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Autore: Dioni    08/10/2022    0 recensioni
In un mondo di eroi,mostri,uomini e dei,dove immense nazioni si fanno guerra per la supremazia,Milziade,un uomo dalle mille professioni e abile combattente viene contattato da Lucilla,una giovane sacerdotessa di Apollo per scortarla fino alla città-stato di Aegis,dove sa di poter trovare rifugio dalle grinfie di Nova,l'impero che lui legioni si spandono sempre più per posare il vessillo della'aquila dorata su nuove terre e su nuove razze e dal suo imperatore,Lucio Cornelio Silla,il segreto per la quale la ragazza e perseguitata,intrecciando così il suo destino con quello del mercenario,trascinandolo in un avventura che li porterà alla ricerca di un antichissimo potere,pari forse a quello degli dei stessi e che nelle mani sbagliate può cambiare il destino del loro mondo per sempre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due giorni dopo, primo pomeriggio.


Quel giorno d'estate faceva caldo,la capitale Nova,con i numerosi villaggi e città limitrofe,antiche sedi di tribù e civiltà antiche,erano centri cittadini per la maggior parte abitati da contadini,allevatori,artigiani e qualsiasi altro membro della umile e laboriosa classe agricola della civiltà noviana,che affondava le sue radici in quella terra da tempo immemore. Colline riarse dall'afa stagionale facevano divenire l'erba secca e stopposa,mentre di verde rimanevano i boschi di lecci e faggi,anche qualche macchia sporadica di pioppi dispersi qua e la. Lei vedeva tutto questo da lassù,nel cielo,mentre sfrecciava nell'aria,nella quale non passava alcun vento fresco a lenire il caldo di quel pomeriggio. Ma non ci pensava,anche se l'alta velocità consentita dalle ali d'acciaio e l'altezza alla quale stava volando non le facevano sentire il caldo,non era quello che la impensieriva. Era altro a occupare la sua mente preoccupata. Dopo due giorno di volo quasi ininterrotto,fermandosi solo per magiare e riposare nei castellum sparsi per il tragitto,aveva cercato di raggiungere più in fretta che poteva la capitale e di conseguenza,il palazzo reale. L'imperatore era un uomo paziente,ma era meglio non farlo aspettare più del dovuto.


Torna a palazzo


Questo c'era scritto nella missiva e questo solo doveva essere presente,nulla di più,nulla di meno. Questo era l'imperatore,niente fronzoli inutili,niente giri di parole,dritto al punto della questione. Punto e fine. E adesso,lo stesso uomo che l'aveva messa al comando della ventiduesima legio Superba adesso poteva decidere del suo destino,come se fosse stato a tessere i fili del ricamo di cui ogni uomo,donna e bambino e tessuta la sua vita e lui teneva in mano le forbici che avrebbe reciso il tessuto dal telaio delle parche,ad imporsi ad essere al di sopra delle tre sorelle del destino,di essere colui che iniziava il lavoro,che ne decideva la lunghezza e che dava la sforbiciata finale quando la morte giungeva. L'imperatore,per quanto fosse un solo uomo,teneva in mano il destino di un vasto impero,che valore poteva avere la sua vita,nella vastità di tutti gli esseri che abitavano quel vasto territorio che era Nova?


Mentre stava sorvolando i vasti spazi aperti si accorse in lontananza l'avvicinarsi di due figure dai contorni ben riconoscibili,grazie alla magia che dimorava all'interno dell'elmo,dote più che consona ad un elmo che reca l'aspetto della testa di un aquila. Avevano l'apparenza di normali aquile reali,piumaggio marrone,becco giallo e sguardo incisivo. Ma via via che si avvicinavano si facevano sempre più grosse,sempre più grandi,fino ad assumere le dimensioni di un elefante e con un apertura alare così larga da raggiungere diciotto cubiti,una misura notevole per quello che normalmente un piccolo,ma letale,predatore di montagna. Sopra le due aquile,sedevano due soldati,tenuti ai grandi rapaci per mezzo di un piccolo manubrio di legno e poggiando il proprio peso su di una sella appositamente conforme alla schiena delle aquile. Indossavano una particolare armatura di cuoio,imbottita di lana,che copriva tutto il corpo,tranne la testa,che veniva protetta da un elmo del medesimo materiale,rinforzata da piccole fascette di metallo,unite tra di loro da un imbottitura di lana posta sotto una leggera cotta di maglia uniti in piccoli anelli di metallo,alle mani e ai piedi portavano guanti e stivali di cuoio. Non certo il tipico abbigliamento dei soldati imperiali. Ma più appariscente era lo stemma che recavano i soldati sui due lati del petto,una nuvola in procinto di scagliare fulmini sulla destra e un aquila in volo sulla sinistra. Li aveva riconosciuti. Erano due membri della sesta legione ausiliaria, Rex Aquilae, un corpo d'armata specializzato nell'addestramento e nel combattimento con aquile giganti. Conoscenza strappata agli elfi delle lontane vallate occidentali,che tempo addietro seppero umiliare le legione noviane,con i loro rapidi e potenti attacchi fulminei.

Si dirigevano verso Nevia e nel vederli la ragazza si chiese se fosse giunta al limite della capitale. Guardò in basso e lo vide,il fiume Satulis,o Satulo come veniva chiamato in latino,antico confine tra la prima città di Nova e la tribù dei Satuli,uno dei primi ad essere conquistati dai tempi della fondazione della capitale.

Sapeva cosa doveva fare,per tanto,scese lentamente verso il suolo,nei pressi della riva del fiume,ampio e abbondante,arrivata al suolo venne raggiunta poco dopo dai cavalieri volanti,scesero entrambi e si avvicinarono,armati solo di un uncinus,o uncino,nome dato dai legionari ad un arma tipica dei cavalieri elfici di aquile giganti,simile ad un grosso uncino di metallo,simile ad un falcetto per il grano,ma più grosso e con la lama più pesante,adatto per colpire con la lama ricurva per tranciare gli arti,che con l'uncino posto alla fine della lama,utile per afferrare,infilzare e colpire con leggeri attacchi di taglio. Un arma strana,ma letale in mani esperte.

