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Autore: Autumn Wind    10/08/2022    2 recensioni
Raccolta di missing moments della long Wish you were here.
La vita di Hermione e Severus alla fine della battaglia al Ministero, tra i rispettivi lavori, un matrimonio ed una figlia fin troppo simile a loro, è stata relativamente tranquilla … relativamente, perché quando due dei più potenti maghi della storia incrociano il loro cammino, tra pozioni ed incantesimi, qualcosa di magico, in fondo, deve pur succedere …
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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8.
Alohomora

[Incantesimo che apre cose chiuse a chiave.]
“E, così, Cho Chang si è lasciata anche con Sean Finnigan?” domandò Hermione, sgranando gli occhi ambrati da sopra la sua tazza di cappuccino colma di zucchero. “Si dice che lei lo tradisse, ma non so dirti di più.” annuì Ginny, scostandosi dal viso i capelli rossi alla giugulare mentre mescolava il suo espresso. “Beh, spero che entrambi siano più sereni, ora! Ne hanno passate tante, tutti e due …” sorrise Luna, agitando la complicata acconciatura disseminata di fermagli che sembrava un nido. “E noi no, scusa? Ad un certo punto, devi andare avanti e basta! Voglio dire, uno non può restarsene lì, fermo ad aspettare chissà che, in eterno … se una cosa è finita, è finita, basta!”
Hermione aggrottò la fronte: quelle parole, inevitabilmente, l’avevano fatta pensare a Severus e Lily. Era una connessione automatica che non poteva evitare di fare … come, a distanza di anni, non poteva evitare di sentirsi gelosa pur sapendo quanto fosse stupido.
“Spero sinceramente che anche Cho riesca ad essere felice.” affermò, lisciandosi il completo viola in contrasto con la camicetta nera per scacciare il pensiero. “Ma anch’io, credimi, Herm! Solo che da lei, che sembrava la regina del vero amore … beh, è ironico.”
“Sicura che non ti dia tanto fastidio perché è la ex di Harry?” constatò Luna, sorridendo mentre gustava il suo ginseng. “Voglio dire, la gelosia è normale, non c’è nulla di cui vergognarsi …”
“Luna, non iniziare …” sbuffò la rossa, alzando gli occhi al cielo. “Ha ragione, invece.” la supportò Hermione. “Anche tu? Non sono gelosa … e neanche Harry lo è! Siamo persone intelligenti, mica ragazzini in crisi, perdio! Non ha mai fatto storie per Dean … e sa benissimo che stavamo insieme!”
“Non ha fatto storie perché non sa di tutti gli altri, pensa che ci sia stato solo Dean ...” annuì Luna, facendo sgranare gli occhi di Hermione. “Altri?” ripeté. “Me lo ricordo: c’erano Oliver e quel ragazzo con cui stata fuori nella foresta tutta la notte, com’era?”
“Nessuno, te lo stai inventando!” strepitò Ginny, arrossendo fino alla punta delle orecchie. “Sam!” esclamò Luna, ignorandola ed annuendo. “Sì, proprio Sam! Un bel ragazzo, niente che dire, solo, per me … beh, se dicevi di amare Harry, non avresti dovuto … insomma, non ti ha lasciata certo per divertimento.”
“Oh, Merlino, spero vivamente che questa storia non salti mai fuori con mia madre o con Harry! Insomma, ero giovane, volevo vivere e c’era una guerra …” sbuffò Ginny, oramai dello stesso colore dei suoi capelli, scuotendo il capo. “Non uscirà da qui, sta’ tranquilla. Ma potevi anche dircelo …” mormorò, esterrefatta, Hermione, posando la tazza. “Io per un breve periodo sono stata fidanzata con un Corvonero del sesto anno! Più giovane, sì … però era un po’ troppo strano … fortuna che poi ho conosciuto Rolf!” annuì Luna. Hermione e Ginny si scambiarono un’occhiata sorpresa. “Beh, se per te Rolf è normale, accomodati … è tutto tuo. Non c’è pericolo che qualcuno te lo rubi, quello è sicuro …” sospirò la rossa. “Ginny ...” la fermò Hermione, osservando le affollate strade di Londra in quella chiara mattina di settembre dai tavolini del bar. “Ah, beh, se poi parli tu di uomini, stiamo fresche … hai sconvolto mezzo mondo magico con il tuo matrimonio!” commentò Ginny, aggiustandosi la giacca di pelle. “Cioè, finché si sapeva che tu e Piton stavate insieme, era sì strano e grottesco, ma non più di tanto, perché non c’erano manifestazioni o prove concrete sotto il naso. Insomma, poteva anche essere tutta una finta per chissà cosa! Poi però è nata Eileen e, beh, insomma … è Piton con la tua faccia e quella sì che è una prova tangibile di quello che … ehm … fate …”
Hermione arrossì fino alla punta dei capelli, boccheggiando per riprendere fiato. “Santo cielo, non dovrò anche giustificarmi perché ho una figlia, ora!” sbottò. “No di certo, abbiamo tutte figli, qui …” sorrise Luna. “Stiamo discutendo di gusti in fatto di uomini.”
“E cosa c’entra questo con me?”
“Oh, Herm!” sbuffò Ginny. “Insomma … Krum, Ron e Piton! Hai il gusto dell’animalesco, non c’è che dire …”
“Con Viktor ho solo chiacchierato in biblioteca un pomeriggio e ballato due volte e Ron l’ho solo baciato per un momento durante la guerra, contrariamente a te che scappavi di notte con Sam nei boschi, se proprio volgiamo dirla tutta!” puntualizzò la Grifondoro. “Ancora peggio, perché che una ragazzina ingenua ed innocente si lasci trasportare dal bel bulgaro prorompente o da quel tontolone di mio fratello posso anche capirlo, ma da Piton … non avresti neanche dovuto considerarlo se fossi stata sana di mente, Herm!” rise, salvo poi tornare subito seria all’espressione dell’amica. “Aspetta, ma vuoi forse dirmi che Piton è l’unico con cui …”
“Smettila!” la fermò Hermione, oramai rossa come un pomodoro ed alquanto irritata. “Basta, non voglio sentire una sola parola di più o giuro che me ne vado!”
“Non vuole dircelo.” sospirò Ginny, facendo spallucce. “Si vergogna!”
