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Autore: erydia    16/01/2022    0 recensioni
“Avete mai vissuto una guerra dalla parte dei cattivi?
Avete mai bramato il potere così tanto da condannare voi stessi per l’eternità?
Noi lo abbiamo fatto”
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[Dopo aver letto il capitolo, vi prego di leggere l’Angolo Autrice].
 
Li aveva osservati. Li aveva osservati bene e tanto, senza perdersi nessuna sfaccettatura delle loro anime. Era questo che pensava mentre attendeva – camminando avanti e indietro – i suoi ospiti in quella che da un po' di tempo era diventata la sua dimora. Non aveva bisogno di comodità, non aveva bisogno di niente che potesse servirgli. Voleva vendetta, voleva potere. Voleva il mondo magico e non, su un piatto d’argento. Il piano era semplice, aspettare finché non fosse stato annunciato dai grandi esponenti del bene mentre perdevano le loro grazie. Voleva che tutti conoscessero le sue imprese, che tutti assaggiassero la sete di vendetta che bramava da anni. Da quando Silente lo aveva “salvato” da quell’orfanotrofio, dando vita al suo istinto omicida.
 
 
“Posso spostare gli oggetti senza toccarli, far fare delle cose agli animali senza addestrarli, far capitare brutte cose a quelli cattivi con me, farli soffrire…se voglio. Parlo anche con i serpenti, loro mi trovano, sussurrano cose, è normale? Per uno come me?”
 
 
“Il gioco è iniziato, Nagini!” le sussurrò in serpentese, mentre il serpente lo fissava negli occhi annuendo. “Il branco di Silente rimarrà incatenato guardando la mia grandezza, Nagini!”. E tutti si sarebbero incatenati a lui, incoronandolo il loro padrone supremo. Inchinandosi, perché era l’unica cosa che avrebbe permesso loro di fare.
BALLATE BURATTINI CHE VI VOGLIAMO CONTENTI
Bellarti Black.
Severus Piton
Milo Avery.
Bartemius Crouch.
Erano loro le persone che stava attendendo con impazienza. Erano loro che avrebbero dato inizio al gioco. Quel gioco che aveva ideato per portare caos all’interno delle mura di Hogwarts. Con la loro ingenuità nel sentirsi malvagi, la loro astuzia, la loro passione e la loro voglia di devozione verso le arti oscure. Verso di lui.
E ancora:
Bellatrix Black, la serpeverde discendente dalla famiglia Black. Dal carattere sadico. La sua voglia di incutere terrore lo colpiva così tanto che era stata lei la prima persona che aveva chiesto di vedere. Perché la sete di sangue di Bellatrix Black saziava la sua. Erano un misto di eccitazione sadica, che Tom sapeva bene, prima o poi, avrebbe appagato.
Severus Piton, il mezzosangue serpeverde. Non poteva ricevere bottino migliore. La sua sete di vendetta verso quel lurido babbano di suo padre lo riempiva di gioia. Era uguale allo stesso disgusto che Tom provava verso suo padre. Si rivedeva molto in lui e, per quanto il carattere non fosse adatto ad un Mangiamorte, lo avrebbe tenuto per sé – per le occasioni speciali – o per la carneficina che era sicuro di dover fare per ottenere il potere.
Milo Aver, serpeverde proprio come i precedenti, di lui gli serviva l’aspetto oltre che il carattere. Lui riusciva ad incantare qualsiasi fanciulla, questo portava vantaggio nelle linee nemiche. Sarebbe stato colui che dall’interno avrebbe lavorato per portare dalla sua parte qualunque fanciulla che avrebbe ceduto al suo fascino. Ma Milo, oltre al bel viso, era un concentrato di sfacciataggine mista a cattiveria nascosta, che nemmeno lui sapeva di possedere e che sarebbero venute fuori nel momento in cui l’avrebbe marchiato. In un piano perfetto, lui era un Avada Kedavra pronto ad esplodere.
Bartemius Crouch, quarto ed ultimo serpeverde invitato. Lui era piccolo, nessuno poteva pensare che un pivellino potesse essere al suo cospetto. Avrebbe lavorato dall’interno per portargli quante più notizie possibili. Lui che era figlio di un membro del Ministero. Non sarebbe stato marchiato – non ancora – ma avrebbe stretto con Tom un voto infrangibile.
Non poteva fidarsi di nessuno. Non avrebbe potuto farlo a breve, quando da Tom Marvolo Riddle, si sarebbe fatto conoscere da tutti con il nome di Lord Voldemort.
Tom era come un Re scolpito nel marmo, più persuasivo di una tempesta. E le cicatrici che segnavano il suo corpo erano verdi e d’argento. Il suo sangue era una marea di maledizioni senza perdono che mantenevano le sue vene calde, mentre l’Avada Kedavra trovava riparo dentro di sé. Si muoveva attraverso il mondo magico, veloce e tranquillo, mentre il mondo cominciava a parlare di lui, senza che ancora accadesse nulla. L’ansia di un qualcosa che sarebbe accaduto di lì a poco, portava le persone a vivere nella paura. Nell’aria già c’era odore di paura. E le voci cominciavano a bruciare solamente piccoli tasselli di quella guerra incombente.
“Entrate. È tempo per noi di cominciare i giochi!”. Quello era l’inizio di come tutto quello non sarebbe mai finito. Sentiva gridare il suo nome, in quel momento lo sussurravano. Quello era l’inizio della fine. L’inizio di tutto quello che non sarebbe mai finito. L’inizio della guerra. L’inizio del gioco.
 
 
Bellatrix poteva sentirlo! Poteva sentire quanto quel momento fosse vicino e non intendeva vicino nel tempo ma vicino in una dimensione che era al di là del tempo e dello spazio, era qualcosa che la maggiore delle sorelle Black sapeva, percepiva, sentiva nell'aria e quell'aria la riempiva di piacere, di un'oscura eccitazione, di qualcosa che la spingeva, come un magnete, verso i lidi più oscuri della sua mente. Bellatrix lo sentiva, sentiva il potenziale di quel giovane uomo e lo aveva sentito nel primo momento in cui l'aveva incrociato. Non c'era stato bisogno di dire altro: due anime affini si riconoscono ancora prima di conoscersi.
E per quanto vi potesse essere del perverso in quelle particolari anime affini, Bellatrix non credeva che potesse esserci nulla di meglio. Lei era Bellatrix Black, lei era l'erede della famiglia Black, a differenza di quello che dicessero i suoi parenti, a differenza di quello che Cygnus pensava di lei, a differenza di quelli che dicevano che era suo cugino, Regulus - unico uomo della dinastia Black degno di nota - l'erede della Casata. Erano tutte idiozie, quel ragazzino tronfio non avrebbe mai potuto ereditare o comprendere che cosa significasse essere un Black. Solo Bella lo poteva comprendere davvero ed era sicura che quello fosse il motivo per cui Riddle le avesse dato quell'appuntamento... Riddle, che rappresentava quello che Bellatrix aveva sempre cercato: il potere, quello che le scivolava nelle vene. Era quello, il grande - chiamiamolo così - limite di Bellatrix: era innamorata di quel potere oscuro e avrebbe fatto per quello, qualsiasi cosa. Un sorriso supponente ed assolutamente magnetico si dipinse sulle labbra strette della giovane donna nel momento in cui la voce di lui la raggiunse. “Mio Signore.” Sussurrò, leggermente lasciva ma senza farlo apposta, varcando la soglia passando di fianco all'uomo per assaporare tutto il potere, tutta l'oscurità che lui sembrava tramettere e che le pizzicava la pelle, delicatamente, provocandole un piacere oscuro e perverso. Dietro la ragazza, come un cagnolino impaurito, c’era Severus Piton: “Mio Signore” pronunciò incolore.
 
