Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    19/09/2021    2 recensioni
Il piccolo paese di Nederland, Colorado, viene stravolto dalla notizia di un rapimento incomprensibile ed Emily Poitier, fotografa e scrittrice presso una piccola casa editrice della zona, è suo malgrado costretta a rivivere ciò che, vent'anni addietro, accadde a lei.
Sarà grazie all'aiuto dei suoi amici e di Anthony, sua vecchia fiamma, se riuscirà a non impazzire a causa dei ricordi, aiutando così a scoprire chi si cela dietro al rapimento e a recuperare, una volta per tutte, la serenità tanto cercata.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12.

 

Agosto 2015 – Dintorni di Nederland

 

Arrampicarsi su ripidi pendii assieme alla sua Cleopatra non era mai stato un problema, per Emy, e quel giorno si sentiva abbastanza in forze anche per trasportare parte delle attrezzature di Parker.

La festa per il battesimo di Sophie era andata così bene che, per settimane intere, si era parlato delle novelle coppie formatesi durante quell’evento, così come dei flirt già esauritisi in breve tempo.

Nessuno, però, aveva parlato di lei e Tony, poiché avevano fatto in modo di non essere smascherati, così da mantenere il segreto sul loro riavvicinamento ancora per un po’.

Forse era stato per questo, per questa frenetica gioia collettiva, o per il divertimento provato nel comportarsi da adolescenti alle prese con la prima cotta, che la telefonata di Sherry non l’aveva sgomentata più di tanto.

Ray era uscito di galera una settimana addietro, e di lui si erano perse le tracce quasi immediatamente.

Alla fine dei conti, Emily non doveva temere nulla da lui. Ray non era mai stato un problema, e dubitava fortemente che, una volta uscito di galera, lui avesse pensato anche solo minimamente a lei.

Rammentava fin troppo bene i suoi occhi dolenti e la sua espressione contrita, durante il processo, perciò era praticamente certa che Ray fosse svanito dai radar per qualsiasi altro genere di motivo, ma non certo per ferire lei.

Inoltre, dopo essere finalmente riuscita ad ammettere con Anthony quanto ancora l’amasse, si sentiva più forte che mai e, anche se sapeva bene di essere solo all’inizio, era speranzosa di riuscire nei suoi intenti quanto prima.

I giorni seguenti alla loro reciproca confessione, avevano ripreso a vedersi di nascosto, come due ragazzini desiderosi di non farsi scoprire dai genitori a rubarsi qualche bacio o carezza.

Le notti erano trascorse scambiandosi messaggi, o chiamandosi al cellulare, neanche fossero stati a migliaia di miglia l’uno dall’altra mentre, durante il giorno, avevano fatto finta di nulla per non attirare l’attenzione della gente.

Tutto questo l’aveva divertita al pari di quanto aveva divertito lui, ma questa segretezza aveva fatto nascere un effetto collaterale non previsto. Ora, Emily lo bramava ancor più di prima, e rispettare la tabella di marcia di Parker stava diventando sempre più difficile.

“Il tuo sorrisone è così luminoso che, se potessi metterlo in bottiglia, potrei usarlo come lanterna all’interno della grotta” chiosò Parker, arrancando lungo il sentiero con le sue valige metalliche ricolme di strumenti.

Emy si chiese come facesse a portarne così tante. Lei ne aveva solo una, e già si sentiva a pezzi.

Sicuramente, l’abitudine era una grande alleata, ma da sola non poteva certo bastare. Era chiaro quanto Parker, in quegli anni, si fosse abituato – e avesse abituato il proprio corpo – a quel genere di lavoro. E, almeno a giudicare dalla sua aria tranquilla, non doveva pesargli affatto, faticare tanto.

“Non hai idea di quanto io mi sia sentita stupida, nel vederti alle spalle di Tony, e mentre mi esponevo così tanto” mugugnò lei, pur sorridendo.

“Non devi. Tu lo ami, lui ti ama. Che problema c’è? Non ti vergognerai mica ad ammetterlo?” ironizzò lui, facendo un gran ghigno.

“Ti stai divertendo da matti perché non sei tu l’oggetto del contendere, e perciò non devi scervellarti per trovare dei sistemi per apparire sempre al meglio” brontolò Emily, sbuffando per la fatica e per l’imbarazzo.

