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Autore: Kimando714    22/06/2022    2 recensioni
La vita da ventenni è tutt’altro che semplice, parola di sei amici che nei venti ormai ci sguazzano da un po’.
Giulia, che ha fin troppi sogni nel cassetto ma che se vuole realizzarli deve fare un passo alla volta (per prima cosa laurearsi)
Filippo, che deve tenere a freno Giulia, ma è una complicazione che è più che disposto a sopportare
Caterina, e gli inghippi che la vita ti mette davanti quando meno te lo aspetti
Nicola, che deve imparare a non ripetere gli stessi errori del passato
Alessio, e la scelta tra una grande carriera e le persone che gli stanno accanto
Pietro, che ormai ha imparato a nascondere i suoi tormenti sotto una corazza di ironia
Tra qualche imprevisto di troppo e molte emozioni diverse, a volte però si può anche imparare qualcosa. D’altro canto, è questo che vuol dire crescere, no?
“È molto meglio sentirsi un uccello libero di volare, di raggiungere i propri sogni con le proprie forze, piuttosto che rinchiudersi in una gabbia che, per quanto sicura, sarà sempre troppo stretta.
Ricordati che ne sarà sempre valsa la pena.”
[Sequel di "Walk of Life - Youth"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 23 - UN'EMOZIONE DA POCO


 
 
Ed io non vedo più la realtà
Non vedo più a che punto sta
La netta differenza

Fra il più cieco amore
E la più stupida pazienza [1]
 

Il sapore dolce e fresco della vodka alla pesca gli aveva bruciato la gola mentre mandava giù l’ennesimo sorso dal suo bicchiere, che teneva stretto tra le dita della mano destra. Intorno a lui la gente seduta agli altri tavolini del bar, con il loro chiacchiericcio quasi copriva la musica elettronica che proveniva dalle casse del bar dove si trovavano.
Pietro si strinse nelle spalle, disturbato da un brivido di freddo che gli aveva appena percorso la schiena. La temperatura era bassa perfino lì dentro, esattamente come lo era all’esterno, in quella piovosa serata di metà gennaio.
Era grato alla parlantina di Filippo, che gli aveva permesso di restarsene in silenzio il più possibile, senza il rischio di ricevere domande inopportune da parte di Alessio. A ben pensarci, però, probabilmente non sarebbe cambiato molto nemmeno senza Filippo: era da qualche settimana che Alessio gli rivolgeva la parola solo quando necessario, forse stanco di ricevere risposte vaghe e a tratti scocciate ai suoi inizi di conversazione superficiali e che di certo non avrebbero risolto nulla di quel che era successo il mese prima. Era come se per Alessio non fosse mai accaduto nulla, e Pietro aveva colto l’occasione per ripagarlo con la stessa moneta – aggiungendoci un po’ di rancore al tutto. Sembrava una maledetta presa in giro, quella situazione, e Pietro cominciava seriamente a dubitare che il tempo, passando, avrebbe ridotto anche solo minimamente tutta la collera che si stava trascinando dietro.
Era strano pensare di voler essere in qualunque altro posto, eccetto che nello stesso luogo con Alessio. Era una sensazione nuova, che fino ad un mese prima non aveva nemmeno creduto di poter vivere. Non lui, che cercava di tenere sempre a mente ogni più piccolo dettaglio di Alessio, delle loro conversazioni e dei gesti che le accompagnavano.
Ora, guardando i suoi occhi chiari e il suo sorriso un po’ spento, non poteva fare a meno di sentirsi colmo di rabbia. Non era più riuscito a levarsi di torno il senso di bugia e inganno dalla mattina dopo quel loro bacio.
Ripensava alle parole di Alessio, quelle con cui aveva fatto finta che non fosse mai successo nulla, quelle che avevano spento qualsiasi sua speranza. Ripensava a quelle parole, e non poteva fare a meno di leggervi in esse tutto l’inganno che avevano perpetrato.
Si era chiesto spesso se Alessio si fosse realmente dimenticato tutto – d’altro canto era ubriaco fradicio, aveva litigato con Alice: aveva motivi per cui dimenticare completamente quella serata disastrosa-, ma c’era sempre stato qualcosa che lo aveva frenato dal crederci davvero. La vita era andata avanti, ed Alessio aveva continuato a far finta di nulla, chiedendogli solamente ogni tanto a cosa fosse dovuto quel suo atteggiamento distaccato.
Non c’erano mai state altre domande su quella sera, e ad un certo punto anche Pietro aveva accantonato l’idea di ritirare fuori l’argomento. A che serviva continuare a farsi del male, se tanto non avrebbe cambiato assolutamente nulla? Dopo quella sera, per quel che Pietro ne sapeva, Alessio aveva risolto solo i suoi problemi con Alice. Tutto era tornato come prima, tranne che per quei baci dati di nascosto e dimenticati subito dopo come se non fossero mai stati reali
Pietro aveva come l’impressione che, qualunque cosa sarebbe mai potuta accadere, Alessio avrebbe continuato a scegliere sempre se stesso e ciò che gli era più comodo per avere meno problemi possibili, quasi ciecamente.
Non c’era spazio per lui. Non c’era mai stato, e forse lo aveva sempre saputo, anche se ora aveva sbattuto così pesantemente la faccia contro quella verità che era decisamente impossibile continuare a negarla.
-Ma chi si vede da queste parti!-.
Pietro sussultò appena, riprendendosi e distraendosi dai suoi pensieri. Aveva avvertito la voce maschile che aveva appena parlato piuttosto vicina al loro tavolo, e per alcuni attimi gli era parsa quasi famigliare. Osservando meglio, si rese conto che, in effetti, ad aver parlato era stato un ragazzo suo coetaneo, in piedi accanto al loro tavolo. Ma era a Filippo che si era appena rivolto: stava salutando l’altro con la mano, un sorriso stampato sulle labbra.
-Ciao! Anche tu qui?- fece Filippo, sotto gli occhi incuriositi di Alessio e Pietro.
-Sono con degli amici- spiegò l’altro, indicando con un dito un tavolo poco distante dal loro, occupato da alcuni ragazzi– E tu, dove hai lasciato Giulia?-.
Fu in quel momento, osservandolo meglio e con più attenzione, che Pietro ricordò perché la sua voce e il suo viso non erano totalmente sconosciuti. Un ricordo gli attraversò la mente: l’estate passata, la festa di laurea di Giulia, e quel suo collega di università che aveva incontrato lì. Senza contare tutte le volte in cui l’aveva nominato nell’arco dei mesi passati.
“Cazzo”.
Pietro era sicuro che non l’avrebbe mai più rivisto in vita sua, ma quello che si era appena fermato accanto al loro tavolo era, ormai senza più alcuna ombra di dubbio, proprio Fernando.
-È a casa di una nostra amica- spiegò Filippo, facendo riferimento a Caterina – Ha appena avuto un bambino, e Giulia voleva stare un po’ con lei per darle una mano-.
-Gentile da parte sua- fece l’altro, con un sorriso gentile – Salutala da parte mia, allora-
-Sarà fatto!-.
Fernando fece per andarsene, ma per qualche secondo Pietro si ritrovò a fissare il suo viso, gli occhi dell’altro puntati a loro volta verso di lui. Non sapeva se era stata solo una sua impressione, ma quasi gli sembrò di leggere una punta di malizia nel mezzo sorriso che gli rivolse prima di allontanarsi definitivamente.
Pietro scrollò le spalle, prima di abbassare lo sguardo, un po’ a disagio per quell’ultima occhiata.
-Era Fernando, un compagno di università di Giulia. Ve lo nominiamo ogni tanto- spiegò Filippo, dopo essersi nuovamente girato verso Pietro ed Alessio, dando inconsciamente conferma di quel che Pietro già sospettava – Era anche alla sua festa di laurea. Lo ricordate?-.
-Sì, mi sembra di sì- rispose vagamente Alessio, anche se sembrava molto più sicuro di quel che voleva far intuire.
Pietro si limitò al silenzio, ancora un po’ a disagio. Anche senza la conferma di Filippo, lui si sarebbe ricordato in qualsiasi caso della prima volta in cui aveva visto Fernando: uno sguardo così provocante difficilmente si poteva dimenticare.