 
Milo adorava il potere. Il potere portava sopravvivenza, e il suo scopo era quello di sopravvivere. Era lo scopo di tutti gli esseri umani, e chi diceva il contrario era un ipocrita. Come chi diceva che preferiva l'amore alla comodità. Milo amava guardare le cose da un punto di vista macroscopico. Gli esseri femminili erano sempre i più delicati, i più fragili. Non erano inutili solamente perché servivano a portare avanti la razza. Per Milo, però, erano ad un livello decisamente inferiore rispetto agli uomini. Era a loro, che spettava il potere, in quanto più forti e più intelligenti, più consapevoli di loro stessi. Serviva il pugno d'acciaio, per governare. Dare il potere alle donne significava aspettarsi che governassero con un guanto di velluto gli uomini. Dare il potere alle donne significava destinare tutto all'anarchia. Lui non si sarebbe mai piegato, ad una donna, mai nella vita. Nonostante tutti pensassero che non avesse dignità, aveva la decenza di credere che stare sotto ad una donna fosse peggiore che la morte. Secondo lui, tutti avevano un posto, e i maschi stavano in cima.
Una cosa era certa. Il suo Signore era potente o, comunque, ricercava il potere. Stare dalla sua parte, in quel frangente, era di vitale importanza. Milo sentiva la necessità di stare dalla parte dei vincitori. In quel momento, l'unica cosa che gli importava era quella di compiacere il Signore Oscuro. Sapeva bene, che Riddle ricercava il potere per sé, ma era anche sicuro che gli sarebbe servito qualcuno, per raggiungere quel potere. E che forse avrebbe premiato, quel qualcuno.
Milo sapeva benissimo che parte avrebbe dovuto recitare: quella del fido servitore, pronto ad adulare il proprio padrone. L’adulazione gonfiava d'orgoglio le persone, e fino a prova contraria, Riddle era ancora un essere umano. Avery non sapeva, per quanto tempo sarebbe rimasto così, quindi era meglio agire il prima possibile.
“Mio Signore.” disse Avery, gettandosi a terra. Si rialzò, e riconobbe, oltre a quella di Riddle, la figura di Piton e quella della maggiore delle Black. Piton era il suo compagno di stanza, un mezzosangue fin troppo innamorato, per i gusti di Milo, tanto da fargli venire la nausea - soprattutto perché era innamorato della Evans, una ragazza che pur essendo abbastanza piacente, non era altro che una lurida mezzosangue che stava nel gruppetto di Potter. Per quanto riguardava la Black... Era una donna, certo, ma molto spesso Milo si chiedeva se lo spirito maschile del cugino non si fosse trasferito direttamente in lei. Preferiva di certo Bellatrix ad Andromeda, una ragazzina che reputava fin troppo insolente, e anche a Narcissa, che pur avendo un bel faccino, non considerava che una bambinetta buona solo a sposarsi e a stare sotto ad un uomo.
 
 
Barty sapeva benissimo a cosa sarebbe andato incontro proseguendo in quella che, agli occhi di qualsiasi ragazzo nelle sue condizioni, sarebbe stata una folle impresa. Sì, folle. Folle perché abbandonava tutto ciò che lo aveva circondato sin da quando era nato.
Tu sei nato per lottare al mio fianco contro le Arti Oscure, aveva ripetuto fino alla nausea Bartemius Crouch Senior. Fino all'anno precedente non avrebbe mai osato contraddire il padre, né tantomeno andargli contro. Ma la strigliata davanti all'intero corpo scolastico era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Mi vergogno di essere tuo padre! aveva urlato l'ometto con il volto paonazzo in netto contrasto coi capelli ormai grigi. No, Barty si vergognava di essere suo figlio. Si vergognava di vedere sua madre debole e fragile, sempre sola e triste, mentre lui era a lavoro. Lavoro, lavoro, lavoro. Solo quel dannatissimo Ministero della Magia sembrava importargli. Era l'uomo perfetto fuori: stimato, giusto, colui che era candidato a diventare Ministro. Nessuno come il ragazzo, tuttavia, vedeva il marciume del suo cuore.
No, non era una scelta folle. Era l'unica scelta che andava fatta. Chi avrebbe potuto garantirgli la vendetta contro tutto quello che aveva provato dei primi quattordici anni della sua vita se non lui, l’Oscuro Signore? Il solo nome richiamava il potere.
Dal giorno in cui Severus gli aveva comunicato che il Signore Oscuro voleva parlare con loro, Barty non aveva chiuso occhio pensando e ripensando a come potersi rendere utile a quel mago.
Aveva solo quattordici anni in fondo e i capelli tutti disordinati e le lentiggini di certo non lo aiutavano a sembrare più grande. Ma era uno dei migliori a scuola, il ragazzo modello, tranne per quella piccola sbavatura della Trasfigurazione umana che non era andata molto a genio ai professori. Di certo aveva grandi abilità magiche, una grande passione per ciò che lo chiamava in prima persona, il desiderio di non essere noto come il figlio di un grande uomo. Voleva cancellare suo padre. Voleva superarlo. E voleva rimanere coerente con sé stesso: non avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco. Lui avrebbe seguito la sua via senza sbavature. Sarebbe andato fino in fondo.
Sentì una voce quasi sibilante oltre la porta di quella baracca che aveva raggiunto con un leggero ritardo e fu quindi costretto a varcare la porticina scricchiolante quasi di corsa rischiando di finire addosso ad Avery posto a pochi centimetri davanti a lui. Vide Severus e la maggiore delle sorelle Black e senza saper bene cosa fare si pose fra i due ragazzi inchinandosi appena pensando che imitarli era la soluzione migliore.
“Mio Signore...” sussurrò: non lo era ancora. Lui non sarebbe stato marchiato. Era troppo piccolo. Si sarebbe fidato di lui? L'avrebbe ritenuto in grado di seguirlo? O era stato solo un errore e il suo nome non doveva esserci in quella brevissima lista? Con tutti questi dubbi, Barty alzò velocemente il viso con gli occhi che quasi brillavano tra la semplice paura di essere nel posto sbagliato e l'ansia di sapere che no, lui faceva parte di quel gruppo. E sarebbe andato lontano con loro.
 