“Cara mia, tu dovresti essere ricoperta di mota e vestita di juta, per non apparire al meglio… e poi avrei qualche dubbio lo stesso” ammiccò lui, prima di tornare serio e asserire: “Non devi fingere, con lui. Anthony sa già chi sei. Devi solo convincerti che, quando ti trovi con lui, nulla può succedere. Non c’è più nessuno che cercherà di portarti via.”

“Sei maledettamente percettivo, sai?” gorgogliò lei, storcendo il naso.

“Lo so. La mamma me lo dice sempre, che dovevo fare lo psicologo” motteggiò lui, dandole un colpetto con la spalla prima di fermarsi al limitare di una curva per riprendere fiato. “Comunque, come procede il vostro piano di appuntamenti segreti?”

“Ottimamente. Anche se, prima o poi, dovrò cominciare a prendere del bromuro” ironizzò lei, facendolo scoppiare a ridere di gusto.

Sempre ridendo, Parker riprese il cammino e svoltò lungo un sentiero, procedendo a passo tranquillo per alcune centinaia di iarde prima di avvertire il rumore inconfondibile di una cascata.

Pur sapendo della sua presenza – e piuttosto sicuro della sua imponenza a causa del boato che li raggiungeva come un treno in corsa – fu con estrema sorpresa e profonda meraviglia che osservò l’incanto che gli si presentò dinanzi agli occhi.

Finalmente libera dallo scudo naturale offerto dagli alberi, una stupenda cascata dall’ampia bocca si esibì in tutto il suo splendore, investendoli con il suo boato roco e profondo e miriadi di goccioline di vapor d’acqua.

Anche a una distanza di quasi cento metri, complice la brezza che spirava da nord-est, la fresca nebbiolina causata dalla caduta di centinaia di litri d’acqua al secondo colpì entrambi, inumidendo i loro volti accaldati quanto appagati.

“Niente può essere così bello… e dire che ho visto anche le cascate del Niagara, però queste…” mormorò ammirato Parker, sgranando maggiormente gli occhi.

“A renderla splendida è il paesaggio che la circonda” asserì Emily, poggiando le borse per armeggiare con la sua fotocamera. “Quando venni qui la prima volta, il cielo era plumbeo, eppure era splendida comunque. Le nubi erano nere, all’orizzonte, purulente, e l’acqua della cascata sembrava quasi di ghiaccio. Una di queste volte ti farò vedere le foto.”

“Ci conto” sussurrò lui, carezzando distrattamente Cleopatra, che stava tentando di leccare tutte le goccioline d’acqua cadute sul suo muso.

Dopo aver scattato una ventina di fotografie, scegliendo diversi filtri e inquadrature per ottenere quante più variabili possibili, Emily rimise via la fotocamera e rimase in silenziosa contemplazione della cascata.

Quel rombo sordo e primordiale, ricco di una forza che poteva quasi percepire attraverso la propria pelle, non la spaventava. La natura in sé non l’aveva mai spaventata.

Anche durante la sua fuga, non aveva mai ritenuto il bosco un pericolo vero e proprio, quanto piuttosto una protezione dai cattivi che avrebbero potuto cercarla. Certo, aveva dovuto prestare attenzione ai precipizi che si trovavano nella zona e alle erte scoscese ma, a conti fatti, il bosco non l’aveva mai terrorizzata.

Lei aveva sempre avuto paura delle persone, da quel giorno in avanti, non dei luoghi. O meglio, c’era un solo posto al mondo che ancora la spaventava a morte, ed erano le caverne, ma non era obbligata a metterci dentro il naso, no?

Ciò di cui aveva sempre avuto terrore erano stati i rapporti profondi, le situazioni in cui il suo cuore era messo in discussione, quando non c’erano più filtri tra lei, la sua mente e colui – o colei – che aveva dinanzi.

Anche per questo, le sue brevi avventure universitarie erano state effimere e prive di sbocchi. Non si era mai voluta aprire veramente con nessuno, per paura che il terrore la sommergesse.

Non prima di Anthony, comunque.

Ora, però, era giunto il momento in cui la sua mente avrebbe dovuto cedere il passo ai sentimenti, permettendole di avvicinarsi veramente – e finalmente – a qualcuno che lei voleva con tutta se stessa.

“Proseguiamo?” domandò Parker prima di udire il cinguettio del cellulare di Emily.

