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Autore: pattydcm    22/07/2022    0 recensioni
Fox non si sarebbe mai aspettato che il suo incarico sotto copertura sarebbe stato del tutto messo in secondo piano dall'arrivo di Mirco Neigo nella sua vita. Il giovane, infatti, lo coinvolgerà in un'avventura ai limiti della realtà, portandolo a diventare la guida vivente di un guardiano di anime.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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34 Liber Sum
 
Prima che le sue guide gli venissero tolte, mentre il processo di ritorno al suo corpo aveva luogo queste lo mettevano a conoscenza di quanto il Guardiano si era ritrovato a fare. Ora, invece, il familiare strappo e la brutta sensazione di caduta libera avvengono in un silenzio capace di rendere il fenomeno ancora più fastidioso. Forse per questo lo stupore è ancora più grande quando, una volta aperti gli occhi, si ritrova a stringere la mano ad un uomo sconosciuto totalmente nudo.
Gli ci vuole qualche istante per recuperare il nome di quella malattia che porta la pelle a scolorire creando macchie che su quest’uomo hanno disegnato un reticolato interessante e capace di rendere difficile distogliere lo sguardo. Per quanto abbia la pelle chiara, entrambi gli occhi sono circondati da macchie bianche che hanno del tutto decolorato le ciglia. Quella sull’occhio sinistro, poi, si è estesa fino al sopracciglio, anche questo in buona parte bianco e spaccato in due da una brutta cicatrice. Un’altra, più piccola, segna il labbro inferiore circondato da una folta barba rosso scuro che rende ancor più netto il contrasto tra questa pelle pallida e macchiata e i capelli rosso fuoco, che ricadono sul volto in ricci ben delineati.   
<< Sono io, Mic >> sbuffa l’uomo, alzando gli occhi al cielo.
<< Rio? Oh, bòja. Ma che ti è successo? >>.
<< Sono stato purificato >> risponde lui, lasciandogli la mano.
<< Pure troppo >> ridacchia Marco, la cui presenza nota solo adesso. << Quindi tu davvero non ricordi nulla degli interventi del Guardiano? >>.
<< Non è che non ricordo nulla. Sento ciò che accade in lontananza e vedo ombre. Era compito delle mie guide farmi un resoconto di quanto successo, una volta ritornato in me. Devo ammettere che una cosa simile non mi è mai successa prima d’ora >> ammette guardando ancora una volta con stupore quello che è il vero volto del suo tutor.
<< Figurati a me >> sbuffa questi, tornando nella vasca. << Ian mi ha detto di fare una doccia e una dormita. Sulla prima concordo, per la seconda non credo proprio che ci riuscirò >> dice sbadigliando.
<< Ian? E chi sarebbe? >> domanda Mirco, confuso.
<< Vieni, sottiletta, ti spiego un po’ di cose >> si intromette Marco, accompagnandolo fuori dal bagno. Lo mette al corrente del nome che Rio ha deciso di assegnare al Guardiano e resta stupito del fatto di essersi del tutto perso questa parte del discorso incorso tra loro.
<< A quanto pare le tue guide non ti dicevano proprio tutto >> dice il custode sedendosi sul letto.
Non saprebbe dire se è una conseguenza del silenzioso ritorno al suo corpo, della pazzesca novità che ha trovato al suo arrivo o della battuta appena fatta dal Custode, fatto sta che Mirco prova uno spiacevole senso di spaesamento. Si è sempre fidato del resoconto delle sue guide, dal momento che collimava con quanto lui stesso era in grado di sentire e vedere seppure non chiaramente. Ora, però, gli stanno tornando alla mente tutte le volte in cui Nikky gli ha riferito dei particolari avvenuti durante la presenza del Guardiano e dei quali lui non aveva alcuna memoria. Dettagli che a volte erano irrilevanti altre, invece, importanti o terribili.
<< Sì, non è bello scoprire di essere stati usati >> sospira Marco, lo sguardo triste rivolto alla porta del bagno.
Deve ammettere di non aver capito bene a cosa si riferisse il suo tutor quando ha accusato questo Juan di aver avuto attenzioni morbose nei suoi confronti. Potrebbe trattarsi di una persona soffocante così come di un vero e proprio abuso che purtroppo Rio si è trovato a subire.