Nevia si tolse l'elmo rivelando la propria identità,poi appoggiò il pugno contro il petto facendo il saluto militare.

Ave. Sono Nevia Placidia Sannita,comandante della Ventiduesima Legio Superba. Ho ordine di incontrarmi con l'imperatore. Chiedo il permesso il passare.”

Ave...,disse uno dei soldati scesi a terra ,“Abbiamo ricevuto la notizia del vostro arrivo e avete il permesso di superare il confine. Prego procedete pure comandante.”

I tre si scambiare un ultimo saluto e ognuno proseguì per la propria strada,Nevia verso la capitale e i due legionari del cielo per un giro di controllo,alla ricerca di mostri,bande di criminali o altre calamità. Agli occhi di un estraneo un evento di tale piccolezza sembrava una cosa stupida,mandare due soldati a cavallo di gigantesche bestie alate solo per far passare un militare poteva sembrare stupido,ma non era così. In passato numerose guerre civili ed eserciti stranieri avevano visto la capitale come obbiettivo fisico di una campagna militare e gli assedi,pur non essendo stati molti,furono comunque terribili e da tempo immemore,per volere del senato,qualsiasi importante figura militare,avesse portato con se un esercito e con esso avesse attraversato il Satulo con tale armata,sarebbe stata dichiarata un azione di guerra. Lo stesso Silla aveva oltrepassato il fiume dalla stessa direzione di Nevia con l'intenzione di assediare la città. Ma lei aveva portato con se solo l'armatura e se stessa al suo interno,in caso contrario i due soldati avrebbero visto le truppe in movimento già da molto lontano e sarebbe tornati indietro per riferire e prepararsi a intercettare l'esercito nemico o a difendere la città. Passò il fiume e superate diversi gruppi di grandi colline finalmente la vide,era solo un puntino indistinguibile,ma già ne poteva avvertire la potenza e la maestosità. Nova era davanti a lei. Vedeva sotto di se la Via Flaminia,che adesso si trovava sotto di lei,una delle strade più importanti,se non la più importante,di tutto l'impero,che si estendeva per buona parte dell'impero,estendendosi per buona parte a nord e a sud dalla capitale,per poi incrociarsi per altre vie,primarie e secondarie e che facevano affluire da entrambe le parti numerosi individui,da ogni parte dell'impero,di ogni razza,di ogni etnia ed ogni civiltà ora sotto il controllo di Nova. Vide la porta principale,la porta di Giano,o l'ingresso di Giano,dedicato all'omonimo divinità noviana del passato e del futuro,custode dell'entrate e delle uscite,ma non era li che era diretta. Fece un giro più ampio delle mura e si trovò ad un altro punto delle immense difese della capitale,dove in punto ben preciso vi era installata un altra entrata,più piccola di quella principale e utilizzata solo dai convogli militari e dalle piccole squadre di legionari,quando non rientravano in città per essere acclamati dalla folla adorante per un altra gloriosa vittoria nel nome dell'impero. Non aveva un nome preciso e spesso veniva definita semplicemente come la porta del soldato,senza gloria e senza infamia. Scese lentamente al suolo,facendosi notare dalle truppe a difesa delle mura,sapendo che non sarebbe stata attaccata. Una volta scesa si presentò all'ingresso secondario,un enorme portone di legno aperto,dalla quale alcuni giovani legionari,probabilmente fresche di recluta,facevano da guardia all'ingresso. Per la seconda volta in quel giorno,Nevia fece il saluto militare e si presentò alla porta e senza troppe cerimonie chiedeva il permesso di poter entrare in città. Inaspettatamente però dietro al legionari c'era un vecchio nano,uno schiavo visto le semplici vesti grige,ma comunque in salute e abbastanza curato nell'aspetto. Forse uno schiavo dedito al lavoro tra i soldati.

Nobile comandante, mi è stato ordinato di dirvi,da parte diretta dell'imperatore e del magister militum,che avete il permesso,anzi dovete,portare l'armatura in città,ma che vi è comunque vietato l'utilizzo di qualsiasi potere o magia connessa ad essa.”

Cosa? Perché?”,chiese lei incredula.

Riguardo a ciò non so rispondervi signora,ma mi è stato anche detto che un carro coperto vi è stato messo a disposizione,per raggiungere la vostra destinazione senza dare nell'occhio.”