 
All’esterno del locale la temperatura si era notevolmente abbassata. O forse era solo il calore dell’interno del bar, che ora non sentiva più, a farlo tremare maggiormente.
Pietro si strinse nelle spalle, portando alle labbra la sigaretta appena accesa. Era da quando era uscito, pochi minuti prima, che ringraziava l’esistenza di un balcone al piano superiore del palazzo dove era il bar: starsene sotto quella terrazza era l’unico modo per ripararsi dalla pioggia incessante, che ora scendeva a catinelle, e che di sicuro lo avrebbe inzuppato nel giro di qualche secondo se non fosse stato per quel riparo di fortuna.
Non c’erano altre persone oltre a lui lì fuori proprio in quel momento, e non poteva che essere più felice di così: poteva fumare con calma, far passare i minuti e sperare che, una volta tornato dentro, sia Filippo che Alessio avrebbero deciso che era giunta l’ora di tornarsene alle rispettive abitazioni.
Espirò fuori il fumo, chiudendo gli occhi per un attimo. Stava odiando ogni secondo passato a quel tavolo, e la scusa di fumare una sigaretta era stata perfetta per allontanarsi senza scatenare troppe domande. Non che credesse che Filippo non si fosse accorto di nulla: non era stupido, e non ci voleva molto per notare come ogni parola pronunciata da Alessio venisse puntualmente ignorata unicamente da lui.
E nemmeno Alessio era stupido, e lo sapeva che, in realtà, di domande che gli ronzavano in testa ne doveva avere tantissime. Forse, prima o poi, la voglia di chiarezza sarebbe stata più forte del quieto vivere, ma Pietro immaginava che quel momento, conoscendolo, forse non sarebbe mai davvero arrivato.
Appoggiò la nuca contro il muro, con aria stanca. Avrebbe voluto andarsene via di lì anche subito, senza nemmeno più tornare dentro a salutare; l’unica cosa che lo frenava dal farlo sul serio era che, così facendo, avrebbe solo attirato maggiori attenzioni su di sé.
Portò di nuovo la sigaretta alle labbra, giusto un secondo prima che la porta del locale si aprisse. Non ci badò molto: poteva essere chiunque che se ne stava andando. Dubitava che potesse essere Alessio, e se anche fosse stato lui non aveva comunque intenzione di rivolgergli troppe attenzioni.
Si girò appena vero la porta, senza troppa curiosità. Si ritrovò, però, a rizzare il capo dopo aver notato che, ad essere uscito, era stato Fernando.
Pietro si voltò subito, consapevole del fatto di essere stato colto a fissarlo per quei pochi secondi. Anche lui lo aveva fissato di rimando, mentre era uscito, e quello gli sguardo era bastato per sentirsi in leggero imbarazzo. Cercò di fare finta di nulla, ma gli risultò difficile pensando che l’altro non sembrava intenzionato ad andarsene: si era arrestato poco distante da Pietro, anche lui al riparo dalla pioggia sotto al terrazzo del secondo piano.
-Hai da accendere?-.
Pietro si girò lentamente, la mano con la sigaretta bloccata a mezz’aria. Non c’erano dubbi sul fatto che quella domanda fosse rivolta proprio a lui: erano da soli, in quello spazio ristretto coperto dal terrazzo. Complice la pioggia, non c’era nessun altro uscito a fumare oltre a loro.
Pietro si ritrovò ad annuire silenziosamente, prima di rovistare in una tasca del cappotto. Poco dopo fece riemergere la mano tenendo l’accendino, porgendolo infine all’altro. Lo vide sorridere gentile, mentre lo afferrava.
-Sei l’amico di Filippo, vero? E di Giulia, ovviamente- riprese di nuovo a parlare, prendendo con calma una sigaretta dal suo pacchetto. La portò alla bocca e l’accese, espirando subito dopo.
-Già, proprio quello-.
Non aggiunse altro; si limitò a recuperare l’accendino che l’altro gli stava porgendo indietro, rimettendolo in tasca subito dopo.
-Mi ricordo di te- proseguì Fernando, facendo sgranare gli occhi di Pietro per la sorpresa – Ci siamo incontrati alla laurea di Giulia, la scorsa estate. Ci ha presentati lei, se non sbaglio-.
Non sbagliava, di quello Pietro era sicuro. Non aveva molti ricordi della laurea di Giulia, ma riusciva perfettamente a ricollegare la situazione appena descritta al ricordo che ne aveva. Si ricordava bene l’imbarazzo provato e l’occhiata diffidente che Alessio aveva rivolto a quello strano amico di Giulia sbucato da chissà dove all’improvviso. Era solo meravigliato che anche Fernando se ne ricordasse
-Sì, probabilmente hai ragione- mormorò Pietro, con voce a malapena udibile e fingendo incertezza. Si chiese come facesse quel tipo a ricordarsi di lui dopo averlo visto solo una volta un sacco di mesi prima. Doveva avere un’ottima memoria eidetica.
-Certo che ho ragione. Io ho sempre ragione- replicò lui, sfoderando uno di quei sorrisi maliziosi che Pietro avrebbe trovato odiosi in qualsiasi altra persona, ma che sul suo viso gli donavano un’aria ancor più affascinante – Sono Fernando, comunque. Se non lo ricordi. O se Filippo non te lo ha detto prima-.
-Pietro. Come sicuramente ricorderai- gli rispose ironico, afferrando la mano destra che Fernando gli aveva appena allungato, per presentarsi di nuovo.
-Mi hai beccato! Ho un’ottima memoria per i nomi- fece Fernando, con aria disinvolta.
-Quindi ti ricordavi davvero come mi chiamavo?-.
Fernando fece una piccola smorfia, come se fosse appena stato colto nel compiere qualche brutta azione:
-No, ma non importa. Ti sei presentato da solo, quindi non mi hai messo nella situazione di dover tirare a indovinare-.
Pietro scoppiò a ridere, inevitabilmente. Non era dell’umore giusto per scherzare, quella sera, ma doveva ammettere che Fernando era decisamente divertente nell’ammettere cose del genere con una semplicità disarmante.
-Comunque mi ricordavo davvero di te. È difficile dimenticarsi di un bel viso- proseguì Fernando, che non sembrava per niente in imbarazzo – Almeno per me, s’intende-.
-È una specie di complimento, questo?-.
Pietro ricordava piuttosto bene alcuni momenti del loro primo incontro alla laurea di Giulia. Ricordava che anche in quell’occasione Fernando non aveva fatto nulla per nascondere il suo interesse verso di lui, e quindi nemmeno per nascondere che gli piacessero i ragazzi – e ricordava la sua ammirazione ed invidia nei suoi confronti.
In un certo senso e per un breve istante, Pietro si ritrovò ad invidiarlo anche in quel momento. Anche a lui sarebbe servita quella disinvoltura, per ammettere con se stesso e con chiunque altro che anche a lui sarebbe interessato di più avere a che fare con un bell’uomo, piuttosto che con una donna.
-La chiamerei più una constatazione-.
-Ci stai provando- mormorò Pietro. Era grato del fatto che non ci fossero lampioni lì vicino per rischiarare la notte: lì nell’oscurità, forse, Fernando non si sarebbe accorto delle sue gote arrossate.
-Di solito quando mi trovo un bel ragazzo davanti mi butto e basta- spiegò Fernando, candidamente. Pietro rimase davvero a bocca aperta nello scoprire sempre di più come il disagio o l’imbarazzo per lui non esistessero affatto. Immaginava che con Fernando avrebbe potuto parlare delle cose più scabrose al mondo, e non avrebbe perso nemmeno per un secondo il suo aplomb.
-Sono fidanzato. Con una donna- si ritrovò a dire piano, quasi a malincuore – Quindi sarei etero-.
L’immagine di Giada fece capolino nella sua mente, ma solo per un secondo: Pietro si sforzò di non pensare a lei, a tutte le bugie che le doveva dire ogni volta, e a tutto il male che giorno dopo giorno le stava facendo. E cercò di non pensare anche alla frottola che aveva appena rifilato anche a Fernando.
-Sul serio?- Fernando sembrò seriamente sorpreso, e Pietro non poté fare a meno di chiedersi quanto di lui avesse intuito con un solo sguardo – Allora ritirerò già la proposta che intendevo farti-.
-Che genere di proposta?-.
Il cuore di Pietro prese a martellare forsennatamente. Credeva di aver intuito quale proposta Fernando stesse alludendo, ma cercava di convincersi di essersi sbagliato.
Fernando fece un sospiro profondo piuttosto teatrale, portandosi velocemente la sigaretta alle labbra. In quel lasso di tempo in cui Fernando se ne rimase in silenzio, Pietro sentì il respiro accelerare e la testa girare appena.
-Avrei osato troppo chiedendoti di uscire?-.
Pietro abbassò per un po’ il viso, consapevole di avere gli occhi di Fernando su di sé. Aveva sperato fino all’ultimo di non sentire quelle parole, ma anche la sua ultima speranza sembrava essere sparita.
Si sentì perso, avvolto in una sensazione strana. Aveva pensato spesso, negli ultimi anni, a come sarebbe potuto essere uscire con un ragazzo: forse la gente li avrebbe guardati male, ma almeno sarebbe potuto essere se stesso. Era così che ci si sentiva? In quel momento, dentro di sé, provava solo sentimenti contrastanti: da una parte c’era la possibilità di provare ciò che aveva sempre rifiutato, dall’altra di tradire Giada per l’ennesima volta.
Guardò Fernando di sottecchi, senza dire nulla: non lo conosceva affatto, ma d’altro canto la gente cominciava ad uscire insieme proprio per conoscersi. Non che con Fernando potesse avere quelle intenzioni: si sentiva così incasinato in quel periodo, tra Giada ed Alessio, che pensare di uscire con qualcuno con qualcosa più dell’amicizia in mente gli metteva ansia.
Eppure, allo stesso tempo, avrebbe voluto farlo. Forse era solo una sensazione a pelle, ma Fernando gli piaceva. Forse era il suo modo di fare spiccio e sincero che gli trasmetteva allegria e tranquillità. Entrambe cose che non aveva da un po’ di tempo.
-Anche se, devo dire, ti chiederei di uscire con me anche senza certi scopi. Non farei mai la parte dell’amante di uno già impegnato-.
-Quindi perché mi chiederesti di uscire comunque?- domandò Pietro, a tratti confuso. Si sentì come se Fernando gli avesse appena letto nella mente, mentre lo fissava con lo stesso sorriso calmo di prima:
-Mi incuriosisci. Mi dai una buona sensazione-.
