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Autore: Enchalott    23/05/2023    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Strategie alla prova
 
Il sentore d’erba si spandeva nonostante quello preponderante della neve. L’algore della mattina vantava l’ostinazione dell’inverno ma per la prima volta, Eskandar percepì una difformità.
Anche le ore di luce incrementano. L’alba è in anticipo.
Avvertì l’impellenza di portare a compimento gli obiettivi, unita alla frenesia di lasciare quel buco sepolto tra i picchi e i boschi. Mosse la mano, compiaciuto dalla portata degli artigli: le ferite e la slogatura sanavano, il corpo reagiva, la complicazione del cibo era ovviata. Non restava che attendere la primavera.
Fece per scostare la ciocca risparmiata dal coltello dei secondini minkari, ma incontrò la treccia stretta dalla regina.
Anche il problema della soddisfazione fisica è risolto.
Gettò un’occhiata alla donna assopita tra le pellicce dopo l’accoppiamento selvaggio della notte. Negare che gli piacesse spingersi dentro di lei e sentirla gemere d’estasi sarebbe stato ipocrita. Era accaduto più spesso del previsto e la finalità era scesa in secondo piano. Il risveglio della natura gli ricordava che era ora di serrare il laccio.
Giocò con i nodi elaborati che gli acconciavano la chioma. Si costrinse a smettere.
 
Amshula aveva accostato il giaciglio al suo, scaldando le coltri con il contenitore delle braci. Infilarsi nel letto tiepido era gradevole, soprattutto dopo un pasto sostanzioso.
Eskandar si era domandato come sfruttare il veleno senza spaventarla. Come indurla ad accettare un graffio senza che lo intendesse come un’aggressione.
«Ti dà noia? Potrei accorciarlo.»
La domanda lo aveva riscosso mentre spostava il ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
«Sono abituato ai fermagli ma sopravviverò. Lo lascerò crescere o lo taglierò»
Quando lei si era avvicinata e aveva passato le dita tra le ciocche irregolari che gli sfioravano il collo, umide per il lavacro, aveva sentito una scossa di piacere. Le guerriere con cui spartiva il giaciglio non indulgevano in affettuosità, inoltre non avere una compagna fissa privava il rapporto di quanto era avulso dalla soddisfazione reciproca. Così la guerra e il suo ruolo di generale.
«Bianco o nero» aveva sorriso la donna «Che ne è delle altre gradazioni?»
«Territorio diplomatico, io sono un reikan
«Anche in casa tua o adesso?»
«La richiesta sta a significare che quaggiù non sei regina o che non t’importa di tuo figlio?»
Le mani della donna avevano iniziato a districargli la capigliatura.
«Indica che comandare o essere madre non sono gli unici aspetti di me. Sono anche Amshula, è grazie a te che l’ho compreso e accettato. Strano tu non lo distingua.»
«È un raffronto poco pertinente. I Khai vivono per Belker, io per il mio principe.»
«Questo vale per la caccia, il ripararsi, il risparmiare un avversario» pattuì lei «Ma è per il tuo dio o per Mahati che fai l’amore con me?»
Eskandar aveva frenato la negazione del rivoltante concetto di ahaki, che gli avrebbe fatto perdere il terreno conquistato.
«Per la mia natura» aveva replicato brusco.
«Quindi, al di là della fedeltà e della devozione, sei un uomo. Né bianco né nero, una sfumatura di te.»
«Mh, un demone maschio non rifiuta l’unione. Le ceneri dei miei avi diverrebbero bufera, se arrestassi l’istinto ereditato dai daamakha
Amshula gli aveva sistemato la treccia sulla spalla, ammirando il risultato.
«Così mi offendi. Se non ti piacessi neanche un po’, mi porteresti a letto?»
Lui aveva pensato all’insignificante sguattera che si era sbattuto nei sotterranei e alle torture subite per smascherare il kori, vagliando che il mezzo non faceva testo in vista del fine. Però affermarlo sarebbe stato vanificare gli sforzi, alla luce del fatto che nessun essere vivente gioirebbe nell’apprendere di contare meno di zero.
«La questione non si pone» aveva borbottato saggiando il complicato intreccio.
La ciocca non era recisa e non lo infastidiva: “grigio”, una via di mezzo apprezzabile che gli aveva dato torto. Era stato tentato di disfarla, ma insistere per la ragione a tutti i costi sarebbe stato segno d’ignoranza e presunzione.
