12.
Agosto
2015 – Dintorni di Nederland
Arrampicarsi su ripidi pendii
assieme
alla sua Cleopatra non era mai stato un problema, per Emy, e quel
giorno si
sentiva abbastanza in forze anche per trasportare parte delle
attrezzature di
Parker.
La festa per il battesimo di Sophie
era
andata così bene che, per settimane intere, si era parlato
delle novelle coppie
formatesi durante quell’evento, così come dei
flirt già esauritisi in breve
tempo.
Nessuno, però, aveva
parlato di lei e Tony,
poiché avevano fatto in
modo di non essere smascherati, così da mantenere il segreto
sul loro
riavvicinamento ancora per un po’.
Forse era stato per questo, per
questa
frenetica gioia collettiva, o per il divertimento provato nel
comportarsi da
adolescenti alle prese con la prima cotta, che la telefonata di Sherry
non
l’aveva sgomentata più di tanto.
Ray era uscito di galera una
settimana
addietro, e di lui si erano perse le tracce quasi immediatamente.
Alla fine dei conti, Emily non
doveva
temere nulla da lui. Ray non era mai stato un problema, e dubitava
fortemente
che, una volta uscito di galera, lui avesse pensato anche solo
minimamente a
lei.
Rammentava fin troppo bene i suoi
occhi
dolenti e la sua espressione contrita, durante il processo,
perciò era
praticamente certa che Ray fosse svanito dai radar per qualsiasi altro
genere
di motivo, ma non certo per ferire lei.
Inoltre, dopo essere finalmente
riuscita ad ammettere con Anthony quanto ancora l’amasse, si
sentiva più forte
che mai e, anche se sapeva bene di essere solo all’inizio,
era speranzosa di
riuscire nei suoi intenti quanto prima.
I giorni seguenti alla loro
reciproca confessione,
avevano ripreso a vedersi di nascosto, come due ragazzini desiderosi di
non
farsi scoprire dai genitori a rubarsi qualche bacio o carezza.
Le notti erano trascorse
scambiandosi
messaggi, o chiamandosi al cellulare, neanche fossero stati a migliaia
di
miglia l’uno dall’altra mentre, durante il giorno,
avevano fatto finta di nulla
per non attirare l’attenzione della gente.
Tutto questo l’aveva
divertita al pari
di quanto aveva divertito lui, ma questa segretezza aveva fatto nascere
un
effetto collaterale non previsto. Ora, Emily lo bramava ancor
più di prima, e
rispettare la tabella di marcia di Parker stava diventando sempre
più
difficile.
“Il tuo sorrisone
è così luminoso che,
se potessi metterlo in bottiglia, potrei usarlo come lanterna
all’interno della
grotta” chiosò Parker, arrancando lungo il
sentiero con le sue valige
metalliche ricolme di strumenti.
Emy si chiese come facesse a
portarne
così tante. Lei ne aveva solo una, e già si
sentiva a pezzi.
Sicuramente, l’abitudine
era una grande
alleata, ma da sola non poteva certo bastare. Era chiaro quanto Parker,
in
quegli anni, si fosse abituato – e avesse abituato il proprio
corpo – a quel
genere di lavoro. E, almeno a giudicare dalla sua aria tranquilla, non
doveva
pesargli affatto, faticare tanto.
“Non hai idea di quanto
io mi sia
sentita stupida, nel vederti alle spalle di Tony, e mentre mi esponevo
così
tanto” mugugnò lei, pur sorridendo.
“Non devi. Tu lo ami, lui
ti ama. Che
problema c’è? Non ti vergognerai mica ad
ammetterlo?” ironizzò lui, facendo un
gran ghigno.
“Ti stai divertendo da
matti perché non
sei tu l’oggetto del contendere, e perciò non devi
scervellarti per trovare dei
sistemi per apparire sempre al meglio” brontolò
Emily, sbuffando per la fatica
e per l’imbarazzo.
“Cara mia, tu dovresti
essere ricoperta
di mota e vestita di juta, per non apparire al meglio… e poi
avrei qualche
dubbio lo stesso” ammiccò lui, prima di tornare
serio e asserire: “Non devi
fingere, con lui. Anthony sa già chi sei. Devi solo
convincerti che, quando ti
trovi con lui, nulla può succedere. Non
c’è più nessuno che cercherà
di
portarti via.”
“Sei maledettamente
percettivo, sai?”
gorgogliò lei, storcendo il naso.