“È perché è tradizionalista.” annuì Luna. “Non riesce a liberarsi dai tabù …”
“Tabù? Sono una nata babbana, come faccio ad essere tradizionalista?” strepitò Hermione, esasperata: sapeva che accettare l’invito di Ginny per un caffè sarebbe stata una pessima idea, visto e considerato l’umore nero che aleggiava ultimamente sull’amica. “Oh, andiamo, Hermione! Sarai anche ribelle nel senso di lottare per ciò che è giusto e per chi non può farlo, ma quando si tratta di cose come sentimenti, vestiti e relazioni amorose, sei peggio di Narcissa Malfoy in quanto ad essere pudici!”
“Beh, per me è eleganza: un conto è parlare in generale, un altro di altre … questioni …” deglutì, appoggiandosi allo schienale ed incrociando le braccia. “Altrimenti ti chiederei se va tutto bene a casa, considerato quanto sei nervosa in questo periodo, ma non lo faccio perché so che, se volessi, me ne parleresti tu, perché so che, magari, sono cose private tra te ed Harry …”
“Non fa una piega.” confermò Luna. “Sapete chi è un’altra suora mancata? Mia suocera: sa tutte le preghiere e va in chiesa ogni giorno. Una volta le ho detto che, se si dovesse stufare di fare la matriarca, potrebbe sempre considerare il convento … non l’ha presa bene, ora che ci penso!”
“Ci credo!” sospirò Ginny, rivolgendosi, poi, ad Hermione. “E, comunque, Hermione, è inutile negare l’evidenza con la scusa dell’essere decenti, dai!”
“Sì, certo: hai ragione, come sempre. Ora scusatemi, ma devo andare a prendere mia figlia. Quella che ha sconvolto il mondo magico.” sibilò, alzandosi. “Buona giornata e salutate a casa.” disse, senza neanche aspettare che le due rispondessero prima di allontanarsi di corsa nelle affollate strade della Londra babbana.
Mentre si dirigeva in un vicolo per smaterializzarsi, non poté fare a meno di notare quanto fosse sollevata dal lasciare gli sproloqui di Ginny Weasley: solitamente, erano divertenti e la facevano sorridere, ma quel giorno erano semplicemente imbarazzanti e fuori luogo. Era quello che succedeva quando Ginny era di pessimo umore, lo sapeva bene … quello che faticava a capire era come mai tutto quel malumore e quegli argomenti fossero saltati fuori di punto in bianco. Negli anni precedenti, era sempre stata contenta, quasi entusiasta … per Hermione, che la conosceva abbastanza bene, il vero problema era che aveva dovuto lasciare il suo ruolo di giocatrice. E, per quanto amasse i suoi figli, era un sacrificio non da poco che Harry non aveva dovuto fare e per cui lo invidiava e, forse, anche incolpava un po’ …
Mentre si dirigeva verso la villetta dei suoi genitori, si ritrovò a pensare con sollievo che lei non aveva mai avuto questi problemi: era tornata a lavorare dopo un anno, faceva solo mezza giornata e lei e Severus riuscivano a dividersi per badare ad Eileen.
“Oh, Hermione, eccola qui! Scusa se non ti tratteniamo tanto, ma dobbiamo proprio andare … ho un intervento oggi.” esclamò Robert, aprendo la porta giusto per far uscire Eileen, nel suo giacchino di stoffa blu e nella borsetta con i gatti neri, i capelli corvini svolazzanti nel vento. “Tranquillo, papà, lo so! Grazie per averla tenuta, ci vediamo domenica …”
“Ciao, nonno, grazie!” sorrise la bambina, schioccandogli un bacio sulla guancia prima di seguire la madre lungo il vialetto. “Dove andiamo?” domandò, prendendole la mano e seguendola dietro l’albero dove si smaterializzavano abitualmente. “Oggi andiamo a fare un po’ di spesa, sia al supermercato che a Diagon Alley … manca tutto a casa ed a papà serve qualche ingrediente, ma non riesce ad andare di persona!” le sorrise Hermione, stringendola a sé mentre svanivano per ricomparire in una Diagon Alley coperta da un cielo plumbeo e costellata dai soliti negozietti colorati, con una discreta folla di creature magiche che passeggiavano su e giù. Hermione ringraziò che il Ministero avesse cambiato le regole consentendo anche ai minori, se accompagnati da un adulto, di smaterializzarsi, altrimenti ci avrebbero messo secoli ad arrivare. “Non può andare papà a prendere le code di salamandra?” obiettò Eileen, trotterellandole dietro lungo le strade con uno sbuffo di protesta. “Da quando non ti piace andare a caccia di ingredienti per le pozioni?” sospirò Hermione, aggrottando la fronte mentre osservava la figlia, adombratasi. “Da quando voglio sapere come finisce il libro che sto leggendo.” ammise, abbassando lo sguardo. La Grifondoro sorrise, stringendole la manina tra le dita. “Ci sbrigheremo, vedrai, così poi potrai tornare a leggere … promesso … ma me lo fai un sorriso, adesso?”
Non appena Eileen sollevò gli occhi a fissarla ed abbozzò un sorriso, Hermione annuì, soddisfatta, dirigendosi a passo sicuro verso l’emporio di ingredienti per le pozioni.
Dopo anni, Hermione poteva dire di conoscere abbastanza bene quel negozietto minuscolo, stretto tra due alti edifici in pietra colorata che aveva per proprietario uno sgradevole goblin di nome Wilkins. E proprio Wilkins, appollaiato dietro al bancone, le accolse con un sorrisetto spiacevole non appena furono entrate. “Le signore Piton, quale onore! Qual buon vento vi porta qui?”
“Nessun buon vento: semplicemente questi.” replicò Hermione, consegnandogli la lista di ingredienti senza troppe cerimonie: non amava quel goblin e non era certo un mistero. Wilkins le rivolse un sorriso sghembo prima di mettersi all’opera. Eileen, stretta alla mano della madre, osservava ammirata gli scaffali e gli espositori tappezzati di ampolle e barattoli pieni delle cose più disparate, da piume a sostanze: nonostante fosse giovane, non c’erano grossi dubbi su quale sarebbe stata la sua materia preferita ad Hogwarts. Aiutava già Severus, di tanto in tanto e, come tutti i Prince, sembrava avere un talento naturale per la disciplina.