Nevia superò lo schiavo e si introdusse in città attraverso la zona più umile della città. Le insule,le palazzine alte dai tre fino ai cinque piani,erano le abitazioni della gente più umile,solitamente abitata da molte famiglie numerose,spesso affollate in stanze umide,piccole,con a malapena lo spazio necessario per tenere qualche letto,la cucina e nient'altro. Nevia poteva vederci le donne in casa,intente nelle faccende domestiche,mentre i bambini,scorrazzavano per strada,giocavano con i gusci di noce per il gioco delle fossette o a palla,oppure,nel caso delle bambine,intente ad accudire delle bambole,fatte di stoffa e cucite alla meno peggio per le classi più povere della società noviana. Per un attimo si fece distrarre da quella semplice vista di vita quotidiana,con i rumori della strada di un giorno come tanti,senza nulla di speciale. Quanto tempo aveva trascorso sui campi di battaglia e quanti ancora ne restavano,prima che la vecchiaia giungesse a toglierle ogni energia,oppure,quando la morte sarebbe arrivata quando meno se ne sarebbe accorta,che fosse durante lo scontro con un nuovo nemico oppure fuori dal campo di battaglia,per i motivi più assurdi. Molte volte aveva visto la morte negli occhi eppure,mai come qualche giorno fa,per mano di un uomo che non pareva possedere nessuna abilità degna di nota,uscito vincitore solo con l'aiuto del suo cavallo,l'aveva sopraffatta e adesso,se ne stava tranquillo,al sicuro dentro le mura di Aegis,da dove lei,purtroppo,non poteva raggiungerlo e la cosa gli montava dentro una rabbia che ancora adesso non era ancora sopita. Si distrasse al pensiero di quell'uomo quando i bambini che giocavano in strada si accorsero della sua presenza e la fissarono,o meglio,fissavano la sua armatura,bella e maestosa,ampia e possente,distraendoli dai loro giochi. Non voleva ancora dare spettacolo della sua presenza e si guardò attorno alla ricerca del carro e lo vide. Era un carro pesante coperto a quattro ruote,uno di quelli usati per le vettovaglie e gli approvvigionamenti per l'esercito,attaccato a due grossi cavalli da traino e con un uomo già al posto di guida. Salì dietro,con qualche problema dovuto dalle grandi ali di metallo e senza nemmeno un posto a sedere,si appoggiò sul legno,a gambe incrociate,attenta a non incastrarsi,nel telone del veicolo,poi partirono,lasciandosi dietro le mura della città. Perché mai quella decisione? Entrare in città senza essersi tolta l'armatura? Mai da quando era entrata a far parte dell'esercito aveva mai sentito di una cosa simile. Era regola,fin dai tempi della fondazione della città,che mai,un qualsiasi individuo in possesso di un armatura o di un arma dotata di magia propria,a capo di un armata,potesse entrare in città senza che il proprietario fosse momentaneamente spogliato del potente oggetto e poi restituito quando esso sarebbe tornato in servizio. La magia,fin dai tempi delle prime leggi,era severamente controllata e limitata allo stretto necessario. Persino i maghi e i sacerdoti,di sesso maschile e considerati dei novizi, dovevano prestare servizio attivo per almeno tre anni nell'esercito o in una mansione statale,prima di essere riconosciuti e ad autorizzati dalla legge a far uso delle loro conoscenze. Ma allora perché a lei era stato imposto di tenere l'armatura del comandante della Superba? Perché? A quale scopo l'imperatore e persino il magister militum avevano imposto un tale obbligo? C'era qualcosa che non quadrava,ma non riusciva a venire a capo di quel dilemma. Mentre il carro avanzava per la strada,poté udire in lontananza un ondata di urla di gioiose,del clangore delle armi e dello squillo delle trombe,erano appena passati vicino al giardino di Bellona,la più grande arena mai costruita in tutto l'impero. Passò un altra decina di minuti prima di sentire un altro suono,quello dell'acqua,tanta acqua,acqua che scorre con moto potente,ma controllato,non aveva bisogno di affacciarsi per capire che stavano passando il Latium,il potente fiume che divideva in due la capitale,attraversabile attraverso i quattro grandi ponti presenti in città,situati,l'uno a distanza dall'altro per la medesima lunghezza,permettendo a chiunque volesse raggiungere l'altra sponda senza troppe difficoltà,anche quando nelle giornate più calme c'era sempre un po' di traffico,per non parlare poi durante,le feste sacre e le parate militari,in quei momenti si rischiava di non passare per ore,se si era fortunati. Superata un altro po' di tempo Nevia poté sentire un forte chiacchiericcio,urla sovrapposte che si assordavano le une con le altre,poi giunsero gli odori,di cibi e pietanze,di profumi e di spezie esotiche, non poteva non riconoscerlo,era giunta nel forum commercium, la piazza del commercio,una vasta piazza dedita al commercio di qualsiasi mercanzia,per lo più occupato dai macella, piccoli edifici a pianta quadrata specializzati nella vendita di carni e verdure fresche,ma anche preparate in precedenza,già cucinate e subito pronte alla vendita e disponibile anche a trovare ingredienti rari per clienti affezionati,al giusto prezzo si intende. Insieme ad essi non mancavano le taverne e le locande,ma vi erano presenti anche aree specializzate nella vendita di bovini,di pesci,di mobili,di libri,persino gli schiavi si potevano vendere tranquillamente sotto gli occhi di tutti,per tutti i cittadini liberi,per tutte le classi sociali e per tutte le esigenze. Ci volle per liberarsi dal traffico delle strade principali che passavano per il mercato e dopo un altro po' di tempo vi si poteva sentire un altro genere di suoni presente in città,un po' più ricercato e utile all'occorrenza,quando se ne aveva più bisogno. Il suono dei cimbali in strada,delle sacre litanie emesse in strada e delle preghiere ai lati della strada capì di essere giunta nell'area sacra,ma i cittadini lo chiamavano il colle,l'unica zona della della capitale che aveva subito pochi lavori di rinnovamento architettonico dell'urbe fin dai tempi di Romolus. Numerosi erano i templi situati nella zona è più in alto ci si innalzava verso la punta del colle,più grande era l'importanza della divinità venerata. Certo,proprio come per il mercato centrale della capitale,seppur la maggioranza delle aree mercantili,ma non tutte, si trovavano in quella area anche i templi situati sul colle,seppur erano i più importanti,non era tutti quelli presenti in città,che sarebbero stati troppi visto il loro numero e contando solo quelli dedicati alle divinità noviane e tralasciando quelle dei popoli stranieri. Ma perché fare quel tragitto? Certo,la zona del colle,era situata dietro al palazzo reale,l'immenso edificio di marmo che occupava,da solo, un intero quartiere,ma c'era una strada principale che conduceva direttamente al palazzo e non era quella che stava facendo adesso. C'era qualcosa che non quadrava in tutta quella faccenda e se prima era preoccupata,ora si stava domandando che intenzioni aveva l'imperatore con lei e il palazzo,c'entrava poco o nulla.