“Lo so. La mamma me lo
dice sempre, che
dovevo fare lo psicologo” motteggiò lui, dandole
un colpetto con la spalla
prima di fermarsi al limitare di una curva per riprendere fiato.
“Comunque,
come procede il vostro piano di appuntamenti segreti?”
“Ottimamente. Anche se,
prima o poi,
dovrò cominciare a prendere del bromuro”
ironizzò lei, facendolo scoppiare a
ridere di gusto.
Sempre ridendo, Parker riprese il
cammino e svoltò lungo un sentiero, procedendo a passo
tranquillo per alcune
centinaia di iarde prima di avvertire il rumore inconfondibile di una
cascata.
Pur sapendo della sua presenza
– e
piuttosto sicuro della sua imponenza a causa del boato che li
raggiungeva come
un treno in corsa – fu con estrema sorpresa e profonda
meraviglia che osservò l’incanto
che gli si presentò dinanzi agli occhi.
Finalmente libera dallo scudo
naturale
offerto dagli alberi, una stupenda cascata dall’ampia bocca
si esibì in tutto
il suo splendore, investendoli con il suo boato roco e profondo e
miriadi di
goccioline di vapor d’acqua.
Anche a una distanza di quasi cento
metri, complice la brezza che spirava da nord-est, la fresca nebbiolina
causata
dalla caduta di centinaia di litri d’acqua al secondo
colpì entrambi,
inumidendo i loro volti accaldati quanto appagati.
“Niente può
essere così bello… e dire
che ho visto anche le cascate del Niagara, però
queste…” mormorò ammirato
Parker, sgranando maggiormente gli occhi.
“A renderla splendida
è il paesaggio
che la circonda” asserì Emily, poggiando le borse
per armeggiare con la sua
fotocamera. “Quando venni qui la prima volta, il cielo era
plumbeo, eppure era
splendida comunque. Le nubi erano nere, all’orizzonte,
purulente, e l’acqua
della cascata sembrava quasi di ghiaccio. Una di queste volte ti
farò vedere le
foto.”
“Ci conto”
sussurrò lui, carezzando
distrattamente Cleopatra, che stava tentando di leccare tutte le
goccioline
d’acqua cadute sul suo muso.
Dopo aver scattato una ventina di
fotografie, scegliendo diversi filtri e inquadrature per ottenere
quante più
variabili possibili, Emily rimise via la fotocamera e rimase in
silenziosa
contemplazione della cascata.
Quel rombo sordo e primordiale,
ricco
di una forza che poteva quasi percepire attraverso la propria pelle,
non la
spaventava. La natura in sé non l’aveva mai
spaventata.
Anche durante la sua fuga, non
aveva
mai ritenuto il bosco un pericolo vero e proprio, quanto piuttosto una
protezione dai cattivi che avrebbero potuto cercarla. Certo, aveva
dovuto
prestare attenzione ai precipizi che si trovavano nella zona e alle
erte
scoscese ma, a conti fatti, il bosco non l’aveva mai
terrorizzata.
Lei aveva sempre avuto paura delle
persone, da quel giorno in avanti, non dei luoghi. O meglio,
c’era un solo posto
al mondo che ancora la spaventava a morte, ed erano le caverne, ma non
era
obbligata a metterci dentro il naso, no?
Ciò di cui aveva sempre
avuto terrore erano
stati i rapporti profondi, le situazioni in cui il suo cuore era messo
in
discussione, quando non c’erano più filtri tra
lei, la sua mente e colui – o
colei – che aveva dinanzi.
Anche per questo, le sue brevi
avventure universitarie erano state effimere e prive di sbocchi. Non si
era mai
voluta aprire veramente con nessuno, per paura che il terrore la
sommergesse.
Non prima di Anthony, comunque.
Ora, però, era giunto il
momento in cui
la sua mente avrebbe dovuto cedere il passo ai sentimenti,
permettendole di
avvicinarsi veramente – e finalmente – a qualcuno
che lei voleva con tutta se
stessa.
“Proseguiamo?”
domandò Parker prima di
udire il cinguettio del cellulare di Emily.
Sorpresa – era raro che i
cellulari
prendessero, nel bosco, e in zone così impervie –
lei lo estrasse dal marsupio
e accettò la chiamata del fratello, da poco rientrato a
Nederland.
Raggiuntala subito dopo aver
sopportato
una noiosissima riunione del suo studio di avvocati, Jamie si era
dichiarato
più che disposto a diventare un boscaiolo a vita, pur di
evitare nuovi e simili
incontri coi soci. Per questo, non si era neppure dato il tempo di
trovare un
aereo per raggiungere Denver quanto prima.