“Eileen …” sussurrò una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare e voltare di scatto. Quasi gridò quando, alle sue spalle, trovò un tipo alquanto bizzarro: indossava un completo nero e smeraldo molto ottocentesco, con tanto di ascot, spille, guanti di pelle e bastone. La cosa che più colpì Hermione, però, furono il pallore cadaverico ed i capelli, lunghi ben oltre le spalle, corvini con appena qualche filo bianco e lisci. Abbassò appena gli occhiali da sole e si raddrizzò il cilindro, rivelando due occhi d’ossidiana che fecero deglutire Hermione, lasciandola basita e del tutto senza parole: poteva negarlo finché voleva, ma conosceva quegli occhi meglio di chiunque altro. Li vedeva e li amava da anni ed un paio identico era incastonato anche nel viso di sua figlia …
“Mi scusi, ci conosciamo?” mormorò, schiarendosi la voce e stringendo istintivamente a sé la bambina, sull’attenti e piuttosto dubbiosa. “Io e Lei no, signora ma conosco … o, meglio, conoscevo sicuramente qualcuno che vi riguarda. Soprattutto la bambina.” asserì l’uomo, sicuro, assottigliando lo sguardo. “Mi spiace, ma né io né mia figlia l’abbiamo mai vista in vita nostra, perciò …”
“Reginald Prince.” rispose lui, senza darle il tempo di concludere, levandosi il cilindro e lasciando Hermione a bocca aperta. “E tu ti chiami?” domandò, poi, assumendo un’espressione insolitamente dolce prima di chinarsi di fronte alla bambina. Questa aggrottò la fronte. “Non devo parlare con gli sconosciuti.” asserì, sicura. “Vero, ma io potrei non esserlo, Eileen.”
“Come sa come mi chiamo?”
“Ti sei girata quando l’ho detto, poco fa.”
Hermione deglutì, parandosi davanti alla figlia. “Si può sapere che vuole da noi? Mia figlia si chiama Eileen e, anche se potrebbe essere imparentata con Lei, c’è modo e modo di dirlo! Non vede che la sta turbando?” sbottò. Reginald la squadrò per un po’ prima di annuire. “Ha ragione, signora: mi perdoni. Ma … ecco, non sapevo che suo figlio fosse vivo … né che si fosse sposato ed avesse una bambina con il suo nome.” mormorò. A quei ‘suo’, Hermione notò che la voce gli era tremata e gli occhi si erano fatti più grandi. “Lei è … in che modo è parente di Eileen Prince?” azzardò. L’uomo si morse il labbro, nervoso. “Sono il fratello maggiore … come sta Eileen?”
La bambina, sentendosi chiamata in causa, sobbalzò, ma Hermione la tenne gentilmente per le spalle mentre sospirava. “Dovrebbe leggere anche i giornali babbani, sa, signor Prince?” mormorò. “Scoprirebbe tante cose …”
Reginald sgranò gli occhi, sospirando, profondamente amareggiato. “Lo sapevo … gliel’avevo detto, ma lei non aveva voluto sentire ragioni! Ma … suo figlio è vivo?”
“La Gazzetta del Profeta non si è mai risparmiata commenti sulla vita di Severus Piton.” replicò, guardinga, costringendosi ad ammettere l’evidenza. “Non leggo i giornali, né magici né babbani: non mi è mai interessato da giovane, figurarsi ora.” bofonchiò l’altro, rigirandosi il cappello tra le mani. “È per questo che non sapevo … sennò … sennò io …”
“Non mi risulta che ai magici manchino i modi per comunicare, cosa che comunque non ha mai voluto fare, dunque non vedo perché dovrebbe farlo ora. Se vuole scusarci, signor Prince, dobbiamo andare: è stato un piacere.” concluse Hermione, risoluta, voltandosi verso Wilkins, immobile ed intento ad ascoltare con interesse per prendere gli ingredienti e, una volta controllati, allungargli i soldi. “Andiamo, Eileen …” disse, afferrando la bambina. Prima che potesse imboccare l’uscita, però, l’uomo la fermò prendendole gentilmente per il braccio. “Mi lasci immediatamente!” sibilò Hermione, scostandosi. “Non volevo turbarLa … mi scusi. Lei dev’essere la moglie di Severus, giusto?” chiese Reginald, esitante e quasi imbarazzato, continuando a torturarsi il cappello. “Sì, sono io. E posso garantirLe che lui non mi ha mai parlato bene dei Prince …” replicò. “Ed ha fatto bene. Ma le cose cambiano ed anche le persone … io sono cambiato e le sarei grato se potesse … beh, darmi la possibilità di rimediare.”
“Non dipende da me: se davvero volesse farlo, saprà sicuramente dove abitiamo.”
“Non mi permetterei mai di presentarmi in un posto pur sapendo di non essere benaccetto, perciò … ecco, sarebbe così gentile da dare il mio biglietto da visita a suo marito? A puro titolo informativo, naturalmente: non pretendo che mi perdoni o che diventi improvvisamente il suo parente preferito, anzi, lo capirei, se non lo facesse, sono stato orribile come zio. Solo, gli dica che ci pensi … per favore …”
Hermione fissò il cartoncino che le porgeva l’uomo e, gettata una rapida occhiata al negozio ed a sua figlia, lo afferrò. “Lo farò, ma non si aspetti nulla. Le auguro una buona giornata.” deglutì, fiondandosi fuori con Eileen al seguito.
Una volta uscita, le parve di tornare a respirare, senza lo sguardo insistente di Wilkins e le domande dello zio di Severus, un uomo di cui non sapeva neanche l’esistenza, addosso. “Mamma, perché non andiamo mai dai parenti di papà?” domandò, d’un tratto, Eileen, mentre, lasciatesi alle spalle l’emporio, camminavano tranquille, osservando le vetrine. La strega deglutì, stringendole impercettibilmente la manina: quello era un discorso che non era preparata ad affrontare e sperava vivamente che avrebbe interessato Severus, non lei. “Nonna Eileen non c’è più.” disse, così, mantenendosi sul vago. “Lo so, ma … non ho anche un nonno? E zii e zie? Il signore diceva di essere lo zio del papà …”
“Non saprei …” asserì Hermione, mordendosi il labbro: era la verità. Non lo sapeva. Severus le aveva raccontato di Eileen e Tobias, ma per il resto sapeva solo che i Prince avevano rinnegato sua madre da quando era scappata di casa e non li aveva mai visti. Un giorno si era lasciato sfuggire che l’avevano chiamato Severus nella speranza che il nonno, vedendo un bambino con il suo stesso nome, si sarebbe intenerito ed avrebbe dato loro soldi. Speranza che si era poi rivelata vana.
“Ma papà allora è solo?” riattaccò Eileen, aggrottando la fronte. “No, ovviamente: ci siamo io e te. E zia Minnie …”
“Lei è una sua collega ed amica, non una zia vera, mamma. Come fa a non avere parenti?”
“Ne ha.” sospirò Hermione: a volte, avere una figlia già così intelligente per i suoi sette anni era una vera tragedia. E non poteva neanche cambiare argomento parlando dei compiti per le vacanze della bambina, perché li aveva già fatti tutti. “Solo che non sono … brave persone. Si sono comportati male con papà.”