 
Tom li vide entrare uno ad uno e si sentì compiaciuto. Sapeva perfettamente cosa stesse pensando ognuno di loro. Loro dicevano di non aver fiducia. Loro, io, noi. Ma lui li avrebbe guidati verso un cammino diverso - un cammino oscuro. Dovevano farlo per il loro Signore e per loro stessi, bastava un cenno e sarebbero andati in alto, sempre più in alto. Sarebbe andata in questo modo: Tom avrebbe visto dentro ognuno di loro, come se fossero porte aperte - solo per lui -, arrivando nelle profondità dei loro corpi, dove si sarebbe insediato prendendo il comando. Li avrebbe privati della loro anima, mandando il loro spirito a dormire in qualche luogo freddo fino a che non si sarebbe dissolto, ammassato e dimenticato, come un qualsiasi gingillo comprato per sfizio. Un mangiamorte era una macchina progettata per distruggere, senza alcun ripensamento.
Mio Signore!
Mio Signore!
Mio Signore!
Era questo che stava diventando per loro. Il loro Padrone. Il loro Signore. “Alcuni di voi, sono già stati marchiati…”si passò la lingua sul labbro inferiore continuando a fissare negli occhi coloro che l’avrebbero seguito sul nuovo regno. Quello oscuro, penetrante, freddo, malvagio e puro. “…Altri verranno marchiati in queste notti…” si soffermò a guardare il ragazzo più giovani lasciandogli un’occhiata di intesa. “…e altri ancora pronunceranno con me un voto infrangibile!”
Aveva atteso tanto quel momento. Lo aveva bramato a lungo. Aveva lottato, ucciso, mentito, per ottenere quel risultato. Tamburellò con le dita “Sedetevi!” mentre i suoi ospiti prendevano posto. Osservò Nagini guardare con piacere i suoi – forse futuri – spuntini, ma le intimò di star buona. Aveva per lei qualcosa di diverso. Con uno schiocco di dita, davanti ai suoi quattro ospiti apparirono altre quattro persone. Ghignò, loro erano ospiti per obbligo. “Lasciate che vi presenti gli altri miei ospiti…”
Rise lascivo mentre si avvicinava alle quattro sedie con sopra – incatenati – quei luridi maghi sostenitori di Silente senza possibilità di redenzione. Il primo era un auror di poca importante, che aveva osato sfidare lui alla luce del sole. Aveva detto cose del tipo:
-Se dovessi trovarmi Voi-Sapete-Chi davanti, lo affronterei-
Beh, doveva dire, che non era stato difficile rapirlo. Povero illuso…
“Lui è Arthur Davies, e sarà tuo Bella. Sarà il tuo omicidio!” Le spiegò avvicinandosi a lei e passandole il pollice sul labbro inferiore “…spero tanto che tu non deluda il tuo Signore!”.
Il suo secondo ospite era un insulso mago che aveva osato beffarsi di Tom davanti a Silente. Congiunse le mani in modo tale da intrappolarne all'interno il labbro. Non avrebbe avuto ancora per molto quell'aspetto, tanto valeva gustarne - ancora un po’- tutti i vantaggi annessi e connessi. "Il nostro secondo ospite è per te, Severus. Lui è Axel Patel. Non c'è un motivo preciso perché tu debba ucciderlo..." ghignò ridendo "o forse, visto la sua natura sessuale, potresti torturarlo prima. Giusto per fargli capire che certe cose, non si fanno."
Infine si avvicinò a Milo, scoprendo il volto della loro terza ospite. Una fanciulla affascinante. Bella, bellissima. Rapita da un villaggio babbano, per essere torturata, violentata e uccisa in modo barbaro.
"Mi sono assicurato che fosse vergine.." fissò il ragazzo negli occhi "voglio che venga sparso questo sangue puro, in modo barbaro."
Infine guardò Barty sorridendo e scoprendo il volto di un ragazzetto che doveva avere all'incirca la sua età.
"Voglio che tu lo renda pazzo. Sai come si usa un Cruciatus o vuoi che la nostra Bella ti insegni?".
Guardò i suoi servitori e le loro prede. Erano come Nagini a caccia. Sorrise fiero attendendo le loro mosse mentre si faceva da parte insieme al suo fedele serpente.
"Preparati Nagini, la cena sarà servita tra poco"
 
 
Bellatrix era troppo affascinata dal Lord per dedicare a Severus anche un solo sguardo, per sua fortuna, ma purtuttavia lo fecero altri mangiamorte, compagni di casata che conosceva bene: dalla stessa porta dalla quale era entrato, entrarono prima Milo Avery, e poi Barty Crouch jr. Gli rivolse un sorrisetto, sicuramente ci sarebbe stato utile, anche se era troppo piccolo per dirlo.
Intanto gli occhi di tutti loro si posarono sul signore oscuro che stava parlando, seguendo attentamente le sue parole. Quando parlò la sua voce risuonò all'interno delle quattro mura. Severus si alzò dalla sedia e fece un inchino come se fosse a duello, anche se l’uomo davanti a lui non poteva muoversi. “Sectusempra!” disse e dalla bacchetta partì un raggio rosso che si andò a conficcare giusto al centro del petto di quell’uomo, aprendo diverse ferite che cominciarono a sanguinare. L’uomo sarebbe morto di lì a pochi attimi, ma avrebbe sofferto tantissimo. Ghignò, Severus, riconoscente alla genialità – che pensava – fosse da attribuire a quell’incantesimo. Incantesimo che aveva creato lui stesso.
 
 
Severus fu il primo, da bravo bambino obbediente. Alla vista dell'incantesimo che aveva usato contro l'uomo, le labbra di Milo s'incurvarono verso l'alto, in uno di quei sorrisi che gli regalavano un'aria angelica. Milo sapeva che il sectumsempra fosse un incantesimo inventato da Piton stesso. E, in effetti, non era nemmeno una scelta tanto cattiva. Tuttavia, Milo Avery amava giocare. E il sectumsempra non offriva tante opportunità ludiche. Osservò per un attimo la ragazza che gli era stata affidata. Non sapeva se sentirsi offeso: lottare contro una ragazza... Gli sembrava una cosa troppo facile. Come se Riddle non lo considerasse all'altezza di Piton o della Black. Ma cancellò quel pensiero dalla mente: erano tutte e tre legate, le vittime. Non c'erano problemi.
Rivolse alla ragazza il suo sorriso migliore, mentre lei cominciava a piangere. Erano ridicole, le donne. Piangevano sempre, come se avessero un eccesso di liquido nel sacco lacrimale.
Avery si alzò, un sorriso rassicurante sul volto, per poi accovacciarsi davanti alla sedia della ragazza, la schiena dritta, i talloni alzati da terra e i gomiti appoggiati alle ginocchia. Allungò la mano sinistra verso la guancia della ragazza, asciugando le lacrime.
“Tranquilla.” sussurrò, il sorrisetto ancora sul volto. “Sarebbe un tale peccato, rovinare questo faccino.” 
Continuando ad accarezzare la guancia di velluto, girò il capo verso il compagno di stanza, il suo candido sorriso ancora sulle labbra. “Se vuoi, posso lasciarti la sua parte migliore.” commentò alzandosi in piedi, alzando la spalla destra per poi riabbassarla velocemente. “Almeno avrai la certezza di entrare in una zona inesplorata da Potter.”
Ritornò a guardare la ragazza, che aveva ricominciato a piangere. Con il suo sorrisetto, si avvicinò alle labbra della ragazza per appoggiarci sopra le sue. Gli stava quasi piacendo, quando la ragazza gli morse la lingua. Immediatamente si allontanò dal suo viso, ricompensando il suo bel visetto impertinente con un manrovescio. Con la mano destra trovò la bacchetta nella tasca dei pantaloni e la puntò contro la giovane.
“Crucio!” gridò. Stava ancora giocando, Avery. E si divertiva, lo testimoniava il sorriso imperterrito sulle sue labbra. Le urla della ragazza gli provocavano uno strano brivido sulla schiena, qualcosa di piacevole. "Mors tua, vita mea", dicevano i romani. E la famiglia Avery era ben consapevole della saggezza dei romani, non per nulla la maggior parte dei familiari di Milo aveva un nome di origine latina - Caesar, Lucretia, Claude.
Fermò la maledizione, per lanciarne un'altra poco dopo, una che gli aveva insegnato suo padre. Fece fare alla bacchetta un movimento simile ad una frusta, e dalla bacchetta uscì un fascio infuocato che colpì il petto della giovane. Esternamente, non sarebbe successo nulla, ma ben presto tutti gli organi avrebbero iniziato a trasudare sangue. Avery capì che l'incanto aveva funzionato quando la ragazza svenne e dalle sue narici uscì un rivolo di sangue scuro.
Si allontanò ancora di più da lei, andando al fianco di Piton.
“Credo che ormai sia troppo tardi, Severus.” disse, per poi passarsi l'avambraccio sulla bocca. Deglutì. Non l'avrebbe rovinata, non all'esterno. Pensava davvero, che fosse abbastanza bella da non meritare uno scempio del genere.
“Avada Kedavra!” ormai, quel giocattolo l'aveva stufato.
 