«Perché?» aveva chiesto Amshula con sincera curiosità.
«Perché mi attrai. Mi piace sentirti sotto di me.»
«Non le mandi a dire.»
«Il sistema minkari è ricusare realtà?»
«La realtà di cui parli mi è piovuta addosso con una discreta veemenza. Non so come funziona per il resto del creato.»
Eskandar l’aveva fissata e aveva sorriso scaltro.
«Il pagliericcio accostato al mio non è un invito?»
«C’è un solo contenitore per le braci, così li scaldo entrambi.»
«Ah davvero? Spiega certo le pulsazioni del tuo corpo e l’odore della tua pelle» aveva ironizzato «Il tuo inconscio sa che questo è il momento in cui abbiamo fame reciproca e si prepara a saziarla. Soffocarlo con superflui vaniloqui è insensato.»
«Hai travisato. Ho pensato fosse gentile sistemarti i capelli, tu mi aiuti in altri ambiti. Non trattarmi come un’abitudine.»
«Nae. Ho compreso l’antifona, non rimangiartela dacché ti assegno la ragione. Quanto al resto, so come ti ho aiutata. Ridicolo considerarlo sconveniente.»
«Cosa dovrei dirti, allora!? Che preferisco dormire con te!?»
«Dormire? Se hai sonno usa la tua dialettica minkari.»
«Vai al diavolo!»
Si era alzata risentita e aveva ritirato le braci, attizzando il focolare in vista della notte. Poi si era spogliata e ripulita con accattivante lentezza.
Lui aveva beneficiato della palese istigazione con la flemma di chi conosce il finale: un predatore a godersi la premessa in attesa che la preda si lasci ghermire.
Amshula era tornata sui suoi passi, lasciando cadere il telo bagnato.
«Eskandar… ti voglio da morire.»
Aveva steso il braccio e l’aveva trascinata a sé, mostrando quanto il gioco di seduzione avesse funzionato nonostante gli scopi sottesi e l’esperienza.
Si erano avvinghiati tra le coltri accelerando i preliminari, aizzati dal confronto e impazienti di raggiungere l’estasi. L’aveva rovesciata al primo cenno, impedendole di issarsi su di lui.
«Non osare starmi sopra.»
«Perché?» aveva ansato lei senza ribellarsi al corpo aitante che le premeva addosso.
«Così è l’unico modo in cui mi va.»
La regina gli aveva stretto le braccia al collo e si era arcuata nella morsa sensuale, gemendo allo stringersi del contatto.
«Ti trattieni, demone» gli aveva sussurrato all’orecchio, usando l’anonima definizione per provocarlo «Lo fai ogni volta.»
«Cosa?»
«Non sei il primo, lo avverto.»
«Sei già stata con un Khai?»
«Solo con uomini che avevano qualcosa di sporco da nascondere. Tranne uno.»
L’affermazione lo aveva infastidito, non perché era sembrata mettere in dubbio le sue doti maschili bensì per il confronto cui lo aveva sottoposto.
«Evito di farti male. Lo scopo della carnalità è l’esatto opposto.»
«Lo è anche per te. Sei intenso, non brutale. Reggerò l’impatto.»
Lui aveva osservato le labbra schiuse che lo anelavano, le guance arrossate, i riccioli sparsi sulle pellicce. Era troppo facile, un via libera servito su un piatto d’argento che avrebbe scagionato le scalfitture d’artigli e molto altro. Si era preparato a rubarle la volontà attraverso un gesto passionale e si era scoperto desideroso di abbandonare la padronanza di sé, di lasciarsi andare senza lo schermo della moderazione.
«Tu non hai idea di cosa stai chiedendo.»
«Baciami» aveva ordinato lei trascinandolo giù per la treccia.
Eskandar aveva sibilato un’imprecazione e l’aveva travolta, incendiandosi ai sospiri, accavallando la sinistra alla sua, liberando la destra dall’abbraccio per regalarle nuovi brividi. Prima di arrivare al culmine aveva percorso la linea provocante del suo ventre, incidendo un solco sulla pelle accaldata, sulla spalla e sulla linea morbida del collo.
Lei aveva fremuto, gli aveva serrato le gambe ai fianchi impedendogli di lasciare il viluppo di membra.
«Resta. Non posso più avere figli.»
Vero o meno aveva passato il limite dell’autocontrollo. Era deflagrato in un’effusione di benessere, che si era espansa prepotente e prolungata, rammentandogli quanto fosse in grado di ottenere, procurare e provare con una compagna della sua stirpe.