-Fai così con tutti gli amici dei tuoi amici?- Pietro rise di nuovo, imbarazzato. Fernando sembrava sicuro di sé, mentre lui non lo era affatto in quel momento. Si sentiva tremendamente vulnerabile, e temeva che fosse anche altrettanto evidente.
-No, solo con quelli che mi interessano e con cui voglio anche solo approfondire la conoscenza- fece Fernando, con la stessa naturalità di sempre. Detta da lui, ogni cosa sembrava essere la più ovvia del mondo, e a quel pensiero Pietro rise un altro po’.
-Tu sei matto-.
-Molto probabile- Fernando annuì, alzando le spalle come se non gli importasse molto essere poco normale – Quindi, starei davvero osando troppo, se … Non so, ti offrissi in amicizia un caffè o una cena, tra qualche giorno?-.
Pietro rimase a guardarlo, per secondi che gli sembrarono un’eternità, lacerato da quella scelta che Fernando sembrava porgli con tutta la calma del mondo.
Non sapeva cosa avrebbe dovuto rispondere, né cosa fare. Sapeva solo che gli si stava presentando un’opportunità, di cui forse non si sarebbe del tutto pentito.


 
-Ce ne hai messo di tempo per fumare una sigaretta-.
Pietro si lasciò sfuggire una leggera smorfia, mentre Filippo gli dava una pacca amichevole sul braccio. Si risedette al tavolo, ignorando Alessio e l’occhiata guardinga che gli aveva appena lanciato.
-Non è colpa mia se la gente si ferma a parlare con me- borbottò Pietro, vago. Si pentì subito dopo di aver tirato in ballo il discorso Fernando: non aveva intenzione di dire a Filippo ed Alessio cosa si erano detti, e sperò che nessuno dei due approfondisse troppo l’argomento.
-E chi è che ti avrebbe fermato a parlare?- fece Filippo sorpreso, alzando un sopracciglio.
-Solo l’amico tuo e di Giulia. Fernando- Pietro si morse leggermente il labbro, sperando di risultare convincente – Era fuori a fumare anche lui-.
-Ah, pensavo ti riferissi a qualche ragazza che ci aveva provato con te- replicò Filippo, e Pietro dovette sforzarsi per non scoppiargli a ridere in faccia – Comunque non mi stupisce, Fernando attacca bottone con letteralmente chiunque-.
-Sì, ho notato. E poi si ricordava che Giulia ci aveva presentato alla sua laurea- spiegò Pietro, senza andare troppo in dettaglio. Sperò che quella risposta potesse bastare a Filippo, che in effetti non sembrava volere indagare oltre.
-Non lo sapevo. Ma in effetti può essere davvero così- si alzò lentamente dalla sedia, sotto gli occhi interrogativi di Pietro – Tra poco dovrò andare, ma prima faccio una capatina al bagno. Torno tra poco-.
Pietro annuì, cercando di trattenersi dal serrare i pugni per il nervoso. Restare da solo con Alessio, anche se per pochi minuti, era ciò che più avrebbe evitato in quel momento. Non lo aveva sentito parlare fino a quel momento, e al contrario di Filippo, temeva seriamente che lui qualche domanda in più su Fernando gliela potesse porre.
Cercò di fare finta di niente, anche se si sentiva gli occhi azzurri di Alessio addosso. Probabilmente lo stava studiando, forse non del tutto sicuro se dire qualcosa o meno. Pietro si ritrovò a roteare gli occhi verso l’altro, quando dopo poco che Filippo se ne era andato, Alessio ruppe gli indugi:
-Hai davvero parlato con quel tipo, là fuori?-.
Sembrava una domanda buttata lì, quasi a caso, ma Pietro era sicuro che così non fosse affatto. Forse anche Alessio ricordava quando avevano conosciuto Fernando alla laurea di Giulia; forse ricordava anche i commenti che aveva fatto Fernando su entrambi. E forse ricordava anche diverse altre cose – tipo quando si era lasciato andare a quei minuti di gelosia a settembre scorso.
-Sì, perché? Ti sembrava una scusa, la mia?- replicò subito, con voce fredda. Non si girò nemmeno a guardare Alessio, né l’altro sembrò volere chiedergli di guardarlo. Doveva averci fatto l’abitudine, in quell’ultimo mese, a Pietro che non lo guardava in faccia nemmeno quando erano soli ed Alessio gli rivolgeva la parola.
-No di certo- Alessio sembrava del tutto intenzionato a non essere da meno, con il suo tono di sfida nella voce – Gli hai detto che la sua vicinanza ti tenta molto?-.
“Come si ricorda bene tutto, tranne che di quando mi ha baciato”.
Pietro cercò di rimanere il più impassibile possibile:
-Non ancora-.
Quando quell’allusione era venuta fuori la prima volta, il giorno del compleanno di Caterina, si era sentito spaventato ed agitato, ma stavolta gli venne solo voglia di rigirar ancor di più il coltello nella piaga.
-Sembri piuttosto preso male all’idea che parli con lui-.
Alessio fece per dire qualcosa, ma richiuse la bocca subito dopo. Passarono alcuni secondi prima che si decidesse a parlare sul serio, ma Pietro ebbe l’impressione che quello non fosse comunque ciò che aveva pensato di dire la prima volta:
-È che fossi in te non gli darei troppe false speranze- Alessio parlò normalmente, ma era piuttosto ovvio che ci fosse del sarcasmo intrappolato in ciò che stava dicendo – Mi sembra piuttosto interessato, visto come ci ha anche già provato una volta-.
Pietro gli venne voglia di urlargli in faccia che forse, tra loro due, non era lui a dare false speranze a qualcun altro. Sarebbe stato estremamente curioso vedere che espressione avrebbe assunto Alessio, o cosa avrebbe fatto di conseguenza.
Ricordava come fosse ieri l’espressione turbata di Alessio quando Fernando aveva fatto commenti di apprezzamenti verso di lui. All’epoca avrebbe quasi potuto interpretare quel gesto di Alessio come una sottile reazione di gelosia, come poi era capitato a settembre, ma ormai quelle erano solo vecchie illusioni.
-O magari frequentandolo potrei scoprire qualche nuovo lato di me, chissà- sbottò Pietro, infastidito – E comunque ci ha provato anche stasera-.
Per un attimo si chiese se Alessio avrebbe mai detto qualcosa sul loro bacio di un mese prima. Era evidente che fosse turbato dalla possibilità che succedesse qualcosa con Fernando: o stava intuendo qualcosa, e Pietro non se ne sarebbe meravigliato, o il fatto di non ricordarsi del loro bacio era tutta una bugia. In un qualche modo Alessio doveva aver pensato di ritrovarsi di fronte a qualcuno potenzialmente interessato anche agli uomini.
Scosse impercettibilmente il capo, conscio che, se non era successo nulla di simile in tutto quel tempo, le possibilità che succedesse in quel momento erano davvero infime. Ed era altrettanto conscio che probabilmente Alessio fosse un bugiardo egoista.
Dopo che aveva rivelato quel particolare su Fernando, guardando dritto negli occhi Alessio, Pietro aveva notato le sue iridi chiare passare dalla sorpresa a quella che sembrava quasi delusione.
Alessio tacque per diversi secondi, lo sguardo ora abbassato verso la superficie scura e lucente del tavolo.
-Sul serio? Che ti ha detto?- domandò, con un filo di voce.
-Mi ha invitato a cena da lui, nel fine settimana. Una cena senza implicazioni-.
-Spero tu abbia rifiutato- disse Alessio, più aspramente di quello che Pietro si sarebbe aspettato. Era quasi incredibile come trasmettesse rabbia e malinconia quasi nello stesso momento.
-E se non fosse così?-.
Alessio si ritrovò di nuovo a sostenere il suo sguardo, di nuovo quello strano misto di meraviglia e dolore che gli trasformava i lineamenti del viso, rendendoli più contratti e tesi.
-Stai dicendo che gli hai detto di sì?-.
Pietro respirò a fondo, trattenendosi dall’alzarsi da lì ed allontanarsi il più possibile dal viso turbato dell’altro:
-Sai, a volte bisogna anche buttarsi nelle cose. Fare nuove conoscenze ed amicizie, uscire con gente diversa dal solito gruppo di amici di sempre-.
-Fa come vuoi- Alessio sibilò quelle parole in modo tagliente. Pietro si avvicinò al suo viso, gli occhi ridotti quasi a una fessura per la rabbia e lo sforzo di non aggredire Alessio con parole di cui, forse, un giorno si sarebbe anche potuto pentire:
-È esattamente quello che farò, che ti piaccia o meno-.
Alessio scosse il capo, evidentemente poco convinto dalle sue stesse parole di qualche secondo prima:
-Anche prima quando ha salutato Filippo ti ha guardato in una maniera … -
-Non è vietato guardare- Pietro strinse i denti, mentre Alessio non accennava ad abbassare lo sguardo, come se avesse finalmente ritrovato la sua solita risolutezza – In ogni caso, non faccio nulla di male a parlare con qualcuno che non sia tu, o Filippo, o chiunque altra persona che vedo praticamente ogni santo giorno-.
Si allontanò di nuovo, guardando altrove. Si chiese dove fosse finito proprio Filippo: ormai erano alcuni minuti che si era allontanato, ma Pietro non riusciva a scorgerlo arrivare in lontananza. Poteva aver trovato fila per il bagno, proprio nel momento peggiore in cui poteva assentarsi.
-Secondo me dovresti lasciar perdere-.
La voce di Alessio gli giunse lontana, a tratti anch’essa arrabbiata. Quasi lo odiò, Pietro, nel sentirlo parlare così, proprio lui che non aveva fatto altro che sbagliare qualsiasi cosa nell’ultimo mese senza alcuna traccia di pentimento.
-Certo, secondo te dovrei lasciar perdere un sacco di altre persone. Come anche Giada, vero?- Pietro si alzò dalla sedia, lanciando un’ultima occhiata fredda ad Alessio – La  verità è che non mi serve il tuo permesso per fare una cosa. Mettitelo in testa-.
Non aspettò nemmeno la sua risposta, se mai ce ne sarebbe stata una. Si voltò e si allontanò a grandi passi, in direzione della cassa. Aveva tutta l’intenzione di pagare e andarsene al più presto, senza nemmeno voltarsi indietro.
Era sicuro che, anche in quel momento, Alessio lo stesse seguendo con lo sguardo. Lo seguiva da distante, come ormai capitava sempre in quell’ultimo mese.
Pietro era sempre stato sicuro che la lontananza da lui sarebbe stata tra le cose più dolorose che avrebbe potuto provare; si era sbagliato, ed ora lo sapeva. Quella vicinanza fisica così finta non significava nulla: non significava che, in realtà, non ci fosse una frattura tra loro che li aveva allontanati.
Era successo, e faceva male. Era un dolore sordo al petto, al quale si stava pian piano abituando, e che lo avvelenava ogni secondo di più.
 