Sorpresa – era raro che i cellulari prendessero, nel bosco, e in zone così impervie – lei lo estrasse dal marsupio e accettò la chiamata del fratello, da poco rientrato a Nederland.

Raggiuntala subito dopo aver sopportato una noiosissima riunione del suo studio di avvocati, Jamie si era dichiarato più che disposto a diventare un boscaiolo a vita, pur di evitare nuovi e simili incontri coi soci. Per questo, non si era neppure dato il tempo di trovare un aereo per raggiungere Denver quanto prima.

Era partito con la sua auto non appena la riunione si era conclusa e, dopo essersi sobbarcato ore e ore di viaggio lungo i vari Stati che li dividevano, era piombato sul suo letto e si era addormentato dopo averle detto un frettoloso ‘ciao’.

Non volendo affrontare il relitto ambulante che, quella mattina, aveva preso le sembianze di suo fratello, lo aveva perciò lasciato dormire, in attesa di potergli parlare a cena, quella stessa sera.

Fu per questo che, divertita, domandò: “Ehi! Che succede? Manchiamo da un paio d’ore e hai già bisogno della balia?”

“Emy…” mormorò ansioso Jamie, mettendola subito in allarme e facendole perdere in un istante il sorriso con cui lo aveva salutato. “… dovete tornare subito.”

“Che succede, J?” ansimò la giovane, impallidendo nell’udire il tono angosciato di Jamie. Perché suo fratello sembrava così terrorizzato? Cos’era successo? “Mamma… papà è…”

Non poteva essere successo qualcosa a suo padre! Non poteva lasciarla prima che si fossero chiariti! Non poteva essere crudele fino a questo punto!

“No, Emy… loro non c’entrano. E’ Mickey.”

“Mickey? Ma Mickey è al campo estivo della scuola” borbottò Emily, non comprendendo affatto le parole del fratello.

“Non è mai rientrato a casa, Emy. E’ sparito. Non lo trovano” continuò a dire Jamie con tono concitato.

Emily scosse il capo, guardò frettolosamente l’orario – sì, erano le due passate, perciò doveva per forza essere tornato da scuola – ma, ancora, rifiutò di accettare ciò che il fratello le stava dicendo.

“Sarà… sarà con un suo amico” mormorò allora la giovane, incredula.

“Hanno già tentato quella strada. Sorellona, non siete in tanti, qui. Ci vuole poco a chiamare tutti i diretti interessati” cercò di farle capire Jamie, parlando con voce più dolce e comprensiva.

La giovane scosse il capo con maggiore forza, rifiutando ciò che il fratello le stava dicendo e, dando il cellulare a Parker, si prese il viso tra le mani e gorgogliò terrorizzata: “E’ da un suo amico… sicuramente… non può… non deve…”

Parker le strinse una mano sulla spalla per trattenerla dal fuggire mentre, quella che teneva il cellulare, schizzò verso l’orecchio per accostare lo smartphone e dire: “Spiegami che succede, Jamie.”

“Si teme che possano aver rapito Mickey.”

Parker non riuscì a dire nulla. Attirò a sé una sempre più sconvolta Emily, ormai ai limiti del pianto e la abbracciò stretta, mormorando: “Emy, respira… respira…”

“Non può succedere ancora… non può succedere ancora…” ripeté lei come un mantra, tremando tra le braccia di Parker, ora completamente inerme e senza forze.

Cleopatra uggiolò accanto a loro, evidentemente preoccupata per la padrona. Con il suo possente corpo le si strusciò contro per darle tutto il suo conforto ed Emily, crollando in ginocchio e scivolando via dalla presa di Parker, si strinse alla sua cagnolona e pianse.

Non potendo fare altro, Parker risollevò il cellulare e disse rapido: “Torniamo immediatamente.”

“D’accordo” mormorò roco Jamie.

Ciò detto, Parker chiuse la comunicazione, infilò il cellulare di Emily nella tasca posteriore dei pantaloni dopodiché, sfiorando il capo della giovane, mormorò: “Rientriamo, dai.”

Lei annuì contro il pelo folto di Cleopatra, che le stava leccando una spalla a mo’ di consolazione e, nel rialzarsi, si terse il volto dalle lacrime e sussurrò priva di energia: “Perché, Parker?”