Amshula lo aveva guardato negli occhi, le iridi brune velate dalla tossina entrata in circolo. Le aveva risposto con un sogghigno, lambendo le minuscole stille di sangue che sbocciavano dai graffi.
«È solo l’inizio.»
Si era sfogato, coinvolgendola finché le forze non erano mancate. Si era ingiunto di non dormire per verificare cosa le avrebbe estorto con una dose leggera di veleno.
«A che pro confessarlo ora?» le aveva domandato.
«Ho pensato che così ti piacesse di più.»
«Ottima deduzione. Le altre volte hai giocato a farmi divertire a metà?»
«No. Sei il primo cui chiedo di fare l’amore, non ha senso se non avviene per intero.»
«È l’eccezione di oggi?»
«Lo sei tu. Non ho ancora completato il tentativo di accettarlo.»
Eskandar aveva riso, stirando le braccia nello sforzo di restare sveglio.
«Spero tu sia certa della tua infecondità. Non gradisco sorprese.»
«Certissima» aveva sospirato lei girandosi sul fianco.
Lui l’aveva riportata nell’abbraccio, ignorando la nota malinconica.
 
Continuò ad accarezzarla, impedendole di rifugiarsi tra i sogni.
«È accaduto per le percosse di tuo marito?»
Una domanda indelicata che non avrebbe mai osato con una Khai, ma che avrebbe messo alla prova i suoi freni inibitori.
«Il parto è stato complicato. Erasht… il medico del re ha detto che ero giovane e provata. Non ho ragione di diffidare, il mio ciclo fertile si è arrestato.»
Pur non avendo chiara la nozione, il reikan si inoltrò nell’argomento scomodo.
«Mi stupisce che tu sia rimasta incinta nonostante le precauzioni, inoltre…»
«Capisco il tuo disgusto» lo interruppe lei «Concepire la progenie di uno dei miei persecutori è l’apice dell’orrore. Non giudicarmi, ti prego.»
«Ti ascolto.»
«Un giorno, dopo mesi di reclusione, il guaritore mi ha parlato in privato. Namta stava cercando una nuova ragazza, ho creduto stesse indorando la pillola per prepararmi all’ultimo viaggio.»
 
«Il re è incapricciato di te, Amshula. Non è dello stesso avviso degli altri e pensa di renderti sua esclusiva. Non è mai successo, è un’occasione insperata.»
Si era chiesta quale, se non quella di prolungare l’odiosa esistenza di schiava.
«Spetta a te scegliere se compiacerlo finché avrà piacere di picchiarti da sobrio o stuprarti da ubriaco. Oppure se porre tuo figlio sul trono.»
Si era sentita mancare.
«Mio…?»
«Tuo e mio. Namta lo crederà suo, lo persuaderò della paternità, non avrà motivo di dubitare. Dirò che il preparato anticoncezionale non ha avuto effetto per una nausea improvvisa e lo convincerò a riconoscere il bambino. Il vino non aiuta a procacciare la discendenza, chiarirò che potrebbe essere l’unica opportunità.»
«Come potrebbe essere dichiarato legittimo? Tutti mi credono morta. Forse mia cugina non riesce a generare e volete che partorisca per lei?»
«Parli di Nadissa?» aveva mormorato mellifluo l’uomo «Namta l’ha disonorata, poi l’ha spedita al tempio, facendo credere che non fosse illibata. Mi stupisco che sia riuscito a copulare da sobrio, forse per eccitarsi ha pensato a te. A quanto pare sei il suo chiodo fisso.»
Gli occhi di Amshula si erano riempiti di lacrime nell’apprendere la sorte della cugina e il guaritore l’aveva accarezzata con licenziosità.
«Ho pensato a tutto. Diremo che il sovrano ti ha ritrovata dopo una lunga ricerca e che si è innamorato a prima vista, ricambiato. Ovviamente ha ucciso il tuo rapitore, purtroppo i complici sono sfuggiti e tu non sei in grado di riconoscerli.»
Lei aveva compreso: il particolare avrebbe giustificato la scomparsa di altre giovani e la storia non sarebbe mai finita. Era stata sul punto di rifiutare.
«Pensaci. Ti sposerà rendendoti regina dell’Irravin, l’erede al trono crescerà vicino a te. Purtroppo il povero Namta non assisterà al lieto fine, stroncato da un male incurabile. Non preoccuparti, sceglierai me in seconde nozze, metteremo al sicuro la successione e saremo felici. Voglio l’esclusiva e uno stuolo di marmocchi con il mio sangue.»