I hate you, I love you
I hate that I love you
Don't want to but I can't put nobody else above you
I hate you, I love you
I hate that I want you
You want her, you need her
And I'll never be her [2]
 
*
 
I miss you when I can't sleep
Or right after coffee
Or right when I can't eat
I miss you in my front seat
Still got sand in my sweaters
From nights we don't remember
Do you miss me like I miss you?
Fucked around and got attached to you
Friends can break your heart too
And I'm always tired but never of you
 
Il gracchiare di voci che proveniva dalla tv accesa non riusciva a distrarlo dal silenzio assordante che riempiva il resto del salotto. Forse era perché il volume era tenuto così basso che a malapena sarebbe riuscito a distinguere le parole del film che stavano trasmettendo, o forse era solo perché non ci stava facendo troppa attenzione.
Erano solo le otto di sera, ma Alessio non aveva fame e dubitava avrebbe cenato più tardi. Alice se n’era uscita un’ora prima per una cena con delle vecchie amiche dell’università, e a lui non era rimasto altro che restare lì, a casa da solo.
In fin dei conti, forse era stato meglio così: avrebbe solo rischiato di sembrare ancor più nervoso, e le chiacchiere allegre delle amiche di Alice lo avrebbero solo fatto pentire di essersi aggregato.
Poco prima di andarsene gli aveva lanciato uno sguardo preoccupato, come se gli avesse letto nella mente, o avesse intuito anche solo lontanamente ciò che lo turbava. Alessio, subito dopo quel pensiero, aveva scosso la testa: di certo Alice non poteva conoscere i demoni che lo perseguitavano da tempo, visto che non gliene aveva mai parlato. Poteva forse essersi accorta del suo essere irrequieto, ma mai avrebbe saputo cos’era a renderlo così.
Tirò un lungo sospiro, buttando indietro la testa, fino a toccare lo schienale del divano. Se ne stava seduto lì già da un po’, mollemente abbandonato e facendo finta di guardare la televisione, ma con la mente che se ne andava lontana da quella stanza.
Erano giorni che non vedeva Pietro – non lo aveva incrociato ai corsi all’università, né altrove-, ma sapeva esattamente dove doveva trovarsi in quel momento, quella sera.
Aveva cercato di non pensarci, perché sapeva che se ci avesse pensato troppo sarebbe finito con il presentarsi davanti alla sua porta, chiedendogli – pregandolo-  di non andare da Fernando. Sbuffò piano, nell’immaginarsi una scena simile: lui che cercava di convincere nuovamente Pietro a lasciar perdere quell’invito, a lasciar perdere del tutto quello spagnolo che gli sembrava tutto fuorché affidabile.
Era riuscito, seppur con non pochi sforzi, a trattenersi, e il risultato era solo quello: la sua attenzione era completamente catalizzata dall’idea che quella sottospecie di appuntamento stesse avvenendo esattamente in quel momento, da qualche parte a Venezia. E lui non poteva più fare nulla, se non sperare solo di sbagliarsi e che Pietro non avrebbe dovuto pentirsi di non averlo ascoltato.
Non avrebbe saputo come definire il suo stato d’animo attuale, ma sapeva che l’idea di Pietro da solo con Fernando lo rendeva estremamente nervoso. Avrebbe preferito saperlo in qualunque altro posto, ma non con quel tipo. Sarebbe stato quasi più sopportabile sapere che Pietro aveva deciso di organizzare una cena romantica con Giada.
Non era da scartare l’idea che Pietro avesse accettato l’invito di Fernando solo per ripicca, d’altro canto: succedeva così per ogni cosa da un mese, ormai, per ogni singola azione o gesto anche tra i più insignificanti. La verità era che, per come la vedeva Alessio, Pietro stava solo cercando di allontanarlo da sé in ogni modo possibile. Poco importava se per giungere a quello scopo doveva ignorarlo, non rispondere alle sue domande in merito, o fare qualcosa che sapeva l’avrebbe contrariato. Gli bastava solo fargli capire che, per un qualche motivo che ad Alessio era oscuro, non lo voleva più intorno. Era come se la catena che li aveva tenuti legati fino a quel momento si fosse spezzata improvvisamente, nemmeno in maniera troppo sottile.
Chiuse gli occhi per un attimo, ascoltando distrattamente il gracchiare proveniente dalla televisione. Si era domandato spesso, nelle ultime settimane, cosa potesse aver spinto Pietro a quel comportamento. Tutte le volte non era giunto ad alcuna conclusione.
Ricordava solo che era dal giorno della laurea di Caterina che tutto sembrava essere andato allo sfascio. Era come se quel giorno fosse stato uno spartiacque, come se avesse segnato irrimediabilmente un prima ed un dopo tra di loro. Forse era da lì che partiva tutto, perché era dalla mattina dopo la festa che Pietro aveva preso ad agire in quel modo, da quando Alessio si era svegliato nel suo appartamento con la mente offuscata e i ricordi riguardanti la sera prima quasi del tutto assenti.
Tirò un sospiro profondo, la rassegnazione ormai così famigliare che non lo rendeva nemmeno più arrabbiato riguardo quella situazione.
Gli mancava un tassello, un tassello sconosciuto che gli rendeva impossibile decifrare gli eventi, e che forse, conoscendolo, lo avrebbe aiutato a vedere tutto più chiaramente.
Si immaginò di nuovo se stesso andare da Pietro per affrontarlo, chiedergli se fosse successo qualcosa a quella maledetta festa. Qualcosa che aveva cambiato tutto, e che aveva segnato il punto di confine oltre il quale si trovavano ora.
Si immaginò una scena del genere, e ad Alessio si chiuse la bocca dello stomaco.  In un mese non aveva mai raccolto una singola briciola di coraggio e imprudenza per porre quella domanda a Pietro – insieme a tante altre domande che ora gli ronzavano ancor di più in testa.
Era qualcosa del tutto irrazionale, la paura di ascoltare qualcosa che non avrebbe voluto mai sapere – cosa mai poteva essere successo di così terribile?-, ma che non riusciva a superare. Era come se inconsciamente sapesse già cosa sarebbe significato dare voce a quei suoi dubbi, cosa avrebbe portato scoprire quel tassello mancante. Dubitava potesse andare peggio di come stava già andando – con Pietro che non faceva nulla per nascondere il suo disappunto ogni volta che si trovavano nella stessa stanza, o sempre con Pietro che accettava inviti da sconosciuti come Fernando, solo per andare contro i suoi consigli.
“E se …”.
Di nuovo accarezzò l’ipotesi che Pietro potesse essersi scoperto interessato anche ai ragazzi, e la sola idea gli fece venire un vuoto allo stomaco. Come avrebbe reagito se fosse stato davvero così?
Alessio guardò dritto davanti a sé con fare vacuo, l’atmosfera dell’incertezza che gli faceva come mancare il pavimento sotto i piedi.
Forse, in fin dei conti, era molto meglio non scoprire cosa significasse il tassello mancante. Fino a quando sarebbe restato nell’incertezza, non avrebbe avuto bisogno di prendere una decisione.
 
*
 
You ever wonder what we could have been?
You said you wouldn't and you fucking did
Lie to me, lie with me, get your fucking fix
Now all my drinks and all my feelings are all fucking mixed
Always missing people that I shouldn't be missing
Sometimes you gotta burn some bridges just to create some distance
I know that I control my thoughts and I should stop reminiscing

 
Quando giunse sul pianerottolo dove era diretto, Pietro lanciò un ultimo sguardo verso la rampa di scale dalla quale era appena salito. Andarsene via, in quel momento, sarebbe stato facile come respirare: non aveva ancora suonato il campanello, e in realtà non era nemmeno sicuro di aver seguito bene le indicazioni di Fernando ed essere giunto nel posto giusto. Non era nemmeno del tutto certo sul fatto di essere nel posto giusto per se stesso.
Chiuse per un attimo gli occhi, respirando a fondo: il cuore gli martellava nel petto per l’agitazione. Cercò di non pensare al fatto di aver mentito a Giada – le aveva raccontato di essere uscito con alcuni amici dell’università, e sapeva già che la sua coscienza lo avrebbe perseguitato ancora a lungo per quella bugia-, anche se, in effetti, non aveva davvero avuto motivo per farlo. D’altro canto era solo una cena con una persona che lo voleva conoscere. Pur sapendo che quella che si stava ripetendo era solo una mezza verità, cercava di cullarsi in quella falsa certezza per non lasciare che i sensi di colpa prendessero il sopravvento troppo presto.
Per un attimo gli balenò in testa anche il viso di Alessio. Non gli aveva più parlato dalla sera dell’invito di Fernando, e pur sentendone la mancanza, Pietro si era imposto di non chiamarlo né di incrociarlo per Venezia nemmeno per sbaglio. Doveva prendersi una pausa dalla sua presenza, prendersi del tempo da lui e dai suoi ricordi che, in quell’ultimo mese, erano troppo dolorosi.
Quell’ultimo pensiero lo spinse a portare una mano verso il campanello, e a suonare subito dopo. Non si mosse da davanti la porta d’ingresso, accantonando in un angolo della sua mente l’idea di tornare indietro, e rimase lì in attesa del suo destino.
Fernando non ci mise molto ad arrivare. Pietro osservò la porta aprirsi solo qualche secondo dopo aver premuto il campanello, vedendolo poi comparire sulla soglia con un sorriso smagliante. La prima impressione che ebbe nel trovarsi Fernando davanti quella sera fu quella di vederlo diverso dal solito: aveva un fascino decisamente più calcolato rispetto all’ultima volta che l’aveva incontrato – i capelli che scendevano morbidi fino alle spalle, la barba accorciata, e la camicia blu che indossava gli davano l’aria di essersi preparato in ogni minimo dettaglio. Non gli avrebbe attribuito la solita bellezza distratta, in quel momento, come invece aveva fatto la sera al locale qualche giorno prima.
-Hola, guapo!- Fernando si appoggiò allo stipite della porta, rimanendo ad osservare a sua volta Pietro, che sperò di non arrossire per l’imbarazzo – In perfetto orario. Mi stupisci sempre di più-.
-Perché?- chiese Pietro, corrucciando la fronte.
-Non ero sicuro saresti venuto-.
Fernando si fece da parte, per farlo entrare. Pietro rimase fermo un ultimo secondo, lottando contro l’istinto di voltarsi indietro un’ultima volta.
-Nemmeno io lo ero-.
Prese un ultimo respiro, e fece il primo passo dentro l’appartamento.
 