“E non si sono pentiti!”
“Non credo, sono passati tanti anni … ma non pensiamo a queste cose, adesso, su! Sai che facciamo prima di andare a fare la spesa e finire quel libro? Andiamo a prendere una bella brioche stracolma di marmellata, eh, ti va? E non fare il broncio: oggi puoi prendere il gusto che vuoi.”
Eileen parve soppesare l’offerta. “Anche mirtillo?” azzardò dopo un po’. “Certo, anche tutti i frutti di bosco, se vuoi.”
“Allora va bene … basta che non ci mettiamo troppo.”
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“Severus, devo parlarti.”
Il professor Piton, terrore di generazioni e generazioni di studenti di Hogwarts da decenni, sollevò il capo dal saggio di pozioni che stava leggendo con scarso interesse e parecchio disappunto, puntandolo su quell’ambiente che, teoricamente, avrebbe dovuto dargli pace e tranquillità. Era sera, a Spinner’s End: fuori, il buio era tanto fitto che potersi tagliare con il coltello. La luna, le stelle ed i lampioni non erano sufficienti a rischiarare l’oscurità profonda che avvolgeva la cittadina. Eileen era a dormire da una buona mezz’ora, dopo aver guardato un film ed aver ascoltato Severus leggerle la storia della buonanotte, nonostante fosse abbastanza grande da non averne più bisogno. Ora, a letto, con l’abat-jour ad illuminare la camera da letto in legno e Grattastinchi che ronfava beato tra le coperte, l’ultima cosa che si aspettava era che sua moglie, ancora in vestaglia, sembrasse non volersi decidere a venire a dormire e, anzi, fosse agitata, come se ci fosse qualcosa che la turbasse. Quel ‘qualcosa’, alla fine, era saltato fuori, sottoforma del leggendario ‘devi parlarti’. Piton sospirò, poggiando il libro sul comodino. “Devi proprio? Ho avuto una giornataccia …” mormorò, rievocando i calderoni esplosi ed il collegio docenti che pianificava la festa di Halloween. “Ed io no, secondo te? No, non posso rimandare, è urgente …” sbuffò Hermione. “Va bene, ma almeno vieni a dormire, inizia a fare freddo e non è che lo sopporti benissimo! Allora, che c’è? Ti sei stancata del vecchio pipistrello dei sotterranei, finalmente?”
“Ancora? Seriamente?” esclamò Hermione, vagamente esasperata, gettando la vestaglia sulla poltrona prima di infilarsi a letto nella camicia da notte bianca. “Perché, chi te l’ha già detto?”
“Niente, niente, i malumori di Ginny …”
“L’unica donna, oltre a sua madre, che riesce a restare incinta solo fissandola più a lungo del dovuto, certo …”
“Non si tratta di lei, comunque, ma dell’emporio di Wilkins: c’era un cliente che conosceva Eileen, Severus. Ed il suo nome è Reginald Prince … fratello maggiore di tua madre.” si costrinse a dire, porgendogli il biglietto che aveva lasciato nel cassetto per tutto il giorno. “Vorrebbe … ecco, rimediare agli errori del passato.”
Sollevò lo sguardo, stupendosi nel vedere Severus muto e perfettamente immobile, come una statua di ghiaccio: fissava il biglietto, come incredulo, muto. “Severus … Severus, di’ qualcosa, ti prego …”
“E cosa dovrei dirti, Hermione?” sibilò, rialzando, allora gli occhi, gelidi e duri, privi della familiare luce che vi brillava quando si rivolgeva normalmente a lei. Hermione deglutì. “Io …” sussurrò. “Butta quel biglietto: non avresti neanche dovuto prenderlo. Fine della questione.”
“Ne sei davvero sicuro?”
“E me lo chiedi anche? Merlino, Hermione, credevo di averti detto tutto quello che c’è da dire sui Prince!” sbottò Piton, assottigliando gli occhi, improvvisamente adirato. “Non saprei: mi dici sempre così poco di te che a volte non so cosa pensare. E questa è una di quelle volte!” ribatté la Grifondoro, sospirando profondamente per la frustrazione. “Non importa cosa ti dico o cosa no: appena quell’uomo si è presentato come un Prince, avresti dovuto andartene! Non avrà apostrofato anche Eileen?”
“Sì, l’ha fatto, invece! Ed allora? In fondo, è il suo prozio …”
“Dannazione, Hermione, ma non capisci che quella non è brava gente? Hanno abbandonato mia madre!”
“Lo so e ti capisco, Severus, ma, prima di etichettare, io proverei quantomeno a sentire cos’ha da dire …”
“Non m’interessa.”
“Le persone posso cambiare.”
“Non credo proprio!”
“Buffo che sia proprio tu a dirlo …” sbottò, rendendosi conto di cos’aveva detto solo una volta che le parole avevano già lasciato la sua bocca, osservando l’espressione gelida di Severus. “Ecco qual è il vero problema … sapevo che si sarebbe arrivati a questo punto!” sibilò, senza neanche guardarla. “Ti sei stufata di sentirti etichettata dalla gente, alla fine, vero?”
“Stufata? Stufata? Ma ti ascolti?” strepitò Hermione, schizzando in piedi, sentendo le guance arrossarsi per la rabbia e la frustrazione. “Per tua informazione, ho passato la mattinata a farmi ridere dietro da Ginny Weasley … e sai perché? Perché ho avuto solo te! E non te l’ho neanche voluto dire perché so quanto ti senti in colpa per ogni cosa … a quanto pare mi sbagliavo! Non te ne frega niente, né di me né di nessuno! Volevo solo aiutarti con tuo zio, cercare di farti sentire meno solo … è l’unica cosa che ti resta di tua madre, santo cielo! Ma, come al solito, l’unica cosa di cui t’importa è il tuo orgoglio ferito … ti lascio solo con lui, visto che è il tuo miglior amico.” sbottò, afferrando la vestaglia ed uscendo senza neanche attendere risposta.