 
«Perché tuo marito è sopravvissuto, se hai accettato?»
«È scoppiata la guerra, tutto è cambiato. Ha iniziato a paventare tutto e tutti, a servirsi di un assaggiatore, a muoversi con la scorta. Impossibile ucciderlo. Non pensare che abbia acconsentito per paura.»
«Onorevole, se è stata la vendetta a muoverti. Certo io avrei agito senza affidare il riscatto dell’onore a un altro verme infido.»
«Ho accettato perché ero già incinta.»
Eskandar spalancò gli occhi e la obbligò a voltarsi.
«Shaeta è davvero figlio di Namta!?»
«Né suo né di Erasht.»
«Con tutti gli uomini che ti hanno posseduta è impossibile distinguere il seme!»
«Il guaritore mi ha illuminata quando ha tirato in ballo il voltastomaco. Mi è successo davvero, non ho pensato a reintegrare le erbe. O così o un miracolo.»
Il cavaliere del cielo rimase senza parole. Il veleno funzionava: ammettere davanti al nemico che Shaeta era illegittimo ne era la prova. L’Irravin era senza un successore, renderlo pubblico avrebbe generato una lotta interna e avrebbe facilitato le cose a Mahati. Decise di spingersi oltre.
«Sembri certa del padre.»
«Sì.»
«Chi?»
«Non mi va di parlarne. Shaeta crede di essere figlio del re, non ha bisogno di apprendere le circostanze in cui è venuto al mondo.»
«Tenerlo tra le piume è la soluzione ideale?»
«Non mi va di parlarne!»
«Se è davvero il sovrano che meritate, combatterà a prescindere dal sangue che gli scorre nelle vene!»
«Stai pensando al Kharnot, che non avrà la corona! Non occuparti di mio figlio!»
«Nemmeno il ragazzino che hai partorito siederà sul trono! Ha diritto di sapere la verità prima di restituire l’anima al celeste Reshkigal! Chi è il padre!?»
Amshula sbiancò per l’affermazione perentoria. Eskandar si maledisse, temendo di aver incrinato la fiducia faticosamente conquistata.
«Perché siamo in guerra» aggiunse meno aspro «Non ci sono certezze. Non puoi proteggerlo per sempre.»
La regina si rilassò nella sua stretta, il respiro accelerato dalla paura e dal veleno.
«Non mi va di parlarne.»
Il reikan rinunciò a indagare. La volta successiva avrebbe sondato con lo stesso sistema le componenti del kori, studiando come portare lì il discorso.
Avverrà presto, anche se il mio modo di pensare la destabilizza. Il desiderio fisico percorre un sentiero diverso da quello della razionalità e non ha bandiera.
«Di cosa vorresti discorrere allora?» borbottò.
«Mi sento come ubriaca, le parole fuggono come nuvole. Altrimenti parlerei di te.»
«Mi conosco da tre secoli, sfioreresti l’ovvio.»
Lei lo fissò a occhi socchiusi, le ciglia a disegnare ombre sul viso ambrato.
«Generale Eskandar, ti hanno certo detto che sei un guerriero impavido, un valoroso cavaliere, un focoso amante, forse un indispensabile sostegno.»
«Ebbene?»
«Ti hanno mai detto “ti amo”?»
«Tsk! Sei davvero ubriaca! Di sesso giacché non abbiamo vino!»
Tirerei in lizza la tossina, ma non ha rivelato il nome del padre di Shaeta.
Quando lei gli prese il viso tra le mani e lo baciò, si rese conto che c’era qualcosa che non dipendeva dalla coercizione.
«Ti amo» sussurrò Amshula prima di cedere al sonno.
 

 
Tasmi e Valarde appoggiarono le mani al cristallo. Due Immortali sui quattro richiesti, a confronto dell’infinità dell’apeiron, erano un tentativo ridicolo, ma non potevano rinunciare.
«Nessuna certezza» mormorò Kalemi, sfiorando la parete della piramide «E il Signore dei Khai non si è risvegliato. Non resta che prepararci alla lotta.»
«E in fretta» suggerì Manawydan, sollevando il braccialetto cesellato che conteneva la Chiave Oceanica «L’ergon si è accresciuto.»