Era partito con la sua auto non
appena
la riunione si era conclusa e, dopo essersi sobbarcato ore e ore di
viaggio
lungo i vari Stati che li dividevano, era piombato sul suo letto e si
era
addormentato dopo averle detto un frettoloso ‘ciao’.
Non volendo affrontare il relitto
ambulante che, quella mattina, aveva preso le sembianze di suo
fratello, lo
aveva perciò lasciato dormire, in attesa di potergli parlare
a cena, quella
stessa sera.
Fu per questo che, divertita,
domandò:
“Ehi! Che succede? Manchiamo da un paio d’ore e hai
già bisogno della balia?”
“Emy…”
mormorò ansioso Jamie,
mettendola subito in allarme e facendole perdere in un istante il
sorriso con
cui lo aveva salutato. “… dovete tornare
subito.”
“Che succede,
J?” ansimò la giovane,
impallidendo nell’udire il tono angosciato di Jamie.
Perché suo fratello
sembrava così terrorizzato? Cos’era successo?
“Mamma… papà
è…”
Non poteva essere successo qualcosa
a
suo padre! Non poteva lasciarla prima che si fossero chiariti! Non
poteva
essere crudele fino a questo punto!
“No, Emy… loro
non c’entrano. E’
Mickey.”
“Mickey? Ma Mickey
è al campo estivo
della scuola” borbottò Emily, non comprendendo
affatto le parole del fratello.
“Non è mai
rientrato a casa, Emy. E’
sparito. Non lo trovano” continuò a dire Jamie con
tono concitato.
Emily scosse il capo,
guardò
frettolosamente l’orario – sì, erano le
due passate, perciò doveva per
forza essere tornato da scuola – ma,
ancora, rifiutò di accettare ciò che il fratello
le stava dicendo.
“Sarà…
sarà con un suo amico” mormorò allora
la giovane, incredula.
“Hanno già
tentato quella strada.
Sorellona, non siete in tanti, qui. Ci vuole poco a chiamare tutti i
diretti
interessati” cercò di farle capire Jamie, parlando
con voce più dolce e
comprensiva.
La giovane scosse il capo con
maggiore forza,
rifiutando ciò che il fratello le stava dicendo e, dando il
cellulare a Parker,
si prese il viso tra le mani e gorgogliò terrorizzata:
“E’ da un suo amico…
sicuramente… non può… non
deve…”
Parker le strinse una mano sulla
spalla
per trattenerla dal fuggire mentre, quella che teneva il cellulare,
schizzò
verso l’orecchio per accostare lo smartphone
e dire: “Spiegami che succede, Jamie.”
“Si teme che possano aver
rapito
Mickey.”
Parker non riuscì a dire
nulla. Attirò
a sé una sempre più sconvolta Emily, ormai ai
limiti del pianto e la abbracciò
stretta, mormorando: “Emy, respira…
respira…”
“Non può
succedere ancora… non può
succedere ancora…” ripeté lei come un
mantra, tremando tra le braccia di
Parker, ora completamente inerme e senza forze.
Cleopatra uggiolò
accanto a loro, evidentemente
preoccupata per la padrona. Con il suo possente corpo le si
strusciò contro per
darle tutto il suo conforto ed Emily, crollando in ginocchio e
scivolando via
dalla presa di Parker, si strinse alla sua cagnolona e pianse.
Non potendo fare altro, Parker
risollevò il cellulare e disse rapido: “Torniamo
immediatamente.”
“D’accordo”
mormorò roco Jamie.
Ciò detto, Parker chiuse
la comunicazione,
infilò il cellulare di Emily nella tasca posteriore dei
pantaloni dopodiché,
sfiorando il capo della giovane, mormorò:
“Rientriamo, dai.”
Lei annuì contro il pelo
folto di
Cleopatra, che le stava leccando una spalla a mo’ di
consolazione e, nel rialzarsi,
si terse il volto dalle lacrime e sussurrò priva di energia:
“Perché, Parker?”
“Davvero non ne ho idea.
Ma se la
stampa lo scopre, ci sguazzeranno, sapendo che tu abiti a Nederland.
Faranno
paragoni di mille tipi e, quasi sicuramente, verranno a bussare alla
tua porta
per chiederti come stai. Ergo, cosa intendi fare?” la mise in
guardia Parker,
ombroso in viso.