“Davvero non ne ho idea. Ma se la stampa lo scopre, ci sguazzeranno, sapendo che tu abiti a Nederland. Faranno paragoni di mille tipi e, quasi sicuramente, verranno a bussare alla tua porta per chiederti come stai. Ergo, cosa intendi fare?” la mise in guardia Parker, ombroso in viso.

Lei reclinò il capo, ammettendo tra sé che Parker aveva perfettamente ragione. Se la mancanza di Mickey fosse perdurata, lo sceriffo avrebbe dovuto far intervenire l’FBI e, dove arrivavano loro, la stampa giungeva poco tempo dopo. Da lì a scoprire la sua presenza a Nederland – non era una reclusa, perciò bastava cercarla su internet, per sapere dove abitasse – sarebbe occorso poco, soprattutto perché il suo libro era appena uscito e stava vendendo bene, nel settore.

Era davvero sicura di reggere la presenza infestante e continua dei giornalisti? Di voler rivangare quel passato così lugubre e ancora non del tutto risolto, per lei? Era  abbastanza forte da non impazzire?

L’alternativa più semplice sarebbe stata scappare ancora, allontanarsi da Nederland e rendersi irreperibile a tutto e a tutti, ma sarebbe poi servito?

Come si sarebbe sentita, lasciandosi alle spalle gli amici? Avrebbe sopportato l’idea di sapere Samuel e Consuelo in ansia per il primogenito?

Preso perciò un gran respiro, Emily cancellò con una mano le ultime tracce di pianto e incrociò lo sguardo verde foglia di Parker come per darsi forza. A mezza voce, quindi, disse: “Consuelo e Sam sono da soli, adesso, e io sono anzitutto una loro amica. Non voglio lasciarli.”

“Allora, ti terrò alla larga gli scocciatori. Tuo zio dovrà aspettare i miei risultati, temo” le promise lui, dandole una pacca sulla spalla.

Lei sorrise appena, ma una lacrima ribelle le sfuggì dagli occhi di colomba, insieme a una domanda sgorgata dalle labbra socchiuse.

“Perché?”

“L’unico modo per scoprirlo, è tornare a Nederland. E siamo già in ritardo sulla tabella di marcia” le disse lui, afferrando la propria attrezzatura per tornare verso valle.

La giovane assentì e, al pari di Cleopatra, si incamminò lungo il sentiero tenendo l’andatura più veloce possibile.

Non riusciva a capire perché stesse succedendo di nuovo. Perché doveva rivivere quell’inferno? E perché i suoi amici dovevano viverlo a loro volta?

***

Non appena Emily e Parker fecero ritorno a Nederland, ciò che trovarono confermò loro la gravità della situazione. Le persone erano sparpagliate per la strada, apparentemente nel panico, e cercavano Mickey in ogni cantone, dietro ogni angolo, come se fino a quel momento il bambino avesse soltanto giocato a nascondino.

Lo sceriffo sembrava propenso a lasciarli fare, forse sapendo bene che, se si fosse opposto a quegli inutili tentativi di ricerca, si sarebbe ritrovato addosso le ire dell’intero paese.

Era giusto che provassero, se il loro cuore diceva questo, perché null’altro li avrebbe pacificati.

Non era il momento di essere fiscali.

Lasciandosi perciò alle spalle quello sciamare convulso di persone, i due risalirono lungo la via sterrata per raggiungere le loro case. Separatisi giusto il tempo di parcheggiare i rispettivi pick-up, Emily scese con Cleo dal proprio, trafelata e ricolma d’ansia.

Mentre attendeva di veder giungere Parker dal suo appartamento, inquadrò dopo alcuni istanti Consuelo sulla soglia di casa, in compagnia di Anthony, in lacrime e sconvolta.

Consuelo teneva Sophie tra le braccia, ma i suoi occhi non la vedevano, erano persi in un vuoto di disperazione e paura.

Anthony, accanto a lei, sembrava impotente di fronte a tanto dolore e, quando vide Emily correre loro incontro, la abbracciò stretta per un attimo, mormorando: “Stai bene?”

Lei annuì frettolosa, si scostò da lui e si avvicinò a Consuelo che, nell’udire la voce di Emily, si ridestò come di colpo e mormorò: “Emy… sei qui…”

“Sono arrivata appena ho saputo. Come è successo?” domandò la giovane, stringendo in un dolce abbraccio Consuelo prima di guardare dolcemente Sophie.