<< Entrambe le cose, purtroppo >> ringhia Marco tra i denti. << Juan Hèrnandez è un fottutissimo manipolatore travestito da difensore dei più deboli. Era il mio mito e alla fine si è rivelato essere il mio più grande errore. Non mi perdonerò mai di aver spinto Liber ad entrare nel suo team e di conseguenza nella sua trappola >>.
<< Tu non potevi sapere cosa sarebbe successo >>.
<< Non dire cazzate! >> esclama con tanta veemenza da catturare l’attenzione del fratello, che subito esce dal bagno con un asciugamano annodato in vita e dalla porta fissa accigliato Mirco e il vuoto al suo fianco. 
<< Che succede? >> gli chiede sbadigliando e lui si limita a scrollare le spalle. Per fortuna è troppo stanco per indagare la menzogna che gli ha appena raccontato. Barcolla fino alla parte del letto che ha occupato in queste notti e lì si lascia cadere di pancia, addormentandosi all’istante.
<< E’ normale questa cosa? >> domanda Marco, preoccupato.
<< Il sonno aiuta a risistemare le cose. Dormirà a lungo. Direi che per oggi questa sagra e le indagini dovranno fare a meno di lui >> lo informa Mirco e il custode appare sollevato all’idea di sapere il suo protetto al sicuro per il resto della giornata. Accarezza sereno i suoi riccioli rossi che come molle tornano subito nella forma originaria.
<< E’ pazzesco >> sussurra Mirco, rapito da questo piccolo gesto. << Posso capire tingere i capelli e renderli lisci, ma… come ha fatto a far sparire tutto il resto? >>.
<< La collega che si occupa della messa in opera degli avatar è davvero in gamba. Credimi, quelli di Valerio Rossi sono i panni più semplici che ha vestito in questi sei anni e se lo sono è solo perché è stata concepita come una copertura a lungo termine >>.
 << Forte! >> bisbiglia Mirco guardando al suo tutor come ad un’opera d’arte che continua a mostrare le sue meraviglie. Ora che è di spalle, infatti, un tatuaggio formato dalla frase in latino ‘Liber sum’[1]  spicca in una porzione di pelle priva di macchie tra le scapole.
<< Liber è davvero il suo nome? >> chiede a Marco che annuisce continuando a giocherellare con i capelli ancora umidi del fratello.
<< A dire il vero non è proprio il suo, ma è quello che ha scelto per sé >>.
<< Un nome d’arte, intendi? >> domanda Mirco e il custode scuote il capo dinanzi alla sua curiosità.
<< Liber è il nome di suo nonno materno >>.
<< Di vostro nonno materno >> lo interrompe, pignolo. Il custode alza gli occhi al cielo indispettito e ancora una volta scuote il capo.
<< Sai essere fastidioso, eh? >> gli dice e per un istante Mirco teme di essersi giocato la possibilità di venire a conoscenza di qualche informazione in più sulla vera identità del suo tutor.
<< Scusami >> pigola facendo ridere di gusto Marco.
<< Che terribile paraculo che sei! Pur di soddisfare la tua curiosità saresti capace di vendere tua madre al miglior offerente, sottiletta. Hai un futuro garantito nel settore del giornalismo >> dice mostrandogli il pollice rivolto verso l’alto. << E comunque è corretto. Liber è il nome del padre di sua madre. Noi non siamo fratelli né in alcun modo parenti >>.
La notizia lascia Mirco a bocca aperta, cosa che fa nuovamente ridere di gusto il custode. Il ragazzo si lascia cadere a sedere ai piedi del letto e non può fare a meno di far viaggiare lo sguardo dall’uno all’altro di quelli che credeva essere fratelli gemelli, continuando a vederne la somiglianza.
<< Mi stai prendendo in giro >> conclude serio. << Voi due vi somigliate e tanto, anche! Ora che la maschera di Rio è caduta del tutto questa somiglianza si nota ancora di più e poi avete lo stesso modo di osservare il prossimo e di leggere ciò che accade attorno a voi. Non può essere solo il modellamento che porta un custode col tempo ad assomigliare al suo protetto >>.
<< E infatti non lo è >> lo interrompe Marco. << Fin da subito ci hanno scambiati per fratelli e noi con questa cosa ci giocavamo. Credimi, ciò che ho sempre voluto in vita è stato poter mettere insieme mio padre e sua madre e creare la nostra piccola famiglia >>.