Corse giù per le scale e, infine, fuori nella tiepida notte. Si lasciò cadere sui gradini sul retro che davano sul piccolo giardino dove lei aveva creato un piccolo orticello, piantato una quercia e delle ortensie. Stringendosi le ginocchia con le braccia, sospirò, affondando il volto nella camicia: qualche lacrima che, come al solito, non riusciva a trattenere le scese dagli occhi, impregnandosi nel tessuto. Era stanca, tremendamente stanca di gente che non faceva che giudicarla e dire cosa dovesse fare, come, quando e perché. Era abituata ai giudizi altrui, soprattutto delle sue amiche, ma non a quelli di Severus, non più, almeno e non si aspettava che facessero così male. A ben pensarci, l’unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era scappare il più lontano possibile da tutto e da tutti …
Si irrigidì di colpo al sentire uno scialle coprirle delicatamente le spalle. “Che cosa vuoi?” mormorò, cercando di sembrare gelida nonostante la voce rotta. “Vieni dentro: prenderai freddo qua fuori.” le rispose la voce di Severus, arrocchita come se avesse appena pianto, anche se, evidentemente, non l’aveva fatto. “Ed a te cosa importa?” sibilò Hermione. “Non essere ridicola.” sbuffò, sedendosi sui gradini accanto a lei. La Grifondoro non si volse a fissarlo, pur percependo la sua presenza dal familiare profumo di menta, muschio e libri. “Perché non mi hai detto della Weasley?” domandò, dopo un po’, Piton. Hermione fece spallucce. “Non avresti fatto che colpevolizzarti, ti conosco.”
“Mi colpevolizzo ogni giorno della mia vita, a prescindere da quel che dice la Weasley, anche e soprattutto per te … so bene di averti rovinata e che tutti ci sparlano dietro. Nella mia seppur limitata conoscenza della natura umana, posso dirti che, forse, la Weasley pensava che saresti stata infelice, ma ora è un po’ gelosa perché ti sei rivelata ben più serena di lei, nonostante le scelte discutibili che hai fatto. A parte questo, Hermione, anche se a volte sono un acido bastardo, ti garantisco che tu ed Eileen siete l’unico errore che rifarei, perché mi ha reso davvero felice per la prima volta in quarant’anni.”
Hermione si volse a fissarlo e si stupì nel vedere i suoi occhi liquidi alla luce della luna. “Non siamo un errore.” lo corresse, la voce rotta dal pianto, affondando il viso sul petto di Severus mentre questi la stringeva a sé e tutto il freddo che sentiva dentro spariva. “No. Non per me. Ma per il resto del mondo, sì, lo siamo. Io ci sono abituato … anche per i Prince sono sempre stato un errore: avrebbero potuto salvare mia madre in qualunque momento, ma non l’hanno mai fatto. Come credi possa rivalutarli?”
“Quanti erano? Ed i Piton?”
“I Piton, semplicemente, non c’erano: mio padre era orfano. I Prince, invece, includevano mio nonno Severus, mia nonna Alice, mia madre e suo fratello maggiore, Reginald. Credo fosse sposato ed avesse due figli, ma di più non so …”
Hermione annuì in silenzio. “Davvero non intendi dargli neanche una possibilità?”
“No. Te l’ho già detto e non voglio discutere per questa cosa.”
“Ma sono l’unico legame che ti resta con tua madre … anche Eileen sarebbe felice di conoscere la tua famiglia.”
“La mia famiglia siete voi, Hermione e non m’importa dei Prince o di chicchessia: niente e nessuno potrà mai cambiare questo.” espirò, passandosi una mano sul volto. “Mi dispiace se a volte non riesco ad esprimermi come meriteresti, è solo che … beh, non sono abituato a parlare di me.” deglutì il Serpeverde, distogliendo lo sguardo. La moglie sorrise appena, stringendosi ancor di più a lui. “Lo so. Lo so. Ma adesso non discutiamone più, per favore …”
“Potremmo parlare della tua assurda cocciutaggine e della mania di far fare pace a tutti, però.”
“Non sono manie.”
“No, no, certo …” sogghignò. “Anche se fosse, le hai accettate quando mi hai sposata.”
“E le riaccetterei anche subito per altri duecento anni, Hermione.”
“Accetteresti qualunque cosa?”
“Cosa stai tramando?”
“Niente, era solo per chiedere … adesso torniamo a dormire, però, sono stanca.”
“Come desidera la mia regina.” ghignò Severus, aiutandola ad alzarsi e scrutandola nel silenzio della notte. “Io ancora non riesco a credere che la Weasley ti abbia davvero presa in giro perché eri …”
“Sì, invece e non solo lei. Ora basta, per favore, altrimenti ti costringerò a passare una settimana intera con Reginald Prince.”
“Non vedo come potresti.”
“Davvero?” sorrise, maliziosa. “Mi sottovaluti, Severus.”
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“Io davvero non capisco perché devo farlo.”
“Eileen, te l’ho già spiegato: la nonna ci tiene tanto …”
“Ma io detesto lo shopping, soprattutto nei negozi babbani!”
Hermione sospirò, sollevando lo sguardo dal computer dove stava cercando oramai da ore di terminare il capitolo del terzo libro della saga di Harry Potter, opera che le aveva fatto guadagnare una certa fama tanto tra i magici quanto tra i babbani. Di fronte a lei, seduta con un enorme librone sulle gambe, Eileen la fissava con espressione crucciata e vagamente irritata, la stessa del padre quando qualcosa non lo aggradava. Certo, quando le avevano detto, dopo quindici ore di travaglio tra la febbre alta e le contrazioni, che il bambino era una bambina, mai avrebbe pensato di dover litigare per costringerla a fare compere con la nonna un pomeriggio. A ben ripensarci, tuttavia, nemmeno lei era mai stata una grande amante dello shopping sfrenato e sicuramente non lo era Severus …
“Non puoi sempre fare quello che vuoi tu: nella vita dovrai fare tante cose che non ti piaceranno e non potrai sempre protestare così.” sentenziò, tornando a concentrarsi sulla giratempo. “Ma …” sbuffò la bambina, sgranando gli occhi. “Niente ma, Eileen: domani pomeriggio andrai a far shopping con la nonna perché lei è sempre gentile con te e ci tiene. Inoltre, io domani devo andare a Londra dall’editore e papà ha un consiglio di classe.”
“Posso venire con voi, non farò rumore, promesso!”
“No. Starà alla nonna, se ti comporterai bene, valutare se meriti anche un premio …”
Un lieve silenzio precedette la domanda: “Un premio di che tipo?”
Hermione la fissò, maliziosa. “Questo non sta a me deciderlo.” sorrise: corrompere sua figlia, conoscendo Severus, era piuttosto facile. Aveva un animo da Serpeverde ed era piuttosto ovvio, almeno ai suoi occhi di madre, dove sarebbe stata smistata ad Hogwarts … non che le importasse poi molto.
Il trillo del campanello interruppe la loro discussione. “Ne riparliamo dopo.” sospirò, rassegnandosi a spegnere il computer per andare ad aprire.