La bimba sembrava ignara del panico che la circondava, e continuava a dormire placidamente tra le braccia della madre.

“Non… non lo sa nessuno. La maestra dice che è uscito da scuola con gli altri, come al solito. In paese lo hanno visto passare un attimo da Gilda, per un saluto, e anche questo è normale. Poi ha preso la via per tornare a casa, e da lì…”

Il pianto la colse nuovamente e, piegandosi su se stessa, Consuelo si portò al volto la piccola Sophie per baciarne le guance rosee.

Emily le passò un braccio attorno alle spalle, non sapendo cosa dirle per incoraggiarla.

Quando i ragazzi uscivano da scuola, molti di coloro che vivevano lungo Ponderosa Drive erano al lavoro, perciò era difficile – per non dire impossibile – che qualcuno potesse aver visto qualcosa.

Le sole zone veramente trafficate di Nederland erano il centro del paese e la locanda di Gilda, e cioè gli unici luoghi dove avevano effettivamente visto Mickey.

Lungo Big Springs Drive e Ponderosa Drive era rarissimo trovare qualcuno, e le case erano rade e ben distanziate tra loro, oltre che intervallate da tratti di boscaglia e diversi sentieri.

Mickey avrebbe potuto scomparire in un punto qualsiasi tra le due strade, che percorreva regolarmente a piedi per tornare a casa, e nessuno se ne sarebbe accorto.

Per i bambini del luogo era normale rientrare da soli, spesso a piedi o in bicicletta; tutti si conoscevano e le vie erano tranquille, perciò non si correva nessun rischio.

Fino a quel giorno, per lo meno.

“Mickey è forte. Niente può abbatterlo. Vedrai che lo troveranno in men che non si dica” mormorò Emily, lanciando però uno sguardo preoccupato ad Anthony, non sapendo cos’altro dire. Voleva consolare l’amica, ma sapeva in prima persona come le cose potessero andare storte, e farsi maledettamente lunghe e interminabili.

Nel veder tornare Sam e Jamie con l’auto di quest’ultimo, Anthony sospirò e disse: “Chissà che lo sceriffo non abbia dato loro buone notizie.”

Quando, però, li videro scendere dalla Mustang, scuri in volto e per nulla desiderosi di parlare, Emily seppe la verità. Non solo non lo avevano trovato, ma non erano in grado di dire dove potesse essere.

“E’ successo di nuovo” mormorò Emily, gli occhi sgranati per l’orrore.

***

Seduta sul divano con una tazza di tè bollente tra le mani, Emily non stava ascoltando ciò che i tre uomini in casa con lei stavano dicendosi con tono concitato e stanco.

Tutto le sembrava lontano, inconsistente, come se le uniche cose reali attorno a sé fossero quelle che poteva toccare con mano.

La ruvidezza del tessuto a coste del divano color ghiaccio, il muso di Cleopatra poggiato sulle sue ginocchia, la tazza di ceramica laccata che le scaldava le dita, la morbidezza del tappeto in ciniglia sotto i suoi piedi nudi.

Tutto il resto era sfocato, impalpabile come nebbia.

La sua mente tentava in ogni istante di tenere segregate le sensazioni spiacevoli legate al suo rapimento, ma era difficile non pensarci quando collegava se stessa a Mickey.

Forse, era in una grotta anche lui, chiuso tra quattro anguste mura. Oppure era legato in un bagagliaio, diretto in Messico o chissà dove, venduto per il mercato del sesso, o per i suoi organi.

O ancora, poteva essere stato preso per essere consegnato a un’altra famiglia, perché diventasse il figlio di qualcun altro. Il Mickey di qualcun altro.

Le possibilità erano migliaia, e una peggiore dell’altra, ma Emily stava cercando con tutta se stessa di non lasciare che le sue esperienze si fondessero con la realtà attuale. Se fosse successo, sarebbe impazzita e niente avrebbe più avuto senso.

Dondolando leggermente quando un peso affossò il cuscino del divano al suo fianco, Emily volse un poco il capo per capire cosa stesse succedendo e, nel vedere il viso preoccupato di Anthony puntato verso di lei, mormorò: “Ci sono. Davvero.”

Lui accennò un sorriso, ma fu più un riflesso meccanico che altro. Gli occhi azzurri rimasero spenti, offuscati dall’ansia, pur se Emily non seppe dire se, quella preoccupazione profonda, fosse legata a Mickey, a lei, o a entrambi.