Il silenzio che cala tra loro è carico della stessa tristezza che scurisce il volto del custode. Non può essere uno dei suoi scherzi e questa consapevolezza curva ancora di più l’ossuta schiena di Mirco.
<< Oh, boja. Questa proprio non me l’aspettavo >> scuote il capo sconsolato.
<< E perché avresti dovuto? Tu non sai un cazzo e te ne stai accorgendo ogni giorno di più. Quello stronzo che si è insinuato nella testa di mio fratello è l’unico responsabile di tutto questo casino >> dice scandendo ogni singola parole che sottolinea quanto sia furioso. << A causa sua ho rischiato di perderlo e questa volta non mi è stato nemmeno possibile aiutarlo. Quella stronza mi ha scacciato via manco fossi una mosca fastidiosa >>.
Non era stato ancora messo a conoscenza dei dettagli di quanto è accaduto prima che Andrea corresse a cercarlo e sentire di questa entità femminile capace di eludere un custode con così tanta facilità lo spaventa parecchio. La situazione in quel convento è più pericolosa di quanto abbiano ipotizzato fino ad ora e non per la presenza di un serial killer.
<< Benissimo! >> ridacchia nervoso Marco. << Liber avrà anche deciso di aiutarti accettando di buon grado questa intrusione, ma io no! Quello stronzo sta sfruttando il suo istinto ad adattarsi per sopravvivere e io trovo che sia la cosa più scorretta che una guida possa fare! >>.
Il peso del senso di colpa toglie il fiato a Mirco che non sa cosa ribattere alla dura verità alla quale il custode sta dando voce. Non avrebbe mai pensato Alex capace di simili azioni scorrette nei confronti di un uomo innocente già provato da un passato e, da quel che gli è stato appena detto, un presente complicato. 
<< Io… io non so cosa pensare. Posso solo dirti che mi dispiace e mi rendo conto che non ve ne fate nulla del mio dolore. Anche perché in confronto al suo… al vostro dolore… il mio non è niente >> sospira, incapace di sostenere lo sguardo severo di questo ragazzino.
<< Smettila di fare la vittima >> sbuffa Marco infastidito.
<< Non è mia intenzione farlo, davvero. Io… io vorrei solo che tu capissi in che situazione mi trovo anche io. Mi sto rendendo conto che la normalità alla quale mi affidavo senza la minima idea di metterla in discussione è piena di buchi. Mi sto chiedendo quante cose le guide hanno omesso o modificato non solo per ciò che riguarda le azioni del Guardiano, ma anche su tutto quanto il mistero che avvolge il mio dannato compito. Io, in fondo, sono solo un ragazzino che tenta di capire cosa gli accade. Pensa che dalle cose che avevo intravisto del passato di Rio mi ero fatto l’idea che tu non fossi morto a causa di una crisi, ma per mano di quell’uomo dagli occhi di ghiaccio >>.
<< Lo Chef >> dice Marco tra i denti << No, quel bastardo ha quasi ucciso lui, non me. Gli ha rotto la schiena, lo ha pugnalato più volte e preso a pugni fino a spaccargli il cranio  mandandolo in coma per quattro lunghissimi mesi. Purtroppo non ho potuto fare nulla per fermarlo. Ho potuto solo attutire il più possibile colpi. Se ho deciso di restare al suo fianco è stato proprio perché mi aspettavo che i guai nella sua vita non sarebbero finiti. Un po’ per la sfiga che gli crolla sulle spalle anche troppo spesso, un po’ perché se li va a cercare. È una delle abilità dei Santi, come diceva suo nonno >>.
Marco alza appena lo sguardo a incontrare il suo e poi subito lo distoglie. Mirco si rende conto di non sapere nulla di questo giovane Custode e di aver sbagliato clamorosamente quel poco che aveva ipotizzato.
Alex gli aveva detto che le anime con uno squilibrio di positività sceglievano di divenire custodi perché legati al protetto da loro scelto da un forte legame affettivo. Lui, invece, fino ad oggi era stato convinto che lo facessero per poter continuare in qualche modo a vivere.
Nello sguardo di Marco, nel modo in cui pettina i capelli del fratello e si strugge per non essere riuscito a fare di più per evitargli il male che la vita terrena ha previsto per lui, non può fare a meno di vedere un amore incondizionato, puro e innocente capace di stringergli il cuore e di fargli provare anche un po’ di invidia nei confronti del suo tutor.