Tutto ad un tratto il carro si fermò e dal posto del conducente si sentì una voce che parlò attraverso una fessura nel mezzo del telo.

Siamo arrivati signora.”

Arrivati?Dove?”,si chiese lei ad alta voce,mentre con qualche difficoltà scendeva dal carro,e poggiando i piedi non sul pavimento di pietra della città urbanizzata,ma la nuda terra,non ancora soffocata dal resto della città. Si guardò attorno confusa notando di essere in una zona a metà tra il sacro colle e il palazzo,che con la sua mole,occupava una buona parte del campo visivo. Vide i templi costruiti quasi l'uno sopra l'altro fin sopra la punta e tornando con lo sguardo verso terra si accorse di loro,il corpo della guardia pretoriana,tutti in fila,a fare la guardia ad una piccola stradina,dall'aspetto antico e poco curato,che si inoltrava verso il basso,scendendo sotto terra,tra gli sfarzosi edifici sacri,ornati di marmo,preziose statue e altri orpelli di bell'aspetto non c'era niente,non un tempio,non un sacrario,nemmeno una statua o una targa che segnava qualcosa. Il vuoto più assoluto . I pretoriani restavano vigili,attenti a non muoversi di un solo fremito,quando Nevia,con ancora indosso l'armatura camminava ,scendendo sempre più verso il fondo di quella strada che non aveva idea di dove portasse. Passo dopo passo,si accorse delle lucerne posto sui muri che illuminavano il sentiero,scendendo giù,sempre più giù fino a trovarsi di fronte ad una grande sala semibuia,dove ai lati otto grandi bracieri di ottone,illuminavano la sala,dove illuminate a malapena,era presenti sui due muri ai due lati della stanza dei mosaici,possenti,maestosi...macabri. Le tessere univano due scene differenti,sulla parte sinistra era raffigurata una scena di vita quotidiana,in un paesaggio agreste,dov'erano presenti il sole,il cielo azzurro,i boschi,le campagne e gente intenta a lavorare nei campi. Fin qui nulla di strano...se non fosse che le figure presenti erano tutti scheletri. Scheletri piccoli da bambini,scheletri grandi da adulti,che aravano la terra,che raccoglievano la frutta,che seminavano il grano e l'orzo e alcuni erano persino seduti ad un tavolo intenti a mangiare. Nell'altra scena invece,quella di destra,era raffigurato un cimitero,un cimitero molto grande,che Nevia riconobbe molto bene. Era il cimitero cittadino,situato fuori dalla capitale e qui erano presenti tutti gli elementi caratteristici di un cimitero,le tombe,le urne votive,le statue e ovviamente,i morti. Anche qui scheletri,tutti intenti a camminare in fila,precisi ed ordinati,diretti verso una grande buco nero presente nel suolo,forse una fossa o l'entrata di una caverna e dall'altra parte del buco c'era una donna,vestita con lunga stola nera che le arrivava fino alle caviglie,le braccia erano pallide come quelle dei cadaveri e sul volto portava un velo nero che copriva il viso,ma a lei parve di vedere la metà di un teschio che le mise i brividi,perché ebbe la sensazione che stesse osservando proprio lei,con la sua orbita vuota e i suoi denti sporgenti.

Cos'hai da dire comandante?”

Una voce la fece trasalire,la voce di un uomo,possente e al contempo fredda e dura come il marmo delle tombe reali,non poteva non riconoscerla. L'imperatore, Lucio Cornelio Silla era li. Si girò a volgere lo sguardo in cerca della figura del dominatore,guardò più in la nel buio e le parve che a malapena,il contorno di un uomo possente,forte e vigoroso fosse molto più in la nella stanza,coperto dall'ombra,ma che le lingue di fuoco nei bracieri seppero dare una forma indefinita,confusa. Lei non parlò non sapendo cosa dire,solitamente forte,sicura di se e furente per la minima sfida che le veniva lanciata da un nemico,ora si sentiva piccola,debole e indifesa. Non lo dava a vedere,ma cominciava a non sentirsi più al sicuro e non era quel tetro luogo a farle paura. Non più di quanto potesse farlo lui.

Ti ho fatto una domanda. Che cos'hai da dire in tua difesa,Nevia Placidia Sannita?”

Il tono della voce era freddo e piatto,nulla di diverso dal solito,ma sentiva che in quelle parole si nascondeva un emozione repressa,tanto grande che la sola presenza era quasi tangibile nell'aria,come la nebbia in una giornata d'autunno,presente,impalpabile,ma troppo grande per non essere notata.

Nulla che tu già non sappia...maestà.”,disse lei,mentre nel frattempo si toglieva l'elmo,per mostrare il volto all'imperatore volendo dimostrare che non si stava nascondendo dietro un pezzo d'acciaio,per quanto intimorita potesse sentirsi da quella conversazione.

Nulla che già non sappia? Da quando in qua sai di quali informazioni sono in possesso? Forse preferirei sentirlo dalla donna alla quale ho affidato l'assedio di Aegis...e ha fallito. Avanti parla. Il tuo silenzio peggiorerà solo le cose.”

La ragazza sentì un brivido gelido scendergli lungo la spina dorsale e quando capì che tenere la bocca chiusa non le avrebbe giovato in alcun modo si fece carico del peso che si teneva dentro e iniziò a parlare. Ora la sua sorte era nelle mani di quello spietato Ercole. Gli raccontò tutto,dell'inseguimento della principessa sopra il cielo di Aegis e del raggio che per poco non la uccideva. Gli disse del mercenario,del duello, della sua sconfitta e di come la nebbia azzurra comparve nel in mezzo ai legionari. Poi passò alla firma della tregua e del piccolo battibecco che ebbe con la principessa e il suo seguito.