Lei reclinò il capo,
ammettendo tra sé
che Parker aveva perfettamente ragione. Se la mancanza di Mickey fosse
perdurata, lo sceriffo avrebbe dovuto far intervenire l’FBI
e, dove arrivavano
loro, la stampa giungeva poco tempo dopo. Da lì a scoprire
la sua presenza a
Nederland – non era una reclusa, perciò bastava
cercarla su internet, per
sapere dove abitasse – sarebbe occorso poco, soprattutto
perché il suo libro
era appena uscito e stava vendendo bene, nel settore.
Era davvero sicura di reggere la
presenza infestante e continua dei giornalisti? Di voler rivangare quel
passato
così lugubre e ancora non del tutto risolto, per lei? Era abbastanza forte da non
impazzire?
L’alternativa
più semplice sarebbe
stata scappare ancora, allontanarsi da Nederland e rendersi
irreperibile a
tutto e a tutti, ma sarebbe poi servito?
Come si sarebbe sentita,
lasciandosi
alle spalle gli amici? Avrebbe sopportato l’idea di sapere
Samuel e Consuelo in
ansia per il primogenito?
Preso perciò un gran
respiro, Emily cancellò
con una mano le ultime tracce di pianto e incrociò lo
sguardo verde foglia di
Parker come per darsi forza. A mezza voce, quindi, disse:
“Consuelo e Sam sono
da soli, adesso, e io sono anzitutto una loro amica. Non voglio
lasciarli.”
“Allora, ti
terrò alla larga gli
scocciatori. Tuo zio dovrà aspettare i miei risultati,
temo” le promise lui,
dandole una pacca sulla spalla.
Lei sorrise appena, ma una lacrima
ribelle le sfuggì dagli occhi di colomba, insieme a una
domanda sgorgata dalle
labbra socchiuse.
“Perché?”
“L’unico modo
per scoprirlo, è tornare
a Nederland. E siamo già in ritardo sulla tabella di
marcia” le disse lui,
afferrando la propria attrezzatura per tornare verso valle.
La giovane assentì e, al
pari di
Cleopatra, si incamminò lungo il sentiero tenendo
l’andatura più veloce
possibile.
Non riusciva a capire
perché stesse
succedendo di nuovo. Perché doveva rivivere
quell’inferno? E perché i suoi
amici dovevano viverlo a loro volta?
***
Non appena Emily e Parker fecero
ritorno a Nederland, ciò che trovarono confermò
loro la gravità della
situazione. Le persone erano sparpagliate per la strada, apparentemente
nel
panico, e cercavano Mickey in ogni cantone, dietro ogni angolo, come se
fino a
quel momento il bambino avesse soltanto giocato a nascondino.
Lo sceriffo sembrava propenso a
lasciarli fare, forse sapendo bene che, se si fosse opposto a quegli
inutili
tentativi di ricerca, si sarebbe ritrovato addosso le ire
dell’intero paese.
Era giusto che provassero, se il
loro
cuore diceva questo, perché null’altro li avrebbe
pacificati.
Non era il momento di essere
fiscali.
Lasciandosi perciò alle
spalle quello
sciamare convulso di persone, i due risalirono lungo la via sterrata
per
raggiungere le loro case. Separatisi giusto il tempo di parcheggiare i
rispettivi
pick-up, Emily scese con Cleo dal proprio, trafelata e ricolma
d’ansia.
Mentre attendeva di veder giungere
Parker dal suo appartamento, inquadrò dopo alcuni istanti
Consuelo sulla soglia
di casa, in compagnia di Anthony, in lacrime e sconvolta.
Consuelo teneva Sophie tra le
braccia,
ma i suoi occhi non la vedevano, erano persi in un vuoto di
disperazione e
paura.
Anthony, accanto a lei, sembrava
impotente di fronte a tanto dolore e, quando vide Emily correre loro
incontro,
la abbracciò stretta per un attimo, mormorando:
“Stai bene?”
Lei annuì frettolosa, si
scostò da lui
e si avvicinò a Consuelo che, nell’udire la voce
di Emily, si ridestò come di
colpo e mormorò: “Emy… sei
qui…”
“Sono arrivata appena ho
saputo. Come è
successo?” domandò la giovane, stringendo in un
dolce abbraccio Consuelo prima
di guardare dolcemente Sophie.
La bimba sembrava ignara del panico
che
la circondava, e continuava a dormire placidamente tra le braccia della
madre.
“Non… non lo
sa nessuno. La maestra
dice che è uscito da scuola con gli altri, come al solito.