<< No, sottiletta, levatelo dalla testa >> ridacchia lui. << Io non sono stato un santo e in questi quindici anni trascorsi al suo fianco ho avuto modo di vedere quali sono state le mie pecche e di vergognarmene >>.
Sono determinati gli occhi da tempo velati di questo custode e non c’è in loro alcuna traccia della vergogna della quale parla. Anche adesso che distoglie lo sguardo per ridere di questa sua considerazione, l’unica cosa che nota in lui è quest’arroganza che gli ha mostrato fin dal primo giorno. Quella che è possibile sia e sia sempre stata la maschera dietro la quale ha nascosto al mondo le sue paure.
Marco ride e scuote il capo, tornando poi subito a giocherellare con i capelli del fratello. Sospira più volte forse dietro il ricordo di qualche bravata compiuta insieme in passato o di un’impresa epica portata a termine con l’intento di aiutare il suo protetto a venire fuori dai guai.
Mirco vorrebbe porgli tante domande, ma ognuna di queste gli muore sulle labbra. Sebbene siano poche le informazioni che ha su di loro, sa che ogni risposta che Marco gli darebbe avrebbe un fondo di tristezza e dolore. E’ un po’ come quando si è a conoscenza del finale di una storia: se si decide di guardarla non si può fare a meno di esserne condizionati.
<< Ci siamo conosciuti alle elementari >> dice all’improvviso Marco, rompendo il suo silenzio. << Io ero abituato ad essere additato dagli altri bambini a causa del cappellino paracolpi che dovevo indossare. Gli altri non avevano di questi problemi. Erano tutti così fottutamente normali. Quel primo giorno di scuola, invece, sono finito casualmente seduto accanto a lui .
Con gli anni è notevolmente cambiato. Questa fiamma viva che sono i suoi capelli si è scurita e questa vitiligine così estesa non offusca la sua bellezza, anzi, lo rende ancor più interessante. Da bambino, invece, era davvero inquietante
>> ridacchia. << I più piccoli quando lo vedevano piangevano spaventati e persino agli adulti facevano venire un colpo le vene cosi evidenti sotto la pelle da farla sembrare trasparente e tutte queste macchie bianchissime tra le quali sbucavano gli occhi verdi enormi circondati da ciglia bianche.
Ricordo che durante quel primo giorno di scuola non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Lui, però, non se ne curava più di tanto, già rassegnato, come ho poi capito, dall’essere oggetto della curiosità altrui.
Per la prima volta in quei pochi anni di vita mi sono ritrovato ad avere la possibilità di sentirmi normale grazie all’incontro con un bambino ancora più strano di me. Credo che inconsciamente sia stato questo a portarmi a voler diventare suo amico. L’affetto è arrivato dopo
>>, sospira, << quando mi sono reso conto che questo bambino inquietante aveva un cuore grande quasi quanto i problemi che aveva in casa e che li avesse l’ho capito per caso verso la fine del primo anno di scuola, quando ho scoperto che aveva anche lui un padre >>.
<< Lo hai scoperto? >> chiede Mirco confuso e il custode abbozza un sorriso amaro mentre annuisce.
<< Il primo giorno di scuola sono stati sua madre e suo nonno ad accompagnarlo. Entrambi troppo giovani per essere una già madre e l’altro già nonno e se unisci questo elemento al fatto che fossero originari sud Italia, penso ti sia facile capire come le insegnanti perbeniste e le famiglie timorate di dio dei nostri compagni le abbiano subito dato della puttana. Suo nonno, però, era un uomo alto, dalle spalle larghe e malato di nuoto quanto lui, con il quale si poteva ridere e scherzare su tutto tranne che sulla figlia e il nipote.
Liber, poi, della sua famiglia non parlava mai. Spesso veniva a scuola con lividi evidenti sulle braccia che lui spiegava essere dovuti al fatto che la sua pelle fosse così delicata che bastava premerci un dito un po’ più a lungo del dovuto per ferirla, cosa che in effetti era vera. Ogni tanto, però, ne aveva qualcuno di troppo e quando abbiamo iniziato a entrare in confidenza, spesso borbottava qualcosa riguardo a uno Chef che lo strattonava con troppa forza. Sapevo che la sua famiglia aveva un ristorante e quindi non ci facevo caso, sebbene mi facesse strano che un estraneo potesse comportarsi così con lui senza essere richiamato dal nonno o dalla madre.