E questo è quanto,non ho altro...”

Da dire? Sei certa di non esserti dimenticata qualcosa?”

La voce si era fatta leggermente più aggressiva.

Signore?”

Se non ci arrivi da sola ti aiuto io a fare mente locale...”

Un veloce spostamento d'aria le venne contro e per istinto saltò via di diversi metri grazie allo sbattimento di ali che la portarono al sicuro,lontano da qualsiasi cosa le fosse venuto contro. All'improvviso l'intera sala si illuminò per mezzo dei bracieri,la cui fiamme in quel momento parvero così intense da disperdere le tenebre,come un incendio che consuma una foresta in piena notte. Estrasse le spade in un gesto involontario dettato dall'istinto,acquisito in anni di scontri sui campi di battaglia e pochi di questi come comandante. Era sul punto di rispondere quando poi lo vide li, a una distanza di cinquanta passi,alto,forte,possente...furioso,nelle sue vesti imperiali a cingerne il massiccio ed allenatissimo corpo. Non aveva bisogno di averlo vicino per capire che in quel momento era un autentico titano che covava all'interno del suo essere una rabbia che non era comune vedere in lui e che non ci teneva a vedere nuovamente. Silla teneva il pugno serrato,con il braccio steso in avanti in tutta la sua lunghezza. Nevia sapeva che non era stai lei a schivare il colpo,ma era lui che si era fatto annunciare da quel colpo d'aria,tanto forte che solo una forza sovrumana avrebbe potuto creare spingendo l'aria con il pugno chiuso,colpendo con abbastanza forza e velocità da creare quella leggera pressione. La testa girata verso di lei,gli azzurri occhi di ghiaccio la guardavano come volesse squartarla. La sua ira era più che evidente.

SPIEGAMI NEVIA,COME E' RIUSCITO UN COMANDANTE DELLA VENTIDUESIMA LEGIO SUPERBA A CONSEGUIRE BEN TRE FALLIMENTI IN SOLI DUE GIORNI?”

Signore,posso spiegare.”

PUOI STARE CERTA CHE HO GIA' TROVATO LE TRE RISPOSTE CHE HO BISOGNO. IL TUO PRIMO FALLIMENTO E STATO NEL CEDERE ALLA PROVOCAZIONE,NON ERI TENUTA A COMBATTERE E UN COMANDANTE CHE SI ESIBISCE IN DUELLO COME UNA COMUNE GLADIATRICE E UNO SPETTACOLO VERGOGNOSO. IL SECONDO E STATO QUELLO DI AVER PERSO,NON MI INTERESSA SE QUELL'UOMO HA IMBROGLIATO,INDOSSAVI UN ARMATURA MAGICA DI ALTISSIMA QUALITA' E IL FATTO CHE TU ABBIA PERSO HA GETTATO VERGOGNA NON SOLO SU DI TE,MA ANCHE SULLA TUA LEGIONE. E TERZO,LA COSA PEGGIORE CHE POTESSI FARE E STATA PERDERE LA CITTA' DI AEGIS. MENTRI ERA IMPEGNATA A COMBATTERE NON TI SEI ACCORTA CHE L'ESERCITO CITTADINO AVEVA GIA' OCCUPATO IL CAMPO E HAI PERSO LO SCONTRO CAMPALE PRIMA ANCORA DI INIZIARLO. MA QUELLO CHE HA GETTATO VERGOGNA SU DI ME,SUL SENATO E SU NOVA STESSA E STATA LA FIRMA DELLA TREGUA,PERDENDO COSI' IL VANTAGGIO SUL PIANO STRATEGICO SU DEI DISERTORI DI VECCHIA DATA CHE SULLA FIGLIA DEL PRECEDENTE IMPERATORE,PERMETTENDOGLI DI LASCIARE LA CITTA' ED ENTRARE NEI CONFINI DELL'IMPERO.

Nevia non credette alle sue orecchie. Sentire di quell'ultima parte,quella di dove Lucilla aveva passato il confine Noviano,non poteva crederci,non voleva crederci.

Cosa?”

L'imperatore non cambiò espressione n'è tanto meno sembrava volersi calmare,ma cominciò ad avanzare verso la ragazza come un toro che si preparava a caricare a testa bassa,mentre Nevia,impietrita e confusa sul da farsi restò bloccata,mentre stringeva contro il costato l'elmo dalla testa d'aquila,come a volersi aggrappare a qualcosa,come un naufrago che si aggrappa ad una tavola di legno nel mezzo di un tempesta per non affogare. Gli si fermò di fronte,tanto vicino al viso che avrebbe potuto infilzarla solo con lo sguardo,tanto appuntite e piccole parevano quelle iridi chiare per l'ira che parevano delle stalattiti pronte a colpirla in mezzo al cuore.

E arrivato un rapporto,dai confini con il territorio di Aegis...”,l'imperatore parve tornare a parlare con tono calmo e controllato,ma era chiaro come la luce del sole che il rancore di Silla era ben lontano dall'essere calmo, “L'avamposto di Cherunensis e stato attaccato da un esercito di barbari,probabilmente entrati nell'impero per mezzo di qualche punto scoperto. Per assurdo,pare che durante lo scontro con gli invasori,molti abbiano visto delle strani luci all'interno delle stalle e nel frattempo vi echeggiavano all'interno i suoni di un altro scontro. Fortunatamente la guarnigione a guardia posto ha respinto gli invasori,anche se hanno subito ingenti danni. Ma la cosa più assurda e quando lo scontro era terminato,i barbari in fuga e i soldati impossibilitati a continuare la lotta,un gruppo non ben identificato ha lasciato Cherunensis in fretta e furia,approfittando del caos generale per entrare a Nova. Ora dimmi Nevia...E una mia impressione,ho il collegamento tra le luci,il gruppo in fuga è l'attacco ad un avamposto di confine hanno qualcosa in comune? Non ho le prove certo,ma io sono convinto che non sia stato un caso. Oh sbaglio?”

Signore,io non avevo idea che avessero lasciato la città. Ho appostato ricognitori in ogni punto accessibile e dalla quale sarebbero potuti uscire e anche se fosse,perché tornare nell'impero? Non ha senso.”

Forse no,ma ultimamente accadono troppe cose che non hanno senso. Ed è proprio per questo motivo che ho voluto che tu mi raggiungessi in questo posto. Sai in questo momento dove ti trovi?”

Nevia scosse la testa in segno di negazione.

Guarda quella figura lassù,quella donna vestita di nero col velo coperto. Sai chi é?”

No Signore.”

E Libitina, un antica divinità noviana,il cui dominio e la morte,cadaveri e spettri sono legati al suo culto. Plutone controllerà anche gli inferi,ma è Libitina ha rappresentare la morte nella sua forma fisica. C'è una antica leggenda legata alle prime legioni di Nova. Insieme a Marte,Giove e Bellona era nominata anche lei dai comandanti prima di una grande battaglia. Ma col passare del tempo e con l'aumentare delle vittorie si perse la tradizione di chiamarla sui campi di battaglia,perché i legionari,oltre che i comandanti,credevano che fosse malasorte invocare la morte sul proprio esercito,che fosse di pessimo auspicio ingraziarsi chi tra i suoi seguaci annovera nulla che non sia vivo. Quindi,ora ti chiedo,se dovessi invocare la morte per combattere un temibile nemico,che fare il nome di Libitina fosse l'unica cosa che ti permettesse di vincere,lo faresti?”

La ragazza ci pensò un attimo prima di rispondere.

Si.”

Bene,in questo caso è un bene che tu abbia l'armatura della legio Superba con te.”

Disse Silla allontanandosi di una decina di passi dal comandante per poi girarsi,incrociare le braccia al petto e guardarla nuovamente,ma questa volta con sguardo più cattivo e deciso,come se stesse osservando un nemico e li,Nevia,rivide le fiamme della rabbia che bruciava in lui,in quello sguardo che poteva dire una sola cosa e lei,conosceva bene cosa voleva dire quell'occhiataccia.

Perché ho intenzione di mettere alla prova la forza della tua determinazione soldato,attaccami.”

Nevia non voleva credere a quelle parole,a quell'atteggiamento,a quelle intenzioni. Lo conosceva da troppo tempo e aveva combattuto tante volte insieme a lui perché potesse fargli del male,il solo sfiorare la figura dell'imperatore,per lei era come mettere la mano sul fuoco.

Maestà,non puoi chiedermi questo. L'imperatore è un essere sacro,un dio in terra e dato che siete voi l'imperatore a maggior ragione,nessuno oserebbe fare del male al capo supremo dello stato.”

Cos'è questo improvviso servilismo Nevia? Ti sei forse rammollita con la sconfitta da parte del tuo ultimo avversario? Attaccami,ora,dimostrami che meriti ancora di indossare quell'armatura. Non lo ripeterò una seconda volta.”

Il comandante non aveva scelta,doveva combattere e se era Lucio Cornelio Silla a volere lo scontro,non poteva tirarsi indietro,se lui voleva il combattimento,il combattimento avrebbe avuto. A Malincuore Nevia dovette cedere alla richiesta e si rimise l'elmo,per poi impugnare le spade,estendere le pesanti ali metalliche e mettersi in posizione di combattimento.

Mostrami quello che vali davvero,comandante della ventiduesima legio Superba.”,disse l'imperatore con un certo ardore nella voce.

Le ali si estesero verso l'alto al massimo della loro lunghezza,poi,in un battito di ciglio,scattò,come un fulmine a ciel sereno. Gli ci volle un niente per raggiungere Silla e mosse una delle lame per colpire alla gola l'imponente picchiatore. Ma la lama,piuttosto che affondare,sembrò rimbalzare come se avesse colpito nuda pietra e lei volò avanti,frenando coi piedi contro il suolo per interrompere la carica,poi si girò e lo vide di schiena,nella stessa identica posizione. Non si era mosso,immobile come una statua.

Patetico,tutto qui quello che sai fare? Riprova.”

La ragazza cercò di non darsi ancora per vinta e tentò di ripartire all'attacco,carica di una grinta che non seppe spiegarsi. La schiena era un punto debole molto ampio alla quale puntare,facile da colpire e offriva poca,se non nessuna difesa. Silla si aspettava un buon colpo? E un buon colpo avrebbe ricevuto. Puntando tutto sulla forza d'impatto e sulla velocità Nevia prima spiccò un balzo verso il soffitto,che era abbastanza alto per essere un tempio costruito poco sotto il livello del suolo pubblico,fece un giro all'indietro sfruttando la corrente d'aria che stava creando con le ali e poi,quando tornò con il busto in direzione del suolo si gettò in avanti con tutta la forza che poteva generare in quel momento e con entrambi i gladi messi di punta,come due frecce in direzione del bersaglio,sperando che un impatto degno di un ariete d'assedio di media grandezza potesse riuscire nel suo intento. Colpì di punta,con una forza tale che un uomo normale sarebbe stato spaccato in due,come un coltello che taglia in due una mela. Ma Nevia non era un coltello e Silla non era una mela...n'è tanto meno un uomo comune. Quello che doveva essere un colpo di grande forza si ridusse ad un secondo fallimento,le due spade sbatterono così forte contro la schiena del possente guerriero a mani nude che caddero di mano alla ragazza,mentre lei convinta di avere la presa salda,fece per salire di nuovo e tentare un nuovo attacco,accorgendosi solo all'ultimo che non solo aveva perso le armi,ma che una mano,più veloce del vento,la prese per una caviglia,con una potenza tale,che poteva sentire le dita stringersi sui calzari di metallo,come se fossero fatti di corteccia di betulla.

DELUDENTE.”

Urlò Silla in preda alla rabbia repressa che tentava di tenere sotto controllo.

Con la forza degna di un eroe degli antichi miti tirò giù la ragazza dalla sua posizione a mezz'aria così forte da trascinarla verso il basso e sbatterla al suolo in una sola,singola,mossa. Lo schianto col terreno fu così forte che il suono dell'armatura che si schiacciava al suolo e con lei,anche Nevia per nulla riparata. Cadde di lato e sentì le ossa,in particolare il costato,fargli un male atroce e i muscoli sottostante pure. Ma quel che era peggio fu lo schiacciamento subito,tanto grande da premergli su gli organi in interni,schiacciando anche i polmoni così forte da non permetterle di respirare. Annaspava in cerca dell'aria e alla fine,quando con la bocca aperta tentava di immettere più aria che poteva nei polmoni,alla fine ci riuscì,strabuzzò gli occhi,intontita per quello che era appena successo. L'armatura fu completamente inutile,le spade non scalfirono Silla nemmeno di un graffio e aveva eseguito solo due attacchi,prima di essere sconfitta così facilmente. Era umiliante.

Tecnica di potenziamento muscolare inferiore: pelle del leone nemeo. Ho pronunciato il nome di questa tecnica nell'esatto istante in cui partivi all'attacco e per ben due volte ti sei limitata alla potenza fisica piuttosto che alla strategia. Possedevi tutti i mezzi necessari per combattere in maniera di gran lunga migliore e invece....sono deluso Nevia,credevo di averti insegnato qualcosa riguardo le vere arti del combattimento. Ma se non altro ora,capisco come hai fatto a perdere contro quell'uomo.”

Silla parlò con tono piatto e monotono,la rabbia pareva sparita e non c'erano tracce nella voce che stesse nascondendo la fiamma dell'ira,tra una parola e l'altra,come se con quell'unica presa si fosse scaricato con quel violento gesto. La superò con una piccola falcata di gambe,tanto fisicamente forte pareva che volesse schiacciarla con i piedi e invece la superò,come farebbe una qualunque persona con una fastidiosa pozzanghera. Fece una serie di passi in avanti,poi si fermò e girò leggermente la testa,ma senza guardarla,sentiva che stava ricominciando a muoversi e a mettersi in piedi.


Prima che tu svenga,sappi che ti sono revocate l'armatura e il comando della ventiduesima. Sarai condotta a palazzo di fronte al magister militum e al senato. La tua punizione sarà decisa in seguito.”


Nevia si sfilò l'elmo dalla testa e sputò a terra un grumo di sangue,ritrovandosi il volto simile a quando aveva ricevuto gli zoccoli del cavallo sul volto. Claudicante,provò ad avvicinarsi all'imperatore e allungando una mano verso di lui nel tentativo di toccarlo,di chiamarlo a se. La testa gli faceva male,era confusa e sentiva che le gambe le stavano cedendo e quando le forze le stavano venendo meno,tornò con la mente a quel giorno, a quel maledetto giorno di molti anni addietro,quand'era solo una ragazzina,stesa a terra,dalle vesti strappate,piena di lividi e di fronte a uomini malvagi,dall'anima di bestia e marci tanto nel cuore che nella mente, vide lui,un ragazzo più grande di lei, girato di spalle,vestito solo di una semplice tunica e armato solo dei suoi pugni,a frapporsi tra una giovane innocente e mostri dall'aspetto umanoide.

Lu-Lucio...ti pre..go...non...non...abb...non abbandon...”

Cadde,svenne e cadde al suolo senza che riuscì a chiamarlo a se,come un tempo,quando ancora non era l'imperatore,quando ancora non era un soldato,quando ancora,era soltanto Lucio. Solo Lucio. Gli occhi si fecero pesanti,la mente oscurata e le energie venirle meno. Adesso nei suoi pensieri,c'era solo l'oblio.


Si svegliò,di soprassalto,di getto,come in preda ad un incubo. Boccheggiò in cerca dell'aria,come se tutto il peso dello scontro le fosse rimasto dentro e nel mentre il suo sguardo vagava confuso e agitato,in una stanza ben arredata immersa nella penombra della notte,illuminata da qualche raggio di una pallida luna,visibile da una ingresso che dava su un piccolo balcone. Si guardò e vide che era vestita solo di un semplice chitone bianco a maniche corte e il suo corpo poggiava su un morbido letto coperte solo da un leggero lenzuolo di lino Amenita,ideale per le caldi notti d'estate. Si alzò di busto per nulla intenzionata a restare a letto,qualunque cosa stesse succedendo,doveva capire come fosse finita li.

Non provare ad uscire,ordini di Silla.”

Riconobbe quella voce di donna,li,nascosta nella penombra,illuminata da una striscia di luce lunare la figura di un elfa vestita di pelle nera,poggiata ad un muro,in attesa,com'era abituata a fare.

Filora? Dove mi trovo?”

Sei a palazzo. Ti è stata riservata una stanza in attesa che tu possa affrontare il processo. I medici di corte hanno confermato che non hai subito lesioni gravi,ma per il momento è meglio se non esci di qui. Dubito che Silla abbia voglia di vederti dopo quello che hai combinato ad Aegis.”

Dopo quello che ho combinato? Proprio tu mi parli di colpe quando so per certo che non passa giorno che non tenti di ucciderlo, o per lo meno ci provi. Dimmi elfa delle tenebre, che cosa hai usato oggi per attentare la sua vita?”