In paese lo hanno
visto passare un attimo da Gilda, per un saluto, e anche questo
è normale. Poi
ha preso la via per tornare a casa, e da
lì…”
Il pianto la colse nuovamente e,
piegandosi su se stessa, Consuelo si portò al volto la
piccola Sophie per
baciarne le guance rosee.
Emily le passò un
braccio attorno alle
spalle, non sapendo cosa dirle per incoraggiarla.
Quando i ragazzi uscivano da
scuola,
molti di coloro che vivevano lungo Ponderosa Drive erano al lavoro,
perciò era
difficile – per non dire impossibile – che qualcuno
potesse aver visto
qualcosa.
Le sole zone veramente trafficate
di
Nederland erano il centro del paese e la locanda di Gilda, e
cioè gli unici
luoghi dove avevano effettivamente visto Mickey.
Lungo Big Springs Drive e Ponderosa
Drive era rarissimo trovare qualcuno, e le case erano rade e ben
distanziate
tra loro, oltre che intervallate da tratti di boscaglia e diversi
sentieri.
Mickey avrebbe potuto scomparire in
un
punto qualsiasi tra le due strade, che percorreva regolarmente a piedi
per
tornare a casa, e nessuno se ne sarebbe accorto.
Per i bambini del luogo era normale
rientrare da soli, spesso a piedi o in bicicletta; tutti si conoscevano
e le
vie erano tranquille, perciò non si correva nessun rischio.
Fino a quel giorno, per lo meno.
“Mickey è
forte. Niente può abbatterlo.
Vedrai che lo troveranno in men che non si dica”
mormorò Emily, lanciando però
uno sguardo preoccupato ad Anthony, non sapendo cos’altro
dire. Voleva
consolare l’amica, ma sapeva in prima persona come le cose
potessero andare
storte, e farsi maledettamente lunghe e interminabili.
Nel veder tornare Sam e Jamie con
l’auto di quest’ultimo, Anthony sospirò
e disse: “Chissà che lo sceriffo non
abbia dato loro buone notizie.”
Quando, però, li videro
scendere dalla
Mustang, scuri in volto e per nulla desiderosi di parlare, Emily seppe
la
verità. Non solo non lo avevano trovato, ma non erano in
grado di dire dove
potesse essere.
“E’ successo di
nuovo” mormorò Emily,
gli occhi sgranati per l’orrore.
***
Seduta sul divano con una tazza di
tè
bollente tra le mani, Emily non stava ascoltando ciò che i
tre uomini in casa
con lei stavano dicendosi con tono concitato e stanco.
Tutto le sembrava lontano,
inconsistente, come se le uniche cose reali attorno a sé
fossero quelle che
poteva toccare con mano.
La ruvidezza del tessuto a coste
del
divano color ghiaccio, il muso di Cleopatra poggiato sulle sue
ginocchia, la
tazza di ceramica laccata che le scaldava le dita, la morbidezza del
tappeto in
ciniglia sotto i suoi piedi nudi.
Tutto il resto era sfocato,
impalpabile
come nebbia.
La sua mente tentava in ogni
istante di
tenere segregate le sensazioni spiacevoli legate al suo rapimento, ma
era
difficile non pensarci quando collegava se stessa a Mickey.
Forse, era in una grotta anche lui,
chiuso tra quattro anguste mura. Oppure era legato in un bagagliaio,
diretto in
Messico o chissà dove, venduto per il mercato del sesso, o
per i suoi organi.
O ancora, poteva essere stato preso
per
essere consegnato a un’altra famiglia, perché
diventasse il figlio di qualcun
altro. Il Mickey di qualcun altro.
Le possibilità erano
migliaia, e una
peggiore dell’altra, ma Emily stava cercando con tutta se
stessa di non
lasciare che le sue esperienze si fondessero con la realtà
attuale. Se fosse
successo, sarebbe impazzita e niente avrebbe più avuto senso.
Dondolando leggermente quando un
peso
affossò il cuscino del divano al suo fianco, Emily volse un
poco il capo per
capire cosa stesse succedendo e, nel vedere il viso preoccupato di
Anthony
puntato verso di lei, mormorò: “Ci sono.
Davvero.”
Lui accennò un sorriso,
ma fu più un
riflesso meccanico che altro. Gli occhi azzurri rimasero spenti,
offuscati
dall’ansia, pur se Emily non seppe dire se, quella
preoccupazione profonda,
fosse legata a Mickey, a lei, o a entrambi.
“Jamie e Parker
rimarranno qui con te,
stanotte, mentre io andrò di là ad aiutare Sam e
Consuelo” le spiegò lui,
stringendole delicatamente una mano.