Poi alla stupida recita di fine anno è spuntato fuori questo Chef e si è scoperto che anche l’inquietante bambino rosso e vitilitico aveva un padre. Avresti dovuto vedere le maestre >> alza gli occhi al cielo disgustato. << Sebbene fossero timorate di dio non si erano mai fatte problemi a civettare col giovane nonno atletico e attraente e quando si sono ritrovate davanti questo bell’uomo dagli occhi di ghiaccio che ha raccontato loro di essere uno Chef stellato parecchio famoso nel suo settore sono andate in brodo di giuggiole >>.
<< Quindi lo chef che lo picchiava era suo padre? >> chiede Mirco e quando il custode annuisce il suo stomaco si chiude. 
<< Quando le insegnati hanno capito che era figlio di un uomo illustre, tutte le battute sulle possibili violenze che subiva in casa sono cadute, sostituite dalla scusa della pelle troppo delicata. Io, però, avevo avuto una bruttissima impressione di quell’uomo. Mi era sembrato un bellissimo manichino di plastica apparentemente affabile e sorridente ma intimamente violento e pazzo. Poi trovavo anomalo che Liber lo chiamasse Chef anziché papà e quando mi ha detto che era lui a voler essere chiamato così persino dal figlio mi sono seriamente spaventato.
Col tempo, però, la presenza dei lividi a macchiargli la pelle è diventata normale come le mie crisi, con la differenza che queste erano causate da un guasto al mio sistema nervoso e non indotte da qualcuno. Oggi mi rendo conto che quando ci incontravamo quei lividi erano la prima cosa che cercavo. Allora mi dicevo fossi mosso dalla speranza che non li avesse. Ho capito col tempo, custodendolo, che a rassicurarmi era proprio ritrovarglieli addosso.
Sapevo, infatti, che il suo unico problema era avere per padre un mostro. Se questi fosse cambiato o se se ne fosse andato definitivamente dalla sua vita, Liber avrebbe potuto acquisire fiducia in se stesso, affrontare i bulli tirando fuori già allora il carattere che ha maturato crescendo, farsi altri amici e dimenticarsi di me. Per tutta la durata della mia vita ho avuto paura che se quel pazzo avesse smesso di essere violento lui si sarebbe sentito libero di andarsene via da me. Così, quando gli vedevo un nuovo livido addosso ero sollevato perché sapevo che non se ne sarebbe andato. Avrebbe avuto bisogno di me, del mio conforto, dell’aiuto che potevo dargli cosi come io avevo bisogno del suo. Sono una brutta persona, lo so >>.
Eccolo il vero volto dietro la maschera che porta alla luce la vergogna della quale parlava poco prima e dietro questa vergogna sapientemente nascosta, finalmente viene fuori la tristezza. Una profonda tristezza che in questo caso nasce dalla solitudine.
Mirco sa bene quanto brutta sia la solitudine perché l’ha provata sulla propria pelle. Non avere nessuno con cui parlare delle proprie paure e di cosa si è costretti a vivere porta a creare maschere utili a non impazzire e Marco ha fatto la stessa cosa che fece lui alla sua stessa età. Solo che nel momento in cui lui perdeva una persona importante, questo giovane custode, invece, la trovava e chi può giudicarlo per aver sperato con tutto se stesso di non perderla. Quando una simile speranza posa le sue basi su qualcosa di terribile, nasconderla per non sentire di essere ancor più mostruosi di come il mondo ti disegna è una difesa vitale.
<< Non credo tu sia stato una brutta persona >> lo rassicura Mirco, ricevendo per tutta risposta un’occhiata scettica da parte sua. << Eri solo un bambino che voleva un amico e aveva paura di perdere l’unico che aveva trovato >>.
<< Potresti anche avere ragione >> gli concede, dopo un lungo attimo di riflessione. << Ma dovresti ascoltare le storie fino alla fine prima di esprimere un parere. Perché se scoprire che non siamo fratelli ti ha shoccato, sapere che lo Chef era gay potrebbe sconvolgerti >> dice e sembra compiaciuto dello stupore che inevitabilmente si impossessa di lui. Proprio come davanti a un film drammatico del quale anticipa la prossima situazione pesante da digerire, Mirco vorrebbe chiedergli di cambiare argomento proprio come lui è solito cambiare canale. In fondo, perché restare lì a guardare il male che c’è nel mondo senza poter fare altro che farsi venire il mal di pancia? Peccato che quella che Marco gli sta raccontando non sia una storia né il protagonista un attore. Si tratta di Rio, il suo tutor, un amico che ora dorme dopo aver vissuto una brutta avventura.