 
Erano tante, le cose che passavano nella mente di Bellatrix mentre ammirava il suo Signore, mentre udiva quelle parole talmente tanto piene di una perversione che accendeva in lei le passioni più sopite e profonde. Vi era, in un certo senso, una sorta di tensione che suscitava in lei un piacere perverso nel rendere quell'uomo fiero, nell'acconsentire ad ogni suo desiderio.
Sorrise, piegando il capo bruno da un lato eppure nel suo sorriso non vi era nulla di confortante, nulla di allegro. Era quello che qualcuno avrebbe potuto definire un sorriso malato, folle. Sorrise, all'indirizzo di Lord Voldemort, nel momento esatto in cui le sue parole la raggiunsero, nell'istante in cui gli ospiti di cui egli aveva appena parlato fecero il loro accesso nella stanza della casa  in cui si trovavano.
Ridacchiò appena, fissando l'intraprendenza di Piton nel prendersi carico del suo compito poi lasciò che Avery si occupasse del suo incarico. Si dice che le donne siano solidali nei confronti delle altre donne. Probabilmente Milo aveva ragione, probabilmente Bellatrix non era una donna, non nel senso comune del termine: non si sentì in alcun modo ferita o colpita, o preoccupata da quel gesto e per un secondo si chiese come avrebbe dovuto sentirsi, nel vedere la stupidità di quella ragazzina che ci credette davvero, alle parole del sedicenne.
Poi non se ne preoccupò comunque oltre: nel momento esatto in cui questa riprese a piangere, scivolò elegante alle spalle del sedicenne e sorrise, sadica, all'indirizzo della giovane che forse l'aveva vista come un'alleata. Povera illusa. Rideva, Bellatrix, con quella risata disumana, nel momento in cui il corpo della ragazza si afflosciava, senza vita, sul pavimento e rideva ancora mentre si avvicinava all'auror. Si incamminò verso di lui con quell'incedere aristocratico che le era stato insegnato nell'infanzia e poi si piegò sulle ginocchia, fissandolo negli occhi; i suoi, di quel colore tra il verde e l'azzurro, fissi come se potesse cogliere ogni segreto di quell'agnello sacrificale e luminosi, di una luce intensa e folle, ancora sulle labbra la sensazione del tocco di lui. “Al nostro amico qui” disse all'uomo che conservava, nonostante tutto, un contenuto silenzio, indicando Milo con il capo scuro “Piace raccontare delle favolette... Io, mi dispiace, non sono così gentile.” Le sue labbra si sollevarono in un sorriso sadico. Sfoderò con grazia la bacchetta e lasciò passare la punta lungo il collo di lui come fosse la lama di un coltello, scendendo poi all'altezza del cuore, dove si fermò. A quel punto distolse gli occhi dal legno e li puntò sulla vittima. “Vorrei poterle dire che non sentirà nulla, ma non mento, quando non è necessario.” Sibilò, profetica, prima di pronunciare: “Crucio.” Avrebbe atteso che implorasse, prima di ucciderlo e le sue urla, le sue sofferenze, l'avrebbero fatta ridere...
Durò forse minuti, forse ore, quando l'uomo la implorò, urlò di ucciderlo e fu solo in quel momento che Bella, con una grazia quasi anacronistica, pronunciò l'Anatema che Uccide dando, forse, all'uomo ciò che desiderava.
 
 
Il voto infrangibile. Barty sapeva benissimo di cosa si trattasse e non sapeva se sentirsi fiero o sminuito: effettivamente era quello messo più a rischio. Non si può venire meno ai patti. Pena: la morte. Ma non sarebbe stato marchiato: forse non lo riteneva all'altezza? Forse lo considerava troppo piccolo e ingenuo? O forse temeva semplicemente che Crouch Senior potesse in qualche modo scoprirlo e sarebbe stato quindi incauto?
Mandò giù quel dubbio preferendo non rispondersi. Avrebbe dimostrato di essere all'altezza di tutti gli altri. Non si sarebbe tirato indietro davanti a nulla. Lo avrebbe sempre seguito fedelmente.
Mentre rimuginava tra sé e sé diede un'occhiata alle varie operazioni in corso: Severus aveva ucciso con un incantesimo da lui ideato un uomo non molto noto nel mondo magico, ma che Barty aveva scorto da qualche parte mentre era col padre; Avery si era limonato una giovane bellissima quanto insolente meritandosi la maledizione della tortura; e infine un Auror, anche lui torturato e poi ucciso dalla più grande delle sorelle Black.
Non aveva battuto ciglio per tutto il tempo, osservando in silenzio e senza muovere un muscolo del viso o dare alcun segno di turbamento. Aveva assistito a molto peggio, sebbene - considerò mentalmente -  i suoi compagni più grandi fossero quasi...animaleschi. I loro occhi brillavano di una luce folle nel momento in cui vedevano quelli delle loro vittime spegnersi per sempre.
Si ridestò accorgendosi di essere osservato: toccava a lui. Un ragazzino tremante dai capelli rossicci e gli occhi color smeraldo gli stava davanti. Aveva gli occhi lucidi e guardava terrorizzato Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte, ma non di certo Barty. Probabilmente pensava che un suo coetaneo non sarebbe stato così crudele. Forse sarebbe riuscito a sfuggire. Forse no.
Il biondo sfilò dalla giacca la bacchetta di ebano nera e lucente accarezzandola appena con le dita.
“Dovresti sentirti onorato...” sussurrò a fior di labbra mentre si avvicinava dondolando la testa a destra e a sinistra. “Sei...il primo su cui scaglio uno degli anatemi proibiti.” Alzò gli occhi nocciola e in quelli color dell'erba del ragazzino vide scomparire quel bagliore di speranza. Socchiuse le labbra tremanti e rosse per quanto se le era morse per il timore come per implorarlo, ma era troppo tardi. “Crucio.” La voce ferma, pacata, come se stesse semplicemente trasfigurando un insetto in un bottone. Urla e urla per diversi minuti. Osservò curioso il rosso che si contorceva a terra piangendo. Poi, sempre con la stessa calma e senza battere ciglio, alzò lo sguardo osservando uno per uno i presenti come in attesa di ulteriori istruzioni.
 
 
Tom li odiava. Li odiava tutti. Odiava il loro modo di agire, il loro modo di sentirsi potenti. Odiava soprattutto il loro modo di credersi cattivi, di credere che potessero avere il sangue acido, come se ci avessero iniettato dentro l’odio. Non capivano che in realtà erano tutte pedine di una grande scacchiera a cui stavano giocando L’Ordine e la Resistenza. C’era stato un tempo, in cui Tom provava solo sete di sapere cosa fosse successo ai suoi genitori naturali. Quel tempo durò per tutta la sua infanzia fino al giorno in cui entrò a far parte di Hogwarts, fino al giorno in cui capì di essere speciale. E la sete di sapere si trasformò in rancore e il rancore infine divenne odio. Odio per le persone che erano diverse da lui, odio per le persone di rango inferiore, odio … odio … odio. Un tempo le sue iridi erano azzurre, di quell’azzurro cielo ma l’odio infangava ogni cosa e il suo cuore – ormai di pietra – non era stato più in grado di emanare un solo battito. Il suo cervello lavorava il doppio, ma quella cellula di bontà che ogni essere umano possedeva lui l’aveva bruciata, l’aveva accantonata, l’aveva sconfitta. Li odiava, li odiava tutti. Aspettò che finissero tutti la loro prova di fedeltà. Fu Severus Piton il primo a cominciare e quello che fece lasciò al Signore Oscuro il disgusto su tutto il corpo. Aveva grandi aspettatevi nei suoi confronti, voleva che fosse un suo degno erede se fosse caduto prima del previsto, ma con quella mossa. Con quell’unica mossa stupida, aveva fatto crollare ogni sua piccola idea costruita nei confronti del Serpeverde. La mano cominciò a prudergli, e la bacchetta che impugnava si fece sentire: aveva una tale voglia di lanciargli contro un anatema che uccide. Forse il futuro Lord Voldemort stava perdendo colpi, visto che nell’esatto momento in cui Severus pronunciò quell’insulso incantesimo, un raggio rosso partì dalla bacchetta dell’Oscuro. Tom – situato alle spalle di Severus – sferrò il suo colpo.
“Avada Kedavra” urlò e il lampo di luce verde sfiorò i capelli del moccioso, uccidendo l’uomo che ricadde all’indietro privo di vita. “Non voglio stupidi incantesimi...” ringhiò a pochi centimetri dal volto del serpeverde “…qui, non siamo ad Hogwarts. Qui siamo in guerra. Non ti azzardare mai più a prenderti gioco di me.” Le sue iridi s’infuocarono e la bacchetta impugnata nella sua mano destra cominciò a bruciare “Non osare mai più prenderti gioco dell’Oscuro Signore. Mai più!”.
Poi fu il turno di Avery, lui gli interessava. Aveva tanta voglia di vederlo all’opera, di vedere come avrebbe macchiato di sangue l’anima candida di quella vergine. Lo guardò cercando di capire, decifrare e prevedere ogni sua mossa. Non lo aveva ancora inquadrato ed era per questo che lo voleva nelle sue linee di guerra, perché di lui – nonostante potesse essere un serpeverde – nessuno avrebbe mai sospettato. “Tranquillo…” ghignò “…ci penserà comunque Nagini a deturparle quel bel faccino!”. E quanto gridò il Crucio, Tom si lasciò andare in un ghigno sadico mentre un sorriso si formava sul suo volto. Stava ottenendo quello che voleva. E mentre vedevo quella fanciulla urlare e contorcersi per il doloro, un brivido di eccitazione misto a forza gli invadeva il corpo. L’Oscuro Signore stava sorgendo. “Ottimo lavoro, ma ti avevo chiesto di versare il sangue di questa vergine, in modo diverso da come hai fatto. Provvedi!”
Il male che quelle persone stavano assimilando, che stavano scoprendo – grande a quegli omicidi – li avrebbe portati a scegliere di essergli fedele. Solo ed esclusivamente a lui. Quando fu il turno di Bellatrix Black ne restò affascinato. Era raro trovare una fanciulla così macchiata dall’odio, ma per quanto potesse apparire fantastica ai suoi occhi, appariva anche patetica perché credeva di avere il male dentro di sé. In realtà – non sapeva ancora – a cosa stesse andando realmente incontro. Inclinò la testa di lato, passandosi la lingua sul labbro. Era anche plateale a vederla, ma d’effetto. A Tom piaceva! Sentiva la sua sete di malvagità, la sentivo vicina … la sentivo mangiamorte.
E anche il terzo cadavere fu collezionato. Non le disse nulla, ma la guardò intensamente facendole capire che il nostro incontro sarebbe durato di più ma non potevo prometterle che ne sarebbe uscita viva.
E poi ci fu Barty Crouch Jr. A lui aveva dato il compito di non uccidere quel moccioso, o meglio non ucciderlo fisicamente. Crucio. Crucio. Crucio. La testa del ragazzo stava cedendo. I suoi neuroni stavano impazzendo … i suoi neuroni stavano morendo. “Siii…” esultò guardandoli “…questo è quello che voglio, ragazzi miei. Voglio disperazione, voglio morte.!” Fermò il ragazzo con un gesto della mano e guardò il bimbetto sofferente, che con lo sguardo implorava pietà. La pietà che non avrebbe avuto. Quella stessa pietà che nessuno avrebbe avuto. “Imperio” sussurrò e il ragazzo sembrò bloccarsi di colpo. Tom ghignò. “Adesso ordinagli di essere i tuoi occhi, le tue orecchie, il tuo secondo ad Hogwarts. Farà quello che dirai, dirà quello che vorrai…e quando non ci servirà più. Tu lo ucciderai.” Tornò a guardare Severus e sorrise maligno, per lui aveva altri progetti. Progetti che lo avrebbero rivelato per quello che era. Lui non mi sembrava né buono e né cattivo, ma vivere nel mezzo lo avrebbe solo portato più in fretta alla morte. “Per te, mio caro Severus, ho in serbo una sorpresina che scoprirai a breve” e quella sorpresina, portava il nome di Nicholas Evans. “Ascoltatemi tutti e che non esca fuori una sola parola o morirete di una morta così lenta da riuscire e vedere ogni vostra cellula esplodere e arrivare al cervello” ringhiò sfidandoli con lo sguardo. "Voglio che ognuno di voi uccida un membro delle case di Hogwarts, voglio che tutti sappiano che Lord Voldemort è riuscito a penetrare anche nel castello. Voglio sangue, voglio dolore, voglio che Silente capisca che i giochi sono finiti anzi..." ghignò " i giochi sono appena iniziati!"
Game On, Silente!.
 
 
Potrei dirvi che l'adrenalina iniziò a scorrere nelle vene di Bellatrix ma non sarebbe corretto perché quello che lei sentì, nel momento in cui l'eco del cadavere dell'uomo si spense tra le pareti di quella casa, era qualcosa di molto più antico e razionale dell'adrenalina. Quella, nella maggior parte delle volte, era una risposta assolutamente ingiustificata mentre quello che iniziò a scorrere attraverso le vene della maggiore delle sorelle Black era qualcosa di assolutamente più razionale, qualcosa di talmente cosciente di sé che lei per un solo istante dovette trattenere l'impulso di ridere, perché lo seppe -e non ci fu bisogno che abbassasse gli occhi su di lui per comprenderlo- immediatamente, che Lui era rimasto soddisfatto dal suo gesto volutamente scenico, teatrale.
Non rise, non fece altro che far spostare le iridi chiare sul volto giovane del Signore Oscuro e attendere quelle che sarebbero state le sue parole. Lo studiò attentamente e per un solo istante Bella avrebbe potuto giurare di vedere un sorriso, su quelle labbra. Scosse la testa, prima che qualcosa di simile potesse dipingersi sulle sue. Era l'unica donna in quella stanza e non avrebbe permesso a nessuno di pensare che fossero altri i motivi per cui si trovava lì. Si spostò da un lato, fissando con attenzione Crouch che torturava la sua vittima. Fu nel momento esatto in cui, nuovamente, la voce di Lord Voldemort riempì la stanza, che Bellatrix voltò nuovamente gli occhi sul suo volto, questa volta con un'aria di rispetto, come faceva solitamente quando si trovava di fronte ad una figura di potere.
Annuì una sola volta mentre qualcosa le diceva che no, quelle parole non erano rivolte a lei. Non saprei dirvi come facesse a saperlo ma... Beh ci sono delle cose che si scoprono e Bellatrix era sempre stata brava a comprenderle. Si accomodò su una poltrona mezza distrutta da cui si alzò uno sbuffo di polvere che fece deformare il suo bel volto chiaro in una smorfia di schifo e poi incrociò le lunghe gambe. “Grifondoro.” Si limitò a dire, quel sorriso sadico che si era dipinto quando fissava negli occhi quell'uomo il cui cadavere giaceva ai suoi piedi nuovamente dipinto sul volto splendido, illuminato di una luce insana dagli occhi verde-azzurri. “Io mi prendo Grifondoro.”
 
 
Rimase immobile Severus quando sentì l’Avada Kedavra pronunciata dall’Oscuro contro l’insulso ometto che si contorceva ai suoi piedi ed ancor di più rimase immobile quando lo sgridò facendogli capire che non aveva approvato l’incantesimo che aveva gettato al mago. “Non succederà più, mio signore” borbottò quando lo lasciò andare, capì che era salvo, ed emise un sospiro di sollievo.
 
 

Il sorriso di Milo, si deformò leggermente quando Riddle gli fece notare che gli aveva chiesto di versare del sangue.
“Cosa dovrei fare, per rimediare?” domandò smettendo completamente di sorridere. Aveva come l'impressione che quei sorrisetti candidi che molto spesso rappresentavano il suo lasciapassare non funzionassero, con persone come Tom Riddle.
Quando lord Voldemort disse le sue intenzioni future, Bellatrix manifestò tutto ciò che Milo pensava delle donne: voglia di essere ammirate, entusiasmo eccessivo, pudore pressoché nullo.
Lui si limitò a sedersi al suo posto, incrociando al petto le braccia, per sapere quali sarebbero state le intenzioni del Signore Oscuro. Se fosse stato per lui, avrebbe ucciso anche uno studente per ogni casata, ma avrebbe fatto quello che Riddle gli avrebbe ordinato. Alla fine, una casata valeva l'altra. In ognuna di esse si potevano trovare piccoli gioielli o la feccia più totale, anche fra gli stessi Serpeverde.
 
 
Riddle fermò il suo incantesimo quando ormai il ragazzino era quasi al limite della soglia del dolore sopportabile da un essere umano. Barty si limitò ad osservarlo mentre eseguiva su di lui la maledizione Imperius.  Non aveva mai avuto uno schiavetto personale: sarebbe stato davvero divertente.
Accorgendosi di essere l'unico rimasto in piedi si affrettò a sedersi sull'ultima poltrona libera ignorando il polverone che alzò. Scrollò appena quel grigiore dai capelli e dagli indumenti con una smorfia, prima di prestare totale attenzione al Signore Oscuro. Si era arrabbiato con Severus, ma Barty non ne aveva compreso il reale motivo: l'incantesimo del moro era ingegnoso, soprattutto sapendo che un ragazzo di soli sedici anni lo aveva ideato. Bella invece si era messa al centro dell'attenzione e sembrava non vedere neanche i tre ragazzi: aveva occhi solo per lui, per Riddle. Un mezzo ghignetto si dipinse sul volto del giovane Crouch. Forse la maggiore delle sorelle Black non era il miglior esempio di femminilità e grazia che si poteva trovare sulla crosta terrestre, ma di certo quegli occhi che brillavano e non si staccavano da Voldemort la dicevano lunga.
Infine si voltò a osservare Milo, anche lui con uno strano sorriso adulatore stampato sul viso affascinante che si ritrovava: il quattordicenne più volte si era ritrovato a invidiarlo. Faceva impazzire tutte le ragazze, eppure non ne calcolava mezza.
Si ridestò dai propri pensieri quando sentì il loro nuovo capo affidare loro una missione: dovevano uccidere uno studente di Hogwarts. Uno per casa. Ma...anche uno di noi? pensò tra sé e sé Barty senza osare esprimere quel pensiero a voce alta. Non che avesse a cuore qualcuno in particolare, ma gli sarebbe apparso alquanto insolito uccidere magari un ragazzo con cui aveva condiviso Sala Comune, lezioni, pranzi e cene assieme per almeno quei quattro anni.
Si ridestò di colpo quando vide la giovane Black alzarsi, sempre molto teatralmente, e affermare concitata che lei si sarebbe presa un Grifondoro. Non aveva dubbi, Barty, su ciò. Era ovviamente la nemica giurata della casa di Salazar Serpeverde. Sperò, tuttavia, che non pensasse al cugino. Nonostante il biondo avesse pessimi rapporti familiare, ritenne impossibile pensare solo lontanamente ad uccidere un proprio parente. Era...contro natura? Forse era semplicemente ancora troppo giovane. Panta rei, tutto scorre. Forse le cose sarebbero cambiate di lì a qualche anno... ma sperava comunque che Sirius Black sarebbe stato risparmiato! Almeno per il povero Regulus.
Riddle li aveva minacciati di morte sicura nel caso avessero proferito parola. Non che per Crouch Junior fosse un problema: era un buon Occlumante e sapeva dissimulare benissimo i propri sentimenti. E poi si poteva dire tutto su di lui, ma non che non fosse fedele o non seguisse con passione smisurata ciò in cui credeva. E adesso era in quel giovane uomo che credeva. Vedeva in lui ciò che avrebbe voluto essere. Vendetta. Potere. Capacità di incutere timore e rispetto, nonché una profonda ammirazione.
 
C’era stato un tempo, in cui Tom decide che sarebbe stato immortale. Non fu una decisione sofferta o duratura. Semplicemente capì che il mondo doveva essere scosso sotto una prospettiva un po' diversa, oscura, malvagia. Tom Marvolo Riddle aveva i giorni contati, e dalle ceneri di quel mago mezzosangue, sarebbe rinato lui: Lordo Voldemort. Quelle persone che aveva di fronte – quelle pedine che credevano di essere importanti per uno scopo più grande -, fecero tutti quello che lui ordinava loro di fare. Voleva sangue! Dal sangue delle vittime, sarebbero accresciuti i suoi poteri. Sangue puro, sangue innocente che cominciava con la morte di persone adulte, per finire a quella di neonati. C’erano tante cose da fare prima di dichiarare guerra al mondo. Strofinò le mani osservandoli tutti. La loro sete di potere, la loro voglia di mettersi in mostra, la poteva sentire. Ne sentiva la consistenza sulla pelle ed era una cosa eccitante. Si passò la lingua sui denti ghignando, continuando ad elogiarli, infondere loro coraggio, usarli e poi – quando non gli sarebbero più stati utili – ucciderli.
Guardò la giovane Black che con un sorriso sadico dipinto sul volto fissava gli occhi di quello che fino a pochi minuti prima era un uomo. Ghignò, se possibile, ancora di più – avvicinandosi a lei. Le scostò leggermente i capelli su un lao mentre con una lentezza estenuante posava le sue labbra sul collo della giovane, sulla sua pelle candida. “Bene, Bellatrix” sussurrò facendo salire le labbra fino al suo orecchio destro. La sfiorava con le labbra, con il respiro, con la sua voce glaciale e bollente allo stesso tempo. “…portami la testa del Black rinnegato, su un piatto d’argento”. Voleva che quella feccia – figlio di Orion Black – venisse disintegrato da un membro della sua stessa famiglia. Sangue al sangue. Oh si … voleva del sangue puro sparso sull’asfalto. “E poi toccherà a quel babbanofilo, figlio dei coniugi Potter!”. Come si sarebbe divertito, Tom, a vederli morire insieme. Fieri e indipendenti. Conosceva tutti all’interno di quella scuola. Ogni possibile Mangiamorte e ogni possibile Auror. Non lo spaventavano, anzi, voleva torturarli in un modo così mostruoso che non avrebbero fatto altro che implorare la morte. Eppure, la morte non era il male peggiore. “Ah…sei così sadica mia piccola Bella. Rendimi fiero di te!”.
Fu il turno di Severus di parlare. Quel ragazzo abile in pozioni, dalla sessualità ambigua e dal cuore che pulsava solo per una persona: Lily Evans. E sarebbe stata proprio lei a soccombere sotto quell’amore malsano che quel serpeverde provava per lei. Le avrebbe fatto distruggere tutto. L’avrebbe resa pazza. Prima i suoi cari – sotto i suoi occhi -, poi l’amore della sua vita e infine lei. Voleva che Severus abbandonasse ogni legame affettivo che lo avrebbe spinto verso Silente. “Mi auguro che la prossima volta, sai tu a commettere un omicidio, mio caro Severus”.
Guardò Milo, prendendo quello che restava della fanciulla. “Distruggila Avery. Violentala. Tagliuzzala. Ma rovinala e distruggile. Voglio che di lei non resti che un corpo deturpato”.
E poi si ritrovò di nuovo verso quei quattro ragazzi con un sorriso sulle labbra sadico, perverso, ma eccezionale. “Domattina questi cadaveri, beh li faremo trovare a Silente. Quindi scrivete su ogni cadavere una parola” inspirò il sapore del terrore e questo lo fece fremere di eccitazione “IO – SONO – LORD – VOLDEMORT”
 
 
A Bellatrix non interessavano di certo quali fossero le opinioni o i pensieri di quelli che si trovavano in quella stanza insieme a loro. In realtà, se non avesse sentito i suoni pesanti dei loro respiri, amplificati dal fatto che la quella stanza fosse completamente vuota, non si sarebbe neppure resa conto della presenza di altre persone eccetto la figura di Tom Riddle che volteggiava intorno al suo corpo. Lo sentiva, il potere, l'onnipotenza, quel desiderio che molti avrebbero definito folle e di cui Bellatrix si nutriva: lui avrebbe vinto, qualsiasi guerra fosse stata quella combattuta, Tom Riddle ne sarebbe stato vincitore e nel momento in cui lo aveva conosciuto, Bella aveva deciso che lei avrebbe partecipato a quel trionfo, insieme a Lui.
Altera, elegante, seguì con lo sguardo chiaro, con gli occhi spalancati come se potesse perdere ogni singolo movimento che le avrebbe svelato l'essenza stessa del mondo, cercando di comprendere come avrebbe fatto lei, a divenire quella persona che avrebbe trionfato insieme a Lui. Non aveva dubbi che quello -un trionfo- sarebbe stato ciò che Tom avrebbe fatto: avrebbe trionfato, avrebbe riscritto una storia da cui Bellatrix non voleva essere tagliata fuori. Le mani di lui si posarono sui suoi capelli e le sue labbra sul collo pallido di Bellatrix la quale sentì, chiaramente, ogni singola terminazione nervosa impazzire, vibrare, estasiata da quel Potere e da quella nuova Consapevolezza. Che cosa sarebbe stato un omicidio?! Il corpo di un uomo che lei aveva appena ucciso giaceva ai loro piedi come se si stesse inchinando a Lei, a Lui, a Loro. Le sue labbra, a quel suo stesso pensiero, si chinarono leggermente verso l'alto e fu quello il momento in cui la voce di lui, fredda ed allo stesso tempo affascinante, raggiunse in uno sbuffo le sue orecchie.
Per un attimo solo, gli occhi grigi di Sirius comparvero nella sua mente poi lui pronunciò quelle ultime parole e ogni cosa, ogni sentimento di pietà che potesse anche solo leggermente aver attraversato la testa castana di Bellatrix sparì: l'avrebbe reso fiero di Lei, avrebbe fatto quello che lui le aveva chiesto perché non c'era nulla che lei desiderasse di più di rendere Lord Voldemort fiero di lei. Perché quello, era diventato, in quel momento, il Suo Signore. E per quanto lei avesse sempre protetto la sua famiglia, c'era qualcuno che non ne faceva più parte, da troppo tempo e per Sirius non avrebbe pianto una lacrima. Era ciò che lei voleva fare. Cissy ci sarebbe rimasta male, Meda non l'avrebbe mai perdonata e Regulus... Non sapeva cosa aspettarsi dal più piccolo dei Black ma, si sorprese a pensarlo, non le interessava. Lei avrebbe fatto quello che Lui voleva e lo avrebbe fatto ridendo, con quello stesso sorriso che si dipinse in quel momento sulle sue labbra. “Tutto ciò che desideri, Mio Signore.” Rispose, la voce bassa, quasi un sussurro lascivo, affascinante, totalmente sottomesso.
 