“Non hanno rapito me,
Tony. Non ho
bisogno di un commando a mia protezione”
sottolineò la donna, sollevando appena
un sopracciglio per evidenziare il suo scetticismo.
“E’ un comitato
di supporto, tutto qui”
scrollò le spalle Anthony. “E mi sentirei
più tranquillo, se non ti sapessi da
sola.”
Emily a quel punto sorrise, sorrise
davvero, e si allungò per
dargli un
bacio leggero sulle labbra, mormorando: “Sei davvero un bravo
cavaliere.”
“Ci si prova”
ironizzò lui prima di
volgersi a mezzo e scoppiare a ridere.
Emily ne seguì lo
sguardo e,
spalancando gli occhi per la sorpresa, gracchiò:
“Ma che fate?”
Jamie e Parker se ne stavano nel
mezzo
del salotto con le mani ben premute sugli occhi, neanche fossero stati
due
bambini di fronte a una scena scandalosa.
“Non vogliamo diventare
ciechi” chiosò
Jamie, scostando due dita per permettere a un occhio di scrutare la
sorella.
“Ma quanto siete
idioti” brontolò lei,
scuotendo il capo e sollevandosi dal divano per portare la tazza in
cucina.
Parker e Jamie si sorrisero
complici e,
nel vedere la donna allontanarsi, quest’ultimo
domandò: “Sei sicuro di non
voler rimanere tu, Tony? Posso andare io, di là.”
Anthony scrutò in
direzione della
cucina ma scosse il capo e replicò: “So di non
essere così eroico come
dovrei essere in questo momento, Jamie. E’ meglio
mettere qualche muro tra me e lei, per adesso. Il desiderio di
consolarla
sarebbe troppo… insopportabile,
e non
voglio rovinare ciò che ci stiamo faticosamente riprendendo
poco alla volta.”
“Posso capirlo. Fa male
vederla così
spaesata e, la cosa più semplice sarebbe farla pensare ad
altro” ammise Jamie,
scrollando le spalle. “Ti chiameremo se avremo bisogno,
allora. Tu fa lo
stesso, però.”
“D’accordo”
chiosò lui, dando una pacca
sulla spalla a entrambi gli uomini prima di uscire di casa.
“Dovrebbero dargli
davvero una
medaglia” gracchiò Parker.
Jamie non poté che dirsi
d’accordo.
***
La sala principale del Nederland
Community Center era gremita di persone.
Le luci erano state accese per
permettere a tutti di vedere i grafici che, FBI e polizia locale,
avevano
sistemato su un improvvisato palco nel mezzo del salone.
Dopo tre giorni di ricerche
infruttuose, l’arrivo dell’FBI nel piccolo paesino
montano non aveva stupito
nessuno e, con essi, i primi furgoncini delle televisioni locali
avevano iniziato
a ingombrare i parcheggi.
Ciò che Parker aveva
paventato era
infine successo e, già di buon mattino, uno zelante quanto
rompiscatole
giornalista aveva suonato alla porta di Emily per chiedere cosa ne
pensasse
della situazione.
Naturalmente, Jamie lo aveva
cacciato a
male parole, minacciandolo di far intervenire lo sceriffo se lo avesse
ripescato sulla proprietà privata della sorella. Il
giornalista, però, non si
era dato per vinto e, armato di una piccola telecamera, si era piazzato
in
strada, in attesa dell’uscita della padrona di casa.
Emily lo aveva scrutato per ore,
dalla
finestra del suo studio e, alla fine, era uscita con Cleopatra al
fianco,
bellicosa come una giornata di tempesta, e gli aveva detto di lasciarla
in
pace.
Millantando pretese riguardanti la
libertà di stampa e di espressione, lui però non
aveva ceduto e, alla fine,
Emily gli aveva sputato in faccia la nuda e cruda verità.
Che era terrificante pensare a un
bambino scomparso, e che lucrare sul dolore delle persone le dava il
voltastomaco.
Ciò detto, se
n’era andata e, sempre
con Cleopatra al fianco, era tornata in casa, uscendone poco dopo
assieme a
Jamie, in auto, per scendere in paese.
Al giornalista non era rimasto
altro
che tornarsene alla sua vettura per seguirli alla conferenza stampa
indetta
dall’FBI.
Lo sciamare delle persone,
all’interno
del salone ormai gremito, era frenetico e carico di tensione e in molti
si
chiedevano chi mai potesse aver pensato di rapire Mickey, e
perché.