E’ così pesante da sostenere lo sguardo del suo custode che, un po’ con sfiga e un po’ col desiderio di poter finalmente raccontare a qualcuno questa triste storia non accetterà la sua muta richiesta.
<< Crescendo e iniziando a capire come funziona il mondo, ci eravamo entrambi fatti un’idea del perché i suoi genitori non dormissero nello stesso letto e in compagnia di chi lo Chef a volte trascorresse le notti.
Poi è arrivata l’estate del ‘95 e quando Liber è tornato dalle vacanze io stesso ho faticato a riconoscerlo. Nel giro di poco tempo era cresciuto di trenta centimetri e il suo corpo era diventato quello di un uomo adulto. Lo smacco più grande per me è che lui doveva ancora compiere quattordici anni, mentre io li avevo già da mesi. L’ho odiato per questo. Mi sentivo tradito. Io ero sempre lo stesso anonimo ragazzino che vedi e accanto a lui così alto e massiccio mi sentivo ancora più insignificante. Ovviamente non potevo immaginare che non sarei stato l’unico a guardarlo con occhi diversi. La mia, però, ero invidia e non un desiderio malato. Mi sono sentito così in colpa per averlo odiato per essere cresciuto lasciandomi indietro
>> sussurra con voce strozzata dall’emozione. << Non potevo immaginare che quell’uomo potesse essere pazzo al punto da fare al proprio figlio una cosa simile. Quello un padre non lo deve fare a un figlio! >>.
Sono enormi gli occhi di Marco, carichi di orrore e di lacrime che non possono cadere. Si è tenuto dentro tutto questo dolore durante gli ultimi anni della sua vita e in tutti quelli di non vita e ora finalmente può concedersi di esplodere.
Mirco gli posa la mano sulla spalla e lui si aggrappa al suo braccio stringendolo forte. Avrebbe bisogno di un abbraccio, ma non glielo chiederà. È possibile che li abbia concessi solo a suo fratello e che solo le sue siano state le braccia tra le quali si sia sentito sicuro di poter esprimere le proprie emozioni.
<< Io ho cercato di tenerlo al sicuro. Ci ho provato, davvero >> dice e sembra ancora più giovane nella sua insicurezza. << Facevo di tutto per convincere i miei a farlo restare il più possibile con noi, ma la notte doveva tornare a casa sua e di notte… di notte era da solo con quel mostro e io mi sentivo morire. Avevo paura che potesse ucciderlo o che lui decidesse di farla finita esasperato da quanto era costretto a vivere.
L’anno dopo la mia morte quel bastardo lo ha quasi ucciso. Io sono riuscito per miracolo a salvarlo, contattando mio padre che si è precipitato nell’appartamento nel quale Liber e sua madre si erano trasferiti. Ho ancora nelle orecchie le grida disperate di Arianna e l’invocazione di lui che continuava a chiedermi di portarlo via da tutto quel dolore. Non ho potuto. Non ho voluto!
>> esclama severo stringendogli forte il polso.
<< Non avresti potuto comunque, Marco. Non sarebbe stato compito tuo. Lo hai tenuto in vita. Hai fatto in modo che giungessero i soccorsi. Sei stato bravo >> lo rincuora e lentamente lo sguardo del custode si ammorbidisce.
<< Gli anni che seguirono non furono facili. Ha rischiato seriamente di restare per sempre paralizzato dal torace in giù e solo l’abilità dei chirurghi unita al sostegno di mio padre e alla sua testardaggine lo hanno portato a rimettersi in piedi. E allora che ha deciso di prendere il nome del nonno materno, che finchè era in vita gli ha fatto da padre e ha tentato sempre di proteggere lui e Arianna dalla violenza dello Chef. >> dice, sfiorando col dito il tatuaggio che il fratello ha tra le scapole. << Era un uomo eccezionale al quale somiglia molto, sia fisicamente che caratterialmente. Ogni volta che qualcuno gli chiedeva il perché di un nome così strano lui raccontava con pazienza che suo zio era stato spedito all’anagrafe per registrarlo, ma nessuno aveva pensato di informarlo sul sesso del nipote. Sapeva, però, che gli avrebbero dato il nome del nonno paterno, come da tradizione, e allora disse all’impiegato di registrarlo come ‘Liber’ e che poi il fratello sarebbe tornato a modificarlo a seconda del genere. Suo padre, però, decise di lasciare le cose così per rendere più epico il nome del suo primogenito. Il nonno, però, era convinto che non avesse avuto voglia di occuparsi della burocrazia necessaria per modificare il nome per aggiungere una semplice ‘o’ >> ridacchia, liberandogli il polso dalla sua stretta.
