.
«E con chi stava parlando?» continuò.
«Non lo so, probabilmente un suo sottoposto, di certo non era un ufficiale»
L’inglese rispose con una smorfia.
«Hai mai sentito nominare “L’Aquila”?»
Egli negò.
«Se dovessi sentire qualcosa a riguardo di una spia tedesca o di un tenente della Luftwaffe cerca di farmelo sapere»
«Sì, certo»
Barry valutò la qualità delle informazioni: «d’accordo, quel che mi hai detto potrebbe essere sufficiente»
L’agente britannico consegnò le banconote come promesso.
Il giovane le afferrò con avidità e le nascose immediatamente all’interno della giacca.
Barry provò allo stesso tempo pietà e disprezzo, per quanto potesse essere utile approfittare della disperazione altrui a volte non riusciva ad ignorarne lo squallore. Quel momento di umana debolezza durò soltanto pochi istanti, come agente segreto era disposto a tutto per compiere il proprio dovere, se avesse voluto difendere la sua Nazione in modo onesto e leale sarebbe diventato ufficiale di fanteria.
L’inglese si riprese da quei pensieri avvertendo la voce di Timmy.
«Hai bisogno di altro da me?» chiese con impazienza e nervosismo.
Barry osservò il bicchiere ormai vuoto: «sì, gradirei un’altra birra»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
[1] Soprannome con cui era noto William Joyce, politico che durante la guerra fu portavoce della propaganda nazista con la sua trasmissione radiofonica “Germany Calling”.
  
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