Quando, infine, l’agente
in capo
dell’FBI chiese il silenzio, chi poté accomodarsi
lo fece, e coloro che
rimasero in piedi si azzittirono per poi puntare lo sguardo
sull’agente dai
capelli brizzolati e l’aria seria giunto da Denver.
“Buongiorno a tutti voi.
Io sono
l’agente speciale Adam McCoy, e mi occuperò della
sparizione di Michael Johnatan
Larson che, da quel che so, è conosciuto da tutti come
Mickey” esordì l’uomo,
lanciando un’occhiata a Consuelo e Samuel, che assentirono.
“Da quel che
sappiamo finora, non sono state inviate richieste di riscatto alla
famiglia,
perciò dobbiamo supporre che non si tratti di un rapimento a
scopo estorsivo.
Questo ci pone nell’immediata necessità di
comprendere quali altri motivi
potessero avere i rapitori, per prelevarlo da qui, per cui
pregherò la gentile
cittadinanza di prestarsi alle domande che i miei colleghi vi faranno
nei
prossimi giorni.”
Un brusio di assenso si
levò tra i
presenti, ma fu la voce di William Consworth a farsi largo tra la
gente, e a
sgomentare molti per ciò che disse non appena prese la
parola.
“E’ possibile
che siano stati i suoi
parenti messicani, a prelevarlo?” domandò ruvido
William, indicando Consuelo
come se la colpa della sparizione del figlio fosse da addebitarsi a lei.
Consuelo si irrigidì al
solo udire
quell’eventualità, ma furono altri a lagnarsi ad
alta voce di quella domanda,
squadrando poi malamente Consworth senior per quell’illazione.
L’agente McCoy,
però, rispose con
competenza e freddezza, replicando: “Non verrà
tralasciata alcuna pista, glielo
posso assicurare.”
William non parve soddisfatto della
risposta, e domandò ancora: “Perdoni la villania,
agente, ma come pensate di
ritrovarlo? Se è già oltreconfine, non otterrete
mai dai messicani il permesso
per indagare su uno dei loro.”
Anthony fu sul punto di dirigersi
dal
padre per aggredirlo a male parole, se non addirittura a suon di pugni,
ma sia
Emily che Jamie lo trattennero accanto a loro. Non era il momento di
scatenare
una rissa, o altri avrebbero voluto parteciparvi anche solo per
sciogliere la
tensione che attanagliava tutti.
Ad azzittire Consworth senior
pensò
comunque l’agente speciale, che replicò sardonico:
“Forse, signore, lei ha
visto troppi vecchi film e si è fatto l’idea
sbagliata che, tra le nostre forze
dell’ordine e quelle messicane, possano esservi degli screzi.
Le posso assicurare
che quando è un bambino, l’oggetto del contendere,
la partecipazione è
massima.”
William grugnì una
risposta
incomprensibile a mezza voce, ma l’agente lo
lasciò perdere per passare ad
altro.
“Avvieremo una fitta rete
di controlli
a tappeto all’interno dei boschi, e anche per questo
chiediamo la vostra
partecipazione volontaria. Sarebbe utile avere degli occhi abituati a
questi
luoghi, che sicuramente voi conoscete come il palmo della vostra mano.
E’
lapalissiano che vaglieremo attentamente qualsiasi vostro consiglio, ma
tengo a
sottolineare una cosa; le indagini fanno capo a noi, quindi le
iniziative
personali potrebbero essere assai rischiose e far perdere del tempo a
noi
agenti, così come ai poliziotti locali. Se avete qualcosa da
dire, ditela, e non
pensare di agire come dei supereroi.”
L’agente
scrutò tutta la platea con gli
scuri occhi nero pece, prima di aggiungere lapidario: “Non
sappiamo con chi
abbiamo a che fare, e non vogliamo sulla coscienza nessuno. Venite da
noi.
Sempre.”
Ciò detto, McCoy
lasciò la parola allo
sceriffo Meyerson e discese dal palco per poi avvicinarsi curioso a
Emily.
Sorridendo cordiale,
allungò quindi una
mano verso di lei e disse: “Agente McCoy, signorina Poitier.
Non so se si
ricorda di me. A suo tempo, avevo lavorato al suo caso con i colleghi
di New
York.”
Sorpresa, Emily gli strinse la mano
prima di spalancare gli occhi e ripensare a un giovane alle prime armi,
serioso
e attento, che era giunto all’Ausable
Club assieme ai suoi colleghi.
All’epoca, non aveva
fatto molto caso
alla marea di agenti che avevano voluto interrogarla in merito alla sua
fuga,
ma tornare a quei momenti le fece riemergere alla memoria il ricordo
del volto
dell’agente.