<< Quando mio padre propose a Liber di adottarlo e renderlo a tutti gli effetti figlio suo, la scelta di cambiare il nome venne legalizzata e lui decise di suggellarla con questo tatuaggio che è il primo tra tutti gli interventi ornamentali, come li definisce lui, che ha apportato al suo corpo. E sai qual è l’altra cosa che mi da alla testa? >> gli chiede volgendo lo sguardo a incontrare il suo. << Ho passato quei dieci anni della mia vita a convincere mio padre a lasciare mia madre e dichiararsi ad Arianna per poter essere una vera famiglia e non ci sono riuscito. Lei era troppo spaventata delle ritorsioni che lo Chef avrebbe fatto a me e mio padre e lui era assoggettato al ricatto emotivo di quella gran stronza di mia madre. Poi io sono morto, lui ci ha quasi rimesso prima la vita e poi la schiena e solo allora questo mio desiderio si è avverato. Mia madre e lo Chef si sono tolti dal cazzo e finalmente loro si sono messi insieme e Liber ha potuto avere una vera famiglia. Ecco, io posso pure essere felice per lui, ma allo stesso tempo mi rode il culo perché avrei voluto anche io far parte di quella famiglia da vivo e non negli scomodi panni di un custode. Lo vedi adesso perché sono una brutta persona? >>.
La stretta gelida della sua mano è così forte che Mirco prova dolore al polso. Non si lamenta, però, perché è la manifestazione della frustrazione e della sofferenza di questa giovane anima che sta finalmente aprendosi con qualcuno che non sia il fratello accanto al quale per troppo tempo è dovuto stare in silenzio.
<< Resto della mia idea, Marco: non sei una brutta persona >>.
<< Contento tu >> borbotta lui, tornando a tormentare i ricci del fratello. << In un certo senso, devo ringraziare quello stronzo di Juan per avermi aperto gli occhi. Quando ho visto il mio mito crollare ho iniziato a mettere in discussione anche me stesso. Non è stato bello, ma è stato utile a capire che ho proiettato troppo del futuro che volevo per me su Liber.
Quando è arrivata quella guida a prendere il sopravvento su di lui ho temuto fosse una punizione da parte dell’Energia Universale. Non merito il dono che mi è stato fatto e non capisco come possa essere stato giudicato in squilibrio di positività
>> si chiede confuso volgendo a lui lo sguardo.
<< Se non fossi stato in squilibrio di positività non ti saresti messo in discussione né avresti accettato le fragilità che hai avuto in vita. Questa consapevolezza fa parte del processo di crescita animica, Marco >>.
<< Non avevo idea che potessero funzionare così le cose >> sussurra stupito dopo un lungo attimo di silenzio. << Sento di avere così tanta rabbia dentro, Mirco. Così tanta che a volte temo di esplodere. Non è giusto quanto è successo a lui e a dirla tutta neppure quanto è accaduto a me. Una madre rimasta ferma ai quindici anni, un padre che è dovuto crescere troppo in fretta e una vita fatta di continue crisi per le quali i chili di farmaci che ingoiavo a settimana non facevano alcun effetto. Sedici anni sono fottutamene pochi per morire, cazzo >>.
<< Troppo pochi, già >> gli fa eco Mirco incapace di restare nei suoi silenzio così pesanti.
<< E poi il mio 'mito' >> prosegue, questa volta più spossato che arrabbiato. << Cazzo, tenevo in considerazione il suo pensiero molto più dei consigli di mio padre e guarda che è successo? Un arrivista disposto a schiacciare chiunque pur di ottenere meriti e successi.