Vista l’ora, si aspettava che fosse suo padre, venuto a trovare la bambina o la vicina che aveva finito il sale. Rimase perciò a dir poco allibita nel trovarsi di fronte Reginald Prince, in redingote viola e bizzarri mocassini luccicanti. “Disturbo?” domandò, levandosi il cilindro. “Buonasera. Non mi pare che mio marito L’avesse contattato …” mormorò, non sapendo bene come gestire la situazione. “No, è vero. Ma ho voluto comunque fare un tentativo.”
“Ha sbagliato: Severus è molto netto nelle sue decisioni e so che non gli farebbe piacere. E siccome è della sua famiglia che si parla, io …”
“So che non vuole saperne di me, lo capisco. Ma, se mi dà solo un minuto, vorrei spiegarmi … soltanto uno. Per favore … lui e la bambina sono tutto ciò che resta della mia famiglia.”
Hermione stava per ribadire il suo diniego, ma, vedendo gli occhi del mago colmarsi di lacrime ed ingigantirsi, si ritrovò a deglutire a vuoto ed a sospirare: in fondo, Severus non doveva necessariamente venire a saperlo. “Va bene, venga, ma L’avverto: non ho molto tempo.” si arrese, scostandosi. Reginald le sorrise, entrando cautamente in casa. Osservò le pareti e la mobilia con un’occhiata perplessa. “Era qui che viveva mia sorella?” domandò, dubbioso, mentre Hermione riponeva il cappotto ed i guanti sull’attaccapanni. “Sì, ma è stata ristrutturata: quando ci sono venuta io non era certo così.” rispose la Grifondoro, facendo per prendergli il cilindro. Il mago, tuttavia, la frenò. “Oh, aspetti un attimo: mi sono permesso di portare alcune cose, in quanto ospite non gradito …” sorrise. “Non doveva …”
“Ci mancherebbe.”
“No, intendo proprio che non avrebbe dovuto farlo: non serve e, ripeto, a mio marito non so quanto sarebbe gradito.”
Hermione tacque al vedere un mazzo di denti di leone ed iris ed un enorme enciclopedia del fantastico per bambini con illustrazioni colorate ed intarsi. “Io … non so cosa dire …” mormorò, imbarazzata. “Non dica niente: li accetti.” replicò l’uomo, mettendole i fiori in mano e dirigendosi rapidamente in salotto. Eileen lo fissò dubbiosa, salutando a monosillabi, ma, al vedere il libro, si illuminò come un albero di Natale. Parlarono assieme di letture mentre Hermione preparava il caffè e solo quando l’ebbe servito ed Eileen ebbe iniziato a leggere il volume, si rivolse a Reginald. “Allora? Cosa vuole?” sospirò. Il mago, per tutta risposta, frugò nella tasca sino ad estrarre il portafoglio e lo passò ad Hermione. Questa, cauta lo apri: dentro c’erano due foto che raffiguravano la famiglia Prince, indubbiamente. I colori di occhi e capelli dei componenti raffigurativi erano inconfondibili. In un’immagine un po’ datata, c’era un uomo austero, dai capelli lunghi, che teneva le mani sui figli, una ragazza ed un ragazzo identici a lui, dai volti pallidi, le chiome, gli occhi e le vesti nere: indubbiamente, Severus Prince con i figli, Eileen e Reginald. Hermione non aveva faticato a riconoscere la suocera: era sempre uguale, con quell’espressione perennemente oppressa ed affranta di chi si era oramai arreso ad un’esistenza infelice. Nell’immagine accanto, invece, c’era un Reginald più giovane di quello che aveva conosciuto, accanto ad una bellissima ragazza bionda ed a due bambini dai capelli neri e gli occhi azzurri. I loro sorrisi che si allargavano come i capelli alla brezza della foto davano un nonsoché di triste al salotto.
“Quella era la mia famiglia.” disse Reginald all’improvviso, facendola sobbalzare. “L’avevo intuito. Ma perché ‘era’?” domandò, cauta. “Perché sono morti, naturalmente.”
La Grifondoro sollevò le palpebre di colpo e spalancò la bocca in una muta ‘O’ di sorpresa. “Mi … mi dispiace, non lo sapevo, io …”
“Non si prodighi in chissà quali scuse: non poteva saperlo in alcun modo e non è stata certamente colpa sua, non c’è motivo. La colpa è solo e soltanto di Voldemort … fortunatamente, credo siano stati vendicati adeguatamente anni fa.”
“Voldemort?! sussurrò Hermione, con un brivido che le correva per la schiena: era da anni che non pronunciava quel nome, né vi pensava. Di certo non le portava alla mente ricordi piacevoli …
Istintivamente, guardò Eileen, ma per fortuna era ancora immersa nel libro, sebbene ogni tanto sollevasse lo sguardo, incuriosita da alcune parole che sentiva di sfuggita.
“Sì, Voldemort. Ci eravamo rifiutati di unirci alla sua causa, pur essendo un’antica famiglia purosangue … o, meglio, io mi ero rifiutato, perché era a me che l’aveva chiesto. E come ringraziamento lui li ha uccisi mentre ero via per affari … non ho ceduto per rispetto della loro memoria neanche dopo, anche se oramai non me ne sarebbe importato nulla.” raccontò brevemente. Nei suoi occhi, la Grifondoro lesse una tristezza profonda ed incurabile che le strinse il cuore in una morsa. “Mi dispiace.” mormorò. “Come Le dicevo, non serve che si dispiaccia: è inutile. Ad ogni modo, immaginavo che mio nipote non avesse accettato di vedermi!”
“Io credo che dovrebbe.” affermò Hermione, congiungendo le mani dinanzi a sé. “Siete l’unica cosa rimasta della famiglia Prince e frequentarvi vi farebbe bene. Anche perché, da quel che ho dedotto, mi pare che Lei si sia pentito del trattamento sinora riservato ad Eileen e Severus …”
Reginald abbozzò un sorriso tirato. “Ci sono poche cose di cui non mi sono pentito, soprattutto riguardo alla mia famiglia, signora.”
“Hermione.” lo corresse lei. “Mi chiami solo Hermione: sono sua nipote acquisita, dopotutto, no?”
“Temo di sì. E tu chiamami solo Reginald, o anche zio, come vuoi.” sorrise appena Reginald, sospirando. “Io posso chiamarti zio?” intervenne Eileen. “Certo, tesoro, certo …” sorrise lui, accarezzandole brevemente i capelli prima di rivolgersi nuovamente ad Hermione. “Credi … credi che potrà mai perdonarmi?”
“Se ti spiegherai, forse, sì. Severus crede nelle seconde possibilità, dopotutto sono servite anche a lui …”
“Lo so: ho recuperato il libro della Skeeter su di lui. Ed ho letto anche di te … due belle personalità, sai? Lui assomiglia ad Eileen e tu … beh, le saresti piaciuta davvero molto.”
Hermione abbozzò un sorriso di circostanza. “Mi piace pensarlo. Forse avrebbe avuto da ridire sulla differenza d’età …” annuì. “No, non credo proprio: l’importante è che ci sia un sentimento sincero. Se c’è, il resto non conta. Eileen si era illusa che il suo lo fosse per sfuggire a nostro padre, che la teneva come un uccellino in gabbia con tutte le sue regole e le sue imposizioni. Lei voleva essere libera, ma era finita in una prigione peggiore: si era invaghita di un’idea e … beh, poi era troppo tardi. Ho tentato di persuaderla a tornare a casa, ma non ha voluto, abbiamo litigato e non ci siamo più parlati. Solo ora credo fosse perché era incinta … non ci aveva detto nulla.” sospirò. “Eileen era testarda, sai? Tremendamente testarda …”
“Suo figlio e sua nipote hanno ereditato questa caratteristica, te lo garantisco.” sorrise appena Hermione. Reginald annuì, passandosi una mano sul viso. “Cosa proponi, allora, nipote acquisita?”
“Ti propongo di aspettare qui: Severus dovrebbe essere di ritorno a breve. Non è molto, ma possiamo fare un tentativo …”
Reginald annuì. “Proviamo. Tentar non nuoce ed un rimorso è sempre meglio che un rimpianto.”

Severus non vedeva l’ora di tornare a casa. Ad Hogwarts era stata una giornata a dir poco pesante: le classi erano agitate per il torneo dei maghi che si sarebbe tenuto ad Hogwarts in inverno e, come se non bastasse, i voti in pozioni ultimamente sembravano andare letteralmente sottoterra. Minerva l’aveva rimproverato di essere troppo severo, ma, naturalmente, non capiva quanto gli standard della scuola stessero sprofondando e quanto tutto ciò fosse estremamente pericoloso. “Non è che sei solo un po’ nervoso?” aveva azzardato la preside, beccandosi un’occhiataccia ed una serie di insulti eleganti ed alquanto sottili che l’avevano costretta a zittirsi sebbene fosse l’ultima cosa che volesse.
Naturalmente, la componente soggettiva c’era ed aveva un suo peso: era stata una settimana pesante e la storia di suo zio gli aveva dato di cui pensare. Non aveva fatto che pensare a ciò che gli aveva raccontato sua madre di Reginald Prince ogni notte, fissando il soffitto nel silenzio assoluto: Eileen parlava sempre bene di suo fratello. Da bambini giocavano assieme, si nascondevano dalle angherie e dalle punizioni dei rigidi ed algidi genitori, mangiavano marmellata, ridevano e si raccontavano tutto. Lei avrebbe fatto di tutto per lui e viceversa. Gli aveva anche detto che era stato l’unico ad andare a cercarla dopo che era scappata di casa, ma non gli aveva mai rivelato il perché non si frequentassero più e quel dubbio ancora lo consumava, dopo decenni. Forse, suo zio avrebbe potuto fugarlo …
Al contempo, però, restava il rancore e la rabbia per non aver vissuto con i Prince, per essersi ritrovato solo. Forse, se avesse avuto loro, le cose sarebbero andate diversamente. O forse no.
Scosse il capo mentre rientrava in casa, scrollandosi di dosso l’umidità dal cappotto: pensarci era del tutto inutile, soprattutto ora che era finalmente felice.
La risata di Eileen lo accolse con un toccasana, appena entrato. “Sono tornato!” annunciò, appendendo il soprabito ed entrando in soggiorno. Il sangue gli si gelò nelle vene al vedere l’uomo che, pur non avendolo mai visto, sapeva essere suo zio, dall’aspetto ai modi di fare.
“Che ci fai tu qui?” sibilò, stringendo i pugni e volgendo lo sguardo verso Hermione, furente. Questa ricambiò, alzandosi dalla poltrona. “Si è presentato e l’ho fatto entrare perché merita di essere ascoltato, a mio avviso. E, credimi, farlo ti potrebbe solo aiutare.” sentenziò. “Non è questo il punto, il punto è che io non …”
“Non vuoi avere a che fare con me, lo so!” sospirò Reginald. “Ma, ti prego, ho tante cose da chiarire … e ci tengo. Non mi resti che tu, la famiglia è morta … si tratta solo di qualche minuto, se non vorrai ascoltare oltre, non insisterò. Promesso.”
Severus stava per replicare, furente, che non gli interessavano le scuse dell’ennesima persona che l’aveva abbandonato, quando sentì qualcosa tirarlo per il bordo della giacca. Tutta la sua ira scomparve al vedere Eileen fissarlo con occhi colmi di tristezza. “Papà, perché sei arrabbiato e non vuoi parlare con lo zio Reginald?”
“Io …” mormorò, bloccandosi subito prima di prendere il naso tra le dita, sospirando. “Non sono arrabbiato … sono solo molto stanco, Eileen. E lo … zio Reginald …” sibilò. “Non era previsto oggi, tutto qui. Per questo vorrei chiederti se potessi uscire con la mamma per qualche oretta, giusto il tempo di lasciarmi parlare in pace con lo zio … se per te va bene.”
Eileen annuì. “Va bene. Ma poi posso tornare a salutarlo prima di andare via?”
“Certo che puoi. Certo. Adesso però andate … potreste andare dalla zia Ginny: credo abbia qualcosa da dire alla mamma …”
Hermione, già intenta ad infilarsi il cappotto ed a prendere quello di Eileen, gli rivolse uno sguardo dubbioso, ma non approfondì oltre, notando il modo in cui Severus guardava lo zio: forse, lasciarli soli non era un’idea brillante, ma oramai c’erano dentro e pazienza. Prese Eileen e la borsa ed uscì, diretta verso casa Potter con la speranza che i muri di Spinner’s End non avrebbero tremato.
֎֍֎
“James, smettila di importunare tua sorella!” tuonò Ginny dalla poltrona, sbuffando mentre posava malamente il tè. “Quel bambino è terribile.”
“Vivace, forse …” concordò Hermione, fissando Eileen che conversava con Arthur di apparecchi babbani nella stanza accanto: nonostante le insistenze, sua figlia aveva preferito restare lì invece di giocare con i suoi coetanei, indice della sua evidente peculiarità.
“Non volevo che ti arrabbiassi, comunque … scusa.” disse, ad un tratto, Ginny, facendola sobbalzare: l’amica era davvero dispiaciuta, a giudicare dall’espressione triste e mogia. “Non sono arrabbiata.” sorrise l’altra, facendo spallucce. “Però sono preoccupata per te, Gin ed anche parecchio … non mi sembri affatto serena, ultimamente!”