Molto più magro e dai
capelli
interamente neri come ali di corvo, l’agente McCoy si era
occupato dell’aspetto
fisico dei rapitori e si era preoccupato di preparare degli identikit
preliminari grazie alla sua deposizione. Era stato molto gentile, con
lei, e le
aveva regalato un lecca-lecca gigante dai colori
dell’arcobaleno.
Quel gesto l’aveva fatta
ridere e
piangere al tempo stesso e, di buona lena, si era messa a
mangiucchiarlo
nell’attesa che arrivassero anche i suoi genitori.
Sorridendo appena, Emily quindi
disse:
“Non fa più identikit, adesso.”
“Già da un
pezzo, in effetti” ammise l’agente.
“E’ davvero una brutta occasione, per rivederla.
Immagino che quei ragazzacci
laggiù le abbiano già dato fastidio.”
Ciò detto,
indicò sprezzante le troupe
ferme al limitare della sala, e
che attendevano soltanto la fine del discorso dello sceriffo per
irrompere come
uno sciame di locuste per sommergerlo di domande.
“In effetti, ci hanno
provato” ammise
lei, scrollando le spalle.
“Non le posso promettere
nulla, ma
vedrò di tenerglieli alla larga, quando
potrò” la rassicurò lui prima di
domandarle: “Si è fatta un’idea di cosa
possa essere successo?”
“Non sono
un’esperta, ma non possono di
certo volere dei soldi da Sam e Consuelo. Chi ha preso Mickey aveva un
motivo
preciso per volere proprio lui. E
non
era il denaro” mormorò Emily. “Sia
chiaro però che, se ve ne fosse
bisogno…”
McCoy la azzittì,
asserendo: “Sa bene
come funziona. Non si danno soldi ai rapitori.”
“Lo so,
ma…” tentennò Emily, mordendosi
il labbro inferiore per l’ansia.
“Non terremo nascosto
nulla. Abbiamo
già visto in passato che, tenere all’oscuro la
comunità, rischia di far
scatenare i più riottosi, spingendoli a prendere dei rischi
inutili pur di fare
del bene. Per quanto ci sarà possibile, vi diremo
ciò che sta succedendo,
perciò fate altrettanto, per favore.”
Nel dirlo, la fissò con
intenzione, infine
si allontanò dopo averla salutata e Jamie, fischiando piano,
borbottò: “In
pratica, ti ha detto di tenere il portafogli chiuso e di non fare
scemenze.”
“Non può
davvero pensare che abbiano
preso Mickey per chiedere il riscatto a
me!” sbottò Emily, irritata.
“Non credo che
l’agente lo pensi,
infatti. Ma qualche mitomane potrebbe usarla come scusa per
approfittarsene.
Sai che gli idioti abbondano” sottolineò Parker.
“Mi guarderei bene dal
dare soldi a
chicchessia. Prima, anche quanto, chiederei conferme riguardo a Mickey
e alla
sua salute” precisò Emily prima di sbuffare e
aggiungere sconsolata: “Che è
quello che ha detto McCoy. Niente eroismi. Si parla prima con
lui.”
Jamie abbassò il capo
quando sentì
vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni e, mentre Parker si
raccomandava
con Emily di non fare sciocchezze e Anthony assentiva protettivo, il
giovane
imprecò tra i denti.
Il trio, allora, si volse verso di
lui
e Jamie, sollevando lo smartphone
perché fosse visibile a tutti, borbottò:
“So che non ti farà piacere, Emy,
ma…”
Vengo
lì da voi. Non mi interessa se a Emy non sta bene.
Quando lesse quelle parole, Emily
impallidì. Non per il testo in sé, che nulla
aveva di preoccupante quanto,
piuttosto, per il mittente.
A scrivere quell’SMS era stato niente meno che Jordan Poitier.
N.d.A.:
la storia si ripete. Emily torna a rivivere i momenti del suo rapimento
a causa di quello di Mickey, che pare scomparso nel nulla e richiama
nella piccola cittadina anche una squadra investigativa dell'FBI.
Sarà successo quello che teme Emily? Qualcuno
avrà voluto il bambino per il mercato del sesso? O lo hanno
rapito perché diventi il figlio di qualcun altro? Chi si
cela, dietro questa sparizione? E lei riuscirà a non
intervenire, o alzerà la testa come vent'anni prima,
cercandolo indipendentemente
dalle raccomandazioni di McCoy?