“Jamie e Parker rimarranno qui con te, stanotte, mentre io andrò di là ad aiutare Sam e Consuelo” le spiegò lui, stringendole delicatamente una mano.

“Non hanno rapito me, Tony. Non ho bisogno di un commando a mia protezione” sottolineò la donna, sollevando appena un sopracciglio per evidenziare il suo scetticismo.

“E’ un comitato di supporto, tutto qui” scrollò le spalle Anthony. “E mi sentirei più tranquillo, se non ti sapessi da sola.”

Emily a quel punto sorrise, sorrise davvero, e si allungò per dargli un bacio leggero sulle labbra, mormorando: “Sei davvero un bravo cavaliere.”

“Ci si prova” ironizzò lui prima di volgersi a mezzo e scoppiare a ridere.

Emily ne seguì lo sguardo e, spalancando gli occhi per la sorpresa, gracchiò: “Ma che fate?”

Jamie e Parker se ne stavano nel mezzo del salotto con le mani ben premute sugli occhi, neanche fossero stati due bambini di fronte a una scena scandalosa.

“Non vogliamo diventare ciechi” chiosò Jamie, scostando due dita per permettere a un occhio di scrutare la sorella.

“Ma quanto siete idioti” brontolò lei, scuotendo il capo e sollevandosi dal divano per portare la tazza in cucina.

Parker e Jamie si sorrisero complici e, nel vedere la donna allontanarsi, quest’ultimo domandò: “Sei sicuro di non voler rimanere tu, Tony? Posso andare io, di là.”

Anthony scrutò in direzione della cucina ma scosse il capo e replicò: “So di non essere così eroico come dovrei essere in questo momento, Jamie. E’ meglio mettere qualche muro tra me e lei, per adesso. Il desiderio di consolarla sarebbe troppo… insopportabile, e non voglio rovinare ciò che ci stiamo faticosamente riprendendo poco alla volta.”

“Posso capirlo. Fa male vederla così spaesata e, la cosa più semplice sarebbe farla pensare ad altro” ammise Jamie, scrollando le spalle. “Ti chiameremo se avremo bisogno, allora. Tu fa lo stesso, però.”

“D’accordo” chiosò lui, dando una pacca sulla spalla a entrambi gli uomini prima di uscire di casa.

“Dovrebbero dargli davvero una medaglia” gracchiò Parker.

Jamie non poté che dirsi d’accordo.

***

La sala principale del Nederland Community Center era gremita di persone.

Le luci erano state accese per permettere a tutti di vedere i grafici che, FBI e polizia locale, avevano sistemato su un improvvisato palco nel mezzo del salone.

Dopo tre giorni di ricerche infruttuose, l’arrivo dell’FBI nel piccolo paesino montano non aveva stupito nessuno e, con essi, i primi furgoncini delle televisioni locali avevano iniziato a ingombrare i parcheggi.

Ciò che Parker aveva paventato era infine successo e, già di buon mattino, uno zelante quanto rompiscatole giornalista aveva suonato alla porta di Emily per chiedere cosa ne pensasse della situazione.

Naturalmente, Jamie lo aveva cacciato a male parole, minacciandolo di far intervenire lo sceriffo se lo avesse ripescato sulla proprietà privata della sorella. Il giornalista, però, non si era dato per vinto e, armato di una piccola telecamera, si era piazzato in strada, in attesa dell’uscita della padrona di casa.

Emily lo aveva scrutato per ore, dalla finestra del suo studio e, alla fine, era uscita con Cleopatra al fianco, bellicosa come una giornata di tempesta, e gli aveva detto di lasciarla in pace.

Millantando pretese riguardanti la libertà di stampa e di espressione, lui però non aveva ceduto e, alla fine, Emily gli aveva sputato in faccia la nuda e cruda verità.

Che era terrificante pensare a un bambino scomparso, e che lucrare sul dolore delle persone le dava il voltastomaco.

Ciò detto, se n’era andata e, sempre con Cleopatra al fianco, era tornata in casa, uscendone poco dopo assieme a Jamie, in auto, per scendere in paese.

Al giornalista non era rimasto altro che tornarsene alla sua vettura per seguirli alla conferenza stampa indetta dall’FBI.

Lo sciamare delle persone, all’interno del salone ormai gremito, era frenetico e carico di tensione e in molti si chiedevano chi mai potesse aver pensato di rapire Mickey, e perché.