Ginny scosse il capo. “Non è niente … sono solo un po’ stanca! Non ho avuto neanche un attimo di tregua tra un figlio e l’altro ed ora sono tutti e tre piccoli … a volte sogno una vacanza, davvero!”
“Harry non mi sembra il tipo che si rifiuta di darti una mano con un pannolino …”
“No, no, però … beh, i padri possono fare ben poco, a volte!” sospirò Ginny. “E poi va a lavorare, sono io che resto a scrivere articoli a casa da sola con quelle tre pesti! Davvero, non hai idea di quanto sei fortunata …”
Hermione aggrottò la fronte. “Intendi perché Eileen è … molto calma?” indovinò. “No, perché Severus c’è sempre. Insomma, non avrei mai pensato di dirlo, ma come padre se la cava egregiamente, l’ho visto. Forse è perché Eileen è come voi, riflessiva e tranquilla, ma è davvero bravo. Potresti lasciarlo da solo con lei tranquillamente. Io, invece, non potrei, perché senza di me nessuno di quei quattro ce la farebbe anche solo a trovare la colazione! Adesso capisco mia madre …”
“È un periodo pesante, dei momenti di sconsolazione capitano … tutti li abbiamo o li abbiamo avuti. L’importante è parlarne con gli interessati senza chiudersi a riccio, perché altrimenti sì che diventa un problema …” le suggerì, prendendole una mano. Ginny abbozzò un sorriso. “Non saprei neanche di cosa lamentarmi, perché, apparentemente, ho tutto. Insomma, un po’ mi vergogno di dire certe cose ad Harry …”
“Ti capirebbe in ogni caso: ti ama. E questo è l’importante. Ma devi parlargliene … non è mai stato un gran legilimens …” sorrise Hermione. Ginny fece spallucce ed annuì. “Va bene, ci proverò … ma non garantisco di riuscirci!”
Prima di riprendere a bere il suo tè, si volse verso Hermione. “E, comunque, lasciatelo dire: se è vera anche quella cosa che non vuoi ammettere (e so che lo è), il vero gentiluomo l’hai sposato tu. Del tutto inaspettatamente.”
Hermione abbozzò un sorriso di circostanza. “Ha i suoi pregi ed i suoi difetti, come tutti. Ma se li abbiamo sposati, un motivo c’è, no? L’importante è non scordarselo negli anni, secondo me …”
“Per te sarebbe impossibile scordarlo: te lo dimostra continuamente.”
“Ultimamente, non troppo …”
“Sì, invece!”
“E come fai a dirlo?”
Ginny sorrise. “Chi credi che sia venuto a dirmi quanto eri rimasta male per quello che ti avevo detto, scusa, Herm?”
֎֍֎
Hermione si infilò a letto, sfinita: era stata una giornata a dir poco stressante. Prima la visita pomeridiana di Reginald Prince, poi i problemi di Ginny e, tornata a casa, aveva persino dovuto ospitare Reginald a cena. Non aveva ancora avuto modo di parlare con Severus, anche perché Eileen era sempre stata presente, ma i toni tra i due sembravano molto più distesi e quasi cordiali, a cena … probabilmente, avevano raggiunto un compromesso di qualche tipo. O forse avevano semplicemente parlato a cuore aperto …
Storse il naso al pensiero: no, decisamente non era da Severus.
Quando lo vide entrare in camera nelle sue solite vesti nere, quasi sobbalzò. “Allora?” domandò, mettendosi a sedere. “Se vuoi passare sopra il tuo pessimo tempismo e la tua insolenza, possiamo dire che abbiamo avuto un dialogo.” concluse, secco, iniziando a togliersi la redingote. “Un dialogo … entusiasmante.”
“Che ti aspettavi, non l’ho mai visto …”
“Ti ha raccontato della sua famiglia e della verità su tua madre ed il perché non si fossero più parlati?”
“Deduco che l’abbia detto anche a te.”
“E … quindi?”
“Quindi posso provare a vederlo ogni tanto, ma per mia madre ed Eileen che ne ha simpatia, non certo per lui, né per me. Nessuno dei due lo merita …”
“Sev …”
“Niente ‘Sev’ … mi pare che tu abbia fatto abbastanza con la tua mania di far riappacificare tutto e tutti …” sbuffò, sciacquandosi il viso prima di raggiungerla a letto. Hermione si rassegnò con un sospiro: non le avrebbe detto di più sui Prince, almeno per il momento. “Non sono io ad essere andata da Ginny a dirle che c’ero rimasta male …” replicò. “Questo perché non ne potevi più di sentirti piagnucolare.”
“Certo, certo.”
“Qual era il suo problema, ad ogni modo?”
Hermione sospirò. “Non si sente aiutata da Harry, né compresa. Le mancano le cose a cui ha dovuto rinunciare per essere madre.”
“Immagino vi sarete trovare, su questo punto …”
“No, affatto.”
Severus si volse a fissarla, sorpreso. “Vuoi dire che non ti manca niente della vita dell’Hermione di prima di … questo?” la incalzò, sogghignando. “No. Ed è vero: prima ero sola. Avevo amici, certo ed i miei mi volevano bene, ma c’era sempre una barriera, non c’era nessuno che mi capisse davvero appieno, che mi comprendesse, che sapesse cosa dirmi e come spronarmi … poi però l’ho trovato e da lì è nata la cosa migliore che abbia mai avuto. E poco importa se devo rinunciare a qualcosa e sentirmi a volte derisa per avere voi … ne è valsa la pena.”
Severus la fissò, sorpreso, facendola ridere. “Ma non l’hai capito, ancora, Severus? Il mio cuore era come chiuso a chiave, ma solo tu conoscevi l’alohomora per aprirlo. Tu sei … se il vento che mi soffia dentro e mi rende viva. Ed io …”
Prima che potesse terminare la frase, però, Severus l’aveva già baciata, abbattendo ogni sua difesa e zittendo ogni sua protesta sul nascere. “A cosa devo questa intraprendenza?” rise quando si separarono appena per riprendere fiato. “A te stessa: sei talmente fastidiosa e melensa che per farti tacere mi sono ridotto a baciarti. Sono caduto terribilmente in basso …”
“E le spiace così tanto questa decadenza, professor Piton?”
Severus abbozzò un ghigno, riprendendo a baciarla con una lentezza quasi esasperante. “Non direi, signorina Granger. Dal basso le cose hanno tutta un’altra prospettiva
…”
  
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