 
Severus Piton avrebbe ucciso chiunque Voldemort gli avesse richiesto, allo stesso modo di Bellatrix, soprattutto dopo la delusione che gli aveva arrecato. Forse non si sarebbe spinto fino a uccidere Lily Evans, ma tutti gli altri... Tutti gli altri si. Certo, anche Milo, l'avrebbe fatto, ma non per fare un piacere a Riddle, no, quello mai. Lui lo faceva per il potere e perché la vita della maggior parte degli esseri umani non gli interessava. In troppi, vivevano anche se non ne avrebbero dovuto avere l'onore. Babbani, sangue sporco, mezzosangue... Lo stesso Piton, apparteneva alla Feccia. Milo non si sarebbe mai dimenticato, che il Serpeverde aveva un genitore babbano, mai e poi mai.
Voldemort si rivolse a lui, e Milo sbuffò afferrando il coltello dalla bocca del serpeverde. Violentarla? No, non l'avrebbe fatto. Non ne sarebbe stato nemmeno capace, non era un necrofilo. Rovinare la bellezza di quella ragazza sarebbe stato un terribile peccato, ma non sarebbe riuscito fisicamente, a violentarla.
Si avvicinò al corpo senza vita della ragazza e prese la sua mano, iniziando ad incidere il suo palmo con la punta del coltello. Per un attimo, Milo fu preso da un senso di nausea: odiava, il sangue, non riusciva a sopportarlo. E poi, gli occhi aperti della ragazza continuavano ad osservarlo, facendolo innervosire... Le graffiò il volto col coltello, per renderlo irriconoscibile, per fare in modo che quel cadavere la smettesse di fissarlo, mentre Voldemort continuava a parlare e Piton che continuava a cercare di farsi notare, di entrare nelle sue grazie. Milo continuava a sfregiare la ragazza, stringendo i denti e cercando di non vomitare, mentre il sangue continuava a scorrere, fin troppo, per i gusti dello scozzese.
 
 
Barty storse appena la bocca senza sapere esattamente cosa dire o pensare. Si morse il labbro e si torturò le mani indeciso sul da farsi: aveva visto Riddle infuriato quando Severus aveva preso un'iniziativa non richiesta, scagliando un Sectumsempra al posto dell'anatema che uccide. Ma...in fondo a lui non aveva ancora dato un ordine da quando si erano seduti. E i cadaveri dovevano essere quattro. E andavano uccisi quattro studenti. Tanto valeva provare. “Avada Kedavra” disse calmo puntando la bacchetta di ebano verso il moccioso accanto a lui. Era il suo primo omicidio. Osservò il lampo verde e subito dopo la luce che abbandonava gli occhi dello studentello per sempre. Inclinò la testa di lato osservando il corpo morto. Forse stava davvero diventando pazzo se in quel momento non avvertiva nulla. Aveva...aveva ucciso un innocente. Eppure nulla. “Ehm... si parlava di uccidere uno studente per casa. Beh, tanto valeva iniziare. E...i cadaveri dovevano essere quattro e se non lo uccidevano erano tre”. disse rivolto a Riddle sperando di essersi spiegato quanto meglio. E sperando che questo non si infuriasse. “Cercherò...un altro ad Hogwarts. Userò su qualcun altro la maledizione Imperius.”
 
 
Tom guardò Bellatrix Black rispondergli con la voce bassa, quasi gutturale. Era affascinata, totalmente sottomessa al suo volere. “Esattamente Bella, esattamente!”.
Bellatrix gli infondeva sesso. Quel sesso selvaggio, che avrebbe risucchiato tutto nel suo vortice di distruzione. Non ci voleva un genio per capire che lo desiderava. Ghignò, poggiando le due dita sotto il suo mento alzandoglielo. “So che non mi deluderai” le bisbigliò sulle labbra. Le loro labbra si sfiorarono, si accarezzarono mentre sul volto dell’uomo si apriva un ghigno malefico. Stava per dare inizio alla sua vendetta verso Silente, verso il mondo dei buoni. E nell’aria già respirava quella sensazione di pienezza, potenza ed eccitazione che solo la morte gli procurava.
Guardò Severus sospirando e avvicinandosi a lui per guardarlo bene negli occhi. Voleva fidarsi di Severus ma – ahimè – non gli avrebbe mai permesso di portare a termine quello che in realtà aveva in mente. I suoi piani di conquista, prevedevano qualche uccisione qui, qualche uccisione lì. E soprattutto, voleva quella sporca mezzosangue lontana dal suo prediletto. Lily Evans, ghignò, avrebbe avuto ciò che si meritava. “Ne sono convinto, Severus. Ne sono convinto!”
Scoppiò a ridere quando sentì Barty uccidere quel ragazzo. Oh si, si stava accerchiando di persone che uccidevano a sangue freddo e quella cosa gli piaceva e lo eccitava da morire. “Bravi. State cominciando a capire a chi dovete la vostra lealtà!” ghignl voltandosi poi verso i quattro cadaveri ai suoi piedi. Con un colpo di bacchetta, li spogliò dei loro indumenti. Con un movimento leggero della mano, scrisse le quattro lettere sui quattro corpi nudi.
IO SONO LORD VOLDEMORT
Guardò gli studenti fisso negli occhi "Adesso devo andare e anche voi ... domattina, al vostro risveglio. Sui cancelli di Hogwarts, ci sarà questo tanto caro spettacolo. Silente deve capire che la guerra è aperta..." ghignò malvagio "...e ricordate, voi siete miei. Non osate tradirmi o la vostra fine sarà peggiore!" E la sua sagoma sparì nel buio, proprio come era apparsa mentre i quattro studenti di Hogwarts ritornarono da dove erano arrivati. Da dove – il giorno dopo – sarebbero comparsi i corpi dei loro primi omicidi. Ad Hogwarts!
 
 
 
 
 
 
 
SPOILER PROSSIMO CAPITOLO:
I Malandrini si erano sempre chiesti, da quando avevano ideato la mappa del malandrino, cosa Silente facesse – ogni giorno – nel suo ufficio. Vedevano la sagoma del preside fare su e giù per la stanza. Ora fermo, ora camminava, poi di nuovo fermo. Non avrebbero mai capito che quello era semplicemente il modo (del più grande mago al Mondo) di tenere d’occhio la sua scuola. Era risaputo da tutti che Hogwarts nascondesse così tanti segreti che nessuno studente (malandrini compresi) sarebbe stato in grado nell’impresa di scoprirli tutti.
 



ANGOLO AUTRICE:
Allora parto col dire che questo capitolo è stato un parto. LETTERALMENTE. Ho cominciato a scriverlo cercando (nonostante i capitoli siano scritti in terza persona) di immedesimarmi in tutti i personaggi presenti all’interno. Inutile dire che ad un certo punto non sapevo più chi pensava cosa. Ammetto anche che – a differenza degli altri capitoli scritti – questo mi sono rifiutata di rileggerlo. Ho semplicemente distanziato i pensieri di tutti gli uni dagli altri per cercare di renderlo “leggibile”. Mi sono rifiutata di leggerlo perché mi è risultato difficile non immedesimarmi nelle vittime. È un capitolo cruento e chiedo scusa se urterò la sensibilità di qualcuno. Nonostante questo credo sia il capitolo a cui tengo di più. È facile scrivere di eroi, di amore, di amicizia … difficile è scrivere dalla parte dei cattivi, ma in una storia bisogna anche parlare di loro. Mi auguro che questo capitolo vi piaccia e come al solito ringrazio chi legge, recensisce e leggerà la mia storia.
Erydia.
  
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