-Spero ti piacciano i cibi un po’ piccanti, o finirai per rimanere a dieta stasera-.
Fernando era appena tornato dalla cucina, reggendo con le mani due piatti con della carne fumante, che Pietro trovò subito piuttosto invitanti.
-Mi piacciono- confermò lui, mentre Fernando lo serviva a tavola – È una ricetta spagnola?-.
-Messicana, veramente- spiegò l’altro, sedendosi infine di fronte a Pietro – Sono fajitas di manzo, è abbastanza famoso come piatto. Tipico da vaqueros mexicanos-.
Pietro annuì, il profumo della carne e dei peperoni che gli riempiva già le narici; non si sorprese molto nel constatare, dopo la prima forchettata, che il sapore era assolutamente delizioso. Fernando sembrava essere un cuoco piuttosto ferrato nelle ricette latinoamericane.
Non era da tanto che si erano seduti al tavolo per cenare. Appena entrato, Fernando gli aveva offerto un drink che Pietro aveva bevuto quasi tutto d’un sorso, come se l’alcool fosse la soluzione migliore a tutti i suoi problemi. Avevano parlato per un po’ di argomenti totalmente generali, e durante quelle poche chiacchiere superficiali, Pietro aveva appurato che, per essere di origini spagnole, Fernando non presentava alcun accento straniero. Parlava un italiano così fluido che gli fece supporre che si trovasse a vivere lì ormai da parecchio tempo – forse tutta la vita.
Fino al momento in cui era iniziata la cena, in ogni caso, non era andata male: Fernando aveva continuato a lanciargli occhiate maliziose – ma forse più scherzose che davvero provocatorie-, e ormai Pietro cominciava quasi a farci l’abitudine.
Era, invece, il suo nervosismo per tutto il resto che sembrava non volersi attenuare. Non aveva un’idea precisa sul perché Fernando lo avesse invitato – e forse non voleva nemmeno pensarci-, e quello lo rendeva insicuro. E poi c’era tutto il resto, a scelta tra Giada ed Alessio, che lo faceva stare tutt’altro che tranquillo e rilassato come invece avrebbe dovuto.
-Va tutto bene?-.
Fernando lo riscosse dai suoi pensieri, facendolo quasi sussultare. Era da un po’ che era calato il silenzio, ma Pietro non ci aveva fatto nemmeno troppo caso, troppo concentrato a porsi domande tra sé e sé.
-Me lo stai chiedendo in generale o riguardo ad adesso?-.
-Entrambe le cose, forse- replicò Fernando, con un sorriso che Pietro avrebbe definito più enigmatico che altro – Di solito quando succede qualcosa di grosso nella nostra vita, a volte questo va ad influenzare anche i piccoli momenti-.
-Può darsi. Non è il periodo migliore della mia vita- borbottò Pietro, abbassando lo sguardo. Si pentì subito dopo di essersi lasciato scappare quel dettaglio, non appena, rialzato lo sguardo, si accorse che Fernando lo teneva fissato con curiosità:
-Come si chiama il ragazzo biondo con cui eri in quel bar, quando ti ho invitato? Alessandro, Alessio?-.
Pietro si ritrovò a deglutire, indeciso se farsi prendere dal nervoso per il sentire nominare il nome di Alessio anche lì, o se fingere l’indifferenza più totale.
-Il secondo nome. Come mai ti interessa? Volevi invitare lui qui, ma poi alla fine hai ripiegato su di me?- domandò, più aspramente di quel che avrebbe voluto.
-Tutt’altro. Mi stavo solo domandando se questo brutto periodo per te è legato a lui- gli rispose Fernando, con un tono talmente ovvio che Pietro quasi non capì davvero dove volesse andare a parare.
Rimase qualche attimo in silenzio, non sapendo bene come avrebbe dovuto reagire. Non conosceva Fernando, e non aveva idea di quanto avrebbe potuto dirgli e quanto invece avrebbe fatto bene a tenere per sé:
-Cosa te lo fa supporre?-.
-Ti serve davvero una risposta?- Fernando rise leggermente, mentre posava la forchetta sul piatto e prendeva il bicchiere, bevendo un lungo sorso di vino rosso – Non so se i vostri amici non se lo domandino per quieto vivere o se lo siano domandato e non hanno mai trovato una risposta, ma ti dirò una cosa: ad un occhio esterno basta un attimo per capirlo-.
Pietro si sentì la pelle del viso infiammata, e il cuore che riprendeva a battere più velocemente del dovuto. Si chiese cosa avesse capito Fernando, e si rese conto di temere seriamente la risposta.
-Capire cosa?-.
Fernando rimase a fissarlo a lungo, con la stessa espressione enigmatica di prima. A Pietro sembrarono quasi interminabili gli attimi che stavano separando quella sua domanda a quella che sarebbe stata la risposta dell’altro.
-Che tra voi due c’è qualcosa che non definirei solo amicizia-.
-Non so di cosa tu stia parlando- Pietro parlò troppo presto e troppo in fretta per apparire anche solo vagamente convincente. Gli bastò lanciare un’occhiata al viso di Fernando per capire che non gli aveva creduto nemmeno lontanamente.
-Te lo spiego meglio: è una sensazione che ho avuto quando vi ho incontrato al bar. Vi ho osservati un po’ distrattamente, dal mio tavolo, ma in ogni caso …  È la stessa sensazione che ho avuto quando vi ho visti alla laurea di Giulia- riprese a parlare lui, senza alcun velo di imbarazzo o difficoltà – Scusami per la sincerità, ma non siete molto credibili come amici. Forse chi vi conosce da più tempo è abituato a vedervi così, ma io, come credo chiunque altro che non fa parte del vostro gruppo, noto una non proprio leggera tensione tra voi due. È come se voleste saltarvi addosso ad ogni occasione buona, e per “saltarvi addosso” non intendo per picchiarvi. Beh, forse lo fareste anche, ma poi finireste per fare dell’altro. Non so se mi spiego-.
Si era spiegato anche troppo bene. Pietro l’aveva ascoltato per tutto il tempo in un silenzio talmente teso che aveva trovato quasi impossibile respirare normalmente.
Non si era mai posto davvero il problema di quello che avrebbero pensato gli altri, vedendo lui ed Alessio insieme: non gli era mai sembrato che qualcuno sospettasse qualcosa di concreto, ma in quel momento si rendeva conto che, forse, era stato troppo ottimista. Sperava fosse Fernando ad avere un intuito incredibile, perché non fosse stato così poteva quasi considerarsi spacciato.
-Esattamente cosa ti fa pensare tutto questo?- mormorò a voce bassissima, senza nemmeno provare a negare. Aveva l’impressione che, qualunque tentativo di dire che si stava sbagliando, sarebbe stato inutile.
-Come vi guardate, prima di tutto. O meglio, come non vi guardate- rispose subito lui, annuendo quando Pietro gli lanciò un’occhiata confusa – Non vi guardate con il tipico disinteresse da amici. E poi, diciamocelo: le due sole volte che ci siamo incontrati, e che ci siamo guardati, Alessio sembrava volesse affogarmi nel primo canale utile. Sì, quando ho salutato Filippo ho notato anche il suo sguardo assassino. Scommetto non fosse molto d’accordo sul mio invito di stasera, se glielo hai detto-.
-Magari non lo era per quanto riguarda la mia ragazza- replicò Pietro, senza alcuna convinzione nella voce.
-Sì, può darsi. Ma ciò non toglie che potrebbero esserci molti più motivi dietro. Mi sto sbagliando?-.
-Riguardo me ed Alessio?-.
Fernando annuì di nuovo, pazientemente. Pietro strinse per un attimo la forchetta tra le mani, cercando di scaricare un po’ la tensione che si sentiva in corpo:
-Riguardo ad Alessio non credo tu abbia molta ragione-.
Sbuffò debolmente, ripensando al bacio di un mese prima, al modo in cui Alessio lo aveva stretto a sé e a come gli aveva fatto capire che gli andasse di continuare. Non sapeva se dare tutta la colpa di ciò all’alcool, ed anche se non fosse stato così, cominciava a perdere ogni speranza sul fatto che, un giorno, Alessio avrebbe ammesso che non fosse stata solo colpa della sua ubriachezza.
-O non lo so, diciamo-.
-Ma per quanto riguarda te … - lo incalzò Fernando, tenendolo fissato con gli occhi scuri dalla forma vagamente a mandorla.
-Vuoi sapere se mi piace?-.
-Ti piace?- Fernando allargò le braccia, un sorriso appena accennato a increspargli le labbra.
-L’hai detto tu che non lo guardo come farebbe un amico qualsiasi- Pietro tirò un sospiro, seccato. Non si era immaginato che la serata avrebbe preso una piega simile, e cominciava ad esserne quasi infastidito. Aveva accettato di andare lì per non pensare ad Alessio, ed invece si ritrovava a rivangare l’argomento contro la sua stessa volontà.
-Quindi ho fatto centro- Fernando sembrò quasi gongolare del suo intuito, e Pietro cercò di trattenersi dall’alzarsi ed andarsene seduta stante.
-Non credo sia solo attrazione fisica- cercò di specificare, come se quel dettaglio potesse fare la differenza tra ciò che provava e ciò che aveva capito Fernando. Era un tentativo inutile di dirgli che si stava sbagliando, e ne era consapevole, ma non era riuscito a rimanere zitto.
-Provi qualcosa per lui?-.
-Non ha importanza- Pietro parlò seccamente, senza nemmeno guardare Fernando – Non più-.
Non aveva voglia di rispondere a quella domanda, non aveva voglia di dare un nome così preciso ai suoi sentimenti in quel momento e con una persona che conosceva a stento.
-Noto una certa ritrosia a parlare di lui- Fernando sembrò piuttosto deluso nel ricevere quella risposta, ma non sembrava intenzionato neppure ad insistere –Vuoi parlare d’altro?-.
Pietro sospirò a fondo, incerto:
-Il fatto è che non sono abituato ad esternare quello che c’è tra di noi- cercò di spiegare. Non era del tutto falso, ma cominciava ad innervosirsi per tutte quelle mezze verità con cui stava andando avanti durante quella serata.
-Non lo sa nessuno?- Fernando sembrava sinceramente sorpreso da quella rivelazione – Beh, ora capisco come mai hai una fidanzata, quando invece vorresti scoparti un tuo amico. Non sei out, vero?-.
-Lo sa solo una persona- la mente di Pietro volò veloce a Alberto, a tutto il tempo che era passato dalla loro ultima conversazione, e a quanto gli mancasse parlare liberamente almeno con lui – E comunque, non ho intenzione di parlare del mio mancato coming out ora. Non credo siano affari tuoi-.
-Giusto, non lo sono- convenne Fernando, accondiscendente.
Pietro lo guardò ancora qualche secondo, prima di lanciarsi in una domanda che gli era sorta spontanea sin da quando Fernando lo aveva invitato da lui a cena qualche giorno prima:
-Come hai fatto a capirlo?-.
Fernando alzò un sopracciglio:
-A capire cosa? Di te e Alessio?-.
-Non solo- Pietro si passò la lingua sulle labbra, agitato – A capire che non fossi etero come faccio credere in giro-.
A quelle parole a malapena sussurrate Fernando lo guardò come se avesse appena capito cosa sottintendesse la domanda che Pietro gli aveva appena posto.
-Tranquillo, non è che hai qualcosa che lo dimostra evidentemente. Quelli sono per la maggior parte stereotipi- gli disse, con un sorriso calmo che incredibilmente riuscì a calmare in parte anche Pietro – Mi piace pensare che il mio gayradar sia parecchio sviluppato. Chiamalo sesto senso, ma ci azzecco spesso. Sembra sia successo anche stavolta-.
-Quindi mi hai invitato qui effettivamente per provarci nel caso ci avessi visto giusto?-.
-Non per forza-.
Fernando rimase in silenzio diversi attimi, prima di alzare le spalle:
-È che ho come l’impressione tu abbia bisogno di qualcuno con cui parlare-.
Aveva dannatamente ragione, e Pietro ne era fin troppo consapevole. Ed era altrettanto vero che non aveva scelto lui Fernando come possibile confidente, ma il fatto di avere di fronte qualcuno che più di chiunque altro avrebbe compreso i suoi dubbi gli fece capire che, forse, averlo incontrato di nuovo era stata una piccola fortuna.
-Comunque non c’è mai stato nulla tra di noi-.
Pietro afferrò il bicchiere, buttando giù almeno la metà del vino che conteneva. Si pentì subito di aver fatto quella precisazione, senza aver colto la palla al balzo per iniziare qualche altro argomento di discussione.
-Sul serio? Avrei detto il contrario. Nemmeno mai un bacio? Un’avventura di una … -.
-No. Smettila di pensare che siamo andati a letto insieme, perché non è così-.
Pietro abbassò lo sguardo, perché, in quel momento, sopportare lo sguardo indagatore di Fernando gli sembrava letteralmente impossibile. Avrebbe voluto fargli domande su altro – tipo quando aveva scoperto di essere gay, come l’aveva vissuta, come la stava vivendo veramente adesso, e mille altre domande su argomenti che avevano in comune-, non su Alessio. Avrebbe voluto pregarlo di smettere di farlo pensare a tutto ciò che sarebbe potuto essere, e che non sarebbe mai stato.
-Sembra che tu stia pensando l’esatto contrario, ma se dici che non c’è stato niente di concreto … - Fernando lasciò cadere la frase senza concluderla, e anche se non lo stava ancora guardando in viso Pietro sapeva che ancora non gli credeva. Era come se Fernando gli avesse letto nel pensiero, o che sapesse benissimo quando stava mentendo e quando invece si lasciava scappare pure qualche verità.
Quel che era peggio era dover ammettere che Fernando era nel giusto. Per quanto avrebbe voluto, nemmeno con tutte le sue forze Pietro poteva cancellare quella consapevolezza.
-Ci siamo baciati. Un mese fa-.
Risuonavano strane, quelle parole, nel silenzio pesante che era calato nella stanza prima e dopo averle pronunciate. Si sentiva strano persino a pensare di averlo detto sul serio ad alta voce a qualcuno. Sembravano parole così diverse da quelle che si era ripetuto mille volte nell’intimità della sua mente, dove nessuno avrebbe mai potuto arrivare a quel segreto che cominciava ad odiare.
Gli ci vollero alcuni momenti prima di trovare il coraggio di alzare il volto e notare l’espressione di Fernando. Era rimasto convinto fino all’ultimo che tra Pietro ed Alessio ci fosse stato qualcosa di fisico, ma ora che ne aveva appena ricevuto la conferma, sembrava molto più stupito di quello che Pietro si sarebbe aspettato.
-Baciati … Baciati?- fece con incredulità nella voce Fernando, tenendo gli occhi fissi sull’altro. Si era perfino sporto un po’ verso Pietro, come se stessero parlando di qualcosa di sconveniente o di segreto.
-Non era un bacio a stampo, se è questo che intendi-.
-Quindi in realtà c’è stato qualcosa- Fernando annuì, forse in parte compiaciuto del suo stesso intuito – E fate finta di nulla?-.
Pietro sbuffò sonoramente, cercando di soffocare una risata amara:
-Non è così semplice da spiegare-.
-Provaci. Magari sono più comprensivo di quel che credi-.
Gli occhi di Fernando avevano abbandonato ogni scintilla di malizia che potevano aver avuto prima di quel momento. Ora sembrava solo curioso, se di sapere quanto ci aveva azzeccato o semplicemente per capire e magari cercare di dargli una mano Pietro non riusciva ancora a comprenderlo.
Si sentiva agitato al pensiero di dover ripercorrere quella sera. Ormai molti dettagli erano sfocati nel tempo della memoria, ma ricordava bene le sensazioni che lo avevano accompagnato in diversi momenti che aveva vissuto quel giorno. Non sapeva, però, se sarebbe stato in grado di esprimerli a voce, o come sarebbe stato raccontarli ad un quasi perfetto sconosciuto.
Sapeva che Fernando non lo avrebbe certo giudicato per aver baciato un altro uomo, e quello lo tranquillizzava, ma poteva benissimo giudicarlo per tutto ciò che c’era di contorno: per non aver parlato chiaramente ad Alessio, né a Giada, forse nemmeno a se stesso.
In fondo, però, il giudizio di una persona che non conosceva affatto non lo avrebbe toccato nel profondo. Si stava aggrappando a quell’unica speranza, mentre mille parole cominciavano ad affluirgli nella mente.