Quando, infine, l’agente in capo dell’FBI chiese il silenzio, chi poté accomodarsi lo fece, e coloro che rimasero in piedi si azzittirono per poi puntare lo sguardo sull’agente dai capelli brizzolati e l’aria seria giunto da Denver.

“Buongiorno a tutti voi. Io sono l’agente speciale Adam McCoy, e mi occuperò della sparizione di Michael Johnatan Larson che, da quel che so, è conosciuto da tutti come Mickey” esordì l’uomo, lanciando un’occhiata a Consuelo e Samuel, che assentirono. “Da quel che sappiamo finora, non sono state inviate richieste di riscatto alla famiglia, perciò dobbiamo supporre che non si tratti di un rapimento a scopo estorsivo. Questo ci pone nell’immediata necessità di comprendere quali altri motivi potessero avere i rapitori, per prelevarlo da qui, per cui pregherò la gentile cittadinanza di prestarsi alle domande che i miei colleghi vi faranno nei prossimi giorni.”

Un brusio di assenso si levò tra i presenti, ma fu la voce di William Consworth a farsi largo tra la gente, e a sgomentare molti per ciò che disse non appena prese la parola.

“E’ possibile che siano stati i suoi parenti messicani, a prelevarlo?” domandò ruvido William, indicando Consuelo come se la colpa della sparizione del figlio fosse da addebitarsi a lei.

Consuelo si irrigidì al solo udire quell’eventualità, ma furono altri a lagnarsi ad alta voce di quella domanda, squadrando poi malamente Consworth senior per quell’illazione.

L’agente McCoy, però, rispose con competenza e freddezza, replicando: “Non verrà tralasciata alcuna pista, glielo posso assicurare.”

William non parve soddisfatto della risposta, e domandò ancora: “Perdoni la villania, agente, ma come pensate di ritrovarlo? Se è già oltreconfine, non otterrete mai dai messicani il permesso per indagare su uno dei loro.”

Anthony fu sul punto di dirigersi dal padre per aggredirlo a male parole, se non addirittura a suon di pugni, ma sia Emily che Jamie lo trattennero accanto a loro. Non era il momento di scatenare una rissa, o altri avrebbero voluto parteciparvi anche solo per sciogliere la tensione che attanagliava tutti.

Ad azzittire Consworth senior pensò comunque l’agente speciale, che replicò sardonico: “Forse, signore, lei ha visto troppi vecchi film e si è fatto l’idea sbagliata che, tra le nostre forze dell’ordine e quelle messicane, possano esservi degli screzi. Le posso assicurare che quando è un bambino, l’oggetto del contendere, la partecipazione è massima.”

William grugnì una risposta incomprensibile a mezza voce, ma l’agente lo lasciò perdere per passare ad altro.

“Avvieremo una fitta rete di controlli a tappeto all’interno dei boschi, e anche per questo chiediamo la vostra partecipazione volontaria. Sarebbe utile avere degli occhi abituati a questi luoghi, che sicuramente voi conoscete come il palmo della vostra mano. E’ lapalissiano che vaglieremo attentamente qualsiasi vostro consiglio, ma tengo a sottolineare una cosa; le indagini fanno capo a noi, quindi le iniziative personali potrebbero essere assai rischiose e far perdere del tempo a noi agenti, così come ai poliziotti locali. Se avete qualcosa da dire, ditela, e non pensare di agire come dei supereroi.”

L’agente scrutò tutta la platea con gli scuri occhi nero pece, prima di aggiungere lapidario: “Non sappiamo con chi abbiamo a che fare, e non vogliamo sulla coscienza nessuno. Venite da noi. Sempre.”

Ciò detto, McCoy lasciò la parola allo sceriffo Meyerson e discese dal palco per poi avvicinarsi curioso a Emily.

Sorridendo cordiale, allungò quindi una mano verso di lei e disse: “Agente McCoy, signorina Poitier. Non so se si ricorda di me. A suo tempo, avevo lavorato al suo caso con i colleghi di New York.”

Sorpresa, Emily gli strinse la mano prima di spalancare gli occhi e ripensare a un giovane alle prime armi, serioso e attento, che era giunto all’Ausable Club assieme ai suoi colleghi.