Lo avrei accettato se si fosse trattato solo di quello. Certo non mi avrebbe fatto piacere ma l’ambiente del giornalismo pullula di stronzi simili. Invece lui ha dovuto fare di peggio e, cazzo, hai ragione: io non potevo sapere quel che sarebbe successo. Solo che… cazzo,  sai meglio di me come funziona
>> sussurra, alzando appena lo sguardo a incontrare il suo. << Non è solo il trauma legato a un brutto incontro violento. È una forma-pensiero nata dall’aver subito continue torture, umiliazioni e manipolazioni della realtà tali da portare a pensare di meritare quanto si subisce.
Quando hai una base simile per quanto tu ci possa lavorare sopra e possa imparare a gestirla, inconsciamente queste convinzioni restano e Juan è il tipo di persona che le annusa come un lupo la preda.
All’inizio pensavo fosse interessato a lui per le sue abilità perché, credimi, nel suo lavoro è davvero bravo. Poi, però, ho iniziato a vedere altro e non potevo crederci. Non poteva esserci un simile interesse da parte di uno come lui.
Quando ho avuto la conferma dei miei sospetti ho provato ad avvisare Liber, ma lui non ne voleva sapere di darmi retta. Continuava a ripetersi che sicuramente si stava sbagliando e si è accorto di essere caduto nella sua trappola solo quando se lo è ritrovato addosso. Allora ha messo in atto l’unico meccanismo col quale ha sempre tentato di salvarsi: la fuga.
Ecco, ora sai cosa vi ha portato a lavorare insieme. A proposito, credo che sia meglio tu vada. Lui è fuori gioco, è vero, ma sia la sagra che le indagini devono continuare
>>.
Lo sguardo severo di Marco sottolinea come il suo lungo sfogo si sia concluso e non voglia ricevere ulteriori domande. Mirco acconsente alla sua richiesta e si alza dal letto per entrare in bagno dove è ancora molto forte l’odore dei limoni usati per il rito. Sistema le bucce nella cesta di legno insieme al coltello e al pacco ormai vuoto di sale e si concede una lunga doccia con la quale spera di togliersi di dosso la disperazione che gli scorre sotto la pelle.
Per quanto abbia avuto modo di scorgere alcuni fotogrammi dei momenti peggiori della vita di Rio, non avrebbe mai immaginato che fosse stato vittima di questo tipo di violenze perpetrate da persone che avrebbero dovuto proteggerlo e delle quali si sarebbe dovuto poter fidare. Ora gli è più chiaro perché abbia scelto un lavoro che lo porta ad indossare continuamente una maschera e a vivere vite non sue.
In un certo senso, ogni volta che il Guardiano viene invocato prende possesso del suo corpo e in buona parte della sua mente. Anche questa potrebbe essere considerata una violenza. Non sessuale, ovviamente, ma dati i lividi che gli restano sul corpo e la perenne tensione emotiva possono essere definite violenze fisiche e psicologiche che lo hanno obbligato a indossare delle maschere. Ora, proprio come Rio, vorrebbe potersi liberare di loro e mostrarsi apertamente al mondo intero. Sa bene, però, che non ci riuscirebbe. Ammettere di aver subito violenze brutali come quelle di Rio può mettere a disagio, ma attivare comunque l’empatia del prossimo. La sua verità, invece, lo porterebbe a concludere i suoi giorni nel repartino di psichiatria dell’ospedale di Cuneo.
Sarebbe più facile, forse, rifiutarsi di tornare quando il Guardiano lo richiama al suo corpo e scegliere di restare al sicuro in quel bozzolo ovattato nel quale lo rinchiude ogni volta. Dovrebbe lasciargli il comando, ora che gli è stato dato persino un nome, e obbligarlo a vivere questa vita allo scoperto al posto suo.
Ride dei suoi stessi pensieri, mentre esce dal bagno con quel blando ristoro dato dalla doccia e la cassetta carica di bucce di limone tra le mani. Mette lo zaino in spalla e si prepara a raggiungere la biblioteca per portare a termine le indagini assegnategli da Rio prima di tuffarsi nella frivolezza di questa sagra.
<< E ricordati di usare delle precauzioni se deciderai di ‘tuffarti’ anche dentro alla tua bella Miss >> gli dice Marco strizzandogli l’occhio. Per tutta risposta gli mostra il medio scatenando la sua risata irriverente che lo accompagna fino all’ascensore.
 
[1] Sono Libero
   
 
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