Gli sembrò strano cominciare a parlare e non sentirsi più così agitato come prima. Ripercorrendo i ricordi di quella sera, davanti allo sguardo attento di Fernando, si sentiva più in collera che mai.
Ricordava il profumo di Alessio, il suo calore e le sue labbra, e avrebbe voluto dimenticare ed avere tutto di nuovo contemporaneamente. Avrebbe voluto andare da lui anche in quello stesso momento, e allo stesso tempo avrebbe voluto non vederlo nemmeno una volta di più.
-Non abbiamo mai parlato di tutto questo-.
Pietro si passò la lingua sulle labbra secche, una volta finito di raccontare. Non avrebbe saputo definire come si sentiva, in quel momento: se più leggero, per essersi sfogato con qualcuno, o se più nervoso, per aver riportato alla mente ciò che aveva soffocato per tutto quel tempo.
-Non è una bella situazione- Fernando lo guardava intensamente, e a Pietro sembrò quasi un’altra persona, stando così serio ed attento – Non sei stato per niente fortunato. È difficile dire cosa ti converrebbe fare. D’altro canto, se non ricorda nulla potrebbe anche non crederti nel caso gli dicessi cosa è successo-.
-Potrebbe aver fatto finta di non ricordarsene. Ed in quel caso sarebbe ... – Pietro vacillò per qualche secondo – Sarebbe solo uno stronzo-.
Pietro si sporse di nuovo verso il suo bicchiere, bevendo quel che rimaneva del suo vino. Faticò a deglutire per il groppo in gola che sentiva, ma cercò di non darlo a vedere: dubitava sarebbe stata una buona idea scoppiare in lacrime di fronte a Fernando.
-Presumo non lo scoprirai mai in ogni caso, se hai deciso di non dirgli nulla in qualsiasi caso. A meno che non sia lui a dirti qualcosa-.
-No, non credo succederà nessuna delle due cose- Pietro sospirò rumorosamente, passandosi una mano sulla fronte – E poi le cose sono diverse ora-.
-Diverse? Che vuoi dire?-.
Pietro si agitò un po’ sulla sedia, incapace di starsene fermo ancora per molto. Non credeva di poter spiegare a voce ciò che sentiva, e dubitava che Fernando potesse capire anche solo in parte:
-È cambiato qualcosa … - si strinse nelle spalle, incerto su come spiegarsi – È come se avessi aperto gli occhi dopo troppo tempo. Forse mi sto rendendo conto solo ora del tempo che ho perso e che, nonostante tutto, non cambierà mai nulla  e io non avrò mai altro da lui oltre a questo. Che forse dovrei lasciare perdere-.
-Comportarti come se non ne fossi evidentemente innamorato?-.
Fernando aveva parlato con naturalezza, ma a quelle parole Pietro si bloccò completamente. Forse perché era la prima volta che qualcuno parlava di lui ed Alessio, dell’amore che provava per Alessio, come se non ci fosse nulla nascondere. Come se fosse normale.
Come se fosse qualcosa che non si poteva cancellare.
-Se potessi lo farei- Pietro sospirò – Forse vorrei non fosse mai successo. O forse è stata solo una mia illusione e non è mai stato reale-.
Si sentiva patetico in quel momento, e in un certo senso non gliene importava nemmeno più. Si sentiva così stanco nel ripensare a quella faccenda, che non gli interessava nemmeno cosa potesse pensare di lui Fernando in quel momento. Scommetteva che ai suoi occhi doveva apparire debole, succube di un sentimento non ben definito per qualcuno che non lo avrebbe mai ricambiato.
-Sei solo deluso. È normale esserlo dopo un’esperienza simile- mormorò Fernando. Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, Pietro intravide nelle sue iridi scure qualcosa di simile alla malinconia. Si chiese se anche lui, un tempo, fosse passato per la stessa situazione.
-Forse è solo stata un’infatuazione. Forse non ne sono mai stato innamorato davvero, come credevo. E ora me ne sto rendendo conto- Pietro parlò a bassa voce, abbassando gli occhi e torturandosi le mani.
Aveva ripensato molte volte a quell’eventualità, nell’ultimo mese. Cercava di dare una spiegazione al fatto di non voler rivelare ad Alessio alcunché di quel che era successo, ma la verità era che non era convinto nemmeno lui per primo di una cosa simile.
-Credi davvero a quel che stai dicendo? Perché a me sembri solo arrabbiato e deluso. Nient’altro-.
-Io ... Non lo so!- sbottò Pietro, esasperato. Avrebbe solamente voluto andarsene e dimenticare quella conversazione, e dimenticare anche tutto il resto: Alessio, il loro bacio, ciò che c’era e ciò che non esisteva tra loro.
-Lui mi confonde. È sempre stato così-.
Fernando gli posò una mano sulla spalla, spingendolo ad alzare il viso verso di lui. Quando Pietro incrociò gli occhi dell’altro, si accorse di nuovo di quanta serietà ci fosse in Fernando in quel momento:
-La confusione è il primo segnale, è così che si scopre che c’è qualcosa sotto-. [3]
Pietro lo tenne fissato con aria interrogativa, incerto su dove volesse andare a parare Fernando.
In un certo senso lo riusciva a comprendere, anche se faticava ad ammetterlo. Era qualcosa di radicato nel profondo, un ricordo lontano che avrebbe collocato diversi anni prima, ma che in un angolo della sua mente, seppur ignorato, continuava a sopravvivere.
La ricordava fin troppo bene quella confusione di cui parlava Fernando. Era come essersi trasformato in un pendolo, oscillare continuamente tra la colpevolezza e la gelosia più dilaniante. Ricordava com’era, guardare Alice e pensare che lei non sarebbe mai stata in grado di essere abbastanza per Alessio, sperare e pensare che non sarebbe durata. C’era stato un momento in particolare in cui aveva provato quelle emozioni: era stato all’inizio della loro storia, quando lei ed Alessio avevano festeggiato il suo compleanno per la prima volta insieme, e Pietro si ritrovava sempre a ridere di sé quando ripensava a quel momento, a quanto si era sbagliato, a quanto tempo fosse passato da quel giorno.
Ed Alice era ancora lì, tra di loro, rendendo quei suoi pensieri allora così sicuri solo un mucchio di polvere.
Si era sentito in colpa per quei pensieri, in quei giorni come in tutti quelli a venire. Perché Alice, in fin dei conti, gli piaceva: era una buona amica, le voleva bene, e si pentiva ogni secondo della sua esistenza per aver sperato di vederla sparire.
Ma la gelosia, oh, la gelosia ci sarebbe sempre stata. Era geloso di Alice perché lei poteva permettersi di stare accanto ad Alessio senza dover rendere conto a nessuno, di abbracciarlo e baciarlo senza dover pensare “è giusto? È quel che vuole, quel che voglio io?”, senza preoccuparsi delle conseguenze.
Si meravigliava ancora di quel che riusciva a pensare di loro. Si meravigliava di come il suo senso di colpa fosse perfettamente mescolato a quello della rabbia repressa. Non avrebbe saputo dire quale dei due prevalesse, in quel vortice confuso che lo spaventava, che lo aveva terrorizzato a morte quando ancora non sapeva che nome attribuirgli.
-Le emozioni non sono mai bianche o nere- la voce di Fernando si fece più lenta, come se stesse assaporando le parole che pronunciava – Sono più come dei sintomi-.
Il bianco e il nero erano i colori perfetti che Pietro avrebbe usato per descrivere se stesso ed Alessio. In certi momenti Alessio era bianco, come le pareti della casa che avevano condiviso fino ad un anno prima; bianco come il sentimento puro che sapeva di provare per lui, e bianco come un foglio di carta sopra il quale avrebbe tanto potuto disegnare un loro futuro, insieme.
E poi c’erano certe giornate a cui Pietro non avrebbe saputo collegare altro colore se non il nero. Nero come il cielo impregnato di pioggia, o nero come il suo umore quando tra lui ed Alessio volavano certe parole di cui, lo sapeva, almeno lui si sarebbe pentito subito. Era nero anche il maglione che aveva indosso Alessio quando gli aveva annunciato che sarebbe andato a vivere con Alice. Anche il cielo, quel giorno, era dello stesso colore: piangeva insieme a Pietro, lasciando scivolare le lacrime che lui, invece, si era tenuto dentro per tutto il tempo in cui Alessio l’aveva prima pugnalato, e poi lasciato a leccarsi le ferite.
Non c’erano mai state vie di mezzo – nella loro personale tavolozza di colori, il grigio non esisteva. O forse non era esistito fino al momento in cui Alessio l’aveva baciato, il momento in cui Pietro si era sentito davvero spinto in una zona sconosciuta. Lì non c’erano più quei colori che aveva sempre pensato si addicessero alla loro situazione.
Lì era tutto nuovo, e c’era spazio solo per la rabbia e il dolore di non sapere come sarebbe stato, se fosse andato diversamente.
-Rimani senza fiato ogni volta che quella persona entra nella stanza-.
Un sospiro lieve di Fernando, la voce tenue e a tratti vellutata e leggera.
A Pietro venne quasi da ridere, nel ripensare che provava quella sensazione così tante volte da non farci nemmeno più caso. L’ultima volta che era successo e che ricordava in maniera tangibile era stata la sera del suo compleanno dell’anno prima: aveva sentito i suoi polmoni svuotarsi dell’aria non appena aveva messo piede dentro al locale dove si sarebbero visti, non appena lo aveva individuato. Sapeva che sarebbe riuscito a riconoscere Alessio tra mille facce diverse, e quella sera ne aveva solo avuto la prova tangibile.
Era una reazione comune, quella: capitava più o meno ogni volta che Alessio entrava nel suo campo visivo inaspettatamente, senza che Pietro si sentisse anche solo minimamente preparato. Odiava sentirsi così vulnerabile, così trasparente nelle sue reazioni di fronte ad Alessio.
Si era costretto a continuare ad avanzare, perché era pur sempre il compleanno di Alessio, e non lo vedeva da giorni. Per quanto gli potesse risultare difficile mantenere la calma, non si era sottratto a lui nemmeno quella volta. Non si era sottratto al suo abbraccio, né al suo sorriso. Aveva continuato a sperare di non arrossire davanti ai suoi occhi, e di non sembrare un pesce fuor d’acqua, soffocando allo stesso modo per tutto ciò che Alessio rappresentava.
Con le dita Fernando percorse lo spazio che dalla spalla arrivava al collo di Pietro. Il suo tocco e la sua voce, in quel momento, sembravano leggeri come velluto:
-Il cuore ti batte più veloce quando ti passa accanto-.
Pietro chiuse gli occhi, la mascella serrata, i ricordi che si facevano troppo vividi.
Tornò con la mente non alla sera del bacio, ma ad un’altra notte, in cui Alessio era ubriaco ancora. La notte in cui Pietro era riuscito a dare un nome, per la prima volta, a ciò che provava per lui – o, almeno, a quello che credeva di provare.
Aveva cercato di calmarsi, di pensare che Alessio era solo ubriaco, e che non doveva essere del tutto consapevole delle sue azioni. Anche Pietro avrebbe voluto essere inconsapevole allo stesso modo: forse così non avrebbe fatto caso ad Alessio sopra di sé, a cavalcioni su di lui. Non avrebbe pensato al contatto fisico tra i loro corpi, non avrebbe pensato a niente.
Non avrebbe pensato nemmeno al suo cuore, che aveva battuto così tanto veloce che credeva sarebbe scoppiato da un momento all’altro.
Quando Alessio aveva perso l’equilibrio e appoggiato le mani sul suo petto, Pietro si era chiesto se potesse sentire il battito impazzito proprio lì, sotto i palmi delle sue mani. Aveva sperato non lo facesse: non avrebbe saputo dare spiegazioni razionali a quella reazione del suo corpo.
O forse non avrebbe saputo dare spiegazioni che non sarebbero state facili da poter esprimere ad alta voce.
-La pelle ti formicola quando riesci a percepirne il respiro-.
Difficilmente avrebbe dimenticato quella sensazione, quando durante la vacanza in Puglia era stata più vivida che mai. Non avrebbe dimenticato facilmente quei brividi lungo la pelle, né il formicolio che aveva risvegliato ogni anfratto del suo corpo.
Si era sentito vivo più che mai, in quella vicinanza così strana ed insperata. Non era certo la brezza leggera e fresca proveniente dal mare, a dargli quei piccoli spasmi involontari; era il calore del corpo di Alessio, così vicino, e il suo respiro caldo. Le labbra di Alessio non erano mai state così vicine alle sue, e neanche il suo cuore, probabilmente, aveva mai avuto un battito così veloce.
Era così che ci si sentiva, quando baciavi per la prima volta qualcuno di cui ti importava davvero?
Quattro anni dopo avrebbe risposto che sì, era così che ci si sentiva. I brividi sulla schiena, la pelle d’oca a infastidirlo appena, mentre le labbra di Alessio scivolavano ancora una volta sulle sue, i loro respiri che si mischiavano insieme.
Pietro riaprì gli occhi attimi dopo, ritrovandosi di fronte il sorriso sghembo e appena accennato di Fernando, che lo teneva fissato con dolcezza:
-Dimmi che non ti è mai successo questo con Alessio, o che non ti succede più da quando vi siete baciati, e allora potrei anche prendere in considerazione l’idea che tu abbia ragione. Non che l’amore sia solo questione di fisicità, ma spesso quel che proviamo per le persone lo esprimiamo attraverso il nostro stesso corpo-.
Le parole di Fernando gli erano entrate in testa come una cantilena. Avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e lasciarsi cullare da esse, senza il bisogno di dover anche ammettere che, per quanto si sforzasse per far apparire il contrario, erano parole vere.
-Non posso dire che non sia mai successo nulla di tutto questo, né che non sia reale- mormorò, stringendosi nelle spalle, e allungando una mano verso la bottiglia di vino, per versarsene un altro po’ nel bicchiere – Ma è altrettanto reale il mio voler allontanarmi da lui-.
-Allora vedi che avevo ragione. È inutile negare quello che c’è, ma questo non vuol dire che sia innaturale essere arrabbiati- replicò Fernando, scuotendo appena il capo con fare comprensivo.
Pietro si girò meglio verso di lui, dopo aver buttato giù una lunga sorsata di vino:
-Tu che faresti al posto mio?
Fernando si mise a fissare un punto imprecisato davanti a sé, con fare riflessivo. Sembrava stesse pensando sul serio ad una eventualità del genere, e Pietro gli fu in parte grato per il suo sforzo per dargli una mano:
-Non lo so. Dipenderebbe molto da quello provo, credo. Forse proverei ad introdurre l’argomento, e vedere le sue prime reazioni-.
-E poi? Se le sue prime reazioni fossero negative?-.
Fernando tirò un lungo sospiro sconsolato, abbassando per un attimo gli occhi, prima di tornare a fissarli su Pietro, con un mezzo sorriso malinconico:
-“Che senso ha dare amore ad un uomo senza pietà?”-.
L’unica risposta che fu in grado di dargli Pietro fu uno sguardo confuso e disorientato.
-È una vecchia canzone italiana. Non la conosci?- gli spiegò l’altro, divertito. Fernando rise appena, prima di versarsi a sua volta un po’ di vino e proseguire:
-In ogni caso, è per dire che forse lascerei perdere anche lui, se le cose si mettessero male- ponderò con aria riflessiva – Ma è solo un’idea. La realtà è sempre molto diversa da come la immaginiamo, quindi non ti so dire con sicurezza cosa farei. Potrei fare mille congetture, ma il punto rimane sempre quello: meglio un amore fondato su una bugia, o il rancore fondato sulla verità?-.
-E se fosse un rancore fondato su una bugia?- borbottò Pietro, sentendo la testa un po’ girare di fronte a quelle parole di Fernando dal sapore vagamente filosofico.
-Ancora peggio, oserei dire-.
Pietro rise amaramente, passandosi una mano sul volto, con un gesto stanco e svogliato. Era spacciato in ogni caso, e non gli serviva nemmeno Fernando per capirlo: era un’evidenza ormai innegabile.
 