All’epoca, non aveva fatto molto caso alla marea di agenti che avevano voluto interrogarla in merito alla sua fuga, ma tornare a quei momenti le fece riemergere alla memoria il ricordo del volto dell’agente.

Molto più magro e dai capelli interamente neri come ali di corvo, l’agente McCoy si era occupato dell’aspetto fisico dei rapitori e si era preoccupato di preparare degli identikit preliminari grazie alla sua deposizione. Era stato molto gentile, con lei, e le aveva regalato un lecca-lecca gigante dai colori dell’arcobaleno.

Quel gesto l’aveva fatta ridere e piangere al tempo stesso e, di buona lena, si era messa a mangiucchiarlo nell’attesa che arrivassero anche i suoi genitori.

Sorridendo appena, Emily quindi disse: “Non fa più identikit, adesso.”

“Già da un pezzo, in effetti” ammise l’agente. “E’ davvero una brutta occasione, per rivederla. Immagino che quei ragazzacci laggiù le abbiano già dato fastidio.”

Ciò detto, indicò sprezzante le troupe ferme al limitare della sala, e che attendevano soltanto la fine del discorso dello sceriffo per irrompere come uno sciame di locuste per sommergerlo di domande.

“In effetti, ci hanno provato” ammise lei, scrollando le spalle.

“Non le posso promettere nulla, ma vedrò di tenerglieli alla larga, quando potrò” la rassicurò lui prima di domandarle: “Si è fatta un’idea di cosa possa essere successo?”

“Non sono un’esperta, ma non possono di certo volere dei soldi da Sam e Consuelo. Chi ha preso Mickey aveva un motivo preciso per volere proprio lui. E non era il denaro” mormorò Emily. “Sia chiaro però che, se ve ne fosse bisogno…”

McCoy la azzittì, asserendo: “Sa bene come funziona. Non si danno soldi ai rapitori.”

“Lo so, ma…” tentennò Emily, mordendosi il labbro inferiore per l’ansia.

“Non terremo nascosto nulla. Abbiamo già visto in passato che, tenere all’oscuro la comunità, rischia di far scatenare i più riottosi, spingendoli a prendere dei rischi inutili pur di fare del bene. Per quanto ci sarà possibile, vi diremo ciò che sta succedendo, perciò fate altrettanto, per favore.”

Nel dirlo, la fissò con intenzione, infine si allontanò dopo averla salutata e Jamie, fischiando piano, borbottò: “In pratica, ti ha detto di tenere il portafogli chiuso e di non fare scemenze.”

“Non può davvero pensare che abbiano preso Mickey per chiedere il riscatto a me!” sbottò Emily, irritata.

“Non credo che l’agente lo pensi, infatti. Ma qualche mitomane potrebbe usarla come scusa per approfittarsene. Sai che gli idioti abbondano” sottolineò Parker.

“Mi guarderei bene dal dare soldi a chicchessia. Prima, anche quanto, chiederei conferme riguardo a Mickey e alla sua salute” precisò Emily prima di sbuffare e aggiungere sconsolata: “Che è quello che ha detto McCoy. Niente eroismi. Si parla prima con lui.”

Jamie abbassò il capo quando sentì vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni e, mentre Parker si raccomandava con Emily di non fare sciocchezze e Anthony assentiva protettivo, il giovane imprecò tra i denti.

Il trio, allora, si volse verso di lui e Jamie, sollevando lo smartphone perché fosse visibile a tutti, borbottò: “So che non ti farà piacere, Emy, ma…”

Vengo lì da voi. Non mi interessa se a Emy non sta bene.

Quando lesse quelle parole, Emily impallidì. Non per il testo in sé, che nulla aveva di preoccupante quanto, piuttosto, per il mittente.

A scrivere quell’SMS era stato niente meno che Jordan Poitier.

 

 

N.d.A.: la storia si ripete. Emily torna a rivivere i momenti del suo rapimento a causa di quello di Mickey, che pare scomparso nel nulla e richiama nella piccola cittadina anche una squadra investigativa dell'FBI. Sarà successo quello che teme Emily? Qualcuno avrà voluto il bambino per il mercato del sesso? O lo hanno rapito perché diventi il figlio di qualcun altro? Chi si cela, dietro questa sparizione? E lei riuscirà a non intervenire, o alzerà la testa come vent'anni prima, cercandolo indipendentemente dalle raccomandazioni di McCoy?

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark