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Autore: Diana924    17/07/2022    1 recensioni
1603: la piccola Elizabeth Stuart scopre con meraviglia che suo padre ha finalmente ereditato la corona d'Inghilterra.
Assieme alla madre e all'amato fratello Henry parte dunque per l'Inghilterra, scoprendo che la sua posizione di figlia del re ha in sé più svantaggi che vantaggi
1618: Elizabeth è moglie, madre e regina. Quando i boemi hanno offerto a suo marito la potente corona di Boemia Federico ha subito accettato. Elizabeth è pronta a condividere la gloria del marito ma non immagina che quello è solo l'inizio della fine
1660: Elizabeth ha ormai perso le speranze quando una notizia improvvisa le apre nuove prospettive, suo nipote Carlo è divenuto infine re e lei può tornare a casa, peccato che lasciare l'esilio è più difficile del previsto
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
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Edimburgo, 1603:
 
Elizabeth non ricordava con esattezza l’ultima volta che si era trovata ad Edimburgo. Forse era stato in occasione del compleanno del re, o della nascita di baby Charles, era troppo tempo che non si trovava nella capitale, di quello era sicura.

La città l’aveva immediatamente conquistata e le avevano detto che Londra era ancora più grande e ricolma di tesori si sentiva mancare, già Edimburgo le sembrava il paradiso in terra.

Sua madre la regina l’aveva subito sistemata al palazzo reale da dove tempestava di lettere Stirling Castle. Lo scopo era sempre lo stesso: ottenere la custodia del duca di Rothesay e portare entrambi i figli con sé in Inghilterra. Lord Erskine era di diverso parere e i due continuavano a scriversi lettere sempre più piene d’odio invocando alternativamente il re e Dio a testimoni.

A lei non importava, non quando si stava godendo le novità che le erano piombate addosso. Sua madre le aveva fatto confezionare nuovi abiti, aveva ordinato gioielli e cosa più importante aveva disposto che la sua casa avesse il prestigio dovuto alla casa della figlia del re d’Inghilterra.

Aveva accettato la sua proposta riguardante Anne Livingston ma le aveva ricordato che i lord inglesi avrebbero fatto a gara perché le loro figlie avessero l’onore di essere sue damigelle d’onore e avrebbe dovuto accontentarli, anche a detrimento di coloro che si erano occupati di lei fin da quando era una lattante. Quella prospettiva non le piaceva per niente, non era un’ingrata e odiava dover creare quel genere di fraintendimenti ma dovevano pur mostrare riconoscenza agli inglesi.

Non capiva di cosa dovessero essere riconoscenti in quanto la corona spettava legittimamente a suo padre ma se le ose stavano così era disposta ad obbedire. Le mancavano le cavalcate a cui solitamente si dedicava ma c’era così tanto di cui occuparsi in quei giorni. Supervisionare i masque di corte, visitare il castello reale e Holyrood che si trovava all’altro capo della città, organizzare la partenza per Londra, le prudevano le mani dalla felicità.

<< La regina è tornata >> le annunciò papà Alexander che a breve sarebbe dovuto tornare a casa. Ignorava che sua madre fosse partita ma credeva di sapere dove fosse andata.

<< Cosa ha detto lord Erskine? >> domandò, era inutile girare intorno alla questione, desiderava sapere se anche quel giorno sua madre fosse riuscita a gestire il rifiuto di lord Erskine di consegnarle il suo primogenito.

<< Lord Erskine era contrario ma la regina ha ricevuto una lettera dal re e ha quindi preso con sé il duca di Rotheasy >> l’avvisò papà Alexander quando avvertì dei rumori: la carrozza della regina.
Veloce corse alla prima finestra e vide la carrozza di sua madre entrare nel cortile, sua madre era tornata e portava con sé suo fratello, Henry stava per arrivare.

Si guardò velocemente allo specchio e il vetro veneziano le mostrò la sua stessa immagine, non era impeccabile come avrebbe dovuto essere per un ambasciatore ma si trattava di suo fratello, Henry era famiglia.

Congedò papà Alexander e poi corse fuori, tenendosi le gonne per essere meno impacciata nei movimenti, seguita da Annie e maman Elizabeth.

Anna di Danimarca era trionfale quel giorno.

Era palese agli occhi di tutti come non si fosse nemmeno cambiata d’abito ma tutto il suo essere emanava un sentore di vittoria, aveva vinto non solo su i suoi nemici pubblici ma persino sul marito, quell’uomo che era stata costretta a sposare e che detestava con tutto il cuore. Una cosa era sorridere e camminare al suo fianco ma il resto… odiava sopportarne le villanie e la maniera pubblica in cui la umiliava, solo un uomo incapace di amare le donne sarebbe stato capace di farle così tanto male ogni volta che si incontravano nell’alcova per tentare di dare alla Scozia un altro principe.

Finalmente aveva la sua rivincita, era riuscita a spuntarla e conduceva con sé il suo trofeo, il suo adorato bambino, il futuro re d’Inghilterra nonché la luce dei suoi occhi, quel giorno Anna di Danimarca era più madre che regina.

Elizabeth lo notò, sul volto della regina sua madre c’era una gioia selvaggia che non aveva mai visto prima. Si sporse leggermente sulle punte per poterlo vedere, aveva il diritto di vedere suo fratello, aveva il dovere di salutare il futuro principe di Galles.

Fu allora che lo vide e con la capacità di giungere a conclusioni tipica dei bambini decise che suo fratello sarebbe stato l’unico uomo a cui avrebbe concesso il proprio amore spassionato e senza alcun secondo fine[1] .

Henry Frederick Stuart, primogenito del re e duca di Rotheasy, aveva nove anni e le sembrò un angelo.

Biondo dai riflessi rossastri, capelli corti e lo sguardo fiero tipico della sua figlia, il corpo assolutamente proporzionato e un’andatura umilmente fiera, non v’era alcun dubbio che in capo a cinque anni il principe sarebbe diventato lo scapolo più ambito d’Europa.

<< Figlia mia, oggi è un grande giorno per noi! >> dichiarò la regina prima di porgerle mano che lei devotamente baciò.

<< Vi presentò vostro fratello, Henry. Figlio mio, ecco a voi vostra sorella Elizabeth, la nostra perla >> proclamò la regina in maniera tale che tutti potessero sentirla.

<< Sorella mia, onorato di rivedervi >> la salutò Henry, formale e rigido come gli ambasciatori stranieri quando venivano ammessi alla sua presenza.

<< L’onore è mio, Altezza Reale >> rispose lei prima di inchinarsi esattamente come le avevano insegnato. Avrebbe voluto abbracciarlo, fargli mille domande su argomenti inutili, chiedergli cosa pensasse dei suoi abiti, se amava andare a cavallo, cosa amasse leggere, cosa pensava dell’Inghilterra ma sapeva bene di non potere, non ancora almeno.

Ci sarebbe stato tempo ma sul momento quell’attesa le sembrò un’inutile e crudele tortura.

La regina applaudì e poi entrò nel castello, seguita da loro due, prima suo fratello e poi lei, come volevano le regole di precedenza e infine le damigelle della regina. Non le fu difficile intuire perché quelle ragazze fossero tremendamente in ansia e facessero di tutto per compiacere la regina sua madre. L’Inghilterra era il sogno di ognuna di loro ma lì ci sarebbero ste dame inglesi, ansiose di dimostrare il proprio valore e che avrebbero lottato con le unghie e con i denti pur di conservare la posizione acquisita durante il regno della vecchia regina. Per quel motivo sua madre non poteva portare tutta la sua casa a Londra, alcune di loro sarebbero dovute rimanere, forse con una dote, forse con un semplice regalo ma era chiaro che molte di loro non sarebbero andare oltre Edimburgo.

Terrorizzate dalla prospettiva di rimanere in Scozia quelle ragazze moltiplicavano le gentilezze nei confronti della regina, poco importava che fino a pochi giorni prima l’avessero giudicata una donna sciocca e frivola, ora quella donna sciocca e frivola non solo aveva imposto al re il proprio volere ma aveva gli strumenti per decidere chi sarebbe andata con lei e chi sarebbe rimasta.

Per quel motivo le damigelle coccolavano lei e suo fratello, nessuna di loro era realmente sua amica o aveva a cuore il suo benessere, volevano solamente che mettesse una buona parola con sua madre si rese conto Elizabeth.

Davvero pensavano che sua madre l’avrebbe ascoltata? Sua madre aveva appena messo a repentaglio la vita di un figlio pur di poter tornare in possesso di un altro, significava non conoscerla.

<< Miei signori, dove si trova adesso il re? >> domandò la regina a tutti e a nessuno, per quanto frivola e sciocca Elizabeth dovette ammettere che sua madre aveva una certa intelligenza, o si circondava di persone intelligenti.

<< È sulla strada per Londra, tutta l’Inghilterra corre a vederlo durante il suo percorso trionfale, entro domani dovrebbe soggiornare presso il barone Cecil nella sua residenza di Theobalds >> la informarono ed Elizabeth vide sua madre sorridere.

<< Dobbiamo molto al barone, e mio marito saprà ricompensarlo, in quanto ai desideri degli inglesi… date loro del tempo e vedranno il vero volto di mio marito >> dichiarò la regina Anna, un sorriso enigmatico sul bel volto.

Nessuno osò interpretare quello che aveva appena detto, limitandosi a dei sorrisi di circostanza e qualche risolino.

Elizabeth tornò a guardare a terra, entro pochi giorni sarebbero finalmente partiti per l’Inghilterra e questo solo dove contare.

<< Sorella mia, gradireste venire a cavalcare con me? >> le domandò suo fratello quando l’attenzione della regina fu da tutt’altra parte.

<< Io e voi? Insieme? >> domandò lei di rimando emozionata.

<< Certamente, i dintorni sono deliziosi e non vorrete passare tutto il giorno con nostra madre e le sue dame papiste >> le propose suo fratello e lei sorrise. Papista. Sapeva bene cosa fosse il papismo, la fede in cui la sua sventurata nonna era morta sul patibolo, se solo la regina si fosse convertita sarebbe potuta tornare aveva spesso udito dalle sue cameriere eppure sua nonna era stata ostinata. Il papismo era un cancro di cui la Scozia e l’Inghilterra si erano liberate ma non troppo in quanto continuava a corrodere le menti. Mai avrebbe pensato una simile cosa di sua madre.

Sua madre era una principessa protestante, nata e cresciuta nella Vera Fede, era impossibile che fosse una papista.[2] Forse aveva delle dame al suo servizio che non avevano rinnegato quelle sciocche superstizioni ma non lei, sua madre era una principessa di Danimarca, moglie del sovrano più istruito d’Europa, mai e poi mai si sarebbe fatta papista.

Forse suo fratello si sbagliava, forse volevano mettere il figlio contro la madre ma non sarebbe stato così facile con lei.

<< Non dovreste ripetere queste cose >> si limitò a dire prima che suo fratello le desse un bacio veloce sulla guancia.

Ci sarebbe stato tempo per chiedermi maggiori informazioni ma prima della partenza per Londra voleva godersi quella libertà.
 
 
***
 
 
Ordinò alle sue donne di lasciarla sola e rilesse attentamente la lettera.

Aveva vinto, suo marito si era schierato dalla sua parte e finalmente il suo adorato tesoro era con lei. Quanto era bello suo figlio, la sua speranza, il suo amore e quante soddisfazioni le avrebbe dato.

La femmina invece non riusciva a capirla.  Non che non le piacesse ma aveva la sensazione che la mocciosa la giudicasse, che i Livingston l’avessero messa contro di lei. Non ne sarebbe stata sorpresa, sapeva bene cosa metà della nobiltà pensava di lei e non le importava ma che anche sua figlia la guardasse come se fosse una sciocca… quello no, assolutamente no.

Non sapevano nulla, come potevano conoscere la profondità delle sue ferite? Come potevano anche solo sospettare la profondità dei suoi tormenti?

Sapevano tutto quegli ingrati, sapevano tutti e nessuno aveva mai avuto una parola gentile per lei o aveva tentato di confortarla, di farla sentire amata o desiderata. Preferivano adorare il re, le famiglie presentavano a suo marito i propri figli con la speranza che venissero notati, quanto odiava quei ragazzi dal corpo atletico e dalle maniere effettati che si pavoneggiavano ovunque vestiti di seta e con ricchi gioielli guardandola con un sorriso sardonico come se la compatissero.

Suo marito… suo marito li baciava di fronte alla corte, metteva le mani nelle loro brache di fronte a lei e permetteva ogni tipo di villania a quei ragazzi. Avrebbe potuto accettarlo se non fosse stato il comportamento di suo marito che pretendeva che tutti sapessero e i lairds potevano pure condannarlo in privato ma in pubblico gli spingevano figli e nipoti nel letto.

Ricordava ancora cosa si fossero inventati i Ruthven[3] e come suo marito avesse abboccato come qualsiasi idiota, questo perché se un bel ragazzo sfarfallava le ciglia nella sua direzione suo marito veniva preso dal desiderio di possederlo il prima possibile.

E lei rimaneva lì, seduta sul suo trono mentre fingeva di non vedere, a sopportare le accuse di frivolezza e di scostumatezza, se solo lo avesse davvero tradito. Non aveva osato, lei era una moglie devota e solamente quella sua superiorità spesso le permetteva di affrontarlo quando esagerava.

Almeno adesso aveva suo figlio, lo avrebbe cresciuto come desiderava lei e quando sarebbe succeduto al padre avrebbe liberato la corte da quei giovanotti disgustosi.

Era stata necessario umiliarsi ma aveva vinto, e sapeva perfettamente il motivo. Suo marito voleva godersi la sua passeggiata trionfale e non desiderava problemi, motivo per cui l’aveva accontentata.

Così tante nuove ricchezze, un potere così grande e tanti nuovi ragazzi perché i nobili inglesi una volta capito da che parte tirava il vento si sarebbero adeguati.

Anzi, era sicura che ogni notte ci fosse un ragazzo diverso nel letto di suo marito, il piccolo Johnny Ramsay si stava sicuramente mangiando le mani dall’invidia e dal timore di essere messo da parte. Per quale altro motivo suo marito aveva insistito per partire da solo, davvero credevano che fosse per motivi di sicurezza? Che volesse correre a prendere possesso del suo nuovo paese per il bene dell’Inghilterra? Davvero gli inglesi erano così stupidi da crederci?

Se ne sarebbero accorti, e lei si sarebbe goduta ogni singolo secondo di quello sconcerto, la compatissero pure, era sicura che la moralità di tanti lord si sarebbe dissolta come neve al sole quando avrebbero capito come ottenere titoli e prerogative.

Robert Cecil in persona se ne sarebbe accorto, e avrebbe capito che loro non erano degli stupidi come la vecchia regina. Quell’eretica vanitosa aveva governato per anni sfoggiando i suoi amanti facendo credere che prima o poi si sarebbe sposata e permettendo ai suoi ministri di fare tutto, con loro la situazione sarebbe cambiata. Suo marito avrebbe avuto bisogno di tempo ma… forse poteva servirsi delle sue inclinazioni contronatura per aiutare la causa della Versa Fede.

Il calvinismo della sua giovinezza non le dava alcuna sicurezza ma quella fede, quella fede così ardente e confortante le aveva dato tutte le risposte di cui aveva avuto bisogno da sempre.

Cecil aveva commesso un errore a preferire loro e se ne sarebbe accorto troppo tardi, molto meglio sarebbe stato appoggiare lady Arbella, almeno quella stupida pupattola era facilmente controllabile a differenza di suo marito. Poteva appoggiare persino l’Infanta spagnola o un qualche duca, suo marito avrebbe rovinato l’Inghilterra e loro non se ne sarebbero nemmeno accorti.

Si mise alla finestra e osservò distrattamente Edimburgo, quella città le sarebbe mancata, l’aveva considerata per anni la propria casa, quando ancora credeva che suo marito l’avrebbe amata. Quanto era stata sciocca!

Suo marito era incapace di amare le donne, nel suo cuore c’era spazio solamente per i giovanotti e per lord Lennox, il grande amore della mia vita le aveva confidato una sera.

Sapeva cosa fare, oh se lo sapeva, era il momento di ricordare agli inglesi che una regina consorte poteva avere una sua corte ed era una potenza di cui tenere conto.

<< Mandate a chiamare Mary Atholl >> ordinò alla cameriera, era il momento che i Ruthven si ricordassero che dovevano tutto a lei. Come previsto Mary si precipitò, era l’unica della sua famiglia a conservare ancora il favore reale e tutto grazie a lei.

<< Mi avete fatto chiamare? >> domandò la donna.

<< Lady Atholl, dovete scrivere alle vostre sorelle e informarle che il re sta arrivando, forse avete altri fratelli da lanciargli nel letto o per ucciderlo >> ironizzò e vide l’altra sbiancare.

<< Io non sapevo nulla, mia regina, ve lo giurò >> si difese l’altra, falsa come una puttana che giura amore eterno.

<< Davvero mi credete così stupida? Non sono riuscita a salvare le vostre sorelle, realmente innocenti, e devo fare i conti con voi ogni singolo giorno, non ditemi cosa devo credere. Avvisatele che comincino a spiegare agli inglesi la vera natura del re, vediamo se lo accoglieranno ancora con canti e ghirlande >> ordinò. Mary cercò di inchinarsi ma la fermò e la congedò, aveva bisogno di pensare, che suo marito perseguisse la sua politica, lei avrebbe pensato alla propria.


 
Praga, 1619
 
 
La cerimonia dell’incoronazione era stata un successo.

Ricordava ancora quella di suo padre avvenuta sedici anni prima e questa era immensamente superiore. Certo, all’epoca c’era la peste e la corte si era trattenuta il meno possibile a Londra ma la sua incoronazione resta senza dubbio la migliore.

Tutta Praga era giunta ad acclamarli, gli ambasciatori erano presenti e la cattedrale di san Vito li aveva accolti nella maniera migliore. Aveva seguito l’incoronazione di Frederick con viva emozione e quando tre giorni dopo si era trattato della propria… quella era stata la sua apoteosi. Quando Johannes Cyrill von Trebic aveva posato la corona sulla testa di Frederick aveva avuto la certezza che fossero loro gli Eletti del Signore, che sarebbero riusciti sul serio a portare a compimento la Sua missione

Goodwife Pleasance l’aveva definita sua madre quando aveva saputo del fidanzamento, a sentir lei si degradava sposando un semplice elettore quando il Delfino e il principe delle Asturie avevano aspirato alla sua mano per non dire del duca di Savoia. Come poteva sua madre sapere cosa fosse l’amore?

Li aveva visti anche lei i giovanotti, era cresciuta sopportando le bizze di Robbie Carr e constatando come quell’arrogante scozzese fosse più importante di sua madre o di Henry agli occhi di suo padre.
Come poteva sua madre aver conosciuto le delizie dell’amore coniugale se suo padre era un inveterato sodomita che a malapena la cercava?

Lei e Frederick invece erano felici, di questo Elizabeth era assolutamente convinta, si erano scelti e ora erano re e regina.

La sua corona era d’oro, aveva stretto tra le mani il globo e lo scettro e avevano cantato il Te Deum in suo onore quando quella meravigliosa corona si era posata sul suo capo. Era stato come se fosse stata a Westminster, ma meglio aveva pensato per un istante. Ce l’abbiamo fatta Henry, ci siamo riusciti aveva mormorato, quella vittoria era anche di suo fratello, Henry aveva indovinato quando aveva scelto Frederick per lei.

Suo fratello, il suo eccezionale fratello, quanto le mancava Henry, il principe di Galles era stato il suo amico più caro, la sua metà, l’unico che potesse realmente comprenderla.
Henry sarebbe stato presente, avrebbe cavalcato giorno e notte pur di assistere all’incoronazione, avrebbe violato il blocco pur di vederla, non come baby Charles che se ne stava dietro il trono di suo padre ad attendere.

Il corteo trionfale fino al castello di Praga era stato un trionfo superiore alle aspettative di chiunque e il banchetto, nemmeno nei primi giorni successivi all’arrivo di suo padre in Inghilterra aveva mai partecipato ad un banchetto così sontuoso. Quando ancora i nobili inglesi pensavano che suo padre fosse una persona per bene e non un brigante pervertito, quando erano sicuri che una nuova era di pace e prosperità stesse per cominciare.

Erano quasi giunti all’ultima portata quando vide un messaggero entrare e subito mormorare qualcosa all’orecchio di Frederick. Suo marito si scusò per poi correre via seguito da Christian von Ahnalt, cancelliere di suo marito nonché uno dei suoi uomini più fedeli.

Finse di non essersi accorta della loro partenza, forse erano notizie da Heidelberg o forse suo padre si era finalmente reso conto del suo errore e aveva deciso di aiutarli, non spettava a lei dire la sua. Suo marito aveva bisogno solamente di un piccolo aiuto per raggiungere la grandezza e lei aveva appena dimostrato a sua madre che poteva diventare regina senza dover per forza abiurare la sua fede.
Rimase quindi immobile al suo posto, comportandosi come la perfetta padrona di casa finché suo marito e von Ahnalt non furono di ritorno. Lanciò uno sguardo preoccupato a Frederick temendo il peggio ma suo marito sorrideva, ad una seconda occhiata Elizabeth si rese conto che il sorriso non arrivava agli occhi ma non poteva essere un male, forse era una situazione da cui potevano uscire.

<< Miei sudditi, ho una meravigliosa notizia per voi, una notizia che conferma la veridicità della nostra causa e quanto questa sia votata al successo >> dichiarò Frederick alzandosi, mai come in quel momento le era sembrato regale.

<< Il principe di Transilvania Gabor Bethlen si è appena dichiarato re d’Ungheria e ha giurato che si unirà a noi, la nostra è una santa crociata in difesa della Vera Fede e questa ne è la prova >> proclamò suo marito scatenando urla di gioia.

Si unì all’applauso e sentì le lacrime cominciava a rigarle il volto, quella era la loro vittoria, con ben due corone perse l’imperatore avrebbe dovuto trattare con loro e loro avrebbero potuto imporre le loro condizioni.

L’Ungheria era persino più importante della Boemia, già la famiglia Bathory aveva provato a staccare l’Ungheria in quanto seguaci della Vera Fede ma Mattia li aveva schiacciati e umiliati, Bethlen avrebbe vendicato il suo amico Gabor Bathory e unendosi a loro avrebbero finalmente portato la Vera Fede in quelle terre.
Era tutto perfetto, assolutamente perfetto pensò lei.

E poi Frederick sbagliò.

<< In vista di questa futura alleanza ho deciso quale sarà il mio primo ordine. Bisogna spogliare le chiese di tutti i segni di idolatria, il popolo ci ha chiamato per combattere l’eresia papista e sarà questo che faremo. Tutte le chiese torneranno alla loro semplicità originale e i segni dell’idolatria saranno fusi per ricavarne denaro con cui finanzieremo il nostro regno >> dichiarò suo marito ed Elizabeth vide chiaramente come i nobili trasecolarono alla notizia e come l’applauso questa volta fosse decisamente meno sonoro, i nobili boemi li stavano già abbandonando anche se non capiva il perché.
Il popolo li aveva chiamati, la Dieta li aveva nominati re e regina, cosa poteva esserci di sbagliato se ora si occupavano di eseguire il dovere del Signore?[4]

La regina sua omonima aveva fatto lo stesso in Inghilterra, e così il grande Guglielmo, perché li stavano guardando come se fossero dei mostri o peggio ancora degli stupidi?

Fece cenno a Cyrill von Trebic di avvicinarsi, sicuramente il religioso avrebbe avuto una spiegazione per quel comportamento.

<< Padre, per quale motivo la nobiltà qui convenuta non approva il re? Non sono tutti fedeli calvinisti e luterani? >> domandò a bassa voce.

La risposta del presule la lasciò di stucco: la nobiltà poteva anche essersi convertita alla Vera Fede ma nelle campagne l’eresia papista prosperava e i contadini non avrebbero mai permesso lo spoglio delle chiese, agendo così Frederick si era appena creato dei nemici tra i propri sudditi, Ferdinando avrebbe gongolato dalla felicità pensò amaramente.
 
***
 
Era andato tutto bene, fino a quella notizia.

Era consapevole di aver commesso uno sbaglio accettando quella corona ma Frederick von der Platz era sempre stato una persona onorevole e non poteva lasciare i boemi al loro destino.

Elizabeth ci aveva messo del suo ma aveva davvero bisogno di poco per farsi convincere, quella era la sua occasione. Amava teneramente sua moglie, quella moglie eccezionale che lo aveva scelto andando contro la propria famiglia e avrebbe fatto di tutto per lei, renderla regina le sembrava il minimo. Insieme avrebbero costruito un mondo nuovo, un mondo migliore finalmente libero dal papismo e dagli imperiali.

Eppure era andato tutto storto.

Aveva temuto che l’Unione Evangelica non lo avrebbe appoggiato ma non si sarebbe mai aspettato che avrebbe ricevuto da loro solo belle parole, né denaro né uomini gli avevano concesso coloro che lo avevano eletto loro capo. Lui ed Elizabeth erano comunque partiti e tutto era andato per il meglio, finché suo suocero non gli aveva scritto.

Disprezzava profondamente il re d’Inghilterra il quale ai suoi occhi aveva come unico merito quello di essere il padre di Elizabeth. Falso, scostante, arrogante, rozzo, saccente e sodomita, re James era forse il peggior re protestante d’Europa eppure era l’unico con abbastanza potere per aiutarlo.

La sua risposta li aveva gettati nello sconforto ma gli avrebbe dimostrato che si sbagliava, che potevano farcela. Secondo suo suocero avrebbe dovuto immediatamente restituire la corona di Boemi all’imperatore e tornare ad Heidelberg, non era un bene che un re accettasse la sua corona dai sudditi, a sentire lui aveva creato un precedente pericoloso perché se i boemi gli avevano dato la corona cosa impediva ai boemi di riprendersela per darla a un altro se mai li avesse delusi?

Comprendeva quella motivazione ma lui sarebbe stato degno di quella corona e se il re d’Inghilterra non credeva in lui… gliel’avrebbe fatta vedere lui.

Tutta la Germania lo amava, persino dalla Francia erano arrivate attestazione di stima, per non direi della Danimarca e della Norvegia. Calvinisti e luterani potevano anche combattersi ma avevano un nemico comune: l’imperatore papista e lui sarebbe stato colui che li avrebbe condotti alla vittoria contro il nemico di sempre, l’Asburgo entro al fine dell’anno avrebbe perso le sue corone.

L’incoronazione era stata un successo e quella di Elizabeth lo aveva riempito d’orgoglio, sua moglie era finalmente una regina e a breve avrebbe dato un figlio alla Boemia. Stava andando tutto bene finché un paggio non lo aveva avvisato che c’era un messaggero per il re. Si era quindi alzato e si era diretto nelle sue stanze seguito da Christian von Ahnalt, uno dei pochi di cui si fidasse; per quanto valorosi i boemi erano infidi e potevano sempre tradire.

La notizia era stata la migliore che potesse immaginare: il principe di Transilvania aveva tradito e aveva dichiarato l’indipendenza dell’Ungheria.

La fama di Bethlen Gabor era nota anche ad Heidelberg ma mai avrebbe pensato che l’uomo lo avrebbe imitato. Doveva subito scrivergli per proporgli un’alleanza, insieme avrebbero potuto fare grandi cose.

<< Mio re, ritengo che siamo in una brutta situazione >> disse invece von Ahnalt, sorprendendolo.
<< Spiegatevi meglio signor cancelliere >> ordinò lui curioso.

<< Bethlen è un guerriero coraggioso e un buon principe ma i suoi magiari da soli possono poco e soprattutto ha fatto infuriare l’imperatore >> rispose von Ahnalt serio.

<< Che Ferdinando sia furioso, cosa importa a noi se l’imperatore è furioso nel suo castello di Vienna quando la Boemia e l’Ungheria sono tornate indipendenti? >> replicò lui.

<< Perché se prima poteva essere indotto a trattare ora sarà irremovibile. Ferdinando poteva rinunciare alla Boemia, o all’Ungheria, ma non rinuncerà ad entrambe. Vorrà non solo distruggervi ma umiliarvi, Bethlen gli ha appena offerto i mezzi ed è solo questione di tempo prima che il tercios di re Filippo sbarchi in Italia per poi proseguire verso Vienna, o peggio ancora dai Paesi Bassi spagnoli l’Infanta autorizzi il passaggio dell’esercito di suo fratello il re >> gli spiegò von Anhalt.

Sapeva che aveva ragione ma potevano resistere, i boemi erano guerrieri formidabili e loro avevano Iddio dalla loro parte, sarebbero usciti vincitori da quella sfida e la Boemia sarebbe stata un regno forte, potente e calvinista.

<< Ma noi abbiamo Iddio dalla nostra, e il popolo >> si difese lui mentre cominciava ad avere dei dubbi, il popolo lo avrebbe davvero appoggiato una volta che le milizie imperiali e spagnole sarebbero dilagate in Boemia?

<< Iddio non può impugnare una spada, i nostri alleati non si muoveranno e le casse sono vuote >> lo contraddisse il cancelliere.

<< I miei antenati hanno combattuto contro l’Asburgo e ne sono usciti vincitori >> replicò, non sarebbe stato inferiore a suo padre e a suo nonno.

<< I vostri antenati avevano il supporto delle Province Unite e della Francia, le Province Unite non ci aiuteranno e la reggente è figlia di un’arciduchessa austriaca e ha una figlia che diventerà regina di Spagna, siamo rimasti soli contro il gigante asburgico >> dichiarò von Ahnlalt.

<< Possiamo resistere, non tradirò la parola data abbandonando i boemi >> disse lui, consapevole che quelle erano solamente parole.

Ferdinando lo avrebbe schiacciato e poi sarebbe passato a Gabor ma non se ne sarebbe andato senza lottare, la strada per il martirio era aspra ma non aveva paura di percorrerla.

Gli dispiaceva per Elizabeth, le aveva promesso la gloria di una corona e ora scopriva che poteva offrirle solamente l’amarezza dell’esilio o la tristezza della prigionia.

 
Amserdam, 1660:

 
C’erano tutti.

Se ne accorse quando scese dalla carrozza e si guardò intorno, si erano radunati tutti per vedere il nuovo re. Il governo delle Province Unite, il figlio di Mary Henriette con sua nonna, i suoi stessi figli e i fratelli del re, tutta l’Olanda era lì a salutarlo come se volesse farsi perdonare.

Maurizio di Nassau con lei era stato generoso ma quell’ingrata di Amalia aveva osato trattarli come dei volgari pezzenti e ora suo nipote si ritrovava ad avere in testa la corona che meritava in quanto figlio del re.

Forse aveva sbagliato a non permettere a Sofia di sposare Charles ma già avevano le loro sventure e non poteva farsi carico di altre, era sicura che prima o poi suo nipote avrebbe recuperato la sua corona ma loro avevano bisogno di denaro e di una certa posizione per la loro causa, anche dopo che Karl Ludwig aveva mandato tutto all’aria.

Amalia di Solms doveva essere piena di rancore e di invidia, ne era assolutamente sicura. Aveva rifiutato Charles come genero giudicandolo inadatto e di troppo basso rango per le sue figlie, lei che un tempo era stata una delle sue damigelle e che aveva sposato un cadetto…. E ora nessuna delle sue figlie sarebbe divenuta regina e Charles avrebbe sposato un’altra.

Avanzò verso il re, orgogliosa di suo nipote e felice di come la situazione si fosse sistemata, la loro famiglia era destinata ad ottenere quel che voleva, ad ogni costo.

Avevano riottenuto il Palatinato e Karl era potuto tornare ad Heidelberg ma aveva dovuto tradirla e nessuno dei suoi figli era stato dalla sua parte, quei maledetti ingrati l’avevano abbandonata al suo destino.

Charles quel giorno era splendido, alto come solamente quelli della loro famiglia erano e con i capelli neri e la pelle scura che dovevano essere un’eredità della nonna italiana, sarebbe stato un grande re pensò.

Henriette non c’era si rese conto, pensava di trovarla accanto al figlio ma la regina madre d’Inghilterra non era con loro. Probabilmente era ancora a Parigi a implorare il cardinale Mazzarino di pagare i suoi debiti, o era già arrivata a Dover, Henriette sapeva essere imprevedibile. Il duca di York e il conte di Gloucester invece erano presente, e Rupert con loro, suo figlio era appena diventato il primo principe del sangue e in Inghilterra avrebbe saputo cosa fare. Quel titolo sarebbe dovuto spettare a Karl ma suo figlio aveva Heidelberg e non avrebbe lasciato la sua capitale per nulla al mondo, non se significava stare lontano da quella donnaccia.

Durante il tragitto si era chiesta cosa poteva fare.

Aveva vissuto in esilio per gran parte della sua vita e l’idea di morie a L’Aia le appariva insopportabile, per quanto bello quello era pur sempre un esilio. Heidelberg non era opportuna, Praga era off limits come avrebbe detto nella lingua della sua infanzia e Londra… chissà se suo nipote le avrebbe concesso di poter tornare.

<< Madre mia, vi presento al re >> le comunicò Rupert, aveva già incontrato Charles ma all’epoca suo nipote era re solamente sulla carta e in un’isola che poco poteva fare per aiutarlo, ora era finalmente tornato ad essere re d’Inghilterra.

<< Come desiderate, Karl ha portato i bambini? >> domandò, non aveva mai sopportato i bambini, nemmeno i suoi ma la figlia di Karl le sembrava intelligente.

<< Solamente quelli avuti da sua moglie, lui e Mary Henriette hanno un progetto >> le rispose Rupert. Un ottimo progetto pensò lei. Avrebbe reso sua nipote moglie dello Stadtholder e suo figlio avrebbe così punito Amalia di Solms per aver bistrattato la loro famiglia, se solo Mary Henriette avesse combattuto di più per la custodia di suo figlio.

<< Considerate le nostre sventure sarebbe un partito meraviglioso >> disse. Edward e Luise persi per sempre, lui per amore e lei per devozione, si era sentita così umiliata quando lo aveva appreso e si era chiesta cosa ne avrebbe pensato il suo Frederick. Suo marito, capo dell’Unione Evangelica, il paladino della Riforma, il re di Boemia… e due figli che si erano fatti cattolici e una addirittura suora, sarebbe morto una seconda volta di dolore, ne era assolutamente sicura, che vergogna.

Era tutta colpa di Edward e di quella sgualdrina italiana, possibile che i suoi figli non sapessero scegliersi delle mogli adeguate?

Avevano rovinato tutti i suoi piani e l’avevano coperta di ridicolo di fronte al mondo intero ma almeno adesso aveva una nuova opportunità. Intravide la figlia di Karl, Elizabeth Charlotte, ma aveva altre priorità: farsi presentare al nuovo re d’Inghilterra era la principale.

Come previsto tutti la fecero passare e per un istante tornò ad essere la giovane e bella regina di Boemia, la regina d’inverno l’avevano soprannominata i cattolici.

<< Vostra maestà, vi presento mia madre, l’Elettrice Palatina vedova Elizabeth Stuart, nata principessa di Scozia >> la presentò Rupert in un inglese perfetto e lei si inchinò devotamente.

Come previsto Charles la fece rialzare per poi abbracciarla, era giusto che il mondo ricordasse che erano zia e nipote, che il suo povero fratello era stato re ed era stato martirizzato lasciando una pesante eredità a quell’uomo.

<< Mia signora zia, è un onore avervi qui, tornerete a L’Aia in futuro? >> le domandò Charles, egocentrico come tutta la loro famiglia.

<< Se Vostra Maestà ha piacere preferirei tornare in Inghilterra per trascorrervi gli ultimi anni della mia vita >> ammise. Era una follia ma forse in Inghilterra sarebbe stata bene.
 
***
 
Conosceva il motivo per cui sua madre fosse arrivata ad Amsterdam e non era quello di salutare suo cugino Charles.

Non solo almeno perché sua madre aveva forse trovato la maniera per porre fine al proprio esilio. Rupert von der Platz non era stupido e aveva imparato a non sottovalutare le persone con cui entrava in contatto, compresa sua madre.

La fu regina di Boemia si sarebbe potuta accontentare di Heidelberg ma si era convinta che una delle condizioni del trattato di pace fosse proprio il divieto di varcare i territori del suo dominio. Sua madre aveva sempre odiato non essere al centro dell’attenzione e ad Heidelberg con i problemi di Karl non lo sarebbe mai stata, per non parlare di come avrebbe dovuto cedere il passo a sua nuora.

Molto meglio che si crogiolasse nelle sue bugie, era per colpa del suo modo di vedere il mondo se era accaduto quello che era accaduto alla loro famiglia.

Edward e Louise avevano preferito farsi cattolici pur di non vivere un giorno in più con sua madre, e li capiva perfettamente, inoltre facendosi suora Louise aveva messo a tacere quelle brutte voci. Elizabeth aveva preferito unirsi alle beghine o qualcosa di simile e Sophia, la piccola della famiglia, si era sposata. Aveva dei dubbi sugli Hannover ma era un matrimonio sicuro e dopo le disgrazie e i lutti la loro famiglia aveva bisogno di certezze solide.

E quando era sicuro che avrebbe trascorso la sua vita facendo il mercenario il generale Monck aveva avuto un’offerta per suo cugino Charles.

Aveva avuto dei dubbi ma quella era la migliore opportunità che potessero avere e suo cugino l’aveva colta, aveva riavuto la corona alle stesse condizioni del padre, anzi a sentire gli emissari venuti da Londra gli inglesi non avevano fatto altro che attendere. Non era nato per governare, adorava troppo i campi di battaglia, ma quella era una patetica bugia, come se non sapesse che fino a pochi mesi prima gli inglesi si erano inchinati di fronte al signor Cromwell. Avevano persino pensato di incoronarlo re, gli ingrati!

Suo cugino il re però sembrava aver dimenticato tutto e smanioso di godersi il suo regno, un regno da cui era assente da dieci anni.

Tanto per cominciare aveva fatto rinominare la Naseby, la nave che avrebbe dovuto riportarli in Inghilterra a suo nome, o meglio gli inviati, Montagu in testa, avevano tanto insistito che alla fine aveva dovuto cedere. [5]

Aveva nominato lui comandante del proprio esercito e riservato al fratello James il titolo di Alto Ammiraglio, per il piccolo Henry avrebbe pensato a qualcosa.

<< La regina vostra madre non è qui? >> domandò al re, attorno a loro gli esuli inglesi sembravano dei cattolici durante la processione, tutti ansiosi di vedere il re, di toccarlo, di testimoniargli la propria fedeltà e quanti danni avessero subito per essergli stati leali.

<< La regina mia madre si imbarcherà da Calais, porta con sé Minette e mio figlio >> gli rispose suo cugino il re facendo riferimento all’ultima figlia della fu coppia reale e al bastardo che lui stesso aveva generato dieci anni prima, quando era un re senza trono e un giovane senza futuro. E aveva amato quella ragazza, con incoscienza e desiderio, forse si erano amati per quella sola estate ma era stata sufficiente per generare un figlio che il re d’Inghilterra amava teneramente pur avendolo visto scarse volte.

<< Mia sorella la stadholder non partirà con noi, ci raggiungerà in seguito, vostra madre verrà con noi o resterà a L’Aia? >> domandò suo cugino mentre il duca di York e il duca di Gloucester li raggiungevano, la famiglia reale al completo pensò lui.

<< Dipendesse da lei tornerebbe a Praga accolta come regina ma presumo che ottenendo i benefici necessari possa essere persuasa a stabilirsi in Inghilterra >> rispose lui con un sorriso che fece ridere apertamente gli altri.

L’ambizione di sua madre aveva rovinato tutti. Aveva rovinato suo padre, incapace di opporsi come avrebbe dovuto. Aveva rovinato il Palatinato, devastato dagli imperiali, aveva rovinato tutti loro se Elizabeth e Louise avevano preferito un chiostro al rimanere in una città come L’Aia.

In Inghilterra non avrebbe potuto causare troppi danni e lui sarebbe potuto stare tranquillo, era dalla propria nascita che sua madre tentava in ogni modo di rovinare la vita al prossimo.
<< Vedrò cosa posso fare, dovresti presentarmela >> gli consigliò Charles. Conosceva sua zia ma quando l’aveva conosciuta era solamente un principe di Galles e poi un re in esilio, ora invece era il re d’Inghilterra e per quanto bizzarro doveva pur seguire un cerimoniale, e sua madre era nata principessa di Scozia.

Annuì con la testa per poi ritirarsi, la folla lo fece passare riconoscendogli il titolo di cugino del re e si diresse verso sua madre. Fece appena in tempo a vedere i Richmond avvicinarsi, era sicuro che avrebbero fatto di tutto per ricordare a Charles i sacrifici della loro famiglia durante la guerra.

La guerra, erano anni che non ci pensava, era andato tutto a rotoli ma non aveva mai potuto dire la sua, non realmente, e questo perché gli inglesi odiavano gli stranieri, qualsiasi tipo di stranieri.
Sua madre sembrò più ragionevole del previsto ma forse perché sperava in qualcosa dal re, per sua fortuna Charles aveva altre preoccupazioni in quel momento pensò lui.

La regina di Boemia lo trattenne per alcune parole, di certo non per augurargli buon viaggio ma almeno finse di essere una buona madre. Finzione deprecabile ma le credettero tutti, tranne lui e Karl.
Intravide i figli di Karl e l’idea di suo fratello e di Mary Henriette non era così pessima, in quanto cadetto lui per fortuna non aveva simili problemi o doveva preoccuparsi di certe questioni.
La sua vita era stata perfetta, non era iniziata nella maniera migliore ma quello era sicuramente un segno: era destinato a grandi cose e si era sforzato di adempiere il suo destino.

La vita guerresca gli piaceva, aveva partecipato a innumerevoli guerre com’era opportuno che un cadetto come lui facesse e mai aveva rimpianto un solo momento.

Gli dispiaceva che i suoi fratelli fossero morti, due annegati[6] e uno sul campo di battaglia perché meritavano anche loro di partecipare a quella festa ma mentre saliva a bordo si chiese se forse non fosse stato meglio per loro.

Morire sul campo di battaglia, morire come un eroe, entrare nella leggenda, questo si che gli sarebbe piaciuto. Ci si ricordava dei neri e dei generali morti sul campo, non di quelli che si ritiravano per vivere in campagna con una moglie e uno stuolo di marmocchi.

Avrebbe dovuto lavorare su quello una volta in Inghilterra, era il momento di occuparsi del lascito che avrebbe lasciato, se non ora quando?



 
Avvertenze&Note:

Ebbene si, sono tornata, scusate se è passato tanto tempo ma la vita incombe. Come vedete qui c'è stata un'alternanza di punti di vista, prima quello di Anna di Danimarca, poi di Frederick e infine quello di Riupert del Palatinato, tutti i personaggi avranno almeno un punto di vista quando non un intero capitolo.
[1] in realtà la regina Anna andò a prendere Henry e solo in un secondo tempo si ricordò di Elizabeth
[2] Anna di danimarca si avvicinò al cattolicesimo già nella seconda metà degli anni novanta del cinquecento, si sarebeb ufficialmente convertita solamente una volta divenuta regina d'Inghilterra
[3] il 22 agosto 1602 i Ruthven tentarono di rapire il re dopo averlo attirato con la promessa che il giovane Alexander Ruthven fosse disposto a concedersi al re, per ritorsione la famiglia fu massacrata e le sorelel del duca pur essendo damigelle della regina venenro esiliate
[4] il primo atto di frederick del Palatinato come re di Boemia fu proprio ordinare lo spoglio delle chiese cattoliche e la conversione forzata, non avvenen durante il banchetto in onore della moglie ma nei tre giorni che lo precedettero, poco dopo la propria incoronazione
[5] la Nasebit venne effettivamente rinominata Royal Charles, e tale nome mantenen finché non fu catturata dagli olandesi
[6] il fato di Maurizio del Palatinato è sconosciuto, essendo però la sua nave colpita da un urugano mentre si avvicinava alla Virginia si presume sia annegato con essa o sia comunque morto una volta giunto a terra

 
   
 
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