*
 
-Sei sicuro di arrivare a casa senza rischiare di ucciderti?-.
Pietro aveva cercato di trattenere una risata, mentre si girava verso Fernando. Ancora prima di vederlo fu sicuro che sul suo viso vi avrebbe trovato un sorriso disegnato sulle labbra, e quando si era ritrovato di fronte a lui si era accorto che, in effetti, era proprio così.
-Nel senso, non è che se ora ti lascio andare da solo, poi domani mattina apro il giornale e nello spazio della cronaca mi trovo a leggere una notizia tipo “Ventenne decide di fare bagno notturno nel Canal Grande”?-.
-La vena melodrammatica la devi alle origini spagnole? Perché se non è così, allora non me la spiego- replicò Pietro, meno a disagio rispetto all’inizio della cena.
Avevano passato il resto della serata parlando di qualunque cosa, tranne che di Alessio. Non erano più tornati sull’argomento, e Pietro era stato grato a Fernando per essere un tipo chiacchierone e dalle mille risorse di conversazione. Non avevano parlato nemmeno di Giada, né fatto cenno al discorso “omosessualità”; sarebbe potuta sembrare una qualsiasi serata tra amici, e a Pietro era andata bene così. Aveva affogato i pensieri nella sangria fresca che Fernando aveva tirato fuori dal frigo, dopo che avevano finito la bottiglia di vino che c’era già in tavola, e si era sentito bene.
-Oh, ora che me lo fai notare potrebbe essere- Fernando strizzò gli occhi con aria pensierosa, prima di tornare al solito ghigno malizioso – Dev’essere per questo motivo che ideiamo certe telenovelas così drammatiche-.
Pietro rise di nuovo, fermandosi al centro del corridoio che portava alla porta d’ingresso; ormai era mezzanotte passata, ed era decisamente ora per lui di rientrare a casa.
-In ogni caso, non sono così ubriaco da non riuscire a camminare dritto e cadere in un canale- disse, annuendo con convinzione – Al massimo sono un po’ brillo-.
-Se ne sei così sicuro- mormorò Fernando, scuotendo la testa con fare fintamente poco convinto. Non passarono oltre pochi secondi prima che Fernando si facesse più serio e si avvicinasse ulteriormente a Pietro:
-Posso farti una domanda?-.
Pietro annuì subito, anche se a tratti esitante. Ormai il disagio con Fernando, per quella sera, era un ricordo lontano, ma c’era stato qualcosa nella voce – o nella domanda così vaga-  a lasciarlo interdetto. Ormai, in ogni caso, era troppo tardi per cambiare improvvisamente idea.
-Hai mai baciato un ragazzo?- Fernando non aveva atteso molto oltre, prima di dare voce a quel dubbio. Non si curò particolarmente degli occhi sgranati di Pietro, come se si fosse aspettato esattamente quella reazione da parte sua.
-Intendo, un ragazzo che non fosse Alessio. Mai provato?-.
Pietro tirò un respiro profondo, passandosi una mano sul viso e sui capelli. In quel momento sarebbe stato molto più interessante rimanere a fissarsi le punte delle scarpe, ma cercò di andare oltre il disagio che una domanda simile poteva provocargli. D’altro canto con Fernando era iniziata con discorsi scomodi: cosa sarebbe cambiato affrontarne uno in più?
-No. Non ho mai baciato un altro uomo- esalò, a bassa voce. Si rese conto che ammetterlo lo faceva sentire un po’ strano. Guardando Fernando, invece, non vi ritrovava nemmeno un po’ dell’imbarazzo che stava provando: sembrava sinceramente interessato alla sua risposta, ma nemmeno sorpreso. Doveva esserselo aspettato sin da subito.
-Come mai?- domandò ancora Fernando, imperterrito. Pietro sbuffò, alzando gli occhi al cielo come in cerca di una risposta.
Non aveva voglia di stare a spiegare ogni cosa a Fernando, né di ricordare a se stesso come mai aveva preso la decisione di non provare a frequentare nessun ragazzo e continuare quella farsa con Giada, ma provò comunque a dire qualcosa:
-Non ho mai avuto il coraggio- mormorò semplicemente, a mezza voce. Era un modo semplicistico con cui ridurre la discussione, ma non aveva voglia di intavolare un dialogo su quell’argomento proprio poco prima di doversene andare. Forse non ne avrebbe avuto l’intenzione nemmeno in altre circostanze.
-Non ti incuriosisce nemmeno un po’ la cosa? Neanche in piccola parte?- stavolta Fernando non aveva nascosto la propria curiosità. Fece un altro passo verso di lui, guardandolo intensamente con quegli occhi così scuri che si avvicinavano molto al nero delle iridi di Pietro.
La vicinanza ulteriore di Fernando non lo aiutò. Non si sentiva troppo nervoso, ma percepiva come le dinamiche fossero già cambiate rispetto ad un secondo prima: parlare di una cosa simile, con Fernando così vicino a sé, lo faceva sentire estremamente vulnerabile.
Sentì un brivido percorrerlo, quando risollevò lo sguardo per incrociare gli occhi scuri dello spagnolo:
-Forse un po’- ammise, con voce appena udibile.
-Allora baciami-.
Pietro sgranò ancora di più gli occhi. Quelle parole lo sorpresero ancor di più che sentire la sua stessa voce ammettere di avere curiosità verso contatti fisici con altri uomini.
Per un secondo credette di essersi immaginato tutto, di aver capito male. Eppure c’era qualcosa, negli occhi e nel viso di Fernando, che gli diceva chiaramente che non si era affatto sbagliato.
-Cosa?- mormorò, la voce appena udibile.
-Prova a baciare me- Fernando si lasciò sfuggire un sorriso divertito e sincero, di fronte allo sconcerto di Pietro, mentre allargava le braccia – Prometto che non ti morderò e non avrai alcun effetto collaterale-.
Pietro si ritrovò a rimanere in silenzio diversi secondi, prima di prendere una qualsiasi decisione. Una parte di sé gli stava urlando di andarsene, di rientrare a casa e scrivere un messaggio a Giada per avvertirla che era rientrato e stava bene. Era quella stessa parte che gli stava dicendo che poteva permettersi di rifiutare quella specie di offerta, che non aveva bisogno di provare a baciare Fernando per sapere che, in fin dei conti, baciare un uomo gli sarebbe piaciuto. Lo sapeva perché era stato così con Alessio: gli era piaciuto baciarlo per ciò che provava per lui, ma anche per il lato fisico della cosa. Gli era piaciuto passare le mani sul suo corpo così simile al suo, sentire nelle narici il suo odore maschile, e avvertire sulla pelle del viso il formicolio della sua barba. Non aveva bisogno di prove ulteriori, anche se aveva evitato di ammetterlo a se stesso fino a quel momento.
Ma poi c’era l’altra parte, quella che sapeva già non sarebbe riuscito a far tacere: c’era la voglia di curiosità, la voglia di sferrare un attacco alla vita che aveva conosciuto fino a quel momento. C’era Fernando e ciò che rappresentava: la possibilità di essere pienamente se stesso, almeno per una volta.
Forse, ancora prima di pensare, sapeva già ciò che avrebbe scelto, anche se, in un certo senso, temeva quello che la sua scelta avrebbe potuto significare.
Fernando gli stava in piedi di fronte, a nemmeno un metro di distanza. Gli bastò un ulteriore passo verso di lui per accorciare definitivamente le distanze. Pietro, nell’agitazione del momento, riuscì quasi a distinguere il percorso del suo viso che si avvicinava piano ed inesorabile al suo.
Si era aspettato di rivedere Alessio nei gesti di Fernando, e invece non potevano essere più diversi tra loro. Fernando aveva un sapore e un profumo tremendamente diversi da quelli di Alessio, e sebbene la novità lo incuriosisse, Pietro non sentì la stessa eccitazione e frenesia di quando l’odore della pelle sudata di Alessio gli era entrata nelle narici.
Fernando baciava in una maniera completamente diversa: per lui non c’era la calma e l’esitazione che aveva accompagnato Alessio nei primi istanti. Per lui c’era solo l’istinto, e nonostante ciò, a Pietro non dispiacque quella distanza sempre maggiore che stava notando tra loro due. Con Alessio all’inizio era stato tutto lento, e poi infiammato tutto di colpo. Fernando non sembrava avere freni, ma non perdeva la sensualità innata che sembrava guidarlo in ogni minimo gesto.
Pietro si lasciò guidare, buttandosi letteralmente tra le sue braccia. In quel momento non gli importava più di niente: né di Alessio, e nemmeno di Giada, nonostante una punta di colpa cominciasse a farsi largo dentro di lui a poco a poco.
Non oppose resistenza al bacio che Fernando stava approfondendo sempre di più, né cercò di divincolarsi quando lo sentì attrarlo a sé, corpo contro corpo. L’audacia che provava Pietro derivava più dalla curiosità di testare se stesso, e dall’indifferenza che provava verso coloro che avrebbe immancabilmente ferito.
Fernando non sembrava intenzionato a lasciarlo andare: aveva posato le mani sui suoi fianchi quasi possessivamente, alzando appena l’orlo del maglione di Pietro.
Cominciava a sentire caldo, e la testa prese a girargli. Immaginò che il suo viso doveva risultare parecchio arrossato, anche se non era sicuro di poter attribuire del tutto quel risultato all’accaloramento che sentiva.
-Ti sta piacendo?- mugolò Fernando contro la pelle del suo collo, mentre lasciava una scia di baci, che fecero partire un brivido lungo la schiena di Pietro. Lui si ritrovò a sbuffare piano, in difficoltà: non sapeva se sarebbe stato più terribile ammettere a se stesso che i baci di un altro uomo lo facevano sentire meglio di quanto non avrebbero potuto mai fare quelli di qualsiasi altra donna, o se ammettere che, per quanto Fernando fosse bello ed affascinante, non ci sarebbe mai potuto essere qualcosa di vagamente simile a quello che provava con Alessio. Erano due cose con le quali non era sicuro sarebbe mai riuscito scendere a patti.
Fernando aveva ragione: era inutile provare a ridurre il suo sentimento per Alessio ad una semplice sbandata quando era evidente che non era così.
-Può darsi- si ritrovò a mormorare di rimando, d’un tratto più rigido. Pensare troppo, in quel genere di occasioni, non gli faceva bene: si ritrovava a diventare impacciato e freddo come non mai. E Fernando, che sembrava più attento che mai ad ogni sua sfumatura, sembrò accorgersene in quello stesso momento:
-Qualcosa non va?-.
Pietro si ritrovò a sbuffare di nuovo, mentre Fernando rialzava il volto verso il suo. In quel momento, con le gote arrossate, le labbra gonfie e i capelli più spettinati, era ancor più attraente. Era oggettivamente molto più bello di Alessio, con la sua aria mediterranea data dai capelli e gli occhi scuri, si rese conto Pietro. Era molto più bello, ma non era ciò che voleva.
-Se dovessi elencare tutte le cose che non vanno, credo resteremmo qui in eterno-.
Pietro si lasciò sfuggire un sorriso malinconico, mentre a malincuore si sfilava dalla presa di Fernando, facendo un passo indietro.
-È per Alessio?-.
Nonostante Fernando non lo conoscesse affatto, sembrava comprenderlo meglio di tante altre persone. Pietro si ritrovò ad abbassare gli occhi, fingendo di rimettersi a posto il maglione:
-No- mentì, non sforzandosi nemmeno di apparire convincente – Fino a prova contraria ho anche una fidanzata che mi aspetta-.
-Una fidanzata che non ami- replicò Fernando, impietoso.
-Le voglio bene-.
-Non lo metto in dubbio, ma non la ami. E non lo farai mai, perché lei non potrà mai darti quello che stai cercando sul serio. Non che ne abbia qualche colpa-.
Pietro guardò ancora una volta altrove, incapace di sostenere lo sguardo di Fernando. Quelle parole avevano fatto male perché, oltre che ad essere così dirette, erano anche vere.
-Non posso comunque farlo- si ritrovò a mormorare, facendo un altro passo indietro, un altro passo più distante da Fernando – Lo sai anche tu che non posso-.
-Non vuoi, è diverso- il sorriso mesto di Fernando cozzava con la voce bassa e calma con la quale aveva appena parlato – Ma sai una cosa? In fin dei conti, non ti biasimo. Non del tutto-.
-Davvero?- domandò scettico Pietro. Il suo cuore aveva già ripreso a battere normalmente, come se non fosse mai successo nulla, come se i baci di Fernando e la sua vicinanza non fossero mai davvero esistiti. Non si sentiva nemmeno troppo sconvolto, in quel momento.
-Davvero- gli rispose l’altro, alzando le spalle e continuando a sorridergli in un modo che a Pietro trasmise pura sincerità – Ti capisco, credimi. Molto meglio di quel che immagini-.
-Ci sei passato anche tu? In una situazione simile?- Pietro si rese conto che la sua domanda poteva sembrare stupida e fuori luogo, ma non aggiunse altro. In un certo senso, sapeva che Fernando non se la sarebbe presa, e che gli avrebbe risposto con la consueta gentilezza sbarazzina che aveva sempre mantenuto fino a quel momento:
-Sì, ci sono passato anche io-.
Pietro si ritrovò ad annuire, senza sapere bene cosa dire o fare. Gli sarebbe sembrato strano dire qualsiasi cosa per cercare di consolare Fernando: nonostante il sorriso malinconico, non sembrava davvero soffrire in quell’istante. Doveva essere passato del tempo da quando anche lui doveva aver passato il suo personale periodo buio.
-Credo che dovrei andare- borbottò infine Pietro, impacciato ed ancora una volta incapace di guardare Fernando dritto negli occhi. Ora l’imbarazzo era tornato a galla, esattamente come quando era arrivato in quell’appartamento qualche ora prima.
Fernando si limitò a fare un cenno con il capo verso Pietro, avvicinandosi a lui ed oltrepassandolo, per avviarsi alla porta d’ingresso.
Fu mentre Pietro recuperava il cappotto, che Fernando parlò ancora una volta, la voce meno vivace e più dolce:
-Mi farebbe piacere rivederti, e non per forza per saltarti addosso, beninteso- disse, facendo ridere piano Pietro – Ma se non dovesse succedere, allora buona fortuna-.
Pietro gli sorrise di rimando, in modo sincero, forse per la prima volta in tutta la serata.
-Ne avrò bisogno di un bel po’, credo-.
 