L'elfa era indignata per quel tono di voce accusatorio che Nevia stava usando contro di lei. Lei non era un suo bersaglio,ma il modo in cui stava difendendo l'imperatore le dava sui nervi e la tentazione in quel momento di piantargli un pugnale nel cuore era molto forte.

Ho avvelenato di nascosto un bicchiere di vino con la cicuta,resa più forte con l'estratto di alcune ghiandole velenifere di una vedova nera potenziata con la magia. Dopo che ha bevuto mi ha detto che la prossima volta avrei dovuto aggiungere il doppio della dose,tanto per essere sicura che il composto forse avrebbe fatto effetto. Una miscela simile avrebbe ucciso un mostro in meno di pochi secondi...ma non certo lui a quanto pare. Ma a te cosa importa? Infondo stiamo parlando dello stesso uomo che presto ti farà condannare,perché lo difendi?”

Perché sono un soldato è gli ho giurato fedeltà,finché sarò viva continuerò a servirlo,sempre.”

Filora e Nevia si guardarono in cagnesco,ognuna fissa sulla propria posizione riguardo al sovrano di Nova,la prima intenta ad ucciderlo,anche se tutte le volte che ci provava,qualunque mezzo usasse,non veniva mai punita,anche se nel caso degli agguati e i tentativi di omicidio più diretti Silla si accontentava di respingerla fisicamente e con assurda facilità. L'altra invece era appena stata privata del suo titolo di comandante,messa sotto accusa per il fallimento dell'assedio di Aegis e si aperto un processo contro di lei,eppure,restava fedele all'imperatore,nonostante la prova di forza dalla quale era uscita sconfitta e dolorante. Due donne,l'una l'opposta dell'altra. L'assassina uscì dalla penombra e si diresse verso il balcone ed arrivata al cornicione guardò l'ex comandante della ventiduesima legio Superba e illuminata dalla luna,l'elfa dalla pelle scura guardò Nevia con i suoi occhi,rossi come il sangue.

Chi voglio uccidere in questo palazzo è solo il tuo tanto adorato Lucio Cornelio Silla. Non so in che modo siate legati voi due n'è tanto meno mi interessa,ma ti avverto,l'uomo che hai deciso di servire è una bestia senza cuore n'è anima,quindi,se fossi in te,mi farei due domande su chi sia realmente questo imperatore.”

Ah si? Allora dimmi,perché desideri tanto ucciderlo?”

Questo non devo dirlo a un ingenua come te è comunque,le mie ragioni sono mie e basta.”

La conversazione non continuò perché con un rapido scatto si fiondò contro il cornicione del balcone e con un balzo si lanciò in basso,veloce come il vento e altrettanto sfuggente.

Nevia restò ferma in quel punto per qualche attimo,osservò la luna e sfiancata per la giornata assurda che aveva vissuto si rimise a letto,tirandosi il sottile lenzuolo di lino che gli copriva il corpo,come a volersi proteggere da qualche pericolo che si annidava nella sua anima. Nonostante il dolore,nonostante la vergogna e nonostante la punizione che doveva ancora subire lei gli era ancora fedele. Il suo corpo era dell'imperatore,come la sua mente,la sua anima...persino il suo cuore,gli apparteneva. Si,la sua dedizione a Lucio Cornelio Silla nasceva già in un tempo assai lontano,nella quale la memoria del presente si perdeva con il retrocedere nei ricordi e quando l'ascesa di un giovane ragazzo con una forza degna di essere paragonata a quella di un Ercole non ancora uomo poteva uccidere un orco armato di tutto punto in singolo duello e non subire un graffio,o così pareva. Ma le cicatrici sul suo corpo raccontavano altre storie,storie di combattimenti negli anni a venire che hanno rischiato di ucciderlo ed ognuna era divenuta un simbolo di un nuovo picco di forza e tecnica che aveva raggiunto e che ancora tentava di scalare quelle vette di miglioramento che ancora non era riuscito a superare. Anche a quel tempo,quando lo aveva conosciuto,non accennava a sorridere o dare un segno di gioia e restava perennemente chiuso nella sua apatica espressione per buona parte del tempo,ma non era cattivo,era inespressivo,alle volte arrabbiato ma non cattivo. Ma gli anni passarono e con il tempo e gli eventi che vennero insieme accompagnati da esso mutarono la natura del futuro imperatore,ma non lo abbandonò mai,anche perché fu lei,da quel triste giorno a seguirlo e se lui nel tempo sviluppò un animo sempre più cupo e bellicoso lei invece sviluppò verso di lui sentimenti più profondi e intimi,tanto da desiderare di potergli stare accanto,con tutta se stessa per sempre con lui,ma che silenziosamente e dolorosamente avrebbe nascosto nella parte più interna delle sue emozioni. E quel pomeriggio era tornata al pensiero che più di tutti potesse fargli male. Che l'abbandonasse a se stessa. Si rannicchiò su se stessa e istintivamente si abbracciò il petto,fino a toccarsi le costole e poi fece quello che non gli accadeva da molto tempo. Pianse. Gli occhi si fecero umidi mentre un groppo alla gola cominciò a farla singhiozzare e qual punto le lacrime scesero e pianse,pianse a dirotto,come un fontana,la forte ragazza,dalla scorza dura come la pietra,che aveva piegato centinaia di soldati a trattarla con tutti gli onori che si davano a un qualunque altro comandante,onorata come un vero condottiero dai suoi stessi uomini,ora era solo un a ragazza come tante altre,col cuore pesante e il timore di non essere ricambiata da chi ritiene più importante della sua stessa vita. Stringeva i denti più che poteva per non farsi scoprire così fragile,così inerme di fronte alle ingiustizie della vita. Perché era toccato a lei una simile sorte? Perché era toccata a lei,provare un amore che sapeva non sarebbe mai stato ricambiato? Solo la luna lassù era testimone del suo struggimento,per l'uomo più potente di tutto l'impero.

  
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