«Un effetto dell’approssimarsi dell’eclissi» illustrò Tasmi «Elkira è andato a Mardan ma non è ancora riuscito a penetrare i sogni del principe Rhenn. È inspiegabile che un mortale resista allo sforzo di un dio.»
«No, se anni Belker lo alleva come discepolo da oltre duecento. Chiamiamola barriera mentale» considerò il dio del Mare «Avete pensato al fratello minore?»
«Sì, il rischio è che la rivalità divampi. Abbiamo visto cos’è successo quando Mahati ha saputo delle divinazioni. Abbiamo bisogno di un fronte comune, non che si ammazzino tra loro.»
«A questo proposito» intervenne il sovrano celeste «Chi di voi sta fornendo a Rhenn indizi probanti sulla perissologia e sulla prossima catastrofe?»
I presenti si guardarono, sorpresi che nessuno se ne dichiarasse artefice.
«Belker, non c’è dubbio!» brontolò seccata Valarde.
«Sempre ad accusare gli assenti, non vi stancate mai?»
La frase sarcastica investì l’udito dei Superiori come un tuono inatteso. Il dio della Battaglia si materializzò in abiti da guerra, lo sguardo fiammeggiante. La piuma di fenice era rovente sulla fronte aggrottata.
«Ardisci impugnare l’Arco davanti al principe celeste!?» ruggì Manawydan.
«Fossi in voi, rifletterei prima di attaccare.»
Alle sue spalle la piramide scintillò ostile nella quiete dell’apeiron.
«Dov’è mia sorella?» intimò Kalemi.
«Dove pensate che sia e dove è destinata a restare. Unita a me per sempre, abbiamo mischiato la linfa vitale e celebrato le nozze.»
«Come hai potuto costringerla!?» sbottò Valarde.
«Mi deludi! Tu che escludi l’amore come spinta alle azioni? Crede di salvarmi da me stesso, chi sono per dissuaderla? Siamo marito e moglie, siete impotenti davanti a questo! Davanti a me!»
Il potere ancestrale deflagrò, investendo i convenuti con micidiale ferocia.
Manawydan levò una colonna d’acqua, ma l’apeiron l’assorbì e fu una difesa vana. L’emanazione trapassò l’essenza delle divinità, assestando tuttavia danni limitati.
«La prossima volta non peccherò d’indulgenza.»
«Come ha fatto a colpirci?» ansimò la dea della Montagna, la mano stretta al petto «Perché il divenire non lo ostacola?»
«Perché lo riconosce come parte di sé. Non dimenticate che possiede acqua, quiete e amore, l’infinito non intralcia se stesso.»
«Eccellente deduzione» ironizzò Belker «Posso eliminarvi senza attendere l’eclissi. Nell’abisso primigenio i vostri poteri non funzionano.»
«Non mettermi alla prova, bamboccio!» ruggì il dio del Mare «Il corallo nero della mia spada non è congenito! Libera Azalee e combatti!»
Tutt’altro che impressionato, Belker levò un dito: le epharat si materializzarono al suo fianco, le lamine sulle scapole tese come ali, pronte allo scontro.
«Insistendo otterrai pane per i tuoi denti.»
«Non mi sono mai tirato indietro!»
«Fermi!»
Kalemi sollevò la mano, fissando il dio ribelle con gelida collera.
«Hai mia sorella e il suo amore. Non è ciò che vuoi? Riconoscerò il matrimonio e ti assicurerò la grazia se desisterai dalla tua folle impresa.»
«Ma mio signore!» protestò Manawydan.
«Silenzio! Che ne dici, Belker?»
L’interpellato schiuse le labbra in una lieve risata.
«Vi siete ridotto a mercanteggiare? Le concessioni sono indegne sulla bocca di un sovrano e ciò che offrite non è niente rispetto a quanto sono in grado di ottenere.»
«Come osi!?» esplose Valarde «Credi che temiamo la tua arroganza?»
«Sì. Essa e la risolutezza che da tempo manca al regno eterno!»
Kalemi scosse la testa con sincero dispiacere.
«Non desideravo si giungesse a questo. Non ci lasci scelta.»
«Oh sì, una. Potete genuflettervi, giurarmi fedeltà e adorarmi.»
Il sovrano degli Immortali sollevò uno sguardo tempestoso: neppure suo padre era riuscito a scatenare in lui una collera tanto ponderosa.
«Preferisco verificare se Almaktti ha assegnato bene i ruoli. In guardia, Belker!»
   
 
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