I hate you, I love you
I hate that I love you
Don't want to but I can't put nobody else above you
I hate you, I love you
I hate that I want you
 
*
 
You don't care, you never did
You don't give a damn about me
How is it you never notice
That you are slowly killing me?
 
La sala studio della sede universitaria di Mestre brulicava di studenti. La maggior parte era china sui libri, poggiati sulle superfici fredde dei tavoli della sala, e solo una piccola parte sembrava ancora spensierata ed intenta a chiacchierare di qualsiasi altra cosa che non fossero gli esami.
Pietro non li invidiava, stranamente, non quel giorno. Studiare per gli ultimi esami che gli rimanevano, e nel frattempo pensare anche a come iniziare la tesi, gli permetteva di non pensare a Fernando e a quel che era successo con lui due giorni prima. Probabilmente era solo per quello che, al contrario di tutti gli altri lunedì mattina, si sentiva quasi felice di doversi buttare in uno studio disperato e prolungato.
Era arrivato in università solo mezz’ora prima, ed era stato contento di non aver incrociato nessun volto conosciuto, mentre si era diretto alla sala studio. Probabilmente Nicola doveva essere a casa con Caterina e Francesco, mentre Giada doveva essere nel suo studio, per la consueta ora di ricevimento settimanale.
Nemmeno di Alessio vi era traccia. In realtà non era affatto sicuro che non ci fosse, sebbene non lo avesse incrociato nei corridoi: anche lui, di solito, preferiva studiare lì piuttosto che a casa, quando ormai mancavano pochi giorni al primo esame della sessione.
Ogni anno, prima dell’inizio della sessione, Pietro, Alessio e Nicola si ritrovavano sempre ad occupare uno di quei tavoli, in quella stessa aula studio, per ripassare insieme. Quel giorno, invece, Pietro era solo, e gli andava bene così. Erano cambiate tante cose, nel corso di quell’ultimo anno, e ormai era arrivato alla conclusione che, se doveva andare così, a quel punto tanto valeva non immaginarsi nemmeno come sarebbero state le cose se fosse andata diversamente.
Se nulla fosse successo un anno prima, probabilmente si sarebbero trovati seduti su quel tavolo come sempre, tutti e tre insieme. Nicola non avrebbe avuto alcun figlio, e Pietro avrebbe continuato a pensare al suo amore senza speranza, ma senza la vena di rabbia e rancore che invece provava in quel momento.
Scosse la testa, tornando a chinarsi sul libro aperto che aveva davanti agli occhi. Per quanto cercasse di concentrarsi, di nuovo il pensiero di Fernando continuava a fare capolino nella sua mente.
Aveva passato gli ultimi due giorni senza riuscire a guardare in faccia Giada: pensare di stare con lei, accanto a lei, dopo aver baciato Fernando, gli sembrava totalmente ingiusto. Forse ancor più ingiusto di essere rimasto con lei nonostante ci fosse sempre stato Alessio di mezzo e quel che provava per lui.
Se fino a quel momento, però, era riuscito a scendere a patti con se stesso, dopo aver baciato Fernando gli sembrava che qualcosa si stesse sgretolando. Rendersi conto che baciare un uomo – un uomo qualsiasi, e non per forza l’uomo di cui era innamorato- fosse più piacevole, più qualsiasi cosa, di baciare una donna aveva minato le poche convinzioni che gli rimanevano.
Evidentemente, quello di complicarsi la vita inutilmente, era un vizio che difficilmente sarebbe riuscito ad assopire adeguatamente.
Si ributtò a capofitto tra le pagine del libro, ma le parole e le righe sembravano scorrere via senza lasciargli nulla: un attimo dopo si era già dimenticato cosa aveva appena letto.
Iniziò a picchiettare la penna che teneva in mano sul bordo del tavolo, ritmicamente e con nervosismo. Sapeva già che sarebbe riuscito a concludere ben poco quel giorno, in fatto di studio, ma si costringeva a rimanere lì su quella sedia in ogni caso, forse con la speranza che prima o poi la concentrazione sarebbe aumentata.
Stava ancora tenendo gli occhi fissi sulla stessa pagina, quando notò con la coda dell’occhio una figura avvicinarsi al suo tavolo. Per un momento, nel notare vagamente il riflesso biondo dei capelli, pensò che Nicola si fosse inaspettatamente presentato in università. Gli ci volle solo un attimo per capire quanto fosse assurda una cosa del genere: Nicola aveva un bambino nato da pochissimo a cui badare. Non aveva certo il tempo, né la voglia o l’energia, per pensare a degli esami. Dubitava anche che un giro all’università che poteva risparmiarsi rientrasse nei suoi programmi attuali.
Si costrinse ad alzare il capo comunque, poco prima che Alessio raggiungesse il tuo tavolo. Non si aspettava di trovarselo di fronte così dal nulla, doveva ammetterlo. Alessio doveva di certo aver capito che la sua presenza ultimamente non gli era molto gradita, eppure, nonostante tutto, eccolo lì: in piedi davanti al suo tavolo, a fissarlo con un mezzo sorriso imbarazzato che, al di là del rancore e della rabbia che poteva provare nei suoi confronti, Pietro trovava comunque ugualmente adorabile.
-Ciao- fece Alessio, dopo alcuni secondi in cui nessuno dei due aveva aperto bocca, rimanendo a fissarsi l’un l’altro. Alla fine Alessio sembrava aver intuito che, se non fosse stato lui a fare il primo passo, sarebbero potuti rimanere così ancora molto a lungo.
-Buongiorno a te- replicò Pietro, più seccamente di quel che si sarebbe aspettato perfino lui stesso. Riabbassò gli occhi subito dopo, sottolineando una frase a caso sul libro con la penna: forse, notando che stava provando a studiare, Alessio si sarebbe allontanato più in fretta.
-Stai ripassando per l’esame di venerdì prossimo?- gli domandò ancora lui, allungandosi per capire quale libro Pietro stesse leggendo – Hai bisogno di una mano?-.
-Sì, sto ripassando per l’esame di venerdì prossimo, e no, credo di essere in grado di fare un pessimo ripasso anche da solo- ancora una volta Pietro era risultato più stizzito di quel che avrebbe voluto, con gli occhi ancora rivolti al libro e ben distanti da quelli azzurri di Alessio. Se li sentiva addosso, e si chiese quante altre risposte del genere gli sarebbero servite per farlo arrabbiare e rischiare di vederselo sbraitare contro.
-Posso sedermi qui lo stesso?-.
Quella domanda spiazzò talmente tanto Pietro che si ritrovò ad alzare il viso e guardare Alessio – guardarlo per davvero- per la prima volta da quando era giunto a quel tavolo. Era sicuro che, dopo quelle sue risposte infastidite, se la sarebbe data a gambe per evitare di peggiorare la situazione.
-Non voglio disturbarti, se vuoi studiare da solo … O non parlare proprio, di qualsiasi altra cosa- riprese velocemente Alessio, mangiandosi le parole – Mi basta sedermi qui, e basta. Se vuoi-.
Pietro rimase talmente sconvolto da quella richiesta che si ritrovò ad annuire senza nemmeno rifletterci, senza dire una parola e continuando a tenere lo sguardo fisso su Alessio. Lo vide contrarre le labbra in un sorriso fugace, mentre si sedeva sulla sedia rimasta vuota di fronte a Pietro; sembrava sorpreso perfino lui di aver ricevuto quella risposta affermativa. Forse aveva messo in conto preventivamente di avere poche speranze di poter rimanere lì con il permesso di Pietro.
-Comunque non era una questione di non voler parlare, o di voler rimanere qui da solo- borbottò Pietro, stringendosi nelle spalle. Non sapeva nemmeno perché stesse cercando di giustificarsi con Alessio: non lo aveva mai fatto durante quell’ultimo mese, eppure in quel momento, davanti al suo sorriso appena accennato ma felice, si era sentito quasi in dovere di rassicurarlo.
-È che non volevi parlare o rimanere da solo con me- replicò Alessio, con una tranquillità che a Pietro parve più rassegnazione – Lo so, non sono stupido. Mi è arrivato il messaggio, già da un po’-.
Rimase nuovamente stupito: da Alessio si sarebbe aspettato fuoco e fiamme, dopo una frase del genere, eppure non era per niente così. Non sapeva bene come considerare quel suo modo di porsi così diverso dal solito.
-Sul serio?- chiese Pietro, stavolta sulla difensiva – Eppure non mi hai ancora chiesto perché non voglio averti tra i piedi-.
Si morse il labbro, cercando di trattenersi dal parlare ancora. Non si era aspettato di finire in una conversazione simile, non in quel momento così anonimo. Forse non lo voleva nemmeno: si sentiva come se si stesse addentrando in un luogo sconosciuto che non lo faceva stare tranquillo.
-Avrai le tue ragioni, immagino. E se non vuoi condividerle, non posso obbligarti a farlo-.
Alessio non lo aveva nemmeno guardato in faccia, e Pietro non riuscì a fare a meno di sentire la rabbia montare dentro di sé. Alcune volte aveva invidiato il disinteresse che Alessio dimostrava verso chiunque, ma in quel momento avrebbe solo voluto urlargli tutta la verità, e dirgli che fare finta di nulla non avrebbe cancellato le cose automaticamente.
Tirò un sospiro, respirando a fondo e cercando di recuperare un po’ di calma. Si rendeva conto che una scenata nell’aula studio dell’università non sarebbe stata la cosa migliore da fare.
Cercò di ributtarsi tra le pagine del suo libro, mentre Alessio tirava fuori il suo dalla borsa, mettendosi apparentemente a studiare, allo stesso suo modo. Provò a concentrarsi davvero, stavolta: era l’unica maniera che aveva per non rimuginare inutilmente sulle parole appena pronunciate da Alessio, o sulla sua stessa presenza proprio di fronte a sé. Non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta in cui erano rimasti da soli per più di dieci minuti. Forse era stata proprio la mattina dopo la festa, quando tutte le sue speranze si erano ridotte in frammenti davanti all’indifferenza di Alessio.
Scosse impercettibilmente il capo, cercando di scacciare i ricordi. Lesse le prime righe della pagina, ma si rese conto ben presto che non sarebbe servito a niente fare finta di nulla. La presenza di Alessio era troppo ingombrante per fare finta che non ci fosse: gli sarebbe bastato inspirare profondamente per annusare il suo profumo, o alzare appena lo sguardo dal libro per notare gli occhi azzurri abbassati e le ciocche bionde coprirgli la fronte corrugata.
Avrebbe voluto alzarsi e baciarlo anche in quel momento stesso. Prenderlo in un bacio violento e fatto di morsi, scaricando in esso tutta la frustrazione dell’ultimo mese.
Si ritrovò invece a rendersi conto, sbirciando con la coda dell’occhio, che in quel momento Alessio lo stava fissando, con un’espressione esitante che mal gli si addiceva. Pietro continuò a far finta di nulla, lasciandogli il compito di rompere quel silenzio – sempre se era ciò che desiderava fare.
-Ti sei visto con Fernando, alla fine?- mormorò Alessio, dopo alcuni attimi, con la voce a tratti insicura. Pietro alzò lo sguardo solo dopo un po’, ritrovandosi le iridi azzurre a scrutarlo esattamente come si era immaginato. Le gote di Alessio erano un po’ arrossate, e non sembrava essere per niente a suo agio.
-Così sembra- buttò lì Pietro, con una scrollata di spalle. Non era molto sorpreso di sentirsi porre quella domanda, in fin dei conti. Immaginava che ad Alessio quella risposta non sarebbe piaciuta per niente.
-E come è andata?-.
-Bene, direi-.
Pietro si rigirò la penna tra le mani, trattenendosi dal lanciare uno sguardo di sfida ad Alessio. Sembrava che lo studio fosse passata in secondo piano – anche se ora cominciava a temere che quella fosse stata solo una scusa usata da Alessio per avvicinarglisi-, e in fin dei conti non gliene importava molto. Avrebbe semplicemente preferito alzarsi da lì ed andarsene direttamente.
-Siete andati da qualche parte?- domandò ancora Alessio, con tono fintamente indifferente. A Pietro venne quasi da ridere: quella sarebbe potuta sembrare una normalissima conversazione tra amici, ma sapeva benissimo che in realtà non lo era affatto. Probabilmente Alessio era solo curioso di sapere quanto Pietro non avesse ascoltato anche uno solo dei suoi consigli datogli in merito a Fernando.
-Veramente abbiamo cenato a casa sua- rispose serenamente, notando Alessio irrigidirsi ancora un po’ e provandone una certa soddisfazione – Ma tranquillo: non è successo nulla di cui dovresti preoccuparti-.
-Non ero preoccupato- replicò in fretta l’altro, un po’ troppo bruscamente per apparire convincente.
-Allora meglio così, perché sarebbe stato inutile- Pietro tagliò corto, tirando un sospiro esausto. Per quanto ancora breve fosse stata anche quella conversazione, si sentiva già stanco per averla portata avanti fino a quel punto.
Richiuse il libro con un tonfo sonoro, e rimise la penna nell’astuccio. Mise nella tracolla entrambe le cose, ed era già sul punto di alzarsi di lì per andarsene – doveva solo trovare una scusa decente e darsela a gambe-, quando Alessio parlò di nuovo, la voce un po’ più ferma di prima:
-C’è una cosa che vorrei sapere, però. E non riguarda Fernando-.
Pietro puntò gli occhi neri su di lui: stavolta Alessio era davvero arrossito, e sembrava piuttosto in difficoltà. Non riusciva più a guardarlo dritto in viso, e i tratti del volto erano tesi anche più di prima.
Erano state poche le volte in cui Pietro lo aveva visto così, ed ogni volta era stato quando Alessio si era sforzato di parlare di qualcosa di cui si sarebbe volentieri dimenticato, se non fosse stato per le circostanze.
-Dì pure-.
Alessio si morse il labbro, visibilmente nervoso. A Pietro non rimase che restare in silenzio in attesa, non del tutto sicuro di voler sapere cosa Alessio volesse domandargli. Stare a sentirlo significava solo dover rimanere ancora qualche minuto lì, da solo con lui, a ripensare a tutto ciò che sarebbe potuto essere e che invece non sarebbe stato mai.
-Era una cosa riguardo la festa di laurea di Caterina -.
D’un tratto, inaspettatamente, Pietro cambiò definitivamente idea. Ora era ben intenzionato a rimanere, nonostante l’espressione piuttosto riluttante di Alessio; sembrava essersi già pentito di aver cominciato a parlare.
Il cuore di Pietro prese a martellargli in petto, il respiro a farsi più corto. Non aveva idea di cosa Alessio avrebbe voluto chiedergli riguardo quella sera: poteva essere tutto o niente, anche se qualcosa gli diceva che doveva riguardare per forza ciò che era successo in quel maledetto bagno.
Aveva pensato spesso a come sarebbe potuto essere quel momento, il momento in cui tutto sarebbe venuto finalmente a galla ed Alessio avesse smesso di fingere che non fosse mai successo nulla: non se l’era mai immaginato così, a viverlo in completa tensione e paura di rimanere deluso l’ennesima volta.
-Sul serio? Che vuoi sapere?- Pietro si costrinse a rispondere mostrandosi calmo, anche se dentro di sé non lo era affatto. Non si sentiva così agitato da un mese, ormai.
Alessio si sforzò di alzare gli occhi azzurri verso di lui, un’espressione cupa dipinta in volto che a Pietro non lasciò una buona sensazione:
-Quella sera, dopo che mi sono ubriacato … - la voce di Alessio tremò appena, e si bloccò lì, senza aggiungere altro. Abbassò nuovamente lo sguardo, tirando un lungo sospiro.
Fu quando rialzò il viso, e Pietro ebbe come l’impressione di vedere un velo di colpevolezza su di esso, che capì che Alessio non gli avrebbe detto nemmeno in quel momento ciò che forse gli era davvero passato per la testa fino ad un secondo prima.
-Per caso ho detto qualcosa riguardo Alice? Sul fatto che avevamo litigato? Voglio dire … - Alessio tentennò ancora, come se avesse deciso all’ultimo di porre quella domanda – Ti ho accennato al motivo che ci stava dietro?-.
Gli attimi seguenti furono riempiti solo dal silenzio. Un silenzio talmente piatto e carico di parole non dette che Pietro si ritrovò a non riuscire a capire nemmeno a cosa pensare.
Forse era la rabbia bruciante ad impedirglielo, forse la netta sensazione che neanche in quel momento Alessio avrebbe trovato il coraggio per prendersi certe responsabilità, o forse era la delusione totale che provava in quel momento ad impedirgli di dire o fare qualsiasi cosa.
Avrebbe potuto dirgli che non era certo quello il punto su quella serata. Che non era di Alice che si doveva preoccupare, ma di loro due, di quello che c’era stato e che sembrava essere stato confinato ai limiti della memoria.
Gli tornarono in mente le sensazioni che gli aveva dato baciare Alessio, sentire che erano entrambi a volerlo in quel momento. E gli tornò in mente anche Fernando, mentre gli diceva che non poteva cancellare ciò che provava per Alessio solo per la rabbia momentanea che covava verso di lui. Quanto avrebbe voluto che si sbagliasse.
-Puoi stare tranquillo, non mi hai detto nulla. E io non te l’ho chiesto- Pietro si alzò lentamente, sotto lo sguardo vacuo di Alessio, raccogliendo le proprie cose – Quindi ora puoi anche tornare a rilassarti-.
Si allontanò a grandi passi dal tavolo, senza nemmeno preoccuparsi di spiegargli perché se ne stava andando, e senza voltarsi indietro. Aveva la sicurezza che Alessio non avrebbe cercato di fermarlo, né gli sarebbe corso dietro per chiedergli cosa non andasse.
Aveva ragione Fernando: non poteva cancellare ciò che era Alessio per lui, non sarebbe mai stato possibile. Ma poteva cercare di relegarlo in fondo alla propria mente e al proprio cuore, non badare alle sensazioni che gli aveva dato fino a quel momento. Avrebbe cercato di ricordare quel loro bacio distruttivo come un’emozione da poco, lontana e vaga come solo un ricordo passato poteva essere.
Non ci era mai riuscito fino a quel momento, ed ora capiva che, per riuscirci, doveva solo trovare la volontà per farlo sul serio. Alessio gliela aveva appena consegnata su un piatto d’argento.
 
Mai una povera illusione
Un pensiero banale
Qualcosa che rimane
Invece per me, più che normale
Che un'emozione da poco mi faccia stare male
Una parola detta piano basta già ed io non vedo più la realtà
 
 



[1] Anna Oxa - "Un'emozione da poco"
[2] Gnash - "I hate u, I love u"
Il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente ai rispettivi cantanti e ai loro autori.
 
[3] Le citazioni che seguiranno sono chiaramente un omaggio alla 1x12 di Shadowhunters (Malec🖤)😂
 
NOTE DELLE AUTRICI
Troppe cose successe per un unico capitolo, che infatti è particolarmente lungo (un po’ come lo saranno un po’ tutti quelli a venire) 😂
Ma andiamo con ordine!
E fu così che scoprimmo le conseguenze del bacio tra Alessio e Pietro: a distanza di un mese tra questi due testoni si è formata una situazione di stallo, nella quale nessuno dei due sembra voler fare il primo passo per parlare e chiarire... Con conseguente frustrazione di Pietro. E poi scopriamo anche chi era il personaggio anticipato nello scorso aggiornamento: è proprio Fernando Rodríguez che ritroviamo (ve lo aspettavate?), e in che modo lo ritroviamo!
Fernando non è di certo uno che ha peli sulla lingua, ed è anche un ottimo osservatore, e Pietro ne è il diretto testimone. Gran parte del capitolo è dedicato al focus proprio su quest'ultimo inedito duo: nel vortice di domande e ammissioni in cui si immergono, Pietro ammette anche che, se potesse, si comporterebbe come se il sentimento che lo lega ad Alessio non fosse mai esistito. Come lui stesso sa, e come anche Fernando gli fa notare, questa sarebbe però una strada difficilmente percorribile. Rimane dunque una situazione complicata per la quale non c'è una soluzione universalmente corretta.
Avevate immaginato che la serata tra Fernando e Pietro si sarebbe conclusa con un bacio tra di loro? E chissà se li rivedremo presto insieme, o se sarà stata solo una serata che non avrà alcun seguito.
E poi, infine, c'è Alessio, che nell’ultima parte del capitolo almeno per un attimo sembrava aver preso un po' di coraggio, per poi lasciare a Pietro la sensazione di voler di nuovo rifuggire certe conversazioni... Come andrà a finire tra loro? Riusciranno a risolvere in un qualche modo o continueranno a rimanere in questo stallo?
Ci rivediamo mercoledì 6 luglio con l'inizio di un nuovo capitolo!
Kiara & Greyjoy
 
 
   
 
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